Corte d’appello conferma: dalla polizia sassi e lacrimogeni ad altezza d’uomo contro i NoTav

https://www.notav.info/post/la-cassazione-conferma-dalla-polizia-sassi-e-lacrimogeni-ad-altezza-duomo-contro-i-notav/

post — 23 Aprile 2021 at 11:23
La Corte d’Appello di Torino ha pubblicato le motivazioni della sentenza emanata il 21 gennaio scorso, in merito agli scontri avvenuti in Valsusa il 3 luglio 2011.

Al suo interno sono emersi diversi passaggi particolarmente interessanti che mettono in luce il dannoso e violento operato da parte delle Forze dell’Ordine che proprio in questi giorni è nuovamente emerso in merito al grave ferimento di Giovanna, la No Tav ferita da un lacrimogeno sparato ad altezza uomo.

A fronte delle nostre più che legittime accuse, proprio la Questura di Torino, in questi giorni, ha rilasciato diverse dichiarazioni – alcune diverse tra loro – nelle quali è stato affermato che:

«Non è possibile che un lacrimogeno sia stato sparato ad altezza uomo, non solo perché questo è vietato, ma perché in quel momento erano già state elevate reti alte quattro metri che quindi avrebbero impedito al tiro una traiettoria orizzontale». Inoltre, quelli sparati l’altra sera erano «lacrimogeni a frammentazione, che si suddividono, una volta caduto il bossolo a terra, in cinque dischetti pesanti 20 grammi l’uno che contengono il gas e che diventano incandescenti, per cui se dovessero colpire qualcuno provocherebbero un’ustione». (Fonte La Repubblica 19/04/2021)

«Nessun contatto diretto è avvenuto tra polizia e dimostranti e il lancio di lacrimogeni è avvenuto a grande distanza» (Fonte La Stampa del 18/04/2021)

Ebbene, una sequela di falsità tutte ad uso e consumo della stampa nazionale, dei politicanti e dei forcaioli pronti a dare sostegno a chi utilizza la violenza con la scusa di gestire l’ordine pubblico, mentre l’unico obiettivo è quello di reprimere il dissenso a qualunque costo e con qualsiasi mezzo.

E nel mentre, i Tg mandavano in onda il video di Local Team del 13 aprile, dove si vede un gruppo di Carabinieri da cui giunge testuale “io ne ho sparato uno in faccia sulla strada”, aggiungendo che non si poteva verificare se quella frase giungesse realmente dai CC.

Finalmente un Tribunale scrive nero su bianco che proprio le forze dell’ordine in Valsusa hanno compiuto diverse azioni illecite. Auspichiamo, dunque, che si ponga fine a questa santificazione dell’operato delle forze dell’ordine e che la Questura la smetta di agire come se fosse guidata da tanti intoccabili sceriffi di Nottingham. In quanto tutori della legge, hanno un bel dire se sono loro i primi ad infrangerla.

Sono tante le querele esposte da attivisti del movimento No Tav e poi archiviate dalla Procura, tutte fanno riferimento a gravi atti di violenza da parte delle forse dell’ordine.

A scanso di equivoci, di seguito pubblichiamo alcuni stralci della sentenza.

“Come le Forze dell’Ordine, nel sito in esame, in alcuni casi utilizzarono i gas lacrimogeni fuori dalle direttive ricevute, quantomeno con riguardo alle traiettorie di lancio ed agli obbiettivi individuati,

giungendo inoltre a lanciare sassi dal cavalcavia autostradale sui manifestanti sottostanti” (pag.164-165 della sentenza)

(pag.81-82 della sentenza)

(Pag. 134 della sentenza)

(pag.136 della sentenza)

(pag.138 della sentenza)

No Tav, dieci domande al governo: “Draghi intervenga sull’uso dei lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2021/04/23/news/no_tav_dieci_domande_al_governo_draghi_intervenga_sull_uso_dei_lacrimogeni_da_parte_delle_forze_dell_ordine_-297684946/?fbclid=IwAR2F88jE4qRTNnz5FEKSbsUF3KlU9eUBUhEv9hZW-PMM08_xgIfnJuvHX1c

La manifestazione No Tav a San Didero del 13 aprile (ansa)
Un documento dopo gli scontri al cantiere per l’autoporto di San Didero: “Azioni giudiziarie più simili a quelle di regimi dittatoriali che di una democrazia”
23 APRILE 2021
 
Si rivolgono a Draghi i No Tav che questa mattina sono entrati nella sede di Repubblica a Roma.

Hanno consegnato un documento con 10 domande da fare al governo dopo gli scontri dei giorni scorsi in Valle di Susa. Chiedono al presidente del consiglio di prendere posizione sull’uso dei lacrimogeni al Cs che – dicono – “vengono classificate come armi chimiche”, e chiedono di intervenire anche sul modo in cui questi strumenti vengono utilizzati. “sparati ad altezza uomo, come dimostrano i nostri video”, spiegano gli attivisti antitreno.

Il secondo blocco di domande riguarda invece i provvedimenti e le misure cautelari imposte ad alcuni attivisiti e in particolare Dana Lauriola, del centro sociale torinese Askatasuna, condannata per blocco stradale in una manifestazione del 2012. Ha scontato sette mesi in carcere e ora è ai domiciliari. “Amnesty international, con associazioni del diritto e giuristi hanno denunciato una detenzione assurda, che si somma a una lista di detenzioni, misure e procedimenti penali e amministrativi nei confronti di hi si è opposto con manifestazioni, tesi di laurea e articoli”.

