INTERVISTA AD ANTONIO FERRENTINO SUL TAV.

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Intervista ad Antonio Ferrentino sul TAV.

Antonio Ferrentino, Lei inizialmente non era persona che poteva annoverarsi fra i sostenitori dell’opera, anzi. Che cosa le ha fatto cambiare idea?

Il collegamento ferroviario Torino – Lione è nato in modo pessimo agli inizi degli anni novanta, con un totale disinteresse per il nostro territorio. Un progetto in sinistra orografica della Dora che avrebbe prodotto un impatto insopportabile sul territorio, era pensato per raggiungere direttamente Milano, la Lombardia e così avrebbe marginalizzato totalmente Torino e il Piemonte e condannato definitivamente lo scalo di Orbassano.

Un territorio di solo transito quindi e perciò che accadde?

Il territorio e le istituzioni si mobilitarono e si arrivo così ai gravi scontri di Venaus, l’8 dicembre 2005, la data che invece i NO Tav di oggi celebrano. Il Governo comprese l’errore e cancellò il progetto già approvato al CIPE condividendo l’idea di attivare un tavolo tecnico con esperti di tutte le parti coinvolte. Fu la nascita dell’Osservatorio tecnico in contrapposizione al becero falso decisionismo della Legge obiettivo.

Quali erano i compiti affidati all’Osservatorio e chi vi partecipava?

L’Osservatorio era ed è un organo tecnico istituto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ne fanno parte i tecnici dei comuni della Valle di Susa e della cintura ovest e sud di Torino, della provincia/città metropolitana, dei diversi settori regionali (ambiente, urbanistica, trasporti…), dell’Arpa Piemonte, dell’Asl, della Città di Torino, dei ministeri coinvolti (Ambiente, trasporti). Era Presieduto da Mario Virano ed oggi da Paolo Foietta, la nomina spetta al Presidente della Repubblica su indicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Normalmente, ancora oggi,  si riunisce a cadenza settimanale presso la prefettura di Torino.

Il compito dell’Osservatorio è di individuare una metodologia di lavoro, che prevede il coinvolgimento dei rappresentanti territoriali nella costruzione del processo decisionale, per il miglior progetto possibile con le ricadute di sistema per l’area coinvolta.

Per i territori sono disponibili per interventi diretti, quelli definiti dalla legge come “opere compensative”, con risorse pari al 5% del finanziamento nazionale quindi valgono una cifra di circa 130 milioni di euro. Ripeto sono opere che non riguardano i lavori della TAV ma diretti a finanziare opere sul territorio, dall’assetto idrogeologico agli interventi sui nuclei abitati, alle attività produttive. Ovviamente le risorse sono di accompagnamento ai lotti di lavoro dell’opera e sono disponibili solo se l’opera viene eseguita.
Dopo ca 70 riunioni l’osservatorio decise di organizzare un momento seminariale, un focus sul lavoro svolto e optò per una due giorni nella struttura di Pra Catinat, lontani da condizionamenti dei media e degli amministratori.

A quale scopo?

Si doveva dare una svolta al lavoro dell’Osservatorio, dare un esito a quella lunga sequenza di riunioni e trovare un punto di accordo che fosse soddisfacente per tutti sul quale basare i passaggi futuri del lavoro. Una full immersion di due giorni senza distrazioni, altri impegni, orari, era l’unico modo per farlo, le premesse c’erano ma accorreva tirare le fila con un documento che sottoscrivesse gli impegni sul pano politico/tecnico.
Allora ero Sindaco e Presidente della Comunità Montana Bassa Valle Susa e Val Cenischia, con altri 6/7 Sindaci della Valle e della cintura torinese aspettavamo, il secondo giorno, che i due tecnici che ci rappresentavano nell’Osservatorio, Ing. De Bernardi e Ing. Tartaglia, venissero a riferirci sull’andamento dei lavori. Ho questo ricordo preciso, ci raggiunsero mentre eravamo a pranzo in una trattoria ad Usseaux ed iniziarono ad illustrarci il lavoro, facemmo alcuni interventi nel testo, precisazioni, limature come si dice in gergo, ma nella sostanza condividemmo il testo dell’accordo, demmo il nostro assenso.

Un buon risultato dunque da parte di chi, voi stessi, individuava forti criticità nel progetto dell’opera e sino a quel momento si opponeva. È così?

Direi di sì, tanto che si arrivò presto a concludere. Il 29 giugno 2008, in Prefettura a Torino, venne organizzata una conferenza stampa per illustrare il testo dell’accordo approvato dai Sindaci che lo salutarono anche con un applauso convinto e liberatorio. Intervenendo a nome dei Sindaci chiarii che non vi era un accordo sul nuovo tracciato (al quale avrebbe dovuto lavorare l’Osservatorio) ma un accordo politico sul percorso sancito dal documento condiviso di Pra Catinat.

Tutto bene quindi ma allora perchè ancora oggi siamo in questa situazione a dieci anni di distanza?

