Tav, il piano B di Chiamparino: “Se il governo la sacrifica ce la paghiamo noi Regioni del nord”

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Tav, il piano B di Chiamparino: "Se il governo la sacrifica ce la paghiamo noi Regioni del nord"
Sergio Chiamparino con Luigi Di Maio ieri a Torino 

Stoccata a Di Maio: “Il propagandista, a differenza dello statista, fa solo ciò che serve a suo collegio elettorale”

01 novembre 2018
Sulla Tav occorre “rispettare gli impegni presi dal Parlamento e dall’Italia con i trattati internazionali sottoscritti dai governi e dal presidente della Repubblica”. Se il Parlamento cambia idea?Faremo un referendum in Piemonte come forma di pressione”. E se anche la pressione non funzionasse? “Per noi quell’opera è vitale. Di fronte a una situazione estrema, studieremo il modo per pagarcela noi, magari con l’aiuto delle altre Regioni coinvolte dal tracciato est-ovest: Friuli, Veneto, Lombardia”, dice il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, intervistato da Paolo Griseri oggi su Repubblica.

Di Maio dice che i 5S non sono contrari all’alta velocità e sostiene la Napoli-Bari. “Sa qual è la differenza tra un propagandista e uno statista? Che il propagandista fa solo ciò che serve al suo collegio elettorale. Lo statista pensa al Paese. Di Maio è del primo genere – afferma -. Con la sua logica ognuno si fa l’alta velocità che va bene a casa sua”.

Ragionevole che si lascino “concludere i lavori del tunnel internazionale, che sono già molto avanti, e si discute sulla tratta italiana: come migliorarla, come risparmiare, quali modifiche apportare”. In caso contrario, “vogliamo forme di autonomia regionale? Benissimo. C’è una proposta di Forza Italia che verrà discussa nei prossimi giorni in Consiglio regionale. La faccio mia con un’aggiunta. La proposta suggerisce che il Piemonte, se non c’è altra strada, possa subentrare per la parte italiana della spesa, circa 2,5 miliardi in vent’anni. Io dico che potrebbero farlo tutte le Regioni interessate dal tracciato”. “Il titolare del contratto non può che essere lo Stato”, ma “si possono studiare forme di intervento economico e di compensazione, ad esempio modificando le concessioni autostradali”.

Torino chiede il blocco dell’opera, votata mozione No Tav

post — 30 ottobre 2018 at 00:29
 

Il consiglio comunale di Torino ha approvato oggi la mozione No Tav che chiede la sospensione dell’opera, la dimissione dei vertici di Telt e del commissario straordinario di governo e la conversione dei fondi al territorio e alla mobilità sostenibile.

Posizione nota già da tempo quella della componente grillina al governo della città di Torino, non a caso nel 2016 la Città era uscita dall’osservatorio con chiare dichiarazioni in merito.

Imbarazzante è stato invece il piccolo e piuttosto grottesco tentativo di contestare questa decisione da parte Confindustria, Pd, Forza Italia e quei sindacati nemici dei lavoratori (e amici dei padroni) come Cisl e Uil che raccogliendo tra gli 8 e i 10 tesserati a testa si sono presentati sotto al Comune per fare il verso ai No Tav e sbandierare cartelli freschi di stampa.

Insistiamo sul termine grottesco, perché a vederli chiunque si sarebbe fatto una risata oltre a chiedersi “ma davvero stanno facendo una cosa così?”

Mentre fuori dal comune si consumava questa rappresentazione, dentro i consiglieri di minoranza del PD hanno inscenato una protesta coi cartelli (di cui mostriamo una foto del fu Fassino in galleria)  guadagnandosi l’espulsione dalla sala rossa per poi decidere di non rientrare una volta finita la punizione.

La discussione in aula si è consumata quindi abbastanza rapidamente, coi consiglieri grillini che hanno rafforzato le ragioni della mozione e pochi rappresentanti di destra che hanno sciorinato un po’ di scadente retorica senza riuscire a portare neanche una ragione concreta al loro sostegno al Tav. Noiosamente politicisti, non politici come detto da qualcuno, di sicuro grotteschi tanto quanto i pochi sostenitori delle grande opere inutili e dei corridoi morti.

Ci chiediamo con che faccia i sopra citati sindacati, partiti e Confindustria, mentre abitanti questo paese muoiono per la pioggia, gridino allo scandalo.
Ci chiediamo come alla luce di questo ennesimo disastro non si riesca a capire che i soldi pubblici vanno investiti dove serve veramente, per la messa in sicurezza dei territori, per la creazione di lavoro, per la salvaguardia del futuro di tutti e tutte.

Oltre ad aver già visto i danni che le “classi dirigenti” bipartisan hanno fatto al paese in questi anni, ci chiediamo anche quali lezioni pretendono di dare a chi, come la Valsusa, lotta per fermare l’ennesimo spreco dal quale avrebbero da guadagnarci, evidentemente, solo loro e i loro amici.
Finiranno, noi crediamo, nell’unico posto in cui meritano di stare…la pattumiera della storia.

Molto più pacificato, anche se lamentoso, appare Foietta (commissario straordinario di governo sulla Torino Lione) che oggi in un intervista su un quotidiano nazionale reputa quasi concluso il suo impiego oltre che tutta l’opera, spiegando come a Roma in realtà abbiano già deciso per questa direzione.

Noi non possiamo sapere cosa accadrà da qui a qualche tempo, quello che possiamo dire è che il pomeriggio di oggi è sicuramente un ulteriore passo avanti di questo quasi trentennale cammino.

Siamo forti delle nostre ragioni e a prescindere da cosa decideranno altri sappiamo che non molleremo mai.

Avanti No tav, fino alla vittoria!

