QUAND LA TV D’ETAT IRANIENNE ‘PRESS TV’ EST INQUIETE POUR L’AVENIR DU CAMEROUN : ‘PRESIDENTIELLE AU CAMEROUN. VERS UNE REVOLUTION DE COULEUR ?’

 

* Voir sur PANAFRICOM-TV & KAMER#1-TV/

LUC MICHEL SUR LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV (IRAN) CE 12 OCT. 2018 :

PRESIDENTIELLE AU CAMEROUN ET CRISE POST-ELECTORALE.

UNE REVOLUTION DE  COULEUR RAMPANTE QUI COMMENCE ?

Sur https://vimeo.com/295011849

vignetteZOOM camer presidentielle I

* PRESS TV :

« Cameroun : que se passe-t-il au sein des élections présidentielles ?

Analyse avec Luc Michel, géopoliticien. »

* Le géopoliticien Luc MICHEL :

Est aussi un spécialiste des élections et connaît bien le Cameroun.

Avec son ONG EODE et EODE-AFRICA (sa branche panafricaine basée à Douala, précisément), il a monitoré des dizaines d’élections et de référenda en Eurasie et en Afrique, dont le monitoring du référendum d’autodétermination de la Crimée en mars 2014.

Luc Michel  parle de « crise soigneusement planifiée » et du « début d’une révolution de couleur rampante au Cameroun » …

Il répond aux questions centrales sur la Présidentielle camerounaise :

Quels sont les dangers qui pèsent sur le Cameroun après la présidentielle ?

Faut-il craindre cette crise post-électorale que le MRC et certains partis de l »opposition rendent inévitable ?

Avec la demande de l’invalidation de la présidentielle camerounaise par les Nkamto (MRC), Muna et Librii (Parti Univers), on fait un pas de plus vers une crise post-électorale profonde, du style déjà vécu au Gabon ou au Congo Brazzaville.

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La Francia non si impegna per l’accesso francese alla galleria di base

Nella proposta di orientamento per la mobilità, si conferma che la Francia non raggiungerà l’accesso francese alla galleria di base entro un ragionevole breve o medio termine

In queste condizioni si afferma ora che la Francia non fornirà la contropartita prevista in linea di principio dal memorandum del 5 maggio 2004 e in effetti dall’articolo 4 dell’accordo del 30 gennaio 2012.

la pagina 23 del documento allegato è perfettamente chiara ed esplicita

In queste circostanze, l’Italia non deve rispettare un accordo che le impone il 57,9% del finanziamento del tunnel poiché la Francia dichiara che non realizzerà la contropartita che giustificasse questo finanziamento superiore dei contribuenti italiani.

Ecco perché, come M Edoardo Rixi ha detto a Lo Spiffero, è necessario diffidare in Italia dell’accordo franco-italiano a vantaggio della Francia e allo svantaggio dei suoi vicini

http://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=40408

La posizione attendista della Lega nelle parole del sottosegretario al Mit Rixi: “L’alta velocità Genova-Milano è strategica per il Paese, la Torino-Lione forse conviene di più alla Francia”…..

Il collegamento tra Francia e Italia, probabilmente, vuol dire dare una mano alla portualità francese nell’Atlantico, anche per gestire il traffico italiano”….

La Tav implica condivisione di strategie con la Francia, con la quale bisogna stare molto attenti perché – spiega il sottosegretario, parlando con lo Spiffero – i francesi tendenzialmente quando fanno le opere cercano di farle a loro favore e a disfavore del vicino. Dopodiché questo non vuol dire che non sia necessaria”. …

Pag 23 del Secondo riferimento al progetto di legge d’orientamento sulla mobilità

La modernizzazione della linea esistente Digione – Modane sarà condotta per consentire di accogliere in buone condizioni il traffico merci sulla rotta internazionale della Lione Torino durante la messa in servizio della galleria di base e per far fronte all’aumento dei trasporti ferroviari quotidiani.

Si tratta di fare investimenti a breve termine sulla linea e aumentare la sua capacità a 10 milioni di tonnellate di merci all’anno all’apertura del tunnel transfrontaliero (2030), successivamente 15 milioni di tonnellate.

Per quanto riguarda le nuove sezioni tra Lione e la sezione transfrontaliera del tunnel, le riflessioni continueranno per determinare le fasi pertinenti per far fronte nel tempo all’aumento di traffico.

Dans le projet de loi d’orientation des mobilité la confirmation est donnée que la France ne réalisera pas les accès français au tunnel de base dans un délai raisonnable court ou moyen terme

Dans ces condition il est désormais affiché que la France ne fournira pas la contrepartie prévue dans son principe par le mémorandum du 5 mai 2004 et dans les faits par l’article 4 de l’accord du 30 janvier 2012.

la page 23 du document joint est parfaitement clair et explicite
Dans ces conditions l’Italie n’a pas a respecter un accord qui lui impose 57,9% du financement du tunnel puisque la France déclare qu’elle ne réalisera pas la contrepartie qui justifiait ce financement supérieur des contribuables italiens.

C’est la raison pour laquelle, comme l’avait dit M Edoardo Rixi à Lo Spiffero il est nécessaire de se méfier en Italie de l’accord franco-italien à l’avantage de la France et au désavantage de ses voisinshttp://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=40408

C’est la raison pour laquelle je vous engage à diffuser largement la pétition informat la population sur le déséquilibre des engagements de l’Italie vis à vis de la France en signant la pétition publiée sur ce lien

Je reste disponible pour des réunions de travail franco italienne

daniel ibanez

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“Semaforo verde al Terzo valico, sul Tav decideremo entro l’anno”

http://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=40408

La posizione attendista della Lega nelle parole del sottosegretario al Mit Rixi: “L’alta velocità Genova-Milano è strategica per il Paese, la Torino-Lione forse conviene di più alla Francia”. Il destino dell’opera dopo le valutazioni previste dal contratto di governo

“Per l’economia italiana è certamente più strategico il Terzo Valico rispetto alla Tav. Non c’è paragone. Questo ovviamente non vuol dire che uno escluda l’altra. Certo è che collegare i porti italiani con il centro Europa grazie a quello che sarà il tunnel più lungo del Paese vuol dire riportare il nostro sistema portuale al centro del mediterraneo. Il collegamento tra Francia e Italia, probabilmente, vuol dire dare una mano alla portualità francese nell’Atlantico, anche per gestire il traffico italiano”. Che la Lega viaggi con maggior decisione in direzione di una strenua difesa della linea progettata per uno sbocco dei porti liguri nella pianura padana rispetto alla Torino-Lione non lo si scopre oggi.

“Il Terzo Valico non si tocca” aveva avvertito i Cinquestelle, Matteo Salvini blindando la grande opera insieme alla pedemontana veneta e a quella lombarda. Ma anche lui (soprattutto lui) non è mai stato altrettanto risoluto sulla Tav, della quale Edoardo Rixi – storico fedelissimo del Capitano passato dall’assessorato ai Trasporti della giunta di Giovanni Toti al Mit di cui è sottosegretario (insieme all’altro leghista, Armando Siri) – rimarca la differenza strategica rispetto al Terzo Valico, lasciando aleggiare sospetto che la Torino-Lione alla fine convenga più alla Francia che non al nostro Paese.

