IL PAPA E GLI ALTRI CORRONO AI RIPARI —– IMPREVISTO IN M-O: VINCONO SIRIA, IRAQ, YEMEN. E ANCHE L’IRAN STA MEGLIO —– LA RUSSIA TRA IL COLPO AL CERCHIO E IL COLPO ALLA BOTTE

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MONDOCANE

LUNEDÌ 2 SETTEMBRE 2019

 

Jorge Mario Bergoglio, oggi Francesco, ha inviato un appello-protesta. A Trump? A Mohamed bin Salman? A Netaniahu? A Erdogan? No, a  Bashar el Assad.

Siria, ce ne fossero

Da otto anni la Siria, Stato libero, laico, di impronta socialista, multinazionale e multiconfessionale, baluardo arabo della decolonizzazione, della resistenza alle aggressioni e ai complotti da vicino e lontano, del sostegno alla lotta di liberazione dei palestinesi e dei popoli arabi, della solidarietà ai paesi che si oppongono all’imperialismo, è sotto attacco da parte di una coalizione internazionale che vanta il più grande potere militare, economico e finanziario del mondo. Da otto anni, con l’appoggio dell’Iran e di Hezbollah e quello prezioso, ma piuttosto selettivo, della Russia, il popolo siriano subisce il terrorismo di bande di mercenari jihadisti reclutate, istruite, armate e pagate da Usa, Nato, Israele, monarchie del Golfo, Turchia e la devastazione umana e materiale di bombardamenti Usa, Nato e israeliani, contro i quali non dispone di quelle difese che la Russia avrebbe potuto e dovuto fornirle, come le ha fornite alla Turchia, all’India che martirizza il Kashmir e ad altri paesi.

Da otto anni, incredibilmente, il popolo, l’esercito, le forze popolari siriane stanno sostenendo questa aggressione di potenze infinitamente superiori, a costo di inenarrabili sacrifici, perdite, sofferenze, dando al mondo degli oppressi, aggrediti, offesi e sfruttati un esempio di eroismo e una prospettiva di vittoria. Già per questo può vantare vittoria contro un vero e proprio asse del male. Vittoria alla quale ora non manca che la liberazione degli ultimi territori invasi e occupati dal nemico: la provincia di Idlib, santuario del terrorismo internazionale espulso dal resto della Siria, protetto dall’esercito e dalle armi di Erdogan, e il Nord-Est, un terzo del territorio nazionale, in Occidente chiamato Rojava. Costellato da basi militari Usa, è  l’area delle più ricche risorse petrolifere ed agricole siriane, occupata e pulita etnicamente, con l’aiuto e le armi statunitensi, britanniche e francesi, da mercenari curdi sostenuti da Israele, Arabia Saudita ed Emirati. A nessuno è possibile contestare questa realtà dei fatti.

Bergoglio, amici e nemici

Nel momento in cui l’Esercito Arabo Siriano, superando le trappole delle ripetute tregue e smilitarizzazioni concordate tra Putin ed Erdogan (ricettore di modernissimi sistemi S-400 e cacciabombardieri russi), mai osservate dalle bande terroriste Isis e Al Qaida e, anzi, utilizzate dai turchi per rafforzarle con uomini e mezzi, ha rilanciato la sua offensiva per liberare Idlib, con l’aiuto dell’aviazione russa, s’è levata alta e forte la voce del papa. Quel papa che ieri era capo gesuita in convivenza-connivenza con la dittatura argentina (vedi i documenti esibiti dal giornalista Horacio Verbitsky, considerato il Pulitzer dell’Argentina).

Letti e assimilati i rapporti di Amnesty International, succursale del Dipartimento di Stato Usa per la demonizzazione dei nemici dell’establishment imperialista, Bergoglio ha indirizzato al presidente siriano un’invettiva mascherata da appello umanitario. Lo ha invitato a smetterla di fare la guerra, di imprigionare, torturare,far sparire e maltrattare oppositori politici, di praticare esecuzioni extragiudiziali, insomma di seviziare il suo popolo e di commettere crimini contro l’umanità.

