LES USA VONT-ILS ATTEINDRE LEURS OBJECTIFS AFRICAINS? (LES AMBASSADEURS DE TRUMP EN AFRIQUE CENTRALE II)

* Voir la video sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL:

LES USA VONT-ILS ATTEINDRE LEURS OBJECTIFS AFRICAINS ?

(LES AMBASSADEURS DE TRUMP EN AFRIQUE CENTRALE II)

(SUR LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV, IRAN, 20 MARS 2019)

sur https://vimeo.com/325839518

PANAF-TV - LM ambassadeurs trump II (2019 03 22) FR# La présentation de PRESS TV :

« Etats-Unis/ La tournée de Timor Nagy en Afrique : l’Américain va-t-il atteindre ses objectifs ?

Luc Michel répond. »

# La thématique du Géopoliticien Luc MICHEL :

* DE OBAMA-KERRY (2014- 2016) A TRUMP-BOLTON (2017-2019).

LA RADICALISATION DU SOI-DISANT “PRINTEMPSAFRICAIN” … 

Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent, par les méthodes habituelles des USA (révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe » -sic-, cloné en « printemps africain » -resic-). De nombreux pays ont ensuite été secoués par les vents mauvais de ce « printemps africain » venu de Washington. De 15 à 20 pays sont concernés dès 2014. Notamment Le Brurundi, où la révolution de couleur a échoué et a fait place au terrorisme. La RDC qui est la cible principale (le « pivot géopolitique » de l’Afrique) et le Cameroun (qui est le pivot du Golfe de Guinée), où des scénarios de révolution de couleur rampantes sont en cours.

Mi décembre 2018, Bolton, le conseiller néocon de Trump, annonçait la « Nouvelle politique africaine de Trump ». La version radicalisée du « printemps africain » made in Trump menace six chefs d’Etat africains sommés de dégager et relance de façon combinée « printemps arabe et africain » en ciblant immédiatement 5 pays (Algérie, Soudan, Jordanie, Cameroun et RDC, Trump en annonçant « six en Afrique ») et 3 diaspora (Tchad, Algérie, Cameroun) !

* QUI SONT LES AMBASSADEURS DE TRUMP EN AFRIQUE CENTRALE ?

On sait que Bolton, qui avait organisé les agressions de l’Afghanistan et de l’Irak sour le régime Bush II, est un spécialiste des déstabilisations. C’est déjà lui qui est en action contre Maduro au Venezuela.

A noter que Peter Pham, envoyé spécial de Trump dans les Grands-Lacs, est le vice-président de « l’Atlantic Council », présidé par le général hon. Jones, ex conseiller à la sécurité nationale d’Obama … Mais aussi administrateur de l’Ong américaine de Katumbi (le favori du State Department en RDC… Mais encore dirigeant de « l’International Jones Group », firme « de sécurité » qui avait fourni à Katumbi les mercenaires qu’il avait introduit en RDC (et pour les faits dont il y est poursuivi) !

# VOIR AUSSI SUR PANAFRICOM-TV/

* La partie I de l’analyse/

LUC MICHEL:

LES AMBASSADEURS DE TRUMP EN AFRIQUE CENTRALE.

LES USA EN AFRIQUE DES POMPIERS PYROMANES

(18.03.19)

sur https://vimeo.com/325147273

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Tav, Conte: “Riequilibrare i costi, condiviso un metodo”. Macron: “Non ho tempo da perdere”. E poi: “Non possiamo ignorare impegni con l’Ue”

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Tav, Conte: "Riequilibrare i costi, condiviso un metodo". Macron: "Non ho tempo da perdere". E poi: "Non possiamo ignorare impegni con l'Ue"

Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron 
 Il bilaterale a Bruxelles, a margine del Consiglio europeo. Il premier: “Incontro proficuo”. E minimizza sull’attacco dell’Eliseo nella notte: “Parole dure solo per evitare pressioni dei media”. Ma al termine del summit il presidente francese torna alla carica: “Ci sono testi che legano noi e l’Unione europea”

di ALBERTO CUSTODERO

22 marzo 2019

 

Ridurre i costi, riequilibrarli. Per capire se si può superare il muro No-Tav innalzato dall’analisi costi benefici commissionata dal governo italiano. Con questo obiettivo Giuseppe Conte ha provato stamattina ad aprire il confronto con Emmanuel Macron in un bilaterale a Bruxelles a margine del Consiglio europeo. “Un incontro proficuo” ha detto Conte al termine del colloquio, il primo tra il premier italiano e il presidente francese dai giorni del ritiro dell’ambasciatore francese. “Sulla Tav abbiamo condiviso un metodo – continua il presidente del Consiglio –  riferiremo ai nostri rispettivi ministri competenti, Toninelli e Bourne, che avranno il compito di analizzare i risultati dell’analisi costi-benefici e su quella base aprire una discussione, una discussione aperta”.

Sulle dure frasi pronunciate nella notte da Macron in merito alla Torino-Lione (“Problema italiano, non ho tempo da perdere”, ha tagliato corto al termine di un lungo vertice a 27 su Brexit), Conte minimizza: “Il presidente francese mi ha spiegato che siccome ha visto che in Italia le forze politiche sono molto coinvolte e hanno preso posizioni diametralmente opposte, voleva evitare di lasciarsi coinvolgere in un dibattito politico interno, per evitare la pressione che gli stavate trasmettendo voi giornalisti”. Ma al termine del summit europeo, il presidente francese Macron torna alla carica: “Ho ricordato al presidente Conte che noi abbiamo prima di tutto un accordo intergovernativo, ci sono dei testi internazionali e degli impegni che legano noi e l’Ue. E dunque non possiamo non tenerne conto”.

Un altro tema affrontato con il Capo dell’Eliseo è quello dei terroristi ancora latitanti in Francia: “Abbiamo parlato anche dei latitanti che sono in Francia” e condiviso il fatto che i nostri ministri della Giustizia su questo si incontreranno. Io gli ho chiesto di superare la dottrina Mitterand. Lui ha detto che si incontreranno anche su questo i ministri e valuteranno dal punto di vista tecnico: anche su questo ha dimostrato apertura”.

Clima, sabato è la volta dei comitati – In piazza – Corteo il 23 marzo. 

20 Marzo 19 FQ :

Il caso dei social “rubati” nel movimento di Greta

di Salvatore Cannavò

Dopo i ragazzi di Greta è il momento degli ambientalisti storici e dei comitati locali che si danno appuntamento il 23 marzo a Roma per una manifestazione nazionale. “Marcia per il clima, contro le grandi opere inutili” è il motivo della protesta che vedrà impegnati NoTav, NoTap, NoTriv, comitati No Grandi Navi, comitati dell’Acqua bene comune e così via.

Il corteo nasce da molto prima che si scatenasse il “fenomeno Greta”, ma è chiaro che la visibilità delle decine di migliaia di ragazzi scesi in strada il 15 marzo offre un vantaggio inaspettato.

La strada di questa mobilitazione è iniziata a Venezia lo scorso settembre con il primo incontro nazionale, poi ci sono state assemblee in Val di Susa, a Vicenza, all’assemblea dei No Triv di Basilicata e Campania e altri appuntamenti compreso il Global Climate Strike del 15 marzo.

Nel comunicato di indizione della manifestazione i comitati definiscono il “governo del cambiamento” in continuità “con tutti i precedenti. Le decisioni degli ultimi mesi parlano chiaro”. 

