TENSIONI A CHIOMONTE, LA “PASSEGGIATA NO TAV” FINISCE CON 15 DENUNCIATI

https://www.lastampa.it/2018/11/18/cronaca/tensioni-a-chiomonte-la-passeggiata-no-tav-finisce-con-denunciati-U1VaPzib494iY7WXhOviFI/pagina.html?fbclid=IwAR0ScpkMZxc_VKlIsXTNo1liIu5Xf2K9Y77aGBh8m91-5M8IF0fh6YfyTT8

Un gruppo di attivisti ha cercato di squarciare la rete metallica che sbarra il sentiero verso il cantiere di Chiomonte: gli agenti li hanno allontanati con calibrati getti d’acqua
ANSA

Una marcia No Tav nei pressi di Chiomonte (foto di archivio)

Pubblicato il 18/11/2018
 
CHIOMONTE

Tensioni a Chiomonte sul sito della Tav: 200 manifestanti, appartenenti al centro sociale Askatasuna e al movimento No Tav questa mattina, dopo essersi radunati vicino al campo sportivo di Giaglione, hanno percorso il sentiero Gallo-Romano con l’intento di raggiungere il cantiere della Tav, violando quindi l’ordinanza del sindaco e del prefetto di Torino, Claudio Palomba. Alcuni attivisti sono arrivati in prossimità della cancellata metallica rinforzata, messa lungo il sentiero proprio per impedire attacchi al cantiere e con seghe elettriche e tronchesi l’hanno danneggiata, tentando di creare un varco in modo da oltrepassare lo sbarramento. 

La polizia li ha fatti desistere utilizzando «alcuni calibrati getti d’acqua»: delle 38 persone identificate, tre (quelli che avevano seghe elettriche e tronchese) verranno denunciate per inottemperanza di un provvedimento dell’autorità e per danneggiamento aggravato; inoltre, 12 persone, tra le quali l’attivista di Askatasuna Giorgio Rossetto, saranno denunciati anche per inottemperanza al foglio di via obbligatorio emesso dal questore Francesco Messina, per altri episodi simili sempre a Giaglione e Chiomonte.  

Chef Rubio contro la Tav: “Mi hanno convinto le signore anziane”. Napoli (Fi): “Si occupi di cucina”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/11/18/news/chef_rubio_contro_la_tav_mi_hanno_convinto_le_signore_anziane_-211981928/?fbclid=IwAR0P5OrvFBE0WyMkvUoCNzXGCBEAk5-BxqxdKW4_5tCxy42jhbQ3LEB6Ync

L’esperto culinario a Cuneo per Scrittorincittà ha presentato il suo libro “Mi sono mangiato il mondo”

di CRISTINA PALAZZO

18 novembre 2018

 

Chef Rubio dalla parte  dei No Tav. Il noto esperto culinario, volto noto della tv, durante la presentazione a Cuneo del libro “Mi sono mangiato il mondo” ha ribadito il suo sostegno al movimento che si oppone alla realizzazione della linea ad alta velocità Torino-Lione. “Tutto quello che viene raccontato e che ho letto in questi giorni a favore di quest’opera è falso”, ha dichiarato Rubio al termine della presentazione.
 
In passato lo chef aveva partecipato anche al festival Alta felicità in Valsusa. In quell’occasione, spiega, “ho conosciuto signore anziane che con eleganza e lucidità mi hanno raccontato cose che convincerebbero chiunque – ha proseguito lo chef – Andate a leggere e andatevi ad informare da chi da più di 20 anni lotta contro questa opera. La manifestazione dell’8 dicembre sarà sicuramente pacifica, e spero che possa far ricredere tante persone sulla inutilità della Tav”.
 

Pochi giorni fa, su Twitter, lo chef aveva condiviso un articolo dal sito NoTav dal titolo “Perché come donna sono No Tav”, citandone uno stralcio: “Il Tav sia a livello di personale per le attiviste, che a livello locale per le valsusine, che a livello nazionale attraverso il decreto femminicidio, non ha portato a nulla di buono per nessuna donna. Non per odio ma per amore”.

Parole che hanno scatenato le polemiche.  Osvaldo Napoli, deputato di Forza Italia e capogruppo al Comune di Torino che pur ammette di appassionarsi al programma del noto volto della cucina italiana ma resta “in attesa di capirne le competenze in materia di trasporti”.

“Riconosco la mia incapacità ai fornelli e mi divertono i suoi programmi – spiega Napoli – Non conosco invece le capacità dello chef nella economia dei trasporti o nella valutazione economica delle infrastrutture ferroviarie. Personalmente non ho mai creduto che i giudizi tecnici si debbano esprimere sulla base della propria appartenenza ad una curva di ultras (la sua militanza NoTav e pro centri sociali è nota da tempo) ma sulla base di dati, fatti e ragionamenti. Aspetto con interesse – conclude Napoli – i suoi consigli a Roberto Mancini per definire la rosa della nazionale ed un suo qualificato parere sulla politica economica del Governo”. 

