Si Tav. Flashflop del flashmob di Pd e madamine

9 marzo 19 Maverick

Meno di trecento persone tra apparato Pd, anziani borghesi e personaggi della politica. Trenini e slogan. Lega non visibile.

di Fabrizio Salmoni

Che sia stata la presa di posizione di Conte contro la Torino-Lione a far crollare il morale delle masse Si Tav o una più generale stanchezza di una massa di manovra poco avvezza a proteste di piazza reiterate, sta di fatto che il flash mob convocato ieri sui social dal Pd è stato piuttosto un flash flop: meno di trecento persone intorno al monumento di piazza Carignano e una specie di picchetto davanti al portone del Palazzo guidato col megafono da una delle madamine.

Lo stratagemma banale di convocarsi in mezzo alla folla dello shopping del sabato per sembrare di più funziona poco perchè il passeggio fluisce ininterrotto tra il Palazzo e il monumento senza mostrare particolare interesse mentre altra gente sta in attesa di entrare al teatro.

Qualche cartello, qualche bandiera assortita, ma non vedo segni evidenti di presenza di Lega, Fratelli d’Italia e fratelli fascisti (Casa Pound, Fuan, Forza Nuova) dei primi appuntamenti.

La composizione di quelle trecento scarse: in maggioranza personale di apparato del Pd, e le solite facce di anziani e commercianti.

Allineati sotto il Palazzo si fanno notare tra gli altri “prezzemolino” Silvio Viale in mezzo ai suoi quattro gatti per + Europa, Mariella Rizzotti di Forza Italia, Foietta e Chiamparino assediati dai fotografi. Poco più in là, parlotta il vecchio Fiorenzo Alfieri, ex assessore alla Cultura della giunta Fassino.

In un guizzo di vitalità collettiva , parte un girotondo al grido megafonato “Tutti intorno al Palazzo!”. Tempo di girare l’angolo di piazza Carlo Alberto e decidono di rientrare dal cortile visto il numero non sufficiente a completare il periplo.

Sbucano quindi dalla porta alle spalle del picchetto scandendo flebilmente “Bandi subito!”. 

Un anziano nel pubblico proprio vicino a me rivolgendosi alla sua signora chiede “Cos’è che gridano, “Ghandi subito”? BANDI, BANDI!!! risponde la signora.

Un po’ di calca all’arrivo di Chiamparino, un invito a ricordarsi della prossima scadenza del 17 marzo convocata dagli industriali e da La Stampa e poi tutti a mangiare il gelato.

That’s all, folks! (F.S. 9.3.2019)

FOTO

https://mavericknews.wordpress.com/2019/03/09/si-tav-flashflop-del-flashmob-di-pd-e-madamine/

La Banda del Buco: ditte fallite e i soliti noti di Tangentopoli

sabato 09/03/2019
I lavori per 1,4 miliardi. Da Cmc a Condotte a Gavio, fino ai piccoli appalti coinvolti dalle inchieste per corruzione e mafia: a chi sono finiti i soldi
La Banda del Buco: ditte fallite e i soliti noti di Tangentopoli

Lavorare per il Tav non porta benissimo, si racconta in Valle di Susa. Tutte e tre le aziende locali impegnate nella Torino-Lione sono fallite: la Geomont di Bussoleno, la Martina e la Lazzaro di Susa. Anche le imprese più grandi che hanno partecipato ai primi appalti non sono messe benissimo: la Cmc, Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna, ha chiesto il concordato preventivo. Condotte è in amministrazione straordinaria. Sta meglio il gruppo Gavio, che controlla il 36,5 per cento di Sitaf (al 51 per cento di Anas) che ha lavorato per lo svincolo di Chiomonte (88 milioni di euro) e altre commesse (per un totale di 93 milioni). Sitaf – ironia della sorte – è la diretta concorrente del tunnel ferroviario, visto che gestisce il traforo autostradale del Fréjus.

L’impresa Pizzarotti di Parma (già tra i protagonisti di Tangentopoli, come Gavio, Cmc e Condotte) era nei consorzi che hanno realizzato le discenderie di Saint-Martin-la-Porte e di Villarodin-Bourget/Modane, in territorio francese. In quest’ultima, Pizzarotti ha sostituito Condotte, che aveva fatto una parte dei lavori. Cmc, con altre imprese, ha scavato invece le gallerie geognostiche di Saint-Martin-la-Porte, in alleanza con Cogeis, che ha poi lavorato anche alla discenderia di La Praz. Sul versante italiano, Cmc e Cogeis, insieme a Geotecna, hanno realizzato la galleria di La Maddalena, a Chiomonte, un lavoro da 126 milioni di euro. In totale, finora sono stati fatti lavori per 1,4 miliardi: 211 milioni per studi e indagini, il resto per le tre discenderie e la galleria geognostica sul lato francese (totale: 16 chilometri). Sul lato italiano, la galleria della Maddalena (7 chilometri). Dei soldi usciti finora, ben 789 milioni sono stati dati in concessione a Sncf, la società delle ferrovie francesi, per la realizzazione del tratto ferroviario all’aperto in Francia, che però è lungo meno di 4 chilometri. Infatti Sncf di quei 789 milioni ne ha spesi finora solo 2. A impegnare i soldi è stata Telt, la società dei governi italiano e francese.

Lunedì, se Telt darà il via ai bandi, ci sarà la vera partenza del Tav: saranno lanciate le due gare per l’intero tratto francese del tunnel di base, 45 dei 57,5 chilometri totali, del valore di 2,3 miliardi. Una bella fetta dei 9,6 miliardi di euro che è il costo totale del supertunnel.

