CUPOLA: I FRONTI DELLE MILIZIE ARCOBALENGHE —– MOSCA-HONGKONG-LAMPEDUSA —– CONTROCANTO IN ARGENTINA —– PARTE SECONDA (SEGUE TERZA)

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MONDOCANE

SABATO 17 AGOSTO 2019

 

Basta questo

“Io sono convinto che è dovere di uno Stato proteggere i confini, espellere chi è irregolare e porre un freno all’immigrazione clandestina che puzza tanto di deportazione di massa a vantaggio del grande capitale” (Alessandro Di Battista, “Politicamente scorretto”, Paper First)

https://twitter.com/i/status/1160153238823247872  Come sottofondo a Hong Kong e Mosca suggerisco questo canto dell’inno nazionale Usa dalle vibranti gole dei manifestanti anticinesi.

Media italiani? In geopolitica stiamo dove dobbiamo stare

La parte prima di questo dittico si chiudeva con il doveroso accenno al ruolo della nostra stampa: Sappiamo tutti, quei 13 gatti spelacchiati che leggono il manifesto, ora che è diventato enigmistico e offre fumetti agli analfabeti, che nel quotidiano comunista c’è chi è deputato dall’alto a picchiare la Russia e Putin, chi a spernacchiare la Resistenza afghana, chi a scatenare la foia razzista contro Gheddafi e Assad e chi a fare della Cina il Regno di Mordor. Offrono a costoro ampi spazi di empietà giornalistica le manifestazioni di questi giorni a Mosca e a Hong Kong, epicentri della guerra globalista contro le due nazioni che viaggiano in direzione ostinata e contraria sui binari del diritto internazionale e, quanto a bottino di devastazioni e morti inflitti, stanno a chi li avversa come i blob della Solfatara stanno all’eruzione del Vesuvio nel 79 dC. Ma tant’è, su Mosca e Hong Kong dove torme di violenti armati vengono contenuti con mezzi che rispetto a quelli di Macron sui Gilet Gialli sono da esercitazione di boyscout, con pochissimi feriti (molti di più tra gli agenti) e nessun morto, ci si stracciano le vesti. Sugli oltre 300 inermi o lanciatori di sassi fucilati e gli oltre 7000 mutilati e feriti di Gaza ci si straccia la coscienza.

Il fronte nostrano: etero-schiavismo per agevolare l’auto-schiavismo

Non ci volevano i tonitruanti proclami a vuoto dell’energumeno dei “pieni poteri”, finalizzati unicamente alla rabdomanzia dell’Italia liquida dei voti, perché gli italiani capissero, più o meno lucidamente, che cosa si nascondesse dietro a questa Grande Armada che invade l’Italia con bombe umane, fornitegli da altri cooperanti all’ultima fase del colonialismo a fini di globalizzazione militar-neoliberista. Mica  hanno scritto S. Egidio in fronte a credere ai sicofanti mediatici progressisti umanitaristi che ogni due per tre c’è gente su un gommone che si sgonfia e, puntuale sul posto, just in timenell’immenso mare, ecco la potente corazzata Ong (Organizzazione Navette Governative) da trasbordo, con i suoi elicotteri, i suoi mezzi da sbarco, i suoi medici, preti, parlamentari, celebrità tibetane, agenti di Soros e, purtroppo, mai – guai! –l’ufficiale giudiziario che tra questi operatori privati della tratta voleva inserire il pazzariello Minniti.

Ci si telefona, ci si incontra, si traghetta, si celebra il salvataggio di naufraghi, si provoca, si scarica. L’Africa perde altri pezzi di sè. Campi e mafie prosperano.

Mica ai suoi potenti mezzi di comunicazione era arrivata, dalle migliaia di cellulari in mano ai migranti e ai loro tour operator, un invito all’appuntamento. Sacrilegio a solo sospettarlo! Hanno fatto a botte tra etnie nei luoghi di raccolta, si sono pestati a sangue per salire sul barcone, quelli di Open Arms (provata di Soros, se ce n’è una) ammettono che si sono scazzottati anche sul vascello umanitario. Li si tiene nel lager di bordo finchè si possono esibire stremati. Il colonialismo in tutte le sue più nefande forme, benedetto dalle Chiese di ogni setta, ha ricuperato il sistema mattatoio. Poi ci dicono che portano i segni della tortura. E chi le ha ingravidate tutte queste donne all’ottavo mese? Gli stupratori libici, ovvio, tra una battaglia e l’altra per Tripoli. Non c’erano, secondo Save the Children, anche i soldati di Gheddafi, alimentati a Viagra, a violentare le donne libiche per render loro più simpatico il Leader? Saranno quelle che si portano al naufragio sicuro i figlioletti di otto anni. Ma com’è che, se i libici della Tripolitania sono bianchi,  i bimbetti sono neri?