Il governo, sostengono ancora, “ha fatto una imbarazzante retromarcia su tutte le altre grandi opere devastanti sul territorio nazionale: il Tav terzo Valico, il Tap e la rete Snam, le Grandi Navi a Venezia, il Mose, l’Ilva a Taranto, il Muos in Sicilia, la Pedemontana veneta”.

Il giorno precedente, venerdì 22 marzo, ci sarà invece il seguito della giornata di venerdi scorso.

Gli organizzatori chiamano in piazza, nel pomeriggio, “dopo l’uscita dalla scuola” in diverse piazze per proseguire con le modalità già adottate da Greta Thunberg.

Sul fronte del Friday for future si registra però una situazione imbarazzante denunciata dagli stessi organizzatori delle proteste.

Un gruppo ristretto ha deciso, nella notte tra l’8 e il 9 marzo, di modificare le password delle pagine Facebook di Fridayforfuture, costituendo, allo stesso tempo, una Associazione di nuovo conio, Futuro Verde, con sede in Belgio, residenza degli unici tre soci che hanno dato vita all’iniziativa.

Si tratta di Amy Scivola, “fondatore e presidente”, di Alessandra Girardi “fondatore e segreteria” e Luca Polidori, fondatore e tesoriere.

La riunione di fondazione si è tenuta a Woluwe-Saint-Lambert, Avenue Georges Henri 354 (Belgio) il 31 gennaio 2019.

La forma segreta appare evidente, anche per questo gli attivisti di Fridays For Future, che si sentono indignati per questa modalità – “si sono tranquillamente appropriati di 48 mila follower su Facebook – hanno dichiarato di disconoscere “pubblicamente i canali di comunicazione originari di Fridays For Future Italy e lanciano un’assemblea costituente”.

I “No” d’Italia in piazza, protesta contro i grillini: “Ci avete tradito” Sabato la manifestazione, le sigle chiederanno conto al Movimento

https://www.lastampa.it/2019/03/17/italia/i-no-ditalia-in-piazza-protesta-contro-i-grillini-ci-avete-tradito-xbQaaQaMUvkIwRAWsIEayL/pagina.html

17 marzo 19 Stampa :

Ilario Lombardo Roma

Il paradosso del No è che c’è sempre qualcuno pronto a dire un No ancora più forte.

Ma in questa storia i paradossi sono tanti. Il 23 marzo in piazza, a Roma, ci saranno i No Tav, No Ilva, No Tap, No Triv, No Grandi Navi, No Muos, No Ttip (il Trattato di libero scambio), No Centrale del Mercure, No 106 Jonica megalotto e così via, di conflitto in conflitto, un atlante che comprende piccole grandi lotte ambientaliste che i 5 Stelle hanno corteggiato e sposato per anni. Fino a quando non sono arrivati al governo.

Ebbene, il popolo del No andrà a chiedere conto al Movimento che è arrivato al potere cavalcando quei No, a volte con una carica ancora più radicale.

La parabola è ben descritta da Tommaso Cacciari, portavoce del comitato contro le navi da crociera a Venezia: «I 5 Stelle ci accusavano addirittura di essere troppo moderati. La nostra proposta prevede un avamporto all’ingresso della città dove far attraccare le navi per evitare di farle arrivare fin dentro la Laguna. Per loro invece le navi non dovevano proprio avvicinarsi a Venezia».

E ora? «Tutti muti: dai parlamentari veneziani al ministro Danilo Toninelli. C’è un progetto fermo da 4 anni. E Toninelli si sta comportando come i suoi predecessori».

E così Luigi Di Maio si trova stretto tra chi, complice il caso Tav, dice che il M5S sa dire solo No, e chi lo accusa di non dirlo abbastanza forte, di annacquare le battaglie o di averle tradite.

Non che Di Maio non ci stia provando a cancellare l’immagine del Movimento che sabota opere e infrastrutture.

Al punto che i grillini al governo, accusati di essere i cultori della decrescita felice, sono quelli che parlano di più di pompare la crescita, in nome del dio Pil che Di Maio diceva di voler superare, forte delle teorie economiche a sostegno di altri indici più flessibili nel calcolare il benessere di una nazione. Appunto: i paradossi.

La stella dell’ambiente, una delle cinque del M5S, è rimasta appannata. Scomparsa dal dibattito sulla Tav, a esclusivo vantaggio di analitiche disamine finanziarie.

Da Beppe Grillo a Di Maio il M5S ha perso la sua anima green, contaminata da rivendicazioni locali, che sognava una democrazia dal basso, dei cittadini.

L’ultima emblematica giravolta è sul Muos, il sistema americano di mega satelliti a Niscemi, Caltanissetta. Un tema caldo in queste ore in cui si ridiscutono i rapporti del governo con Washington. Come confermano fonti di governo, tutto proseguirà come deve. Solo pochi mesi fa Grillo chiedeva agli Usa: «Portate università non basi militari».

I militati No Muos ancora credevano in una presa di posizione di Di Maio a favore dello smantellamento, annunciata dal consigliere M5S Giampiero Trizzino: «Dopo l’incontro di Conte con Trump abbiamo capito che sarebbe finita come su Tap, Ilva e F35», spiega il portavoce Fabio D’Alessandro: «La ministra Trenta del M5S si è comportata come il Pd».

Niente più lotta contro cementificazione e inquinamento elettromagnetico, a protezione della riserva naturale. «Come in Val Susa molti No Muos hanno votato M5S, preferendolo a partiti come Potere al Popolo perché le chance di andare al governo erano serie». 

Ma sono proprio le ragioni di governo ad aver prevalso. Solo che questa volta fa più rumore, perché nessuno era mai arrivato a Palazzi Chigi con proposte così radicali, nate sui territori, facendole evaporare in pochi mesi.

Il rosario di delusioni è stampato nel comunicato della marcia: «Il governo ha fatto un’imbarazzante retromarcia su tutte le altre grandi opere devastanti: Tav, Terzo Valico, Tap e la rete Snam, Grandi Navi e Mose a Venezia, Ilva, Muos, Pedemontana Veneta, oltre al tira e molla sul petrolio e le trivellazioni».

Gli ultimi a sperare nel M5S rimasti sono gli attivisti per l’acqua pubblica e della Terra dei Fuochi. Idealmente, la grande manifestazione nazionale contro le «grandi opere inutili» è associata alla mobilitazione internazionale per il clima della giovane Greta Thunberg.

«E’ stato rischioso mettere assieme lotte contro opere così diverse tra di loro – spiega D’Alessandro – Ma lo spirito che ci accomuna va al di là dei No e dell’ideologia Nimby (Not in my back yard). È a favore di un processo decisionale che coinvolga di più le popolazioni dei territori, contro la contrapposizione lavoro-ambiente, a favore di grandi opere ma utili a proteggere le fragilità dell’Italia».

Era quello che prometteva anche il M5S. «Il tradimento presuppone una storia d’amore. La delusione di chi li ha votati è tanta – dice Cacciari – L’imbroglio del M5S non è nelle singole battaglie ma è strutturale: raccontare che bastava cambiare i giocatori e non le regole, che bastava mandare tutti a casa quelli che c’erano prima».

ARRIVEDERCI, DOPO BELGRADO, IN LOMBARDIA PER VENEZUELA, SERBIA E TROIKA CONTRO IL SUD———– PER ORA: LORENZO ORSETTI E LUCA CASARINI: DUE EROI DEL TEMPO NON NOSTRO

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/03/arrivederci-dopo-belgrado-in-lombardia.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 20 MARZO 2019

 

Di Lorenzo Orsetti, in qualche misura, mi sento compagno per avere anch’io, quasi cinquant’anni fa, combattuto insieme a un popolo in armi. L’analogia, però, è del tutto fuorviante. Lui, con chi fa a pezzi un paese, io, con chi il suo paese se l’era visto fare a pezzi. Lorenzo viene glorificato da media e politica, mentre io dovetti, e dovrei tuttora, guardarmi dalle rappresaglie dei nemici di allora (qui niente prescrizione) e dagli anatemi di chi insiste a schierarsi dalla parte degli espropriatori di popoli. Che in Siria sono i curdi.