Nel frattempo, molto soddisfatti, i mercenari jihadisti degli occidentali fedeli al papa, scotennavano, scarnificavano, bruciavano, crocifiggevano, annegavano in gabbie, facevano a pezzi il decimillesimo infedele siriano e forzavano in sposa a tempo la ventimillesima infedele siriana. E ne diffondevano ovunque le immagini. Forse in Vaticano non sono arrivate. O forse sì. Contemporaneamente il decimilionesimo siriano con moglie e figli, scampato ad Assad, a chi sennò?, veniva messo a Misurata su un gommone per l’appuntamento con la nave Ong che lo avrebbe traghettato verso i campi elisi del foggiano o casertano.

https://youtu.be/H3C_2Fb9SXc  video siriano su Idlib

Idlib, non solo

Questo il preludio bianco, cristiano, occidentale a quanto sta avvenendo in Siria. Sulla quale i moniti zannuti del pontefice si sono abbattuti, guarda la coincidenza!, proprio nei giorni in cui, subita dall’accozzaglia jihadista concentrata in Idlib (Hayat Tahrir al-Sham) l’ennesima provocazione terrorista contro le popolazioni di Hama e Aleppo, l’Esercito Arabo Siriano si era mosso alla riconquista di questo terzultimo territorio nazionale ancora in mano al nemico, a partire dalla liberazione di Khan Shaikhoun, città strategica nel sud della provincia. La nostra occhiuta stampa parla dell’”ultimo lembo di Siria” non ancora ripreso dal regime”, occhiutamente sorvolando sul terzo di Siria, oltre l’Eufrate, in mano agli Usa e alla loro fanteria curda, che dunque sancirebbe l’auspicato squartamento del paese, come anche su Al Tanf, base Usa zeppa di terroristi nel sud est, al confine con Giordania e Iraq. Ultimissime ci dicono che, ancora una volta su raccomandazione russa, Damasco, dopo aver liberato vaste aree di Idlib, avrebbe proclamato un nuovo cessate il fuoco. In cambio Erdogan avrebbe promesso a Mosca di disarmare e sciogliere Tahrir Al Sham. Cosa consiglia il saggio? Fidarsi è bene…..

Tulsi Gabbard a Damasco

Il fronte dell’aggressione, sconfitto in Siria, si allarga

La vox populi, specie quella che segue le epifanie dell’uomo bianco alla finestra dell’Angelus, molto  in alto, molto vicino al Signore, e ne assorbe e perpetua le infallibili verità ex cathedra e anche non ex cathedra, ora può ripetere che Assad è un bruto che, come Saddam, Gheddafi, Milosevic, Maduro, Putin, considera sua missione distruggere il popolo cui appartiene, che lo ha eletto e lo sostiene. Non sa, perché non gli è piovuto giù dall’Angelus, che Israele nelle ultime settimane ha bombardato ripetutamente la Siria, il Libano e ora anche l’Iraq, avendocela con l’Iran che non bombarda nessuno, e con i suoi amici di Hezbollah libanesi e delle Unità di Mobilitazione Popolare irachene, milizie che hanno molto infastidito quelli del Nuovo Ordine Mediorientale per aver sconfitto la loro creatura, il califfato Isis.  E neppure sa che una coraggiosa candidata alla presidenza degli Stati Uniti, Tulsi Gabbard, ha incontrato Assad, quasi fosse un essere umano, si è rifiutata in tv di definirlo “criminale di guerra” e ne ha confermato l’accusa che a commettere l’attacco chimico di Ghouta sono stati i jihadisti. Per tutti i media degli Usa, Tulsi è ovviamente una traditrice della patria al soldo di Putin.

La quadruplice Usa-curdi-sauditi-Israele

Attivo su molti fronti, dove può agire contro chi non ha modo di difendersi, Israele non si è lasciato fuggire l’occasione dell’ennesimo venerdì di Gaza, nei 17 mesi della “Grande Marcia del Ritorno”, per arrotondare a 306 i morti palestinesi e a quasi 8000 i feriti e mutilati, tutti inermi. Il che non ha impedito alle élites del Golfo di celebrare gli attacchi israeliani a ben tre paesi arabi, con Khalid al Khalifa, ministro degli esteri del Bahrein, paese noto per il genocidio dei suoi sciti, che li onora in quanto “autodifesa”. Fa scandalo? Non dovrebbe, visto che ormai l’alleanza Israele-satrapi  del Golfo, nel segno della modernità e della democrazia, è pienamente funzionante, fin dal comune impegno a supporto del terrorismo jihadista in Siria e Iraq.