COLLEGNO CONTRO IL RADDOPPIO DELLA FERROVIA: SAREBBE UNA JATTURA

Il sindaco: “Per realizzarla il numero complessivo degli sfollati sarebbe superiore a quelli del ponte Morandi di Genova”

La stazione di Collegno

Pubblicato il 29/10/2018
PATRIZIO ROMANO
COLLEGNO
 

Il raddoppio della tratta storica? Per Collegno un vera jattura. E così l’amministrazione attende con preoccupazione il voto in Consiglio comunale a Torino oggi pomeriggio, lunedì 29 ottobre, relativo all’Alta Velocità. L’eventuale approvazione dell’ordine del giorno potrebbe aprire all’ipotesi di mediazione tra Lega e Cinque Stelle sul raddoppio dei binari della linea storica. «Nella seduta dell’Osservatorio del 3 ottobre scorso è stato sottolineato che l’ipotesi di raddoppio fosse irragionevole e non praticabile – dichiara Francesco Casciano sindaco di Collegno -: non immaginavo che qualcuno potesse prenderla sul serio. Per noi sarebbe una sciagura. Le persone coinvolte sarebbero più di un migliaio. Il numero complessivo degli sfollati sarebbe superiore a quelli del ponte Morandi di Genova. Ad essere compromesse soprattutto attività produttive e edifici residenziali».  

Il cavalcaferrovia 

Ma non solo. «Sarebbero devastanti le conseguenze sulle abitazioni causate dall’eventuale abbattimento del cavalcaferrovia di corso Francia e dai lavori di rifacimento completo dei due sottopassi San Massimo e Nuto Revelli – commenta Casciano -. Tra l’altro proprio tra i due sottopassi è prevista la fermata della metrò Certosa e che sarà l’interscambio modale tra treno e metropolitana moltiplicando il valore strategico del servizio ferroviario». E aggiunge: «Chiedo al viceministro Laura Castelli eletto nel nostro collegio di opporsi a questa ipotesi». 

TAPPARE LA VITA O TAPPARE IL TAP

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/10/tappare-la-vita-o-tappare-il-tap.html

MONDOCANE

DOMENICA 28 OTTOBRE 2018

Quando i 5 Stelle stavano dove era giusto stare

Nei percorsi, nelle ricerche e nelle denunce dei miei più recenti documentari – Fronte Italia-Partigiani del Duemila, “L’Italia al tempo della peste” e “O la Troika o la vita”(trailer e selezioni nel mio sito) – mi sono ripetutamente ritrovato a fianco esponenti, attivisti, rappresentanti eletti del M5S. Più loro che di qualsiasi altro partito. E’ un dato di fatto sul quale potete sbertucciarmi quanto volete, ma è un dato di fatto. Che si trattasse del TAV in Valsusa e del Terzo Valico, della base di guerra MUOS statunitense a Niscemi, del TAP e in genere della devastazione ambientale e sociale provocata dal’ossessione fossile. E se il referendum contro le trivelle, seppur mancando per poco il quorum, aveva conseguito una maggioranza schiacciante degli anti-trivelle, il merito ne è andato in gran misura a chi con le sue mobilitazioni di massa ne aveva favorito l’esito, i 5 Stelle. In particolare, attivisti ed eletti 5 Stelle hanno accompagnato e istruito me e la coautrice dei film, Sandra, negli approfondimenti sul terremoto nelle Marche e nel Lazio (quelli che grazie al TAP verranno squartati in coincidenza con le aree più sismiche), al punto che senza la loro conoscenza-competenza-passione non ne saremmo mai venuti a capo. Al punto che ne è fiorita un’amicizia rigogliosa in profondità e nel tempo.

Questi amici mi hanno espresso stamane rabbia, delusione, frustrazione, dolore. La stessa dei disperati e mortificati che in Puglia erano stati mandati in massa in Parlamento sull’onda della loro adesione ai No Tap. Una rivolta di testa e di pancia, come è giusto sempre che sia, contro quanto questo governo ha deciso su una delle più nefaste, sporche e letali delle Grandi Opere. Grandi Opere, cioè grandi devastazioni, ruberia, mafiosità. Altrettante battaglie dell’epopea guerresca condotta contro l’Italia, le sue comunità, il suo ambiente, la sua salute, il suo futuro, dai terminator che hanno governato nell’ultimo mezzo secolo, con apoteosi cementificatrice ed avvelenatrice al tempo degli ultimi predecessori dell’attuale governo. Quelli dello “Sblocca Italia”.

Quelli che se la godono quando il governo rovina un altro po’ l’Italia

Lo ripeto ancora una volta: questo non è il “mio governo”. Intanto non lo potrebbe mai essere finchè vi fosse un capobastone come Salvini. Uno che anziché per la coda in Italia, la tragedia emigrazione dovrebbe prenderla per la testa, in Africa, dove viene organizzata da chi la pensa proprio come lui in termini di depredazione neoliberista. Uno cui la decapitazione di un movimento di massa sacrosanto come quello No Tap ha fatto secernere la stronzata: “Così gli italiani avranno più gas a minor prezzo”. Per trovare un governo che vorrei mio, dovrei tornare al 1870 e a Parigi, ai primi Soviet, a Cuba finchè c’era il Che, al Burkina Faso di Thomas Sankara. Ma poi, vai a vedere. Ma di questo governo so, con granitica certezza, che è mille volte peggio chi lo bombarda giorno e notte di fiele e menzogne, a partire da quel sinistro “manifesto” in osceno  orgasmo davanti al TAP che si farà, solo perché passa con i cingoli, oltreché su territorio, acqua e aria, su integrità e forza politica dei 5 Stelle. E so anche che questo governo ha provato, sta provando e sta facendo cose, magari pochine, magari timide, ma che per quelli di prima, da Andreotti ad Andreotti, da Amato a D’Alema, da Prodi a Renzi, sarebbero stati anatema, rovesciamento dei paradigmi, obbrobrio per le fratellanze, vittoria del Maligno.

A testate contro il tram

Per cui, con tutte le ragioni vedute, apprezzate o respinte, sostengo e penso che chi si proclama dalla parte degli sfruttati e offesi, dei dominati, dovrebbe sostenerne le ragioni buone, anziché gareggiare con i dominanti a chi meglio vitupera proprio quelle (perché evidentemente dalla parte degli sfruttati e offesi proprio non sta). Per cui, quando il Movimento 5 Stelle, componente fino a voto contrario ancora preponderante nella maggioranza, alla faccia di cementifici, asfaltifici e capannoni cari alla Lega, si precipita a testa bassa e senza casco contro il tram in arrivo, lasciandosene maciullare e sgomberandogli la via al massacro di San Foca, del Salento, del Centroitalia sismico sgarrato dal gasdotto, della Padania bucherellata dagli stoccaggi  in regione sismogenetica, io sto con i miei amici 5 Stelle che piangono e urlano. E con nessun’ altra ipocrita prefica.