Il giorno dopo, l’ala oltranzista del movimento No Tav, al posto di condividere l’accordo ed iniziare a lavorare sul nuovo tracciato, cominciò a fare pressioni sui Sindaci ed iniziarono i distinguo, ci furono prese di distanza con la motivazione, molto sibillina, che si trattava di un accordo tecnico che non impegnava i consigli comunali e i Sindaci. Questo non corrispondeva assolutamente al vero perché almeno i Sindaci che come ho raccontato erano presenti in trattoria a Usseaux avevano dato il loro assenso all’accordo, anzi per la precisione fu proprio uno dei Sindaci a scrivere le condizioni per il si dei tecnici usando un tovagliolo di carta del locale.

Potrebbe essere un reperto storico, lo avete conservato?

Bisognerebbe chiederlo agli ingegneri, loro si portarono via gli appunti.  

Era una battuta ovviamente, però ora saremmo curiosi di chiederlo a De Bernardi e Tartaglia. Ma come andò a finire?

L’Osservatorio riprese i lavori ma alcuni Sindaci continuarono a non riconoscere quell’accordo che è stato e rimane una pietra miliare in questa vicenda. Accettava la realizzazione per fasi e poneva attenzione al territorio e alla richiesta di utilizzare la linea attuale assolutamente non in grado di fornire risposte esaustive per il traffico misto previsto(merci, alta velocità, regionali).
Quello di Pra Catinat fu un ottimo risultato, che l’intero movimento avrebbe dovuto riconoscere.
In quei giorni tutti i riferimenti istituzionali (Sindaco di Torino, Presidente di Provincia e Regione, Presidente dell’Osservatorio) hanno dovuto riconoscere che l’opposizione territoriale aveva ragioni fondate e attraverso la discussione si è evitato un progetto, quello sulla sinistra orografica della Dora assolutamente sbagliato.
L’attuale cantiere e il nuovo progetto sono il risultato di quell’accordo e questa è la risposta alla prima domanda, attraverso la discussione ed anche l’opposizione, il territorio attraversato dalla linea Torino/Lione ha trovato un punto di equilibrio positivo.

Per questo oggi sono favorevole alla realizzazione dell’opera.

Le vogliamo fare ancora una domanda. Il Suo racconto è chiaro e convincente, tuttavia ancora oggi movimenti di opposizione ci sono e conducono ancora una battaglia contro l’opera. La sensazione che abbiamo in questo periodo che la discussione si è riaccesa è che ci sia una contrapposizione anche sui dati e sulla loro veridicità. IN/Arch perciò ha immaginato di mutuare qui a Torino un’esperienza che i francesi hanno realizzato in relazione alla stessa opera. A Modane, come certamente sa, c’è un centro di documentazione sulla Totino/Lione dove chiunque può conoscere il progetto ed approfondirne la conoscenza, IN/Arch propone di fare un centro analogo anche qui a Torino, lei che ne pensa? Non crede che possa contribuire a mitigare la tensione sociale?

Un centro di documentazione sul collegamento ferroviario misto (merci, TAV, regionale), sul modello francese di Modane, è stato preso in esame più volte e sempre accantonato per ragioni di ordine pubblico. La prefettura deve già gestire il cantiere di Chiomonte come se fosse un sito militare strategico e non un normalissimo cantiere ferroviario, l’ipotesi di dover proteggere un secondo punto sensibile in prossimità del cantiere ha sempre allontanato la sua realizzazione.

Lo stesso progetto è stato modificato evitando, al momento, un secondo cantiere a Susa e allargando l’area di Chiomonte proprio per evitare un secondo sito da proteggere.

L’ipotesi di realizzare il centro di documentazione a Torino potrebbe avere una diversa valenza. Forse adesso si può prendere seriamente in esame la proposta che IN/Arch ha fatto.

Nella foto una vista della Val di Susa dalla Sacra di San Michele.

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Antonio Ferrentino

Nato a Nocera Inferiore (SA) e residente dal 1976 a Sant’Antonino di Susa. Dal 1976 insegna Elettrotecnica presso vari istituti tecnici e ora presso l’Istituto Professionale di Stato per l’industria e L’Artigianato “Galileo Ferraris” a Torino. E’ stato Sindaco del Comune di Sant’Antonino di Susa e nel 2009 è stato eletto Consigliere Provinciale. Dal 2005 al 2008 è stato Presidente del distretto industriale della meccanica Pianezza-Pinerolo e dal 1995 ad oggi presta servizio nella giunta dell’Unione Comuni Montani (UNCEM), nel direttivo dell’Unione Province Italiane (UPI), come componente dell’ufficio di presidenza del C.A.L. (Consiglio Autonomie Locali) e della Lega Autonomie Locali.

INTERVISTA AD ANTONIO FERRENTINO SUL TAV.ultima modifica: 2018-12-06T14:17:03+01:00da davi-luciano
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