Curdi festeggiano Israele

Rojava: siamo a disposizione

Scandalo, scandalissimo, dovrebbe menare, invece, tra i nostri fautori della pulizia etnica che i curdi menano in Siria, facendola passare per democratica, federale, femminista, antipatriarcale, LGBTQ ed ecologica, quanto scoperto dall’intelligence irachena, non smentito da Israele e confermato da David Hearst, uno dei più autorevoli giornalisti britannici.

I cinque raid di droni israeliani di fine agosto sulla regione irachena di Anbar sono stati lanciati da una base curda gestita da personale israeliano in territorio siriano occupato dalle Syrian Democratic Forces (etichetta che cerca di mimetizzare l’invasione-occupazione curdo-statunitense del nord-est siriano). Israele è troppo distante per colpire con droni l’Iraq. E’ dal luglio scorso che da quella base partono attacchi contro depositi e convogli delle Unità di Mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi). L’iniziativa di utilizzare quelle basi per colpire i combattenti anti-Isis iracheni va fatta risalire al ministro saudita per gli affari del Golfo, Thamer al Sabhan, che nel giugno scorso ha ripetutamente visitato la zona e fornito ai curdi sostanziosi aiuti finanziari. Da queste edificanti evoluzioni dei curdi si comprende il perchè di tanta simpatia del “manifesto”, del “Fatto Quotidiano”, dei trotzkisti tutti e di tutti gli atlantisti.

Putin funambolo tra Ankara, Tel Aviv e Damasco

Su questo Mosca, ancora una volta, non ha obiettato niente e tantomeno ha fornito a Siria, o Iraq, o Libano, gli strumenti antiaerei che toglierebbero agli israeliani di colpo la voglia di fare incursioni. Segno di qualcosa di non esplicitato nei rapporti tra Russia e Israele e nemmeno tra Mosca e Ankara. Parrebbe, infatti, che Erdogan, acquirente di costosi armamenti russi e promotore del gasdotto East Stream dal Caspio al Mediterraneo, può concordare con gli Usa, ai danni dell’integrità territoriale siriana, la famosa “fascia di sicurezza” lungo tutto il confine e che penetra in Siria per 30 km almeno. Rinnovato consolidamento del ruolo  della Turchia nella Nato, a dispetto dello spesso approssimativo prof. Chossudovsky che si era precipitato a dichiararne la fuoruscita. Alleanze e competizioni restano, in Medioriente, variabili non meno di quelle che certe forze anti-sistema da noi praticano a vantaggio del sistema. Succede quando ideologia e morale sono considerate pochettes da mettere o non mettere.

Iraq, Unità di Mobilitazione Popolare

Invece notevole è la soddisfazione a Washington, senza il semaforo verde della quale è probabile che Israele non avrebbe esteso a tal punto il raggio del suo intervento bellico.

C’è chi vince anche in Iraq

Anche perché da quelle parti si sentiva la necessità che a Baghdad venisse impartita una lezione. Non tanto al morbido primo ministro Adel Abdul-Mahdi, o al suo rivale Moqtada al Sadr, l’ambiguo chierico, vincitore delle ultime elezioni in alleanza con i “comunisti”, che più che a Tehran guarda a Riad. Piuttosto a un’opinione pubblica che non sopporta la presenza e il diktat geopolitico degli Usa e vede espressa nelle Unità di Mobilitazione Popolare (UMP), a maggioranza scita, ma con forte presenza sunnita, veri vincitori del califfato e contenitori dell’espansionismo curdo, la propria rivendicazione di sovranità e indipendenza e la preferenza per l’alleanza con l’Iran. Gli innumerevoli episodi di sabotaggio dei militari Usa nei confronti della lotta antijiadista dell’esercito iracheno e delle UMP, di sostegno all’Isis attraverso lanci di rifornimenti ed evacuazioni di miliziani da situazioni compromesse (come successo anche in Siria, a Raqqa), hanno chiarito agli iracheni chi sarebbero i loro protettori.