Comprendo e mi dolgo della sofferenza dei famigliari dell’uomo caduto in Siria, a Baghuz, nello scontro tra Usa-curdi e Isis. Ma fare di lui, come sento, vedo e leggo, nientemeno che un Che Guevara, o un Garibaldi, è come minimo sacrilegio. Non so con quale posizione idealistica sia partito Lorenzo ma, una volta schierato in Siria, avrebbe dovuto ripensarci. Non si è accorto che stava in territori che i curdi, sotto protezione degli invasori americani, impegnati con bombe e missili a massacrare migliaia di civili siriani, da Raqqa a Baghuz, per aprire la strada alla loro fanteria curda, con il sostegno di israeliani e sauditi, avevano rubato alla Siria sovrana? Conoscendo un po’ di Storia, non aveva notato che i suoi eroi stavano allargando il loro territorio iniziale a un terzo della Siria, con pulizie etniche feroci  degli arabi siriani? Non aveva capito di trovarsi al servizio di un’operazione tutt’altro che ideale.

Guerra criminale, finalizzata allo squartamento di un paese libero, democratico, emancipato, forse più del tanto decantato, dai complici degli aggressori, ecologismo, femminismo, diritto umanismo, dell’YPG. E, soprattutto, paese antimperialista, qualifica non spettante ai curdi. Se Lorenzo era mosso da idealismo, l’unica scelta avrebbe dovuto essere in difesa della Siria.La morte di Lorenzo nella battaglia tra le due milizie, tutte e due inventate e armate dall’aggressore, addolora doppiamente. E commuove. E indigna, pensando agli specchietti per le allodole. Per lo spreco di una vita e per la causa sbagliata. Se si vuole parlare di martiri, l’unico martirio, qui, è quello del popolo siriano.

Di Luca Casarini, corsaro di Sua Maestà George con la  “Mare Jonio”, specializzata nella tratta, ex-capo delle Tutine Bianche, capo global dei noglobal, già collaboratore della ministra anti-migranti Livia Turco e ora strumento multinazionale per la depredazione dell’Africa e la destabilizzazione sociale e culturale dell’Italia, vanto tre significative verifiche personali dirette. 1) Le spedizioni coloniali nel Chapas, per  schierarsi nello scontro tra indigeni cattolici e indigeni protestanti e contribuire alla mitizzazione del subcomandante Marcos in funzione di sabotaggio della sinistra messicana, capeggiata da Andres Manuel Lopez Obrador, e della rivoluzione bolivariana di Chavez.  2) Le spedizioni imperialiste a Belgrado a sostegno della Quinta Colonna sorosiana (poi Otpor) incistata in Radio B92, dello stesso Soros, e della distruzione della Serbia in resistenza. 3) L’allestimento dell’armata di cartone di Tutine Bianche che, minacciando sfracelli per il G8 di Genova, fornì al regime Berlusconi-De Gennaro il pretesto per la militarizzazione e la successiva letale repressione.

Ciò che invece non mi vide testimone è la torta in faccia a Casarini quando si presentò a New York per assumere la guida anche di “Occupy Wall Street”. Che peccato.

A Belgrado e poi con voi in Lombardia

Vado a Belgrado in pieno tumulto per vedere cosa succede e cosa c’è dietro le manifestazioni contro il presidente Vucic.  C’è puzza di Otpor, come li ho visti operare nel 2000-2001. Partecipo alla conferenza internazionale del Forum di Belgrado per un Mondo di Uguali che, nel 20° anniversario dell’aggressione Nato, riunisce analisti, geopolitici, storici e tanti tra coloro che a suo tempo sostennero la lotta della Jugoslavia contro la sua frantumazione decisa a Washington, Berlino, Bruxelles e Vaticano. Ve ne renderò conto al mio ritorno.

http://vocidallestero.it/2019/03/16/la-fabbricazione-di-greta-thunberg-ai-fini-del-consenso-la-politica-economica-del-complesso-industriale-non-profit-atto-i/

https://www.facebook.com/179957315812737/videos/2083361545297449/

Intanto vi segnalo due  link per un ulteriore approfondimento della baracconata dei bambini del 15 marzo per il clima che, sempre più, dimostra di essere un’operazione politica di grande respiro, messa in campo dagli stessi devastatori del clima con guerre militari ed economiche, impegnati a rilanciare l’accumulazione e il profitto finanzcapitalisti mediante la mistificazione detta “Green New Deal”. Che ha lo stesso tessuto di verità delle guerre chiamate “interventi umanitari”.
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INIZIATIVE PUBBLICHE IN LOMBARDIA

Aggiungo anche l’annuncio di tre iniziative pubbliche che mi vedono partecipe in diverse forme e a cui invito tutti coloro che sono interessati all’argomento e si trovano in zone non troppo lontane dagli eventi.

“L’Asse del Bene” che verrà proiettato nel corso di un incontro sul Venezuela alla Casa Rossa di Milano, e al quale non potrò intervenire perché a Belgrado, è il racconto della rivoluzione bolivariana realizzata da Hugo Chavez e dal popolo venezuelano, delle sue ricadute sulle condizioni di vita del paese e dei processi di emancipazione che ha innescato nel mondo latinoamericano. Offre una conoscenza fondamentale delle condizioni determinate da quei processi per valutare correttamente l’attuale scontro tra ritorno imperialista e resistenza di popolo.

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A Besnate (VA), presento il 29 marzo, alle 21.00, il docufilm “O la Troika o la vita”.

Presso la Biblioteca di Besnate – Sala Civica – in Via Milyus, 6

Il film illustra gli effetti sull’area mediterranea della globalizzazione neoliberista imposta da Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale: la Grecia distrutta nel corpo e nell’anima, Medioriente e Africa devastati da guerre e saccheggi, il dramma dei migranti e il loro afflusso nei paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, l’Italia dei gasdotti, delle trivelle, del terremoto, un territorio nazionale già dissestato sul quale imperversano, nella complicità di una politica succube delle lobby, le multinazionali del fossile. Nel film sono riportate anche interviste a voci autorevoli, leader della sinistra greca, antropologi, economisti, fisici, filosofi, protagonisti delle lotte sul territorio, ed i temi trattatati nella relazione dell’autore e nel successivo dibattito permetteranno di affrontare alcune questioni determinanti dello scontro in atto tra popoli e loro territori ed i poteri che ne devastano ambiente, comunità, patrimonio storico, cultura, salute e autodeterminazione.

Scontro che determinerà le sorti dell’umanità nei prossimi decenni.

