Corteo in Val di Susa: “I popoli in rivolta, No Tav fino alla vittoria”. Sassi e bombe carta contro la polizia

https://www.lastampa.it/torino/2019/07/27/news/e-partito-il-corteo-no-tav-i-manifestanti-sono-diretti-al-cantiere-di-chiomonte-1.37229820?fbclid=IwAR1HdNTBZb_4kWdhuj1UWlLTxQaF-xqPm4j0UNwS9mf3rDwEozs3b6QtX6M

Nonostante il maltempo, centinaia di attivisti, tra valsusini e centri sociali, sono riusciti a violare la zona rossa e sono ormai a ridosso della rete del cantiere. La polizia risponde con lacrimogeni

È partito il corteo dei No Tav in Val di Susa diretto al cantiere di Chiomonte. Nonostante il maltempo, migliaia di manifestanti, tra valsusini e attivisti dei centri sociali, si sono raccolti al presidio di Venaus e si sono messi in marcia verso l’abitato di Giaglione. Uno speaker ha urlato: «Siamo 15mila».

L’obiettivo dichiarato, come più volte affermato dagli stessi attivisti nei giorni scorsi, è arrivare al cantiere e violare la zona rossa tracciata dalle ordinanze della prefettura che ne vieta l’accesso.

A poche ore dalla partenza del corteo, è intervenuto Alberto Perino, storico leader del movimento No Tav: «Io spero sia una manifestazione bagnata ma partecipata, fatta con la testa e non con la pancia perché chi oggi tira una pietra, una castagna o qualunque cazzata sappia che lo fa solo per fare un regalo a Salvini, non certo per il movimento, non certo per il no tav».

Una volta raggiunto il centro abitato di Giaglione, il corteo si è diviso in due parti: uno ha imboccato i sentieri che si inerpicano sul fianco di una montagna, l’altro invece è rimasto sulla strada principale. 

Una decina di manifestanti incappucciati hanno poi cominciato a lanciare pietre in direzione del cancello posto sul sentiero gallo-romano, che porta fino alle recinzioni del cantiere. Le forze dell’ordine hanno risposto col lancio di alcuni lacrimogeni, ma all’avanguardia si sonouniti altri manifestanti arrivando a contare una cinquantina di persone in tutto. Con l’utilizzo della fiamma ossidrica il gruppo è riuscito ad aprire un varco nella cancellata, permettendo così al resto del corteo di dirigersi verso il cantiere di Chiomonte. 

Attraverso i boschi, i manifestanti No Tav sono riusciti a raggiungere una radura a ridosso delle recinzioni del cantiere, proprio sotto il viadotto dell’autostrada Torino-Bardonecchia, raccogliendosi in presidio. Ancora una volta le forze dell’ordine hanno sparato dei lacrimogeni per evitare eventuali tentativi di irruzione.

Nel frattempo uno striscione con la scritta “Fermarlo tocca a noi No Tav” è stato appeso alla rete a protezione del cantiere. Mentre un gruppo lanciava petardi e bombe carta contro la polizia, un altro ha cercato di abbattere del tutto la recinzione sul sentiero dove poche ore prima avevano aperto un varco per permettere ai manifestanti di passare, servendosi della fiamma ossidrica.

Al termine della giornata di protesta il bilancio è di 48 manifestanti denunciati dalla Digos. Un risultato positivo secondo la Questura di Torino, che in una nota stampa ci tiene a precisare che gli operatori di polizia sono riusciti ad evitare un vero e proprio “corpo a corpo” con i manifestanti. La maggior parte dei denunciati sono legati al centro sociale torinese Askatasuna, e tra questi anche lo storico leader Giorgio Rossetto. Un agente della Digos, invece, è rimasto lievemente ferito alla gamba per un sasso lanciato dai No Tav. «Abbiamo dimostrato che il cantiere è violabile, ora possiamo tornare tutti insieme al Festival», ha commentato uno degli organizzatori del corteo.

TAV e Movimento 5Stelle. Il momento è ora

https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2019/07/26/tav-e-movimento-5stelle-il-momento-e-ora/?fbclid=IwAR3wWoyFKiJIK85LvBfDD49eKftSqfcdhSHV0fdQ2-0FshcfP30OtCsgb2E

Il momento è ora. Se il Movimento 5 Stelle vuole sperare di avere – nonostante il disastro continuo in cui si è risolta la sua esperienza di governo – un qualsiasi futuro, deve uscire dall’esecutivo sul tradimento di Giuseppe Conte sul TAV. Ora. Senza nemmeno provare a nascondersi dietro l’ipocrita dito di uno scontatissimo voto parlamentare.

Il presidente del Consiglio non è riuscito a produrre una sola ragione tecnica che ribalterebbe la famosa analisi costi-benefici. Ha invocato vaghe decisioni dell’Europa (prima ancora che la nuova Commissione decida), ha prospettato «costi» del recesso non precisati e non dimostrati: ha fatto sua la solita fumisteria da chiamparini & madamine, senza uno straccio di fatto nuovo.

È dunque evidente Conte ha fatto una scelta politica: arrivati allo stallo e alla vigilia della resa dei conti, il garante del patto di governo ha scelto uno dei due contraenti, buttando a mare l’altro. Non ha tutelato quello che l’ha portato a Palazzo Chigi: ha abbracciato il più forte. E per farlo ha voluto usare l’arma-fine-di-mondo: perché sa perfettamente che restare in un Governo che fa il TAV significa, per i 5 Stelle, il suicidio. Ma c’è un’altra faccia della medaglia: presentarsi non più come l’avvocato difensore dei cittadini, ma come l’avvocato d’affari del TAV significa schierarsi non solo con la Lega, ma accreditarsi definitivamente con il sistema. Con il Pd, con gli imprenditori e (ahimè) con i sindacati: con il presidente della Repubblica e con tutti gli alti garanti dello stato delle cose.