INCENERITORI: CHI HA RAGIONE, SALVINI O DI MAIO? di Nino Galloni.

https://scenarieconomici.it/inceneritori-chi-ha-ragione-salvini-o-di-maio-di-nino/?fbclid=IwAR2cQxBkvZAlT_PU8eKAmOK3lT4WQaV94EIyN3i4F7S01IR6F8Ggi-hM3X0

 novembre 18, 2018 posted by 

Ha ragione Salvini, per due ordini di motivi:

1) né le discariche, né la differenziata rappresentano la soluzione del problema;

2) il patto o contratto di governo è fondamentale (come rispettare il Sabato) ma se ti cade l’asino nel pozzo lo vai a tirar fuori anche se è sabato.

Tuttavia, sia Salvini, sia la stampa e la televisione hanno parlato di Termovalorizzatori e di Inceneritori: allora, quarant’anni fa c’erano gli Inceneritori e una discreta mafia se ne interessò, ma la loro capacità di inquinare e rilasciare diossina quando gli impianti si raffreddavano era massima; vent’anni fa arrivarono i Termovalorizzatori – dotati di filtri – riducevano l’inquinamento del bruciare, ma non abbastanza, in cambio fornivano energia elettrica da combustione (legno, rifiuti, gasolio…tutto può bruciare); oggi esistono gli Apparati di Pirolisi – due brevetti italiani, Italgas e Ansaldo anche se gli inventori del personal computer, gli Italiani, appunto, si fecero rubare l’idea del pc una sessantina di anni fa. Oggi, dunque, esistono Pirolizzatori di cui un tipo che emette gas combustibile, inerti ed anidride carbonica; ed un altro che non emette l’anidride carbonica perché svolge al chiuso i processi.

Perché non si parla di dotare l’Italia di questi apparati attuali? Perché si confondono Termovalorizzatori e Inceneritori? Perché la mafia non solo non si è interessata ai Pirolizzatori, ma anzi, li ha osteggiati in tutti i modi entrando nella politica e nell’economia per impedirne la diffusione? Perché a Roma Virginia Raggi ed il suo staff non hanno voluto prendere in considerazione tale proposta (che era il primo punto, ad esempio, del Programma per Roma alle passate elezioni del Movimento Roosevelt che pure l’ha appoggiata e votata)?

Ci sono anche altre tecniche non aerobiche – in cui, sempre al chiuso, intervengono i batteri – e che consentono di trasformare la risorsa “rifiuti” in concimi, fertilizzanti e gas naturali, combustibili, a impatto ambientale negativo (cioè risolvono più problemi dell’abbandonare i rifiuti  – come tali – a sé stessi o cercare di riciclarli in modo non efficiente). Intendiamoci, la differenziata e l’economia circolare sono buonissime idee; ma perché vetro, metalli, plastica eccetera vengano recuperati occorre dotare le città di industrie adeguate, non mandare tali risorse in Svezia o in Germania (che, invece, al pari di alcuni lodevolissimi Comuni italiani – ma l’eccezione conferma la regola- sanno approfittare di tali opportunità): anche questo c’era nel programma per Roma alle passate elezioni. Credo che dell’ambiente – e non solo – si debba ragionare in modo non propagandistico, valutando bene, di ogni cosa, l’impatto economico, finanziario e  sociale.

Nino Galloni

Il Tav nel tunnel delle fake news

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/il-tav-nel-tunnel-delle-fake-news/

di Livio Pepino | 17 novembre 2018

Una delle caratteristiche dei Sì Tav e dei loro giornali (La Stampa, Repubblica e Corriere della Sera su tutti) è la disinvoltura nel cambiare gli argomenti addotti a sostegno dell’opera non appena quelli sostenuti fino al giorno prima si rivelano insostenibili. Così, nel tempo, si è detto che la nuova linea ferroviaria Torino-Lione era necessaria per convogliare folle di passeggeri in lista di attesa per raggiungere Parigi, che la linea storica era prossima alla saturazione e che occorrevano treni nuovi e veloci per portare quantità sempre maggiori di merci d a l l’Atlantico al Pacifico (s ic !), che non c’è altra via per togliere i Tir dalle strade e garantire la sostenibilità ambientale, che rinunciare al progetto comporterebbe penali miliardarie e via seguitando in un crescendo regolarmente smentito da fatti e documenti.
AL L’EL EN CO si è aggiunto, sulle pagine e sul sito di Repubblica, un cammeo presentato come un necessario fact checking. La messa a punto dei fatti inizia con l’affermazione che il tunnel di base della Torino-Lione non è un progetto ma una realtà, posto che ne sono già stati scavati, sul versante francese, 5 chilometri e mezzo del primo lotto di 9. La dimostrazione sta nei filmati e nelle fotografie proposte, con tunnel, talpa e operai inneggianti all’opera.

Nonostante le apparenze, la bufala non potrebbe essere più clamorosa. Lo scavo esiste ma non ha nulla a che vedere con il tunnel di base.

