Europa al bivio? Protezionismo e uscita dall’euro

euro-sosCrisi dell’integrazione europea e crisi dell’euro. Effetti della Brexit e conseguenze dell’elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti. Su questi temi inizia la conversazione tra Leonardo Mellace e il Professore Paolo Becchi, Ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università di Genova e noto analista politico.
Prof. Becchi, il 2017 sarà un anno importante per l’Europa, anzi, secondo molti commentatori, sarà quello decisivo. Lei cosa ne pensa?
Credo che potrà essere importante se riusciranno ad emergere le contraddizioni ormai insanabili interne all’UE. Se vogliamo ripensare l’idea di Europa, con tutti i suoi valori e la multiformità delle sue tradizioni dobbiamo prima distruggere questa Unione e la sua moneta (per gli Stati che la hanno adottata). L’Europa potrà rinascere solo sul bordo di una tomba: quella della UE e dell’euro.
Sarà l’anno delle elezioni in Francia e Germania. Il risultato di queste elezioni pare poter determinare il futuro dell’Unione.
Francia e Germania: in fondo su questi due paesi si è costruita l’UE. Una eventuale vittoria della Le Pen in Francia non potrà che indicare la fine di ciò che ora esiste in Europa. Una vittoria della Merkel in Germania non sarà forse sufficiente ad arginare l’euroscetticismo in Europa.
Non bisogna dimenticare che si darà avvio al negoziato sulla Brexit. Cosa pensa della uscita della Gran Bretagna? È rimasto stupito o la riteneva possibile, specialmente alla luce degli incoraggiamenti che arrivavano dall’altra parte dell’Oceano?
Ero convinto della Brexit come del resto della vittoria di Trump in America. Sono segnali che il mondo sta cambiando. I popoli stanno sconfiggendo la globalizzazione voluta dalla finanza internazionale.
Ritiene preoccupanti le conseguenze economiche che potrebbero derivare dalla Brexit? Tutti quegli Stati (Australia ed India, per esempio) che guardavano il nostro Continente con gli occhi dei britannici, lo guarderanno ora con gli occhi dei tedeschi?
Non ritengo preoccupante quello che è successo in Gran Bretagna. Nel mondo intero, a parte qui da noi, l’UE è stata sempre vista con gli occhi della Germania.
Trump diventa Presidente negli USA. Il suo recente attacco alla Germania, Paese leader di questa Unione, sembrerebbe presagire la sua scommessa circa una dissoluzione dell’Europa. Perché la Germania non ha risposto agli affondi del Presidente americano?
La Merkel ha risposto a Trump ma cautamente. Teniamo presente che in Germania siamo già in campagna elettorale e la Merkel ha deciso di ripresentarsi.
Le sembra possibile la tesi, di recente paventata, che possa essere la Germania ad abbandonare l’Euro per “fare da sola”?
La tentazione di uscire dalla moneta unica è presente in alcuni consulenti economici molto vicini alla Cancelliera. Ma non credo che la Merkel staccherà la spina: sarebbe la conferma del fatto che l’euro era un marco travestito e finito con successo lo spettacolo sì è deciso di rimettere gli abiti normali. Si perché questo grande spettacolo ha avuto un protagonista che ha vinto alla grande su tutti gli altri.
Tra le prime novità del Presidente americano c’è quella di un ritorno al protezionismo. In un mondo così “aperto” la giudica una idea realizzabile?
Il mondo era troppo aperto. C’era e c’è di nuovo spirito di frontiera. Questo spiega anche il protezionismo in termini economici. Un freno al neoliberismo.
A tal proposito, c’è chi ha paventato una tale possibilità anche per l’Europa. Cosa ne pensa?
Protezionismo anche da noi, ben venga se questo significa maggiore occupazione nel nostro Paese. A volte il protezionismo può aiutare.
Parliamo di crisi economica. Padoan ha recentemente sostenuto che i problemi della UE nascono a Bruxelles e Francoforte. È d’accordo con lui?
Padoan dipende da Bruxelles e da Francoforte. Sebbene ogni tanto alzi la voce per farsi sentire, è sempre disposto ad arretrare quando è richiesto.
Che la Moneta comune non abbia funzionato per come doveva pare evidente. Pensa sia possibile un ritorno alla Lira?
Dall’euro dobbiamo uscire il prima possibile. È un cancro che ci sta lentamente uccidendo. Solo fuori dall’euro c’è vita. Prima di tutto dobbiamo recuperare la nostra sovranità monetaria.
Romano Prodi, uno dei padri fondatori dell’Euro ed uno dei più accaniti sostenitori dell’Unione Europea, ha dichiarato che il progetto comunitario è fallito per colpa dei singoli stati membri.
Romano Prodi pagherà di fronte al tribunale della storia per tutto il male che ha fatto al nostro Paese. Se ci troviamo in queste condizioni la colpa è in particolare dei suoi governi. Ma lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti.
Lei come la vede, auspica una disintegrazione, per come sostenuto dal sociologo polacco Zielonka, o propone una nuova idea di integrazione europea?
Prima distruggiamo questa Unione con tutta la sua burocrazia e eurocrazia, che vive alle nostre spalle … Ci sono tempi per costruire e tempi per demolire … oggi ci vogliono le ruspe!
In che misura il rallentamento del processo di integrazione sovranazionale può essere addebitato alla Germania?
La Germania ha sempre fatto prima di tutto i suoi interessi ed oggi lo si vede molto chiaramente: se non ci sono gli Stati Uniti d’Europa è perché la Germania voleva solo il IV Reich ed è questo oggi la UE.
I nazionalismi sono in crescita e l’idea di Europa è sempre più in pericolo. I movimenti populisti in molti Paesi dell’Unione (Italia, Olanda, Francia, Austria su tutti) sono cresciuti a tal punto da poter diventare forza di governo. Quale il rischio della ripresa degli egoismi nazionali?
Il fatto che la voglia di Nazione sia tornata al centro dell’attenzione non significa necessariamente che l’idea di Europa sia in pericolo. In pericolo è solo il mostro di Bruxelles e il Minotauro dell’euro. Oggi assistiamo ad un contromovimento: il ritorno delle piccole patrie e la fine della globalizzazione omogeneizzante. Battersi per un mondo non globale, ma multipolare non significa essere nazionalisti in un senso vecchio e superato; per vincere la battaglia contro il globalismo i nuovi “sovranisti” dovranno anzitutto far capire che la voglia di nazione oggi non è voglia di potenza ma di libertà.
Il terrorismo preoccupa e le recenti stragi di Parigi, Nizza, Berlino e Istanbul hanno generato un clima di terrore diffuso. Come l’Europa deve affrontare il problema della sicurezza collettiva? Ritiene il terrorismo legato ai flussi migratori o pensa che per combattere l’Isis sia necessario combattere chi lo finanzia?
Sicurezza, terrorismo e immigrazione sono sfide del nostro tempo.  C’è un nesso comune. E il discorso sarebbe lungo. Consentitemi di cavarmela con una metafora. Oggi ci sono quelli che vogliono costruire ponti e quelli che vogliono costruire muri. Perché non costruiamo porte dotate di chiavi e non ci prendiamo le chiavi di quelle porte?
Mi conceda una ultima domanda, Professore. La Brexit, il successo di Trump, l’ascesa di movimenti populisti, tutti eventi alquanto sorprendenti. È d’accordo con chi ritiene che sia stato il web a giocare un ruolo fondamentale?
Il web, la rete e i Social network giocano senza dubbio sempre di più un ruolo importante nella vita pubblica. La rete può essere fonte di espansione della democrazia ma può essere usata anche in senso opposto. Per rendersene conto basta fare un paragone tra come la rete veniva adoperata inizialmente dal M5S e come viene adoperata oggi.

