TASSANO GLI ITALIANI PER PAGARE GLI AVVOCATI AI PROFUGHI

40 milioni avvocato clandestini
un’altra casta che ci lucra. Ah no, certi che lo fanno gratis per amor prossimo. Ma se un operaio licenziato non riesce più a pagare la Tasi o qualsiasi altra gabella E’ UN EVASORE da perseguire tramite Equitalia.

Fin quando presentano ricorsi, gli stranieri non possono essere espulsi. Così intorno a loro è fiorito un business di avvocati che si fanno pagare fino a mille euro per estendere ricorsi che vengono quasi tutti rigettati ma intanto ingolfano i tribunali e vanno a pesare sui bilanci della giustizia: la parcella dei legali viene infatti pagata dal ministero, perché i profughi sono ammessi al gratuito patrocinio a spese dello Stato. La escalation di queste spese è impressionante: per il gratuito patrocinio l’Italia spendeva nel 2008 trenta milioni l’anno,
che nel 2013 erano diventati sessanta milioni e nel 2014 (ultimo dato disponibile) addirittura 88 milioni.
A beneficiarne sono state, nel 2014, 133mila persone, quasi tutte richiedenti asilo. Ma i veri beneficiari sono stati gli avvocati che si spartiscono l’affare. A volte si tratta di avvocati legati alle Onlus che accolgono i profughi, a volte appartengono a un sottobosco che campa producendo ricorsi-fotocopia e poi abbandonando il cliente: spesso già dopo il «no» del tribunale, senza seguirlo neanche nel ricorso in appello. Un malcostume ben conosciuto nelle cancellerie per la Protezione internazionale create in tutti i tribunali italiani, ma contro il quale apparentemente non c’è rimedio: altro lato oscuro dell’immigrazione di massa, dramma per molti e affare per altri.
 
Succede con chi delinque, come nel caso di Igor, il ‘migrante con licenza di uccidere itailani’, che ha continuato a commettere reati fra Emilia e Polesine, fino a diventare l’uomo più ricercato d’Italia per l’omicidio del barista di Budrio. E questo nonostante due decreti di espulsione sulle spalle.
 
E succede ogni giorno con le decine di richiedenti asilo a cui viene rifiutato lo status di profughi. Ma non è che tutto finisce qui. Il sedicente profugo, a questo punto, ha infatti diritto a presentare appello.
Le coop gli preparano il ricorso (continuando così ad incassare i 35 euro al giorno) e ci sono avvocati che si prestano ben volentieri per il gratuito patrocinio. Che spesso, poi, gratuito non è.*
Se pensavate che i 35 euro al giorno fossero il problema, vi sbagliavate. Il business delle domande di asilo e dei ricorsi potrebbe costare, in Polesine e per i 700 profughi presenti ad oggi, fino a 800mila euro.
Di questo sistema deviato – commenta il sindaco Massimo Bergamin – parlano in pochi, perché conviene a troppi: coop e avvocati in primis. E chi paga? Lo Stato, quindi il popolo”.

Disgustoso Poletti, avete fatto di noi i camerieri d’Europa

ovviamente quando le sinistre fanno porcate non sono sinistre ma ex…insomma sbaglia senza accorgerese e certo senza volerlo. Ah giusto, gli italiani sono solo dei choosy.

job-actCaro ministro Poletti, le sue scuse mi imbarazzano tanto quanto le sue parole mi disgustano». Comincia con queste parole la lettera aperta che Marta Fana, ricercatrice impegnata a Parigi, ha affidato a “L’Espresso” dopo la sconcertante uscita dell’ex dirigente LegaCoop, ora membro dell’esecutivo Gentiloni: «Centomila giovani in fuga dall’Italia? Conosco gente che è bene non avere tra i piedi».
Poletti ha espresso in modo esplicito un pensiero che dimostra la ormai storica rassegnazione dell’ex sinistra al pensiero unico, quello del mercato, sancita da personalità come Tiziano Treu e Marco Biagi, che hanno firmato le tappe fondamentali della revoca dei diritti del lavoro, per poi arrivare allo scempio della riforma Fornero e al Jobs Act renziano.
«Noi, quei centomila che negli ultimi anni siamo andati via, ma in realtà molti di più – scrive Marta Fana – non siamo i migliori, siamo solo un po’ più fortunati di molti altri che non sono potuti partire e che tra i piedi si ritrovano soltanto dei pezzi di carta da scambiare con un gratta e vinci. Parlo dei voucher, ministro». L’Inps ha appena reso noto che nei dieci mesi del 2016 sono stati venduti 121 milioni e mezzo di voucher. Da quando Poletti è ministro, ne sono stati venduti oltre 265 milioni: «E’ sfruttamento. Sa, qualcuno ci ha rimesso quattro dita a lavorare a voucher davanti a una pressa».
Marta Fana si riferisce a un ragazzo di 21 anni, senza indennità per malattia perché «faceva il saldatore a voucher». E aggiunge: «Oggi, senza quattro dita, lei gli offrirà un assegno di ricollocazione da corrispondere a un’agenzia di lavoro privata.
Magari di quelle che offrono contratti rumeni, perché tanto dobbiamo essere competitivi».
Quelli che sono rimasti, continua la lettera, sono coloro che per colpa di queste politiche si sono trovati in pochi anni da “generazione 1.000 euro al mese” a “generazione a 5.000 euro l’anno”. «Lo stesso vale per chi se n’è andato e forse prima o poi vi verrà il dubbio che molti se ne sono andati proprio per questo.
Quelli che sono rimasti sono gli stessi che lavorano nei centri commerciali con orari lunghissimi e salari da fame. Quelli che fanno i facchini per la logistica e vedono i proprio fratelli morire ammazzati sotto un tir perché chiedevano diritti contro lo sfruttamento. Sono quelli che un lavoro non l’hanno mai trovato, quelli che a volte hanno pure pensato “meglio lavorare in nero e va tutto bene perché almeno le sigarette posso comprarle”».
Sono gli stessi che «non possono permettersi di andare via da casa, o sempre più spesso ci ritornano», perché il governo, come i precedenti,«invece di fare pagare più tasse ai ricchi e redistribuire le condizioni materiali per il soddisfacimento di un bisogno di base e universale come l’abitare, ha pensato bene di togliere le tasse sulla casa anche ai più ricchi e prima ancora di approvare il piano casa». È lo stesso governo che «spende lo 0% del Pil per il diritto all’abitare», e che «si rifiuta di ammettere la necessità di un reddito che garantisca a tutti dignità».
 