I lavori della Torino-Lione eseguiti finora sono solo una piccolissima parte di quelli necessari per completare l’opera. Eppure sono riusciti ad attirare più volte l’attenzione della Procura di Torino. Indagini per fatti di corruzione e qualche infiltrazione mafiosa. Nel 2011 sono stati condannati per turbativa d’asta, in primo grado, Paolo Comastri, l’ex direttore generale della Lyon-Turin Ferroviaire (Ltf, la società poi sostituita dalla Telt), e l’allora responsabile della direzione costruzioni, Walter Benedetto. Insieme a loro era stata coinvolta anche Maria Rosaria Campitelli, di Mm Metropolitana milanese. La turbativa d’asta riguardava il tunnel che doveva essere scavato a Venaus (poi non realizzato). A scoprire gli interessi illeciti intorno allo scavo del tunnel geognostico italiano è poi arrivata l’inchiesta “San Michele” del Ros carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia di Torino. Tra i tanti fatti emersi, l’estorsione ai danni dei proprietari di una cava a Sant’Antonino di Susa commessa da Gregorio Sisca, condannato in via definitiva per mafia, per conto di Giovanni Toro, imprenditore condannato per concorso esterno mafioso, che aveva preso in affitto la cava e voleva mantenerne il controllo: “Noi dobbiamo stare lì perché è lì dentro che nei prossimi dieci anni arrivano 200 milioni di euro di lavoro”, diceva Toro, intercettato. “La torta non me la mangio da solo. Me la divido con te e ricordati queste parole, che ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”.

Toro, preoccupato per le proteste dei No Tav, nella primavera 2011 diceva al telefono: “Se arrivano i No Tav, con l’escavatore ci giriamo e ne becchiamo qualcuno… E col rullo gli vado add… cioè salgo io sul rullo e accelero. Se non ti togli ti schiaccio”. Toro era in rapporti anche con un imprenditore di Susa, Ferdinando Lazzaro, a cui diceva, sui lavori nel cantiere di Chiomonte: “Prendiamo tutto noi”.

Lazzaro, titolare della Italcoge e della Italcostruzioni, ha poi patteggiato una pena per bancarotta fraudolenta ed è stato condannato (in primo grado) a 1 anno e mezzo per turbativa d’asta: fallita la sua Italcoge, per continuare a svolgere i lavori preliminari del cantiere di Chiomonte aveva fatto un accordo col curatore fallimentare e aveva presentato un’offerta per aggiudicarsi l’affitto di un ramo della sua azienda. Dall’inchiesta del Ros erano emersi anche i suoi contatti con la politica e con i Sì Tav. In un’informativa del 2012 si legge: “Sono emerse aderenze di Lazzaro con personaggi politici e della pubblica amministrazione”, a cui chiedeva aiuto per licenze e autorizzazioni. Tra questi, Antonio Ferrentino, consigliere regionale del Pd, ex sindaco No Tav passato al fronte dei favorevoli.

Il 17 settembre 2012, Lazzaro contatta addirittura Paolo Foietta, oggi commissario straordinario del governo per l’asse ferroviario Torino-Lione e allora dirigente dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino. Secondo i carabinieri, Foietta avrebbe garantito “il suo interessamento per addivenire a una soluzione della vicenda” che riguardava la ditta di Lazzaro: “Allora mi faccia una mail”, diceva Foietta a Lazzaro, “se mi mette anche il nome specifico del funzionario con cui avete avuto rapporti mi è più utile, così vedo di evitare giri”. Lazzaro ha replicato di aver sempre operato lecitamente: “Le gare del Tav le ho vinte regolarmente e senza alcun aiuto, tantomeno quello di Esposito o Rettighieri”. Si riferiva a Stefano Esposito, ex senatore del Pd, e Marco Rettighieri, ex direttore generale di Ltf.

Ci sono state anche quattro interdittive antimafia. Tra queste, una per i gestori del bar Gritty di Bardonecchia, che forniva la colazione agli operai del cantiere Tav: un bar con una storia, perché apparteneva alla sorella e ai nipoti di Rocco Lo Presti, il boss della ’ndrangheta le cui attività portarono al commissariamento del Comune nel 1995, prima amministrazione del nord sciolta per infiltrazioni mafiose. Lo Presti “utilizzava il bar Gritty per incontrare i propri interlocutori”. Interdittive anche alla Romea di Bologna, fornitore di carburante, in cui aveva lavorato un nipote di Totò Riina. E alla Torino Trasporti, il cui titolare è parente di un personaggio condannato nel processo antimafia “Minotauro”.

Il Corridoio 5 che non c’è: cantieri e dubbi dappertutto

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/03/09/il-corridoio-5-che-non-ce-cantieri-e-dubbi-dappertutto/5024837/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=inedicola-2019-03-08

Il progetto “Mediterraneo” è solo un’ipotesi. Nel rapporto della responsabile slovacca lo stato dell’arte dei vari lavori da est a ovest
Il Corridoio 5 che non c’è: cantieri e dubbi dappertutto

Sono passati sei anni da quando Luca Rastello e Andrea De Benedetti, autori del libro Binario morto, viaggiarono lungo il “mitico” Corridoio 5 alla ricerca della sostanza dell’opera. Prendendo atto che quel corridoio non esisteva. Non esistevano i lavori, le tratte ad alta velocità, l’idea di un rapido e immaginifico collegamento da Kiev a Lisbona.

Oggi il Corridoio 5 non esiste più nemmeno nel nome: si chiama Corridoio Mediterraneo e al posto di Lisbona, dopo il ritiro del Portogallo dal progetto, si è inserita Algericas, sul bordo più meridionale della Spagna. Nemmeno Kiev esiste perché il progetto si ferma ai confini dell’Ucraina. In mezzo tante strade, ferrovie, porti, collegamenti marittimi, vie fluviali interni, esistenti e in corso di ristrutturazione con nessuna opera che possa somigliare al “cuore” del progetto, il simbolo della politica del nostro tempo.

Il corridoio dovrebbe essere lungo circa 3000 chilometri e, come spiega il rapporto della Commissione europea redatto dalla responsabile del progetto, Iveta Radicova, ex primo ministro della Slovacchia, ha nella Lione-Torino la sua “sezione-chiave”. E qui appare chiaro che il tratto in cui si realizza il maggior danno ambientale è proprio quello italo-francese. Le proteste ambientaliste ci sono tra Marsiglia e Perpignan, a Budapest e in Slovenia, ma nulla a che vedere con gli effetti di quei 57 chilometri di tunnel da cui sembrano dipendere le sorti dell’Europa.

Solo che si tratta di un’Europa poggiata su un asse, quello est-ovest, che resta fuori da quella che fu chiamata la “Banana blu”, l’area della megalopoli europea che si estende da Londra a Genova e poi ampliata all’area berlinese. E lungo quest’asse non c’è una linea ad alta velocità tutta continua che non si ferma mai.