Tantomeno con quegli emuli di Sisifo che, giorno dopo giorno, edizione dopo edizione, articolo collaborazionista dopo articolo consociativo, si devono affannare a  risospingere in vetta e in bella vista la testatina “quotidiano comunista”, mentre  inesorabilmente gli rirotola giù, sepolta da 15 pagine che quella testatina la negano.

Penali, ma decchè!

Mi dimostreranno che ho torto, ma non credo alla storia delle penali multimiliardarie che ci raderebbero al suolo. Credo che abbiano la stessa funzione ricattatoria di quelle altre penali che ci avrebbero lasciati tutti in mutande se solo avessimo osato strappare ad Autostrade SpA la greppia della concessione. Penali dimostrate inesistenti. Dalle parti di Melendugno, con le telecamere, siamo stati ripetutamente. E così anche tra i boschi allora integri e le montagne ancora non sfregiate, tra Liguria e Piemonte, del Terzo Valico. Terzo Valico (dopo due sottoutilizzati) dove alcuni già pluri-inquisiti per malaffari di ogni genere insistono a volersi intascare quei 6,5 miliardi per far arrivare una terza, inutile, ferrovia da Genova a… Tortona: opera indispensabile ai collegamenti europei e transeuropei!

Tra gli ulivi orrendamente amputati, sradicati, imbavagliati, che ricordano le immagini di soldati mutilati, fasciati da bende insanguinate, abbandonati nelle trincee della Grande Guerra, ho incontrato ragazzi, cittadini, consapevoli che attorno a questi cantieri di lamiere e filo spinato, sotto le bastonate delle forze dell’Ordine Costituito e i cingoli dei loro blindati, si giocavano quanto ancora sfuggiva al saccheggio del mostro capitalglobalista. Come a Genova del G8. Come ad Aleppo. Come a Gaza. Come a Caracas.

Gianluca Maggiore, portavoce del Movimento No Tap, Marco Potì, sindaco ormai da sempre, da quando importa, di Melendugno, due autentici eroi della resistenza umana , di quelli beato il paese che ce li ha, parlano a lungo nei documentari citati. Insieme ad accademici, militanti, geologi. E tutti hanno tutte le ragioni del mondo, tecnico-scientifiche, morali, legali, legittime, biologiche. Perfino geopolitiche. E Conte e Di Maio ciurlano nel manico quando ci piazzano davanti il paravento delle penali da 20 miliardi. Esibissero i documenti a prova delle stesse. Neghino che, come si è visto nel caso del Ponte Morandi, le inadempienze, le malefatte, trucchi e frodi dei concessionari, le infiltrazioni mafiose all’origine, i calcoli errati, le attestazioni false, possano costituire materia di contestazione.

Ciò che non ti dicono: mica finisce in Salento

In ogni caso ci sono ragioni ancora più stringenti. Quelle per le quali si sono ribellate le popolazioni lungo tutto il percorso tracciato per quel dannato gas, inutile a noi (il consumo previsto dal noto liberalizzatore Bersani anni fà si è ridotto di metà, altro che TAP), catastrofico per l’ambiente, altamente lucrativo per chi lo vende all’estero. Coloro che si sono mangiati la parola data alla Puglia e all’ambiente, alle rinnovabili e all’onestà, com’è che non ti dicono niente su quello che viene dopo la spiaggia e la macchia di San Foca? Mica finisce lì il TAP. I giganteschi tubi, sempre a rischio di rottura ed esplosione, come avvenuto anche da noi,  accompagnano sottoterra, fedelmente, la faglia sismica che ogni tanto fa saltare per aria l’interno d’Italia. Ogni qualche chilometro sorgerebbe un mostruoso impianto di decompressione o ricompressione del gas, o come diavolo si chiamano. Poi il gas finisce in una demenziale concentrazione di impianti di stoccaggio nella bassa padana, una dozzina nel raggio di pochi chilometri, a portata di sassata da centri abitati e cascine, su terreni agricoli desertificati, dove un tempo vivevano e lavoravano migliaia di famiglie. E non gli 8 addetti, otto, dei singoli megaimpianti. Impianti che sparano il gas in arrivo nelle cavità del sottosuolo dalle quali un tempo si estraeva altro gas e poi lo risucchiano per venderlo ad austriaci, tedeschi, croati, olandesi. Il tutto, particolare non da poco, anzi, drammatico, in zona notoriamente a rischio sismagenetico, cioè dove c’è probabilità di grossi sgrulloni sismici (vedi mappa). Che ce l’abbiano messi apposta lì?  O solo perchè già c’erano i comodi buchi fatti da Enrico Mattei sessant’anni fa?

Dove c’è terremoto, ci vuole un gasdotto

A proposito del gasdotto Snam dal Salento a Tarvisio e dei grappoli di stoccaggi in Padania, quelli sicuramente possono essere bloccati prima di procedere. Mica c’è un trattato internazionale presuntamente inibitore! E se, alla luce dei rischi mortali al territorio e alla gente, dell’ulteriore spintone idrocarburico al cambiamento climatico che ci annega e arrostisce tutti, i motivi per bloccare tubi e depositi ci sono, tanti e poderosi, perché Di Maio, Conte e Toninelli non bloccate quelli? I signori del TAP facciano pure il loro tubo dall’Albania al fondomare davanti al Salento. Non essendoci proseguio, si dovrebbero fermare lì. E nessuno pagherebbe penali. E, forse, vedendo l’utilità di un tubo transasiatico che si ferma là dove sguazzano bagnanti e che non ha dove e perché andare oltre, forse lo stesso TAP si direbbe: ma chi me lo fa fare… E Salvini si accontenti delle bombolette di gas che sicuramente gli regalerebbe Putin.

Sono gli Usa che ce lo chiedono

Andiamo, governo Conte-Di Maio, c’eravate tanto simpatici (e ci voleva poco, dopo Renzi, Gentiloni, Calenda, Gelmini, Alfano, Verdini, Orfini e caravanserraglio vario). Ditecelo che lo volete/dovete fare perché ve l’hanno ingiunto, per bocca di Trump, i gestori della distruzione del mondo per via climatica e bellica. Siete andati a Washington, vi hanno detto che il TAP è strategico per il processo di inchiavardamento dell’Europa agli Usa, perché fotte i russi e il loro gas tanto più economico e vicino (che dici Salvini, amico di Putin?) e perchè elimina da un mondo da mondializzare a stelle e strisce le ubbie sovraniste di un paese da quattro soldi.

