Clima, sabato è la volta dei comitati – In piazza – Corteo il 23 marzo. 

20 Marzo 19 FQ :

Il caso dei social “rubati” nel movimento di Greta

di Salvatore Cannavò

Dopo i ragazzi di Greta è il momento degli ambientalisti storici e dei comitati locali che si danno appuntamento il 23 marzo a Roma per una manifestazione nazionale. “Marcia per il clima, contro le grandi opere inutili” è il motivo della protesta che vedrà impegnati NoTav, NoTap, NoTriv, comitati No Grandi Navi, comitati dell’Acqua bene comune e così via.

Il corteo nasce da molto prima che si scatenasse il “fenomeno Greta”, ma è chiaro che la visibilità delle decine di migliaia di ragazzi scesi in strada il 15 marzo offre un vantaggio inaspettato.

La strada di questa mobilitazione è iniziata a Venezia lo scorso settembre con il primo incontro nazionale, poi ci sono state assemblee in Val di Susa, a Vicenza, all’assemblea dei No Triv di Basilicata e Campania e altri appuntamenti compreso il Global Climate Strike del 15 marzo.

Nel comunicato di indizione della manifestazione i comitati definiscono il “governo del cambiamento” in continuità “con tutti i precedenti. Le decisioni degli ultimi mesi parlano chiaro”. 

Il governo, sostengono ancora, “ha fatto una imbarazzante retromarcia su tutte le altre grandi opere devastanti sul territorio nazionale: il Tav terzo Valico, il Tap e la rete Snam, le Grandi Navi a Venezia, il Mose, l’Ilva a Taranto, il Muos in Sicilia, la Pedemontana veneta”.

Il giorno precedente, venerdì 22 marzo, ci sarà invece il seguito della giornata di venerdi scorso.

Gli organizzatori chiamano in piazza, nel pomeriggio, “dopo l’uscita dalla scuola” in diverse piazze per proseguire con le modalità già adottate da Greta Thunberg.

Sul fronte del Friday for future si registra però una situazione imbarazzante denunciata dagli stessi organizzatori delle proteste.

Un gruppo ristretto ha deciso, nella notte tra l’8 e il 9 marzo, di modificare le password delle pagine Facebook di Fridayforfuture, costituendo, allo stesso tempo, una Associazione di nuovo conio, Futuro Verde, con sede in Belgio, residenza degli unici tre soci che hanno dato vita all’iniziativa.

Si tratta di Amy Scivola, “fondatore e presidente”, di Alessandra Girardi “fondatore e segreteria” e Luca Polidori, fondatore e tesoriere.

La riunione di fondazione si è tenuta a Woluwe-Saint-Lambert, Avenue Georges Henri 354 (Belgio) il 31 gennaio 2019.

La forma segreta appare evidente, anche per questo gli attivisti di Fridays For Future, che si sentono indignati per questa modalità – “si sono tranquillamente appropriati di 48 mila follower su Facebook – hanno dichiarato di disconoscere “pubblicamente i canali di comunicazione originari di Fridays For Future Italy e lanciano un’assemblea costituente”.

I “No” d’Italia in piazza, protesta contro i grillini: “Ci avete tradito” Sabato la manifestazione, le sigle chiederanno conto al Movimento

https://www.lastampa.it/2019/03/17/italia/i-no-ditalia-in-piazza-protesta-contro-i-grillini-ci-avete-tradito-xbQaaQaMUvkIwRAWsIEayL/pagina.html

17 marzo 19 Stampa :

Ilario Lombardo Roma

Il paradosso del No è che c’è sempre qualcuno pronto a dire un No ancora più forte.

Ma in questa storia i paradossi sono tanti. Il 23 marzo in piazza, a Roma, ci saranno i No Tav, No Ilva, No Tap, No Triv, No Grandi Navi, No Muos, No Ttip (il Trattato di libero scambio), No Centrale del Mercure, No 106 Jonica megalotto e così via, di conflitto in conflitto, un atlante che comprende piccole grandi lotte ambientaliste che i 5 Stelle hanno corteggiato e sposato per anni. Fino a quando non sono arrivati al governo.