[*] Leonardo Mellace è Dottorando di Ricerca in Teoria del Diritto presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro.
Conversazione tra Paolo Becchi e Leonardo Mellace[*] su OpenCalabria, 25/01/2017
di Paolo Becchi – 27/01/2017 – Fonte: Paolo Becchi

Lo tsunami Trump arriva su Euro ed Unione Europea

La tesi di Trump, difficilmente confutabile, è che la Germania abbia abusato della ‘delega’ conferitale dalle precedenti amministrazioni Usa (1) per concentrare potere e ricchezza nelle sue mani.
tsunami trump
Il nuovo ambasciatore Usa in Europa dichiara che la sua mission è disfare l’UE (2).
L’ UE era gestita dalla alleanza tra popolari che si erano presi la Presidenza della Commissione Europea con Juncker , e Socialdemocratici che si erano presi la Presidenza del Parlamento con Schulz, ora con le dimissioni di Schulz si è andati alla elezione di un popolare, Tajani, contro il candidato dei ‘socialdemocratici’; significa che la grande coalizione è saltata o che è stato deciso di mettere in scena un gioco delle parti per fronteggiare quello che viene giornalisticamente edulcorato con il termine di ‘Crescente Euroscetticismo’ ? Io credo di più alla prima ipotesi anche perché nella stessa Germania, cuore e sede del portafoglio d’Europa, sotto il peso della immigrazione fuori controllo e riduzione dei diritti e del potere d’acquisto dei salari, sta crollando la Grosse Koalition tra i due partiti.
Il Pidirenzi , nel disperato tentativo di coprire i fallimenti di TUTTE le sue scelte politiche di governo (Voucher-Job Act, Riforma Madia, ‘Buona Scuola’, Controriforma della Costituzione, Nuova legge elettorale-‘Italicum’, Miliardi ai banchieri e tagli al welfare, Niente lotta alla corruzione, Debito e disoccupazione crescente e PIL stagnante, Canone RAI con bolletta luce per dare stipendi stratosferici ai giornalisti di regime …ecc.), cerca di addebitare ogni responsabilità alle scelte della UE a guida Merkel, che invece sono state tutte approvate dagli attuali europarlamentari del Pidirenzi & complici e dai precedenti Governi Napolitano (Monti, Letta) imperniati sul PD.
Renzi sta però conducendo il PD in una nuovissima situazione:
da un lato è rimasto ancorato all’Antitrumpismo (i suoi parlamentari e giornalisti sono ancora nelle trincee costruite da Obama e dalla Killery durante la campagna elettorale, mentre le sue donne sono scese in piazza contro Trump su ordine ‘globale’ di Soros e delle sue organizzazioni ‘dirittumaniste’) ritrovandosi ora contro chi governa il paese che da 70 occupa l’Italia;
dall’altro accusa la Germania e la Commissione Europea di fare una politica di austerità che ci sta strozzando (quando l’Italia, per volontà PD è l’unico stato europeo ad aver messo il Pareggio di bilancio in Costituzione e quello che ha svenduto più imprese pubbliche di tutti) e di non obbligare gli altri stati europei a prendersi una consistente quota degli immigrati arrivati e che arriveranno in Italia (…su invito di Pd &complici, Boldrini in primis e con l’Italia piddina che ha causato l’impennata dell’immigrazione clandestina sostenendo la guerra-golpe contro la Libia e il terrorismo contro la Siria).
Mentre, nel muro di bugie politiche e mediatiche che ha blindato l’Europa delle banche e delle multinazionali, si allargano le brecce e squarci da cui è visibile la sconsolante realtà, l’elezione di Trump ci ripropone, con improvvisa urgenza, la questione:
l’Europa, a causa del danno d’immagine sin qui prodotto, è morta per sempre o dalle sue ceneri può ora nascere l’Europa dei popoli, quella di una Confederazione di Stati Sovrani ?
Io sono ovviamente per la seconda (3), e penso che occorra mettere sul tavolo la proposta di una Confederazione che comprenda anche la Russia (come aveva proposto Mitterand , sostenuto da Italia e Spagna , ma bocciato da Gorbaciov su input USA), ma il suo progetto non c’è, Trump ha bruciato i tempi e noi siamo ancora fermi al confronto tra pro Euro e anti Euro, pro UE e anti UE.
—-
(1)
(2)
(3)
L’Inghilterra ha il Commonwhelth, ma a una Italia che rompesse con i paesi UE, dopo che su input USA-Francia-Inghilterra ha già distrutto i suoi maggiori partner economico commerciali (fatto l’embargo all’ Iran e alla Russia, distrutto la Jugoslavia, fatto la guerra alla Libia e sostenuto il terrorismo in Siria ) resterebbero solo Israele e le monarchie del golfo…e sarebbero loro a menare la danza..
di Fernando Rossi – 31/01/2017

Il dramma del Centro Italia sepolto dalla neve, come metafora di un paese caduto nel pantano