Per imporre al cammino dell’umanità l’handicap di un pianeta dalle ossa rotte e dal sangue avvelenato, per eliminare dalla scena chiunque si frapponga al rullo compressore del necromillenarismo, questi hanno bisogno di controllare ogni sorgente e ogni arteria, fino all’ultima venuzza, dell’energia, civile e militare, fossile e nucleare. L’hanno fatta pagare a Libia, Siria, Iraq, Somalia, Yemen, a milioni di vite e dai e dai. Vuoi che si lascino privare di un tubo solo perché intossica un po’ di colonizzati e guasta un po’ di spiagge e monti? Poi, se rimarrà ancora qualcosa, prima che debbano trasferirsi su un altro pianeta, o in un Eden bunkerizzato sottoterra, vorranno appropriarsi anche delle rinnovabili.

Eppure… eppure io me li ricordo, i Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, quando dicevano “ma di questa cazzo di Nato cosa vogliamo fare”. Io c’ero. E mi sono sentito contento di essere italiano. Bello sovranista, sotto cinque stelle.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:29

Rivolta delle imprese contro il no alla Tav: domani nove presidenti in Consiglio comunale

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/10/28/news/rivolta_delle_imprese_contro_il_no_alla_tav_domani_nove_presidenti_in_consiglio_comunale-210204414/

Industriali, artigiani e commercianti in aula: vogliamo vedere in faccia chi dice no alla Torino-Lione

di EMILIO VETTORI

28 ottobre 2018

 

Nove presidenti di associazioni imprenditoriali di Torino saranno domani nella Sala Rossa del consiglio comunale per assistere al voto dell’ordine del giorno contro la la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione proposto dalla maggioranza Cinque Stelle. E’ la sfida degli imprenditori a chi osteggia un’opera che loro ritengono fondamentale per il futuro di Torino e del Piemonte. “Vogliamo vedere in faccia chi vuole che Torino finisca su un binario morto” è la convinzione che ha mosso Corrado Alberto, presidente dell’Api, a contattare tutti gli altri presidenti di categoria, per arrivare a una protesta che se non clamorosa appare destinata a sancire il divorzio tra gli imprenditori e la maggioranza pentastellata che governa Torino da due anni e mezzo.

Rivolta delle imprese contro il no alla Tav: domani nove presidenti in Consiglio comunale

Chiamparino e Appendino divisi dalla Tav 

Con Alberto nella Sala Rossa di palazzo di Città ci saranno Dario Gallina, presidente dell’Unione industriale di Torino, Giorgio Marsiaj, numero uno dell’Amma, l’associazione delle aziende metalmeccaniche, Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom, Giancarlo Banchieri, al timone di Confesercenti Torino. E ancora: Dino De Santis, presidente di Confartigianato, Andrea Talaia di Cna, Antonio Mattio, al vertice del Collegio costruttori di Torino e Alessandro Frascarolo di Confapi Torino.

 “L’approvazione di un Ordine del Giorno che richiede la sospensione dei lavori relativi alla nuova Linea Torino Lione – spiegano congiuntamente i Presidenti delle associazioni d’impresa torinesi – sarebbe un atto gravissimo dal punto di vista politico e istituzionale; significherebbe dire no ad un territorio aperto all’Europa, più competitivo e più efficiente. Non è possibile tarpare così le possibilità di crescita del nostro sistema economico. La Torino Lione non è un capriccio di pochi, ma un investimento per il futuro di tutti”.

 “L’attrattività di un territorio – spiegano ancora i nove presidenti -, dipende anche dagli investimenti e dalla loro realizzazione. Gli imprenditori veri, che creano Pil e occupazione, vogliono certezza sulle infrastrutture e sui tempi della loro realizzazione. Le imprese non possono più sopportare una politica che va contro lo sviluppo e la crescita”.
 Peccato che in Sala Rossa non ci sarà la sindacaChiara Appendino è in partenza per una missione d’affari a Dubai. Ma ieri ha avuto modo di ribadire la sua contrarietà all’opera. Seguita a ruota dal vicepremier Luigi Di Maio: “Siamo da sempre contrari alla Torino-Lione”. Prese di posizione che hanno scatenato l’ira di Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte: “Che Torino dica no alla Tav è una bestemmia”.
E nel dibattito si inserisce anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala che intervendo al Forum tematico del Pd ha detto:  “Possibile che non diciamo che senza la Tav Torino-Lione, poi vanno a Francoforte e da lì a Budapest.? Bisogna dirle queste cose, e non è un problema di penali, ma un problema di coerenza con la pretesa di essere la seconda economia europea, anche perché le merci si muovono”.

Il Movimento No TAV difende e sostiene le ragioni della lotta No TAP, lotta sorella

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

28 ottobre 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=17205

Il Movimento No TAV difende e sostiene le ragioni della lotta No TAP, lotta sorella

La lotta di uno è la lotta di tutti

L’autunno del Governo si presenta sulla scena politica con una decisione irrazionale da tutti i punti di vista che appare come una sorprendente continuità del Governo giallo/verde rispetto ai precedenti: fare la TAP.

Questa decisione contraddice gli impegni dell’Italia sottoscritti con la ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015 che impongono, tra l’altro, la progressiva limitazione dell’uso dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas).

Il Movimento No TAV si schiera a fianco della resistenza No TAP perché da sempre è solidale con tutte le lotte contro le Grandi Opere Inutili e Imposte – GOII che da anni si battono per difendere i territori e rilanciare il Bel Paese.

Le GOII sono spreco di enormi quantità di denaro pubblico, devastazioni della natura e la negazione delle attese e dei diritti delle cittadine e dei cittadini: posti di lavoro veri, tutela dei territori, della salute e dell’ambiente, futuro del Pianeta.

Le opposizioni contro le Grandi Opere Inutili e Imposte e per la difesa dei territori rivendicano il loro ruolo positivo e propositivo attraverso le alternative proposte per contrastare il cambiamento climatico (l’uso dell’esistente, le c.d. opzioni zero, il blocco del consumo di suolo, ecc.).

