28 maggio 19 Stampa
“Quel fiume di voti passato dai Cinquestelle alla Lega
Andrea Rossi
Racconta come in tre anni sia cambiato tutto: il Movimento 5 Stelle alla conquista delle periferie – in particolare a Nord – è un ricordo. I quartieri che avevano decretato la vittoria di Chiara Appendino l’hanno abbandonata in massa. Torino ora non ha più un cuore rosso accerchiato dal giallo. Come mostra l’elaborazione realizzata da Quorum-YouTrend, il rosso si è allargato ma intorno c’è un blu che si è fatto prepotentemente largo proprio là dove dominava il giallo.
Le elezioni hanno segnato il passaggio dei quartieri popolari alla Lega: 37% nella Circoscrizione 6; 35 nella 5. Ora la battaglia per Torino è tra centrodestra e centrosinistra e non è mai stata così vera dal 2001. Pd e alleati crescono: tornano sopra il 40%, allargano il proprio bacino, crescono a Mirafiori Nord e in alcuni quartieri della Circoscrizione 3 e della 7. In centro, la dove i Cinque Stelle precipitano sotto il 7%, il Pd sale al 40%, sfonda il 45 tra via Mazzini e piazza Vittorio, e ci arriva vicino lungo l’asse di corso Francia e a San Salvario. Le sofferenze invece si annidano sempre a Nord: minimo storico a Villaretto (14%), male anche a Vallette (21) e Falchera (20).
Falchera e Villaretto sono il simbolo di questo voto: minimo storico del Pd, Movimento 5 Stelle che perde oltre un elettore su due (dal 34 al 19%), ed epicentro del boom della Lega, che a Villaretto supera il 46% e in alcune zone di Barriera (Monterosa e Montebianco) il 40.
Il perché di questo ribaltone lo spiega, ad esempio, Mario Lopez, residente di Falchera. «I Cinque Stelle hanno detto troppi no». Ex dipendente in un’azienda che produce penne, disoccupato a 51 anni, sarebbe un elettore tipo del Movimento: «Ma io non voglio il reddito di cittadinanza: vorrei lavorare».
Tre anni di illusioni hanno creato un rigetto che si manifesta anche in esempi virtuosi, come quello che racconta don Adelino Montanelli, parroco della Falchera. «Un po’ per mancanza di risposte, un po’ perché tanti hanno capito che lamentarsi è sterile, vedo nascere gruppi che si danno piccoli obiettivi e partecipano alla vivibilità del quartiere».
È una reazione sana, a metà tra il fai da te e la partecipazione attiva. Ma è isolata. Per lo più prevale un forte disincanto, basta ascoltare Franco Lombardo, 65 anni, residente nelle case Atc di via Vittime di Bologna: «I grillini si sono dimostrati incapaci di risolvere i problemi: propositi impossibili, vedi il reddito che ha incluso pochissime persone e lasciato fuori tanti bisognosi, e nessuna lotta al degrado. Viviamo quartieri in cui non ci sentiamo al sicuro».
È in questo clima che mescola impoverimento e bisogno di protezione che la Lega ha dilagato. «La percezione di insicurezza nelle zone più in difficoltà è altissima», ammette Carlotta Salerno, presidente della Circoscrizione 6 in quota Moderati (centrosinistra). «Le persone vedono incuria, delinquenza, scippi e chiedono un intervento. La prima promessa è arrivata dall’amministrazione grillina ed è stata delusa. Ora le stesse persone hanno riposto la fiducia in un’altra promessa di intervento forte». In questa partita il centrosinistra sembra assente: «I problemi complessi richiedono risposte complesse. È più facile fare proclami, ma poi si vede come va a finire. Detto questo, noi dobbiamo trovare un modo efficace di raccontare questa complessità».
Ha ragione: l’analisi di You/Trend mostra come solo il 41% degli elettori grillini abbia confermato la propria scelta; il 23% si è buttato sulla Lega, il 31 si è astenuto. Così nella mappa elettorale la Lega ha preso il posto dei grillini. Ne ha risucchiato forze e debolezze: lo strapotere nelle periferie e il flop in centro e a San Salvario.
Come nel 2016; è solo cambiato lo sfidante del centrosinistra.