Combattenti UMP

Il nervosismo dei pirati israeliani, osservato dai russi in imbarazzato silenzio (potenza degli oligarchi ebrei di Mosca, o del milione di esuli russi in Israele?), è determinato da una serie di contraccolpi. Al di là dello sbattere di sciabole nel Golfo e dei colpi assestati ai sostenitori della cosiddetta Mezzaluna scita, la guerra all’Iran non la vuole e può fare nessuno. Israele e gli Usa sanno bombardare, ma sul terreno, con a disposizione solo mercenari pagati ma demotivati, quando non si tratti di ragazzi che tirano sassi, valgono poco. La Siria, già solo per essere ancora lì dopo 8 anni contro mezzo mondo, è vincente e ora si riprende anche Idlib. I curdi, screditati in tutto il mondo onesto, hanno fatto il passo più lungo della gamba e sopravvivono grazie a potenze che tutti intorno a loro odiano. L’Iraq, sebbene ancora fragile, sotto ipoteca americana ed esposto a colpi di coda terroristici, ha battuto da solo il progetto di frantumazione basato sul califfato e sui curdi. Pur nella debolezza di un paese dalle infrastrutture distrutte, dalla ricostruzione impedita, dalla presenza di almeno 8000 militari Usa (probabilmente il doppio), le vittorie conseguite, l’avere a fianco una nazione come l’Iran, la consapevolezza del nemico hanno creato nel popolo forti anticorpi contro i colonizzatori.

 Yemen, resistenza nazionale e disintegrazione della coalizione nemica

Nuova immagine (2)

Yemen prima della rottura della coalizione del Golfo

E poi, sempre nel quadro dell’aggressione all’Iran e al suo fronte allargato, fallisce totalmente, nella disintegrazione della coalizione a guida saudita, l’attacco allo Yemen, altro paese raso al suolo, vittima di incredibili crimini di guerra e contro l’umanità, a partire dai bombardamenti Usa-Sauditi sui civili e dal blocco navale ai rifornimenti alimentari e sanitari,  con una popolazione affamata e in preda al colera. Gli Houthi, da decenni protagonisti della resistenza nazionale contro gli incessanti tentativi di annessione dei sauditi, non hanno perso terreno, controllano quasi per intero lo Yemen del Nord, colpiscono in profondità, fino alla capitale saudita Riad, le infrastrutture e le basi militari del nemico. La guerra lanciata dall’improvvido erede al trono, Mohammed bin Salman, quello dell’assassinio di Khashoggi, e coperta da cielo e mare dagli Usa, è persa. Il Sud è scena della spaccatura dell’alleanza sauditi-Emirati, con i satrapi che si precipitano l’uno alla gola dell’altro. Il Qatar dei Fratelli Musulmani al bando da tempo.Il Kuwait per i fatti suoi. L’Oman idem. E ora gli Emirati Arabi Uniti in rottura addirittura bellica con i sauditi, con una gara tra i due per chi si assicura spazi e controlli geopolitici nella regione, dalla Somalia all’Eritrea, dallo Yemen a tutto lo spazio tra Golfo e Mar Rosso.

Combattenti Houthi

Davanti agli uomini del Pentagono e della Cia, disorientati circa chi sostenere, si frantuma l’alleanza dei feudatari del Golfo sulla quale era basata gran parte della strategia imperialista e dalla quale dipendevano gli obiettivi  della riorganizzazione del Medioriente. Con lo Yemen del Nord, cuore storico e culturale del paese, saldamente in mano agli Houthi sciti del movimento Ansar Allah, ampiamente maggioranza nel paese, il Sud ha visto alternarsi nella capitale Aden il governo del fantoccio saudita Abd Rabbih Mansur Hadi e i mercenari degli Emirati. E’ poi emerso un movimento indipendentista, che non ha niente a che fare con quello Yemen del Sud marxista che si era liberato del dominio britannico, ma che punta allo sfruttamento delle risorse di fossili nel sottosuolo dell’Est e della posizione strategica di Aden sullo stretto di Bab del Mandeb. Animati dagli stessi propositi e in competizione ormai aperta con i sauditi, gli Emirati, Abu Dhabi in testa, ai separatisti si sono alleati. Fine del ruolo saudita nel Sud, del suo proconsole locale e, forse, anche del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), sul quale tanto puntavano gli Usa. Seppure strozzato dalle sanzioni più feroci mai inflitte a un popolo, l’Iran ha motivo di tirare un respiro di sollievo.