“Io non dirò mai no alla Tav punto. Dico, però, che il Terzo Valico sarebbe la più grande galleria ferroviaria d’Italia capace di dare forza al sistema industriale italiano. La Tav implica condivisione di strategie con la Francia, con la quale bisogna stare molto attenti perché – spiega il sottosegretario, parlando con lo Spiffero – i francesi tendenzialmente quando fanno le opere cercano di farle a loro favore e a disfavore del vicino. Dopodiché questo non vuol dire che non sia necessaria”. Se lo sarà o invece, come sostengono da sempre i Cinquestelle, si tratta di un’opera inutile il Governo lo deciderà dopo le valutazioni previste dal contratto tra i due alleati, che proprio sul tema dei grandi progetti infrastrutturali hanno visioni lontanissime e, di fatto, confliggenti.

“La posizione della Lega è chiara, quella dei Cinquestelle altrettanto, troveremo una sintesi”. Per farlo, evitando che l’incertezza si prolunghi risultando magari utile ad avvicinare la sintesi (ovvero un compromesso e un cedimento dell’atteggiamento oltranzista grillino da far digerire al suo elettorato più radicale sul tema), ma pesando negativamente su questioni economiche e non di meno occupazionali, i tempi dovranno essere ragionevolmente brevi. “Si deciderà nei prossimi mesi, certamente non oltre la fine dell’anno” assicura Rixi. Il quale ribadisce che ci sarà “una valutazione tecnica, di impatto e, ovviamente anche politica. Siamo appena partiti incominciando a mettere in moto la macchina, guardando le carte per capire anche se sulla Torino-Lione tutti hanno detto le verità che andavano dette. Entro luglio verrà anche nominata la nuova unità tecnica di missione”.

Risposta indiretta a chi all’annuncio del Governo di riesaminare il rapporto costi benefici, aveva replicato che questo studio era già stato fatto ed è disponibile? Più probabilmente, la necessità per la Lega di concedere all’alleato lo spazio di manovra necessario per uscire da una situazione non facile rispetto ai proclami della campagna elettorale e alla stessa risposta data dal ministro Danilo Toninelli a Sergio Chiamparino che aveva detto: “Dovranno passare sul mio corpo per non fare la Tav”. “Non passeremo sul suo corpo – aveva replicato il ministro – perché potrebbe non passare nessun treno”. Eventualità che la Lega ha sempre escluso, anche se con minor vigore rispetto a tutti gli altri progetti. “Per noi le opere pubbliche sono uno strumento per far ripartire il Paese. Non si possono bloccare. Se ci sono motivazioni per modificarle e migliorarle ben vengano” aggiunge l’ex assessore ligure, a detta di molti colui che incarna la garanzia assoluta per la realizzazione del Terzo Valico su cui Toti è irremovibile dal primo giorno e opera il cui ipotetico blocco finirebbe per far saltare la stessa alleanza che governa la Liguria.

“Se ci sono motivazioni per stralciare qualche opera perché non utile e farne altre che si ritengano più necessarie, lo si valuta. Certo non si può dire a prescindere: non le facciamo. Così si bloccherebbero finanziamenti e lavori che per noi sono una priorità e peseranno al momento della valutazione”. Sulla Torino-Lione la Lega ribadisce la sua posizione a favore, “anche se con alcuni distinguo, per esempio rispetto a Forza Italia: per me difendere l’ambiente e far le cose nel miglior modo possibile è un valore aggiunto. Se parliamo di Terzo Valico per trasportare le merci è perché le vogliamo togliere dalle strade”, collegando i porti con la pianura padana e il resto dell’Europa. Senza rischiare, per Salvini, di fare un regalo a Macron. Di questi tempi, poi.

TAV, GELO DELLA LEGA: “GIUSTO SOSPENDERE I BANDI DI GARA”

Dai parlamentari piemontesi Maccanti e Benvenuto una sponda al ministro Toninelli: “Bisogna attendere la valutazione costi-benefici, intanto si cambino i vertici dell’Osservatorio”
REPORTERS

Il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte. 

Pubblicato il 17/10/2018
ALESSANDRO MONDO
TORINO

Una presa di posizione netta sulla Torino-Lione. Non arriva da qualche esponente grillino, come ormai è consueto – «Il rapporto costi benefici evidenzierà la criticità e l’inutilità di alcune opere come la Tav», ha ribadito stamane a Radio Capital il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Stefani Buffagni – ma dalla Lega. La quale, stando alle dichiarazioni di Alessandro Benvenuto, presidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera, ed Elena Maccanti, capogruppo della Lega in Commissione Trasporti, vira decisamente sulle posizioni del M5S: giusto che Telt sospenda i bandi di gara in attesa della valutazione costi-benefici, altrettanto doveroso, e impellente, sostituire i vertici dell’Osservatorio tecnico sulla Tav. Nello specifico, Paolo Foietta. Un segnale decisamente chiaro, e allarmante per il Piemonte, da parte del barometro governativo. 

Avviso a Telt  

«Ci sembra corretto che Telt continui a tenere sospesi i bandi di gara per l’appalto del tunnel di base della Torino Lione in attesa dell’analisi costi benefici, che, come ci ha garantito il ministro (ndr: Danilo Toninelli) , è in via di definizione – premettono i due esponenti leghisti -. Peraltro è quanto prevede il contratto di governo sottoscritto da Lega e Movimento 5 Stelle, su cui si fonda l’esecutivo. La Lega si e’ sempre pronunciata a favore del progetto ma, come ha dichiarato più volte Matteo Salvini, se ci dimostrano che i costi superano di gran lunga i benefici ne trarremo le conseguenze necessarie». 

Osservatorio nel mirino  

«Non appena licenzieremo nelle Commissioni congiunte il decreto Genova – proseguono Benvenuto e Maccanti – calendarizzeremo l’audizione dei vertici della società italo francese, che abbiamo richiesto da tempo. Del resto è ancora fermo nelle Commissioni il Contratto di programma 2015-2029 tra il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, Ferrovie dello Stato Italiane e Telt per il finanziamento, la progettazione e la realizzazione della sezione transfrontaliera della parte comune della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, su cui saranno necessari alcuni approfondimenti».  

Nell’attesa, si punta a intervenire sull’Osservatorio: «Il Governo rompa gli indugi e sostituisca i vertici dell’Osservatorio, con il quale sarà necessario costruire un percorso chiaro per le modifiche al tratto italiano dell’opera. A questo proposito alcune valutazioni potranno anche essere fatte già la prossima settimana, quando in Commissione Trasporti daremo il parere sul Contratto di programma tra il ministero delle Infrastrutture e le Ferrovie dello Stato». 

«Ecco il vero volto della Lega»  

A stretto giro di posta la replica del Pd nella persona di Davide Gariglio. «Queste dichiarazioni svelano il vero volto della Lega – ribatte il parlamentare dem -. Oggi, dopo sei mesi di silenzi imbarazzanti, finalmente dicono la verità: la Lega regge il gioco ai Cinquestelle e si sta preparando a fermare la costruzione del tunnel ferroviario della Torino-Lione». Non solo: «Trovo imbarazzante che chiedano la sostituzione dei vertici dell’Osservatorio, cioè la rimozione di quel Commissario di Governo, Paolo Foietta, che in questi mesi Toninelli non ha mai voluto incontrare. Chiederò chiarimenti in Commissione e soprattutto, chiederò che venga, immediatamente, ascoltato anche il Commissario Foietta, prima di essere cacciato, per presentare a tutto il Parlamento il suo lavoro di questi anni». 

