Amedeo La Mattina Andrea Rossi

Un altro strappo con il M5S. Il vicepremier: “Da loro solo elucubrazioni” Leghisti all’attacco: nella costi-benefici ipotizzate spese che non esistono
Matteo Salvini non vuole più sentire ragioni, soprattutto non intende rimanere impiccato a quelle che definisce «elucubrazioni» dei grillini e di Alessandro Di Battista.
Per il leader della Lega la Tav va fatta perché i numeri in suo possesso, che La Stampa pubblica oggi, dicono che «sospenderla costa più che ultimarla».
Ministri, sottosegretari e tecnici della Lega non hanno mai ricevuto il testo dell’analisti costi-benefici che il ministro Danilo Toninelli tiene chiusa nei suoi cassetti.
Alcuni leghisti hanno avuto la «fortuna» di consultarla, constatando che non sta in piedi.
Vengono ipotizzati costi che non esistono o sono presunti: aumenti dell’Iva, mancate entrate di accise su carburanti, mancati pedaggi autostradali.
«Siamo in attesa di questa fantomatica analisi per confrontarla con la nostra», dice Massimo Garavaglia, viceministro al Mef che ribadisce la fattibilità della Torino-Lione e invita gli alleati a non fermare gli investimenti.
Il dossier consegnato a Salvini aggrega una serie di documenti ufficiali redatti da Telt, la società italo-francese costituita per realizzare l’opera, e dall’Osservatorio, la struttura creata dalla presidenza del Consiglio nel 2005.
Sono i numeri che l’anima Cinque Stelle del governo spera di veder smentiti dall’analisi costi-benefici del professor Ponti.
Quelli del documento leghista sono invece il frutto del lavoro di alcuni docenti universitari: i professori della Bocconi Roberto Zucchetti e Lanfranco Senn e di Andrea Boitani della Cattolica di Milano.
Si concentrano su tre aspetti: i benefici della Tav, i costi diretti di un dietrofront italiano e quelli indiretti.
Come prima cosa, il dossier leghista smentisce il ministro delle Infrastrutture quando quantifica in 20 miliardi i costi dell’opera. Il tunnel vale 8,6 miliardi, l’intera realizzazione non più di 14, di cui 4,6 a carico dell’Italia. I 20 miliardi di Toninelli sono distanti anni luce, così come il mantra secondo cui la Torino-Lione sarebbe uno spreco. Il documento in mano a Salvini fa sue le cifre fornite dall’ex commissario di governo Paolo Foietta – il tecnico che Toninelli non ha mai voluto ricevere e cui augurava una serena pensione – durante l’ultima audizione alla Camera, due settimane fa: la galleria in Valsusa è l’opera meno costosa tra quelle programmate dall’Italia (Verona-Monaco, Napoli-Bari, Terzo Valico) e i suoi 86 milioni a chilometro sono perfettamente in linea con i costi degli altri tunnel alpini.
Il conto finale di un no alla Tav, come rivelato da uno studio commissionato nel 2014 da Ltf (oggi diventata Telt) al Centro di Economia regionale, dei trasporti e del turismo della Bocconi, è di 20,3 miliardi e riguarda i mancati benefici socio-economici dovuti al blocco temporaneo o definitivo dei cantieri.
Una stima larga, che tiene conto delle prospettive di crescita degli scambi tra l’Italia e l’Ovest europeo, superiori ai 172 miliardi l’anno e tornati oltre i valori pre-crisi (+5% sul 2007).
Secondo le analisi del professor Zucchetti nel 2030 i beni da trasportare supereranno i 50 milioni di tonnellate l’anno che diventeranno almeno 55 milioni, «ma più probabilmente tra i 65 e i 75» entro il 2050.
Questi sono i benefici in termini di Pil e posti di lavoro cui l’Italia sceglierebbe di rinunciare dicendo addio alla Torino-Lione.
Poi ci sono gli effetti negativi immediati, che lo studio quantifica in una cifra che oscilla tra 2,9 e 4,2 miliardi a seconda delle voci considerate: i fondi da restituire a Francia ed Europa per i 65 chilometri di sondaggi e i 25 di gallerie già scavati (900 milioni), i costi per mettere in sicurezza le aree di cantiere (sette anni di lavori per circa 280 milioni cui aggiungerne altri 100 per la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine), e ancora i contratti da rescindere.
Infine ci sono i costi (tra 1,4 e 1,7 miliardi) per mettere a norma l’attuale tunnel del 1871, una galleria di 14 chilometri senza una sola uscita di sicurezza, dove potrebbero passare 94 treni al giorno ma ne sono autorizzati solo 38 perché gli standard europei non sono rispettati.
Questi sono i numeri in mano a Salvini, che attende di leggere quelli della commissione voluta da Toninelli. Il ministro delle Infrastrutture vorrebbe pure che in Parlamento venisse presentata una mozione unitaria della maggioranza giallo-verde che impegni il governo ad attendere i risultati del suo studio. La Lega è contraria e non è nemmeno favorevole a votare una delle mozioni presentate alla Camera da Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia; non intende forzare le divisioni con gli alleati.
«Non votiamo mozioni dell’opposizione. Discuteremo serenamente con i 5 Stelle», spiega il ministro dell’Interno. Il voto verrà rinviato al termine delle votazioni della proposta di legge costituzionale sul referendum consultivo.
Comunque, per far capire che aria tira, Salvini ha confermato che in settimana andrà a Chiomonte. Deve ancora essere fissata una data, ma la sua presenza al cantiere della Tav è una sfida chiara al M5S sulla base dei numeri che sono stati elaborati dai «suoi» tecnici.