LE RESISTENZE NEI TERRITORI RILANCIANO IL BEL PAESE E DIFENDONO IL PIANETA

La Città di Torino vota contro la Torino-Lione lunedì 29 ottobre 2018

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

27 ottobre 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=17172

La Città di Torino vota contro la

Torino-Lione lunedì 29 ottobre 2018

I fondi europei e nazionali disponibili in seguito all’abbandono del progetto

Torino-Lione dovranno essere dirottati verso la mobilità alternativa e sostenibile

nella Città Metropolitana di Torino e nella Regione Piemonte

ll Governo deve creare discontinuità nella catena di comando

del Consiglio di Amministrazione di TELT

Il Consiglio Comunale della Città di Torino voterà lunedì 29 ottobre 2018 una Mozione contro la Torino-Lione che impegnerà la Sindaca Chiara Appendino e la Giunta Comunale a chiedere al Governo di orientare il suo operato di valutazione del progetto della Torino-Lione in modo trasparente, a partire dalla ridiscussione degli accordi con lo Stato francese.

Ma oltre al metodo di lavoro, gli obiettivi che la Città di Torino indicherà al Governo sono le politiche innovative per il trasporto locale e regionale, in grado di dare le risposte alle esigenze di mobilità prioritarie dei cittadini in questo modo:

– destinare tutti i fondi previsti per la Torino-Lione -parte internazionale e parte italiana- alla mobilità collettiva alternativa e sostenibile nei territori della Città Metropolitana di Torino e della Regione Piemonte,

promuovere l’utilizzo dell’intera linea esistente tra Torino e Modane.

Per l’ottenimento di questi obiettivi la Mozione si è espressa chiaramente, il Governo dovrà assumere decisioni in forte discontinuità con il passato, attraverso:

– la sospensione delle attività dell’Osservatorio Tecnico Torino-Lione in attesa di ridefinirne obiettivi e funzioni, cancellando intanto il ruolo del Commissario Straordinario del Governo attualmente rappresentato da Paolo Foietta,

– la sostituzione del Direttore Generale di TELT Mario Virano atto che, ai sensi dell’Art. 13  dello Statuto di TELT, può essere adottato “senza preavviso né indennità e senza necessità di un giustificato motivo”. Questa legittima decisione è indispensabile dopo che il Direttore Generale ha annunciato il lancio di bandi di gara per oltre € 5 miliardi senza che i finanziatori di TELT (Italia, Francia e Unione Europea) abbiano dichiarato di disporre di questi importi,

– il blocco di qualunque operazione indirizzata all’avanzamento dell’opera fino al termine delle valutazioni governative (Analisi Costi-Benefici) e di conseguenza la sospensione della Delibera CIPE n. 67 del 7 agosto 2017 per la quale è stato depositato un ricorso presso la Corte dei conti.

QUI IL TESTO DELLA MOZIONE

 

Consiglio Comunale

  n. 2018-03401/002

 

CITTÀ  DI  TORINO

MOZIONE

OGGETTO: IPOTESI DI NUOVA LINEA FERROVIARIA TORINO LIONE

Il Consiglio Comunale,

RICHIAMATO il fatto che la Città di Torino

– Il 5 dicembre 2016 ha formalizzato la contrarietà della Città di Torino alla proposta di Nuova Linea Torino Lione con l’uscita della Stessa e dei suoi rappresentanti dal relativo Osservatorio Tecnico ritenendo incompatibile la partecipazione a tale istituto dato che non ha il compito di discutere e valutare l’opera in quanto tale, ma solo di considerarne le modalità di realizzazione, tanto da richiedere, a partire dal 2010, una dichiarazione preventiva, da parte delle amministrazioni che debbano esservi rappresentate, di non contrarietà all’opera;

PRESO ATTO

– Fino ad oggi è stata resa pubblica una sola Analisi Costi-Benefici (2012) relativa alla Nuova Linea Torino- Lione, contenuta nel quaderno (Q8) dell’Osservatorio per l’Asse Ferroviario Torino Lione;

– L’Analisi Costi-Benefici del Q8 fa riferimento alla linea intera come era pensata inizialmente, ma successivamente è venuta meno la realizzazione della tratta nazionale francese e di buona parte della tratta nazionale italiana e a questa modifica non ha corrisposto alcuna revisione pubblica della suddetta Analisi;

– L’intero traffico attraverso la frontiera tra Italia e Francia tende a diminuire, (tra il 1997 e 2007 il traffico ferroviario mercantile lungo la Val Susa si è ridotto – 43,6%) mentre quello lungo le direttrici nord-sud, e cioè attraverso le frontiere italo-svizzera e italo-austriaca, si mantiene o tende a crescere. (+43,7% nel pari periodo tra Italia e Svizzera);

– Nell’Analisi Costi-Benefici del Quaderno 8 si prevedevano fortissimi aumenti di traffico merci lungo la direttrice Torino- Lione. Tali previsioni sono state smentite dai fatti come riconosciuto dallo stesso Osservatorio (Presidenza del Consiglio dei Ministri Osservatorio sulla Nuova Linea Torino-Lione, Verifica del Modello di Esercizio per la Tratta Nazionale, Lato Italia, seduta n.260 del 25/09/2017 pag. 58, Quaderno 10 Osservatorio);

– La Corte Europea dei Conti, European Court of Auditors, con il rapporto n.19 del 2018, punto V, pag.8, ha fortemente criticato la sistematica assenza di un’Analisi Costi-Benefici;

– La credibilità di qualunque completa e seria nuova analisi richiede che contestualmente ogni iniziativa di ulteriori lavori sulla tratta transfrontaliera venga immediatamente sospesa.

CONSIDERATO CHE

– Non esiste alcun accordo internazionale sottoscritto dall’Italia nei confronti della Francia o dell’Europa che preveda l’esborso di penali in caso di ritiro unilaterale italiano;

– L’attuale ripartizione dei costi tra Italia e Francia è nei fatti disattesa tanto dallo stato francese quanto da quello italiano. La Francia ha infatti rinviato a dopo il 2038 ogni decisione in merito alle opere della tratta di sua competenza da realizzare sul suo territorio (ad esempio i tre tunnel di Belledonne, Glandon, Chartreuse). Dal lato italiano molte parti della tratta nazionale (ad esempio il tunnel dell’Orsiera e la Cintura merci di Torino) previste dall’accordo sono state di fatto abbandonate;