hotel rigopianoHotel Rogopiano sepolto da slavina
Il dramma del Centro Italia sommerso dalla coltre bianca e scosso dal terremoto mentre l’Italia intera affonda sotto invasione africana e i ricatti dell’eurocrazia
di Luciano Lago
La metafora della tragedia italiana può ben essere rappresentata in questi giorni dal Centro Italia sommerso in una coltre bianca e devastato dal terremoto nelle sue case distrutte , nelle Basiliche crollate (come San Benedetto da Norcia), nella disperazione degli allevatori, dei piccoli imprenditori e delle comunità agricole.
Un povero paese l’Italia, ricco di Storia, di cultura e di energie ma lasciato andare alla deriva tra l’insipienza della sua classe politica e gli eventi epocali che si sono abbattuti sulla penisola.
Il pantano in cui è precipitato il paese si evidenzia in questi giorni nel panorama desolante offerto dall’abbandono del territorio indifeso davanti alle colamità naturali, dalla gente lasciata inerme di fronte ad una pianificata invasione arabo africana della penisola, dalla sovranità della Nazione svenduta dalla classe politica agli interessi dell’oligarchia europea e dei potentati finanziari transnazionali.
Mentre la tragedia si abbatteva sulle popolazioni del Centro Italia, il premier Gentiloni si trovava a Bruxelles, davanti alla Commissione Europea, per pietire uno 0.1 % del bilancio dello Stato per poter sopravvivere, in attesa di essere commissariato dalla Troika.
La Commissione infatti, ha fatto notare all’Italia la mancanza di 3,4 miliardi di euro, circa lo 0,2% del PIL e chiede al nuovo esecutivo di saldare il conto lasciato dal suo precedessore, Matteo Renzi (per le spese in mance elettorali) altrimenti il rischio è l’apertura di una procedura d’infrazione per debito eccessivo.
Mentre il Centro Italia affondava nelle neve, il Presidente Mattarella è volato invece in Grecia per fare visita ai rifugiati che si trovano in quel paese e lanciare il suo sermone in difesa delle politiche migratorie della UE e della NATO, sostenendo ancora una volta le ragioni dell’invasione che sta sperimentando il nostro paese. Altra parte del suo discorso Mattarella la ha riservata per elogiare la funzione della NATO, come una “organizzazione che garantisce la stabilità”. Una “stabilità” ben sperimentata nei paesi dove la NATO è intervenuta: dalla Libia al Kosowo, fino alla Siria dove la NATO ha appoggiato ed addestrato i gruppi terroristi che hanno devastato il paese.
Inferno di neve in Abruzzo
Nel frattempo, nello stesso momento in cui Mattarella in Grecia elevava i suoi sermoni , in Abruzzo le case e le stalle crollavano sotto il peso della eccezionale ondata di neve e un Albergo intero veniva seppellito da una slavina con tutti i suoi ospiti (circa 30 persone), le scosse di terremoto gettavano nel panico le popolazioni e interi paesi rimanevano isolati per la neve.
Nessun piano preesitente per fronteggiare la calamità largamente  annunciata, per mantenere sgombre le strade principali, nessuna difesa predisposta per salvaguardare il territorio dalle continue calamità che ogni anno si verificano. Mancano le risorse ed i Comuni, le Province e le comunità montane sono state ridimensionate dai tagli operati dal Governo dietro la regia di Bruxelles, non possono fronteggiare con i propri mezzi le emergenze.
L’unica difesa effettivamente predisposta dal Governo è quelle per la salvaguardia delle banche , saccheggiate dai finanziamenti fatti ai compari della classe politica, dai De Benedetti ai Caltagirone, con uno stanziamento eccezionale di 20 miliardi di denaro pubblico, trovati come per miracolo, in modo da evitare una serie di fallimenti a catena.
Non si trovano invece i soldi da destinare alla difesa del territorio, non ci sono le risorse per risanare l’agricoltura e gli allevamenti delle zone terremotate, tanto meno per fornire in tempi rapidi case di legno ai terremotati ed agli allevatori, stalle e rifugi per gli animali che muoiono al freddo e per la mancanza di foraggio, animali e campi che sono l’unica fonte di sostentamento per le popolazioni terremotate.
Non è un grosso danno, dicono a Roma, arriverà il latte francese e tedesco che sostituirà quello italiano. Arriveranno i prodotti agricoli dal Marocco e Tunisia, favoriti dalle clausole europee, per sostituire quelli dell’agricoltura nazionale.
Le persone che lavoravano nell’allevamento e nell’agricoltura dovranno emigrare come hanno fatto il loro nonni e progenitori negli anni precedenti. Niente di nuovo nella Storia d’Italia: prima lo straniero e poi gli italiani.
L’Italia non ha le risorse, non ha i mezzi per salvare la sua gente, lo Stato non dispone più di una propria moneta, la lira, adesso c’è l’euro, una moneta straniera che si deve chiedere in prestito a Francoforte “con il cappello in mano”, ai grandi banchieri privati.
Tuttavia i miliardi che riesce a rastrellare, il Governo, che  è sempre al servizio dei potentati finanziari, li destina prioritariamente alle banche ed all’accoglienza dei migranti per favorire l’invasione ed i lucrosi affari delle mafie e delle ONG che speculano sulla tratta di esseri umani dall’Africa e dal Medio Oriente (dai paesi destabilizzati dalla NATO che piace tanto a Mattarella e Gentiloni).
Questa è oggi l’Italia, il paese che arricchisce gli speculatori, che favorisce le ONG che agevolano l’invasione e foraggia le cooperative che lucrano sui migranti, con uno Stato che destina fondi come per il MES alle banche estere e taglia i forndi alla protezione civile, all’agricoltura nazionale, che svende i suoi beni e le sue aziende agli stranieri e che permette l’ esodo dei suoi giovani in cerca di opportunità all’estero, in fuga dal pantano chiamato Italia.
La sudditanza allo straniero, la “libidine di servilismo”, una vecchia abitudine connaturata che la classe politica italiana non ha mai perso nella sua Storia, salvo pochi periodi in altre epoche. Anche nelle calamità si vede.
Gen 19, 2017

Euro in vigore da 15 anni: tutti i rincari boom. Pizza +123%, caffé raddoppia

_0_europoi si “stupiscono inorriditi” dell’odio del popolo verso l’euro ed euristi. Purtroppo,  il loro rango di ricchi non consente a questi di percepire un “prelievo” di queste entità. Gente che crede che con 8′ euro si fa la spesa per 4 persone per due settimane che ne sa del popolo? E “giustamente” lo disprezza.
ROMA (WSI) – Sono passati quindici anni da quando è entrata in vigore la moneta unica l’euro, il 1° gennaio del 2001. Dai quotidiani, ai Big Mac, passando per le bollette di luce e gas alla benzina ecco tutti i rincari con il passaggio dalla lira all’euro individuati dalla Fondazione Nens, la Nuova Economica Nuova Società, fondazione che fa capo a PierLuigi Bersani e Vincenzo Visco che fornisce un paragone tra i prezzi del 2002 e quelli di oggi in euro.
A subire il rincaro maggiore è stata l’amata pizza margherita che ha subito un aumento di ben il 123 per cento.
Vicini al raddoppio il caffè al bar – che passa da 900 lire a 90 centesimi-  il Big Mac da 4900 lire a 4,20 euro ai quotidiani in edicola che nel 2001 quando vi era ancora la lira costavano 1500 mila lire a copia, oggi 1,50 euro.
Ma anche le spese vive della famiglia sono aumentate con rincari per l’elettricità che è passata da 647mila lire all’anno ai 498 euro, secondo i dati pubblicati lo scorso 31 dicembre dall’Autorithy, con un rincaro del 50%, mentre il gas la spesa annua ha subito sì un aumento ma più contenuto, pari al 16 per cento, passando da 1 milione e 700 mila lire a 1022 euro.
Sale anche la benzina con un massimo storico toccato nel 2012 oltre i 2 euro a litro.
Tutti rincari simbolo della perdita del potere d’acquisto degli italiani che risulta peggiorata dopo la crisi economica. Tuttavia complice lo sviluppo tecnologico e il boom delle vendite on line l’unico comparto che risulta in controtendenza è quello elettronico.
Per un televisore 46 pollici si è passati da 6,5 milioni di lire ad una Tv smart Full Hd da 49 pollici a meno di 500 euro. Così una fotocamera 1,9 megapixel  da890mila lire del 2001 si è passati a circa 100 euro oggi.
2 gennaio 2017, di Alessandra Caparello