Confesso che non ho mai compreso i crescenti entusiasmi per Giuseppe Conte, oggi apprezzatissimo nei gangli del sistema. Il suo profilo assai dubbio (dal curriculum alle prestazioni professionali) mi è parso fin dall’inizio confermare quell’integrazione del Movimento nel sistema che fu lo sciagurato filo rosso della campagna elettorale 2018.

Come che sia, ora le carte sono sul tavolo. La ragione più forte per rimanere a quel maledetto tavolo è la quasi certezza che votare ora significherebbe consegnare il Paese a Salvini. Con questa legge elettorale, superando il 40% dei voti, ad elezioni che avrebbero un’astensione record, qualcosa come un quarto degli aventi diritti al voto potrebbe avere numeri sufficienti per eleggere il Presidente della Repubblica e cambiare la Costituzione. Uno scenario da incubo, certo. Ma il problema è che quello scenario è già attuale. Se l’unico modo di impedire a Salvini di vincere le elezioni è trasformare fin da ora il Governo Conte in un monocolore della Lega, allora conviene rompere ora. Perché andando avanti così l’esito sarà lo stesso, con l’aggravante di un Movimento 5 Stelle letteralmente disintegrato.

So bene che già ora il destino dei pentastellati appare segnato: i suoi voti di destra sono andati direttamente a Salvini, quelli di sinistra nell’astensione. Ma se il Movimento rialzasse la bandiera dei suoi valori fondanti, a partire dall’ambiente, uscisse dal governo sul TAV (ma anche sulla corruzione dilagante nella Lega; sulla sudditanza di Salvini alla Russia di Putin; su un’autonomia differenziata che ha l’unico scopo di fottere definitivamente il Mezzogiorno…) e cambiasse il leader (perché Di Maio ha perso ogni credibilità) potrebbe ancora giocarsi la partita. Potrebbe farlo soprattutto a causa della totale assenza di alternative: alle Europee nessuno ha riassorbito i milioni di voti non di destra che ha perso, né si vede all’orizzonte alcuna forza seriamente capace di attrarre i voti di tutti coloro che vogliono davvero cambiare il sistema, e che hanno compreso che Salvini intende invece tenerlo in piedi e metterne a frutto le ingiustizie e le paure.

Sono tra coloro che, da sinistra, aveva provato a credere che il Movimento avrebbe potuto giocare un ruolo nello scardinamento dello stato delle cose. Non ho mai accettato le cariche che mi hanno proposto, e non ho mai fatto dichiarazioni di voto a loro favore (se non per la Raggi a Roma: e, in quella situazione, la rifarei mille volte). Ma trovandomeli accanto in mille battaglie per l’acqua, l’ambiente, i beni comuni avevo sperato che potessero giovare. Una speranza ingenua: della quale tuttavia non mi pento, anche solo perché ­– in attesa delle condizioni, ancora assai lontane, della ricostruzione di una qualche sinistra ­politica – non c’era altro in cui sperare. Anche oggi – diciamolo chiaro – l’alternativa è l’astensione.

Ma la totale sudditanza (e l’esplicita complicità) alla politica di estrema destra di Salvini, un reddito di cittadinanza lontanissimo da quello che avevano proposto prima di essere al governo (e realizzato all’insegna del “sorvegliare e punire”), la ripresa della svendita del patrimonio pubblico, una riforma costituzionale che piccona ulteriormente il ruolo del Parlamento e, in generale, una velocissima trasformazione in casta di potere (con mandato, competenza e scrupoli, zero) hanno distrutto quella speranza.

Restava solo la casamatta del TAV, che non investe solo il destino della Val di Susa ma l’idea stessa di democrazia. Ora il tradimento di Conte può essere la pietra tombale del Movimento, o l’occasione per un tentativo di palingenesi. Che non sarà facile, ma è sempre meglio di una fine vergognosa.

Non c’erano e non ci sono governi amici, l’abbiamo sempre saputo!

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notav.info

post 24 Luglio 2019 at 11:33

Comunicato del Movimento Notav
Non c’erano e non ci sono governi amici, l’abbiamo sempre saputo!
 
Dopo la diretta Facebook del Presidente Conte c’è finalmente chiarezza e come abbiamo sempre sostenuto: amici dalle parti del governo non ne abbiamo mai avuti.
La manfrina di tutti questi mesi giunge alla parola fine e il cambiamento tanto promesso dal governo, getta anche l’ultima maschera, allineandosi a tutti i precedenti.
E’ dal 2001 che risentiamo le solite parole da parte dei vari presidenti del Consiglio, e quelle oggi di Conte, anche se condite dalla “responsabilità del padre di famiglia” , non sono altro che la solita dichiarazione di chi cambia tutto per non cambiare niente, tenendo in piedi un dibattito in questi mesi, che è sempre stato ambiguo negli atti concreti, e questo è il risultato.
 
Non farlo costerebbe più che farla?
E’ solo una scusa per mantenere in piedi il governo e le poltrone degli eletti, sacrificando ancora una volta sull’altare degli interessi politici di pochi, il futuro di molti.
Conte fino a poco tempo fa si era detto convinto che quest’opera non serviva all’Italia perchè troppo costosa per i benefici. Aveva letto bene l’analisi consegnatagli dalla commissione nominata, ed ora ha cambiato idea, fulminato sulla via di Damasco da promesse di finanziamenti europei o da equilibri politici da mantenere?
 
Abbiamo sempre definito il sistema Tav il bancomat della politica ed è solo di oggi la richiesta di arresto per il direttore della CMC che è il general contractor della Torino Lione. Un piccolo esempio di cosa abbia scelto il presidente Conte, altro che interessi degli Italiani!
 

Cosa cambia ora?

Per noi assolutamente nulla perché sono 30 anni che ogni governo fa esattamente come quello attuale: annuncia il si all’opera e aumenta il debito degli italiani facendo leva su un fantomatico interesse nazionale che non c’è e che nessuno dimostrerà mai.
Noi faremo quello che abbiamo sempre fatto, convinti di essere dalla parte del giusto, e dalla parte di quella maggioranza del Paese che dalla Torino Lione non trarrà nessun vantaggio, ma un danno economico e ambientale, che pagheremo tutti.
Conte e il governo che presiede saranno gli ennesimi responsabili di questo scempio ambientale, politico ed economico.
 