In Spagna, paese convinto del progetto, perché trovandosi all’esterno occidentale ha tutto da guadagnare da più rapide comunicazioni con il resto d’Europa, la linea tra Algericas e Barcellona doveva essere completata nel 2016 e ora viene annunciata per il 2025. Sul sito El corredor mediterraneo si può leggere lo stato dell’arte delle 14 tratte che, nei progetti spagnoli, servono a spezzare la “Spagna radiale” che ruota attorno a Madrid e costruire una “Spagna circolare” che possa giovarsi anche della linea mediterranea. Che però ha come problema principale la sostituzione dello scarto iberico (da 1668 mm) con quello internazionale da 1435 e su cui può viaggiare l’Alta velocità.

Arrivati in Francia siamo in alto mare tra Narbonne e Perpignan e tra quest’ultima e Montpellier. A Lione siamo ancora agli “studi” per quanto riguarda l’eliminazione del “collo di bottiglia” rappresentato dalla città. Oltre Torino si va a singhiozzo fino a Trieste con lavori in costruzione, per piccole tratte, e studi in corso.

In Slovenia si è di nuovo in alto mare. La tratta tra Koper e Divaca è stata oggetto di referendum lo scorso maggio, fallito per mancanza di quorum, però il dibattito se farla o meno è ancora in corso. In Slovenia si affaccia già un nodo che poi occupa il dibattito in Ungheria e cioè su quale direttrice conviene investire di più. La Slovenia è a ridosso di Trieste che sta per diventare un porto strategico per la Cina favorendo un traffico che, una volta raccolte le merci via Mediterraneo, punta al Corridoio verso il Baltico e quindi l’asse Nord. Ed è a quella direzione che guarda Budapest, dove i lavori non si sa quando finiranno. Però, lo scorso dicembre sono stati siglati due accordi per la costruzione con capitale cinese di una linea ad alta velocità fra Budapest e Belgrado. L’obiettivo è poi estenderla fino alla Macedonia e alla Grecia.

C’è infine la Croazia beneficiaria, fino al 2018, di 364 milioni di finanziamenti europei (l’Italia ne ha avuti 570, mentre la Francia 437) dove lo stato dei lavori definito dal rapporto della Commissione segnala “studi in corso” e lavori di ammodernamento. Anche qui l’Alta velocità ancora non c’è.

corridoio

L’ultima bufala sullo studio “pro Tav” di Ponti

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/03/09/lultima-bufala-sullo-studio-pro-tav-di-ponti/5024870/

Tg e giornali rivelano uno studio della Trt a cui non ha lavorato. E calcola solo i benefici
L’ultima bufala sullo studio “pro Tav” di Ponti

Tra gli attacchi quotidiani agli esperti selezionati dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, ci mancava solo l’accusa di fare il doppio gioco. Giovedì il Tg di La7 ha rivelato uno studio che, a suo dire, “promuove il Tav”: è realizzato da due società, una delle quali è la Trt srl presieduta da Marco ponti, capo del team che ha redatto l’analisi costi-benefici che invece stronca l’opera.

La sintesi del servizio: “Ponti boccia il Tav e lo promuove in Ue”.

La notizia è stata ripresa da diversi giornali, che hanno alluso al fatto che Ponti si sia ben guardato dal firmarlo, al contrario di altri esperti della società. La realtà, manco a dirlo, è diversa.

Il ruolo di Ponti. Come spiega l’ad di Trt, Silvia Mafii, “Ponti non ha mai lavorato allo studio, né lo ha mai potuto vedere, visto che non è pubblico”.

Mafii ha già spiegato che Ponti “non riceve compensi per il suo ruolo né ha nessuna funzione operativa all’interno della società”, di cui è socio.

L’equivoco. Lo studio – consegnato prima di Natale a Bruxelles, che non l’ha pubblicato – non “promuove” il Tav Torino-Lione, che non viene mai menzionato se non in un allegato non disponibile; né dice se si deve fare o meno.

Non è il suo obiettivo. Il dossier non è un’analisi costi benefici, visto che contiene solo i secondi: è redatto per verificare l’impatto della rete principale Ten-T, Trans-European Transport Network, che costituisce i diversi corridoi, in termini di occupazione, tempi di percorrenza e benefici economici e ambientali. È di tipo macroeconomico e quindi viene positiva per definizione.

I risultati. Il dossier stima che queste reti genereranno 800 mila posti di lavoro, il Pil dell’Ue crescerà dell’1,6% in più, con 26 milioni di tonnellate di Co2 prodotta in meno.

Per l’Italia il beneficio è di 100 mila occupati. Il corridoio mediterraneo, di cui la Torino-Lione è parte, permetterà un risparmio di tempo del 30% per i passeggeri, del 44% per le merci.

La realtà. Lo studio analizza a livello macroeconomico gli impatti della realizzazione contemporanea al 2030 di tutti i corridoi Ten (in gran parte ferrovie ad alta velocità, ma anche porti, aeroporti etc.), cioè dell’investimento di 556 miliardi.

Che nel 2030 le reti siano completate è però inverosimile.

Per la Corte dei conti Ue non accadrà nemmeno nel 2050. I risultati dal lato trasporto, poi, sono coerenti con quelli dell’analisi costi-benefici di Ponti e colleghi.

E non sono entusiasmanti. I risparmi di tempo, per dire, sono calcolati sui corridoi nella loro interezza (quello mediterraneo è di 9 mila chilometri).

Le 26 milioni di tonnellate annue di CO2 in meno su tutti i corridoi, fatti di decine di migliaia di chilometri, sono un’inezia considerato che solo in italia ammontano a 106 milioni.

Anche la capacità di attrarre traffico non è sbalorditiva: quello passeggeri sui corridoi crescerebbe tra il 2,4% e il 5,7, quello merci tra lo 0,9 e il 3,1%.

Sulle lunghe distanze i valori si assottigliano a 1,5 e 0,9%. Con un calo di Tir e macchine su strada inferiore allo 0,5%.

AGRESSION CONTRE LE CAMEROUN (I). LA DESTABILISATION DE WASHINGTON 2014-2019

* Voir la video sur KAMERUN#1-TV & PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL:

AGRESSION CONTRE LE CAMEROUN (I).