Ebbene, il popolo del No andrà a chiedere conto al Movimento che è arrivato al potere cavalcando quei No, a volte con una carica ancora più radicale.

La parabola è ben descritta da Tommaso Cacciari, portavoce del comitato contro le navi da crociera a Venezia: «I 5 Stelle ci accusavano addirittura di essere troppo moderati. La nostra proposta prevede un avamporto all’ingresso della città dove far attraccare le navi per evitare di farle arrivare fin dentro la Laguna. Per loro invece le navi non dovevano proprio avvicinarsi a Venezia».

E ora? «Tutti muti: dai parlamentari veneziani al ministro Danilo Toninelli. C’è un progetto fermo da 4 anni. E Toninelli si sta comportando come i suoi predecessori».

E così Luigi Di Maio si trova stretto tra chi, complice il caso Tav, dice che il M5S sa dire solo No, e chi lo accusa di non dirlo abbastanza forte, di annacquare le battaglie o di averle tradite.

Non che Di Maio non ci stia provando a cancellare l’immagine del Movimento che sabota opere e infrastrutture.

Al punto che i grillini al governo, accusati di essere i cultori della decrescita felice, sono quelli che parlano di più di pompare la crescita, in nome del dio Pil che Di Maio diceva di voler superare, forte delle teorie economiche a sostegno di altri indici più flessibili nel calcolare il benessere di una nazione. Appunto: i paradossi.

La stella dell’ambiente, una delle cinque del M5S, è rimasta appannata. Scomparsa dal dibattito sulla Tav, a esclusivo vantaggio di analitiche disamine finanziarie.

Da Beppe Grillo a Di Maio il M5S ha perso la sua anima green, contaminata da rivendicazioni locali, che sognava una democrazia dal basso, dei cittadini.

L’ultima emblematica giravolta è sul Muos, il sistema americano di mega satelliti a Niscemi, Caltanissetta. Un tema caldo in queste ore in cui si ridiscutono i rapporti del governo con Washington. Come confermano fonti di governo, tutto proseguirà come deve. Solo pochi mesi fa Grillo chiedeva agli Usa: «Portate università non basi militari».

I militati No Muos ancora credevano in una presa di posizione di Di Maio a favore dello smantellamento, annunciata dal consigliere M5S Giampiero Trizzino: «Dopo l’incontro di Conte con Trump abbiamo capito che sarebbe finita come su Tap, Ilva e F35», spiega il portavoce Fabio D’Alessandro: «La ministra Trenta del M5S si è comportata come il Pd».

Niente più lotta contro cementificazione e inquinamento elettromagnetico, a protezione della riserva naturale. «Come in Val Susa molti No Muos hanno votato M5S, preferendolo a partiti come Potere al Popolo perché le chance di andare al governo erano serie». 

Ma sono proprio le ragioni di governo ad aver prevalso. Solo che questa volta fa più rumore, perché nessuno era mai arrivato a Palazzi Chigi con proposte così radicali, nate sui territori, facendole evaporare in pochi mesi.

Il rosario di delusioni è stampato nel comunicato della marcia: «Il governo ha fatto un’imbarazzante retromarcia su tutte le altre grandi opere devastanti: Tav, Terzo Valico, Tap e la rete Snam, Grandi Navi e Mose a Venezia, Ilva, Muos, Pedemontana Veneta, oltre al tira e molla sul petrolio e le trivellazioni».

Gli ultimi a sperare nel M5S rimasti sono gli attivisti per l’acqua pubblica e della Terra dei Fuochi. Idealmente, la grande manifestazione nazionale contro le «grandi opere inutili» è associata alla mobilitazione internazionale per il clima della giovane Greta Thunberg.

«E’ stato rischioso mettere assieme lotte contro opere così diverse tra di loro – spiega D’Alessandro – Ma lo spirito che ci accomuna va al di là dei No e dell’ideologia Nimby (Not in my back yard). È a favore di un processo decisionale che coinvolga di più le popolazioni dei territori, contro la contrapposizione lavoro-ambiente, a favore di grandi opere ma utili a proteggere le fragilità dell’Italia».