Ci chiediamo ora cosa faranno tutti quelli del Movimento 5 stelle che al parlamento si sono detti notav, ci chiediamo se avranno coraggio e coerenza o, come per altri punti politici tanto cari, che non si sono rivelati tali, faranno finta di niente tirando a campare.
Ma per coraggio e coerenza non intendiamo la sceneggiata già pronta da tempo, e che la mossa di Conte conferma, di portare il voto in un parlamento dove il voto è già scontato e dove il Movimento 5 stelle voterebbe contro, tentando di salvarsi la faccia dicendo “siamo coerenti, abbiamo fatto tutto il possibile”.
 
Noi invece sapremo sempre cosa fare, proseguendo la nostra lotta popolare per fermare quest’opera inutile ed imposta. Lo faremo come abbiamo sempre fatto mettendoci di traverso quando serve e portando le nostre ragioni in ogni luogo di questo Paese, che siamo convinti, sta con noi.
 
Dimostreremo fin da subito la nostra vitalità, con il festival Alta Felicità che prenderà il via giovedì portando migliaia di notav nella nostra Valle, e che porteremo tutti insieme a vedere il cantiere sabato pomeriggio!
Fermarlo è possibile, fermalo tocca a noi!
Il movimento NOTAV

No Tav, sabato la protesta. Il padre di Giuliani: “Spero agenti siano più intelligenti di Salvini”. Il ministro: “500 poliziotti a Chiomonte”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/25/no-tav-sabato-la-protesta-il-padre-di-giuliani-spero-agenti-siano-piu-intelligenti-di-salvini-il-ministro-500-poliziotti-a-chiomonte/5349872/

No Tav, sabato la protesta. Il padre di Giuliani: “Spero agenti siano più intelligenti di Salvini”. Il ministro: “500 poliziotti a Chiomonte”

Giuliano Giuliani, padre del ragazzo ucciso da un colpo di pistola il pomeriggio del 20 luglio di 18 anni fa durante gli scontri per il G8 di Genova, racconta all’Adnkronos: “Ogni volta ho paura. Ogni volta è un colpo al cuore. Spero che anche dai manifestanti le cose siano tenute nei limiti”. Il leader della Lega: “Ogni atto di violenza verrà contrastato con fermezza”

“Stavolta spero le cose vadano diversamente rispetto al G8 di Genova“. Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il ragazzo ucciso da un colpo di pistola il pomeriggio del 20 luglio di 18 anni fa durante gli scontri di piazza Alimonda, racconta all’Adnkronosil suo timore in vista della grande mobilitazione annunciata per sabato 27 luglio dal Movimento No Tav, dopo l’apertura alla realizzazione dell’opera da parte del premier Giuseppe Conte. “Con questo ministro dell’Interno ci si può aspettare di tutto. Confido nelle forze dell’ordine, che siano più intelligenti di Matteo Salvini“, dice Giuliani. Mentre il leader della Lega annuncia che circa 500 agentisaranno impegnati in Val Susa nel fine settimana, quando gli attivisti contrari alla Torino-Lione marceranno verso il cantiere di Chiomonte, simbolo della protesta.

Ogni volta ho paura. Ogni volta è un colpo al cuore”, spiega Giuliani. Cinque giorni fa cadeva il 18esimo anniversario della morte di suo figlio. La verità giudiziaria è un proscioglimento per legittima difesa in favore del carabiniere Mario Placanica, ma i familiari da anni chiedono un processo per chiarire la dinamica dei fatti durante quel pomeriggio in piazza Alimonda a Genova. “Sono sempre preoccupato – aggiunge Giuliani . ma spero che anche dai manifestanti le cose siano tenute nei limiti della percorribilità sebbene le provocazioni da parte di questo ‘orripilante’ ministro siano da attendersi. Spero non ci sia nulla di paragonabile al G8“, è l’appello del padre di Carlo Giuliani.

Proprio sulla mobilitazione annunciata per sabato si è espresso anche lo stesso Salvini. “Ognuno manifesti liberamente il suo pensiero, ma ogni eventuale atto di violenza verrà contrastato con fermezza. Saranno circa 500 gli agenti impegnati sul posto nel fine settimana, sono costantemente in contatto con la prefettura di Torino“, ha detto il ministro dell’Interno. “Sabato c’è il campeggio dei No Tav in Val di Susa e quindi la mia priorità è mandare 500 uomini lì per evitare che provochino disastri“, ha poi ribadito Salvini.

SABATO 27 LUGLIO IL FESTIVAL SI FERMA E VA IN CLAREA!

http://www.altafelicita.org/news/sabato-27-luglio-il-festival-si-ferma-e-va-in-clarea/

Sabato 27 luglio alle ore 13.30 partirà la Gita in direzione del Mostro/Cantiere di Chiomonte.

Andiamo al cantiere, andiamo in tanti e andiamoci tutti!

Ci teniamo molto a far conoscere a tutti contro cosa lottiamo da oltre 30 anni e anche come lo facciamo, tutti insieme con uno spirito che ha consentito di essere uno dei movimenti più longevi della storia recente italiana nonostante le mille avversità che abbiamo incontrato.

Sabato pomeriggio per alcune ore, il Festival Alta Felicità si fermerà per trasferirsi sui sentieri della Val Clarea.

Come lo scorso anno cercheremo di raggiungere il Cantiere di Chiomonte che continua ad essere militarizzato, e sarà un’occasione per costatare in prima persona le difficoltà che i Valsusini incontrano ogni volta che intendono percorrere quei sentieri.