I No Tav chiedono a Draghi se ha intenzione di continuare su questa linea. ” Le azioni giudiziarie contro il movimento No Tav sono più simili a quelle di regimi dittatoriali che a quelle di una democrazia”. Impugnano la valutazione della corte dei conti europei del 2020 per chiedere al premier, da sempre europeista “se intende ignorare un’istituzione che ha definito l’opera inutile e dannosa”. Chiedono anche conto della relazione costi benefici. I manifestanti definiscono la Tav un “accanimento” da parte di un governo che ha dichiarato la sua missione ambientalista con il ministero della transizione economica. In questo quadro si inserisce anche il cantiere dell’Autoporto di San Didero, secondo cantiere aperto in valle da parte di Telt la societa incaricata della realizzazione dell’opera, e nuova area di contestazione per i No Tav criticata anche dagli amministratori locali della zona. “In un momento di crisi sanitaria ed economica di queste  proporzioni come è possibile che si spendano 54 milioni di euro per un’opera di questo tipo? Come è possibile che la prima opera accessoria di un raddoppio ferroviario sia alla fine un autoporto che favorisce il trasporto su gomma?”, chiede il movimento interrogando Draghi.

(ansa)

L’ultima tranche del questionario rivolto a Draghi riguarda i costi dell’opera sbilanciati a sfavore dell’Italia. “Ogni chilometro italiano del tunnel di base costerebbe all’Italia ben 280 milioni di euro mentre ogni chilometro francese del tunnel costerebbe alla Francia solo 60 milioni di euro. Anche a questo governo non sembra anomalo questa ripartizione?”, dicono i No Tav che chiedono di dirottare quelle risorse per risanare le infrastrutture della valle, a partire dalla sanità.  

“È infine noto – concludono – che in caso di abbandono del progetto da parte dell’Italia e della Francia non vi saranno penali europee. Per quale ragione questo governo intende ignorare la volontà della cittadinanza, delle amministrazioni locali, dei sindaci delle città italiane e francesi coinvolte?”. Il documento è firmato “Rete No Tav Roma”

Idrogeno e ferrovie (ma non la Tav). Ecco Torino nel Recovery di Draghi

https://torino.corriere.it/politica/21_aprile_23/torino0203-documentoa-7b730c9a-a46a-11eb-a7d3-6cda844bb148.shtml

La tratta nazionale dell’Alta velocità non è citata nel documento. Entrano invece la linea per Caselle, treni merci e piste ciclabili

Idrogeno e ferrovie (ma non la Tav). Ecco Torino nel Recovery di Draghi

C’è la ferrovia per l’aeroporto, la Torino-Caselle-Ceres. Ma anche l’ammodernamento della Canavesana. E poi il potenziamento della linea per i treni merci con Genova. E piste ciclabili, fondi per il dissesto idrogeologico e la pulizia del fiume Po, stazioni di ricarica a idrogeno per rendere puliti i collegamenti autostradali verso il Nord Est. Ecco Torino nell’ultima bozza del «piano nazionale per la ripresa e la resilienza», il cosiddetto «Recovery plan», in discussione in queste ore a Roma prima dell’approvazione definitiva del consiglio dei ministri.

Grande assente, invece è l’alta velocità torinese: non il tunnel di base del Moncenisio, ma la tratta nazionale dal costo di circa 750 milioni che — quando verrà ultimato — dovrebbe collegare il tunnel, appunto, a Torino e al resto della rete ferroviaria. Non ce n’è traccia, mentre l’esecutivo di Mario Draghi si è concentrato su altre linee ad alta velocità verso il sud d’Italia: Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina e i primi lotti delle direttrici Salerno-Reggio Calabria e Taranto-Potenza Battipaglia. «In commissione trasporti — fa sapere la deputata della Lega, Elena Maccanti — abbiamo chiesto intanto al ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, di inserire la tratta italiana nell’elenco delle opere strategiche da commissariare ai sensi del decreto “Sblocca cantieri”».

Torino trova spazio tuttavia quando si tratta del rafforzamento delle linee per le merci con la Liguria: «L’intervento permetterà il transito di treni con lunghezza fino a 750 metri. Al completamento dell’intero progetto — si legge nella bozza del piano di ripresa e resilienza —, i tempi di percorrenza saranno quasi dimezzati sia sulla tratta Genova-Milano che sulla tratta Genova-Torino».

«Un’enfasi particolare», così dice il documento, viene riservata piuttosto alle ferrovie regionali per interventi di adeguamento, elettrificazione e potenziamento. In questo capitolo il capoluogo piemontese viene citato due volte: la prima nel caso della Canavesana, la storica ferrovia che collega Pont, Rivarolo e Chieri, di recente passata dalle mani di Gtt a quelle di Trenitalia; la seconda, nel caso della Torino-Ceres, linea che servirà a ripristinare il collegamento con l’aeroporto di Caselle grazie al nuovo tunnel ferroviario sotto corso Grosseto — già realizzato e finanziato — la cui apertura è prevista nel 2023. Un’opera, questa, che in un primo tempo non era stata inserita nel piano, redatto anche sulla base dei progetti segnalati le Ferrovie dello Stato, ma che adesso potrà essere al centro di ulteriori investimenti per rendere il collegamento più efficace.

Capitolo trasporti ecosostenibili. Oltre agli interventi destinati alle piste ciclabili e alle altre infrastrutture per la mobilità alternativa destinati alle città, Torino compare poi come uno dei due nodi, con Trieste, della rete di stazioni di ricarica a idrogeno immaginata lungo le direttrici autostradali. «Attraverso questi investimenti — si legge nella bozza del piano per la ripresa — sarà possibile sviluppare circa 40 stazioni di rifornimento, dando priorità alle aree strategiche per i trasporti stradali pesanti quali le zone prossime a terminal interni e le rotte più densamente attraversate da camion a lungo raggio».

23 aprile 2021 | 21:34