È stata una manifestazione importante, ma sono dispiaciuto che la piazza non fosse piena come a novembre. Sarebbe stato meglio mantenere lo spirito della prima volta, la società civile: la Tav è un’opera troppo importante”.
Il commento di Mino Giachino, ex sottosegretario berlusconiano ai Trasporti e ora anima dei comitato piemontesi del Sì Tav, suggella il mezzo flop della manifestazione torinese di ieri mattina. I promotori, dallo stesso Giachino alle signore subalpine, le famose “madamine”, speravano di riportare in piazza, come era accaduto il 10 novembre scorso, dalle 20 alle 30 mila persone.
Al corteo che ha attraversato un pezzo della vecchia Torino, da piazza Vittorio a piazza Castello, invece erano poco più di 10-15 mila….
Forse non contenti, ma mandati comunque a dire due parole sul palco, erano i quattro che si sono esibiti nella loro onesta ingenuità convinti che il Tav sia la panacea per tutti i mali.
Come lo studente Guglielmo e la studentessa Marta, 23 anni, per la quale Torino “deve essere connessa al mondo con infrastrutture che devono stare al passo con il futuro, per non essere tagliati fuori dall’Europa”.
E come Vincenzo Russo, ex operaio al cantiere della Maddalena, a Chiomonte.
“Per realizzare l’opera nei tempi previsti – ha detto – abbiamo sopportato grandi sacrifici, risparmiando soldi rispetto al preventivo. Abbiamo dato l’anima in quel posto. Il 31 maggio 2018 siamo stati tutti licenziati: io oggi sono ancora a casa. A me, che ho quattro figli, hanno insegnato che l’unico ammortizzatore sociale è il lavoro”….”