PARTE SECONDA—– SULLO SFONDO DEL CORNO D’AFRICA NORMALIZZATO—– ORRORI ERITREI O ORRORI COLONIALISTI ?

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MONDOCANE

DOMENICA 2 SETTEMBRE 2018

Provo a postare su Facebook la seconda parte dell’articolo su Eritrea e cambiamenti strategici nel Corno d’Africa, con ripercussioni tragiche sullo Yemen. Vediamo se la rimuovono o se mi bannano. In ogni caso tutti questi materiali sono visibili su www.vk.com e su fulviogrimaldi.blogspot.com. I commenti si possono fare sia qui che sul blog.

Vedere cammello

L’Eritrea, come l’ho conosciuta io, frequentandola fin dalla trentennale lotta di liberazione dall’Etiopia e fino a oggi, non è questa. L’Eritrea per i colonialisti di ritorno ha gravi colpe che forse oggi va emendando. L’Eritrea era l’unico paese dei 52 africani che non ha mai accettato un presidio militare straniero, tantomeno statunitense o Nato. Sotto sanzioni, precisamente per questo, dall’inizio del secolo, ha dovuto cavarsela da sola, ma non ha mai chiesto l’assistenza del FMI o di altri organismi sovranazionali, ontologicamente ricattatori e giugulatori. Ripetutamente e in due guerre maggiori è stata aggredita dall’Etiopia (100 milioni di abitanti contro 4) su mandato delle sue potenze madrine: Usa e Regno Unito. Ha adottato un sistema a partito unico, che è quello che l’ha guidata nella lotta rivoluzionaria, Il Fronte Popolare per la Liberazione dell’Eritrea (FPLP). Sotto assedio economico, politico e militare del colonialismo di ritorno, ha saputo rendersi autosufficiente sul piano alimentare. Quella della spaventosa carestia, denunciata da “L’Avvenire”, è una bufala-pretesto per sollecitare un “intervento umanitario”. Con un sistema di dighe e bacini che raccolgono l’acqua piovana, l’Eritrea ha potuto salvarsi dalle ricorrenti siccità che affamano i popoli del Corno.

In ogni città eritrea, dove abbiamo visto vivere e lavorare una popolazione serena, libera di comunicare con lo straniero, di andare per le sue faccende, senza che vi si veda mai uno solo dei mille e mille poliziotti e soldati che presidiano le nostre democratiche strade,vi sono caffè internet aperti a tutti, frequentati anche da noi quando filmavamo per il nostro documentario. In ogni locale pubblico o albergo le menzogne dell’Avvenire sono smentite da televisori che trasmettono la BBC, la CNN, la CBS e altre emittenti delle presstitute occidentali. Quanto al famigerato servizio militare “a vita” , dura 18 mesi. I magliari dell’informazione includono in quel servizio perenne coloro che scelgono il militare come professione, che vengono richiamati per l’emergenza di una minaccia etiopica (per 25 anni l’Eritrea ha dovuto vivere in uno stato di no pace-no guerra) e che svolgono dopo il militare un servizio civile di alcuni mesi a sostegno dello sviluppo nazionale (scuole, edilizia, agricoltura, costruzione di infrastrutture, terrazzamenti, sistemi idrici).

visionando@virgilio.it

Tutto questo, con tante visite, tanti percorsi, tanti incontri, tante interviste, sempre liberi di parlare con chicchessia, studenti, operai, donne, intellettuali, artisti, baristi… Sandra Paganini e io lo abbiamo raccontato e fatto vedere nel nostro documentario: “Eritrea, una stella nella notte dell’Africa”. Una stella che il nuovo colonialismo, in sinergia con solidarismi buonisti degli accoglitori impegnati nella spoliazione dell’Africa, ha costantemente tentato di oscurare. Oggi non sappiamo se vi è riuscito. Ciò che pasolinianamente sappiamo è che la coordinata operazione Diciotti, eritrei, manifestazione milanese, orrori libici e relativo tsunami mediatico, sono l’ennesima offensiva delle forze colonialiste con le loro armi di distruzione di massa. Colonialisti che si trascinano dietro un sacco di gente in buonafede e ansiosa di compensare profondi sensi di colpa coloniali e razzisti, innestatagli dalla storia dei “valori euroccidentali”. Colonialisti che vedono crescere un fronte avverso che non solo conta di salvaguardare la propria sopravvivenza materiale e culturale, ma che inizia a rendersi conto come quegli africani in ininterrotto esodo sono destinati, insieme ai loro paesi d’origine che, prima di noi, con la loro agricoltura di sussistenza erano autosufficienti grazie ad autoproduzione e autoconsumo, a costituire con la propria manodopera schiavistica, la garanzia delle utilissime disoccupazione e povertà domestiche in Europa.