Era quello che prometteva anche il M5S. «Il tradimento presuppone una storia d’amore. La delusione di chi li ha votati è tanta – dice Cacciari – L’imbroglio del M5S non è nelle singole battaglie ma è strutturale: raccontare che bastava cambiare i giocatori e non le regole, che bastava mandare tutti a casa quelli che c’erano prima».

ARRIVEDERCI, DOPO BELGRADO, IN LOMBARDIA PER VENEZUELA, SERBIA E TROIKA CONTRO IL SUD———– PER ORA: LORENZO ORSETTI E LUCA CASARINI: DUE EROI DEL TEMPO NON NOSTRO

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/03/arrivederci-dopo-belgrado-in-lombardia.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 20 MARZO 2019

 

Di Lorenzo Orsetti, in qualche misura, mi sento compagno per avere anch’io, quasi cinquant’anni fa, combattuto insieme a un popolo in armi. L’analogia, però, è del tutto fuorviante. Lui, con chi fa a pezzi un paese, io, con chi il suo paese se l’era visto fare a pezzi. Lorenzo viene glorificato da media e politica, mentre io dovetti, e dovrei tuttora, guardarmi dalle rappresaglie dei nemici di allora (qui niente prescrizione) e dagli anatemi di chi insiste a schierarsi dalla parte degli espropriatori di popoli. Che in Siria sono i curdi.

Comprendo e mi dolgo della sofferenza dei famigliari dell’uomo caduto in Siria, a Baghuz, nello scontro tra Usa-curdi e Isis. Ma fare di lui, come sento, vedo e leggo, nientemeno che un Che Guevara, o un Garibaldi, è come minimo sacrilegio. Non so con quale posizione idealistica sia partito Lorenzo ma, una volta schierato in Siria, avrebbe dovuto ripensarci. Non si è accorto che stava in territori che i curdi, sotto protezione degli invasori americani, impegnati con bombe e missili a massacrare migliaia di civili siriani, da Raqqa a Baghuz, per aprire la strada alla loro fanteria curda, con il sostegno di israeliani e sauditi, avevano rubato alla Siria sovrana? Conoscendo un po’ di Storia, non aveva notato che i suoi eroi stavano allargando il loro territorio iniziale a un terzo della Siria, con pulizie etniche feroci  degli arabi siriani? Non aveva capito di trovarsi al servizio di un’operazione tutt’altro che ideale.

Guerra criminale, finalizzata allo squartamento di un paese libero, democratico, emancipato, forse più del tanto decantato, dai complici degli aggressori, ecologismo, femminismo, diritto umanismo, dell’YPG. E, soprattutto, paese antimperialista, qualifica non spettante ai curdi. Se Lorenzo era mosso da idealismo, l’unica scelta avrebbe dovuto essere in difesa della Siria.La morte di Lorenzo nella battaglia tra le due milizie, tutte e due inventate e armate dall’aggressore, addolora doppiamente. E commuove. E indigna, pensando agli specchietti per le allodole. Per lo spreco di una vita e per la causa sbagliata. Se si vuole parlare di martiri, l’unico martirio, qui, è quello del popolo siriano.

Di Luca Casarini, corsaro di Sua Maestà George con la  “Mare Jonio”, specializzata nella tratta, ex-capo delle Tutine Bianche, capo global dei noglobal, già collaboratore della ministra anti-migranti Livia Turco e ora strumento multinazionale per la depredazione dell’Africa e la destabilizzazione sociale e culturale dell’Italia, vanto tre significative verifiche personali dirette. 1) Le spedizioni coloniali nel Chapas, per  schierarsi nello scontro tra indigeni cattolici e indigeni protestanti e contribuire alla mitizzazione del subcomandante Marcos in funzione di sabotaggio della sinistra messicana, capeggiata da Andres Manuel Lopez Obrador, e della rivoluzione bolivariana di Chavez.  2) Le spedizioni imperialiste a Belgrado a sostegno della Quinta Colonna sorosiana (poi Otpor) incistata in Radio B92, dello stesso Soros, e della distruzione della Serbia in resistenza. 3) L’allestimento dell’armata di cartone di Tutine Bianche che, minacciando sfracelli per il G8 di Genova, fornì al regime Berlusconi-De Gennaro il pretesto per la militarizzazione e la successiva letale repressione.