Vergogna gialloverde, i 5 Stelle si piegano anche sul Tav

https://comedonchisciotte.org/vergogna-gialloverde-i-5-stelle-si-piegano-anche-sul-tav/?fbclid=IwAR2fwZZCQqqe5CUiL3ofFmlXM-t39YhaHLWB5nKyUpnIfHZubG8MpwVy_N4

Come Don Chisciotte – Controinformazione – Informazione alternativa

«Alla luce degli investimenti comunitari, non realizzare il Tav costerebbe più che completarlo». Con queste parole, il premier Giuseppe Conte azzera politicamente il Movimento 5 Stelle, da sempre contrario alla Torino-Lione.
L’opposizione all’alta velocità in valle di Susa era l’ultima grande promessa elettorale non ancora disattesa. A questo punto, i grillini sono politicamente finiti. Non manca di sense of humor, Conte, quando aggiunge che «soltanto il Parlamento può recedere unilateralmente dal contratto», ben sapendo che tutti gli altri partiti – Lega, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia – sono da sempre favorevoli alla maxi-opera più inutile della storia d’Europa, peraltro mai neppure avviata.
L’unico cantiere aperto, a Chiomonte, riguarda infatti una semplice galleria esplorativa: un piccolo tunnel solo geognostico, da cui non passerebbe mai nessun treno. Del faraonico traforo ItaliaFrancia non è stato finora scavato neppure un metro. Sarebbe un doppione disastrosamente inutile: proprio attraverso la valle di Susa, Torino e Lione sono già collegate dalla ferrovia internazionale che valica le Alpi grazie al traforo del Fréjus, recentemente ammodernato (quasi mezzo miliardo la spesa) in modo da consentire il transito di treni con a bordo i Tir e i grandi container “navali”. La nuova Torino-Lione? Non servirebbe a nessuno. In più, il traffico merci fra Italia e Francia è ormai inesistente.
Lo ribadì alcuni mesi fa lo studio sul rapporto costi-benefici commissionato dal ministro Danilo Toninelli al professor Marco Ponti del Politecnico di Milano, “trasportista” di fama mondiale. Era la prima analisi seria, professionale, prodotta da un governo italiano, da vent’anni a questa parte, sulla grande opera più controversa della penisola, contro la quale si è scatenata una fortissima protesta popolare culminata nel 2005 con la quasi-insurrezione della valle di Susa, guidata dai sindaci in fascia tricolore. Protesta tempestivamente cavalcata da Beppe Grillo, in prima linea coi NoTav insieme a Dario Fo. Cinque anni dopo, lo stesso Grillo tornò in valle di Susa spingendosi a Chiomonte e violando provocatoriamente la prima “zona rossa” imposta dalle forze dell’ordine.
Sembrano passati mille anni: i grillini oggi sono costretti a ingoiare le parole del premier gialloverde, scelto proprio da loro per giudare la traballante alleanza con la Lega, da sempre favorevole allo spreco ferroviario del secolo. «Sono pervenuti dei fatti nuovi», ha tentato di spiegarsi Conte, alludendo alla recente apertura dell’Unione Europea, che si è detta disponibile ad aumentare lo stanziamento dal 40% al 55%. «La tratta nazionale per l’Italia potrebbe beneficiare di un contributo europeo pari al 50%».
 
A proposito di Bruxelles: proprio i grillini sono stati determinanti, la scorsa settimana, nella nomina della tedesca Ursula von der Leyen, fedelissima della Merkel e impietosa interprete del peggior rigore europeo. Oltre che l’ennesimo clamoroso tradimento dell’elettorato grillino, l’incredibile voltafaccia sul Tav Torino-Lione si annuncia come una pagina particolarmente vergognosa per il governo gialloverde: se la mossa di Conte sembra un tentativo funambolico di tenere in piedi l’esecutivo accontentando Salvini, rivela soprattutto le mostruose pressioni subite dal potere Ue, a cui l’Italia sembra cedere anche stavolta, come già per la vertenza sul deficit negato. E’ un’Italia che evidentemente obbedisce a decisioni altrui, in questo caso imposte dalla potente lobby europea delle grandi opere.
Il paese dei viadotti che crollano ha un disperato bisogno di infrastrutture utili, e invece si prepara a regalare miliardi ai soliti noti, per un’opera inutile che prevede cantieri con un profilo occupazionale ridicolo. Una farsa, che per i 5 Stelle si trasformerà in tragedia politica: d’ora in poi, nessuno potrà più prendere sul serio Luigi Di Maio, qualunque cosa dovesse dire. Chi ha votato 5 Stelle difficilmente lo rifarà.

Fonte: www.libreidee.org

Link: https://www.libreidee.org/2019/07/vergogna-gialloverde-i-5-stelle-si-piegano-anche-

24.07.2019

I No Tav a Conte: ecco perché è vantaggioso sospendere l’opera

https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/07/23/news/i_no_tav_a_conte_ecco_perche_e_vantaggioso_sospendere_l_opera-231857192/?fbclid=IwAR3ZwOAUdbJe8o8IdLTf0OoUY6u7qbTV5B8ewEEVhpcptVpGbGlJtt6QnTY

Lettera al premier: “Ci spieghi perché la Francia spende solo 2 miliardi”di Euro

MARIACHIARA GIACOSA

23 luglio 2019 

“La scelta semplice, inevitabile e unica” in materia di Tav “è la sospensione del progetto, che può essere attuata rapidamente e senza penali”. Si conclude così un elenco di indicazioni che il movimento No Tav fornisce idealmente al premier Conte per “una decisione responsabile” che procurerebbe dei “vantaggi per l’Italia”. I No Tav dicono che il “governo ‘Salvini'” dovrebbe spiegare perché “finanziare la Francia con oltre 2 miliardi di euro per consentirle di realizzare i suoi lavori sul territorio francese. In Valsusa sentono odore di beffa. Dal leader storico Alberto Perino in giù temono che arrivi il via libera all’opera contro la quale si battono da vent’anni. E beffa delle beffe potrebbe arrivare alla vigilia della marcia che il movimento contro il supertreno ha in programma per sabato pomeriggio nell’ambito del Festival Alta felicità. Venerdì è infatti attesa la comunicazione ufficiale del governo a Bruxelles.