28 maggio 19 Stampa :
“Nella Val di Susa spaccata dal supertreno “Anche qui c’è gente stanca di dire solo no”
Lodovico Poletto
Le bandiere No Tav non le ha ammainate nessuno, nonostante i numeri non siano certo dalla parte di chi non vuole il supertreno. E il signor Nilo Durbiano, che da ieri, e dopo quindici anni, non è più sindaco di Venaus, dice: «Credetemi: il no non è affatto finito. La Lega avrà anche vinto in giro per l’Italia, ma al governo ci sono ancora i Cinquestelle». Che quell’opera, in Val di Susa, non la vogliono fare. Ora, Durbiano non è stato battuto alle urne, non s’è più ricandidato perché non poteva. E prima di andarsene s’è anche scelto un successore che non avrà il suo carisma tra queste montagne, ma è di comprovata fede No Tav. E forse anche grillino. Il suo nome è Avernino Di Croce, ed è un tranquillo insegnante di matematica che viene dalla pianura.
Ecco, Venaus è forse ancora il cuore della valle che resiste al progetto del collegamento tra Torino e Lione. In un Piemonte in cui, alle europee, il colore verde ha fatto il pieno, le uniche macchie di colore giallo 5 Stelle sono qui. Sei paesi: Vaie, Chianocco, Bussoleno Monpantero, Exilles e Venaus, appunto. «Vedrete, non è finito nulla», dice Durbiano.
A venti chilometri di distanza, a Sant’Antonino di Susa, Antonio Ferrentino, ex consigliere regionale Pd, davanti a un caffè spiega invece che quel mondo è arrivato a fine corsa. E che i grillini – che qui avevano una delle tante roccheforti – sono stati spazzati vai dal vento leghista, più forte e impetuoso di quello che soffia sempre tra queste montagne. «C’è un mondo che non si identifica più con il no. I tempi sono cambiati e la gente ha opinioni differenti» dice. I suoi sono più o meno gli stessi pensieri che ha chi – a mezzogiorno – se ne sta fermo sulla piazza di Chiomonte sotto una pioggia leggera, a discutere di chi sarà il prossimo sindaco. Il vecchio – si fa per dire- Silvano Ollivier non s’è neanche ricandidato. Troppi guai in passato. Minacce, perchè era favorevole alla Tav, proiettili mandati a casa, schiaffi presi in faccia. Fare il sindaco in questo paese è stata dura. Perchè Chiomonte è il borgo che ha ceduto una parte di suoi terreni all’impresa che ha scavato il tunnel geognostico. È il cuore dei lavori – ora sospesi – per la Torino-Lione. E la gente di qui – una parte a dire il vero -non l’ha presa bene. E Ollivier – convinto sostenitore dell’opera – s’è preso un sacco di maldipancia in questi anni. Ma ieri è tonato a fare ciò che gli piace: fabbricare oggetti in legno. «Sono fuori perché non mi sono rincandidato. Ma il vento a favore della Tav è arrivato e si farà sentire molto forte». Niente bandiere No Tav sui pali della luce, niente insegne bianche e rosse sul municipio. Il successore di Ollivier, Roberto Garbati ex ad di Iren, la pensa come lui. Anche se ci sono state frizioni tra i due in passato. La Tav si deve fare.
Però non è tutto così scontato. E le sorprese sono sempre lì dietro l’angolo. Per dire: a Susa, dove il movimento No Tav pensava di avere una roccaforte, il sindaco Sandro Plano, anti supertreno della prima ora, e ricandidato è stato battuto da un uomo del Pd, Pier Giuseppe Genovese. E dicono sia pro Torino-Lione. E la regola che il sindaco che si ricandida vince indipendentemente dai partiti qui è andata a farsi benedire.
«Ma di sindaci No Tav ce ne sono tanti, nonostante i dati delle Europee», dice alle 10 di sera Nilo Durbiano. Al momento ne abbiamo già 12, ma vedrete che saranno molti di più». Conti alla mano potrebbero essere una ventina. E sarebbe comunque un bel fronte di «anti», sebbene non completamente sdraiato sul mondo Cinquestelle. Per dire: da queste parti capita che il Pd – favorevole al tunnel di 60 chilometri – abbia sindaci che sono contrari. Uno per tutti, quello di Condove, Jacopo Suppo. O ancora quello di Bruzolo, Mario Richiero.
Ecco questa è la valle. Che aveva sperato nei grillini un paio di anni fa, e poi con loro ha polemizzato perchè s’è sentita lasciata da sola, La valle che alle Europee s’è colorata – come tutta la provincia e il Piemonte – di verde Carroccio. Per cambiare ancora una volta casacca – ma non ovunque – nell’urna dei rinnovi dei Consigli comunali.