Marta Fana non si dichiara “redditista”, ma spiega: «A fronte di 17 milioni di italiani a rischio povertà, quattro milioni in condizione di povertà assoluta, mi pare sia evidente che questo passaggio storico per l’Italia non sia oggi un punto d’arrivo politico quanto un segno di civiltà». La colpa «è vostra», scrive la Fana: è colpa di voi politici, «che credete che siano le imprese a dover decidere tutto e a cui dobbiamo inchinarci e sacrificarci». Il capolavoro? «Spostare quasi 20 miliardi dai salari ai profitti d’impresa senza chiedere nulla in cambio – tanto ci sono i voucher», per poi ridurre le tasse sui profitti. «Così potrete sempre venirci a dire che c’è il deficit, che si crea il debito e che insomma la coperta è corta e dobbiamo anche smetterla di lamentarci».
 
Il governo non crede nell’istruzione e nella cultura, vara “La Buona Scuola” ma taglia i fondi a scuola e università, e quindi spedisce il giovani a lavorare da McDonald’s: «Anche loro hanno un diploma o una laurea e se li dovesse mai incontrare per strada – scrive la Fana a Poletti – chieda loro com’è la loro vita e se sono felici. Le risponderanno che questa vita fa schifo. Però ecco: a differenza di quel che ha decretato il suo governo, questi giovani all’estero sono pagati».
Ma il peggio, continua la lettera al ministro, «è che lei e il suo governo state decretando che la nostra generazione, quella precedente e le future siano i camerieri d’Europa, i babysitter dei turisti stranieri, quelli che dovranno un giorno farsi la guerra con gli immigrati che oggi fate lavorare a gratis». L’imbarazzante esternazione del ministro? «A me pare chiaro che lei abbia voluto insultare chi è rimasto piuttosto che noi che siamo partiti». E ancora: «Non ho capito che cosa voi offrite loro se non la possibilità di essere sfruttati, di esser derisi, di essere presi in giro con 80 euro che magari l’anno prossimo dovranno restituire perché troppo poveri». Tutto questo «rasenta l’ignobile tentativo di rendere ognuno di noi sempre più ricattabile, senza diritti, senza voce, senza rappresentanza».
 
In Italia, ormai, studia solo «chi ha genitori che possono pagare e sostenere le spese di un’istruzione sempre più cara». Insiste la Fana, rivolta a Poletti:
«Lei non ha insultato soltanto noi, ha insultato anche i nostri genitori che per decenni hanno lavorato e pagato le tasse, ci hanno pagato gli asili privati quando non c’erano i nonni, ci hanno pagato l’affitto all’università finché hanno potuto». Molti di questi genitori, poi, «con la crisi sono stati licenziati».
Finito il sussudio di disoccupazione, «potevano soltanto dirci che sarebbe andata meglio, che ce l’avremmo fatta, in un modo o nell’altro. In Italia o all’estero. Chieda scusa a loro – insiste Marta Fana – perché noi delle sue scuse non abbiamo bisogno». E aggiunge: «Noi la sua arroganza, ma anche evidente ignoranza, gliel’abbiamo restituita il 4 dicembre, in cui abbiamo votato No per la Costituzione, la democrazia, contro l’accentramento dei poteri negli esecutivi». No alla supremazia del mercato. «Era anche un voto contro il Jobs Act, contro la “buona scuola”, il piano casa, l’ipotesi dello stretto di Messina, contro la compressione di qualsiasi spazio di partecipazione. E siamo gli stessi che faranno di tutto per vincere i referendum abrogativi contro il Jobs Act, dall’articolo 18 ai voucher, la battaglia è la stessa. Costi quel che costi, noi questa partita ce la giochiamo fino all’ultimo respiro. E seppure proverete a far saltare i referendum con qualche operazioncina di maquillage, state pur certi che sugli stessi temi ci presenteremo alle elezioni dall’estero e dall’Italia».
 
Fonte: www.libreidee.org
 
21.12.2016