Dopo tanto parafrasare a sproposito, è il caso di ripetere con Mao “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Forse.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:52

Castelli: la Tav non si ferma più

https://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=47700#

Lo Spiffero

La deputata grillina, in attesa di riconferma al Governo giallorosso, fa un bagno di sano realismo: “Il Parlamento è sovrano e ha votato per far proseguire l’opera”. Piaccia o no non si può tornare indietro. Ora deve farlo digerire ai suoi in Valsusa

 La Tav non è (più) in discussione. Parola di Laura Castelli, parlamentare torinese del M5s, viceministra all’Economia nel Governo gialloverde in attesa di riconferma in quello giallorosso. «Quello che è successo e che abbiamo vissuto tutti insieme l’8 agosto scorso è che il Parlamento ha votato», ha ricostruito dal palco di Digithon a Bisceglie, rispondendo alle domande dei giornalisti sul dietrofront dei Cinquestelle su temi a loro cari, come la Torino-Lione e le concessioni autostradali. «Su quell’opera si può decidere solo con un voto parlamentare. Il Parlamento si è espresso e la maggioranza del Parlamento ha deciso che quell’opera deve proseguire. Non c’è altro strumento per cambiare percorso e questa è la realtà ed è una realtà che, a me personalmente, fa male perché non la condivido. Ma il Parlamento è sovrano e ha deciso in questo modo».

Un bagno di sano realismo che riguarda anche l’altro tema caldo finito sul tavolo della nuova alleanza con il Pd, quello delle concessioni autostradali. «Se non sbaglio nel programma che abbiamo siglato insieme, prima di andare dal presidente della Repubblica e dire che c’era un’altra maggioranza possibile, sul tema delle concessioni si è detto revisioni», ha chiarito la Castelli. «Certo è – ha poi detto riferendosi direttamente al Ponte Morandi di Genova – che non si può morire su un ponte che per 30 anni non è stato mantenuto». Questione di giustizia, ma nessun intento persecutorio. «Pensiamo a come tassarli, a come fare per obbligarli a fare manutenzione – ha aggiunto –. Di certo nessun cittadino italiano può essere sereno pensando ai soldi che paga, ma poi non ci sia una manutenzione e un giorno ci passi per andare in ferie e ci muori. Questo non è possibile, penso che poi debba intervenire la razionalità e la realtà in un tema dove i poteri forti sono fortissimi». Sulla revoca della concessione ad Autostrade, Castelli ha concluso affermando che «è un tema su cui bisogna intervenire bene perché questo Paese non si può permettere di rivivere quello che ha vissuto».

Di Tav è tornato a parlare ieri anche Matteo Salvini, nelle due tappe in Piemonte (Borgosesia e Domodossola). «La Tav si farà, ma per ottenere questo risultato abbiamo dovuto litigare un anno con il M5s», ha detto l’ex ministro alla festa della Lega alla Prateria della cittadina domese intestandosi il merito di aver vinto la contrarietà degli ex alleati grillini. Merito che gli è stato pubblicamente riconosciuto dal presidente della Regione Alberto Cirio: «Mentre a luglio – ha ricordato il governatore a margine della manifestazione commemorativa del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa – eravamo in Francia al consiglio di amministrazione di Telt e da Roma arrivavano solo silenzi, ho ricevuto un messaggio da Salvini, che mi scriveva “si va avanti”. E cosi e’ stato. E il Piemonte grazie a lui avrà un’opera fondamentale che lo metterà al centro dei grandi corridoi commerciali internazionali». 

Il sistema Tav l’informazione …se la compra! (Da Limes all’Ansa)

notav.info
 — 31 Agosto 2017 at 11:04

C’è un dibattito pubblico aperto sul ruolo dell’informazione in Italia e sappiamo bene come questa abbia un peso importante nell’opinione pubblica. Del resto i dati sulla libertà d’informazione nel nostro Paese non sono molto confortanti visto che ci troviamo al 52° posto della classifica annuale stilata da Reporter senza frontiere.

Su di noi e sulla nostra battaglia ne abbiamo viste di ogni e negli anni abbiamo visto che una parte della stampa sia incline a prendere per buona la versione delle nostre controparti: da Telt (ex LTF) alla questura, dal tribunale a qualche politico. Abbiamo visto tanti di quei copia e incolla sui siti d’informazione e sulla carta stampata da non poterli più raccontare, quando si trattava di processi, manifestazioni e in tutto quello che dovrebbe essere un dibattito franco e veritiero sulle ragioni e l’opposizioni alla Torino Lione.