Il premier Giuseppe Conte dovrà dire all’Europa se intende proseguire con l’opera oppure stopparla. Un rischio che il movimento No Tav prova a scongiurare fino all’ultimo, con le mobilitazioni di questi giorni – e gli assalti serali al cantiere – e con le prese di posizione politica. L’ultima è quella del Presidio Europa, che segue i rapporti internazionale dei comitati contro l’alta velocità e che ora fa appello a Conte perché blocchi l’opera. E non solo perchè «la Torino-Lione è climaticida», scrivono nel messaggio al premier, ma soprattutto per ragioni economiche. Nel mirino degli oppositori della Tav c’è la spartizione dei costi tra Italia e Francia, secondo la quale «l’Italia dovrebbe finanziare per oltre 2 miliardi per le opere sul territorio francese».

5 STELLE NEL BUCO NERO NUN TE REAGGAE PIU’ LA STORIA IN FARSA: DI MAIO, L’OCCHETTO DEL MOVIMENTO, CONTE, IL SUO NAPOLITANO

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/07/5-stelle-nel-buco-nero-nun-te-reaggae.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 25 LUGLIO 2019

Quos vult Iupiter perdere, dementat prius (A coloro che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione)

Come può un movimento proseguire nella sua azione di cambiamento della Cosa Pubblica? Necessariamente attraverso un continuo attacco al pericolo numero uno della collettività: il pensiero dominante, la forma di fascismo più pericolosa del XXI secolo”. (Alessandro Di Battista, “Politicamente Scorretto”, edizioni Paper First)

Prima del diluvio

Si stava al fresco, iniziando, con l’aiuto di Speck, succhi di mela, automobilisti rispettosi, gerani ai balconi, gente senza cellulari sui sentieri, abeti rossi e praterie di trifoglio, l’adattamento al salto dai consuetudinari 380 metri ai quasi 2000. Arrivavano, dalla bottega alimentare che mi consegnava la mazzetta dei giornali, le solite notizie appassionanti confezionate dalle eccellenze del giornalismo nostrano traendone i materiali da territori tra il deserto, la palude e i letamai. Grazie alle ottime condizioni ambientali, spirito e corpo riuscivano a tenergli testa.

Statunitensi, ammattiti per gli scacchi di Venezuela e Siria, che sbattevano furiose sciabole su tonitruanti scudi in mezzo al Golfo; Elisabetta Due che, in ansia competitiva con l’omonima numero Uno, rilanciava pirati alla Drake contro petroliere da razziare; eletti europei che, in cambio di guiderdoni, cavolini di Bruxelles e foie gras di Strasburgo (da oche inchiodate quanto loro al patibolo della libertà), si prestavano a formare un “parlamento” che era tale come Salvini è Bismarck; l’inestinguibile flusso di zozzerie, volgarità, malandrinate e imbecillità Lega e PD che continuava a scorrere ai piedi degli italiani fermi e impassibili sulla sponda del fiume (mai un cadavere); i tg nazionali che al confronto di quelli tedeschi, francesi, russi, nigeriani (pure disponibili nel maso) parevano Sfera Ebbasta contro Aretha Franklin, tanto che ci si riprendeva solo alla vista del canale provinciale con i suoi jodel e i suoi caduti dalla bicicletta.

Il masso di Sisifo

Più arduo sostenere l’accanimento alla Sisifo con cui dovevamo riportare in alto la nostra fiducia nella capacità del fiorettista Di Maio di reggere al clavista Salvini, man mano che il punteggio nel masso che irrimediabilmente tornava a rotolare giù: la cacciata a Torino di un’eccellenza di vicesindaco per aver voluto scongiurare, nel solco della tradizione 5 Stelle, l’offesa di rombanti ferraglie automobilistiche alla strisciolina di alberi, malmenati dallo smog 365 giorni all’anno, che lassù chiamano Parco del Valentino; l’atteggiamento del topino in fuga dal gatto sulla questione dello sfasciaitalia dei patrioti leghisti che, alla vista della demolizione controllata della casa, si accontenta di portarsi via il suo pezzetto di formaggio (la scuola); il plauso prossenetico all’ectoplasma tardo-DC, Sassoli, presidente dell’Europarlamento e il voto autocastrante al pitbull da guerra Ursula von der Leyen… e via incorporando cetrioli.

Ci si aggrappava al dato che, a parte il pupazzo acchiappavoti anti-migranti, i 5 Stelle erano stati gli unici a non dare dell’Antigone alla torpedine anti-italiana infilata nel Mediterraneo da Merkel e Soros, brava figlia  nel nome del padre Ekkehart. Ekkehart Rackete di lei dichiaratosi orgogliosissimo, nonché ex-colonello della Bundeswehr e attivo nei settori Sicurezza e Investigazioni (leggi Intelligence) per la Dr.FehrGmbH, e produzione ed export di armamenti per la Mehler Engineered Defence. Intelligence e armamenti che sicuramente avranno contribuito a far arrivare qualche africano sui gommoni “salvati” da Carola.

 La famigliola Rackete

Ripartiamo. S’era finito di stare al fresco e al verde relativamente incontaminato, ambientale e comportamentale e si era tornati tra le pietraie arroventate del nostro perenne malessere, ambientale e comportamentale. La combinazione tra trauma da rientro e la costellazione dei cinque corpi celesti, che per un po’ aveva illuminato le nostre oscurità, precipitato in un buco nero, è stata la mazzata finale.

