Contro le grandi opere e contro chi ci ha ripensato

domenica 24/03/2019

Marcia per il clima – Almeno in 50 mila al corteo di Roma con tutti i comitati locali. Fischi al governo e ai “voltagabbana”

Contro le grandi opere e contro chi ci ha ripensato

Sono accorsi in migliaia a Roma ieri. Circa duecento autobus provenienti da tutta Italia hanno raggiunto in tarda mattinata la capitale per la “marcia per il clima contro le grandi opere inutili e le devastazioni ambientali”. L’idea è nata a novembre scorso in Val Susa durante il primo incontro che ha compattato numerosi movimenti impegnati per la giustizia ambientale e sociale nel nostro Paese. Non salvano nessuno, né governo né opposizione. Per le strade solo la difesa dell’ambiente e della salute.

In testa il Movimento No Tav, seguito dai No Tap, i No Muos, i No Ilva, i No Triv, i No Hub del gas e No Grandi Navi.

Gli organizzatori hanno stimato oltre 100mila partecipanti, per le forze dell’ordine erano poco meno della metà.

Dopo le manifestazioni del 15 marzo scorso in difesa del clima, ieri nel primo pomeriggio un corteo chilometrico è partito da piazza della Repubblica diretto a piazza San Giovanni. Per la prima volta in Italia i movimenti, i comitati e le associazioni si sono uniti in un unico fronte per dire basta ad un modello di sviluppo vincolato al fossile e allo sfruttamento dei territori ai danni della popolazione e dell’ambiente. A favorire l’unità hanno contribuito la creazione di una rete tra i territori e la sfiducia diffusa verso la classe politica, ritenuta “serva delle lobby”.

Non solo un fronte ambientalista: alla marcia di ieri hanno preso parte anche gli studenti universitari della Sapienza e alcune sigle sindacali, come Fiom, Cobas e Usb. Non sono mancate bandiere politiche legate all’estrema sinistra (Potere al Popolo, Comunisti Italiani, Sinistra Europea, Rifondazione Comunista). Non c’erano esponenti di partito, ma c’era il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che si è detto impegnato nella lotta per i diritti e la giustizia sociale, e Marco Potì, il sindaco di Melendugno dove approderà il gasdotto Tap. “Tap continua a fare porcherie – ha detto – ma ci aspettiamo dalla magistratura autonoma e indipendente un passaggio decisivo”.

Dalla provincia di Lecce a Taranto: in testa al corteo c’era Angelo Di Ponzio, il padre di Giorgio morto a 15 anni per un sarcoma dei tessuti molli lo scorso 25 febbraio. “Sono qui insieme a centinaia di concittadini – ha dichiarato – per chiedere una volta per tutte la chiusura dell’Ilva”. I No Triv della Basilicata vogliono un capovolgimento di paradigma sulle estrazioni di idrocarburi nella loro Regione: “Questo governo – ha ricordato il portavoce Francesco Masi – non ha voluto nemmeno cancellare l’emendamento del governo Monti, che autorizza le proroghe automatiche alle compagnie petrolifere”. Per il comitato Friday For Future “i territori hanno bisogno di piccole opere e della messa in sicurezza del territorio” mentre del principio di precauzione ha parlato il comitato No hub del gas di Sulmona, contrario alla costruzione della Rete adriatica Snam che trasporterà il gas di Tap. “L’Italia ha bisogno di opere che mettano in sicurezza i territori dal rischio idrogeologico e dai terremoti”, denuncia.

Ultimi nel novero, ma i principali organizzatori della manifestazione, gli attivisti del movimento No Tav: “Fermeremo la Torino-Lione con le nostre mani, torniamo a casa ancora più forti e consapevoli” hanno detto.

La polemica contro i politici è stata comunque generalizzata. Di Maio è stato raffigurato come Gigi la trottola. Il leader leghista è finito in uno slogan che diceva: “meno Salvini, più pinguini”.

Anche il leader del Pd Nicola Zingaretti è stato sbugiardato per aver prima citato la giovane attivista svedese Greta Thunberg (il giorno della vittoria delle primarie), poi aver dato il suo sostegno al governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, e aver annunciato la visita al cantiere Tav .

Contro le grandi opere e contro chi ci ha ripensatoultima modifica: 2019-03-27T22:10:36+01:00da davi-luciano
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