Qualcuno qui ha capito che, se lui non ce la fa, viziato com’è dal conforto consumista del neoliberismo, a piegarsi su pomodori 10 ore per 10 euro e una vita sotto la plastica, ecco che ci pensa l’esercito di riserva dalla Grande Distribuzione. Qualcuno, malizioso assai, pensa che per lasciare mafia, camorra e ‘ndrangheta ai grandi affari del Nord industriale e grandioperista e al narcotraffico internazionale, lo spaccio, il caporalato, la prostituzione li si potevano anche cedere a nigeriani e albanesi. Molti si sono sentiti turlupinati da un critico d’arte,Tommaso Montanari, di  manifesto acume politico (ricordate la coppietta rivoluzionaria Montanari-Falcone, per un pezzo poi confluita nel PD e per l’altro in Caravaggio?) che, con  le meglio teste d’uovo umanitarie, firma appelli alla preservazione dell’identità culturale, territoriale, comunitaria, archeologica, storica, del belpaese e poi ne firma altre che invocano ripopolazione multiculturalista tramite Hausa e Tuareg.

O cristiano o niente

Alcuni di costoro riescono perfino a capire, in parallelo, come si stia preservando il patrimonio umano, culturale, comunitario, storico, territoriale, dell’Africa e di altri paesi del Sud, deportandone le generazioni della continuità, della creazione, della difesa, dell’identità, per far imperversare al loro posto multinazionali ed eserciti stranieri. E qualcuno, riesce addirittura a intravvedere, tra le fumigazioni d’incenso che annebbiano   le parole del papa, quell’enorme croce sulla quale la di lui impresa ha inchiodato, da un millennio e mezzo, coloro che ben si facevano i fatti loro.

Sono tornato sull’argomento, sia perché è uno dei nodi intorno ai quali si sta svolgendo lo sculettante meretricimonio ai piedi del Colle tra chi finge di voler bloccare la degenerazione del paese in discarica umana e chi sostiene suicidariamente l’operazione nord-globalista che, oltre ai travasi di sangue dal Sud al Nord, comprende finalmente la riduzione dell’Italia alla mera espressione geografica –ma meravigliosamente papeetiana – dell’amico Metternich. E tanto è diventato consociativo umanitarista anche Di Maio che, alla vista della strizzatina d’occhio del PD, trasforma i sacrosanti “taxi del mare”, che l’anticolonialista Di Battista, uno dei pochi geopolitici del MoVimento, gli aveva fatto denunciare, in “apriamo i porti” a Soros e stracci. Del resto, che bello, come dicono tanti, dal Grillo Straparlante al vice della Raggi, Bergamo, passare da quelli verdi della “zingaraccia” a quelli dello Zingaretti verde, dell’accoglienza di migranti, UE, euro, Nato, cemento, trivelle, Grandi Opere, Tav, Tap (la “Green New Economy” di Greta) vaccini, mafie e mafiette, autonomie perché no, basta che siano all’emiliana….Chiamasi la definitiva normalizzazione, opacizzazione, delle 5 Stelle.

Sovranisti di cartone, nazionalisti coloniali

Comunque ci sarà da ridere  a vedere le facce dei vari secessionisti, Zaia, Fontana, Bonaccini & Co, poi Toti e Fedriga, ora che si ferma la locomotiva tedesca che doveva camminare  con le loro melanzane e sui loro assemblaggi. Finisce nel ridicolo il teatrino dei sovranisti cartonati e dei manichini nazionalisti di mascherare, sotto vesti patriottiche e anti-europee, la loro libidine di impinguirsi  trasferendo al servizio franco-tedesco il comparto industriale-manifatturiero italiano, da Trieste a Savona, da Torino a Bologna.  I detriti rimasti dopo l’orgia di svendite e dilapidazioni innescate da Soros-Draghi (1992) ed eseguite da Amato, Prodi, D’Alema, Bersani, Renzi. Altro che tradimento dei 5 Stelle! Alto tradimento del paese intero. Ce lo chiedeva l’Europa. O, per dirla tutta, lo compensava con qualche cadrega ai proconsoli l’imperatore finanzcapitalista. E cv’è ancora chi s’appassiona, come fosse Wimbledon, alla combine di ping-pong, tuttora produttiva di voti, del noi entriamo, voi non entrate, ma poi entrate, ma solo grazie a un magistrato simpatico alla Merkel.