Hanno fatto tutto da soli

Gli sbruffi anti-M5S dello sbruffone rignanese con le braghe alle caviglie sono passati come tuoni lontani che sembrano ronfi, senza lampi e senza pioggia. Quelli del fratello sfortunato del commissario Montalbano stanno alle esternazioni dei suoi avversari come Antonio Razzi sta a Cicerone. La guerra termonucleare dei media e dei sinistridestri a edicole, schermi e partiti unificati (l’unica Grande Destra) contro i 5 Stelle, se ha avuto qualche effetto tra la gente, ne ha conservato e rafforzato il consenso. Così come l’accanimento dei vignettisti satirici, da Vauro a Natangelo a Mannelli a Biani, eccetera, passati dal graffiare i potenti a sfottere chi ai veri potenti si oppone. La morte è sopravvenuta per suicidio. Il sì al TAV, un coacervo di infamie politiche, economiche, ambientali, infrastrutturali, morali, legali, da ridurre Tangentopoli, anche con le porte spalancate sul malaffare che consacra per i secoli a venire, a un furto di polli. Un assist a Salvini e a tutto ciò che il magliaro delle magliette ad hoc rappresenta in termini di distruzione dell’Italia, legale, morale, ambientale, culturale, civile, nazionale. O questo bubbone viene rimosso, a partire dai resistenti No Tav e di quanto rimane di luce nelle 5 Stelle, o siamo alla “fine della storia” di Fukuyama, almeno per l’Italia. Ciao Dante.

Una nuova cravatta per Di Maio

Il male si mangia il bene

Il parecchio buono fatto, a dispetto di sinistri in trance e al soldo imperial-liberista, alla faccia di sindacalisti da Opera dei Pupi, spazzato via da un Conte azzeccagarbugli e da un ragazzotto rampichino, brillante scalatore, esperto di traguardi volanti, ma sconoscente di territorio, morfologia, storia, percorso e momenti cruciali che fanno vincere il giro. Reddito di cittadinanza, decreto dignità, salario minimo, legge spazzacorrotti, integrità collettiva assoluta e senza uguali e precedenti nella storia patria… Tutto finito nel buco nero con cui la classe dirigente più corrotta di per sé e nelle istituzioni in cui s’infila, dalla magistratura all’imprenditoria, dal sindacato ai media, sta sventrando il paese. A partire da Val di Susa, dal TAP, Terzo Valico, Muos amerikano, vaccini obbligatori, tutta roba che ieri andava disfatta e che ora risulta irreversibile, salvo penali da mandarci in default non una, ma tre volte. Menzogna sesquipedale, dato che le illegalità, la mafiosità, le violazioni di norme ambientali, la corruzione e, nel caso del Tav, la clausola anti-penali negli accordi, avrebbero resa vano qualsiasi tentativo di rivalsa.

Cos’è successo? E’ successo che, come Landini ha buttato la maschera del Capitan Fracassa e non si è rivelato null’altro che il feudatario della marca sindacale sotto controllo dell’Impero confindustriale, così il Di Maio del cambiamento, già sospetto per cravattino e giacchetta di antica ordinanza, se ne è uscito democristiano intrecciato al paradigma dell’esistente. Più Occhetto che Renzi, della coppia dei demolitori del proprio esercito ha assunto, nella ripetizione farsesca, ma non per questo meno tragica per noi, l’ostinato rifiuto di andarsene, dopo aver quasi dimezzato in appena un anno le fila di quell’esercito. Cose che succedono e vengono tollerate solo da noi.

Quanto a Conte Giuseppe, novello largointesista alla Napolitano, illustre avvocato che l’omino dell’uno vale me e che non dice mai “noi”, ma sempre e solo “io, io, io”, aveva messo lì in nome del suo movimento, aveva già fornito garanzie decisive, sia a Washington che al Quirinale. Prevarica la dichiarata neutralità del suo governo precipitandosi ad accreditare Guaidò legittimo presidente del Venezuela,  si pone al seguito dell’intervento colonialista sub-Nato dell’UE nel Golfo, fatto passare per “missione di sicurezza” e, poi, frigge di soddisfazione all’elezione di una Juncker femmina, blù di sangue, nera di austerity, dal tasso alcolico minore e dalle zanne più affilate. Assolutamente inconcepibile l’approvazione data da lui e Di Maio all’ennesimo colpo di mano autocratico e privo delle più elementari foglie di fico democratiche della nomina dei quattro bonzi UE imposta dal duo carolingio al comando delle nostre vite. Di cui veramente significativi solo la pregiudicata (poi in virtù di Macron assolta) Lagarde, cara in particolare ai greci e a chi ne è debitore, e la ministra della guerra von der Leyen. A noi è rimasta la ciliegina sulla torta: presidente del Parlamento il mio ex-collega al TG3, Davide Sassoli, che poco faceva, ma molto irrideva dal suo scranno di raccomandato DC. Ma, si sa, quest’anno le ciliegie sono venute male.

Prima dichiarazione di Von der Leyden, dopo l’elezione a capo della Commissione, vinta grazie solo agli “euroscettici” 5 Stelle, più o meno così: “Merkel sarà pure la mia madrina, ma che si guardi bene dall’irritare Trump, Washington, la Nato e il mio rottweiler e compiacere Putin insistendo sul Nord Stream II”. A Conte , già bistrattato da buffo fantaccino agli  ordini dei generali Salvini e Di Maio, il riconoscimento più prestigioso è venuto dal noto selezionatore di centrattacchi per la Nazionale: da Berlinguer, attraverso Renzi e Berlusconi, a Conte. Per Eugenio Scalfari, dall’altro ieri, Conte è “il nuovo Moro”, come lui salvatore del paese attraverso la ricomposizione degli opposti. All’avvocato sono arrivati i capponi di Renzo, pardon, di Eugenio.

Conte e Di Maio intercettati

Abbiamo anche noi i nostri trojan, cosa credete. E abbiamo intercettato il dialogo tra Di Maio e Conte alla vigilia del patatrac del 25 luglio (data di rivolgimenti storicamente collaudata).