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Presso la Biblioteca di Besnate – Sala Civica – in Via Milyus, 6

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Il 24 marzo 1999 Usa, UE e Nato inaugurarono, affiancati dai “pacifisti” in pellegrinaggio a Sarajevo e dalle Tute Bianche di Luca Casarini a Belgrado con gli emissari di George Soros, l’epoca delle “guerre umanitarie” e delle distruzioni di Stati e popoli disobbedienti.. Furono i primi bombardamenti su Belgrado. Quel giorno abbandonai per sempre RAI e TG3 e, presa al volo una telecamera, mi precipitai in Serbia per offrire al pubblico una documentazione degli eventi, diversa dalle menzogne che parlavano di “intervento umanitario contro il dittatore Milosevic”. Il primo documentario, realizzato sotto i raid Nato in partenza dall’Italia, sotto il governo del premier D’Alema e del ministro della Difesa Mattarella, demistifica il contesto propagandistico e illustra l’eroica resistenza di coloro di cui scrissi “meglio serbi che servi”. Il secondo, girato l’anno dopo, racconta gli spaventosi danni economici, sociali, ambientali inflitti dagli aggressori, la quasi miracolosa ricostruzione, l’afflusso dei profughi dal Kosovo, la minaccia della quinta colonna interna che portò all’arresto di Milosevic, tre giorni dopo avermi concesso l’ultima sua intervista, e alla sua successiva eliminazione nel carcere Usa dell’Aja. Appena tornato dalla conferenza internazionale di Belgrado, il mio intervento cercherà di aggiornarci sulla Serbia di oggi, sullo sfondo delle rinnovate minacce interne ed imperialiste.

  1. Ognuno di questi miei documentari è ordinabili all’indirizzo:visionando@virgilio.it 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 11:34

RECOLONISATION BRUTALE DE L’AFRIQUE MADE IN USA (I) : LA NOUVELLE POLITIQUE AFRICAINE DE TRUMP ET DU NEOCON BOLTON EN ACTION

 

* Voir la video sur PANAFRICOM-TV/ 

RECOLONISATION BRUTALE DE L’AFRIQUE MADE IN USA (I) :

LA NOUVELLE POLITIQUE AFRICAINE DE TRUMP ET DU NEOCON BOLTON EN ACTION

(ZOOM AFRIQUE SUR PRESS TV, IRAN, 13 MARS 2019)

sur https://vimeo.com/323665495
PANAF-TV - Série trump en afr I npa (2019 03 17) FR

* La présentation de PRESS TV :

LES ÉTATS-UNIS DE TRUMP ONT LANCÉ UNE POLITIQUE AGRESSIVE CONTRE LE CONTINENT AFRICAIN

« Depuis début mars 2019, les États-Unis de Trump ont lancé une politique agressive contre le continent africain. En effet, des chefs d’État africain sont dans le collimateur du président Donald Trump. Selon une information rapportée par une chaîne de télévision, il donne un ultimatum de douze mois à six présidents africains qui ont modifié les constitutions de leur pays. « Dans les jours à venir, je vais envoyer nos ambassadeurs en Afrique. Ils transmettront un message à tous ces chef d’État africains, leur délivrant mon ultimatum de 1 an pour quitter le pouvoir ou faire face à de lourdes sanctions, n’excluant pas une intervention militaire ».

Le message est sans équivoque. Seulement, la source n’a pas révélé les chefs d’État concernés par cette mesure. D’autres mesures plus corsées sont envisagées au cas où ils n’obtempéreraient pas. Donald Trump menace de geler leurs avoirs en Amérique, leur interdire de séjourner sur le sol américain. Ses deux émissaires sont bien sûr, Tibor Nagy et Peter Pham. Tibor Nagy est actuellement attendu en RDC, et il doit aussi se rendre au Cameroun, en Ouganda, au Rwanda, et même en France et en Belgique. Quant à Peter Pham, il devait se rendre dans la région des Grands Lacs. La RDC reste d’une certaine manière dans le viseur des États-Unis . Pour rappel, Peter Pham avait annoncé ouvertement en 2012, des propos des plus étonnantes. « Le Congo est trop gros pour réussir. C’est une entité artificielle dont les éléments constitutifs partagent le malheur d’avoir été saisis par l’explorateur Henry Morton Stanley au nom d’un monarque belge rapace ­du XIXe siècle ». « Si le Congo arrivait à être éclaté en entités plus petites, la communauté internationale pourrait consacrer ses ressources de plus en plus rares à l’aide humanitaire et au développement, plutôt que d’essayer, comme le Conseil de sécurité des Nations Unies l’a promis, de préserver «la souveraineté, l’indépendance, l’unité, la sécurité, l’intégrité territoriale d’un État fictif qui n’a de valeur que pour les élites politiques qui se sont hissées au sommet afin de piller les ressources du Congo et de financer les réseaux de mécénat qui leur assurent de rester au pouvoir ». Ces propos touchent directement les États occidentaux qui ont colonisé les pays d’Afrique. En dehors de la RDC, le Cameroun est aussi dans le viseur de Donald trump. Le Cameroun, dans lequel une minorité d’anglophones demande le démembrement du pays. »

« Cette politique agressive des États-Unis vient compléter celle de Paris. En effet, ces deux puissances occidentales ont le même but, dans des pays différents et avec des méthodes légèrement différentes aussi. La France tente tant bien que mal à démembrer le Grand Mali, mais d’autre pays sont aussi dans son plan de démembrement. Les troupes d’occupation française dans le Sahel font face à une résistance accrue de la population. Washington ne veut visiblement pas faire la même erreur. Il veut utiliser la force dès le début, et ne pas laisser la résistance se former et lui mettre les bâtons dans les roues, comme c’est déjà le cas dans le Sahel.

Le cas de la RDC est très complexe, car vers la fin du mandat de Joseph Kabila, et la mise en place du code minier, les autres puissances comme la Chine, la Russie ont pris aussi de l’expansion. Cela dit, beaucoup de pays sont présents en RDC comme Israël, la France, la Belgique, les États-Unis, le Japon et même la Corée du Nord. Cela fait un peu beaucoup à gérer et fait penser à Djibouti et aussi au Sénégal qui lui ressemblera bientôt. Trois points sont visibles sur le continent africain, Djibouti, RDC, Sénégal. 3 pays stratégiquement bien placés et qui donnent un accès total à l’entièreté du continent et à la mer qui l’entoure. Cette politique d’ingérence agressive de Washington est donc purement stratégique. En attendant, c’est la population africaine qui sera la première visée par un assaut éventuel américain sur le continent. Les populations doivent rester sur leurs gardes et accroître la résistance pour préserver la souveraineté du continent. »

* Un coup de projecteur sur l’Ambassadeur Peter Pham, enoyé spécial de Trump pour les Grands-Lacs et dirigeant de l’Atlantic Council :

Que Peter Pham est le vice-président de « l’Atlantic Council », présidé par le général hon. Jones, ex conseiller à la sécurité nationale d’Obama … Mais aussi administrateur de l’Ong américaine de Katumbi (le favori du State Department en RDC… Mais encore dirigeant de « l’International Jones Group », firme « de sécurité » qui avait fourni à Katumbi les mercenaires qu’il avait introduit en RDC (et pour les faits dont il y est poursuivi) !

# COMPRENDRE L’ARRIERE-PLAN GEOPOLITIQUE DU DOSSIER :

COMMENT LES USA ENTENDENT RECOLONISER DIRECTEMENT L’AFRIQUE SOUS PRETEXTE DU « PRINTEMPS AFRICAIN » …

QUELLE EST LA THESE DE LUC MICHEL ?

LE PANAFRICANISME DOIT REGARDER VERS L’AVENIR. LA GEOPOLITIQUE AFRICAINE DE 2016 N’EST PLUS CELLE DES ANNEES 1960-2007 …

Nous reprenons dans cette série, sur la Recolonisation de l’Afrique par les USA et la mainmise militaire de l’AFRICOM et de l’US Army sur le Continent noir, une sélection de « Flash info » de la Télévision francophone d’Etat iranienne PRESS TV, diffusés dans la quotidienne « Zoom Afrique ».