ONG dal fronte piccolo al fronte grosso. Mosca, se son russi son brogli

 Mosca e Parigi

Tutto questo fa di noi anche un’espressione della guerra mondiale che, oltre all’intralcio dei piccoli posti di blocco, deve togliere di mezzo anche le grandi barriere. Andiamo a Mosca, dove occupa le nostre prime pagine e i nostri primi schermi gente che in libere e internazionalmente corroborate elezioni vale meno del 4%, mentre ha un presidente eletto con il 75% dei voti e dal consenso  doppio di quello di Theresa May, o Emanuel Macron, o The Donald Trump (a garanzia di qualità è rispuntato pure quel gentile arnese Cia che sono le Pussy Riot e il leader carismatico, Navalny, è un pregiudicato plurimo per malversazione e appropriazione indebita). Trovandoci in Russia, è uno scandalo che dalle prossime amministrative di settembre siano state escluse una trentina di candidature dei partiti liberisti filoccidentali, per firme false, irregolari, o non raccolte. Una trentina su 800 ammesse. Anche qui, naturalmente, manipolazioni d eliminazione per motivi puramente politici. Zitti tutti sulle esclusioni per gli stessi motivi dei candidati dei partiti di maggioranza. In tutte le elezioni italiane, dal nuovo millennio in poi, la magistratura ha confermato l’esclusione di candidati  di tutti i partiti, sempre per firme false e irregolari. Ricordate quelle del M5S in Sicilia? Da noi, sa va sans dire, esclusioni legittime. Mica siamo nella dittatura dello Zar.

Hong Kong: il capitale, le mafie e le loro brigate

Poi andiamo a Hong Kong  dove i colorati con Croce di S.Andrea fanno le zanzare nello stormo di avvoltoi che si ingolosiscono su una Cina  che vorrebbero vedere come una tavolata di carcasse. Tipo l’America Latina d’antan. Una Cina come quella ridotta dai britannici all’imbecillimento da oppio (da cui Hong Kong), non più padrona di fare quel che fa, di essere la più grande industria manifatturiera, di esportare più di chiunque, di fare la Via della Seta, di stare a fianco di Siria, Venezuela, Pakistan,  di comprare petrolio dall’Iran, di costruire mezza Africa con gli africani, di sostenere la Corea del Nord atomica.

Le nuove Maidan

Fionde dei diritti umani

I segni delle rivoluzioni colorate, partite da Belgrado nel 1991 e ripetute, invano o con successo, in America Latina, Asia centrale e Medioriente, sono tutti in gloriosa evidenza. Per non vederli, come in effetti li hanno visti mai, quelli dei giornaloni in stampa o schermo, con il giornaletto-soffietto “il manifesto” venenum in cauda, hanno il permesso e plauso del loro organo sindacale e di quello di autogoverno.  E così, che manifestanti, che non vengono ostacolati quando l’iniziativa è organizzata, ma vengono bloccati e respinti a acqua e gas (i poveracci non hanno nemmeno i Taser da esecuzione elettrica, o i bonbon d’acciaio e gomma), se non autorizzata (succede così anche da noi), è l’indice di una dittatura che reprime ferocemente dimostranti, per definizione giovani inermi, pacifici , levissimi e purissimi Certo, al confronto la polizia di Macron, che da quasi un anno spara granate e mutila e acceca, non vale più neanche un trafiletto.

Qui, qualcosa non torna sempre, perché i video-operatori sul posto, con la migliore buona volontà non riescono a non riprendere quanto succede da mesi, dappertutto, negli scontri: l’assalto di manifestanti con caschi, maschere antigas  e mazze di ferro, che sparano gas urticante e bombe incendiarie, fiondano biglie grosse come arance, usano pistoloni ad aria compressa, occupano e devastano il parlamento (neanche Mussolini, neanche Hitler), sede della democrazia, distruggendone gli arredi, insozzandone finestre e pareti, spaccano tutto, occupano per giorni l’aeroporto, arteria di comunicazione per il mondo e del mondo. Decine di migliaia, tutti uniformati, identici, riforniti dalla stessa centrale. Tutta roba comprata allo spaccio?