– Nell’Accordo tra Italia e Francia del 2012, agli art. 2, 4 e 18, si stabilisce anche che la tratta transfrontaliera (il tunnel di base) sia per il 57,9% a carico dell’Italia (sul cui territorio si trovano 12 km su 57,5 totali) e per il 42,1% a carico della Francia (sul cui territorio insistono 45,5 km su 57,5 totali). In assenza dei lavori di competenza francese e di quelli di competenza italiana, accantonati senza modificare il riparto dei costi del tunnel di base, la spesa a carico dello Stato italiano risulta del tutto sproporzionata.

e CONSIDERATO CHE

– in assenza della disponibilità effettiva del finanziamento, il CIPE (delibera n. 67 del 07/08/2017 pubblicata il 24/01/2018) ha autorizzato la realizzazione di soli due lotti costruttivi relativi al tunnel di base non idonei alla sua funzionalità;

– TELT ha annunciato bandi di gara per oltre 5 miliardi di euro; tale intenzione risulta incompatibile con il programma del Governo attuale e con la possibilità di recepire senza vincoli i risultati dell’Analisi Costi-Benefici in corso di definizione;

– nel nuovo Contratto di Programma Parte Investimenti 2017-2021 (siglato tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e RFI) sono attribuiti 1.700 milioni di euro per la realizzazione della Nuova Linea Torino Lione tra Avigliana e Orbassano (che prevede la galleria sotto la Collina Morenica di Rivoli), sulla quale non è ancora presente alcun progetto approvato.

RITENENDO INOLTRE indispensabile informare e coinvolgere i cittadini;

IMPEGNA

Il Sindaco e la Giunta Comunale a:

chiedere al Governo:

– di rendere pubblici e verificabili i criteri, le procedure e le modalità di attuazione di una rigorosa Analisi Costi-Benefici da avviare sull’ipotesi di Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione;

– di valutare, in alternativa a tali nuove opere, la promozione dell’utilizzo dell’intera linea esistente tra Torino e Modane;

– di sospendere qualunque operazione indirizzata all’avanzamento dell’opera finché non sia terminata la suddetta Analisi Costi-Benefici;

– di sospendere qualsiasi spesa prevista dalla delibera CIPE n. 67 del 07/08/2017;

– di ridiscutere gli accordi con lo stato francese;

– di revocare la nomina dell’attuale Direttore Generale di TELT sas, ponendo fine alle sue funzioni come da art. 13 comma 1 dello Statuto societario e sospendendo l’emissione degli annunciati bandi di gara per oltre 5 miliardi di € al fine di inutili sprechi di denaro pubblico;

– di abolire il ruolo di Commissario Straordinario del Governo per la Torino Lione, attraverso l’abrogazione del DPR 14/12/2017, e sospendere le attività dell’Osservatorio Torino Lione in attesa di ridefinirne gli obiettivi e le funzioni;

– di destinare i fondi attualmente previsti dal Governo per la Torino Lione (sia per la parte internazionale che per la parte italiana) per la mobilità collettiva e sostenibile nel territorio della Città Metropolitana di Torino e della Regione Piemonte.

http://www.comune.torino.it/consiglio/lavori/ordine.pdf n. 2018-03401/002 – FERRERO, PAOLI, CARRETTO, POLLICINO, ALBANO, RUSSI, AZZARA’, SICARI, GIOVARA, TEVERE – IPOTESI DI NUOVA LINEA FERROVIARIA TORINO-LIONE – II CCP + CAPIGRUPPO + SERVIZI PUBBLICI LOCALI – 26/9/2018

DONNE DALLA PARTE GIUSTA – DONNE NON MANIPOLATE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/10/donne-dalla-parte-giusta-donne-non.html

MONDOCANE

SABATO 27 OTTOBRE 2018

 
Per chi capisce l’inglese, oltre quello dei vernacolari monoglotti, che però ci sparano smart, glamour, fashion blogger, okey, happy hour, ecco il video della “marcia delle donne contro la guerra” svoltasi a Washington davanti alla Casa Bianca. Tra tanti depistaggi verso manifestazioni strumentali, come quella propagandata da noi per oggi sabato “contro il razzismo” (mica quello vero che spoglia l’Africa e rade al suolo il Medioriente) dai detriti di una sinistra fattasi autentica destra (vedi il manifesto), strumento imperialista della distrazione di massa dai diritti alla pace, al lavoro, alla sovranità, verso i “diritti civili”, ecco una manifestazione che colpisce il nervo scoperto del nostro tempo delle mistificazioni. Viva queste donne di cui a a destra (cioè a “sinistra”-centro-destra) non sentirete un bisbiglio.
 
Women’s March on the Headquarters of War:
 
The Full Video Report
 
Consortium News videographer Netra Halperin has produced a full video report of Sunday’s Women’s March on America’s center for planning and executing war.
 
 

Torino-Lione, svolta Appendino: lunedì il consiglio comunale sposa la linea “No Tav”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/10/25/news/torino-lione_lunedi_il_consiglio_comunale_sposa_la_linea_no_tav_-209917041/

All’ordine del giorno la lettera contraria all’opera spedita al governo

di JACOPO RICCA

25 ottobre 2018

Il consiglio comunale si prepara a sposare la linea No Tav. Lo hanno annunciato alcuni esponenti della maggioranza del Movimento 5stelle che sostiene la sindaca Chiara Appendino, al termine della riunione sull’ordine del giorno che sarà messo in votazione lunedì e che ricalca la lettera inviata al governo dagli oppositori all’alta velocità Torino-Lione qualche settimana fa.
All’incontro, cui hanno partecipato i tecnici No Tav, si è parlato dell’ordine del giorno che impegna sindaca e giunta a chiedere al governo di: “Valutare, in alternativa al Tav, la promozione dell’utilizzo dell’intera linea esistente tra Torino e Modane, sospendere qualunque operazione indirizzata all’avanzamento dell’opera finché non sia terminata l’analisi Costi-Benefici, ridiscutere gli accordi con lo stato francese e revocare la nomina dell’attuale direttore generale di Telt e abolire il ruolo di Commissario Straordinario del Governo per la Torino-Lione, e sospendere le attività dell’Osservatorio Torino Lione in attesa di ridefinirne gli obiettivi e le funzioni”.
Richieste che ricalcano quelle dei No Tav e che sarebbero il primo documento dichiaratamente contrario all’alta velocità votato dal consiglio comunale di Torino. L’unica altra presa di posizione ufficiale da quando i grillini sono al governo della città era stata infatti l’uscita dall’Osservatorio decisa quasi subito dopo l’insediamento da Appendino.Una presa di posizione destinata a riaccendere le polemiche non solo nella politica.
Anche gli imprenditori – dopo la manifestazione di settembre con il presidente Boccia di Confindustria e duecento industriali di tutto il Nord – sono pronti a nuove prese di posizione in difesa di un’infrastruttura senza la quale vedono Torino destinata a un binario morto.