È un’opera geognostica, come la galleria scavata alla Maddalena di Chiomonte, destinata a studiare le caratteristiche del terreno e delle rocce per verificare se e come il tunnel di base potrà essere costruito in sicurezza.
IL TUNNEL è stato finanziato con contributi europei del 50 per cento e l’articolo10 del regolamento Ue n. 1316 del 2013 fissa le percentuali di cofinanziamento nel 50 per cento con riferimento agli studi e alle opere geognostiche enel 40 per cento con riferimento alle “tratte transfrontaliere”.

Se poi qualcuno avesse dei dubbi, la Commissaria europea ai trasporti, Violeta Bulc, che il 30 aprile, rispondendo ad alcuni parlamentari, scrive: “Le attività in corso a Saint-Martin-la-Porte riguardano le indagini esplorative e geologiche nel secondo tratto del tunnel di accesso esistente e oltre 10 km di cunicolo esplorativo (ramo sud). L’obiettivo dell’attività è individuare le caratteristiche geologiche, idrogeologiche e geomeccaniche del massiccio montuoso dell’Houiller, dove i futuri lavori di scavo del tunnel di base Torino-Lione incontreranno le condizioni del suolo più sfavorevoli. I dati raccolti permetteranno di valutare la fattibilità tecnica, di definire i piani tecnicie finanziari e di elaborare una documentazione di gara per la futura attività di costruzione.

In quanto tali, le attività esplorative a Saint-Martin-la-Porte rispettano la definizione di “studi” ripor tata all’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento Ce 680/2007 e sono cofinanziate al 50 per cento.

Il fatto che glistudie ilavorigeognostici relativi ai tunnel possano essere utilizzati anche per la ventilazionee/o insituazioni di emergenza non modifica la natura esplorativa delle attività e la loro classificazione come studi”. Il tunnel di base è di làdavenire enonneè stato scavato neppure un metro (né cambia la realtà sostenere che lo scavo Saint-Martin-la-Porte, essendo in asse con l’eventuale tunnel di base, potrebbe essere in tutto o in parte recuperato in esso). Se così non fosse, ci sarebbe lavoro per le Procure della Repubblica ché farsi finanziare come studio un’opera definitiva, ottenendo il 10 percento in più diquanto previsto, sichiama, in Italiacome in Francia, truffa.
LA COSA NON SFUGGE,forse, a Re pubblicache, incurante della contraddizione, prova acostruirsi una via di fuga sostenendo che “il primo lotto di 9 chilometri di galleria sarà finito a giugno 2019 ed è sperimentalenon perché servea decidere se fare l’opera ma perché serve a tarare latalpa che scava”. Vi è in ciòuna comicità irresistibile ancorché involontaria. Siamo di fronte –sembra di capire –a un mix: si costruisce, ma intanto si sperimenta, con una sorta di intervento bifronte ignoto sia alla logica che airegolamenti comunitari (e, soprattutto, ai finanziamenti comunitari). Il tutto –qui sta il bello –per “tarare la talpa”,cioè per definirne alcune caratteristiche tecniche.È vero che ilTav èuna macchina di sprechi senza precedenti ma allo scavo di 9 chilometri per decidere il diametro della talpa ancora non si era arrivati. A questo punto Repubblicatrae le conclusioni: “Quella del tunnel chenon c’èè solouna delletante bufale che politici e media governativi diffondono inquesti giorni fidando sulla disinformazione generale”. Proprio così. Senza commenti. Se non che, scherzi della lingua inglese,si scrivefact checkinge si legge fake news.

Sì-Tav, le nuove rivoluzionarie per gli umarell

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/si-tav-le-nuove-rivoluzionarie-per-gli-umarell/

di  | 17 novembre 2018

Abbiamo l’impressione che Repubblica e Corriere si stiano accorgendo che il (da loro) pompatissimo fenomeno delle cosiddette madamine Sì-Tav di Torino non regge all’impatto con la realtà, specie da quando le suddette hanno incominciato ad andare in Tv togliendo al Paese ogni dubbio circa la loro competenza in fatto di treni. Da giorni, dopo aver salutato nelle sei signore le levatrici di un “nuovo femminismo” (Repubblica), ma che dico: le timoniere della “marea arancione del popolo del Sì”(Corriere ), sui due quotidiani non c’è un trafiletto che dia conto della tabella di marcia per il progresso partita da piazza Castello. Dispiace, perché onestamente ci stavamo affezionando alla saga fantasy su questa nuova “internazionale femminile”(Repubblica) creata da sei donne “così tanto coraggiose da sfidare il potere costituito”(come da comunicato “Siamo tutte madamine” a firma delle Pari opportunità del Pd) che ricordano un po’ “le donne dei manifesti al tempo di Stalin, rocciose contadine, temibili operaie con fazzoletto rosso, la zappa in mano, o il Kalashnikov (Repubblica), in effetti la prima cosa a cui abbiamo pensato apprendendo che fanno lavori come l’art director, la pr, la copy e la cacciatrice di teste (tutti veri lavori proletari).