L’Europa trema di paura davanti al cambio di paradigma

tremano i servi

Perchè l’Europa sta tremando di paura ? Non si tratta di una esagerazione  di chi scrive, visto che lo ha appena detto lo stesso ministro tedesco degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier.
euro-trump
Esiste un allarme davanti al tsunami che gli europei ritengono si stia avvicinando, uno tsunami denominato: Donald Trump. Le autorità europee in pratica sono atterrite per 4 cose che ha detto o che sono implicite con l’arrivo di Trump.
Uno: la Organizzazzione del Trattato dell’Atlantica Nord (NATO), il sistema di difesa militare che agli europei ha dato la sensazione di sentirsi unici, protetti e forti, di fronte alla minaccia esterna, di fronte all’Unione Sovietica, alla Cina ed adesso di fronte alla possente Russia, uno scudo protettivo che potrebbe sparire.
Questo perchè Trump minaccia l’integrità della famosa Alleanza Atlantica e perchè  potrebbero cambiare le cose per completo, per una semplice ragione: gli USA comandano nella NATO, perchè pagano e ne sostengono i costi, circa il 70% di  tutte le spese militari dell’Esercito comune europeo, se loro si sottraggonono, la NATO cade “come una pera”.Ciascuno rimarrebbe  con il proprio esercito.
Due: il “Brexit“, il potenziale del Regno Unito si è dissolto, ha divorziato dall’Europa, la sua economia, la sua forza militare, il suo peso politico mondiale già non fa più parte dell’Europa Unita, l’isola della Gran Bretagna, naviga ormai da sola per questo 2017 senza trascinare o essere trascinata, senza essere accoppiata con l’Europa di Bruxelles; gli inglesi  hanno lasciato sola l’Europa e il fatto notevole è che Donald Trump lo celebra come un fatto positivo.
Tre: la Russia, il tema della Russia è un tema preoccupante, è un tema di umiltà, ed è un tema che forse, per gli europei, adesso sarà arrivato il momento di abbassare la testa e dimenticarsi dell’atteggiamento altezzoso che hanno sempre mantenuto di fronte alla Russia? Dovranno iniziare a rispettare il potere della potenza euroasiatica, ed iniziare a dialogare e ritirare le loro sanzioni?
Cosa questa che non farebbe  piacere per nulla ai governi europei che sempre hanno detto, o si sono detti fra loro, di sentirsi superiori ai russi.
Quattro: nel vedere che la nave si sta affondando molto probabilmente, altri paesi europei vorranno fare il loro brexit, vorranno uscire e convocare un referendum per abbandonare l’ Unione Europea, il che significa che stiamo assistendo all’inizio inevitabile della frammentazione dell’Europa, del suo potere e della sua leggendaria egemonia, e sappiamo chi ha predetto questo e lo va anche a festeggiare? Donald Trump, proprio lui.
Quinto: L’Economia, senza l’appoggio finanziario del Regno Unito, senza il buon gesto degli USA, come è stata mantenuta fino adesso, cosa accadrà con l’euro? Addio anche all’euro? Si vedranno un’ altra volta le monete nazionali di ciascuno Stato sulla scena monetaria, perchè lo Yuan ed il Rublo ottengano un altro livello ? Più ancora, il prodotto interno lordo dell’Unione Europea, già non sarà più lo stesso senza i 3 bilioni di dollari del Regno Unito.
Davanti a tutta questa minaccia di terremoto, Angela Merkel, la cancelliera della Germania (la maggiore responsabile del disastro della UE), assieme ai suoi amici, hanno soltanto fatto dichiarazioni con frasi smozzicate e di circostanza, “che bisogna unire le forze, restare uniti come una famiglia e fare fronte comune”, soprattutto contro quello che vedono come una minaccia: Trump. Che si sta preparando per il mondo, si sta forse cambiando l’ordine del pianeta?
Nota: Queste e più domande turbano i sogni di Angela Merkel, di Junker, di Francois Hollande, di Matteo Renzi, di Gentiloni  e di Mariano Rajoi.
Ricordiamoci di quanti ci raccontavano che “la globalizzazione era un processo ineluttabile”, che i mercati venivano prima di tutto, che quello dell’euro era un “processo irreversibile”, che l’Unione Europea “doveva essere il nostro futuro” e che “bisognava cedere la sovranità” a questa “splendida entità” con sede a Bruxelles e Francoforte.
Si era partiti nell’inizio di questo secolo con il vento in poppa della Globalizzazione come fenomeno che sembrava inarrestabile e duraturo. Veniva descritta questa come una trasformazione positiva per il popoli, apportatrice di progresso e di benessere per tutti, con l’abbattimento prossimo dei confini, delle barriere e con il superamento della logica degli Stati Nazionali.
Molta gente credeva ingenuamente che tutto questo fosse un fenomeno spontaneo ed ineluttabile, come lo descrivevano i media, in Italia gli opinionisti di regime e gli intellettuali del “progresso permanente”, dai Saviano ai Severgnini.
La sinistra ex marxista era balzata lesta sul carro del globalismo come una necessità ed aveva fatto di questa la sua bandiera, tacciando di “retrogradi” e “populisti” tutti coloro che osavano metterne in dubbio gli aspetti positivi e decantati del fenomeno.
“Guai ad un ritorno ai vecchi nazionalismi! Bisogna abbattere gli steccati, i muri e costruire ponti”.
Bisogna accogliere masse di migranti provenienti da  culture estranee come “risorse” per la società italiana. Lo dicevano in Italia l’ex presidente Napolitano,  adsso lo dice anche Mattarella, ce lo raccontava Renzi dalle TV, lo affermava la Boldrini, lo scriveva Scalfari e lo dichiarava persino il Papa Francesco. Come si poteva non credergli?
Nonostante tutta la campagna mediatica degli apologeti della UE e della globalizzazione, nel tempo si è accresciuta la ripulsa di buona parte dei popoli al globalismo forzato che tanto piace ai detentori del grande capitale. La gente ha fiutato l’inganno. Sono cresciuti esponenzialmente i partiti e movimenti nazionalisti in tutta Europa.
Poi sono arrivati il Brexit, negli USA è stato eletto un anti globalista come Trump, in Italia ha vinto il fronte del NO al referendum contro le riforme globaliste volute da Renzi e dalla Boschi.
Non è però cambiato niente in Italia: con la massima sfrontatezza la classe politica della sinistra mondialista ed i suoi fiancheggiatori ci raccontano che non è il momento di andare alle elezioni, che non c’è una legge elttorale, che i tempi non sono maturi, che bisogna assecondare l’Europa, ecc…
Non hanno però calcolato che il vento della Storia potrebbe spazzare via d’un colpo i truffatori della UE e della Globalizzazione.
Gen 18, 2017 di  Roberto de la Madrid
Fonte: Hispan Tv – Traduzione e nota:  Luciano Lago

GRILLO, MA CHE CAZZO FAI? 

sotto questo articolo a seguire Pentagrulli cinque stalle e altri pagliacci della politica italiana
Stendiamo per adesso un pietoso velo sulla modalità scelta per decidere il passaggio del gruppo parlamentare M5S alle file di ALDE (Alliance of Liberal and Democrats for Europe).
Chiamare gli iscritti al Movimento dal giorno alla notte  a votare Sì o No, senza prima animare un serio dibattito pubblico, senza dare il tempo ad ognuno di informarsi, evitando l’ascolto degli argomenti contro e solo quelli pro (francamente risibili), sta alla “democrazia diretta”, come il sultanato dell’Oman sta allo Stato di diritto, come il diavolo sta all’acqua santa. Ma andiamo alla sostanza, di cui la forma è tuttavia espressione.
 