LA DESTABILISATION DE WASHINGTON 2014-2019

Sur https://vimeo.com/322424138

KAMER - LM agression ctre le cameroun I (2019 03 09) FR

# PARTIE I/

sur PRESS TV le reportage du ZOOM AFRIQUE

(Iran, mars 2019)

* La présentation de PRESS TV :

« Sur fond d’un impressionnant déploiement de troupes et de moyens au Sahel, les États-Unis envoient leur émissaire en mission en Afrique francophone (…)

Que cherche-t-il au Cameroun ?Après de multitude de sanctions contre le Cameroun, le « Monsieur Afrique » américain Tibor Nagy entame une nouvelle tournée sur le continent africain et est attendu le 17 mars à Yaoundé. Les États-Unis font preuve d’une ingérence très directe sur le continent africain et surtout dans le pré carré français. En effet, le Monsieur Afrique américain s’est prononcé sur le Cameroun et il a allégué que les autorités du pays doivent être soi-disant « plus sérieuses » dans leur gestion de la crise du Cameroun anglophone. Il a aussi ouvertement annoncé que l’étoile montante des États-Unis au Cameroun, à savoir Maurice Kamto, devait être libéré immédiatement, en menaçant que la crise anglophone risquerait de s’aggraver. Cette crise anglophone est maintenant un jouet entre les mains de Washington et sert à exercer un chantage direct à l’encontre du président camerounais Paul Biya.

Les États-Unis ont beaucoup insisté pour que Yaoundé se plie aux exigences de Washington. Le gouvernement de Trump a sans cesse accusé le Cameroun de laxisme face à la minorité anglophone qui fait du zèle dans le pays. Outre ces accusations à tout-va, Washington a entre autres décidé de retirer les aides financières à l’armée camerounaise et continue de mettre la pression sur le gouvernement pour qu’il s’occupe de la crise. Ce paradoxe à l’américaine est une habitude dans la politique internationale du président Donald Trump. Concernant l’affaire Kamto, le gouvernement l’a emprisonné pour trouble à l’ordre public. Pour rappel, ses partisans ont saccagé des ambassades du Cameroun dans plusieurs pays européens, notamment à Paris. En ce qui concerne la fameuse crise anglophone, les Camerounais savent que cette minorité est téléguidée depuis l’extérieur et ne représente qu’une toute petite minorité parmi les anglophones. Les médias mainstream parle constamment de cette crise comme s’il s’agissait de tous les Camerounais anglophones. La population camerounaise est contre une ingérence dans les affaires internes de leur pays, elle veut préserver la sécurité et la souveraineté du pays. Les communautés francophone, anglophone et germanophone ont toujours vécu sans aucun problème dans le pays, et toutes sont totalement contre une sécession du pays. »

# PARTIE II/

sur AFRIQUE MEDIA l’analyse de Luc MICHEL

(dans LE MERITE PANAFRICAIN du 8 mars 2019)

* Thème de l’émission :

CAMEROUN

Les États-Unis demandent la libération des détenus politiques et la résolution immédiate de la crise anglophone. Arrestation de Maurice Kamto, crise anglophone, relations diplomatiques avec le Cameroun… Les déclarations publiques du secrétaire d’État adjoint des États-Unis pour les affaires africaines ont en partie été dénoncées par le porte-parole du gouvernement camerounais, qui a invité le diplomate au respect de la souveraineté du pays.

Le gouvernement camerounais n’a pas perdu de temps. Moins de 24 heures après la sortie médiatique de Tibor Nagy – le secrétaire d’État adjoint des États-Unis pour les affaires africaines, qui débute le 7 mars une tournée en Afrique centrale – sur les enjeux de sa visite au Cameroun prévue le 17 mars prochain, le ministre de la Communication, René Emmanuel Sadi, s’est fendu d’un communiqué dénonçant ces propos notamment tenus sur les antennes

* Le géopoliticien Luc MICHEL :

COMMENT WASHINGTON ORGANISE LA GUERRE CONTRE LE CAMEROUN

Pourquoi Tibor Nagy, l’envoyé de Trump, est un pompier pyromane ?

Comment Washington a organisé tous les axes de la déstabilisation du Cameroun depuis août 2014 ?

Les Réseaux, les hommes, les faits incontestables qui résultent de mes enquêtes sur le Dossier …

# ALLER PLUS LOIN :

TOUT SAVOIR SUR LE DOSSIER DE L’AGRESSION AMERICAINE CONTRE LE CAMEROUN …

* Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

DESTABILISATION DU CAMEROUN – CRISE ANGLOPHONE – SECESSION DE L’AMBAZONIE : YAOUNDE DANS LE PIEGE AMERICAIN !

sur http://www.lucmichel.net/2019/03/07/luc-michels-geopolitical-daily-flash-video-destabilisation-du-cameroun-crise-anglophone-secession-de-lambazonie-yaounde-dans-le-piege-americain/

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(Editée par PANAFRICOM) :

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Tav, Ponti si difende: “Il secondo studio non è un’analisi costi benefici”

http://www.ilgiornale.it/news/politica/tav-ponti-spiega-documento-favore-dellalta-velocit-1658838.html

Marco Ponti, interpellato a commentare il secondo studio firmato dalla sua società a favore del Tav, spiega: “Sono due studi diversi e quest’ultimo non è un’analisi costi benefici. Ho sempre fatto bene il mio mestiere e non sono il servo di Toninelli”

Due documenti diversi. Uno, di 78 pagine, in cui emergono perdite per un valore di sette miliardi dovute alla linea Torino-Lione e che boccia il progetto.

L’altro, più lungo, di 116 pagine, che promuoverebbe l’opera in termini di occupazione, tempi di percorrenza e benefici economici per il territorio. Studi differenti, ma entrambi redatti con la collaborazione della società “Trt” di Marco Ponti.

Oggi, a spiegare le sue motivazioni è Ponti stesso, interpellato a Mattino 5, il programma in onda tutti i giorni sul Canale 5: “Quella (il secondo documento, ndr) non è un’analisi costi benefici, ma sull’impatto, che si basa su analisi di valore aggiunto, che nulla hanno a che fare con l’analisi costi benefici. Non ci sono i costi in quello studio: non misura i costi ma il traffico, l’occupazione e l’impatto sulle imprese. L’analisi di impatto si occupa di ipotesi di valore aggiunto“.