Le opere gialloverdi No al Tav, via libera al Terzo Valico

da: “ilFatto” del 18 ott 2018
L’analisi tecnica costi-benefici sulla Torino Lione arriverà a novembre, ma si va verso lo stop. Sì invece all’altra tratta
»LUCA DE CAROLIS
No al Tav: il totem che i Cinque Stelle non possono proprio rinnegare, dopo aver abiurato la promessa di chiudere l’Ilva e soprattutto quella di fermare il gasdotto Tapin 15 giorni, una volta al governo.
E sì al Terzo Valico, “perché ormai tornare indietro costerebbe più che continuare”.
Per la soddisfazione della Lega, che alla linea ad alta velocità che deve collegare Genovacon MilanoeTorino non vuole rinunciare.
NON PUÒ ESSERE ancora ufficiale, anche perché mancano passaggi, tecnici e ovviamente anche politici.
Ma l’analisi costi-benefici sulle grandi opere, avviata dai tecnici del ministero delle
Infrastrutture su impulso di M5S e Lega, ha ormai stabilito che il Tav, la linea ad alta velocità Torino-Lione, può anche non farsi.
Perché non sarebbe un’opera conveniente, e perché le penali “rappresentano un problema affrontabile”, come sintetizzava ieri un alto graduato del Movimento, che da sempre contesta l’opera.
Tanto da aver inserito nel contratto di governo, dopo un’estenuante trattativa con il Carroccio, un passaggio molto problematico sulla tratta: “Ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’a p pl i ca zi one dell’accordo tral’Italia e la Francia”.
Certo, i tecnici della struttura di missione del Mit, coadiuvati dai 14 esperti nominati a settembre dal ministro Danilo Toninelli, non hanno ancora completato il lavoro sul Tav.
A cui dovrà seguire un confronto con la società italo-francese che lavora all’opera, la Telt, e naturalmente con il governo francese.
“L’analisi costi-benefici sul Tav arriverà a novembre” ha spiegato più volte Toninelli.
E i tempi restano quelli.
Ma che si vada spediti verso il no lo confermano tanti segnali.
A partire dalle dichiarazioni di ieri del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Stefano Buffagni, dimaiano di peso, a Radio Capital: “Il rapporto costi benefici evidenzierà la criticità e l’inutilità di alcune opere come la Torino-Lione”.
E la reazione della Lega è stata tutt’altro che irritata, a leggere le frasi di due deputati piemontesi del Carroccio, Alessandro Benvenuto ed Elena Maccanti: “La Lega si è sempre pronunciata a favore del
progetto ma, come ha dichiarato più volte Salvini, se ci dimostrano che i costi superano di gran lunga i benefici ne trarremo le conseguenze”.
Tanto che un altro deputato, il dem Davide Gariglio, punta il dito: “La Lega regge il gioco ai 5Stelle e si prepara fermare la Torino-Lione”.
E d’altronde anche Salvini ultimamente è molto meno categorico rispetto a qualche settimana fa sulla continuazione dell’opera.
Forse anche perché ha capito che il Terzo Valico, a cui tiene moltissimo, è quasi in cassaforte.
Già, perché la valutazione dei tecnici sul progetto su quella tratta è quasi pronta (“arriverà entro la fine di ottobre”aveva assicurato al FattoToninelli qualche giorno fa).
E tutto lascia presagire che dirà di sì all’opera, “perchéormai ilavori sono andati troppo avanti”.
UN EPILOGO invocato non solo dal Carroccio tutto, ma anche da esponenti che contano del Movimento.
Come lo stesso Buffagni, lombardo, che da mesi ripete ai suoi come il Terzo Valico sia necessario.
Poi, è chiaro, la tara finale su questa e altri grandi opere sotto osservazione (come la Pedemontana veneta) la dovranno fare Di Maio e Salvini, i capi. E chissà come e quanto consulteranno il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che circa un mese fa era stato chiaro: “Spero che il Tav e il Tap si facciano”. Prima delle analisi dei tecnici.
E delle decisioni della politica, quella dei partiti.
La posizione leghista ”Da sempre favorevoli, ma se costasse troppo ne trarremo le conseguenze”
La val ut a z i o n e dei tecnici metterà in luce l’inutilità e le criticità del l a To r i n o Lione
B U F FAG N I ( M 5 S)
Il fronte del No Una manifestazione No Tav in Valsusa Ansa

3 DOMANDE Daniela Donno (M5S)
“NOI CI proveremo fino all’ultimo, ma il tempo è poco. E la situazione sui territori rischia di degenerare”.
Daniela Donno, senatrice leccese dei Cinque Stelle al secondo mandato,contrasta da anni ilTap, il gasdotto che dovrebbe avere il suo approdo a San Foca, frazione di Melendugno nel Salento.
Ormai sembra finita. E i movimenti No Tap invitano gli eletti pugliesi del M5S a dimettersi.
Capisco perfettamente le proteste e anche certi commenti molto duri.
Il Tap è un’infra struttura inutile, che impatterebbe sul territorio in maniera rovinosae cheservirebbe soloagli interessi di potenze straniere.
Avete dovuto ammettere che fermarlo costerebbe troppo, “almeno 20 miliardi”.
È una resa, no?
No, teniamo alla democrazia e così abbiamo aperto un dialogo con gli enti locali.
Lei aveva chiesto un tavolo con gli enti locali in assemblea congiunta martedì, giusto?
Quel che conta è che oggi il sindaco di Melendugno verrà ricevuto al ministero dell’Ambiente per valutare la documentazione. Bisogna cercare un vizio amministrativo o un danno ambientale tale da fermare i lavori. Non lasceremo nulla di intentato.
Avevate promesso di fermare il progetto in 15 giorni una volta al governo.
Volevamo dire che avremmo fatto tutto quanto era possibile per fermarlo. E spronare il governo precedente a intervenire, quando era ancora possibile.
Ora però vi accusano giustamente per le promesse tradite. Che succederà se non ce la fate?
Il clima è difficile. Ma la gente va capita. E non ci nasconderemo.
“PIÙ TEMPO PER RISPONDERE” Slitta il parere del ministro Costa sulle carte del Tap
DOVEVANOESSERE 24-36ore, così avevanodetto il premier Conte e il ministro dell’Ambiente Costa al termine della riunione con gli eletti M5S in Puglia e il sindaco di Melendugno lunedì: sono passate e “la sente n za ”delgoverno, pur implicita,non arriva. L’oggetto di questa attesa è il Tap, il gasdotto Trans adriatic pipelineche porteràilgasazero dalla frontiera greco-turca alle coste della Pu
glia.
Lunedì il governo ha chiarito ai grillini No Tap che non c’è modo di bloccare il progetto: lo stadio è troppo avanzato eilTrattatointernazionale firmato con Albania e Grecia garantisce, difatto, risarcimenti miliardari al consorzio che sta costruendo il gasdotto (“15-20 mil i a rd i ”, ha sostenuto la presidenza del Consiglio).
I NoTap, però, sostengono chel’iter autorizzativo sia viziato da cartografia sbagliata e/o manomessa.
“Ci sono errori progettuali e falsificazione dei documenti”, ha sostenuto Marco Potì, sindaco del comune salentino in cui approderà il lungo tubo e che oggi è atteso a Roma con nuove “p rove ”.
In realtà,la decisione è già presa, ma al ministero dell’A m b i e n te vogliono prendersi tutto il tempo che serve per rispondere a tutte le obiezioni di eletti e comitati territoriali: alla fine, però, sarà Sì Tap.

INFORMAZIONE, DI MAIO, CALABRESI: LA PAGLIUZZA E LA TRAVE —– LIBERTA’ COME SEI INVECCHIATA, QUANDO PASSI NON TI RICONOSCO PIU’

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/10/informazione-di-maio-calabresi-la.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 17 OTTOBRE 2018

 

E’ lungo. Va bene che siamo nell’era veloce dei tweet, delle frasi semplici, del chat, dei periodi senza subordinate. Ma talvolta fa pure bene al cervello fare uno sforzetto. Come aille ginocchia quando cammini anziché stare seduto in tram affondato nel cellulare.