In quel consesso fantoccio che è il Parlamento europeo, che com’è noto non ha un’effettiva potestà legislativa, ma è sotto-ordinato agli organismi oligarchici come Commissione ed Eurgruppo, ALDE, in quanto a posizioni politiche e concezioni occupa, dentro lo schieramento eurocratico e neoliberista, la posizione più oltranzista. Usando la tradizionale tassonomia politica, e tenendo conto del concreto contesto storico in cui ci troviamo non c’è dubbio che ALDE sta più a destra della Merkel.
A capo di ALDE sta l’ex-primo ministro belga Guy Verhofstadt, considerato un vero e proprio ultrà unionista. Il suo libro “Europe’s last chance” è un vero e proprio inno di guerra contro gli stati nazionali e le sovranità popolari. Leggere, per credere, quanto Verhofstadt ha scritto nell’abstract in cui ricapitola ciò che pensa. Il titolo è tutto un programma: “Perché gli stati europei devono formare un’unione perfetta“. Il succo è in questa frase:
«Occorre riformare l’Unione europea seguendo l’esempio del governo federale americano: Stati Uniti d’Europa forti abbastanza così da affiancare gli USA per un mondo migliore e sicuro»
Non è un caso che ALDE, più ancora che il gruppo europeo che con più determinazione ha sostenuto gli accordi (per adesso falliti) del TTIP.
Tanto per fare un altro ma istruttivo esempio: quando gli eurocrati hanno scelto Guy Verhofstadt come capo negoziatore con le autorità britanniche per gestire la Brexit, Nigel Farage disse che si trattava di unadichiarazione di guerra alla Gran Bretagna“, proprio in quanto Verhofstadt è stato il più estremista nel condannare Brexit  e nel minacciare fuoco e fiamme in caso di uscita.
 
C’è chi tenta di interpretare questa mossa a sorpresa del vero gruppo dirigente di M5S come una mera mossa tattica. Ah sì? Altri, sempre con lettura minimalistica, come un tentativo per distrarre l’attenzione dal casino romano.
Sarà, ma queste spiegazioni non ci convincono. Il passaggio dal campo dei più radicali “euro-scettici” a quello degli “euro-oltranzisti” ci dice qualcosa di molto più inquietante. E’ un segnale che viene inviato ai poteri forti che essi non dovrebbero preoccuparsi dell’eventualità che M5S salga al potere.  E’ triste trovare sensato quanto scrive Jacopo Jacoboni su LA STAMPA di oggi:
«Chi ha deciso, comunque, tempistica e contenuto della svolta sull’Alde? Le impronte di Davide Casaleggio, attraverso il suo fedelissimo David Borrelli, sono ovunque. Di Maio era di certo uno dei pochi a sapere. Come probabilmente il primo capogruppo M5S in Europa, Ignazio Corrao. Borrelli ha sondato le varie opzioni di alleanza; certo è uno non amato dagli ortodossi, perché considerato troppo poco anti-europeista (in tv da Mentana disse «io ho 45 anni, sono nato e cresciuto con il sogno europeo. Il mio primo viaggio è stato un interrail in giro per l’Europa. Credo fortemente in quello che era l’Europa all’epoca»). L’obiettivo di questa mossa di Casaleggio jr è rassicurare le cancellerie europee – a Milano hanno alfin notato che, per gli osservatori stranieri, il M5S sta finendo in un ghetto, quello dei partiti xenofobi, anti-euro e filorussi. «Vogliono giocarsi il tutto per tutto alle prossime politiche, che per loro sono un “o la va o la spacca”».
 
Potremmo ricordare anche il discorso che Casaleggio (Gianroberto) fece al Forum Ambrosetti nel settembre del 2014, che declinava sul versante globalista quello che invece svolse nel 2013, che una fascinazione antisistemica ancora l’aveva. Non è solo questione di euro si euro no. Di slittamento in slittamento (ed esempi ne potremmo fare numerosi) chi tira i fili del Movimento 5 Stelle sta tentando di intervenire sul Dna, in vista di una vera e propria mutazione genetica.
di Piemme –  9 gennaio 2017
 
Pentagrulli cinque stalle e altri pagliacci della politica italiana
Il sistema occidentale, governato con pugno di ferro dal mercato globale e dalla finanza di rapina, si regge creando realtà virtuali, parallele alla realtà reale, che imprigionano le masse dominate in un mondo artificiale, menzognero, ovattato ed evitano reazioni collettive violente.
Sul piano politico, il sistema per mantenersi e riprodursi si serve di false opposizioni la cui funzione è quella di “narcotizzare” il popolo impedendo che ci sia spazio, politico e sociale, per opposizioni vere, coriacee, tali da mettere in discussione i fondamenti del sistema stesso.
Si paragonano le classi inferiori alla “rana bollita”, perché la temperatura delle controriforme antipopolari si alza un po’ alla volta, altrimenti la rana salterebbe fuori, per sottrarsi con un sol balzo alla bollitura. Si parte con la riforma Fornero che produce esodati, passando attraverso lo jobs act, per arrivare alla diffusione incontrollata dei voucher, ma non si fanno tutte e tre le cose insieme, perché altrimenti l’”anfibio” surriscaldato balzerebbe dalla pignatta.
Per cuocere la rana, bollendola a dovere evitando che salti fuori dalla pentola, sono necessarie anche le false opposizioni, che narcotizzano l’anfibio, ossia la grandissima parte della popolazione, creando l’illusione di una rappresentanza effettiva e l’inganno della volontà di combattere il sistema per salvare la rana da bollire.
Ne consegue che anche il cinque stelle di Grillo e Casaleggio Jr., nonché “sinistra italiana” post-Altraeuropacontsipras e altre inezie presenti nel parlamento liberaldemocratico, hanno il loro bel perché ed esistono per validi motivi. Ragioni che, però, sono opposte a quelle che si fanno credere alla popolazione, da gabbare e bollire come la rana.
In generale, gli “ascari” degli eserciti subpolitici collaborazionisti delle élite – in parlamento europeo, popolari, socialisti, liberali e democratici – hanno l’ingrato compito di “mobilitare” le masse a ogni appuntamento elettorale, per condurle in un vicolo cieco, mentre la temperatura nella pentola in cui si cuoce la rana continua a salire gradatamente. Il 5s si attribuisce la vittoria del No al referendum costituzione, ma la disoccupazione, in particolare, quella giovanile, continua a cresce e i voucher dilagano. In tal modo, oltre a poter continuare con l’applicazione dell’austerità e delle politiche neoliberiste, si evita che le masse diventino preda dei “populisti” veri, cioè di opposizioni che avversano veramente, con durezza, il sistema.
Per quanto riguarda lo specifico italiano, si tratta di pura prevenzione, perché dei temibili “populisti” che si oppongono alla società aperta di mercato, all’unionismo europoide e all’immigrazione incontrollata mascherata da accoglienza, non vediamo manco l’ombra.
La recente figuraccia dei pentagrulli, di Grillo e di Casaleggio Jr., per l’ingresso a Bruxelles nel gruppo parlamentare eurofanatico della ALDE, mollando il buon Farage, sarà presto dimenticata. Infatti, gli italioti dalla memoria corta stanno cercando a tutti i costi una rappresentanza parlamentare rassicurante ma impossibile, per come stanno le cose da noi.
Di conseguenza, in molti “perdoneranno” il 5s non solo per la scelta ultra-europeista nel parlamento europide, andata buca, ma anche per il fallimento a Roma dell’inconsistente Virginia Raggi. Basta guardarla per capire … Smunta, taciturna, sofferente e spaesata, come una Barbie corvina mal riuscita, spuntata dalla casa per le bambole e spinta, a forza, nel mondo crudele della gestione della cosa pubblica in solido con le mafie.
Sarà anche onesta, ma almeno i suoi predecessori sapevano come muoversi nella melma … Non è da escludere che i vertici a cinque stelle l’abbiano usata quale agnello sacrificale.
Personalmente la Raggi mi fa quasi pena, mentre altrettanto non posso dire dei furbetti telegenici Di Battista e Di Maio, che recitano la parte del “rivoluzionario”, il primo, e quella dell’”istituzionale”, il secondo. Ce n’è per tutti i gusti, dal simulatore della protesta, riedizione in chiave postmoderna dell’Agit-Prop (Agitatore Propagandista del vecchio PCUS, per chi non lo sapesse),
al più conciliante, futuro candidato alla presidenza del consiglio, presentabile nei salotti buoni che contano, come la Trilateral Commission (un pranzetto in compagnia non può guastare!). Il che consente di rastrellare più consensi, a tutto campo, oltre la destra e la sinistra. Di sicuro “voto non olet”, si può cinicamente affermare, ma la merda all’interno delle cinque stalle comincia a puzzare un po’ troppo, per i miei gusti …
Per quanto riguarda il piddì, alcuni voti che perderà potranno finire a “sinistra italiana”, che li terrà in caldo in attesa che tornino al piddì, magari sotto forma di appoggio esterno al governo, in condizioni un po’ diverse delle attuali.
La morale è che la rana – cioè voi – si può bollire meglio e un po’ più rapidamente, se si può far conto sulle false opposizioni, come i pentagrulli cinque stalle e altri pagliacci della politica italiana.
Sic et simpliciter
Fonte: Pauper Class – Gen 12, 2017 di Eugenio Orso