L’altro studio

Stando a quanto riportato, poche ore fa, dal tg La7, lo studio a cui ha fatto riferimento Ponti, avviato due anni fa, sarebbe stato condotto da circa 30 esperti del settore. Al centro del documento, lungo 116 pagine c’è, questa volta, l’impatto socioeconomico e ambientale delle reti transeuropee, di cui fa parte anche il Tav. E tra le firme di questo report c’è anche quella della società di Ponti. Nello studio, tra i riferimenti, c’è quello al risparmio di tempo per i passeggeri e per le merci, ma non solo. Anche i benefici, infatti, sarebbero evidenti anche in termini di occupazione. Per ogni miliardo speso nel cantiere si creerebbero 15mila posti di lavoro.

Cosa perde lo Stato senza Tav

Ponti ha poi voluto chiarire: “Lo Stato è uno degli attori interessati nel progetto Tav. Noi guardiamo come stanno tutti gli attori in gioco e poi sommiamo tutti gli impatti. Lo Stato è un attore e valutiamo quanto sono i cost: con la Tav incasserebbe meno accise sulla benzina, sono soldi in meno per lo Stato, quindi giusto mettere questa voce nell’analisi costi-benefici. La somma di queste altissime accise sulla benzina e dei pedaggi autostradali che non incasserebbe sono costi per lo Stato, incassi che perderebbe rispetto ai danni ambientali che verrebbero limitati con la Tav“.

Ponti: “Non sono schiavo di Toninelli”

Ponti, quindi, ha scelto di spiegare le sue due diverse posizioni: “L’analisi costi benefici sulla Tav del 2011 fu promossa da un soggetto che aveva già deciso per il sì. Noi l’abbiamo criticata quell’analisi, avevano fatto degli errori metodologici. Ho fatto analisi per Ocse, Commissione europea, banca mondiale. Io credo di far bene il mestiere, credo di non essere uno schiavo di Toninelli. Abbiamo ottenuto un grande risultato: per la prima volta si paròa di numeri, così, finalmente, l’Italia diventa un Paese civile perché si critica e si discute di numeri“.

E spunta uno studio di Ponti favorevole al tunnel

http://www.ilgiornale.it/news/politica/e-spunta-studio-ponti-favorevole-tunnel-1658588.html

Il dossier in mano alla Commissione Ue: per ogni miliardo di investimenti 15mila posti di lavoro

Roma – Clamoroso a Bruxelles! Il professor Marco Ponti, che in Italia ha guidato il gruppo di lavoro che ha elaborato la contestata analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione, è il presidente della Trt, la società di consulenza che per conto della direzione generale Mobilità e trasporti della Commissione Ue ha magnificato le lodi delle reti trans-europee.

In un report di 116 pagine di prossima pubblicazione (realizzato, appunto, con il contributo di Trt), anticipato dal Tg La7, si evidenzia come il corridoio Gibilterra-Budapest del quale la Tav è parte integrante consenta un risparmio dei tempi di percorrenza del 30% per il traffico passeggeri e del 44% per quello merci. Più nel dettaglio la realizzazione della linea Torino-Lione, per ogni miliardo di investimenti crea 15mila posti di lavoro diretti, ossia indotto escluso. Al 2030, invece, la maggiore occupazione complessiva (cioè incluso l’indotto) è di 153mila unità.

Nonostante tutto questo il premier Giuseppe Conte continua a lavorare allo smantellamento dei cantieri. Ieri mattina a Palazzo Chigi si è tenuto un incontro, già in agenda, tra il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio, Piero Benassi, e il suo omologo francese per il presidente Emmanuel Macron, Philippe Etienne. L’ambasciatore di Francia a Roma, Christian Masset, ha partecipato alla riunione che ha riguardato, oltre ai vari dossier bilaterali, anche la questione Tav. Il mantra ripetuto in questi giorni da Conte è discutere con la Francia perché la ripartizione dei costi non è equa. In questo modo, il presidente del Consiglio si è intestato la battaglia pentastellata che scarica su Parigi l’onere dello stop alla grande opera. Ma su quale fondamento si basa questa contestazione? In buona sostanza, il fronte No-Tav che si riconosce nel Movimento 5 Stelle eccepisce il mancato finanziamento francese come condizione per annullare la realizzazione dell’intera opera. Questo perché l’accordo Italia-Francia del 2012 prevede che la Torino-Lione sia realizzata previo stanziamento di tutte le risorse finanziarie necessarie al completamento. L’Italia con la legge di Stabilità 2013 del governo Monti ha già messo da parte 2,5 miliardi, mentre l’Unione europea ha accantonato circa 500 milioni che possono già salire a 813 in fase di pubblicazione dei bandi. Mancherebbero, nel dettaglio, i fondi francesi. La vulgata propagandata dai No-Tav sin dal 2014 è fortemente critica nei confronti dei francesi perché Oltralpe non ci sono stanziamenti pluriennali.

Si tratta, però, di un diverso criterio contabile. Ogni anno la legge di Bilancio transalpina (le Budget) finanzia l’Afitf, l’agenzia governativa per le infrastrutture, che a sua volta trasferisce queste risorse alla Telt, la società di gestione della Torino-Lione. La legge per la mobilità voluta dal ministro dei Trasporti, Elisabeth Borne, prevede un regolare finanziamento annuale di Afitf da qui al 2037. I No-Tav si lamentano pure dei maggiori oneri imputati all’Italia per il tunnel. La Francia, però, sulla tratta di competenza ha maggiori investimenti dovendo realizzare due ulteriori gallerie.

La ministra Elisabeth Borne inganna il Governo Italiano attraverso una falsa dichiarazione

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

9 marzo 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=19353

La ministra Elisabeth Borne inganna il Governo Italiano attraverso una falsa dichiarazione

La Ministra ai trasporti francese Elisabeth Borne ha inviato al Governo italiano il 7 marzo 2019 questo messaggio che contiene un testo fuorviante perché vuole lasciare intendere che la costruzione del tunnel transfrontaliero Torino-Lione e i suoi accessi francesi sono stati inclusi nel progetto di programmazione degli investimenti contenuti nel disegno di legge sull’orientamento della mobilità, attualmente all’esame del Senato francese. Qui sotto la sua traduzione.

Si tratta di una dichiarazione falsa, in basso portiamo le prove.

Scrive la Ministra Borne – Progetto di collegamento Lione-Torino

Il governo francese ha preso atto delle dichiarazioni del governo italiano in merito al progetto di Collegamento Lione-Torino.

Da parte sua, la Francia è convinta dell’importanza di questo grande progetto per gli scambi tra i nostri due paesi e per l’Europa.