Ciò che invece non mi vide testimone è la torta in faccia a Casarini quando si presentò a New York per assumere la guida anche di “Occupy Wall Street”. Che peccato.

A Belgrado e poi con voi in Lombardia

Vado a Belgrado in pieno tumulto per vedere cosa succede e cosa c’è dietro le manifestazioni contro il presidente Vucic.  C’è puzza di Otpor, come li ho visti operare nel 2000-2001. Partecipo alla conferenza internazionale del Forum di Belgrado per un Mondo di Uguali che, nel 20° anniversario dell’aggressione Nato, riunisce analisti, geopolitici, storici e tanti tra coloro che a suo tempo sostennero la lotta della Jugoslavia contro la sua frantumazione decisa a Washington, Berlino, Bruxelles e Vaticano. Ve ne renderò conto al mio ritorno.

http://vocidallestero.it/2019/03/16/la-fabbricazione-di-greta-thunberg-ai-fini-del-consenso-la-politica-economica-del-complesso-industriale-non-profit-atto-i/

https://www.facebook.com/179957315812737/videos/2083361545297449/

Intanto vi segnalo due  link per un ulteriore approfondimento della baracconata dei bambini del 15 marzo per il clima che, sempre più, dimostra di essere un’operazione politica di grande respiro, messa in campo dagli stessi devastatori del clima con guerre militari ed economiche, impegnati a rilanciare l’accumulazione e il profitto finanzcapitalisti mediante la mistificazione detta “Green New Deal”. Che ha lo stesso tessuto di verità delle guerre chiamate “interventi umanitari”.
****************************************************************************************************

INIZIATIVE PUBBLICHE IN LOMBARDIA

Aggiungo anche l’annuncio di tre iniziative pubbliche che mi vedono partecipe in diverse forme e a cui invito tutti coloro che sono interessati all’argomento e si trovano in zone non troppo lontane dagli eventi.

“L’Asse del Bene” che verrà proiettato nel corso di un incontro sul Venezuela alla Casa Rossa di Milano, e al quale non potrò intervenire perché a Belgrado, è il racconto della rivoluzione bolivariana realizzata da Hugo Chavez e dal popolo venezuelano, delle sue ricadute sulle condizioni di vita del paese e dei processi di emancipazione che ha innescato nel mondo latinoamericano. Offre una conoscenza fondamentale delle condizioni determinate da quei processi per valutare correttamente l’attuale scontro tra ritorno imperialista e resistenza di popolo.

****************************************************************************************************

A Besnate (VA), presento il 29 marzo, alle 21.00, il docufilm “O la Troika o la vita”.

Presso la Biblioteca di Besnate – Sala Civica – in Via Milyus, 6

Il film illustra gli effetti sull’area mediterranea della globalizzazione neoliberista imposta da Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale: la Grecia distrutta nel corpo e nell’anima, Medioriente e Africa devastati da guerre e saccheggi, il dramma dei migranti e il loro afflusso nei paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, l’Italia dei gasdotti, delle trivelle, del terremoto, un territorio nazionale già dissestato sul quale imperversano, nella complicità di una politica succube delle lobby, le multinazionali del fossile. Nel film sono riportate anche interviste a voci autorevoli, leader della sinistra greca, antropologi, economisti, fisici, filosofi, protagonisti delle lotte sul territorio, ed i temi trattatati nella relazione dell’autore e nel successivo dibattito permetteranno di affrontare alcune questioni determinanti dello scontro in atto tra popoli e loro territori ed i poteri che ne devastano ambiente, comunità, patrimonio storico, cultura, salute e autodeterminazione.

Scontro che determinerà le sorti dell’umanità nei prossimi decenni.

.