IN MARGINE A KHASHOGGI — JACK THE RIPPER, UNA SINEDDOCHE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/10/in-margine-khashoggi-jack-ripper-una.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 24 OTTOBRE 2018

 

Jack the ripper, Giacomo lo squartatore, ricordate, è il personaggio reale che sbudellava donne, prostitute perlopiù, nel quartiere londinese di Whitechapel, di cui si mormorava potesse essere un altissimo membro di Casa Reale, allora retta, nel massimo fulgore della gloria ed espansione del suo impero, dalla regina Vittoria. Non si mai saputo, voluto sapere, chi il serial killer fosse. Anche oggi, specie da noi, sono pochi i colletti bianchi che finiscono davanti al giudice, e pochissimi che vadano dietro le sbarre. Figuriamoci, allora, i colletti di sangue blu. Jack divenne lo spunto per una letteratura gialla che si premurò di seppellire nelle fatiscenze e tra le stamberghe da gentrificare di Whitechapel la torbida e imbarazzante crepa  in una società borghese i cui cantori, salvo eccezioni tipo Dickens e Oscar Wilde, la celebravano come l’apoteosi della vicenda umana. Una specie di “fine della storia”, come cent’anni dopo la riprese Fukuyama  per sancire che nulla ci sarebbe potuto essere al di là del capitalismo neoliberista e mondialista voluto dalla finanza, interpretato dai neocon e attuato da Clinton, Obama, Blair, nanetti da giardino a Bruxelles, facilitatori e influencer  locali vari.

La parte per il tutto: uno, due, tanti Jack the ripper

Sineddoche è la figura retorica più diffusa. Quando si usa la parte per il tutto. Per esempio dire “bevo un bicchiere”, “Palazzo Chigi dichiara”. Alcuni lo sapevano, altri meno, ma i tanti che hanno illustrato le imprese di Jack the ripper, in libri, film, teatro, fumetti, hanno disegnato la sineddoche della società di allora e di oggi, una società che ha sbaragliato, con i metodi e strumenti di Jack, a volte metaforici a volte no, ogni pensiero e ogni assetto che non fossero quelli unici. Jack è la parte per il totale di questa società. Una società che stava costruendo  il suo edificio del potere, oggi giunto al completamento, con i mattoni fatti delle  ossa e cementati col sangue di un’umanità  il cui mattatoio era la sua stessa casa. Casa senza finestre e senza uscite.  Jack si è moltiplicato all’infinito: capitalismo, vuoi liberale, socialdemocratico, vuoi nazifascista, colonialismo, imperialismo, neocolonialismo in forma di emigrazione. La guerra di Jack contro le donne di Whitechapel che esprimevano una condizione umana determinata da povertà e ingiustizia, era la guerra contro chi lacerava il quadro della buona società borghese trionfante. La lacerazione dell’ipocrisia andava lacerata. Squartata, appunto. E nessuno avrebbe mai dovuto e potuto scoprire e punire lo squartatore.

Jack non va in galera

Nessuno scoprirà e punirà mai quel Jack the ripper  che, nella sede diplomatica saudita di Istanbul, ha ucciso, squartato e seppellito il giornalista del Washington Post e membro del settore dell’élite saudita spodestata, Jamal Khashoggi. Ognuno utilizzerà la prodezza dell’infante, Mohammed bin Salman, detto MBS, per riformattare i rapporti di forza all’interno del circuito dei Global Jacks the rippers (per coloro che di inglese sanno smart, fashion, glamour, start up, street food, è plurale). Alla Davos saudita, dopo l’ovazione in piedi tributata al Jack padrone di casa, fresco fresco del sospetto granitico di aver ordinato l’affettamento del disturbatore, sono stati conclusi affari per 50 miliardi. Erdogan, bue che dà del cornuto all’asino, con le sue centinaia di giornalisti in carcere e le decine di migliaia di statali, avvocati, magistrati “infedeli” cacciati, fa finta di indagare sul Jack saudita, ma non  lo menziona, si limita di tenerlo per il bavero perché l’egemonia sull’Islam sunnita (nonché sul mercenariato jihadista) sia suo e dei suoi Fratelli Musulmani piuttosto che dei wahabiti e salafiti del Golfo. Pensino a massacrare sciti tra Yemen, Saudìa, Bahrein e Libano e non rompano. E sulla Siria decidiamo noi.

Il processo a MBS si ferma lì. Del resto, non si è ancora visto all’orizzonte, come non si era visto a Scotland Yard 120 anni fa chi indagasse seriamente sul Ripper,  il temerario che se la sentirebbe di redarguire un fronte di Jacks che, tra idrocarburi, armamenti e internazionale tribale, costituisce una delle pietre miliari nella marcia verso il mondo uno e trino: banca, armi e genocidi. Il mondo dove ci promettono – e il pecorame sinistro-destro conferma –  albeggia la vera democrazia.

Per un attimo, Trump ha sollevato il ciglio sullo smembramento di Khashoggi, ma l’ha istantaneamente riabbassato, parlando di “fatto malavitoso”. S’è ricordato che il 18% di tutto il petrolio mondiale è saudita, pulito, a basso costo, mentre quello suo, di scisto, costa un botto e fa schifo. Ha anche pensato che, se lo Jack saudita non si compra quelle armi per 100 miliardi, altro che vittoria alle elezioni di medio termine, con qualche decina di migliaia di operai in strada e l’intero complesso militar-industriale, che tiene in piedi la baracca economica a stelle e strisce, già seccato perché quando Trump incontra Putin non gli spacca la faccia, che gli scatena contro l’armageddon finale.

O con Jack, o squartati da Jack. O zitti.