Un quartiere può ben essere paragonato a un albero. Se forte e bello, o sbilenco e stentarello dipende dal terreno in cui affonda le radici. Trastevere era un albero forte, grande e bello, con le fronde e i rami che per millenni hanno protetto e coperto i suoi abitanti. Genti di varissimi colori, ma che Trastevere trasteverizzava, lo ricambiavano curandone il suolo, potando ed accrescendo, a misura di necessità. Stefano Rosso era l’uccellino nato tra quelle fronde e che ne abitava i rami, gli dava voce. Suonava la chitarra e cantava le sue canzoni, tra le più belle e significative del cantautorato degli anni felici. Non ha voluto altro pubblico che noi, quelli che lo andavamo ad ascoltare a Piazza Santa Maria, accrocchiati sulla fontana intorno a lui. Non aveva mai un soldo, Stefano, non ci teneva ai quattrini. Ogni tanto mangiavamo un piatto di pasta da me e poi giù con le chitarrate. Quando l’albero, maltrattato da turbe di colonizzatori, ha incominciato a seccarsi, Stefano, il suo usignolo, era già diventato famoso. Non se n’era neanche accorto. Era rimasto sul ramo di quell’albero, ancora a cantare, a impollinarne le fioriture sempre più rade. E’ stato l’ultimo canterino a volar via, l’ultima foglia a caderne, nell’inverno del nostro scontento. E con lui è volata via la poesia e la profondità. Poi l’albero, millenario come gli ulivi che vanno spazzando via in Puglia per far spazio alla modernità, è marcito ed è crollato. Suggerirei a chi legge questo pezzo, di tenersi sullo sfondo la dolce amarezza di Stefano:(www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=42666

Sì, viaggiare (fuori, dentro, con e contro i media)

Nel primo tempo, quello del Vaffa, i 5 Stelle si astennero dal mescolarsi tra le anime morte, ma esuberantemente ciarliere, dell’informazione-comunicazione-intrattenimento-rintronamento, specie televisivi. Fecero bene a tirare un frego tra loro, che parlavano alla gente nelle piazze e in rete (ahimè solo per chi la frequentava), e coloro che le arrangiavano attraverso i canali consolidati del totalitarismo comunicativo. Nel secondo tempo, maturati, iniziarono a mescolarsi, con un certo occhio alla selezione. E fecero bene, giacchè ovunque apparissero e con chi, disintegravano l’interlocutore. Nei supplementari, oggi, si mescolano con chiunque, vanno dappertutto, anche da Barbara D’Urso. E non so se fanno bene, anche Renzi l’aveva fatto, davanti alle stesse ginocchia nude, d’attrazione e distrazione (che poi se uno le toccasse finirebbe alla garrota) della stessa intervistatrice, celebrante della star di turno. Forse gli tocca, giacché tutti, dappertutto, ne parlano e nel 99,9% dei casi male. E visto che sei al governo e ti ha messo lì la nazione, tocca rispondere. Sennò resta muto anche chi  li ha eletti. E questo, in democrazia, non dovrebbe andar bene.

Inesperti e indisciplinati, non avvezzi alle buone regole, come sono tutti quelli che arrivano da fuori e in ritardo, i 5 Stelle a volte rispondono male. Senza neanche coprirsi la bocca. E tutti lo vengono a sapere e siccome quelli che gestiscono l’informazione, da sinistra a destra, li hanno in uggia, potete immaginare lo tsunami di riprovazione e damnatio memoriae, praesentis et futuri che gli arriva addosso. Uno tsunami che ha a disposizione tutti i venti per potenziarne la forza devastatrice: tv, stampa, metà dei social, i chierici, i laici benpensanti, gli amici del bar che guardano la Juve e le comari che festeggiano la gravidanza di Meghan e danno retta a Gramellini.

Al contadino non far sapere…

La differenza è che, quando non parlano attraverso i canali che qualcuno ha sancito istituzionali, anche se rispondono a privatissimi magnati del soldo, del mattone, del farmaco, questi formidabili catoni parlano di nascosto. Sono i casi in cui il teleobiettivo, o l’orecchio, o lo sguardo puntati non sono sotto loro stretto controllo. Parlano fitto fitto coprendosi la bocca. E non è per infastidire l’altro con l’alitosi. Qualunque sia il lezzo emanante dalle parole. Lo hanno imparato anche i calciatori che, bisbigliandosi trovate tattiche, o suggerendosi di spezzare le tibie a quello lì, pensano di fregare l’avversario. O magari  lo spettatore tv perché non sappia della combine.

Così è successo che Di Maio, quello più cornuto nella coppia di governo, secondo  gli illibati che c’erano prima, perché non fa smargiassate, o cose palesemente riprovevoli da ogni punto di vista, ma qualcuna  di quelle che questi avrebbero dovuto fare e non si sono mai sognati e per questo sono stati messi dietro la lavagna, ha detto sulla stampa ciò che tutti sanno. Nulla più. Quando è uscito un DEF in tutto e per tutto simile a quelli fatti prima, ma stavolta in odio al babbo UE, alla mamma BCE, alla zia FMI e al curato e con provvisioni non per due dozzine di ricchi, ma per qualche milionata di pezzenti sul divano, al maremoto forza 10 che gli si è sollevato contro, Di Maio è sbottato in “terrorismo mediatico”. Ha addirittura osato riferire che, come i dati ahinoi da tempo denunciano, la carta stampata perde lettori e anche Repubblica. Non sarà mica perché i lettori, più che leggerla, hanno mangiato la foglia?  Ma come si permette, il parvenu! Quello delle gazzose allo stadio San Paolo!

Ha preso la per lui inusuale penna, Mario Calabresi e, a nome di tutti i vilipesi, ha vergato su tre paginoni del suo giornale, “la Repubblica”, membro dell’oligopolio “Stampubblica” (Stampa, Repubblica, Secolo XIX e gazzettini associati, più L’Espresso), formatosi in nome del pluralismo e dell’ editoria pura, una catilinaria che, a confronto, quella del povero Cicerone contro il reo difensore delle libertà repubblicane pare la reprimenda della mamma per togliere i gomiti dalla tavola. Prima uno squillo di trombe: “Noi continueremo a raccontare la verità”, Poi un rullo di tamburi: “Quell’ossessione per Repubblica dei nuovi potenti”. Dove per “potenti” non credo abbia inteso né Debenedetti, né Berlusconi, né Cairo, né Caltagirone che, tra loro, hanno per le mani tre quarti dei media significativi di questo paese. Nè è probabile che abbia pensato a chi a Bruxelles, Francoforte, Parigi, Berlino e Washington mette i suoi poveri mezzi e poteri a disposizione della vendetta di coloro che il 4 marzo sono stati spodestati da una banda di barbari. E neppure, come adombra tremando il direttore di Repubblica, dovrebbero essere, Putin e Trump, stavolta in coppia alla Bonnie and Clyde?  Quei “potenti” del Calabresi restano l’enigma della fase.