Presso la Biblioteca di Besnate – Sala Civica – in Via Milyus, 6

****************************************************************************************************

Il 24 marzo 1999 Usa, UE e Nato inaugurarono, affiancati dai “pacifisti” in pellegrinaggio a Sarajevo e dalle Tute Bianche di Luca Casarini a Belgrado con gli emissari di George Soros, l’epoca delle “guerre umanitarie” e delle distruzioni di Stati e popoli disobbedienti.. Furono i primi bombardamenti su Belgrado. Quel giorno abbandonai per sempre RAI e TG3 e, presa al volo una telecamera, mi precipitai in Serbia per offrire al pubblico una documentazione degli eventi, diversa dalle menzogne che parlavano di “intervento umanitario contro il dittatore Milosevic”. Il primo documentario, realizzato sotto i raid Nato in partenza dall’Italia, sotto il governo del premier D’Alema e del ministro della Difesa Mattarella, demistifica il contesto propagandistico e illustra l’eroica resistenza di coloro di cui scrissi “meglio serbi che servi”. Il secondo, girato l’anno dopo, racconta gli spaventosi danni economici, sociali, ambientali inflitti dagli aggressori, la quasi miracolosa ricostruzione, l’afflusso dei profughi dal Kosovo, la minaccia della quinta colonna interna che portò all’arresto di Milosevic, tre giorni dopo avermi concesso l’ultima sua intervista, e alla sua successiva eliminazione nel carcere Usa dell’Aja. Appena tornato dalla conferenza internazionale di Belgrado, il mio intervento cercherà di aggiornarci sulla Serbia di oggi, sullo sfondo delle rinnovate minacce interne ed imperialiste.

  1. Ognuno di questi miei documentari è ordinabili all’indirizzo:visionando@virgilio.it 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 11:34

RECOLONISATION BRUTALE DE L’AFRIQUE MADE IN USA (I) : LA NOUVELLE POLITIQUE AFRICAINE DE TRUMP ET DU NEOCON BOLTON EN ACTION

 

* Voir la video sur PANAFRICOM-TV/ 

RECOLONISATION BRUTALE DE L’AFRIQUE MADE IN USA (I) :

LA NOUVELLE POLITIQUE AFRICAINE DE TRUMP ET DU NEOCON BOLTON EN ACTION

(ZOOM AFRIQUE SUR PRESS TV, IRAN, 13 MARS 2019)

sur https://vimeo.com/323665495
PANAF-TV - Série trump en afr I npa (2019 03 17) FR

* La présentation de PRESS TV :

LES ÉTATS-UNIS DE TRUMP ONT LANCÉ UNE POLITIQUE AGRESSIVE CONTRE LE CONTINENT AFRICAIN

« Depuis début mars 2019, les États-Unis de Trump ont lancé une politique agressive contre le continent africain. En effet, des chefs d’État africain sont dans le collimateur du président Donald Trump. Selon une information rapportée par une chaîne de télévision, il donne un ultimatum de douze mois à six présidents africains qui ont modifié les constitutions de leur pays. « Dans les jours à venir, je vais envoyer nos ambassadeurs en Afrique. Ils transmettront un message à tous ces chef d’État africains, leur délivrant mon ultimatum de 1 an pour quitter le pouvoir ou faire face à de lourdes sanctions, n’excluant pas une intervention militaire ».

Le message est sans équivoque. Seulement, la source n’a pas révélé les chefs d’État concernés par cette mesure. D’autres mesures plus corsées sont envisagées au cas où ils n’obtempéreraient pas. Donald Trump menace de geler leurs avoirs en Amérique, leur interdire de séjourner sur le sol américain. Ses deux émissaires sont bien sûr, Tibor Nagy et Peter Pham. Tibor Nagy est actuellement attendu en RDC, et il doit aussi se rendre au Cameroun, en Ouganda, au Rwanda, et même en France et en Belgique. Quant à Peter Pham, il devait se rendre dans la région des Grands Lacs. La RDC reste d’une certaine manière dans le viseur des États-Unis . Pour rappel, Peter Pham avait annoncé ouvertement en 2012, des propos des plus étonnantes. « Le Congo est trop gros pour réussir. C’est une entité artificielle dont les éléments constitutifs partagent le malheur d’avoir été saisis par l’explorateur Henry Morton Stanley au nom d’un monarque belge rapace ­du XIXe siècle ». « Si le Congo arrivait à être éclaté en entités plus petites, la communauté internationale pourrait consacrer ses ressources de plus en plus rares à l’aide humanitaire et au développement, plutôt que d’essayer, comme le Conseil de sécurité des Nations Unies l’a promis, de préserver «la souveraineté, l’indépendance, l’unité, la sécurité, l’intégrité territoriale d’un État fictif qui n’a de valeur que pour les élites politiques qui se sont hissées au sommet afin de piller les ressources du Congo et de financer les réseaux de mécénat qui leur assurent de rester au pouvoir ». Ces propos touchent directement les États occidentaux qui ont colonisé les pays d’Afrique. En dehors de la RDC, le Cameroun est aussi dans le viseur de Donald trump. Le Cameroun, dans lequel une minorité d’anglophones demande le démembrement du pays. »