M5s e Parlamento Europeo: ma che sta succedendo?

Grande è il disordine sotto il cielo dei 5 stelle, ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Dopo un negoziato tenuto rigorosamente nascosto, è stato annunciato che i deputati del M5s sarebbero passati dal gruppo antieuropeista -con l’Ukip e Afd- al gruppo ultraeuropeista dei liberali.
 
In quattro e quattr’otto è stata organizzata una consultazione on line (con la partecipazione non oceanica di poco meno di un terzo degli iscritti) che ha approvato con il 78% la decisione. Ma la cosa non è servita a molto, perché, neppure sei ore dopo, erano i liberali a rifiutare di ratificare l’accordo siglato il 6 gennaio dal capogruppo M5s Borrelli e dal capogruppo liberale Guy Verhofstadt e tutto è andato per aria.
Leggendo il testo del “contratto prematrimoniale” (reso pubblico da un redattore di radio radicale e consultabile sill’Hp) si capisce una cosa: che i 5 stelle, il 17 gennaio pv, avrebbero votato per Verhofstadt quale prossimo Presidente del Parlamento europeo ed in cambio sarebbero stati ammessi nel gruppo liberale, ottenendone la vice presidenza e, qualora fosse stato possibile, anche una vice presidenza dell’Assemblea di Strasburgo, oltre alla divisione dei fondi e del personale. Una volta queste cose si chiamavano “mercato delle vacche” in perfetto stile Dc.
L’operazione è saltata, ma per la decisione dei liberali, mentre i 5 stelle hanno ricavato un disastro di immagine. La cosa può sorprendere ma ha una sua logica e va inquadrata in un contesto di dichiarazioni, gesti, decisioni che dura da almeno sette mesi.
A maggio Luigi Di Maio fece un viaggio in giro per l’Europa, con l’evidente intento di tranquillizzare gli ambienti politici d’oltralpe su un’eventuale ascesa al governo del M5s e non mancarono ammiccamenti in tema d’Euro (del tipo “non mi sento più tanto antieuropeista”). La campagna per le amministrative, l’estate, i problemi della giunta Raggi, la campagna referendaria hanno gettato la sordina sul tema Euro.
Nei primi di dicembre Di Battista lanciava, un po’ estemporaneamente, la proposta di un referendum sui nostri rapporti con la Ue, ma la cosa era lasciata cadere e nessuno prendeva le difese di “Dibba” di fronte alla gragnuola di insulti dei mass media e dei partiti che lo accusavano di non conoscere la Costituzione che vieta i referendum in materia di trattati (ma “Dibba” aveva detto altro e su questo abbiamo scritto).
Poi c’è stata una raffica di decisioni di Beppe Grillo apparentemente slegate fra loro: il salvataggio in extremis della Raggi dopo i casi Muraro e Marra, la dichiarazione sul rimpatrio immediato degli immigrati irregolari (come se sapessimo quale è il loro paese d’origine!), la svolta in materia di avvisi di garanzia, il discorso di fine anno.  Intendiamoci, tutti atti perfettamente leciti (anche se qualcuno discutibile, come quello sugli immigrati irregolari al solito accomunati ai terroristi) e qualcuno perfettamente condivisibile (come quello sull’avviso di garanzia), ma il senso politico complessivo è quello di dimostrare che il M5s è una forza responsabile, persino moderata, quando occorre, che può andare tranquillamente al governo senza provocare sconquassi.
Nel M5s c’è un processo di lenta trasformazione in forza di governo, che rimuove i suoi tratti di forza “antisistema”. E il tentato passaggio all’Alde, è stato lo sbocco naturale. Accreditarsi come forza moderata (adesso capiamo il senso del “né di destra né di sinistra”: perché forza “di centro”) e rimuovere l’immagine antieuropeista.
 
Per la verità, il regista dell’operazione, il capogruppo Borrelli (che si è guardato bene dal darne notizia ai suoi parlamentari, esattamente come ha fatto il suo interlocutore Verhofstadt) non ha mai nascosto il suo “europeismo” e il suo giudizio ostile ad ogni abbandono dell’Euro, sino ad incassare l’apprezzamento di Mario Monti.
Dunque si pone il problema di definire, una volta per tutte, quale sia la posizione del M5s sull’Euro, se c’è una revisione della posizione che era di Roberto Casaleggio (ed anche di Beppe Grillo per quel che ricordo), lo si dica apertamente, magari dopo una adeguata discussione seguita dal voto degli iscritti.
 