Abbiamo capito nel tempo come esista un “sistema tav” che attraverso il potere e l’influenza che ne determina, mette tutti i soggetti in riga, creando una sola voce contro di noi.

Abbiamo anche capito come altre volte i giornalisti siano pigri, e non partecipando alle iniziative in maniera diretta, non siano in grado di testimoniare di persona ciò che accade e si affidino ciecamente (e comodamente) alle versioni ritenute ufficiali.

Ci siamo resi conto che questa pigrizia (e anche un pò d’incapacità, duole dirlo) si manifesta con ulteriore forza quando è il momento di parlare in termini tecnici del progetto: troppe carte da leggere, dati da interpretare, versioni da confrontare, siti da tradurre…e così è più facile fare un copia e incolla dai comunicati stampa puntali degli uffici stampa dei fans del Tav (e altre volte invece abbiamo visto giornalisti trasformarsi direttamente in uffici stampa).

Anni addietro avevamo già dimostrato come i grandi gruppi editoriali siano immischiati nelle vicende tav: avevamo scritto questo articolo che invitiamo a leggere ->Perchè “La Repubblica” è SI TAV?

Ora però il sistema tav fa un bel passo avanti e per avere una bella e chiara informazione a favore trova il modo di comprarsela direttamente, come? Due esempi:

Su Limes, apprezzata rivista italiana di Geopolitica, è spuntata una marchetta colossale mascherata da sezione del sito: è nato Il Bollettino Imperiale che si presenta come l’osservatorio di Limes dedicato all’analisi geopolitica della Cina e alle nuove vie della seta. Una sezione il cui “obiettivo è analizzare la geopolitica della Repubblica Popolare, esaminando e approfondendo direttamente le notizie diffuse dai più importanti media in lingua cinese.” Molto interessante, peccato che se visitate la sezione apposita scoprirete subito che tutto nasce “Grazie al sostegno di TELT” e la pagina è un tripudio di banner sul Tav e sulle balle da marketing che ci raccontano da anni, compresa la via della seta, la nuova mossa comunicativa del sistema tav per ricostruire un immaginario comunicativo intorno al tav al fine di dimostrare che, siccome il famoso corridoio 5 è morto da tempo, oggi la linea collegherebbe la Cina con l’Europa passando per la Val Susa.


Telt quindi finanzia, con soldi pubblici (dei cittadini italiani, francesi ed europei), una rivista per fare propaganda su un progetto che va ripresentato al mondo perchè è sempre più chiaro di come sia fallito ancor prima di essere realizzato. Magari il prossimo passo sarà finanziare qualche cantante per fare una cover di Roma-Bangkok trasformandola in Pechino-Lyon? 

(Per inciso Limes http://www.limesonline.com/chi-siamo è una rivista di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A http://www.gedispa.it/it/nc.html -> La Repubblica, La Stampa, L’Espresso, Limes, ecc.)

C’è di più…

Nell’aprile scorso l’Ansa ha realizzato e presentato a Porta Susa con il min. Del Rio un libro  sui “primi” 26 anni della Torino-Lione in un libro realizzato in collaborazione (!!!) con Telt, la società incaricata di costruire e gestire l’opera.

Un fatto strano no? Che fa a pugni con la libertà d’informazione visto che la principale agenzia stampa italiana non dovrebbe farsi coinvolgere in maniera così diretta con una delle parti impegnate in un conflitto sociale lungo e radicato nel tempo. Normalmente dovrebbe fare cronaca, inchiesta…essere super partes, e invece no, realizza un libro direttamente con Telt.