PRESS TV s’inspire directement des analyses du géopoliticien Luc MICHEL (patron des Réseaux panafricains PANAFRICOM) sur cette recolonisation de l’Afrique par les USA, sous prétexte du soi-disant « Printemps africain », qui est la menace principale en Afrique aujourd’hui. Paris et la Françafrique étant devenus les auxilliaires militaires de l’AFRICOM (la nouvelle « infanterie sénégalaise du Pentagone » dit Luc MICHEL), « le nouveau sherif de l’Afrique » comme l’a dit le Général US Mattis, chef du Pentagone sous Trump en 2017-18, en avril 2017 sur la base française de Djibouti …

La « Nouvelle Politique Africaine » de Trump et de Bolton (neocon, hérité du Régime Bush II) radicalise et militarise encore plus cette recolonisation. Début 2019, Washington désigne comme cibles six pays africains, dont le Cameroun, la RDC et le Burundi …

IL Y A UN ARRIÈRE-PLAN GÉOPOLITIQUE AU SOI-DISANT « PRINTEMPS AFRICAIN » DE 2014-2018 …

La thèse de Luc MICHEL, c’est que cet arrière-plan a changé depuis 2007-2008, que 2007 et 2008 ont été des tournants géopolitiques en Afrique …

« Beaucoup de panafricanistes ont une vision du passé, un logiciel bloqué il y a 10, 20 ou 50 ans, nous dit-il. La haine justifiée de la Françafrique leur occulte la réalité de LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA. Le retour de la France dans l’OTAN organisé par Sarkozy en 2007, la création de l’AFRICOM, le commandement unifié de l’US Army pour l’Afrique, par Bush II et Obama en 2007-2008, sont les marques de naissance d’une nouvelle donne géopolitique en Afrique.

Comme dans l’OTAN, la collaboration militaire et politique franco-américaine se double d’une « CONTRADICTION INTERNE » (caractéristique du Bloc américano-occidental) : l’allié militaire français est aussi le concurrent économique des USA, qu’il faut évincer des marchés africains (Alliés politico-militaires dans l’OTAN, les pays de l’UE sont opposés aux USA depuis les Années ’80 par la guerre économique USA vs UE et la guerre financière Dollar vs Euro). Autrement dit Paris tire les marrons du feu pour Washington en Afrique !

Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent, par les méthodes habituelles des USA (révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe » -sic-, cloné en « printemps africain » -resic-). De nombreux pays ont ensuite été secoués par les vents mauvais de ce « printemps africain » venu de Washington. De 15 à 20 pays sont concernés dès 2014. Notamment Le Brurundi, où la révolution de couleur a échoué et a fait place au terrorisme. La RDC qui est la cible principale (le « pivot géopolitique » de l’Afrique) et le Cameroun (qui est le pivot du Golfe de Guinée), où des scénarios de révolution de couleur rampantes sont en cours.

Depuis 2013, d’anciennes puissances coloniales sont de retour en Afrique aux côtés des USA : l’Allemagne (avec sa Bundeswehr et ses fondations) ou l’Italie (soi-disant « anti-système » mais en réalié pro Trump et pro OTAN). Habilement, jouant sur les nostalgies coloniales et géopolitique, Washington met les uns en concurrence contre les autres, en particulier contre la Françafrique sur le déclin.

# EN SAVOIR PLUS :

* Sur le soi-disant « Printemps africain » :

Voir la Page spéciale de Luc MICHEL :

Enquetes sur la Destabilisation de l’Afrique

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LE DANGER PRINCIPAL MAL CONNU :

L’AFRICOM ET LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA

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IL MONDO – E IL 5G – NASCOSTO DAI RAGAZZINI——- 15 MARZO: KOLOSSAL DELLA MISTIFICAZIONE, DERESPONSABILIZZAZIONE, DISTRAZIONE

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MONDOCANE

DOMENICA 17 MARZO 2019

 

Greta: bimba di distrazione di massa

Ciò che gli editocrati di schermo ed edicola ci hanno propinato nelle 72 ore, impestate di retorica e ipocrisia climatiche, tra il 14 e il 16 marzo, su ordine di servizio dei mandanti nella Cupola, non suscita solo il sospetto che merita ogni campagna politico-mediatica dell’establishment e dei media incorporati. Merita l’accusa di ipocrisia, mistificazione, occultamento della realtà. E’ uno dei più cinici assalti alla nostra integrità intellettuale e morale da almeno l’11 settembre e dalle armi di distruzione di massa di Saddam. Supera e riunisce tutte le campagne ordite e lanciate nel corso delle ultime sei presidenze Usa, dei contemporanei papati e proconsolati UE, da Delors e Prodi a Barroso e Juncker: terrorismo islamico, migrazioni, diritti umani, “dittatori” arabi e latinoamericani (limitatamente ai non-dittatori disobbedienti), #metoo, “non una di meno”, razzismo-fascismo (da che pulpito!!!), antisemitismo (sulla cui sciagurata identificazione con l’antisionismo imperversa con un inserto di ben quattro pagine il solito “manifesto”), sovranismo, populismo, medicalizzazione, bergoglismo, eccetera, eccetera.

Il suprematista bianco australiano che, uccidendo una cinquantina di musulmani in Nuova Zelanda, coglie tre piccioni con una serie di raffiche: rilancia lo scontro di (in)civiltà tra razze da colonizzare e razze colonizzanti; pompa a bue la rana esopica della minaccia razzista-fascista finalizzata a oscurare la corsa genocida alla dittatura dei pochi su chi sta fuori; collateralmente distoglie dalla catastrofe climatica che, a dispetto dei bravi ragazzi in piazza in cento paesi, torna a farsi prioritaria nella consapevolezza della gente, insieme, però, all’individuazione dei suoi responsabili.  Quella che manca nelle piazze dei bravi ragazzi.

 E che non ci sono neppure nei proclami della nuova Santa Giovanna d’Arco, Greta Thunberg, la ragazzetta svedese affetta dalla sindrome di Asperger (riconosciuta ufficialmente dall’Onu nel 1993, si tratta di una forma di autismo che comprende una serie di difficoltà legate soprattutto all’interazione sociale, alla sfera affettiva e motivazionale), che la campagna ha messo a capo del primo movimento mondiale degli adolescenti. E già questo ci fa pensare a un’astuta manipolazione. Alcune fonti, subito smentite, parlano di influencer ed esperti del marketing. Più probabile che un fenomeno di questa portata planetaria, con la necessaria mega-organizzazione e relativi finanziamenti,  possa far intravvedere qualche altro manipolatore, più grosso, più bravo, più cosmopolita. Più in grado di spostare l’attenzione da problematiche imbarazzanti, come guerre di sterminio, sanzioni sociocide, crimini bancari.  Rita Pavone non ha esitato ad andare controcorrente e della nuova icona del bene ha detto: “Inquietante, da film horror”. Il che è un po’ cattivo e non ci dice nulla sulla ragazza, alla quale dovremmo, fino a prova contraria, riconoscere sincerità di sentimenti e altrettanta inconsapevolezza circa chi se ne fa scudo. Perché è qui che casca l’asino.