Basta questo

Dicono che non gradissero una legge che permetteva di estradare in Cina, ma anche a Taiwan e altrove perseguiti dalla giustizia per crimini commessi in Cina e fuggiti a Hong Kong. Un centro di malaffare finanziario  da sempre, come egregiamente ci illustra l’ex-vice segretario dell’ONU e straordinario analista, Pino Arlacchi, covo della peggiore criminalità mafiosa di mezzo mondo. Lascito della colonia britannica, sottratta all’impero cinese nel 1842 grazie alla guerra dell’oppio, e che il ritorno alla Cina nel 1997, sul principio di uno Stato due sistemi, non ha saputo eliminare. Poi, congelata la legge dalla leader di HK, Carrie Lam, le richieste si sono allargate, inchiesta e condanna delle violenze della polizia, democrazia (?) e partono le vere parole d’ordine: non più autonomia nello stesso Stato, ma indipendenza. Cioè rientro nel dolce lager coloniale anglosassone. E rottura di palle alla Cina.

Chi li equipaggia?

Da Maidan a Hong Kong/ bastano le ONG

Si ripetono pedissequamente gli stessi moduli del regime change. Si individua un motivo di scontento di parte della popolazione, prezzi, inflazione, lavoro, se ne incaricano le Ong occidentali con le relative filiali, si reclutano o mandano organizzatori, arrivano fondi, la protesta fa contagio, fino a diventare di massa. Di massa per dire, venti-trentamila-cinquantamila su 7 milioni e mezzo, di cui migliaia pure manifestano per la Cina, ma non se ne parla. Descritta come protesta pacifica, ma via via più violenta. E manca un Decreto Sicurezza Bis di Salvini per fronteggiarli. L’obiettivo è quello di provocare il governo a intervenire con sempre maggiore durezza, tanto da far esplodere una ben mediatizzata indignazione nelle opinioni pubbliche. Poi si vedrà che fare. Magari si manda un po’ di Al Qaida.

Ma non è questo il punto. Il punto sono le prove dei magheggi Usa-Uk. Media e organi governativi a Londra e Washington appoggiano la protesta senza riserve. I manifestanti dimostrano le loro posizioni sventolando bandiere britanniche e americane, arrivando a cantare l’inno statunitense, come da link nel titolo. Al  solito,  partono le fake news video: un’esercitazione di polizia sudcoreana antiprotesta viene fatta passare per intervento dell’esercito cinese.

 Proprio come a Belgrado

E già una bella indicazione. Ma andiamo al sodo. La foto mostra l’incontro a HK tra la diplomatica Julie Eadeh, capo dell’unità politica del consolato Usa, e un gruppo di leader del movimento del partito Demosisto, legato al Partito Democratico Usa, capeggiati da Joshua Wong Chi-fung, segretario generale del partito. Uno che si è vantato con i giornali di essere stato più volte a Washington. Ricevono auguri per il capodanno cinese, o istruzioni? Indovinate. Immaginiamo cosa succederebbe se un console cinese incontrasse i capi, mettiamo, del movimento Usa Occupy Wall Street, o di manifestanti anti-Trump.

Chi paga

Un esercito equipaggiato

I  sediziosi di HK sono appoggiati e finanziati, come tutti i loro predecessori qua e là, da NED, USAID, National Democratic Institute (NDI). Una settantina di Ong  del complesso umanitar-spionistico hanno diffuso una lettera firmata dai direttori di Amnesty International, Human Rights Watch e dalla Ong Hong Kong Human Rights Monitor. Il NED (National Endowment for Democracy), creato dalla Cia per operazioni di cui non poteva intestarsi la paternità dopo lo scandalo Iran-Contras, ha dal 1997 due filiali attive a HK. Ma fin dal 1994 la NED finanzia i gruppi apparsi sulla scena nel 2014 nella “rivoluzione degli ombrelli”. L’anno scorso ha dato al Solidarity Center (SC) di HK $155.000, $200.000 al NDI per lavoro a HK e $90.000 alla sua branca di HK, Hong Kong Human Rights Monitor (HKHRM), a cui sono arrivati $ 1, 9 milioni tra il 1995 e il 2013. Sempre sostenuti dal NED sono nell’ex-colonia L’Associazione dei Giornalisti, il Partito Civico, il Partito Laburista e il Partito Democratico di HK. Non potevano mancare, nella panoramica che ricorda il nostro scenario, i sindacati, beneficiari in 7 anni di $540.000. Tutti operatori presenti nelle manifestazioni di queste settimane. All’emittente Voice of America, pagata anche da Soros (che sui nazi di Maidan si è vantato di aver fatto piovere 5 milioni di euro), Il dirigente NED, Greve, lamenta che gli attivisti che lavorano con il NED ora rischiano di brutto, ma che non cedono.