Sostenuto da diversi decenni da Francia e Italia, il progetto Torino-Lione è oggetto di un trattato bilaterale ratificato nel 2017, e riceve il 40% dei finanziamenti europei per l’attuazione del tunnel transfrontaliero. La Francia riafferma il suo impegno a rispettare gli impegni assunti e la scadenza per la sua realizzazione.

La costruzione del tunnel transfrontaliero Torino-Lione e i suoi accessi francesi sono stati inclusi nel progetto di programmazione degli investimenti inclusi nel disegno di legge sull’orientamento della mobilità, attualmente all’esame del Senato. Anche il Ministro incaricato ai trasporti ha avviato una riflessione con le autorità locali per l’attuazione dell’accesso francese.

La Francia ha sempre rispettato la volontà del governo italiano di riflettere su questo tema ed è naturalmente aperta alla discussione tra i partner.

Durante questa fase di discussione, la Francia è favorevole all’invio, in occasione della prossima riunione del Consiglio di Amministrazione di TELT, degli inviti a candidarsi alla partecipazione alle gare necessarie al proseguimento dell’attività dei cantieri. Questo permetterà di rispettare il tempo di riflessione voluto dall’Italia e conservare u finanziamenti europei.

In realtà nessun bando per lavori relativi al Tunnel di base può essere lanciato né alcun cantiere avviato per tali  lavori  fino a quando, come previsto all’art. 16 dell’Accordo di Roma 30.1.2012, Italia e Francia non abbiano messo “sul tappeto” tutti i fondi per costruire  tutto il tunnel di base di 57,5 km. L’Italia ne ha messi pochi, la Francia non ne ha messi affatto.

La Ministra Borne vuole fare intendere all’Italia che la Francia stia stanziando questi fondi. Non è vero !

 Mettiamo a disposizione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte le informazioni indispensabili alla corretta comprensione del messaggio della Ministra Borne.

La ministra dei trasporti ha dichiarato: “La costruzione del tunnel transfrontaliero Lione-Torino e i suoi accessi francesi sono stati inclusi nel programma di investimenti previsto dal disegno di legge sull’orientamento alla mobilità attualmente all’esame del Senato.”

Questa affermazione è falsa, come è facile da dimostrare.

– le parole Lione-Torino compaiono solo nella  relazione introduttiva della legge,

– l’articolo 30 della legge all’esame del Senato francese stabilisce le priorità d’investimento e illustra la pianificazione finanziaria e operativa degli investimenti statali nei sistemi di trasporto per il periodo 2019 – 2027,

–  di conseguenza “sono stati istituiti cinque programmi prioritari di investimento” e non sono citate le parole “Lione” o “Torino”, ma solo il rinvio ad una eventuale quinta priorità definita “politica ambiziosa di trasporto merci” non dettagliatamente precisata.

Tra i tre scenari presentati nel Rapporto COI lo Stato favorisce lo scenario 2 per i grandi progetti, in linea con le priorità di questa legge. Le esigenze di questo scenario per i prossimi dieci anni sono coerenti con le risorse disponibili, in linea con le cinque priorità sopra descritte. È quindi sulla base di questo scenario 2 che verrà costruita l’infrastruttura e che il bilancio dell’AFITF sarà costruito nei prossimi anni.

CONCLUSIONE

Non vi è  alcun impegno della Francia per la costruzione o il finanziamento del tunnel di base della Lione Torino.

I finanziamenti per la costruzione di nuove infrastrutture, come la sezione internazionale del collegamento ferroviario Lione-Torino, hanno un impatto sulla spesa pubblica ai sensi del trattato di Maastricht e sui prelievi obbligatori per le tratta di accesso al Tunnel che il COI ha rinviato a dopo il 2038.

Inoltre, il COI rileva che, per quanto riguardagli accessi al tunnel Lione-Torino, la nuova infrastruttura prevista in questo contesto tra Grenay e Saint-Jean-de-Maurienne mira a migliorare la qualità dei servizi ferroviari per il trasporto passeggeri verso Chambéry, Grenoble, Annecy o Aix-les-Bains e, per quanto riguarda le merci, ad aumentare la capacità di carico del binario, la cui necessità dipende dallo sviluppo del traffico merci, in particolare tra Francia e Italia.

Nella tabella degli investimenti del COI (cfr. pagine 77, 78 e 79) la Lione Torino non viene menzionata e non viene stanziato alcun importo perché ritiene che non sia stato dimostrato l’urgenza di intraprendere questi sviluppi, le cui caratteristiche socioeconomiche appaiono chiaramente sfavorevoli in questa fase.

In particolare, il completamento di questi lavori può essere previsto solo nel quadro di una cronologia adeguata all’aumento reale del traffico merci sul collegamento Lione-Torino. Al momento opportuno, sarà necessario analizzare con precisione gli aumenti di traffico e affinare i modelli per innescare tali investimenti non appena le aspettative ci permetteranno di ritenere che essi siano effettivamente giustificati.

Sembra improbabile che prima di dieci anni vi sia motivo per continuare gli studi relativi a questo progetto, che nel migliore dei casi sarà intrapreso dopo il 2038.

La Lettera della ministra Elisabeth Borne – Projet de liaison Lyon-Turin

Le Gouvernement a pris connaissance des déclarations du gouvernement italien concernant le projet de liaison Lyon-Turin.

La France est pour sa part convaincue de la pertinence de ce projet majeur pour les échanges entre nos deux pays et pour l’Europe.

Porté depuis plusieurs décennies par la France et l’Italie, le projet Lyon-Turin fait l’objet d’un traité bilatéral ratifié en 2017, et bénéficie d’un financement européen à hauteur de 40% pour la réalisation du tunnel transfrontalier. La France réaffirme son attachement au respect des engagements pris et des délais de réalisation.

La réalisation du tunnel transfrontalier Lyon-Turin et de ses accès français ont été inscrits dans la programmation des investissements figurant dans le projet de loi d’orientation des mobilités, actuellement examiné au Sénat. La Ministre chargée des Transports a par ailleurs engagé un travail approfondi avec les collectivités locales pour la réalisation des accès français.

La France a toujours respecté le souhait du gouvernement italien de conduire une réflexion sur ce projet, et se tient naturellement ouverte à une discussion entre partenaires.