Il resto dell’articolessa, come l’arguto Sergio Saviane chiamava le opere che per lui non meritavano altra qualifica, è un frenetica successione di spazzolate, un vorticoso impazzare di “Folletto”, un ripetuto passaggio in lavatrice della coda, per eliminare il sale che Di Maio gli aveva schizzato sopra. “Campagna con i giornali e contro Repubblica in particolare ogni giorno più ossessiva e più aggressiva…vogliono liberarsi dei corpi intermedi, delle critiche e delle domande scomode… peccato che tu, grillino, possa solo ascoltare, al massimo commentare o votare in un sondaggio e se i voti non sono quelli desiderati in un attimo spariscono…chi insiste nel fare domande (ai grillini) disturba, mette in evidenza contraddizioni, errori e furbizie, deve essere messo fuorigioco… si sono chiesti (i grillini) come possiamo provare a imbavagliarli, indebolirli, mandarli fuori strada?….Hanno preso di mira la nostra pubblicità (i grillini), un trucco delle aziende per comprare i giornalisti, hanno reso immorale la pubblicità… nemmeno Berlusconi arrivò mai a tanto (bum!)… sterilizzare qualunque critica al ministro (grillino). Infatti, nella storia della Repubblica non s’era mai visto nessun governo così indenne da critiche e così universalmente magnificato.

Se non basta Hitler, ecco la Stasi

Modello Stasi

Messo il paese sull’avviso contro la dittatura dei potenti, razzisti, xenofobi e populisti che sprigiona dai primi cinque mesi del governo salvimaio, soprattutto “maio”, chè con il “salvi” in comune già c’erano sensi liberali e liberisti, capannoni lombardoveneti, Saia e Toti, banchette vernacolari varie. Poi il giornale dei Debenedetti  dà una sistematina anche alla dittatura d’antan, tanto per far notare l’accostamento. Due pagine dell’illustre storico (?), Pietro Citati, dedicati a Hitler. Cito: “Falsi miti. Non sapeva far nulla, non lavorava, amava smisuratamente la madre, pensava di essere un artista. Poi scoprì di avere una vera passione, l’odio e un unico talento: saper parlare” . Insomma, un Fuehrer mammone, un po’ coglione, in fondo nient’altro che uno spurgo d’odio. Un po’ come i grillini? Il ricorso a Hitler vi pare un po’ scontato, abusato? C’è sempre la Stasi, la CIA cattiva della Germania Orientale, con i suoi spaventosi metodi di coercizione e punizione. La Stasi è’ quella, per Faenza sul “Fatto Quotidiano” , come per Ciccarelli sul “manifesto” (uno resosi icona della credibilità quando ha spernacchiato alcune migliaia di scienziati, tecnici, testimoni, che mettevano in discussione la versione ufficiale delle Torri Gemelle), che stanno copiando i 5 Stelle quando al reddito di cittadinanza uniscono 8 ore di “lavoro forzato” socialmente utile e misure perché i 750 euro vadano a Pinocchio e a Geppetto e non finiscano in bocca al gatto e alla volpe

Libera stampa in libero Stato

Sul  “manifesto” Marina Catucci, già scatenata agit prop di Hillary Clinton, nota esultatrice su cadaveri violati, dedica un paginone con fotona a un  gruppetto di teenager rivoluzionarie anti-Trump ben individuate, che tutte lamentano la perdita di Hillary e Obama e si dichiarano pronte alla guerra contro l’oppressione delle donne, delle minoranze, dei LGBTQ, contro negazionisti, misogeni, omofobi, razzisti. E anche contro la libera disponibilità di armi che provoca il “mass shooting” nelle scuole americane. Bravissime, Soros esulta.

Legittimo. Legittima la scelta delle notizie da dare e non dare. Forse legittima, ma non deontologica la scelta di NON dare neanche un trafiletto alla Marcia delle donne sul Pentagono nel fine settimana 20-21 ottobre, organizzata da Cindy Sheehan, madre di un soldato ucciso in Iraq, diventata la più nota militante antiguerra degli Usa. Ai tempi di Trump, ma anche di Hillary e Obama. E neanche una notiziola sul convegno internazionale contro la Nato a Dublino dal 16 novembre con la partecipazione di rappresentanti di 120 nazioni e centinaia di organizzazioni anti-guerra. E neanche un accennino alla manifestazion di massa programmata contro il prossimo vertice Nato a Washington il 4 aprile prossimo, per il quale si raccolgono adesioni dal mondo. Legittimo occultamento. Un po’ meno legittimo quando si esibisce la testata “quotidiano comunista”.

Legittima la scelta di Repubblica, del manifesto e di tutti gli altri, di giudicare l’Egitto preda di una dittatura. Legittima, ma sospetta quando si dice di arresti e non di terrorismo Isis dilagante, che uccide civili e funzionari a gogò, brucia chiese copte, tiene in scacco il paese. Legittimo esigere la verità sull’uccisione di  Giulio Regeni, ricercatore italiano. Ma legittimo anche, nello sceverare ogni minimo particolare dell’accaduto, occultare che il ragazzo era lì per sollecitare progetti anti-regime, che era stato bruciato da un suo interlocutore e, soprattutto, che era stato alle dipendenze di una ditta di spionaggio angloamericana diretta da ceffi come l’inventore dagli squadroni della morte, Negroponte, l’ex-capo dello spionaggio britannico, McCollin, e il protagonista del Watergate David Young?  Un pensierino su chi poteva aver combinato il pastrocchio, chiaramente anti-egiziano e anti-italiano, no? Giornalismo d’inchiesta?

Luci intermittenti sulla realtà

Santificare le Ong delle migrazioni e celare che sono finanziate dallo speculatore e destabilizzatore internazionale George Soros? Definirlo filantropo e  perdersi il dettaglio (vero “manifesto”?) del furto di miliardi a Italia, Regno Unito e Tailandia (dove, se ci va, lo sbattono al gabbio per sempre), cui in combutta con agenti locali quali la Regina, Draghi e Andreatta, ha demolito la valuta nazionale facendo arrivare sul mercato degli amici una produzione industriale a prezzo di saldo? Non aggiungere che c’è la manina di Soros in ogni porcata fatta a Stati sovrani, tipo golpe e rivoluzioni colorate, da Kiev a Managua? Modello BBC, standard aureo quanto il New York Times delle armi di Saddam, che, dopo aver attribuito alla provocazione dell’IRA la strage della domenica di sangue di Derry perpetrata dai parà di Sua Maestà, solo dopo trent’anni si è rassegnata a un’inchiesta imposta a furor di popolo e di testimoni (compreso il sottoscritto), ma solo per spostare la colpa del crimine, dal governo che l’aveva ordinato, all’ intemperante testa calda  al comando dei militari (nessuno dei quali è ancora, 46 anni dopo, è finito sotto processo).

Perché, di Stefano Cucchi finalmente restituito alla verità  dalla confessione di un carabiniere che ha denunciato i suoi colleghi nell’Arma nei secoli fedele, quanti dei nostri innumerevoli  talk show di approfondimento giornalistico hanno parlato? Nessuno, salvo Porta a Porta. E quanti degli eminenti giornaloni, così arruffati dalle maldicenze di Di Maio, hanno istantaneamente rivelato ai loro lettori che quelli del Ponte di Genova erano i Benetton? Nessuno. Il nome uscito dopo giorni e giorni e nascosto in fondo alla foliazione. E il processo alla trattativa Stato Mafia del PM Nino Di Matteo? E la sentenza che inchioda una classe dirigente al connubio con la mafia nella più orrenda campagna di attentati mai vista in Europa? Tutti zitti tranne il Fatto Q.Fin qui siamo agli occultamenti, detti “legittima scelta delle notizie da dare e non” a un volgo che rischia di essere composto da zotici “deplorables”.

