Torino-Lione Salvini servo di Macron

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

8 marzo 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=19313

Torino-Lione

Salvini servo di Macron

I due miliardi di € che Salvini vuole regalare ai francesi

I Regolamenti europei consentono all’Italia

di abbandonare il progetto

La responsabilità di TELT

Tutti i nodi vengono al pettine dopo trent’anni di opposizione popolare ad una Grande Opera Inutile e Imposta.

Sulla Torino-Lione Salvini ha preso il testimone dal Partito Democratico, e il nuovo segretario (dal successo mediatico grazie al commissario Montalbano) è apparso subito il migliore alleato del ministro degli interni per fare la Torino-Lione.

Il M5S, dopo aver fatto il pieno dei voti contro le Grandi Opere, tentenna e si indebolisce con la sua sottomissione a Salvini che sui social è molto criticato dai suoi stessi fan per l’energia che impiega a sostenere lo sviluppo del Pese attraverso lo spreco di denaro pubblico, invece di battersi per creare vero lavoro con mille, diecimila piccole opere.

Salvini, forse non la Lega, è pronta a scaricare il M5S per affermare il suo dominio in tutti i campi. Vuole sfidare il M5S sulla quota 100, ma tutto ha un prezzo.

In questo caso il prezzo è la sottomissione dell’Italia alla Francia che, grazie ai maneggi del Governo Berlusconi del 2004 sostenuto dalla Lega, accettò (o addirittura offrì) di pagare la maggior parte dei costi del Grande Progetto.

Giriamola come si voglia, il risultato è lo stesso. L’Italia vuole regalare una montagna di soldi ai francesi, più di due miliardi di euro. È una storia vecchia, mai abbastanza raccontata, tanto che gli italiani non la conoscono.

Nell’accordo del 2012 furono fissate le percentuali: l’Italia paga il 57,9% del costo di tutto il tunnel, la Francia il 42,1%. E, per chiarire bene la disuguaglianza, occorre sapere che il tunnel sotto le montagne corre in Italia solo per il 21% (12,5 km) della sua lunghezza di 57,5 km.

Disse in quel tempo Berlusconi: “diamo una mano alla Francia che deve costruire sulla sua tratta nazionale due gallerie di accesso al tunnel di base di 33 km, mentre l’Italia ne dovrà fare solo una di 19,5”, contribuiremo noi a pagare i maggiori costi per arrivare ad una ripartizione equilibrata.

Successivamente, l’Italia (nel 2012) e la Francia (nel 2018) decisero senza confrontarsi, che queste tre gallerie “non s’hanno da fare”.

Dato che lo squilibrio della ripartizione della lunghezza delle gallerie di accesso al tunnel di base è di circa 14 chilometri, ai costi di scavo odierni il prezzo è di circa 2,3 miliardi di euro a totale carico dell’Italia, questo il regalo alla Francia.

Come la mettiamo? Facile, pensa Salvini, abbassiamo la testa e diciamo Sì alla Francia, Sì alla TAV, Sì al nostro regalo alla Francia di 2,3 miliardi.

Salvini potrebbe anche dire anche Sì a migliorare il potere d’acquisto degli italiani tagliando spese folli, ma non lo fa, gli Italiani se ne ricorderanno.

Ma Salvini pare irriducibile, un buco nella montagna vale più di un Governo Giallo Verde: gli italiani lo aspettano al varco.

L’Europa consente all’Italia di abbandonare il progetto

Il Governo dovrebbe zittire la Commissione, richiamandola all’osservanza del Regolamento europeo che finanzia la Torino-Lione (art. 17 del CEF) che afferma che I progetti … come la Torino-Lione … non sono vincolanti per gli Stati membri nelle loro decisioni di programmazione.  La decisione di attuare tali progetti spetta agli Stati membri e dipende dalle capacità di finanziamento pubblico nonché dalla loro fattibilità socioeconomica”

La perdita dei 300 milioni a causa dei ritardi di TELT

La volontà di TELT di lanciare dei bandi di gara, non ha alcuna relazione con la perdita di 300 degli 813 milioni di euro stanziati nel 2015 dall’Unione europea, né tanto meno con la costruzione del tunnel di base.