Fortuna che c’è La Stampa, pulsante organo della sempre verde razza padrona, a insufflare nei lettoriariadirivoluzione. Ieri, mentre pensavamo con nostalgia alle magnifiche sorti e progressive forse sfumate, il quotidiano che abbracciò l’im pre sa
della marcia dei (delle?) 40 mila ha intervistato una delle madamine, segnatamente lacacciatrice diteste, la quale col linguaggio stringatodei fucilieriha comunicatoche lei e le altre tetragone eredi di Rosa Luxemburge AleksandraKollontaj sono pronte “ad aprire la fase 2” de ll ’operazione “Sì Torino va avanti”.Suquesta fase2lacompa
gna Ghiazza è chiara: “La fase uno è stata la spontaneità”; adesso “è ora di essere meno tenerine, sempre educate, ma più assertive. Meno g a rb a t e”. Che vogliano davvero imbracciare il Kalashnikov? A domanda tremante del cronista: “V olete essere il motore di un nuovo mov i m e n to ? ”, la sub-com andante Ghiazza risponde: “Vorremmo contagiare, portare questa scintillaalt r o ve ”; indi rivendica il ruolo sovversivo della competenza in ques t’epoca di barbarie: “Ab bi am o sempre aspettato di avere tutti 30 e lode prima di alzare la mano”, ed è la stessa che dalla Gruber aveva candidamente ammesso: “Non siamo tecnici, non conosciamo le problematiche che riguardano la Tav, ci fidiamo di quello che hanno detto i governi precedenti”.
Insomma per La Stampal’onda che tra le sue leader conta una presidente del Rotary Torino Est può fare l’opposizione. È inutile fermare il progresso. Al Corriereche le chiede: “Allora, al contrario di quel che dice Grillo, la Tav esiste?”, madama Castellinarisponde: “La Tav c’è. C’è una galleria geognostica”, che è come dire che dal momento che hai fatto una Tac al cervello tanto vale che si proceda alla lobotomia.Anche se“contagiare” è verbo rivelatore di quel pisapismo da zona C o quadrilatero romano che impedisce alla sinistra di fare la benché minima paura ai padroni, forse perché alla lotta di classepreferisce ilreciprocovezzeggiamento, c’è un passaggio dell’intervista alla Marcos di Porta Palatinache ciprovocaun’extra sistoledi purofervore. Quandoil cronista chiede se “le piacerebbe avere degli uomini del Sì”, Ghiazza ammette: “Spero succeda presto”, e basta spostare gli occhi in cima alla pagina, dove campeggia la foto del corteo, per rendersi conto che il 98% dei 30 mila Sì-Tav è composto da maschi ultrasettantenni, tutti chiaramente umarellche non vedono l’orache apraun cantiere qualunque e saprebbero consigliaregliingegneri suqualimateriali, scavatori e tecniche usare per costruire la Torino-Lione. Mattarella si sbrighi a incontrare le madamine, prima che in casa Sì-Tav comincino a volare i foulard di Hermes.

No Tav contro Chiamparino: «La Val Susa non è il cortile di casa sua»

https://torino.corriere.it/cronaca/18_novembre_15/no-tav-contro-chiamparino-la-val-susa-non-cortile-casa-sua-ff690f40-e8d3-11e8-b58d-37a073f6910a.shtml?fbclid=IwAR3OLBmXx0vmcXkyyO38VFT1LLO1_zvHyBVmZV95K5OqKnDuBftE2n_LRCI

«Se davvero il presidente della Regione vuole pagare il tunnel lo faccia con i suoi soldi, quelli dei cittadini li usi per la sicurezza nei territori, per la sanità e per i servizi utili a tutti»

No Tav contro Chiamparino: «La Val Susa non è il cortile di casa sua»

«Siamo sempre più orripilati dall’arroganza di un amministratore che pensa di poter usare i soldi di tutti come fosse il suo portafogli e la Val Susa come il cortile di casa». Il movimento No Tav commenta così le affermazioni del presidente Sergio Chiamparino, che ha annunciato l’intenzione della Regione Piemonte di sostituirsi allo Stato nella realizzazione della Torino-Lione nel caso il governo intenda fermare l’opera.

«Se davvero Chiamparino vuole pagare il tunnel – aggiunge – lo faccia con i suoi soldi e nel suo cortile di casa, i soldi dei cittadini li usi per la sicurezza nei territori, per la sanità e per i servizi utili a tutti». 

ECCO, QUESTE SONO LE MADAMIN NO TAV,

Oscar Margaira

L'immagine può contenere: 8 persone, persone che sorridono, testo

alcune perfino tote.
Bele, forte, infiurmà e sensa pur.
(alcune perfino ragazze, belle forti, informate e senza paura).
GRAZIE DI ESISTERE E DI VOLER CONOSCERE.
Dopo na smana ed madame buje a servia un pò ed bela gent.
(Dopo una settimana di Signore bollite serviva un pò di bella gente)

Grandi opere, evocare il canale di Suez per dire sì alla Tav non è una buona idea

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/16/grandi-opere-evocare-il-canale-di-suez-per-dire-si-alla-tav-non-e-una-buona-idea/4770192/

Grandi opere, evocare il canale di Suez per dire sì alla Tav non è una buona idea

Profilo blogger

Esperto di trasporti e ambiente

Nel 2018 non basta l’espressione “grande opera” per assicurarne il successo. E per successo si intende non solo il suo utilizzo, ma la sua di capacità di “modificare il modo di vivere”, di cambiare profondamente gli stili di vita e le attività di intere Regioni con conseguenze economiche, urbanistiche, sociali ed ambientali di grande impatto. Come non basta affermare che il Frejus è vecchio perché è stato aperto al traffico nel 1871, ai tempi di Cavour, per giustificare la realizzazione di un altro tunnel e garantirsi il successo sperato.