Dove (non) casca l’a(ssas)sino

L’asino precipita con un gran tonfo nella celebrazione che ne fanno compatti il monopolarismo politico-economico-culturale occidentale e i suoi ragazzi di bottega mediatici. Bastano quattro frasette mandate a memoria, assolutamente generiche e indirizzate a un nebuloso orizzonte del passato, sulle colpe degli “adulti”, delle “precedenti generazioni”, di “chi è venuto prima”, poi sull’ultima generazione che ancora può fare qualcosa e, con Greta a Davos, a Bruxelles, al Premio Nobel (quello di Kissinger e Obama) va in atto un meraviglioso lavacro, un processo di autoassoluzione che solo  una bimbetta di 16 anni,  che non ne dimostra nemmeno 10, quindi ancora più innocente e verginale, una piccola madonna, poteva provocare. L’assassino del clima se ne va tranquillo e nel fiume non passa nessun cadavere.

Non solo. A cosa questa campagna dà nuovo impulso, sotto l’iridato ombrello della lotta per il clima? Forse allo scontro generazionale tra giovani e adulti? Forse, dato che in prima fila sono le altre grete spuntate come funghi dopo la pioggia, tutte solo femminucce, lo scontro tra i generi? Forse un altro contributo al divide et impera della frantumazione sociale? A pensar male….A pensar male si arriva, per esempio, a Ravenna. In mezzo al tripudio per l’ambientalismo di Greta, sindacati, Confindustria, petrolieri e tutti i loro media, dallo scassapadroni Landini riuniti in larghe intese, celebrano le 90 trivelle che perforano l’Adriatico. Cosa non si fa per un mare più pulito e un clima migliore!

Guerre? La corda in casa dell’impiccato.

Ma, soprattutto, fa sembrare lo tsunami che sconvolse l’Asia nel 2004 un ponentino romano il sospiro di sollievo fatto da chi so io per non avere né Greta, né tutti i suoi emuli nell’innocente infanzia mondiale, ansiosa di un mondo risanato, pronunciato la parola guerra. E neppure menzionato le sette guerre d’aggressione condotte da Usa e Nato dal 2001, o i 6 trilioni spesi per esse dagli Usa, con i loro quattro milioni di  ammazzati e le decine di milioni di rifugiati, e neanche le sanzioni inflitte a tutti i paesi che non stanno bene alla Cupola, con il risultato di milioni di morti non calcolate e tragedie ambientali peggiori dell’Amazzonia sradicata sotto Bolsonaro, o di Taranto sotto l’Ilva, privata o di Stato.

In “Nemo”, una bella trasmissione sulla rete di Carlo Freccero, RAI 2, c’è stata la puntata dedicata a clima e poi TAV. Non poteva mancare il gruppetto di Greti e Grete liceali che, belli e beneducati,  ricchi di buone intenzioni e a corto di competenze, ripetevano le giaculatorie sui ragazzi  vittime degli adulti. Di tutti gli adulti. Mancava l’adulta Befana che porta carbone. Mancava la Libia, polverizzata a un’ora di volo da qui. Con commossi e compiaciuti apprezzamenti da parte di soggettoni, come l’eterno imprenditore, l’inevitabile madamina Si Tav l’immancabile guru del calcio che, un attimo prima, avevano irriso coloro che, pretendendo di arrestare gli idrocarburi, preferivano tornare alla candela e al carro dei buoi. Sono bastati pochi decine di secondi di Luca Mercalli, Pecoraro Scanio e un’attivista No Tav per sotterrare tutti sotto una frana di dati e, finalmente, dei relativi responsabili.

Bambinocrazia e buchi neri

Già, perché nell’Operazione Greta ciò che manca, polverizzato tra “adulti” e “precedenti generazioni”, è appunto un fattarello come la guerra che devasta clima e ambiente peggio di tutto il resto. E manca un nome. Che so, un Marchionne, una Exxon, una Monsanto, qualche banchiere, Obama, Trump, D’Alema, qualche generale del Pentagono, i fautori di un Tav  che in 15 anni di lavori sparerebbe più gas serra in cielo di tutte le vacche del Brasile, pur flatulenti di metano, messe insieme. Tutti, proprio tutti, coloro che hanno distrutto il clima, l’ecosistema, le specie viventi, il 47% dei vertebrati, stanno dentro a quell’1%  che, grazie all’ecocidio praticato dall’inizio della rivoluzione industriale e accelerato con la rivoluzione digitale, controlla più ricchezza del resto dell’umanità. Altro che “gli adulti, la generazione precedente, i nostri padri…”

Da noi, sui nostri schermi, si è intestato la protesta dei bravi ragazzini Don Ciotti, beneficiato di una gigantesca sede a Torino dal compianto Gianni-CO2-Agnelli, imperatore dei beni sottratti alla mafia, Gran Maestro della cattoretorica sull’accoglienza.universale, furibondo difensore delle Ong che agevolano i minerari, petrolieri, agroaffaristi, bellicisti, multinazionali a svuotare il Sud del mondo delle sue genti e delle sue risorse. Ma anche da lui, che pure è grandicello e uomo di mondo, neanche un nome, una sillaba, un logo. Un sistema. Che so, capitalismo?

Il mondo salvato dai bambini. Per Paperone.

Ma la trasparenza della gigantesca distrazione diventa assoluta quando ti trovi davanti a partiti, edicole e schermi unificati che, ieri, facevano dipendere la sopravvivenza del paese e il suo futuro dalla riapertura di 600 cantieri, dal boicottaggio del referendum contro le mille trivelle in terra e in mare, dallo Sblocca Italia, dai nuovi quartieri di grattacieli, da strade, autostrade, discariche, inceneritori, Tav, Tap, Terzo Valico, Eastmed, Ilva. Tutto, con il benefico effetto di  far tracimare i depositi di quattro Zii Paperone e accelerare la fine di tutto il resto. E oggi, gli stessi identici, senza che nessuno dei bravi, puliti, ordinati ragazzi gli infligga un qualche rilievo di complicità, tutti a infatuarsi per Greta, applaudire la proliferazione di suoi emuli, altrettanto buoni e innocui, auspicare il Premio Nobel per l’innocente burattino. Sentite un fastidio alla bocca dello stomaco? Andate in bagno e liberatevi.

Domani tutto questo “si sarà perso nel tempo come lacrime nella pioggia”. I responsabili dei crimini contro l’umanità e gli altri viventi l’avranno scampata e ci diranno che, tanto, fino al 2050 c’è tempo, che ci sarà una tecnologia per trasformare gli escrementi in energia pulita, che non vorremmo mica tornare alla candela e al carro dei buoi. Continueranno guerre, sanzioni,  finanzcapitalismo neoliberista e guerrafondaio, colonialismo predatore ed espropriatore di popoli nel segno Ong, buonista, cattolico, sorosiano, dell’accoglienza di schiavi per sostenere le nostre economie sminuzzando i nostri salari.

Euroelezioni: con Greta si batte il populismo

Ma ci sarà anche un effetto non tanto secondario e immediato: benedetti dalle sacre imposizioni delle mani di Greta e dell’esercito mondiale dei bambini per il clima, il partito Verde arriverà alle prossime elezioni europee a vele gonfiate da milioni di aliti inquinati  in ansia di purificazione. L’equivoco di un partito, eminentemente tedesco, che si dice ecologico, ma ha appoggiato o ignorato tutti i genocidi da neoliberismo, guerre e sanzioni, si perpetuerà. E finalmente il sovranismo populista troverà pane per i suoi denti. A un popolo che, saturo di veleni d’ogni sorta, per illuminare nel buio una via d’uscita, aveva acceso cinque stelle nel firmamento, rimarranno i ricordi. Che “andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia(facciamo le corna).

