Tav, il “teorema Thatcher” per evitare grandi sprechi

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Nel 1981 la premier inglese impose che l’Eurotunnel fosse a carico dei privati, proteggendo il pubblico da un disastro. Perché non fare lo stesso?
Tav, il “teorema Thatcher” per evitare grandi sprechi

Costruire grandi opere coi soldi degli altri è bellissimo, soprattutto se saranno pagate in futuro da ignari contribuenti che non avranno mai occasione di utilizzarle. È l’esatto contrario dell’economia di mercato nella quale invece le scelte sono individuali, così che ognuno possa comperare solo i beni che ritiene valgano più dei soldi che deve, lui  stesso di persona e non altri al suo posto, pagare per ottenerli. Dopo i movimenti No Tav ecco infatti a Torino la manifestazione di piazza dei Sì Tav, cittadini che sono fautori entusiasti della realizzazione della Torino-Lione. Ma questi sostenitori sono anche, o saranno in futuro, utilizzatori della linea? Ad esempio, assidui frequentatori della capitale francese o della bella città sul Rodano? Oppure importatori di champagne, cognac e pregiati formaggi d’oltralpe o esportatori di ottimi vini piemontesi? Lecito dubitarne.

PER ANDARE velocemente a Parigi i torinesi già oggi dispongono di quattro voli quotidiani di Air France, una soluzione molto più rapida rispetto all’utilizzo dei tre Tgv quotidiani di Sncf. Con l’aereo, i torinesi recuperano già ora quattro ore rispetto al treno, dieci volte quello che potrebbero risparmiare col treno una volta entrato in funzione il costosissimo tunnel di base del Fréjus. E d’altra parte il mercato dei collegamenti tra Torino e Parigi non sembra essere così interessante se nessun vettore low cost ha sinora ritenuto di servire la rotta aerea e se i treni Thello di Trenitalia preferiscono collegare Milano con Parigi via Svizzera e Digione anziché Torino e Lione.

I milanesi hanno molti più collegamenti con Parigi, ma tutti quelli aggiuntivi sono per via aerea: ben 24 voli quotidiani dai tre aeroporti, di cui 11 offerti da vettori low cost, 7 da Air France e 6 da Alitalia. I milanesi che hanno paura di volare debbono invece sobbarcarsi 7 ore e mezza sui treni Tgv diurni di Sncf, 6 ore in più rispetto all’aereo; in alternativa il Thello notturno di Trenitalia. Se si farà il tunnel di base del Fréjus, i pochi milanesi che prendono il treno per Parigi risparmieranno 20-30 minuti al massi- mo mentre già ora ne risparmierebbero oltre 40 se solo il Tgv percorresse la linea ad alta velocità tra Milano e Torino, in esercizio da quasi un decennio. Invece continua a percorrere la vecchia linea, non essendo mai stato omologato per la rete ad alta velocità italiana. In sostanza l’unico pezzo di linea ad alta velocità esistente tra Milano e Lione non è mai stato utilizzato per andare da Milano a Lione, a conferma del fatto che in Italia è fondamentale costruire le grandi opere ma è poi del tutto facoltativo utilizzarle. E se i treni ad alta velocità attuali tra Milano e Parigi non usano i quasi 150 km di linea ad alta velocità esistente tra Milano e Torino, costata 8 miliardi, perché mai a- vrebbero bisogno di altri 60 km di linea ad alta velocità sotto le Alpi, il cui costo è stimabile in almeno ulteriori 8 miliardi?

Qualcuno sosterrà che è per trasportare le merci, ma anche questo, a parte il fatto che le merci non hanno un così grande bisogno di viaggiare ad alta velocità, non è vero. Sotto l’attuale Fréjus ferroviario passano meno di 3 milioni di tonnellate di merce all’anno; erano oltre il doppio negli anni 80 e oltre il triplo nella seconda metà degli anni 90. E questa caduta non è dovuta a un’emigrazione verso la gomma; infatti dalla fine degli anni ’90 a oggi il traffico alpino stradale delle merci da e verso la Francia è diminuito del 27%, quello ferroviario del Fréjus del 65% e il traffico merci alpino totale, ferro più gomma, del 36%. A cosa può dunque servire il Tav se non ad accontentare i manifestanti torinesi?

Le riflessioni precedenti sembrano dar ragione alla rigida posizione tenuta dal primo ministro britannico Margaret Thatcher sul progetto del tunnel sotto la Manica, quando resistette alle pressioni del presidente francese Mitterrand per finanziare l’opera con soldi dei contribuenti dei due Paesi. Diede infatti il via libera all’opera, ma solo a condizione che non venisse speso neppure un penny di soldi pubblici (‘ not a public penny’). In questo modo preservò i suoi contribuenti da un pessimo affare, al contrario degli 800 mila piccoli azionisti privati, soprattutto francesi, che sottoscrissero le azioni della società costruttrice del tunnel e si ritrovarono dopo pochi anni con il valore dell’investimento quasi completamente azzerato. Come ha scritto Marc Fressoz nel libro Le scandal Eurotunnel (Flammarion, Parigi 2006), “La più grande vittoria della Thatcher fu soprattutto di aver imposto a un Presidente francese socialista un finanziamento al 100% privato. Una scelta irrevocabile che per la Dama di ferro doveva dimostrare la superiorità del liberalismo”.

DA QUESTA nota posizione si può ricavare una sorta di ‘teorema di Margareth Thatcher’ sulle grandi opere: in primo luogo una grande opera deve essere giustificata da una corrispondente elevata domanda dei suoi utilizzatori. Una grande opera senza domanda equivalente è solo un grande spreco, una cattedrale nel deserto che può essere accollata solo a soggetti pubblici, dato che nessun investitore privato sarà mai disponibile a farsi carico degli oneri di realizzazione in cambio dei diritti di sfruttamento. Invece una grande opera con grande domanda è ripagabile con i futuri proventi e può quindi essere realizzata e gestita da operatori privati in concessione, senza necessità di assunzioni di rischi e oneri in capo al settore pubblico. Elevata domanda implica un’elevata disponibilità a pagare e dunque anche un’adeguata capacità di autofinanziamento. Ai manifestanti Sì Tav di Torino la Thatcher avrebbe detto semplicemente questo: desiderate il Tav? Allora fondate una società, sottoscrivetene le azioni, fatevi dare la concessione per la costruzione e l’esercizio e costruitevela. Esattamente come dovettero fare negli anni 90 gli azionisti di Eurotunnel.

Paga Pantalone Con buoni traffici non servono soldi statali: non è il caso della Torino-Lione

Tav, il “teorema Thatcher” per evitare grandi sprechiultima modifica: 2018-11-29T21:33:48+01:00da davi-luciano
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