Non è neppure bastato per il raddoppio del canale di Suez, seppur pensato dai tempi di Napoleone Bonaparte e realizzato nel 1869, quasi 150 anni fa da Napoleone III. Dopo il suo raddoppio, i traffici sono diminuiti e non aumentati come auspicato e l’economia egiziana non ha subito quell’impulso e quello sviluppo sperato. Chi l’avrebbe mai pensato che il tanto decantato, e costoso, (8,3 mld di dollari) raddoppio del canale di Suez sarebbe stato un flop? Eppure, anche le grandi opere possono avere i “piedi d’argilla”. Non basta, quindi, la retorica per giustificarle, spesso sostenuta da analisi dei traffici euforiche e previsioni dei costi sottostimate.

Quanto accaduto con il canale di Suez ci deve mettere in guardia: allungato per 72 km e con un nuovo tratto di 35 chilometri parallelo a quello esistente, non ha raggiunto nessun obiettivo sperato. Senza aumento dei traffici anche gli introiti da pedaggio si sono rivelati un obiettivo dello Stato egiziano mancato quando le compagnie di navigazione hanno preferito circumnavigare l’Africa. Così, per non avere un crollo dei traffici, i pedaggi si sono dovuti diminuire. Il governo annunciò che, con il completamento dei lavori, le entrate annuali previste avrebbero presto raggiunto l’invitante cifra di 13 miliardi e mezzo di dollari mentre, negli anni precedenti, gli introiti ammontavano a un massimo di 5 miliardi di dollari.

Molte cose però non sono andate come previsto, e i profitti per l’Egitto invece di aumentare esponenzialmente, stanno lentamente ma inesorabilmente diminuendo. Dalla festeggiatissima riapertura del Canale, le entrate totali derivanti dalle tasse di transito e dai servizi marittimi e di navigazione sono crollate: dai 462 milioni di dollari dell’agosto 2015 ai 447 milioni di dollari del luglio 2017 (dati del IDSCEgyptian Cabinet’s Information and Decision Support Centre). Ciò significa che la promessa del governo di raggiungere i 13,4 miliardi di dollari di profitto annuale entro il 2023 sarà impossibile da mantenere. Per finire si è generato il fenomeno della migrazione lessepsiana (dal nome dell’architetto che progettò il canale) di specie sia animali che vegetali dal mar Rosso al Mediterraneo che ha alterato l’ecosistema, anche a causa dell’innalzamento del riscaldamento delle acque dovuto all’allargamento del canale.

L’esperienza egiziana dovrebbe servire come monito all’Italia: non sempre i problemi di traffico merci sono legati a mancanze strutturali, quanto piuttosto a carenze gestionali. Nel caso specifico del nostro Paese i problemi del traffico ferroviario merci (e passeggeri) non derivano dalle carenze infrastrutturali di valico ma piuttosto da gravi carenze gestionali lato rete (RFI) e lato compagnie ferroviarie (Trenord, Trenitalia, Mercitalia ecc.).

Le attività ferroviarie necessitano attività complesse per accorpare volumi di merci ridotti caratteristici della nostra piccola e media impresa: il Tir invece è più semplice da organizzare, più flessibile e non necessita delle regole ferree tipiche del trasporto su ferro. Senza la concentrazione di volumi europei e con una gestione nettamente più inefficiente e costosa dei maggiori player del vecchio continente, il vettore pubblico di FS (Mercitalia) e quelli privati assieme, sono il fanalino di coda europeo. Ci vorrebbe uno sforzo di informatizzazione della rete di segnalamento, sistemi di circolazione, aumento del peso trasportabile e una nuova logistica che ottimizzi il ciclo di raccolta e smistamento delle merci.

Insomma, meno cemento e più tecnologia. Proprio quello che manca a valle (Lombardia) dell’Alp Transit (traforo del Gottardo) dove la strozzatura di Milano vanifica il senso dell’opera.

Innovare il meccanismo di finanziamento delle grandi opere pubbliche potrebbe aiutare a fare scelte più ponderate.L’Eruotunnel sotto la Manica è stato finanziato al 50% da capitali privati, il Gottardo prevalentemente da una tassa sull’autotrasporto, mentre il Canale di Suez è stato finanziato quasi interamente da investitori egiziani. Tantissimi cittadini hanno infatti risposto nel 2014 all’appello del governo del Cairo per sostenere il progetto e in soli otto giorni sono stati raccolti 6,5 miliardi di dollari, su 8,3necessari, tramite la vendita di obbligazioni. Per la Tav Torino-Lione, la grande opera che “cambierà il mondo”, perché non proviamo a vedere come rispondono, tanto per cominciare, i torinesi che erano in piazza per il sì la scorsa settimana?