Mentre questo accadeva di nuovo si costituiva quello che ho chiamato il monopolarismo: dal pulviscolo della stremata “sinistra”, attraverso la borchia di latta lucidata Bersani, il mortaretto Calenda, il galeotto Berlusconi, la patriota al ketch up Meloni, fino a Hulk-Salvini. Tutti uniti nel patto sacro per Tav, trivelle, F35 e Usa, ma anche per Greta. E tutti uniti, suppongo anche con i bambini ecologici, contro la Cina e per gli Usa nella questioneOne Road One Belt (OROB), la Via della Seta. E un altro asino casca qui. Possibile che Greta e tutta la sua ecclesia non si siano accorti, non solo delle guerre e sanzioni che ne ammazzano di più  – e volontariamente – dello smog, di quell’altro smog, l’elettromagnetico, non per nulla chiamato elettrosmog, con il quale due superpotenze, le stesse del primato dello smog, preparano il più radicale spopolamento del pianeta dai tempi della quinta estinzione?

Via della Seta, o via dell’elettrosmog?


Ennesimo scazzo: 5Stelle pro memorandum con Xi Jinping (sai che export!), Salvini e tutto il monopolarismo contro (ci comprano e ci spiano. Gli americani invece…). Se dovessi scegliere, a dispetto di quanto aggiungo dopo, non avrei dubbi tra chi dal 1949, con invasioni militari, sanzioni e colpi di Stato, ha aggredito una sessantina di paesi, dalla Corea al Venezuela, facendo una cinquantina di milioni di morti (solo da effetti diretti) e chi, al di là dell’ assediarmi con prodotti di schifo, non ha fatto nulla di male né a me, né ad altri e neppure ha mosso guerra a nessuno. Cosa , questa, che  al sovranista Salvini rende del tutto preferibile gli Usa alla Cina. Comunque sempre globalizzazione è, che, come s’è visto, alla vita, ai territori, alle comunità, alla cultura, all’identità, porta a nulla di buono. 8000 chilometri di interconnessioni saranno pure utili, ma chilometro zero è meglio.

5G, la morte che non cammina sul filo

Abbiamo visto il tabù innominabile dei ragazzini per il clima e dei loro sponsor: i nomi dei delinquenti. C’è un altro tabù, ugualmente scaltro e con esiti parimenti letali. Il 5G. Ciò per cui si accapigliano nordamericani e cinesi è lui, il 5 G e su chi ci faccia i soldi e a spese di chi, facendosi pagare l’ipervelocità delle connessioni (100 volte più veloci dell’attuale 4G) dagli utenti e facendone pagare il costo ultimo, l’avvelenamento elettromagnetico, a tutti. Compreso il miliardo, un sesto della popolazione mondiale, che muore di fame e stenti nelle bidonville, ma ha comunque uno smartphone in famiglia e un’antenna sulla testa.

Da noi il 5G è già sperimentato in varie località, compresi gli stadi di Roma e Udine che, essendo spesso densamente popolati, offrono un ottimo risultato in termini di efficacia e vittime. Verranno installate, al posto di fibra e cavi, che sono del tutto inoffensivi alla salute delle creature, centinaia di migliaia di nuove antenne, una per palazzo, ogni 250 metri, perché l’ultravelocità fa onde più corte e copre poca distanza. Ognuna di queste emetterà ininterrottamente potenti radiazioni elettromagnetiche ad altissima frequenza e altissima intensità. Quelle che già col 2G, 3G, 4G, erano state scoperte nocive all’udito, al cervello, agli organi. Usavano frequenze tra 1 e 5 gigahertz. Le 5G vanno dai 24 e i 90 gigahertz. Più alta la frequenza e più nociva per i viventi. Ma le radiazioni non  si vedono e così la gente non ci fa caso. E pensare che in un’università israeliana hanno scoperto che il corpo umano fa pure lui da antenna e assorbe alla grande radiazioni 5G.

5G: non si nasce più e si muore prima

Ci dicono , i don Ciotti e affini, che gli immigrati vengono a colmare il nostro deficit di natalità. Forse quei maschi e quelle femmine preferirebbero mettere al mondo i loro figli a casa loro, quella cancellata dalla diga o dalla coltivazione intensiva Monsanto, piuttosto che sotto lamiere al lato di campi di pomodori S.Marzano. E forse quel nostro deficit non sarebbe tale, tra le altre cause neoliberiste e di gender, se non avessimo attraversato, da nascita a vecchiaia, il tempo dei vari G. Tutti gli studi fatti dal 2005 sui topi confermano che le radiazioni dai cellulari creano tumori, danneggiano gli spermatozoi e riducono la fertilità. Gli stessi esperimenti fatti in molti centri di ricerca, da Cleveland a Exeter e a Washington, estendono i risultati alle persone. Alla prima esposizione a cellulari, la fertilità del seme calava dell’8%. Conseguenza in Usa ed Europa: un calo della fertilità del 2% ogni anno.

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Non rimane spazio per parlare di altri effetti. Quelli dei tumori e delle malattie cardiocircolatorie causate dall’alterazione delle cellule provocata dal bombardamento elettromagnetico. E neanche delle nostre vite spiate in ogni dettaglio dalle piattaforme a beneficio dei poteri che ci esigono sottomessi e anche parecchio stupidi.  E dunque controllati e condizionati. Come se il rincoglionimento e l’alienazione da società e realtà, che ricaviamo dallo sprofondamento nel cellulare, non bastassero.. E ora arriva il 5G. Nel silenzio e nel buio. Decine di milioni di antenne addosso, senza un solo test biologico sulla loro sicurezza. Principio di precauzione? Un fastidio arcaico da bypassare. Del resto, si tratta solo delle nostre vite.

E Greta non ne parla. E a Greta non hanno detto di parlarne. E a Greta hanno detto di non parlarne? 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:06

Rottura tra M5s e No Tav

http://www.nuovasocieta.it/rottura-tra-m5s-e-no-tav/?fbclid=IwAR0WFzZVEW9KssCYF5-gl0Z4uJFbLYUdyXm13t3zESUpFoRNfoLy7WgkNu4

|15 marzo 2019 – 20:34|Scritto da P.R.|

«Dopo malumori, critiche più o meno sotterranee, è rottura definitiva tra il movimento No Tav e il M5S».

A rivelarlo è Ezio Locatelli, della segreteria nazionale e segretario provinciale Partito Rifondazione Comunista di Torino facendo riferimento a una nota di Alberto Perino, uno degli esponenti di punta del movimento della Valsusa, per anni sponsor della creazione politica di Beppe Grillo.

«Perino scrive parole durissime contro la decisione del governo di far partire i bandi di gara per la realizzazione della linea di Alta Velocità. In una lettera inviata a un gruppo di parlamentari e attivisti del M5S lancia un anatema: “attenti signori a 5 stelle … state calpestando i vostri principi fondatori, prendendo in giro voi e chi ha creduto in voi, per paura di far cadere il governo e di perdere (forse) la poltrona. Dopo le elezioni e il vostro tonfo verticale sarà Salvini a sfasciare il governo e voi sarete cancellati”. E più avanti “Noi non abbiamo governi amici, siamo abituati alle fregature, ma voi sparirete dal parlamento e dalla scena politica italiana. Non già cinque stelle ma un pulviscolo di meteoriti che si disgrega prima di arrivare sulla terra”. Nonostante le giravolte del governo Conte, Salvini, Di Maio non tutto è perduto. Avanti con la lotta NoTav. Dopo la bellissima giornata di oggi per la difesa del clima contro le opere inutili il 23 tutti a Roma per battere le politiche affaristiche e speculative del governo gialloverde».