E il movimento No Tav che dice? Per ora tace. Arrivano echi soltanto in serata: «Non siamo affatto finiti». Lo diceva già Durbiano alle 10 del mattino. Annunciando di essere pronto a lanciare un movimento politico nazionale.
28 maggio 19 Stampa :
“Conte puntella il governo e apre al Sì per la Tav
I dubbi su Salvini:“Vuole la mia poltrona”
I. Lomb.
Si tiene ancora lontano dai riflettori Giuseppe Conte. Nessun commento pubblico, perché a caldo devono essere i partiti a dividersi il palcoscenico, chi a gustarsi la vittoria, chi a cercare una medicina che allevi dallo sconforto.
E però il premier qualcosa ha fatto trapelare. «Avrete passato una nottataccia…» ha detto rivolgendo un sorriso di tenerezza ai parlamentari 5 Stelle della commissione Antimafia accolti a Palazzo Chigi. Il tonfo è stato forte e nel baratro dell’incertezza rischia di trascinare anche lui, «l’avvocato del popolo» scelto da Luigi Di Maio per lavorare nella penombra a cui è relegato un capo di governo senza armi politiche da esibire. Gliel’hanno detto così tante volte, che non fa fatica lui stesso ad ammettere, in questi momenti di turbolenza, la percezione evidente che Matteo Salvini «vuole il mio posto». L’ha ripetuto ai suoi collaboratori in questi mesi di tensioni, lo ha ribadito nelle ultime ore, sebbene sia stato più silente del solito. Ma presto o tardi – ne è convinto Conte – il leader della Lega rivendicherà la poltrona più prestigiosa.
È consapevole che già le prossime ore offriranno i primi grandi ostacoli alla tenuta del governo. Il caso del sottosegretario Edoardo Rixi, che attende una sentenza di primo grado per fine mese e che Salvini è intenzionato a difendere fino in fondo. Poi: la sfida ai parametri europei. La lettera dell’Ue che chiede chiarimenti sul debito e minaccia l’infrazione investe di una nuova responsabilità Conte.
Ieri ha sentito la cancelliera Angela Merkel. Una telefonata per aggiornarsi in vista del vertice informale di oggi a Bruxelles tra capi di stato e di governo. Hanno commentato l’esito delle elezioni, e la leader tedesca ha chiesto a Conte di Salvini e di cosa succederà con un ribaltone dei rapporti di forza nel governo. Certo, il premier leggerebbe come una «sfiducia di fatto» se il vicepremier della Lega dovesse caricare l’artiglieria contro Bruxelles chiedendo al governo italiano una prova di coraggio sullo sforamento del deficit. Per il premier, la sua squadra e il M5S sarebbe la prova delle mire del leghista su Palazzo Chigi. E ancora: Conte attende di capire quali margini di manovra avrà sulle nomina del commissario europeo in quota Italia, visto che la Lega rivendica per sé la scelta.
Nel frattempo il premier-mediatore sarà chiamato a confermare questo ruolo per puntellare il governo, per quanto gli sarà possibile. Con una maggiore gradazione di leadership che sembra consegnargli il fallimento di Di Maio. Mentre l’anima più movimentista ritroverà in Alessandro Di Battista il suo alfiere, il M5S intravede in Conte la possibilità di una resistenza istituzionale a Salvini. Ma anche, notano i più maliziosi, il paravento delle imminenti grane che i grillini saranno costretti a subire. A partire dalla Tav e poi sulle autonomie.
È difficile, per chi mastica i linguaggi della politica, non notare che alla due risposte di Di Maio in conferenza stampa sull’Alta velocità Torino-Lione mancavano due semplici letterine: «N-o». La Tav si farà?, chiedono. Risposta: «Il dossier è nelle mani del premier Conte da un mese».
Il che vuol dire aver scaricato sul presidente del Consiglio l’ultima decisione.
Che, salvo sorprese, dovrebbe essere la stessa del gasdotto Tap, quando Conte, per sgravare Di Maio da accuse e recriminazioni, assunse su di sé la responsabilità di dare il via libera all’opera che i 5 Stelle avevano promesso di smantellare.
A marzo si inventò un arzigogolo semantico che di fatto rinviò di qualche mese il problema dell’avvio dei bandi per i cantieri. La discussione con i francesi, partner a metà dell’opera ferroviaria, servirà a prendere tempo e a preparare il terreno più fertile per dare l’ok alla Tav. Ridiscuterla integralmente, rivedere le quote di finanziamenti tra Parigi e Roma sarà la premessa per poter imbastire la più convincente giustificazione che i grillini dovranno consegnare agli attivisti.