Dopo l’analisi Costi/Benefici arriva l’analisi Costi/Sogni: panico in Piazza Castello !

Il popolo italiano è un popolo di sognatori. Sognare è bello. Ci si mette lì e si inizia a fantasticare ad occhi aperti. E nel sogno si è belli, abilissimi, e si ha un grande successo. Sognare è meraviglioso, e non costa nulla.

Non sempre però. Perché certi sogni costano, costano cari. E quando sognare costa è perché ci sono altri che ci guadagnano. Sono quelli che di mestiere vendono sogni. Loro non sognano, ma i sogni li costruiscono e poi li vendono agli altri. Noi sogniamo e loro ci guadagnano.

Sogniamo di andare dalla Calabria alla Sicilia in pochi minuti, su un ponte bellissimo, lunghissimo ed altissimo… e loro ci accontentano con un bel progetto.

Sogniamo che i rifiuti finiscano in discariche miracolose, che non inquinano le falde acquifere, e che, anche se il fondo di quelle discariche è garantito solo per trent’anni, in realtà quel fondo dura per tutta l’eternità. Noi sogniamo e loro ci accontentano.

Sogniamo che i rifiuti vengano bruciati e dentro marchingegni miracolosi, da dove non escono fumi velenosi… e loro ci accontentano.

Sogniamo un mondo in cui i treni vanno tutti a 300 all’ora… e loro ci accontentano.

Loro ci accontentano usando soldi pubblici, i soldi che dovrebbero servire a fare le cose che servono tutti i giorni, ma non importa, basta che si possa continuare a sognare.

E poi magari sogniamo le Olimpiadi, dove noi, proprio noi, vinciamo una medaglia d’oro, magari due o tre. Perché il sogno non ha limiti. E non li deve avere, perché altrimenti il sogno non serve a nulla, perché altrimenti il sogno non ci aiuta a sopportare la triste realtà fino al sogno successivo!

Sogniamo che ci sia un lavoro per tutti. Anche per i robot. E che con quel lavoro tutti si possa avere una vita dignitosa. E che tutti si possa lavorare e produrre, produrre e vendere, vendere e guadagnare, guadagnare e sopravvivere. E che su questa terra ci sia del posto dove poter mettere tutte le merci che sono state prodotte, anche quelle che nessuno ha comprato.

Sogniamo nuove strade, ferrovie e tunnel per esportare in tutto il mondo le merci che produciamo. E sogniamo che da quelle stesse strade, ferrovie e tunnel non arrivino mai merci identiche alle nostre, prodotte da altri nel resto del mondo, ad un prezzo così basso da far chiudere per sempre il luogo che fino a quel momento ci ha permesso di lavorare, produrre, vendere, guadagnare e sopravvivere.

Noi sogniamo la crescita senza limiti… e i venditori di sogni ci accontentano.

Ma… e se invece della crescita sognassimo l’uguaglianza? Nemmeno tanta, solo un pochino…. perché adesso di disuguaglianza ce n’è troppa. E continua ad aumentare, e andare in giro è sempre più pericoloso.

Nooo?… L’uguaglianza non è un bel sogno?… Perché se c’è l’uguaglianza non si può sognare di essere i primi? Perché per essere noi i primi occorre che esistano anche gli ultimi? E che ce ne siano tanti, in modo da poter essere noi il meglio, come ci hanno insegnato da piccoli?…

Certo che quei venditori di sogni sono proprio stronzi. Cominciano a riempirci la testa con i sogni che convengono a loro quando siamo ancora piccoli. Sogni pieni di disuguaglianza e di sudditanza. Poi, quando si è cresciuti, in condizioni di dipendenza da sogno, ci chiedono di andare a Torino, in Piazza Castello, per sognare tutti insieme.

E continuare a pensare che i sogni siano tutti gratis.

Tino Balduzzi

Gli inganni della Francia che ha intanto deciso di non finanziare la Torino-Lione nel 2019

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

15 novembre 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=17657

Torino-Lione

Gli inganni della Francia e le interferenze della Commissione Europea

 La Francia ha intanto deciso di non finanziare la Torino-Lione nel 2019

Parte dei fondi UE messi a disposizione del progetto saranno

persi a causa dei ritardi di TELT

Avviso al Governo italiano: Perché l’Italia deve pagare

gran parte del tunnel di base ?  

Il 12 novembre a Bruxelles i Ministri Danilo Toninelli ed Elisabeth Borne hanno esaminato lo stato dell’avanzamento del progetto Torino-Lione, che nel rispetto dell’art. 3 dell’Accordo di Roma del 30 gennaio 2012 stabilisce il “controllo paritetico del progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione”.

UNA PRIMA VALUTAZIONE

Il primo risultato positivo dell’incontro è il riconoscimento francese del diritto dell’Italia di fare la pausa della Torino-Lione, che la Francia aveva dichiarato nel luglio 2017.