Insistendo per il lancio dei bandi, TELT vuole in realtà nascondere i ritardi, dovuti alla sua incapacità di gestione, che hanno già causato nel 2013 il ritiro da parte della UE di circa 300 milioni di fondi

Un importo analogo, e per gli stessi motivi, a quello che la Commissione ha deciso di fare nelle prossime settimane.

Ma è una mossa che non porta da nessuna parte, ricordiamo che i lavori definitivi non possono essere iniziati fino a momento in cui Italia e Francia non avranno stanziato tutti i fondi (9,6 miliardi di euro) per costruire il tunnel.

Questo è il contenuto dell’art. 16 degli Accordo con la Francia del 2012 che deve essere rispettato dall’Italia e dalla Francia, e quindi anche da TELT. Ad oggi l’Italia ne ha messi pochi, la Francia nessuno. L’Europa li stanzierà forse nel 2021.

Galleria Oulx-Modane La proposta No Tav azzera il tunnel di base

8 marzo 19 Stampa 

Lodovico Poletto

Durbiano, secondo lei la Tav si farà?

Il sindaco che undici anni fa aveva bloccato il super tunnel che doveva attraversare – a 30 metri d’altezza la Val Cenischia – che in Val di Susa è più che un’icona del «No» all’alta velocità, alle otto di sera risponde così: «Io spero che arrivi un no tombale a quel progetto. Il tunnel di base è ampiamente superato. E poi basta non parliamo più di Tav. Parliamo di altro».
L’«altro» è il progetto che Nilo Durbiano – sindaco di Vanaus – ha elaborato in silenzio – o quasi – in questi mesi e che prevede la cancellazione del tunnel di base per portare tutto sulla galleria del Frejus. Che però è da rifare. Per intanto il suo progetto è uscito dalla valle ed è arrivato al Mit. Poi è stato illustrato a lungo alla prefettura.

«E adesso - dice Durbiano – ci sentiamo regolarmente con i funzionari del ministero per chiarire alcuni dettagli».

Il documento è articolato in quattro punti.

Primo: creare una gronda ad Orbassano dove i treni in arrivo da Genova e da Cuneo si attestano verso la Francia. Senza entrare a Torino.

Due: addio alla stazione internazionale di Susa e creazione di stazione a Meana.

Tre cancellazione della linea Bussoleno Susa.

Quattro interventi di miglioramento sulla linea Torino – Bussoleno dove i treni potrebbero viaggiare veloci, non a 220 chilometri l’ora come sulla Tav, ma a una velocità attorno ai 160.

E infine il Fréjus, con due ipotesi alternative: costruzione ex novo (da Oulx a Modane) oppure rifacimento della vecchia galleria con sfoghi per le fughe verso la seconda canna del traforo automobilistico.
Ora, che sia questo l’uovo di Colombo è ancora tutto da vedere.

Ma di certo è un passo avanti.

Anche per il mondo anti Tav che dalla fase del «No» a tutto passa alle proposte.

Il cambiamento è epocale: c’è chi strizza l’occhio all’idea di Durbiano e la sostiene.

E chi è ipercritico.

 «Ma, stavolta, il progetto arriva dalla valle. Se non commettiamo gli errori del passato il territorio sarà con noi» dice il sindaco. Che, ieri, mentre il premier Conte annunciava il confronto con Francia e Ue, si scambiava le ennesime mail con i dirigenti del ministero di Toninelli: «Per meglio chiarire alcuni passaggi». 
Ora, dire che il sindaco Nilo Durbiano abbia imboccato una strada che farà uscire dall’impasse è eccessivo. Ma di certo è una bella sgambata in avanti. Che cancellerebbe la parola più odiata in questa valle: «Tav».

E Durbiano lo sa: «Questa è una proposta di collegamento tra Torino e Lione all’altezza delle necessità. E se non è ad alta velocità va bene lo stesso».

E se Salvini facesse saltare il banco? «Non credo. Ma se lo facesse è perché gli interessi sono altri. E non riguardano certamente il bene dell’Italia».
Durbiano, faccia una previsione: passerà la sua proposta?