Anche su questo la Lega testerà le sue capacità di essere ancora garante imparziale, dopo le accuse ruvide del sottosegretario Giancarlo Giorgetti alla vigilia del voto.
È convinzione di tutti i ministri e i sottosegretari leghisti che più volte il premier abbia giocato di sponda con i 5 Stelle, rallentando i testi, rinviando le discussioni, pur di favorire le ragioni del Movimento.
Altro banco di prova, in questo senso, saranno le autonomie regionali. Salvini è stato chiaro. Di Maio altrettanto: «Se si deve fare, non deve creare Regioni di serie C. Molto dipenderà da come si scriverà. E come si scriverà dipende dall’intesa tra me, Conte e Salvini».
28 maggio 19 Repubblica :
“Piemonte più debole a Bruxelles Eletti solo tre europarlamentari
di Sarah Martinenghi
Una vittoria schiacciante quella della Lega in Piemonte, una disfatta altrettanto evidente quella del Movimento 5 stelle.
In mezzo sta il Pd, che si consola come primo partito quantomeno a Torino. Ma è un Piemonte meno rappresentato in Europa quello che emerge dalla tornata elettorale: sono dimezzati infatti gli eletti della nostra regione, rispetto ai sei precedenti, con i lombardi che hanno monopolizzato la competizione.
Solo tre ce l’hanno fatta: l’ex presidente della provincia di Cuneo Gianna Gancia con 18mila 900 preferenze, Alessandro Panza, con 18 mila183, entrambi della Lega, e Tiziana Beghin, già europarlamentare, riconfermata tra i 5stelle con 15 mila voti.
Non ce la fa invece Mercedes Bresso: l’ex presidente del Piemonte con 44 mila voti è arrivata al sesto posto.
I numeri raccontano la nuova geografia politica piemontese: il partito di Salvini sbaraglia con il 37,14 per cento delle preferenze, il partito democratico, con il 23,94 per cento, media e spezza l’asse giallo-verde, dato che i pentastellati si fermano al 13,26 per cento.
Forza Italia è al 9,08 mentre Fratelli d’Italia al 5, 98. Ma a Torino il quadro cambia: nella città guidata da Chiara Appendino, il Pd conquista il 33,5 per cento, la Lega rimane sotto, con il 26,9 per cento. Mentre i 5stelle accantonano solo 13, 3 del voti. « Il risultato del Pd alle europee è incoraggiante ma non sufficiente – è il commento di Sergio Chiamparino – quindi bisognerà da lì andare avanti e aggregare altre forze. I passi fatti sono quelli giusti ».
Nelle periferie torinesi, in particolare quelle a nord, c’è un travaso di voti e dal giallo passano al verde: a Barriera di Milano, Regio Parco, Barca e Falchera, la Lega sfonda quota 37 per cento (il Pd è al 25,32 e i 5stelle al 16). In centro la débacle dei grillini è più eclatante: si fermano al 6,7 superati da + Europa ( 7,9), mentre il Pd resta saldo e addirittura doppia la Lega, con il 40,92 rispetto al 18,68. Allargando lo sguardo al torinese, la situazione vira di nuovo al verde con il 31,5, mentre il Pd si ferma al 27,4 e i 5 stelle al 15,5. Ma il Pd si aggiudica Pinerolo con il 28,8 per cento, la Val Pellice, superando il 40 per cento, e si conferma a Ivrea con il 36, mentre la Lega e il Movimento 5 stelle rimangono al 27,9 e all’ 11,6 per cento.
Verde è senza dubbio il colore del Piemonte2, ovvero delle province: a Vercelli la Lega arriva al 44,37 ( 19,08 Pd, e 10,63 i 5stelle); a Cuneo vince con il 44 per cento ( Pd al 20,9 e Forza Italia supera con il 9,8 per cento i % stelle fermi al 9,5); a Biella il partito di Salvini si aggiudica il 41,9 per cento dei consensi ( Pd 19,3 e M5stelle 11,2), mentre a Novara la Lega vince con il 40,8, il Pd tiene al 21,5 e i 5stelle arretrano all’11,3. Nel Vco ancora molto forte la Lega che vola sopra il 44 per cento, il Pd 21,4 e 10,3 per 5 stelle. Riconfermata Tiziana Beghin (M5s)