C’è poi un altro punto da chiarire: il nodo di eventuali accordi con altre forze politiche. Non sono mai stato favorevole al “noi non ci alleiamo con nessuno” ed ho sempre detto che in politica gli accordi sono necessari, però che lo si dica e si fissino i criteri con cui li si può concludere .
Questa sciagurata vicenda fissa un precedente: dopo che stavi per fare addirittura un gruppo comune con una forza politica basato solo su una spartizione (con l’Ukip, almeno, c’era il comune terreno dell’opposizione alla Ue) come potrai declinare una proposta di accordo di altra forza politica in Italia, opponendo il solito “noi non facciamo accordi con nessuno”?
 
Quanto poi alla questione dei soldi, qualcuno dovrebbe spiegarmi perché in Italia il M5s rifiuta il finanziamento pubblico, mentre poi lo cerca affannosamente in Europa, al punto di includerlo fra le motivazioni di un accordo così singolare.
Il tutto poi con questo clima clandestino da loggia carbonara: altro che diretta streaming e trasparenza, qui si è firmato un accordo senza che ne sapessero nulla neanche i deputati del M5s e quelli liberali che avrebbero dovuto fare gruppo insieme: vi sembra normale?
 
C’è poi la questione di questa fregola governativa che ha preso il M5s. Personalmente non capisco perché ci sia tanta fretta di cingere la corona governativa in un biennio (tanto durerà la prossima legislatura) durante il quale non si tratterà di una corona di alloro, quanto di una corona di spine: pensateci cari amici del M5s.
 
Infine: il disastro di immagine di questa storia è troppo evidente perché se ne debba dire, però voglio lasciarvi con un consiglio: Borrelli è un ottimo imprenditorie, indiscutibilmente bravo; dopo questo brillante esito della sua strategia credo che non si possa provare ulteriormente l’azienda del suo talentuoso capo. Non vi sembra il caso di restituirlo subito al lavoro che sa fare meglio?
 
Aldo Giannuli – 10 Gen 2017

Grecia, Eurogruppo fa marcia indietro su alleggerimento del debito. Nel mirino la tredicesima di Tsipras ai pensionati poveri

la tanto amata EUROPA DEI POPOLI, così magnanima.

“Le azioni del governo non sono in linea con gli accordi”, si legge nel comunicato dei ministri delle Finanze dell’Eurozona, che solo il 5 dicembre avevano invece aperto a una rimodulazione delle scadenze e una riduzione degli interessi. Nel frattempo il premier ha annunciato misure per chi ha un assegno sotto gli 850 euro al mese e lo stop dell’aumento Iva per le isole travolte dall’arrivo dei migranti
Il 5 dicembre era arrivato il primo via libera. A nemmeno dieci giorni di distanza è già marcia indietro. L’Eurogruppo ha ritirato le misure di parziale alleggerimento del debito della Grecia deGrecia, Eurogruppo fa marcia indietro su alleggerimento del debito. Nel mirino la tredicesima di Tsipras ai pensionati povericise per andare incontro alle richieste del Fondo monetario internazionale, che in caso contrario minacciava di sfilarsi dal terzo piano di salvataggio del Paese. “Le istituzioni hanno concluso che le azioni del governo greco non sono in linea con gli accordi”, si legge nel breve comunicato diffuso mercoledì. “Anche alcuni Stati la pensano così e quindi per ora non c’è unanimità per attuare le misure a breve termine sull’alleggerimento del debito”. A motivare il dietrofront sono state le ultime decisioni del governo Tsipras sul bilancio, tra cui l’una tantum ai pensionati poveri che hanno più risentito delle misure di austerity imposte dai creditori internazionali.

Alla luce del fatto che il Paese ha superato gli obiettivi di surplus primario promessi alla ex troika per il 2016 (1,1% del pil contro lo 0,5% previsto dal piano di salvataggio), il premier greco il 6 dicembre ha annunciato in tv che intendeva spendere 617 milioni di euro per versare una specie di tredicesima a 1,6 milioni di titolari di pensione sotto gli 850 euro al mese. Tsipras ha anche annunciato che non sarebbe scattato l’aumento dell’Iva per le isole del nord Egeo più colpite dalla crisi dei migranti.

Tanto è bastato per far irrigidire i ministri delle Finanze dell’area euro, che avevano appena aperto a una rimodulazione delle scadenze del debito con i fondi salva-Stati Efsf e Esm e una riduzione degli interessi, misure mirate a generare un “impatto positivo significativo sulla sostenibilità del debito ellenico” e far riguadagnare al Paese l’accesso al mercato.

l’Ue ha votato: meno democrazia. E più favori alle lobbies.

proprio l’Europa dei popoli

Strasburgo approva in sordina il «Corbett Report»: con la scusa di velocizzare la produzione di normative, si mettono nuovi ostacoli ai critici di Bruxelles. E per i deputati sarà più facile rappresentare interessi privati 

Sono mesi che i popoli del Vecchio Continente continuano a rifilare all’Unione Europea schiaffoni su schiaffoni. Dai sondaggi risulta evidente che l’euroscetticismo è ai massimi un po’ ovunque, e gli esiti di tutti i referendum popolari lo confermano. Il messaggio è chiaro: la gente ne ha le tasche piene della burocratica strafottenza di Bruxelles. Già, peccato sia chiaro a tutti tranne che agli euroburocrati. Sapete come rispondono i eurolager-01-680x365capoccia dell’Ue all’ondata di indignazione? Trincerandosi ancora di più dietro ai loro privilegi, e aumentando oltre ogni limite immaginabile il deficit di democrazia che da sempre caratterizza le istituzioni comunitarie.

Quasi nessuno dei grandi giornaloni internazionali ne ha parlato, ma martedì sera il Parlamento europeo riunito a Strasburgo ha approvato a maggioranza una proposta presentata dall’eurodeputato di centrosinistra Richard Corbett. Si tratta, in sostanza, di una revisione dei regolamenti dell’Europarlamento, che è stata venduta nei comunicati stampa ufficiali come un passo avanti verso un’era di maggior trasparenza e libertà. Il problema è che, in realtà, si tratta dell’esatto contrario. Tramite piccole modifiche agli articoli delle normative interne, i simpaticoni dell’Ue si sono garantiti ancora più privilegi e hanno reso ancora più complicata ogni forma di opposizione ai diktat comunitari.

La proposta del britannico Corbett – un signore noto per la sua totale opposizione alla Brexit, proseguita anche a referendum avvenuto – è stata ribattezzata «The Corbett Report» e prevede una serie di incredibili novità. Cerchiamo di spiegarle evitando i tecnicismi e aggirando le furbizie da burocrati.

Le assurdità più evidenti riguardano il ruolo delle lobby. Secondo Corbett, la sua proposta aiuterebbe a regolamentare la loro azione. In realtà, si tratta di un enorme favore ai gruppi di pressione foraggiati dalle grandi compagnie. Circa 170 eurodeputati, a oggi, mantengono un secondo lavoro. Alcuni di loro, oltre a sedere in aula, fanno i lobbisti. Tuttavia il piano di Corbett non li obbliga a dichiararsi. Si limita a dire che «dovrebbero farlo», senza imporlo per regolamento. Non solo.