Un altro dato positivo è stata l’accettazione della Francia di bloccare la pubblicazione da parte di TELT dei bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base fino al termine dell’analisi costi-benefici sulla Torino-Lione.

C’era infatti il rischio, denunciato dal Movimento No TAV, e recepito dal ministro Toninelli, che TELT, non potendo attingere agli inesistenti fondi francesi, potesse avviare lavori definitivi per lo scavo del tunnel in Francia sulla base di fondi italiani decisi dal CIPE.

COSA PREVEDONO GLI ACCORDI CON LA FRANCIA

Ricordiamo che l’art. 16 dell’Accordo di Roma del 2012 prescrive che la disponibilità dell’intero finanziamento da parte di Italia e Francia è una condizione preliminare per l’avvio dei lavori del tunnel di base.  Ad oggi né l’Italia né la Francia hanno stanziato tutti i fondi necessari per la realizzazione del tunnel di base.

Questa “saggia” clausola impedisce che TELT lanci delle gare d’appalto senza disporre dei finanziamenti o che si possano interrompere dei lavori strada facendo per mancanza di fondi.

I LAVORI IN CORSO

I lavori in corso in Francia e in Italia, sono finanziati al 50% dall’Unione Europea dato che riguardano solo studi geologici e preparatori. Queste “azioni” sono in grave ritardo per l’inadeguatezza operativa della società TELT ad usare i fondi a sua disposizione erogati da Italia, Francia e UE.

A questo proposito ricordiamo che gli scavi in corso nel cantiere francese sono in ogni caso illegali, richiamiamo l’attenzione su questo documento Undici ragioni giuridiche per fermare il cantiere di Saint-Martin-de-la-Porte che spiega perché.

Come già accaduto nel 2013, TELT dimostra ancora una volta la sua incapacità di rispettare il cronoprogramma previsto dal Contratto di Finanziamento del 25 novembre 2015. Siamo convinti che sia impossibile che questa società riesca a terminare i lavori finanziati dalla UE entro il 31 dicembre 2019. TELT contribuisce così al ritiro dei fondi dell’Unione europea che applica la clausola “use it or lose it” (usali o perdili). I ritardi di TELT non dipendono dalla pausa in corso che riguarda unicamente i futuri lavori di scavo del tunnel di base.

A CHE PUNTO SONO I FINANZIAMENTI EUROPEI

Per quanto riguarda i prossimi finanziamenti, la ministra Borne e la Commissione Europea insistono a dire che è necessario arrivare rapidamente ad una decisione per consentire di rispettare i tempi per l’erogazione dei fondi europei.

Questa affermazione non ha senso perché la UE ha già confermato che assicura i finanziamenti richiesti da Italia e Francia nel 2015 per lavori da concludere entro il 31 dicembre 2019.

Dopo questa data i fondi non utilizzati saranno persi applicando la regola UE use it or lose it. Ad oggi la previsione è che TELT farà perdere all’Italia e alla Francia non meno del 40% dei fondi concessi per sua incapacità a realizzare i lavori nei tempi previsti dal Grant Agreement. Questo grave inadempienza era già successa nel 2013, questo Rapporto spiega come LTF (ora TELT) era riuscita a fare perdere all’Italia e alla Francia ben 276,5 milioni di euro di finanziamenti europei.

La Ministra Borne, ma soprattutto la Commissione europea dovrebbero ben sapere che i prossimi finanziamenti UE per realizzare il tunnel di base potrebbero essere erogati se e quando la Commissione europea lancerà i bandi gara per il periodo 2021–2027, dunque solo dopo le prossime elezioni europee e sulla base degli stanziamenti inserirti nel Bilancio pluriennale UE 2021-2027 che sarà approvato dal Parlamento nel 2020.

AVVISO AL GOVERNO ITALIANO: PERCHE’ L’ITALIA DEVE PAGARE GRAN PARTE DEL TUNNEL DI BASE?

La Francia era riuscita nel 2004 a convincere il Governo Berlusconi ad assumersi la gran parte dei costi dello scavo del tunnel di base che aveva accettato di far pagare all’Italia il 63% dei costi di tutto il tunnel di base, Nel 2012 Monti, firmando l’Accordo di Roma, aveva modificato la percentuale al 58,1%.

La ripartizione asimmetrica dei costi genera un costo al km per l’Italia di €287 milioni al km, 4,8 volte più caro del chilometro francese di €60 milioni al km.

E alleggerisce il peso del finanziamento francese di circa € 2,2 miliardi.

L’Italia (governo Gentiloni), nonostante la grave asimmetria dei costi a danno dell’Italia, ha deciso nell’agosto del 2017 di finanziare il progetto, ma ha messo a disposizione solo parzialmente i fondi per la realizzazione del tunnel di base.

La Francia, mentre continua a dichiarare “a parole” di voler rispettare gli accordi con l’Italia, non ha mai aperto il rubinetto dei finanziamenti per il tunnel di base, nonostante debba mobilitare un piccolo investimento per la Torino-Lione (€2,68 Mld. per 45 km di tunnel) di fronte a quello dell’Italia che sarebbe ben più oneroso (€ 3,50 Mld. per soli 12,2 km).