Quanto poco gli importi di mettersi a tavola con Jack, pur di guadagnare punti nei confronti dei bari che fanno saltare consolidati accordi anti-olocausto nucleare (quelli che noialtri, a costo di parecchi bozzi da manganello in testa per cacciare Cruise e Pershing da Comiso, contribuimmo a far concludere da Reagan e Gorbaciov), lo ha dimostrato ai suoi sostenitori anche Putin. Non era passato quel battito di ciglio di Trump, che il salvatore della Siria già si presentava da MBS con in mano un piatto pieno di S-400, ultimo grido di difesa anti-aereo (difesa contro le cento squadriglie di MIG 17 degli Houthi yemeniti, evidentemente). Quello venduto anche a turchi e indiani, ma negato ai siriani.

E che nel mondo dei Jack, se non puoi stare a tavola con loro, conviene almeno star zitti su quanto sbranano e divorano. Come ha ben capito il governo Salvimaio quando si è ben guardato neppure dal sollevare quel ciglio alla Trump, o alla Merkel e, tanto meno, di porre un freno al flusso di armamenti dall’Italia, via Riad, in capo ai 18 milioni di yemeniti che la fame e il colera da blocco saudi-statunitense non hanno ancora stroncato.

Jacks sull’Honduras

E’ un mondo di Jacks. C’è un Jack a Tegucigalpa, Honduras, ennesimo spurgo del colpo di Stato voluto da Obama e organizzato da Hillary contro un presidente amico degli anti-Jack del Venezuela, che costringe il suo popolo a togliersi dai maroni per lasciare il posto a multinazionali dell’estrazione e della palma d’olio (rivedetevi questa prodezza hillariana nel docufilm: “Il ritorno del Condor”. Ci trovate, tra grandi lotte di resistenza, anche la mia intervista alla grandissima Berta Cacares, trucidata dal regime). E c’è un Jack a Washington che dai paesi dell’America Latina non vuole saperne di affamati e assetati, ma di essere da loro nutrito e dissetato a forza di oro, legname, chimica, hamburger e petrolio. Quanto siano sineddoche questi Jacks, lo dicono i 20 assassinati al giorno a Tegucigalpa, il più alto tasso di omicidi del mondo da quando hanno spazzato via Zelaya, presidente eletto dal popolo, ma nel paese dei padroni delle banane. Va così, nel mondo dei Jacks.

C’è un altro Jack in questa storia che non si sa se sia concepita contro Trump, o a suo favore. E’ uno che campa assassinando nazioni. Circola la voce che la partenza da San Pedro Sula, nel Nord dell’Honduras, delle prime centinaia di marciatori verso gli Usa e poi l’afflusso in San Salvador e Guatemala di altri disperati di questi paesi da sempre sotto l’anfibio Usa, fino ad arrivare ai 7000 sul confine col Messico, si siano svolti sotto gli auspici e con il concorso di George Soros. L’amico di tutti i migranti che lasciano il posto alle multinazionali e il nemico di tutti coloro che vogliono restare a casa e farselo loro il proprio paese, ci avrebbe messo la zampa per inguaiare da destra (lo sradicamento-spostamento di popolazioni è operazione di destra, mondialista) l’odiato presidente che la bufala cosmica Russiagate non è ancora riuscita a disarcionare.

Resta da vedere se il calcolo è azzeccato. Chè se quell’ondata, magari ingrossata dalle vittime messicane dei narco-Jacks che hanno preceduto Lopez Obrador alla presidenza del Messico, si dovesse infrangere contro il muro tra Texas e Chihuahua, o lo dovesse addirittura superare, sai la psicosi razzista che si solleverebbe tra i diseredati nordamericani, gli esiti potrebbero essere due. O Trump ci guadagna, perché da sempre minaccia blocchi e chiusure alle torme che vorrebbero invadere il paese del benessere e, spaventata dall’ondata centroamericana, la gente si rifuggirebbe nel voto repubblicano; o ci rimette perché, pur tuonando e promettendo sfracelli, non riesce quell’ondata a fermarla sul nascere,  a dispetto di tutte le leve di dominio di cui gli Usa godono in quella regione.

Dal mattatoio Honduras alla discarica di Tapachula

Ai disperati in marcia verso il “sogno americano”, manipolati o meno che siano da uno dei tanti Jack che incombono da secoli sui destini del continente, non dice bene. Prima di arrivare a Ciudad Juarez, davanti al Texas, saranno selezionati dai narcos, bastonati, sequestrati, uccisi da questi, quando non dalle maras, angariati e rinchiusi da queste o quelle forze dell’ordine, spiaggiati sui due lati del fiume Suchiate, in Honduras o Messico, a rimediare un po’ di lavoro e un po’ di alcol. Li ho visti lì, alcuni da anni, sotto tetti di cartone, instupiditi dall’attesa, dal niente, dalla dissipazione di ogni prospettiva. Con loro, su pneumatici di camion, ho attraversato il Suchiate, li ho visti attendere da un’eternità il treno buono per il nord, arrampicarvici, caderne per la stanchezza, morire. Soprattutto li ho visti finire nell’immensa discarica di Tapachula, a lavorare sotto caporali frugando tra i rifiuti. Donne del Guatemala, lì da anni, rosicchiate dalla tubercolosi, con i figli nati prima, ma anche lì, che si grattavano la scabbia. Ho raccontato tutto in “Messico: angeli e demoni nel laboratorio dell’Impero”. Scusate  lo spot.

Tra i tanti che lacrimano dai loro salotti al seguito dei marciatori honduregni ci  sarà qualcuno che, anziché parlare di accoglienza, lì solo un po’ più sanguinaria della nostra tra i pomodori, parlasse di partenza coatta. Come quella dalla Nigeria imbrattata dal petrolio dell’ENI  (di cui il “manifesto” pubblica i paginoni promo redazionali), o come quella  dalle terre rubate agli indigeni per  i quali Berta Cacares si è battuta contro l’olio di palma degli avvelenatori. E  che dicesse che quella partenza è dovuta ai Jacks di cui, nel nostro emisfero, si accettano tutti i corollari culturali e geopolitici. Potrebbe essere una bella sineddoche. Ma non la vedo.

Mi fermo qui. Dei Jacks in gessato, whiskino a portata e porte girevoli sempre in funzione tra Bruxelles e Goldman Sachs e tutti i padroni – privati e paperoni ! – delle agenzie di rating che stabiliscono chi deve vivere e chi morire, inorriditi dal cambio di direzione che i flussi hanno preso in Italia, anziché dal basso verso l’alto all’incontrario, mettendo a rischio tutto il bello schemino realizzato assieme ai Jacks americani da settant’anni in qua, parleremo un’altra volta.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 21:07