Già qui ci sarebbero degli elementi per gridare allo scandalo ma non sono ancora sufficienti perchè abbiamo trovato qualcosa in più. Evidentemente per ridurre le spese e i rischi di inviare veline e comunicati stampa in ritardo, Virano e Telt fanno che comprarsi direttamente le notizie, rinvigorendo con un pò di soldi pubblici (dei cittadini italiani, francesi ed europei) il rapporto con L’Ansa.
Infatti guardate un po’ questo strano “appalto”:


Intanto l’ANAC non ha ancora recepito che LTF si è trasformata in TELT pur mantenendo lo stesso codice fiscale e partita iva, ma dovrebbe vigilare sulla regolarità degli appalti. Siamo a posto!
Poi la scheda ci dice che c’è stato un appalto per un reportage fotografico, che l’appalto è stato realizzato in economia, che l’importo complessivo della gara era di 100.000 euro, che la gara era negoziata ma senza indizione di gara (quindi ad affidamento diretto), che la scadenza per effettuare le offerte era il 4 luglio 2017, che l’importo a base d’asta (che non c’è stata) era di 100.000 euro. Quindi il risultato, come prevedibile è stato:


che la data di aggiudicazione è stata lo stesso giorno 4 luglio 2017, che “l’appalto” è stato aggiudicato per 100.000 euro, che l’ANSA era l’unica concorrente ammessa, che il ribasso è stato dello 0,0% (cioè non c’è stata né gara né ribasso) e che ovviamente l’appalto è stato vinto dall’ANSA.

Ci verranno a dire che sono relazioni normali del mondo del commercio, e noi potremmo anche accettarlo(anche no), ma non ci vengano poi a parlare di libertà e oggettività dell’informazione!

Tav, via agli espropri a Salbertrand: “110mila metri di capannoni e 600 tir al giorno”. Il sindaco contrario: “Si svende salute con scusa del lavoro”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/26/tav-via-agli-espropri-a-salbertrand-110mila-metri-di-capannoni-e-600-tir-al-giorno-il-sindaco-contrario-si-svende-salute-con-scusa-del-lavoro/5393269/?fbclid=IwAR18NGR49bBGRtVtuncE4DFpLB3LQp5y0adTUXkXlNuC1tbMqjAnlXVHA68

 tav salbertrand

“Per anni in questa terra si è venduto il lavoro in cambio della salute, ma adesso basta”. Roberto Pourpour è il sindaco di Salbertrand, un comune di 600 abitanti in Alta Valsusa. È stato eletto pochi mesi fa grazie alle sue posizioni contrarie al nuovo cantiere industriale per la valorizzazione dello smarino della Torino-Lione, che dovrebbe sorgere nel suo comune su un’area di 110mila metri quadri. Secondo i dati ufficiali, qui dovrebbero arrivare 3,6 milioni di metri cubi di smarino. “Si tratta del materiale prodotto dallo scavo della galleria di Chiomonte – spiega l’ingegnere Roberto Vela, membro dell’Osservatorio Tecnico sulla Torino Lione del Comune di Torino e dell’Unione Montana Valle Susa – che in parte sarà riutilizzato per costruire calcestruzzi e i conci (l’ossatura delle future gallerie della Torino Lione)”. Un cantiere che dovrebbe durare tra i dieci e i dodici anni e che nei momenti di punta vedrà il passaggio di “600/700 tir al giorno”. 

Numeri che hanno scatenato la protesta degli abitanti che proprio nelle scorse settimane hanno iniziato a ricevere le lettere di esproprio da parte di Telt. “Quando l’ho ricevuta ho provato un senso di prevaricazione – racconta Massimiliano Ticli, consigliere comunale e proprietario di un campeggio – qua si rischia di creare un ecomostro che danneggerà la parte dell’Alta Valle che vive prevalentemente sul turismo”. All’impatto sull’economia locale basata sul turismo si aggiunge la preoccupazione dell’impatto sull’ambiente della grande opera: “Se si sommano tutti i viaggi necessari a trasportare il materiale nel periodo del cantiere si arriva ad una stima di 22 e milioni e mezzo di chilometri da percorre su gomma – spiega l’ingegnere Vela – le emissioni di anidride carbonica saranno altissime e il bilancio energetico sarà negativo per almeno trent’anni”. Ma c’è un ultimo dato che preoccupa il sindaco: “Il cantiere è progettato su un’area esondabile dove in passato non erano state date autorizzazioni per costruire”. In questo caso i progettisti hanno ottenuto l’autorizzazione dalle autorità competenti: “Ma dato i fiumi fanno quello che vogliono e si riprendono il territorio che era loro – conclude l’ingegnere Vela – bisogna sperare che durante la durata del cantiere non avvenga nessun evento calamitoso”