UN’ALTRA ANALISI COSTI BENEFICI

La decisione, non sappiamo se scelta o subita dal Ministro Toninelli, di sottoporre il risultato dell’ACB in corso ad una verifica europea può essere considerata un’interferenza della Commissione europea che anche in questo caso interviene in un passaggio decisionale non di sua competenza e ferisce le libere scelte di due Stati membri che hanno il diritto di rinunciare ad un progetto ancorché finanziato dalla Ue.

Ma questo passaggio farà certo piacere alla Francia perché rinvia la decisione di avviare i lavori definitivi alle calende greche.

RIEPILOGO DELLE POSIZIONI DI ITALIA E FRANCIA SUL PROGETTO

È noto che per diverse ragioni Italia e Francia sono contrari a portare avanti il progetto.,

Per l’Italia l’opposizione al progetto deriva dalla storica convinzione del partito/movimento di maggioranza relativa (M5S) che, nel contesto del “contratto di governo” firmato con il suo alleato (Lega), ha scelto di sottoporre questo progetto ad un’analisi di costi e benefici per assistere il Governo nella sua decisione politica.

Anche per la Francia vi è una storica convinzione contro questo progetto da parte delle alte amministrazioni pubbliche, mascherata tuttavia da roboanti dichiarazioni di interesse espresse da lobby regionali come la Transalpina, mentre i governi che si sono succeduti, compreso l’attuale, non esprimono nei fatti una forte e risolutiva volontà di fare.

La Francia era riuscita nel 2004 a convincere i governi italiani ad assumersi la gran parte dei costi dello scavo del tunnel di base, Berlusconi aveva accettato di far pagare all’Italia il 63% dei costi di tutto il tunnel di base, mentre nel 2012 Monti, firmando l’Accordo di Roma, aveva modificato la percentuale al 58,1%.

LA FRANCIA CONTINUA LA PAUSA IN ATTESA CHE L’ITALIA BOCCI IL PROGETTO: ALCUNI PASSI DA FARE PER ANNULLARE GLI ACCORDI

Nel luglio 2017 fu la ministra Borne a dichiarare “Si fa una pausa sulla Torino-Lione”,  quasi un anno prima dell’avvento del nuovo governo italiano.

Oggi la Francia, valutando incerta la posizione italiana, ha deciso che dovrà essere l’Italia a bocciare il progetto affinché la Francia possa mantenere “buone relazioni con lUnione europea”.

L’Italia non ha alcuna difficoltà ad uscire dalla Torino-Lione: basterebbe che denunciasse la ripartizione capestro dei costi inserita nell’Art. 18 dell’Accordo del 2012 (voluta dai Governi Berlusconi e Monti) che la obbligano a pagare la maggior parte dei costi.

In caso di ripartizione equa sulla base della proprietà dei chilometri tra i due Stati, la Francia vedrebbe la sua fattura passare da € 2,68 a €4,87 miliardi, un importo che convincerebbe il nostro vicino ad abbandonare il progetto.

Inoltre, tale accordo è stato di fatto già violato dalla Francia e dall’Italia che hanno dichiarato di non volere realizzare due tratte ferroviarie previste all’Art. 4 – Parte comune italo-francese dell’Accordo del 2012: la sezione francese di 33 km con i tunnel di Belledonne e Glandon e la sezione italiana con un tunnel di 19,5 km tra Susa e Chiusa San Michele.

I RECENTI PASSI DELLA FRANCIA CONFERMANO IL DESIDERIO DELLA FRANCIA DI USCIRE DALLA LYON TURIN

In due recenti occasioni la ministra Borne ha voluto fare credere che esista una forte volontà della Francia, ma un’attenta lettura delle sue comunicazioni rivela il disimpegno del Governo francese alla Lyon-Turin.

Il 5 novembre scorso l’Assemblea Nazionale ha respinto con l’approvazione della Ministra Borne, nel corso dell’esame del Bilancio 2019, un emendamento che avrebbe imposto al Governo di presentare al Parlamento una relazione per illustrare l’impegno della Francia nel quadro degli accordi internazionali per il completamento dei lavori definitivi della relazione transfrontaliera Lione-Torino, qui i Verbali.

Si constata così che la Francia ha deciso di non finanziare la Torino-Lione nel 2019, l’emendamento è stato respinto per la sua eccessiva chiarezza che avrebbe imbarazzato il governo.

Il 13 novembre alla Commissione del Senato pianificazione territoriale e sviluppo sostenibile la ministra Borne ha affermato senza convinzione che “il progetto Lyon-Turin farà parte della programmazione ma non ha fornito alcuna prova di questa volontà  perché non ha comunicato alcun dettaglio circa l’orizzonte temporale della realizzazione e non ha preso impegni visibili per il suo finanziamento. Questa è l’ulteriore conferma che la Francia non intende inserire il progetto Lyon-Turin nel Budget 2019.