Perseverare diabolicum

 Ciao Gigi, ciao Beppe. Beppe, qua ci giochiamo il governo. Tranquillo, Giggino, è tutto sotto controllo, ce la caviamo. Magari tu, che ormai piaci anche a Scalfari e a Boccia, ma io rischio di finire sotto il treno. Guarda, si fa così: io mi prendo la responsabilità di  farlo partire quel treno, ma me la cavo inventandomi gigantesche penali da pagare e giurando che UE e Parigi tireranno fuori un mucchio di soldi mentre noi non metteremo che pochi spiccioli. Ma non è vero niente, né le penali, né i soldi! Lo dice anche l’analisi costi-benefici! E poi, lo capisci o no che noi sul NO TAV ci abbiamo costruito fiducia, voti, governo e fortune varie!  E ve li manterrete, oddio, magari con qualche piccolo contraccolpo. Domani vado al Senato e dò una passata di amuchina ai foruncoli russi di Salvini. Voi fate gli indignati e uscite dall’aula. Poi ci si vede tutti da Giolitti. Ma, Pippo, il treno, il treno…! Tranquillo, Giggino, intanto abbozzi, ma ti rifai alla grande promettendo che quel treno dovrà passare per il parlamento dove, a votare no contro tutti, farai un figurone. E il governo andrà, il treno pure e anche voi, seppure con qualche stella appena appannata. Sei sicuro, Giuse? Ma poi c’è la questione delle autonomie differenziate e lì addio altre stelle, resteremo al buio? Qualcosa ci inventeremo anche per quelle. Ad agosto, si sa, in Italia passa tutto, altro che treni, interi modelli di sviluppo. Io mi vedo con Ursula e Christine che ci devono ricambiare i pasticcini.  Tu intanto vai a cena con Matteo, omnia munda mundis! Cosa? Vado. Ciao Giuse.

C’eravamo tanto amati

Ho letto l’ultimo libro di Alessandro Di Battista, felicemente, eversivamente, titolato “Politicamente scorretto”. A mettere l’uno accanto all’altro, i due dioscuri del MoVimento, con le rispettive facce, parole, non ci si riesce a capacitare che si chiamino vicendevolmente “fratelli”. Per quanto fossero tali anche i figli di Adamo. A me pare che si debba smettere di pensare, come pensa lui, che il M5S sia tutto Di Maio. Fin da quando ho condiviso la battaglia, di valle, regione, nazione, Europa, mondo, dei No Tav, dei suoi combattenti, della sua immensa comunità, dei suoi protagonisti come Alberto Perino (vedi il docufilm “Fronte Italia, partigiani del Duemila”), e poi le altre lotte che scorrono come vene per tutto il corpo del paese, gli attivisti, il popolo dei 5 Stelle, i suoi elettori, dimostravano di essere il più forte antidoto ai tumori innestati da fuori e sviluppati da dentro. Non possono tutti essersi spenti. Si diano una mossa.

Se rinnoviamo la salutare pratica costi-benefici del benemerito e mai smentito ingegner Marco Ponti e l’applichiamo al governo detto gialloverde, otteniamo uno zero benefici e costi altissimi per la componente verde e una bilancia in precario equilibrio per quella gialla. Questo, fino a l’altro giorno. Quando Mattarella avrebbe avuto ancora qualche esitazione a proclamare “o UE, o USA, o Nato o niente”. Con il voto a Ursula von der Leyen e il passi al TAV, questo governo e quello che noi tutti abbiamo pensato fossero i 5 Stelle sono diventati incompatibili.

Un saluto ad Alessandro Di Battista, Nicola Morra, Paola Taverna, Alberto Airola, Roberta Lombardi, Gianluigi Paragone, tanti altri e, speriamo bene, Virginia Raggi.

E’ proprio quando non si ha più nulla da perdere che si ricomincia a vincere” (Alessandro Di Battista, “Politicamente scorretto”)

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:59

Luigi Di Maio – NO ALLA TAV TORINO-LIONE

NO ALLA TAV TORINO-LIONE

Ho ascoltato attentamente le parole del Presidente Conte, che rispetto. Il Presidente è stato chiaro, ora è il Parlamento a doversi esprimere. 
Sarà il Parlamento, nella sua centralità e sovranità, che dovrà decidere se un progetto vecchio di circa 30 anni e che sarà pronto tra altri 15, risalente praticamente alla caduta del muro di Berlino, debba essere la priorità di questo Paese. 
Sarà il Parlamento ad avere la responsabilità di avallare un progetto prevalentemente di trasporto merci (e sottolineo trasporto merci) mentre non esiste ancora l’alta velocità per le persone in moltissime aree del Paese.

Sarà il Parlamento a dover decidere se è più importante la tratta Torino-Lione, cioè se è più importante fare un regalo ai francesi e a Macron, piuttosto che realizzare, ad esempio, l’alta velocità verso Matera, capitale europea della cultura, o la Napoli-Bari.

Nel corso del tempo si sono succeduti nove governi, sono passati – ripeto – quasi 30 anni. Non esisteva ancora l’iPhone, non esistevano nemmeno gli smartphone, non esisteva il web come lo conosciamo oggi quando si discuteva della Torino-Lione. Parliamo di un’era oramai remota, eppure qualcuno, adesso, vorrebbe farci credere che la priorità del Paese sia questa.
Media, giornali, apparati, tutto il sistema schierato a favore.

Non noi. Non il MoVimento 5 Stelle. Per noi la Torino-Lione era e resta un’opera dannosa. 
Ogni volta che ci siamo trovati davanti a un tema ci siamo posti una domanda. E oggi la poniamo a voi. 
Chiedetevi perché l’Europa ci ha sempre ignorato su tutto, continua a ignorarci su tutto e poi d’improvviso mette sul piatto nuovi investimenti comunitari per la Tav Torino-Lione. 
Chiedetevi perché se chiediamo flessibilità per costruire scuole, strade, ospedali l’Europa ci sbatte la porta in faccia e poi tira fuori milioni di euro per questo progetto di 30 anni fa.
Chiedetevi allora se l’Europa lo fa davvero per l’Italia o se per qualcun altro, visto che parecchi soldi degli italiani andranno ai francesi.
Il MoVimento 5 Stelle presenterà un atto per dire che le priorità sono altre, un atto che non è altro che il cambiamento che abbiamo promesso: entrare al governo e decidere diversamente da come avrebbe deciso un Pd o un Berlusconi qualsiasi.