« Cette politique agressive des États-Unis vient compléter celle de Paris. En effet, ces deux puissances occidentales ont le même but, dans des pays différents et avec des méthodes légèrement différentes aussi. La France tente tant bien que mal à démembrer le Grand Mali, mais d’autre pays sont aussi dans son plan de démembrement. Les troupes d’occupation française dans le Sahel font face à une résistance accrue de la population. Washington ne veut visiblement pas faire la même erreur. Il veut utiliser la force dès le début, et ne pas laisser la résistance se former et lui mettre les bâtons dans les roues, comme c’est déjà le cas dans le Sahel.

Le cas de la RDC est très complexe, car vers la fin du mandat de Joseph Kabila, et la mise en place du code minier, les autres puissances comme la Chine, la Russie ont pris aussi de l’expansion. Cela dit, beaucoup de pays sont présents en RDC comme Israël, la France, la Belgique, les États-Unis, le Japon et même la Corée du Nord. Cela fait un peu beaucoup à gérer et fait penser à Djibouti et aussi au Sénégal qui lui ressemblera bientôt. Trois points sont visibles sur le continent africain, Djibouti, RDC, Sénégal. 3 pays stratégiquement bien placés et qui donnent un accès total à l’entièreté du continent et à la mer qui l’entoure. Cette politique d’ingérence agressive de Washington est donc purement stratégique. En attendant, c’est la population africaine qui sera la première visée par un assaut éventuel américain sur le continent. Les populations doivent rester sur leurs gardes et accroître la résistance pour préserver la souveraineté du continent. »

* Un coup de projecteur sur l’Ambassadeur Peter Pham, enoyé spécial de Trump pour les Grands-Lacs et dirigeant de l’Atlantic Council :

Que Peter Pham est le vice-président de « l’Atlantic Council », présidé par le général hon. Jones, ex conseiller à la sécurité nationale d’Obama … Mais aussi administrateur de l’Ong américaine de Katumbi (le favori du State Department en RDC… Mais encore dirigeant de « l’International Jones Group », firme « de sécurité » qui avait fourni à Katumbi les mercenaires qu’il avait introduit en RDC (et pour les faits dont il y est poursuivi) !

# COMPRENDRE L’ARRIERE-PLAN GEOPOLITIQUE DU DOSSIER :

COMMENT LES USA ENTENDENT RECOLONISER DIRECTEMENT L’AFRIQUE SOUS PRETEXTE DU « PRINTEMPS AFRICAIN » …

QUELLE EST LA THESE DE LUC MICHEL ?

LE PANAFRICANISME DOIT REGARDER VERS L’AVENIR. LA GEOPOLITIQUE AFRICAINE DE 2016 N’EST PLUS CELLE DES ANNEES 1960-2007 …

Nous reprenons dans cette série, sur la Recolonisation de l’Afrique par les USA et la mainmise militaire de l’AFRICOM et de l’US Army sur le Continent noir, une sélection de « Flash info » de la Télévision francophone d’Etat iranienne PRESS TV, diffusés dans la quotidienne « Zoom Afrique ».