La proposta avrebbe dovuto contenere un passaggio esplicito utile a impedire che gli euro-parlamentari, una volta terminato il mandato, passassero attraverso la proverbiale «porta girevole» diventando lobbisti a tempo pieno. Bene, tale articolo è stato stralciato. Chi dobbiamo ringraziare per questo? Il signor Martin Schulz, presidente del Parlamento. Secondo vari osservatori è stato proprio lui, il giorno prima del voto in aula, a eliminare il passaggio dal regolamento, facendo un enorme regalo ai suoi colleghi e, ovviamente, alle lobby.

Poi, a peggiorare il quadro, arrivano altri e più inquietanti aggiornamenti. Anche qui, il diavolo si nasconde nei dettagli e nei cavilli. Con la scusa di «velocizzare» la produzione di normative, Corbett ha introdotto una razionalizzazione delle procedure di voto. Invece di aumentare i giorni di lavoro dei parlamentari, ha preferito introdurre regole che impongono un limite agli emendamenti e ai voti da parte dei vari gruppi del Parlamento.

Facciamo qualche esempio. Prima, tutte le leggi proposte dalla Commissione Ue (cioè un organismo potentissimo e non eletto) dovevano passare attraverso il vaglio dell’Europarlamento. I deputati avevano a disposizione tre tornate di dibattito, e potevano ogni volta presentare emendamenti. Ora, nella gran parte dei casi, le proposte della commissione dovranno essere sottoposte a una sola lettura da parte dei deputati.

Ci sono inoltre limitazioni al cosiddetto «voto registrato», di modo che i deputati possano mantenere il segreto sulle loro scelte.

Non basta: è prevista una lunga serie di limitazioni alla presentazioni degli emendamenti e delle interrogazioni scritte (alcune delle quali vengono spiegate da Isabella Adinolfi nell’intervista che pubblichiamo in questa pagina). Secondo Paul Nuttall, rappresentante dell’Ukip, l’approvazione del Corbett Report è «una mossa esplosiva e pericolosa da parte dei grandi gruppi del Parlamento europeo, perché riduce la visibilità pubblica di importanti voti legislativi e trasferisce enormi quantità di potere decisionale nelle segrete stanze. Anche se, in apparenza, si tratta di una proposta tecnica, essa comporta che sempre di più la produzione legislativa sarà accelerata, senza prevedere un adeguato dibattito pubblico sui cosiddetti “colloqui a tre” tra Commissione, Consiglio e Parlamento».

A parere dell’eurodeputato britannico, «ci saranno meno voti visibili al pubblico, e i gruppi politici più piccoli, la maggior parte dei quali euroscettici, avranno meno possibilità di apportare modifiche alle leggi».

Eccola, la risposta dell’Unione Europea alle sollevazioni popolari: ancora più chiusura, ancora meno spazio al dissenso, ancora più concentrazione di poteri nelle mani di organismi non eletti. Il tutto, ovviamente, confezionato in nome dell’efficienza e della trasparenza. Più i popoli si oppongono, più gli eurocrati stringono la presa.

La Verità 15 dicembre 2016 di FRANCESCO BORGONOVO

http://www.maurizioblondet.it/lue-votato-meno-democrazia-piu-favori-alle-lobbies/

L’ultima di Draghi: abbassare gli stipendi per salvare l’euro

è la moneta dei popoli no? Ma tu guarda l’elite che tanto detesta i popoli avrebbe creato una moneta proprio per il loro bene.

Svalutazione non monetaria ma salariale. Bce vuole abbassare remunerazioni mantenendo l’obiettivo di una inflazione vicina alla soglia del 2%.

1 dic – BRUXELLES (WSI) – La Bce vuole abbassare le remunerazioni degli europei pur mantenendo l’obiettivo di una inflazione vicina alla soglia del 2% prestabilita.

Draghi ha lanciato un appello nemmeno troppo velato in cui chiede di poter aggiustare gli stipendi per aiutare l’euro. Si tratta in pratica di una svalutazione non monetaria bensì salariale nel blocco a 18.euro-morire
Abbandonare così come salvare la moneta unica ha un prezo. “Il prezzo da pagare per voler mantenere a tutti i costi l’euro comporta dei costi economici, ma anche dei costi in termina di perdita di crescita e dei costi sociali”, dice Charles Sannat, giornalista e analista ‘contrarian’, professore di economia in diverse università di business parigine.
Ricapitolando, nelle sue ultime uscite ufficiali in pubblico, Draghi ha detto che “ogni economia deve essere abbastanza flessibile da trovare e sfruttare i suoi vantaggi concorrenziali, per poter beneficiare del mercato unico”.
Aggiungendo anche ogni paese deve essere abbastanza flessibile da “rispondere agli shock di breve termine, inclusi gliaggiustamenti al ribasso degli stipendi o il ribilanciamento delle risorse tra i settori“.
Il banchiere centrale ha spiegato che l’unione monteraria, sebbene irrevocabile rimane ancora incompleta senza il trasferimento del budget permanente tra i paesi e senza una forte mobilità di disoccupati tra i confini dell’Europa.
 
“La mancanza di riforme strutturali ha creato lo spettro di una divergenza economica permanente tra i membri del blocco a 18″, ha osservato Draghi.
Interrogato sui rischi di ritornare al sistema del XIX secolo, in cui i salari e i prezzi potevano abbassarsi e aumentare fortemente, Draghi ha difeso la necessità di adottare una “svalutazione interna” (ovvero abbassare i costi di un paese se non è possibile abbassare i tassi di cambio).
La principale lezione, secondo Draghi, che ci ha fornito la crisi è che “in seno all’Ue dobbiamo stare attenti a non lasciare che i salari e i prezzi deviino”. “Dobbiamo stare molto attenti a mantenere i paesi competitivi“.
Ma senza aggiustamenti monetari, non restano che aggiustamenti dei salari. La sola maniera relativamente rapida per ritrovare la competitività è abbassare gli stipendi, come è successo in Grecia e in Spagna.
In media gli spagnoli sono pagati 675 euro al mese e un greco 480 euro. Ma il vero problema è che la riduzione delle buste paga non è accompagnata da un calo dei prezzi necessari per poter veramente ritrovare la crescita economica o piuttosto dell’attività economica.
In pratica anche in caso di salario dimezzato, se l’affitto passasse da 600 euro al mese a 100 ovviamente il contraente ne uscirebbe vincitore. Ma non è il caso nel Sud d’Europa.
Parlando di “aberrazione economica” di proporzioni “storiche”, Sannat scrive che se la Bce ci chiede di abbassare i salari, lo stesso Draghi vuole mantenere l’inflazione vicina al 2%, ovvero un rincaro dei prezzi al consumo rispetto ai valori bassi attuali.
Il board della Bce dovrebbe decidere a maggioranza sulle nuove misure non convenzionali anti-deflazione, tra cui l’acquisto di titoli di Stato. Lo ha detto il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, secondo cui nella riunione della Banca centrale europea giovedì “mi sembra di aver capito chiaramente” che si va verso una “decisione a maggioranza”.
“Mi aspetto ragionevolmente delle scelte che non siano penalizzate da qualcuno che deve essere contrario per forza”.
Fonte: Économie Matin 16/12/2015