Non abbiamo paura di restare soli, siamo sempre stati soli davanti ai partiti ed è sempre stato motivo di orgoglio. Avremmo anche potuto governare da soli, se tutti gli altri non si fossero messi d’accordo per fare una legge elettorale, poco prima del voto, che ci impedisse di guidare autonomamente il Paese.

Questo è un no forte, convinto, deciso. Uno di quei NO che fanno bene.
Sappiamo di stare dalla parte giusta della storia. Qui lo sviluppo non c’entra un bel nulla, qui gli interessi sono altri.

Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto attacchi fantasiosi, letto ricostruzioni farneticanti di una nostra presunta alleanza in Europa col Pd. Tutto falso. Pura diffamazione. 
Ma fra non molto potremo vedere con i nostri occhi chi decide di andare a braccetto con Renzi, Monti, Calenda, la Fornero e Berlusconi. Il Parlamento restituirà a tutti la verità dei fatti.

Noi non molleremo mai. 
Noi non lasceremo mai il Paese a questa gente!

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Costa più fermarlo che farlo? Tutti i dati veri e le bugie sul Tav

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Costa più fermarlo che farlo? Tutti i dati veri e le bugie sul Tav

L’opera inutile – Perchè si poteva (e doveva) dire no

Il Tav dunque si farà. Perché “costa più fermarlo che farlo”, ha spiegato Giuseppe Conte. A far cambiare idea al premier è il presunto aumento dei fondi messi da Bruxelles. Ieri Conte ha spiegato alla Camera che questo è il risultato della sua interlocuzione con l’Ue e Parigi. Quello che non è stato possibile, invece, “è la discussione dell’opera” – prevista dal contratto di governo – per la “ferma decisione della Francia a proseguirla”. Per spiegare come stanno le cose serve una premessa. L’analisi costi-benefici affidata dal ministero delle Infrastrutture alla commissione guidata da Marco Ponti ha bollato l’opera come un inutile spreco di soldi pubblici: i benefici sono quasi nulli e il traffico inesistente. L’impatto economico è negativo per 7 miliardi.

I costi. Per Tav Torino-Lione si intende ormai il tunnel di base transfrontaliero (57 km) sotto il Frejus. Costo: 9,6 miliardi. Il contributo europeo è pari al 40%. Al netto di questo, l’Italia paga il 58%, la Francia il 42%. Fu il governo Berlusconi nel 2004, con la regia del ras delle Infrastrutture Ercole Incalza, a inventarsi questa geniale trovata per convincere i riottosi francesi.

La decisione di far pagare all’Italia due terzi di un tunnel solo per un quinto in territorio italiano venne motivata col fatto che la Francia pagava cara la sua tratta nazionale dal tunnel a Lione (10 miliardi). Problema: nel 2017 Parigi ha deciso che quella tratta non ha stime di traffico sufficienti, quindi se ne riparla nel 2038, otto anni dopo la teorica conclusione dei lavori per il Tav, prevista nel 2030.

I fondi europei. Secondo Conte, l’Ue alzerà il finanziamento del tunnel al 55%. In realtà lo ha detto Iveta Radicova, coordinatrice del corridoio mediterraneo, ma la decisione spetterà alla nuova Commissione e l’iter prevede almeno due anni. Se fosse confermato, Bruxelles ci metterebbe 5,3 miliardi. Una cifra gigantesca. Nell’ultima tornata (2014-2020) del programma europeo per la mobilità (Connecting Europe Facility) erano stanziati 6 miliardi per le tutte le tratte transfrontaliere dei corridoi ferroviari Ue. Nel nuovo Cef ci sono 17 miliardi per i “progetti strategici”, in cui rientra il Tav. Se anche fosse la cifra destinata alle sole linee transfrontaliere significherebbe che alla Torino-Lione andrebbe un euro su tre stanziato da Bruxelles.

Conte ha poi annunciato un contributo europeo del 50% per la tratta nazionale italiana (1,7 miliardi il costo totale). Questo impegno arriva sempre dalla Raticova ma non è previsto dal contratto che regola il finanziamento dell’opera. La realtà è che l’Ue non ha mai messo a disposizione più di 700-800 milioni per settennio. E Francia e Italia ne hanno sistematicamente perso la metà ogni volta.

I costi dello stop. Non è vero che costa più fermare il Tav che farlo. I grandi appalti non sono partiti e le penali non sono previste, né verso l’Ue né verso la Francia. Secondo una relazione del Mit i costi massimi dello stop potrebbero arrivare a 1,7 miliardi (“difficilmente raggiungibili”). Anche con il contributo Ue maggiorato, sarebbero meno dei 3,3 miliardi che l’opera costerebbe all’Italia.

I motivi per lo stop. L’Italia, lo ha ammesso anche Conte, aveva buoni argomenti per sospendere il progetto. Il motivo principale è che la Francia non rispetta gli impegni: oltre a non fare la tratta nazionale (il che rende ancora più inutile il Tav), non ha mai stanziato a bilancio i fondi necessari per realizzare l’opera. L’Italia lo ha già fatto con il governo Monti, mentre Parigi ogni anno decide quanto mettere. Ma l’accordo di Roma (2012) prevede che i lavori possano partire solo quando c’è la disponibilità complessiva dello stanziamento. Per Parigi non c’è.

Che cosa si poteva fare. Per l’iniqua ripartizione dei costi con la Francia, l’Italia poteva rivolgersi al tribunale arbitrale previsto dal Grant agreement del 2015

Per il mancato stanziamento dei fondi da parte di Parigi, poteva sollevare la questione alla Commissione intergovernativa italo-francese che sovrintende alle procedure tecnico-finanziarie che disciplinano il Tav, sostituendo prima i membri italiani (gli attuali sono pasdaran dell’opera). Poteva perfino revocare i membri del cda del promotore italo-francese dell’opera (Telt) e nominarne di nuovi per bloccare i lavori.