PRESS TV s’inspire directement des analyses du géopoliticien Luc MICHEL (patron des Réseaux panafricains PANAFRICOM) sur cette recolonisation de l’Afrique par les USA, sous prétexte du soi-disant « Printemps africain », qui est la menace principale en Afrique aujourd’hui. Paris et la Françafrique étant devenus les auxilliaires militaires de l’AFRICOM (la nouvelle « infanterie sénégalaise du Pentagone » dit Luc MICHEL), « le nouveau sherif de l’Afrique » comme l’a dit le Général US Mattis, chef du Pentagone sous Trump en 2017-18, en avril 2017 sur la base française de Djibouti …

La « Nouvelle Politique Africaine » de Trump et de Bolton (neocon, hérité du Régime Bush II) radicalise et militarise encore plus cette recolonisation. Début 2019, Washington désigne comme cibles six pays africains, dont le Cameroun, la RDC et le Burundi …

IL Y A UN ARRIÈRE-PLAN GÉOPOLITIQUE AU SOI-DISANT « PRINTEMPS AFRICAIN » DE 2014-2018 …

La thèse de Luc MICHEL, c’est que cet arrière-plan a changé depuis 2007-2008, que 2007 et 2008 ont été des tournants géopolitiques en Afrique …

« Beaucoup de panafricanistes ont une vision du passé, un logiciel bloqué il y a 10, 20 ou 50 ans, nous dit-il. La haine justifiée de la Françafrique leur occulte la réalité de LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA. Le retour de la France dans l’OTAN organisé par Sarkozy en 2007, la création de l’AFRICOM, le commandement unifié de l’US Army pour l’Afrique, par Bush II et Obama en 2007-2008, sont les marques de naissance d’une nouvelle donne géopolitique en Afrique.

Comme dans l’OTAN, la collaboration militaire et politique franco-américaine se double d’une « CONTRADICTION INTERNE » (caractéristique du Bloc américano-occidental) : l’allié militaire français est aussi le concurrent économique des USA, qu’il faut évincer des marchés africains (Alliés politico-militaires dans l’OTAN, les pays de l’UE sont opposés aux USA depuis les Années ’80 par la guerre économique USA vs UE et la guerre financière Dollar vs Euro). Autrement dit Paris tire les marrons du feu pour Washington en Afrique !

Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent, par les méthodes habituelles des USA (révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe » -sic-, cloné en « printemps africain » -resic-). De nombreux pays ont ensuite été secoués par les vents mauvais de ce « printemps africain » venu de Washington. De 15 à 20 pays sont concernés dès 2014. Notamment Le Brurundi, où la révolution de couleur a échoué et a fait place au terrorisme. La RDC qui est la cible principale (le « pivot géopolitique » de l’Afrique) et le Cameroun (qui est le pivot du Golfe de Guinée), où des scénarios de révolution de couleur rampantes sont en cours.

Depuis 2013, d’anciennes puissances coloniales sont de retour en Afrique aux côtés des USA : l’Allemagne (avec sa Bundeswehr et ses fondations) ou l’Italie (soi-disant « anti-système » mais en réalié pro Trump et pro OTAN). Habilement, jouant sur les nostalgies coloniales et géopolitique, Washington met les uns en concurrence contre les autres, en particulier contre la Françafrique sur le déclin.

# EN SAVOIR PLUS :

* Sur le soi-disant « Printemps africain » :

Voir la Page spéciale de Luc MICHEL :

Enquetes sur la Destabilisation de l’Afrique

Sur https://www.facebook.com/LucMICHEL.destabilisationafricaine/

* Sur PANAFRICOM TV/

LE DANGER PRINCIPAL MAL CONNU :

L’AFRICOM ET LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA

Sur http://www.panafricom-tv.com/2018/03/01/panafricom-tv-le-danger-principal-mal-connu-lafricom-et-la-recolonisation-de-lafrique-par-les-usa/

_______________

# PANAFRICOM/

PANAFRIcan action and support COMmittees :

Le Parti d’action du Néopanafricanisme !

* Suivre Panafricom-Tv/

https://vimeo.com/panafricomtv

* Découvrir notre WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Voir notre Page Officielle Panafricom/

https://www.facebook.com/panafricom/

* Aborder notre Idéologie panafricaniste/

Panafricom II – Néopanafricanisme

https://www.facebook.com/Panafricom2/

* Panafricom sur Twitter/

@Panafricom

https://twitter.com/Panafricom

* Blog PANAFRICOM-NEWS/

https://www.scoop.it/t/panafricom