Durant cette phase de discussion, la France est favorable au lancement, à l’occasion du prochain conseil d’administration de TELT, des avis d’appels à candidature nécessaires à la poursuite du chantier. Cela permettra de respecter le temps de réflexion souhaité par l’Italie tout en préservant les financements européens.

Una proposta provocatoria, ma non troppo…

http://torino.pro-natura.it/tav-proposta-provocatoria/

In merito al recentissimo dibattito sulle alternative al tunnel di base, Pro Natura Piemonte ricorda che in Valle di Susa esiste già un tunnel grande, vuoto e recentissimo, che è quello della seconda canna del tunnel autostradale del Frejus di cui si prevede l’apertura in aprile per far transitare in Valle di Susa un milione di TIR.

Piuttosto che scavarne qualsiasi altro, basterebbe metterci un binario per avere una linea ferroviaria Torino Lione ad ampia sagoma senza dover bucare ulteriormente le montagne.

Pro Natura Piemonte ribadisce che la linea esistente è perfettamente compatibile per il traffico prevedibile con ogni metodologia di calcolo e che i vincoli di sagoma che si possono individuare nel tunnel ferroviario internazionale attuale sono dovuti solo a lavori imperfetti e difformi realizzati da parte francese.

Questi vincoli scomparirebbero se ogni tunnel fosse esercìto con un solo binario.

L’utilizzo della seconda canna autostradale per il traffico ferroviario sarebbe la migliore e più sicura risposta per il contenimento del traffico su gomma e, realizzando gli opportuni collegamenti trasversali, farebbe venir meno anche l’esigenza di un tunnel di sicurezza sia per l’infrastruttura ferroviaria che per quella autostradale.

Le quote sono compatibili: infatti il tunnel di cui si parla, era stato inizialmente progettato per servire da sicurezza sia al traforo autostradale che al parallelo traforo ferroviario; fu poi spostato di qualche centinaio di metri a seguito di una decisione che meriterebbe una indagine della Corte dei Conti.

Viene però ribadito che linea ferroviaria attuale, il cui secondo binario è stato completato solo nel 1984, deve restare sostanzialmente quella che è, perché un cambio di pendenza tra Susa ed Oulx comporterebbe la realizzazione di una linea ferroviaria tutta nuova con imponenti lavori a mezza costa a partire da Chiusa San Michele fino ad Oulx, con conseguente devastazione dei versanti paesaggisticamente bellissimi e con numerosi punti di instabilità geologica.

Mario Cavargna, presidente Pro Natura Piemonte

DIALOGUE EURO-ARABE A LA CONFERENCE DE CHARM EL-CHEIKH ENTRE L’U.E. ET LA LIGUE DES ETATS ARABES

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2019 03 07/

Le Flash Vidéo du jour …

VIDEO.FLASH.GEOPOL - Conférence de charm el-cheikh - presstv (2019 03 07) FR (1)

Le géopoliticien Luc MICHEL dans le ZOOM AFRIQUE du 29 juin 2018

sur PRESS TV (Iran)

# I- COMMENT ANALYSER LA CONFERENCE DE CHARM EL-CHEIKH ?

J’ai analysé pour PRESS TV la Conférence de ces 24 et 25 février 2019 à Charm El-Cheikh en Égypte entre l’UE et la Ligue des Etats Arabe. En insistant sur les dessous des cartes, et les limites et inccohérence, de ce sommet euro-arabe. Mais retenons que quelles que soient les agenda des uns et des autres, la Méditerranée n’est pas une frontière mais un espace géopolitique à gérer et commun …

Sources :

* La Video sur PCN-TV/

LUC MICHEL:

CONFERENCE DE CHARM EL-CHEIKH ENTRE L’UNION EUROPEENNE ET LA LIGUE ARABE CES 24 ET 25 FÉVRIER 2019. QUELLE ANALYSE ?

(‘REPORTAGE’ SUR PRESS TV, IRAN, 6 MARS 2019)

sur https://vimeo.com/322043173

* L’article sur :

https://www.presstv.com/DetailFr/2019/03/06/590335/Sommet-EULigue-arabe-coopration-antiiranienne

* La présentation de PRESS TV :

« Sommet EU-Ligue arabe: coopération anti-iranienne ?

Le sommet Union européenne-Ligue des États arabes (LEA) s’est tenu les 24 et 25 février 2019 à Charm El-Cheikh en Égypte sous la coprésidence de l’Égypte et du président du Conseil européen.

Lors de ce sommet, les dirigeants se sont penchés sur l’évolution récente de la situation régionale au Moyen-Orient. Les deux parties ont néanmoins notamment souligné que le règlement de toutes les crises régionales requerrait des solutions politiques conformes au droit international.

Quels sont les résultats réels de ce sommet ?

Luc Michel, géopoliticien, nous donne son avis. »

MA VISION DE LA MEDITERRANEE.

OU COMMENT JE PREFERE LES PONTS AUX MURS …

Je conçois la Méditerranée comme un pont entre l’Afrique et l’Europe. Je dois souligner combien cette vision est différente de celle des politiciens atlantistes de l’Union Européenne qui, eux, ne bâtissent pas des ponts, mais dressent les murs d’une forteresse. A Bruxelles ou à Strasbourg, ces politiciens arrogants autant qu’incapables donnent des leçons au monde entier. « Droits de l’homme, libre circulation, libertés » nous disent-ils. Mais dans la réalité ce sont les murs d’une forteresse qu’ils dressent ! Mur de Schengen à l’Est qui coupe l’Europe en deux. Barbelés de Schengen encore à la frontière entre le Maroc et l’Espagne. Et à l’intérieur même de l’Union Européenne, citoyenneté à deux vitesses. Complète pour les pays de la vieille CEE. Droits limités pour les Bulgares, les Roumains ou encore les Polonais… Traitement indigne des peuples européens catégorisés en peuples supérieurs en droits et en peuples à qui on nie les mêmes droits. Entre 1933 et 1945, sous le Reich nazi on ne faisait pas autre chose. Mais on le disait plus crûment… « Peuple des Seigneurs » et « sous-hommes slaves » !