C’è la notizia che non lo è, c’è quella falsa, quella occultata, quella travisata, quella opportunamente collocata.  Ma c’è anche il come queste notizie si danno, lasciando da parte i commenti, tutti ovviamente legittimi. Quando le fonti di informazioni che tratteggiano in nero i nemici dell’Occidente sono “anonime, sicure, affidabili,  diplomatiche, di intelligence, di organi altrui, sono i “si dice” e sono avvolti in condizionali come parrebbe, avrebbe, sarebbe”, si tratta nel 90% dei casi di propaganda, spazzatura. Tenetevi il 10%, vagliatelo e rovistate piuttosto in rete. Lì qualche barbaglio di luce lampeggia.  Per il come basta un esempio. Quello del vilipeso quotidiano di Calabresi-Debenedetti che con grande enfasi titola “Centri impiego flop, 2 milioni di richieste, 37mila posti trovati, ogmni sede va per conto suo, sono falliti i tentativi di coordinamento…” Uno legge e si dice: cazzo, anche su questo i grillini hanno toppato. Bersaglio centrato. Da nessuna parte c’era scritto che tutto il disastroso ambaradan era il frutto di decenni di quelle politiche governative, sostenute da “Repubblica” (Amato, Dini, Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) , in cui il lavoro non  lo si doveva proprio trovare. Come si sarebbe fatto, senza disoccupati, a tenere a bada “l’odio” degli occupati a strozzo e a ore/giorni?

E poi ci sono i tempi. A occhio e croce, nel TG del mio ex-collega al TG3 Luca Mazzà, le proporzioni sono queste: 20% a due esponenti del governo, 25% all’opposizione di destra (PD), 25% a quella di destra-destra, con la sfilata sui tacchi di Bernini, Gelmini, Carfagna e le epifanie di Berlusconi e Tajani, richiamati da Mazzà in vita, 10% alle micro-opposizioni di Meloni, Grasso, Fratoianni e Fassina. A ognuno di questi si strappa l’immancabile 1% che corona la politica con Bergoglio e Mattarella. Il quadro statistico è questo.

Dati AGCOM

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

“pluralismo politico/istituzionale sul servizio pubblico televisivo”

Minutaggio complessivo, tra interviste e notizie date in terza persona, che Tg1, Tg2, Tg3 e Rai News hanno riservato alle diverse forze politiche nel periodo 1 – 30 settembre 2018 .

Partito

Politico

Tempo

dedicato

Quota elettorale

marzo 2018

Movimento 5 stelle 4 ore e 44 minuti 32,7 %
Lega 5 ore e 39 minuti 17,4 %
Partito Democratico 15 ore e 16 minuti 18,7 %
Forza Italia 12 ore e 14 minuti 14 %
Nota Bene: sommando il tempo dedicato alle due forze che compongono la maggioranza di governo si arriva a un totale di 10 ore e 23 minuti, contro le 27 ore e 30 minuti di PD+FI.

Tutto questo fa parte della strategia dell’informazione come concepita ai tempi in cui i voti li danno Reporters Sans Frontieres che dalla Cia ricevono un guiderdone annuale. Poi c’è la tattica, quella delle notizie fieramente false, la famigerate fake news che, per la Boldrini e diversi legislatori d’Occidente starebbero tutti in rete. E qui non c’è che nuotare per non affogare. Vado alla rinfusa, ‘ndo cojo, cojo: troll russi contro Mattarella, penali miliardarie se cancelli il Tav o cacci Autostrade, Foa, neopresidente Rai, ha scritto un libro che spiega come falsificare le notizie a servizio dei governi (vero il contrario), gli amanti della Raggi, il Ponte Morandi è crollato perché il M5S ha bloccato la Gronda, Assad, come si sveglia, spara armi chimiche sui civili, la Casaleggio è tutt’uno con la Spectre….

Dalla censura ai tabù

Apoteosi della nostra libertà di stampa, d’espressione, di critica RAI 3 ha coronato quanto con  tanta forza ha rivendicato il direttore di Repubblica e, con lui, tutti i paladini schierati davanti al castello delle nostre libertà, minacciate e aggredite dal feroce Saladino. Sabato 13 ottobre, “Le parole della settimana”, programma buonista ultrà di Gramellini. A troneggiare sul proscenio tre sommi sacerdoti  della nostra corretta informazione; lo stesso Gramellini, Enrico Mentana (standard aureo del giornalismo tv) e Andrea Vianello. In collegamento skype, Diego Fusaro, filosofo marxista: presenza diversa e divergente, ma di notevole appeal  per il feticcio Audience, garanzia di pluralismo e benevola tolleranza pur verso chi ti è odioso. Nei pochi secondi  che gli sono stati concessi, Fusaro era subito riuscito a solleticare la sensibilità pluralistica, la fedeltà ai principi costituzionali della libertà d’opinione dei tre luminari del giornalismo democratico, citando Heidegger e, con lui, spernacchiando un’informazione che nasconde la realtà dietro chiacchiere, pettegolezzi, allusioni, fonti mai dichiarate, “si dice”, falsità conclamate. Bufale a gogò, aveva denunciato, tipo gli avvelenamenti dei russi, o le armi di distruzione di massa, cui si sono inchinate, e le hanno propagate, tutti i più prestigiosi media della democrazia occidentale.

Stava per dire che gli hate speech, discorsi dell’odio, attribuiti h24 a chiunque non si trovi a suo agio nei tempi correnti,  sono proprio di coloro che accusano l’intero mondo fuori dal loro salotto Luigi XV di non fare che discorsi dell’odio, che in scena si percepisce una certa agitazione. Poi, come fosse un ectoplasma spento da qualcuno, Fusaro sparisce nella foschia dello sfumato. Che peccato, Skype interrotto, ghignano i commensali del pasto nudo dell’informazione. E la Federazione Nazionale della Stampa, con la succursale  Articolo 21, presenti in ogni piazza in cui si celebri la verità, da Regeni alle Ong di Soros, il giorno dopo non poteva mancare a denunciare la soppressione della libertà d’espressione perpetrata da…. Luigi Di Maio.

Ci rimane pur sempre la satira. Rai 3 e Tg3, quelli detti “Kabul” quando c’ero io, magari danno solo tre volte lo spazio alle opposizioni di quello che danno al governo (proporzioni invertite rispetto ai governi precedenti), noblesse oblige, perchè stare con gli oppositori oggi fa fico, ma mantengono in vita addirittura Blob. La satira! Quella che graffiava tutto e tutti, senza sconti per nessuno, ma con il piatto della bilancia sempre pencolante dalla parte del più sfigato, di quello fuori dall’ordine perbene delle cose, quello in basso. Con un occhiolino di complicità verso chi disturbava  E sui supponenti e protervi rovesciava quell’orrido blob che usciva dal cinemino di Piccadilly Circus. Come è missione della satira. Anche oggi fa così, anche oggi sbertuccia  i potenti e accarezza i deboli. Pensate, sulla kermesse del PD in Piazza del Popolo ha messo la canzone “I comunisti della capitale, è giunto alfin il dì della riscossa….”. Ma non era satira, non era ironia. Era l’omaggio commosso del giullare del re ai partigiani della nuova resistenza. A Renzi, Martina, Del Rio, Calenda, Zingaretti e Franceschini. Ecco dove era arrivata la trave di Calabresi per estirpare la pagliuzza di Di Maio.