E il leader No Tav Perino spara a zero contro i Cinque stelle

https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/03/15/news/e_il_leader_no_tav_perino_spara_a_zero_contro_i_cinque_stelle-221666891/?fbclid=IwAR2U8Co7IufjKkJRRPTfxpqO5XXzMkOBWDsA9tECyHJTHU4o8Kk38jSGXKA

“La pubblicazione dei bandi è la ‘mossa del cavillo’. E vi scioglierete come pulviscolo di stelle”

di MARIACHIARA GIACOSA E CARLOTTA ROCCI

15 marzo 2019

Il leader dei No Tav Alberto Perino spara a zero sul Movimento 5 stelle dopo la pubblicazione dei bandi per gli appalti della Torino-Lione. Lo fa con una comunicazione, destinata a parlamentari e attivisti pentastellati accusati di tenere «in vita artificialmente il governo gialloverde calpestando i principi fondatori, prendendo in giro voi e chi ha creduto in voi, per paura di far cadere il governo e di perdere (forse) la poltrona». Il contenuto del messaggio, durissimo, è stato rivelato da Ezio Locatelli, componente della segreteria nazionale e segretario provinciale Prc di Torino per certificare «la rottura definitiva tra il movimento No Tav e il M5s».

Nella lettera Perino avverte i grillini: «dopo le lezioni e il vostro tonfo verticale sarà Salvini a sfasciare il governo e voi sarete cancellati – scrive – Oppure vi manterrà in vita continuando a fare la sua politica fascista e reazionaria facendovi ingoiare un rospo dopo l’altro (e tra questi il Tav) facendovi bollire a fuoco lento». Per il leader dei No Tav, la pubblicazione degli avvisi di gara è stata solo «la mossa del cavillo, di Virano e Conte per far partire il Tav, come vogliono tutti, M5s compreso». «Noi non abbiamo governi amici – ribadisce Perino – siamo abituati alle fregature, ma voi sparirete dal parlamento e dalla scena politica italiana. Non già cinque stelle ma un pulviscolo di meteoriti che si disgrega prima di arrivare sulla terra».

Ecco chi c’è davvero dietro Greta Thunberg

Fridays for Future - Swedish climate activist Greta Thunberg attends rally in Hamburg Germany, March 1, 2019. LaPresse Only italy
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Chi c’è davvero dietro Greta Thunberg, la 15enne attivista svedese che ha iniziato la scorsa estate a manifestare una volta la settimana davanti al parlamento di Stoccolma chiedendo un impegno maggiore del suo governo su clima e ambiente? L’adolescente affetta dalla sindrome di Asperger che lotta contro il cambiamento climatico è diventata un simbolo globale, citata di recente anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nelle scorse ore, come riporta l’Ansa, l’attivista era ad Amburgo, in Germania. “Scioperiamo perché noi abbiamo fatto i nostri compiti a casa e i politici no”: lo ha detto l’attivista al termine del corteo degli studenti organizzati da Fridays for Future. “Siamo arrabbiati perché le generazioni più vecchie ci stanno rubando il futuro e non lo accetteremo più” ha proseguito Greta. “Noi continueremo finché non faranno qualcosa, saremmo pazienti perché è il nostro futuro ma se non faranno niente, dovremo fare qualcosa noi, e lo faremo” ha continuato.

Chi c’è davvero dietro Greta Thunberg

Ogni venerdì mattina, Greta si reca di fronte al Riksdag, il parlamento svedese, e rimane lì, con un cartello in mano: Skolstrejk för klimatet, sciopero scolastico per il clima. All’inizio era da sola, supportata solo dai genitori, poi la sua protesta è diventata virale. Tanto che a dicembre ha partecipato alla Cop24, la ventiquattresima conferenza sul clima che si è tenuta a Katovice, in Polonia. Lì ha tenuto un discorso che ha fatto il giro del mondo.

Di lei, il presidente Sergio Mattarella ha detto: “Greta, la giovane svedese sta sottoponendo le istituzioni europee a una forte sollecitazione sui temi ambientali. Il suo discorso – ha sottolineato il presidente della repubblica parlando a Viterbo – sia una spinta per le istituzioni”. La domanda è: come ha fatto Greta Thunberg a diventare un fenomeno globale di questa portata? Si tratta di un fenomeno così spontaneo? 

Secondo Andreas Henriksson, giornalista d’inchiesta svedese, c’è chi sull’immagine di questa ragazza adorabile ci ha marciato, eccome. Secondo la sua ricostruzione, lo sciopero scolastico altro non era che parte di una strategia pubblicitaria più ampia per lanciare il nuovo libro della madre di Greta, la celebre cantante Malena Ernman – che nel 2009 partecipò anche all’Eurovisione vanta diverse apparizioni televisive. E il grande stratega mente di questa campagna sarebbe Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità, che ha sfruttato a sua volta l’immagine della ragazza per lanciare la sua start up. 

La ricostruzione del giornalista svedese

“Ora posso dire che la persona che sta dietro al lancio del libro e lo sciopero scolastico, e la successiva campagna di pubbliche relazioni sul problema del clima, è il Pr professionista Ingmar Rentzhog” scrive il giornalista Andreas Henriksson sul suo profilo Facebook.

La bella storia di Greta Thunberg inizia il 20 agosto 2018. Rentzhog, che è fondatore della start-up We Do not Have Time, incontra Greta di fronte al Parlamento svedese e pubblica un post commovente sulla sua pagina Facebook. Siamo al primo giorno dello sciopero iniziato da Greta. Curiosamente, quattro giorni più tardi, il 24 agosto, esce il libro dei genitori di Greta, Scenes from the Heartche racconta i dettagli della vita privata della coppia e della figlia. Una banale coincidenza? Forse. 

I rapporti con la start up

Per capire chi è Ingmar Rentzhog occorre fare un altro passo indietro. Nel maggio 2018, è stato assunto come presidente e direttore del think tank  Global Utmaningche promuove lo sviluppo sostenibile e si dichiara “politicamente indipendente”. Sarà, ma il suo fondatore è nientemeno che Kristina Persson, figlia del miliardario ed ex ministro socialdemocratico dello sviluppo strategico e della cooperazione tra il 2014 e il 2016. Attraverso l’analisi dei tweet del think tank, si deduce un forte impegno politico alla vigilia delle elezioni europee, a favore di un’alleanza che andrebbe dai socialdemocratici alla destra svedese. I nemici sono i “nazionalismi” che emergono ovunque in Europa e nel mondo.

Ma torniamo alla start up.We Do not Have Time, infatti, è decollata pochi mesi fa proprio grazie a Greta. Il 24 novembre Rentzhog la nomina nel board. Solo tre giorni dopo, la start up lancia una campagna di crowfunding per 30 milioni di corone svedesi (circa 2,8 milioni di euro). Greta è nominata ovunque. Lo stesso Ingmar Rentzhog si vanta di “aver scoperto” la ragazza ma nega, in seguito di averne sfruttato l’immagine per raccogliere denaro, pur sostenendo di “aver avuto un ruolo centrale nella crescita della sua popolarità”. 

Il quotidiano svedese Svenska Dagbladet non ci sta e accusa la start up di aver sfruttato la ragazza e la sua battaglia per il clima per i propri tornaconti personali. Dal canto loro, i genitori sostengono che la battaglia di Greta è assolutamente genuina e sincera ma non smentiscono affatto i rapporti con Rentzhog e il suo entourage. A giudicare da questi fatti viene da pensare che (l’ammirevole) battaglia di Greta sia nata tutt’altro che per caso. Certo, lei non ha assolutamente nulla da rimproverarsi. Forse chi le sta accanto, un po’ sì.