Serve altro per riscoprire la manina artigliata comparsa a Kiev, il Cairo, Bengasi, Beirut, Caracas, Kirghizistan, Algeri, Khartum? La stessa che, guardando bene, si può intravvedere come polena sulla prua delle navi Ong?

Al rapimento orgasmatico con cui i media atlantisti seguono le turbolenze di Mosca e Hong Kong, svaporate quelle delle “primavere” in Algeria e Sudan e finita nel ridicolo la sollevazione in Venezuela di quattro scapestrati, tre generali in panzuta pensione, mezza assemblea parlamentare delegittimata, una dozzina di spie Usa, è seguito l’anticlimax, il down, dell’Argentina.

E anche qui si evidenzia la proterva sciatteria di una stampa che cita fonti, o anonime, o col marchio made in USA nel colletto. Impressionanti la dovizia di ignoranza faziosa nel “Fatto Quotidiano” e i trafelati tentativi del “manifesto” di democratizzare da sinistra la sedizione angloamericana di Hong Kong e  Mosca, o, in perfetto parallelo strategico, le deportazioni di cittadini africani sulle nuove navi negriere. E’ rivelatrice l’assonanza e il sincronismo col quale esattamente gli stessi reportage, tema per tema, parola pere parola, escono sui  main stream media di qua e di là dall’Atlantico. Tipo, il NYT lancia dagli Usa la candidatura presidenziale di Michelle Obama contro l’obbrobrio Trump e il giorno dopo la rilancia Guido Moltedo del “manifesto”.

Controcanto  al ritmo di tango

In Argentina niente spazio per le Ong e, dunque, controcanto al ritmo di un bellissimo tango. Ci ho girato un documentario, dopo il default e la rivolta popolare del 2001, quando  un popolo cacciato al 60% nella miseria nera, passato dalle case alle baracche nel fango , nella fame e la mortalità infantile aveva superato quella di inizio ‘900. Lì si è vista la tempra di questa gente e lo scenario era stato occupato da una danza rivoluzionaria che ha smosso l’intero paese. Mense sociali, unità di medici per i poveri, fabbriche espropriate, o da cui i padroni erano fuggite, prese e rimesse al lavoro, banche assaltate e costrette a restituire, terre requisite ai latifondisti, scuole inventate nelle bidonville spuntate ai bordi delle metropoli, milioni di giovani fattisi militanti del riscatto sociale e politico, le Madri di Plaza de Majo all’avanguardia di tutto, l’inizio della caccia ai generali della dittatura e alla banda dei vampiri di Menem, presidente che si era venduto pure i cimiteri. Mobilitazione permanente dalla terra del fuoco al confine con la Bolivia. E’ l’Argentina  in cui poi seppe istituzionalizzare la rivolta il peronismo di sinistra del Kirchnerismo, con Nestor Kirchner e, dopo la morte del marito, Cristina Fernandez.

Macrì si era preparato a queste primarie politiche. Ong, intimidazioni, repressione, terrorismo FMI. Ma né le Ong della colonizzazione Usa, nè la corazzata mediatica del regime, hanno retto contro una mobilitazione di popolo dalle radici profonde e dalla presenza quotidiana. Né è venuta il crollo del macrismo, al di là di ogni speranza, con il quasi 48% al peronismo del “Frente de Todos”, dell’accoppiata per presidenza e vicepresidenza, Alberto Fernandez e Cristina Fernandez Kirchner, contro il 33% di “Juntos por el Cambio” di Macrì. E la vittoria, per la prima volta nella provincia di Buenos Aires di un candidato nettamente di sinistra Alex Kicillof, sulla macrista storica Maria Eugenia Vidal. A Macrì resta la consolazione della capitale e di Cordoba.

Si chiamava “Americas Reaparecidas” quel documentario, seguito poi da un altro, “L’Asse del Bene” su quanto seguì in Venezuela, Bolivia, Ecuador, l’A.L.B.A. E anche stavolta la derrota, el fracaso della controffensiva imperialista potrebbe indicare un camio del vento. Fra poco si voterà in Bolivia e Uruguay. Il Venezuela resiste. Il Nicaragua ha vinto, il Messico avanza. Vedremo nella Terza Parte. 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:51

CUPOLA: I FRONTI DELLE MILIZIE ARCOBALENGHE —– MOSCA-HONGKONG-LAMPEDUSA —– CONTROCANTO IN ARGENTINA —– PARTE SECONDA (SEGUE TERZA)ultima modifica: 2019-08-17T22:37:51+02:00da davi-luciano
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