L’Union européenne entend aussi faire de la Méditerranée une frontière, une de plus ! Le « Processus de Barcelone » ou le « partenariat Europe-Méditerranée », auxquels la Libye de Kadhafi avait refusé de participer, n’ont pas d’autre sens. Face à cette vision, il y avait celle de Moammar Kadhafi. Qui voyait la Méditerranée comme un lieu de culture, de partage, d’échange. Il faut avoir la longue mémoire du Passé. Celui où la Méditerranée était une unité. Qui sait que Leptis Magna en Libye a donné à l’Empire romain les empereurs de la dynastie des Sévère. Les politiciens européens l’ont aussi oublié ! Nous voulons bâtir des ponts pour unir, alors que les politiciens de L’Union européenne construisent des murs pour séparer !

* Voir LUC MICHEL (Tripoli, octobre 2009) :

PENSER EN CONTINENTS !

POUR UNE PHILOSOPHIE DE L’ACTION !

POUR UNE MISE EN ACTION DE LA PHILOSOPHIE :

CHANGEONS LE MONDE !

sur http://www.elac-committees.org/2009/10/25/lucmichel-net-penser-en-continents-pour-une-philosophie-de-laction-pour-une-mise-en-action-de-la-philosophie-changeons-le-monde/

# II-LA CONFERENCE DE CHARM EL-CHEIKH OU LE DÉBUT D’UN NOUVEAU DIALOGUE ENTRE L’UE ET LA LEA

L’UE et la LEA ont lancé en 2015 un dialogue stratégique visant à développer la coopération opérationnelle euro-arabe sur les questions de sécurité. Les deux régions sont déjà des partenaires de premier plan en matière de commerce et d’investissement. Collectivement, l’UE est le premier partenaire commercial de la LEA. C’est également le cas pour 11 membres de la LEA. L’UE est aussi le plus grand investisseur dans les pays de la LEA.

La Ligue des États arabes est le seul groupement panarabe réunissant tous les pays arabes. Elle comprend 22 États membres d’Afrique et du Moyen-Orient: l’Algérie, l’Arabie saoudite, le Bahreïn, les Comores, Djibouti, l’Égypte, les Émirats arabes unis, l’Iraq, la Jordanie, le Koweït, le Liban, la Libye, la Mauritanie, le Maroc, Oman, la Palestine, le Qatar, la Somalie, le Soudan, la Syrie, la Tunisie et le Yémen. Le statut de membre de la Syrie a été suspendu en 2011 et celle-ci n’a pas participé au sommet.

Les dirigeants de l’UE et de la Ligue des États arabes (LEA) sont convenus de renforcer leur partenariat lors du premier sommet jamais organisé entre les deux régions. Ils ont adopté une déclaration conjointe. Le sommet a marqué le début d’un nouveau dialogue entre l’UE et la LEA. Les dirigeants se sont engagés à organiser régulièrement des sommets UE-LEA, le prochain devant se tenir à Bruxelles en 2022. “Des différences existent entre nous. Mais nous sommes confrontés à des défis communs et avons des intérêts communs. Il nous faut coopérer, sans déléguer cette tâche à des puissances mondiales éloignées de notre région” (Donald Tusk, 24 février 2019). Le président Donald Tusk a coprésidé la réunion avec le président égyptien Abdel Fattah al-Sissi. Il a représenté l’UE aux côtés du président Jean-Claude Juncker.

Vers un renforcement du partenariat euro-arabe ?

Les dirigeants sont convenus d’approfondir les liens arabo-européens afin de renforcer la stabilité, la prospérité et le bien-être des deux régions. Le renforcement de la coopération régionale est essentiel pour relever des défis communs, tels que les migrations: “En matière de contrôle aux frontières et de lutte contre la migration irrégulière, nous intensifierons les efforts conjoints que nous déployons pour prévenir le trafic de migrants, éradiquer la traite des êtres humains et lutter contre ceux qui exploitent les personnes vulnérables”. Les deux parties sont convenues d’intensifier la coopération en matière de sécurité, de règlement des conflits et de développement socioéconomique dans l’ensemble de la région. Les dirigeants se sont engagés à coopérer plus étroitement pour s’attaquer aux causes profondes du terrorisme et à poursuivre les efforts conjoints visant à lutter contre lees combattants terroristes étrangers.

Ils ont également réaffirmé la nécessité de renforcer la coopération économique entre les deux régions afin de stimuler les investissements et la croissance durable.

LES EFFETS DES GUERRES COMMERCIALES DE TRUMP :

SOUTIEN DE « L’ORDRE MULTILATÉRAL »

Les dirigeants ont réaffirmé leur volonté de défendre le multilatéralisme et le système commercial fondé sur des règles. “L’ordre mondial fondé sur des règles est clairement menacé. Nous sommes convenus ici, à Charm el-Cheikh, que les deux parties œuvreraient ensemble à le défendre. Les solutions multilatérales restent le meilleur moyen de faire face aux menaces qui pèsent sur la paix et la sécurité internationales.”

Les deux parties sont convenues d’accroître la coopération entre la LEA, l’UE, les Nations unies et l’Union africaine. Elles ont également réaffirmé leur attachement au programme de développement durable à l’horizon 2030, ainsi qu’à la mise en œuvre de l’accord de Paris. Par ailleurs, les dirigeants ont réaffirmé leur attachement au respect de tous les aspects du droit international relatif aux droits de l’homme.

… MAIS SCIZOPHRENIE GEOPOLITIQUE

Mais la scizophrénie géopolitique qui règne au sein du Bloc atlantique (l’allié principal géopolitique via l’OTAN est aussi l’ennemi économique et financier – guerre commerciale USA vs UE et guerre financière Dollar vs Euro – via l’UE) semble aussi s’installer autour de la Méditerranée. L’ennemi économique de l’Oprdre multilatéral, les USA, devenant l’ordonnateur géopolitique de la région. Et les ennemis de Washington, Téhéran, Moscou et Pékin, désignés comme l’ennemi géopolitique.

Ainsi le sommet a donné aux dirigeants l’occasion de se pencher sur l’évolution récente de la situation dans la région. Les deux parties ont souligné que le règlement des crises régionales requiert des solutions politiques conformes au droit international. Les dirigeants ont réaffirmé leurs positions communes concernant le processus de paix au Proche-Orient et leur volonté de parvenir à une solution fondée sur la coexistence de deux États. Les dirigeants ont également tenu un débat approfondi sur les moyens de trouver des solutions politiques en Syrie, en Libye et au Yémen, conformément aux résolutions pertinentes des Nations unies.

(Source : Press TV – PCN-TV – Consilium.Europa – ELAC Website – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

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