«Se passa vuol dire che ho fatto l’interesse della valle, del Piemonte e dell’Italia, facendo risparmiare metà dei soldi del progetto Tav». 

“Sconcertati da Conte Servono azioni eclatanti” Le imprese minacciano di bloccare la tangenziale

8 marzo 19 Stampa 

Domani vertice coi parlamentari sulla Torino-Lione. E rispunta la piazza

Claudia Luise

Una doccia gelata. Le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sorprendono il fronte delle categorie

Nel fronte torinese c’è sconcerto, soprattutto per alcuni elementi rimarcati dal premier. Argomenti che sostengono le tesi di chi dice no alla Tav, che gli industriali consideravano ormai superati. 

Uno su tutti, la fiducia ribadita nell’analisi costi benefici del professor Ponti – sconfessata in ogni occasione dalle 35 associazioni – salvo poi mitigare l’affermazione dicendo che «la scelta resta comunque politica». «Siamo pronti ad azioni eclatanti, ma davvero aspettano che blocchiamo la tangenziale? 

È la prima volta che davvero mi vergogno di essere italiano», dice a caldo il segretario generale di Confindustria Piemonte, Paolo Balistreri.

«Sono curioso di vedere le risposte di Salvini, mi sembra che Conte abbia recitato un copione sposando le pozioni del M5S senza prospettive sulla mobilità. Sono davvero imbarazzato», aggiunge. Lo spartiacque sarà l’11 marzo, quando Telt dovrà decidere se dare o no il via ai bandi di gara. Nel caso non succedesse le associazioni di categoria si «considereranno in stato di mobilitazione». 

Una mobilitazione che coinvolgerà «tutte le componenti del sistema rappresentato – imprese manifatturiere e dei servizi, di trasporto, del commercio, edili, agricole, oltre che i loro lavoratori -, sulla base delle possibilità proprie di ogni associazione e categoria produttiva». 

Ognuno nella forma che preferisce, quindi. «Conte si è rivelato non un presidente di sintesi ma dei 5S, voglio vedere nei fatti la Lega come si comporterà», aggiunge il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli.

Anche la neopresidente dell’Ance Piemonte, Paola Malabaila, ricorda come Telt «sia un organismo indipendente e come tale si ci aspetta che agisca» eppure se non dovesse avvenire, «stiamo seriamente valutando una mobilitazione che eventualmente verrà discussa nel consiglio nazionale dei costruttori in programma il 19 marzo». Intanto si avvicina domani, giorno in cui le categorie hanno organizzato un incontro con tutti i parlamentari piemontesi. Per ora le adesioni sono appena 15 su 66 ma si confida che i numeri crescano nelle prossime ore. Sono quasi tutti esponenti di Forza Italia, quattro del Pd e appena uno della Lega.

«Abbiamo capito che ci vogliono prendere per il naso fino alle elezioni – aggiunge il presidente dell’Unione Industriale, Dario Gallina – ma almeno sblocchino le gare. Noi ci mobiliteremo sicuramente, siamo preoccupati per il clima sempre più negativo». Corrado Alberto, presidente Api, lascia la porta aperta a «un moto d’orgoglio di Telt. Ma la credibilità dell’Italia sta precipitando». Mentre Mino Giachino dell’associazione sì Tav sì Lavoro, promotore della petizione online che ha raccolto oltre 112 mila firme torna a promettere: «Scenderemo in piazza più di prima per far capire al premier Conte che l’interesse nazionale era quello di costruire la Tav» e chiede a Salvini «se valga la pena sostenere ancora un governo del genere». 

Le madamine, una cui delegazione oggi incontra Giachino, per ora temporeggiano: «E’ una situazione grottesca, l’11 marzo è alle porte. Non possiamo permettere lo stop ai bandi senza manifestare il nostro dissenso».
Intanto i rappresentanti della Filca torinese sono a Bruxelles «per testare il polso europeo sulla vicenda. Temiamo davvero – spiega Gerlando Castelli – di rimanere tagliati fuori anche da tutti gli altri contributi per la mobilità del futuro».