Diceva quel destraccio di Leo  Longanesi: “Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi”. Faceva dire Orson Welles a Humphrey Bogard: Questa è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente’ 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:47

L’AFFAIRE KHASHOGGI, UN DOSSIER HAUTEMENT GEOPOLITIQUE

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 10 16/
LM.GEOPOL - L'affaire khashoggi (2018 10 16) FR

« En pleine affaire Khashoggi, les Etats-Unis et la Turquie entament le réchauffement de leurs relations diplomatiques. Les deux pays échangent leurs informations et somment Ryad de s’expliquer à la suite de la disparition du journaliste saoudien. La justice turque vient surtout de solder un vieux bras de fer en remettant en liberté le pasteur américain Andrew Brunson, condamné en Turquie pour terrorisme. Le secrétaire d’Etat américain, Mike Pompeo, s’était montré confiant, mercredi, sur l’élargissement du religieux à l’occasion du dîner annuel de l’Institut juif pour la sécurité nationale des Etats-Unis à Washington. Donald Trump s’est empressé de recevoir Brunson samedi »

– ‘L’Opinion’ (Paris, ce 15 oct.).

J’ai débattu ce 14 octobre sur PRESS-TV, la Télévision d’Etat iranienne francophone, de l’affaire Khashoggi, cet opposant pro-qatari, proche des Frères musulmans (opposés à Riyad et à la ligne Ben Salman) et de l’AKP, disparu et sans doute assassiné au consulat saoudien d’Istanbul.

Un dossier qui dissimule un des grand enjeux géopolitiques du moment : le maintien de l’alliance entre la Turquie islamo-conservatrice et néo-ottomane d’Erdogan et les USA de Trump. Un arrière-plan complexe avec d’une part la relation hostile Turquie-Riyad et d’autre part les rapports entre Erdogan et Trump (faits d’intérêts particuliers et de chantages d’état mutuels) (1). Mais aussi les ventes d’armes stratégiques des pays occidentaux à la dictature saoudienne et leur soutien à la sale guerre du Yemen, la « seconde guerre du Proche-Orient après la Syrie » (2) engagée par Ben Salman …

# PCN-TV/

PRESS TV DEBAT AVEC LUC MICHEL ET ROBERT BIBEAU :

TURQUIE – LES DESSOUS DE L’AFFAIRE KHASHOGGI

(14 OCTOBRE 2018)

sur https://vimeo.com/295247195

Théme du Débat :

« La Turquie détient comme preuve la vidéo montrant Jamal Khashoggi entrer au consulat saoudien tandis que Riyad cherche à rejeter la responsabilité du meurtre du journaliste sur la Turquie, prétendant que le journaliste est porté disparu après sa sortie du consulat.

L’analyste iranien Assadollah Zarei écrit dans le quotidien Kayhan que l’affaire Khashoggi est devenue un sujet fascinant. Un opposant modéré au régime saoudien s’adresse pour une simple affaire administrative au consulat de son pays, mais quelques heures plus tard il est porté disparu. Le consulat saoudien tente inlassablement d’en inculper la responsabilité à la Turquie, qui diffuse sans arrêt la vidéo sur l’entrée du journaliste saoudien dans l’immeuble et appelle Riyad à présenter des épreuves montrant la sortie du journaliste.

Robert Bibeau, éditeur du webmagazine Les 7 du Québec, et Luc Michel, géopoliticien, s’expriment sur le sujet. »

NOTES :

(1) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

FLASH INFO/ BRAS DE FER ENTRE ANKARA ET WASHINGTON :

LA TURQUIE SE SOUMET ET LIBERE LE PASTEUR AMERICAIN BRUNSON

sur https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel/posts/1415263178608096

(2) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

LE ‘VIETNAM’ DES SAOUDS:

YÉMEN LA SECONDE GUERRE CHAUDE DU PROCHE-ORIENT APRES LA SYRIE.

sur http://www.lucmichel.net/2017/12/13/luc-michels-geopolitical-daily-le-vietnam-des-saouds-yemen-la-seconde-guerre-chaude-du-proche-orient-apres-la-syrie/

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Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

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GEOPOLITIQUES DU SPORT ET DU FOOTBALL : LE SPORT ELEMENT DE LA CONFRONTATION GEOPOLITIQUE

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 10 07/

PUB LM.GEOPOL DAILY - Pub geopol du sport (2018 10 07) FR 5

 

Géopolitique du Sport, Géopolitique du Football … Aujourd’hui le Sport de haut niveau, en particulier le football, mais aussi les Jeux Olympiques, est devenu un élément fondamental du « Soft power ». Une évolution amorcée lors de JO de 1936 à Berlin. La FIFA, le CIO sont devenus des arènes où s’affrontent le Bloc américano-atlantiste et Moscou ou Pékin.

Le Sport est aussi devenu un élément de la puissance géopolitique via le « soft power » des petits pays (voir le Qatar, la Corée du Nord ou encore la Guinée Equatoriale).

Voilà pourquoi j’ai ajouté depuis plusieurs mois une « Revue de Presse Sports » à mes publications …

LM

PUB LM.GEOPOL DAILY - Pub geopol du sport (2018 10 07) FR 4

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* GEOPOLITIQUE DU SPORT ET SOFT POWER (II):

LES JO D’HIVER 2018 ET LE MONDIAL 2018 DE FOOTBALL ARENES DE LA CONFRONTATION USA-RUSSIE

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/02/luc-michels-geopolitical-daily-geopolitique-du-sport-et-soft-power-iii-dans-son-bras-de-fer-avec-le-cio-sous-controle-des-usa-poutine-qui-avait-perdu-le-premier-round-vient-de-gagner/

* LA WORLDCUP 2018 DE FOOTBALL EN RUSSIE :

FOOTBALL, SOFT POWER ET RUSSOPHOBIE

(GEOPOLITIQUE DU SPORT ET SOFT POWER III)

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/13/luc-michels-geopolitical-daily-la-worldcup-2018-de-football-en-russie-football-soft-power-et-russophobie-geopolitique-du-sport-et-soft-power-iii/

* LE FOOTBALL, UNE VIEILLE HISTOIRE POLITIQUE EN RUSSIE DEPUIS STALINE (GEOPOLITIQUE DU SPORT ET SOFT POWER IV)

sur http://www.eode.org/luc-michels-geopolitical-daily-le-football-une-vieille-histoire-politique-en-russie-depuis-staline-geopolitique-du-sport-et-soft-power-iv/

* Sur la lutte des USA contre la Russie au sein de la FIFA :

Ecouter aussi le podcast sur EODE-TV/ RADIO CAMEROUN :

LUC MICHEL. FIFAGATE A QUI PROFITE LE SCANDALE ?

sur https://vimeo.com/130627045

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GEOPOLITIQUE DU PROCHE-ORIENT : COMMENT LES RELATIONS ENTRE MOSCOU ET TEL-AVIV SE SONT IRREMEDIABLEMENT DEGRADEE ?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2018 10 10/

 Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans REPORTAGE du 10 octobre 2018

sur PRESS TV (Iran)

VIDEO.FLASH.GEOPOL - Parité stratégique au po II - presstv (2018 10 10) FR

J’ai analysé ce 10 octobre sur PRESS TV la dégradation irréversible des relations en la Russie et Israël au cours des deux dernières de la guerre en Syrie.

