Coronavirus, lo studio shock che ha fatto cambiare idea a Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia

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Coronavirus, lo studio shock che ha fatto cambiare idea a Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia

I ricercatori dell’Imperial College: se si fosse continuato a ignorare la minaccia, ossia frapponendo una risposta quasi assente anti-coronavirus, negli Usa ci sarebbero stati 2,2 milioni di morti e fino a 510 mila in Regno Unito

dal nostro corrispondente ANTONELLO GUERRERA

 

17 marzo 2020

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LONDRA –  È lo studio che ha fatto cambiare idea a Boris Johnson e Donald Trump, inizialmente restii a prendere misure drastiche contro il coronavirus. Non solo: ha convinto anche il presidente francese Emmanuel Macron, per cui la “Francia ora è in guerra”, dopo che il capo dell’Eliseo ha adottato nelle ultime ore misure dure e restrittive simili a quelle italiane. Lo studio in questione si chiama “Impact of non-pharmaceutical interventions (NPIs) to reduce COVID- 19 mortality and healthcare demand” e gli autori sono un team di coordinato dal professor Neil Ferguson dell’Imperial College di Londra, una delle massime istituzioni di ricerca e medicina pubblica al mondo.

 
Lo studio guidato dal professor Ferguson è stato decisivo perché ha dimostrato ai leader e alle task force di Stati Uniti, Regno Unito e Francia quali sarebbero stati i catastrofici rischi di un approccio troppo morbido nei confronti della minaccia del Coronavirus. Sin dall’introduzione dello studio, Ferguson è chiarissimo: “Questo è il virus respiratorio più pericoloso dall’influenza H1N1 del 1918. In assenza di un vaccino”, che non si prevede prima di 18 mesi, “queste sono secondo noi le misure di salute pubblica, le cosiddette non-pharmaceutical interventions (NPIs), per ridurre la diffusione della malattia”.

Coronavirus, lo studio shock che ha fatto cambiare idea a Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia

Lo studio non ha lasciato molto spazio di discussione ai leader mondiali. Secondo Ferguson e gli altri ricercatori, infatti, se si fosse continuato a ignorare la minaccia, ossia frapponendo una risposta quasi assente anti-coronavirus, negli Stati Uniti ci sarebbero stati 2,2 milioni di morti e fino a 510 mila in Regno Unito. Una strage colossale. Ma anche una risposta blanda avrebbe generato  perdite estremamente gravi e un enorme numero di vittime, secondo Ferguson: il cosiddetto “scenario 1”, ossia un approccio che prevede misure limitate alla mitigazione del coronavirus, rallentandone semplicemente la diffusione e così allentare la morsa sul sistema sanitario, avrebbe causato in ogni caso almeno 260mila morti in Regno Unito e circa un milione in America.

 
Ecco perché ieri Johnson, come Trump negli ultimi giorni, ha cambiato strategia. Seppur, nel caso inglese, non implementando l’isolamento di un paese intero o chiusure forzate di locali pubblici come hanno fatto l’Italia e altri Paesi. Fino a ieri, infatti, il Regno Unito  aveva adottato il suddetto “scenario uno”, limitato all’isolamento di una settimana per i soggetti con potenziali sintomi di coronavirus, e poche altre limitazioni. Oggi invece, ci sono misure molto più stringenti, sebbene tuttora volontarie, come “uscire di casa solo per i servizi necessari o per esercizi fisici ben distanziati dalle altre persone, ridurre gli spostamenti all’interno del Paese, lavorare da casa per quanto possibile e limitare drasticamente i contatti e i luoghi pubblici, e quindi i tradizionali pub, discoteche, ristoranti, cinema, teatri”. Non solo: se si ha uno dei due sintomi del coronavirus (febbre alta o tosse persistente), il soggetto dovrà astenersi dall’uscire per una settimana mentre “tutto” il resto della famiglia dovrà rimanere in quarantena per due settimane. Mentre le categorie “più fragili” dovranno restare a casa per 12 settimane, con o senza sintomi, ossia tutti gli ultrasettantenni, adulti con meno di settant’anni con patologie serie e infine le donne incinte.
 
Perché nel report, Ferguson e l’Imperial College sono chiari anche su un altro punto: “Ci sono due strategie per combattere il coronavirus: mitigazione o soppressione. La prima punta semplicemente a rallentarne la diffusione, riducendo la pressione sul sistema pubblico e proteggendo i più deboli. La seconda, soppressione, mira invece a invertire la tendenza del contagio, a ridurre i casi e lasciare queste misure a livello indefinito”. Secondo l’Imperial College questo secondo scenario è quello da adottare adesso, perché ridurrebbe le morti al numero comunque tragico di “migliaia” o “decine di migliaia di persone”.
 
Tuttavia, pure questo approccio avrebbe un costo altissimo in altri termini, sociali e di salute anche mentale della popolazione, in quanto in Cina e Corea del Sud sono state applicate in tempi brevi, da noi no. Quindi, ora, queste misure per funzionare dovranno essere implementate per molti mesi, secondo Ferguson, “forse fino a quando sarà trovato un vaccino”. Anche se potrebbero essere allentate nei mesi estivi di luglio e agosto, tenendo presente sempre che il virus potrebbe tornare. 
 
Oltre alla svolta arrivata da Johnson ieri, come scrive il New York Times anche Trump e i suoi esperti si sono lasciati convincere da Ferguson nei giorni scorsi: lo studio pubblicato oggi dall’Imperial College è infatti arrivato in anteprima alla Casa Bianca – come a Downing Street – durante il weekend scorso e subito dopo è arrivata la svolta del presidente statunitense. Le Monde, invece, racconta che la ricerca di Ferguson ha avuto l’effetto di un “elettroshock” per Macron: il giorno stesso della sua presentazione all’Eliseo, il presidente francese ha annunciato difatti la chiusura di scuole, caffè e ristoranti.
Coronavirus, lo studio shock che ha fatto cambiare idea a Gran Bretagna, Stati Uniti e Franciaultima modifica: 2020-03-19T21:27:38+01:00da davi-luciano
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