LA QUESTION CENTRALE DE LA « PARITE STRATEGIQUE » 

Au cœur de ce dossier complexe la question du retour de la « parité stratégique », un quart de siècle après la disparition de l’Union Soviétique et la fin de l’Alliance géopolitique entre l’URSS et la Syrie ba’athiste de Hafez El-Assad. La puissance russe déployée en Syrie après 2016 a rétabli la parité stratégique entre Israël et ses ennemis arabo-persans. Retour à la période soviétique ! …

Sources :

* La video sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERROGE LUC MICHEL:

QUELLES CONSEQUENCES DE L’ « ERREUR DE TAILLE » D’ISRAEL VIS-A-VIS DE LA RUSSIE?

sur https://vimeo.com/294442308

* L’article

sur: https://www.presstv.com/DetailFr/2018/10/10/576640/Lerreur-de-taille-dIsral-visvis-de-la-Russie

* L’émission sur PRESS TV/YOUTUBE

https://www.youtube.com/watch?v=TW3ELvW5b04&t=9s

* Les interrogations de PRESS TV

(la Télévision d’Etat iranienne francophone) :

« Suite à la destruction d’un avion-espion Il-20 russe par la DCA syrienne qui réagissait à une frappe israélienne, la Russie a fourni gratuitement à la Syrie, trois batteries S-300PMU2 comprenant huit systèmes de lancement et 300 missiles, a rapporté le lundi 8 octobre une autorité militaire russe à l’agence de presse TASS.

Dans son rapport publié dimanche, le ministère russe de la Défense a déclaré qu’Israël avait « induit en erreur » l’armée russe concernant le lieu de l’attaque, affirmant qu’elle devait se dérouler dans le nord de la Syrie, alors que Lattaquié est située sur la côte ouest (la ville portuaire est située dans le nord-ouest du pays).

Peu de temps avant la publication du rapport russe, le ministre de la guerre israélien, Avigdor Liberman a déclaré que la politique israélienne en Syrie restait inchangée malgré la colère de Moscou concernant la destruction de l’avion.

Quelles vont être les conséquences de l’« erreur de taille » d’Israël ?

Luc Michel, géopoliticien, décrypte l’état des relations entre la Russie et Israël. »

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY

* SYRIE D’UNE GUERRE A L’AUTRE (V):

ISRAEL GRAND PERDANT DE LA GUERRE QUI SE TERMINE EN SYRIE

sur http://www.lucmichel.net/2018/01/16/luc-michels-geopolitical-daily-syrie-dune-guerre-a-lautre-v-israel-grand-perdant-de-la-guerre-qui-se-termine-en-syrie/

* GRAND JEU AU PROCHE-ORIENT:

POUTINE ‘NOUVEAU TSAR’ DE L’ORIENT (III).

LA FIN DE LA NEUTRALITE BIENVEILLANTE AVEC ISRAEL

sur http://www.lucmichel.net/2017/12/20/luc-michels-geopolitical-daily-grand-jeu-au-proche-orient-poutine-nouveau-tsar-de-lorient-iii-la-fin-de-la-neutralite-bienveillante-avec-israel/

* OU VA ISRAEL ? (I) :

LA DEGRADATION IRREVERSIBLE DES RAPPORTS ENTRE MOSCOU ET TEL-AVIV …

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/23/luc-michels-geopolitical-daily-ou-va-israel-i-la-degradation-irreversible-des-rapports-entre-moscou-et-tel-aviv/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

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Tav, 7 anni e molti soldi per chiudere i 20 chilometri di gallerie già scavati

14 ott 18 Repubblica 

I tempi e i costi dell’eventuale no del governo all’alta capacità in Val Susa

I francesi pensano a una tassa per i tir in arrivo dall’Italia dal tunnel del Frejus

La Ue ha fatto sapere di essere disposta a finanziare anche parte delle tratte nazionali della linea

E domani l’Osservatorio tecnico esaminerà i documenti anticipati da Repubblica sui flussi di traffico sulla linea storica

Paolo Griseri

Se il governo deciderà di bloccare la Torino-Lione, ci vorrano almeno sette anni (e molti soldi) per richiudere i 20 chilometri di gallerie (6 di tunnel di base già scavato) che non potranno certo essere abbandonati.

Anche questa è una delle variabili che in queste settimane entreranno nella valutazione finale su un’opera che, in realtà, è già a buon punto di realizzazione.

E mentre domani la riunione dell’Osservatorio tecnico prenderà in esame gli stessi documenti rivelati ieri da Repubblica sulla inadeguatezza dell’attuale galleria del Frejus, in Francia la Regione Rhone Alpes organizza a Lione un incontro con gli imprenditori del territorio che chiedono di completare l’opera.

Perché sette anni per chiudere i cantieri? In realtà potrebbero essere anche di più se si considera il tempo necessario ad abolire le leggi e i trattati internazionali che hanno dato il via all’opera. Operazione non semplice perché sul blocco della Tav, in teoria, la Lega è contraria.

E dunque i 5 Stelle non hanno oggi la maggioranza in Parlamento per far passare un testo abrogativo.

Che a sua volta, dovrebbe essere promulgato e vidimato dal Presidente della Repubblica. Mattarella sembra piuttosto restio a firmare documenti che smentiscono gli impegni internazionali presi dall’Italia. Se Unione europea e Francia, gli altri due contraenti il contratto, non fossero d’accordo sul blocco, si aprirebbe poi il lungo contenzioso su chi debba sostenere i costi del ripristino della situazione precedente l’inizio dei lavori.

Fingendo che tutta questa fase politica si sia conclusa, è da quel momento che scatta il conto dei 7 anni. I primi 18 mesi se ne andranno nella scrittura del progetto e nell’affidamento della progettazione. L’anno successivo sarà impiegato nelle autorizzazioni amministrative e nelle valutazioni degli enti di controllo fino alla concessione della Via, la valutazione di impatto ambientale. Una volta approvato il progetto, sarà necessario indire il bando di gara. Anche per questo caso saranno necessari 18 mesi. A questo punto potranno partire i lavori per chiudere e mettere in sicurezza i 20 chilometri di gallerie sul versante francese e i 7 su quello italiano: in tutto tre anni di tempo.

Calcolando, con estrema generosità, un solo anno per dirimere le questioni politiche, abolire i trattati oggi in vigore e decidere chi paga, questo significa che tra otto anni, a fine 2026, i cantieri saranno chiusi davvero e la situazione sarà tornata esattamente come quella di sette anni fa, quando iniziarono i lavori preparatori a Chiomonte.

Avremmo in sostanza speso un sacco di soldi pubblici, perso 15 anni di lavori, per non fare assolutamente nulla.

Scenario piuttosto improbabile, per la verità. I costi del blocco sarebbero inevitabilmente a carico dell’Italia e la spesa potrebbe addirittura essere superiore ai 2,5 miliardi che il governo di Roma impiegherà per concludere la galleria di base. Anche perché Bruxelles ha già annunciato di voler finanziare parte delle due tratte nazionali. Per l’Italia si tratta dei quaranta chilometri tra Torino e Susa, dove sbocca il tunnel internazionale.

Su questa parte della tratta sono già in corso studi per ridurre la spesa abolendo la prevista stazione di interscambio internazionale di Susa e la galleria sotto la collina di Avigliana.

Tutto dovrebbe essere deciso nella seconda metà di novembre quando saranno resi noti i risultati della commissione di esperti nominata dal ministro Toninelli e capeggiata dal professore milanese No Tav, Marco Ponti.

Le indiscrezioni sull’andamento dei lavori parlano di una discussione piuttosto accesa e non si esclude che il responso possa essere interlocutorio con la richiesta di altro tempo per valutare ulteriormente il rapporto costi/benefici dell’opera.

Un modo, insomma, per perdere qualche altro mese fino all’appuntamento delle elezioni della primavera 2019. Tutto sta a vedere quanto Parigi e Bruxelles saranno disposti ad accettare ancora la melina italiana e ulteriori rinvii.

Da parte francese giungono segnali di nervosismo: l’ipotesi di tassare i tir provenienti dall’Italia che utilizzano il tunnel autostradale del Frejus potrebbe diventare un elemento di pressione considerevole.