Caffè ad Asmara

Giro d’Eritrea internazionale con squadra italiana

Corno normalizzato. A vantaggio di chi?

Resta da dire dei clamorosi sviluppi che stanno cambiando la configurazione del Corno d’Africa e la sua collocazione geopolitica in una delle zone strategicamente più cruciali, militarmente ed economicamente, del pianeta, con tragici effetti sul vicino Yemen. C’è stata la sbalorditiva riconciliazione tra Etiopia ed Eritrea dopo quasi un secolo di conflitti intermittenti. E’ seguita nei giorni scorsi, l’altrettanto sorprendente accordo tra Asmara e il governo somalo, insediato dagli Usa, riconosciuto dall’ONU, ma non dalla popolazione somala, la cui resistenza (oggi sostenuta dagli islamisti di Shabaab) ne ha ristretto il potere su una ridotta parte della capitale Mogadiscio, mentre le aree staccatesi dal corpo centrale del paese, il Puntland  e il Somaliland, sono governate da autonominati autocrati di stretta osservanza occidentale.

Difficile dire in che direzione si muova il giovane premier etiope Abiy Ahmed. Ma osservatori esperti, come Finian Cunningham, danno meno peso ai suoi atti “liberali”, la scarcerazione dei prigionieri politici, la pacificazione delle tante minoranze, Oromo in testa, la pace, appunto, con Asmara, quanto a un apparente ritorno nella zona di influenza occidentale, in fattispecie americana. Non è che i suoi predecessori l’avessero antagonizzata, l’Etiopia era infestata da basi Usa e israeliane, ma poi ci sarebbe stato un rapporto sempre più stretto con la Cina, grande investitrice nelle infrastrutture e nell’agricoltura dell’immenso paese., soprattutto col precedente premier, Desalegn. Cosa sgraditissima a Usa e alleati europei e del Golfo, di cui avrebbe tenuto conto Abiy Ahmed raffreddando i rapporti con Pechino e tornando all’ovile. La situazione si chiarirà presto. Nel frattempo, però, a dispetto di quella che viene detta pacificazione interna, appaiono moti di rivolta sia in Tigray, il cui Fronte Popolare di Liberazione (FPLT) era al potere da decenni e si oppone alla pace con l’Eritrea, sia in Ogaden, regione al confine della Somalia, popolata da etnie somale e sottratta alla madrepatria da Menelik II nel 1897.

Nessun dubbio, invece, sul gradimento occidentale e dei paesi africani clienti, come Kenia, Uganda, Sud Sudan, per le recenti mosse del presidente eritreo Isaias Afewerki. Se si ricorda come le sanzioni all’Eritrea fossero state inflitte con il pretesto del suo appoggio alle milizie somale degli Shabaab, fa colpo, dopo la ricomposizione con Addis Abeba, anche l’amicizia tra Eritrea e regimetto somalo, sancito il 28 luglio scorso ad Asmara, dagli abbracci tra Isaias e il presidente-fantoccio somalo Mohamed Abdullah detto “Formajo”.

Somalia libera? Mai!

Sono stato testimone, per il TG3, prima della collega Ilaria Alpi, del tentativo degli Usa di rimettere le mani sulla Somalia, subito dopo che, nel 1991, una rivolta di popolo, guidata dal generale Mohamed Farah Aidid, aveva posto fine al trentennale potere assoluto di Siad Barre, grande amico di Craxi e grande protagonista del criminale traffico armi-contro rifiuti tossici allestito con l’Italia che costò la vita a Ilaria e a Miran Hrovatin. Intervistai sia Aidid, proclamato presidente, sia Ali Mahdi, un contropresidente inventato da Italia e Nato, da opporre ad Aidid che puntava a una Somalia unita e libera di vincoli capestro con l’Occidente. Il Tg3 pubblicò l’intervista con il fidato Mahdi, non quella dell’incontrollabile Aidid. A proposito, da che parte pensate io abbia trovato il presidio di Medici Senza Frontiere a Mogadiscio? Da quella del burattino dei neocolonialisti, ovvio no?.

Ci fu poi il fallito tentativo di Restore Hope, brigantesca spedizione ONU, di riprendersi la Somalia con la forza, culminato nella fuga degli Usa e dei suoi ascari, anche italiani. Aidid cadde in combattimento, una forza popolare di islamisti moderati, chiamata  Unione delle Corti Islamiche, riuscì nel 2006 a interrompere la devastazione del paese per mano di capiclan di una fazione filoccidentale e l’altra e a ricomporre nella pace l’unità della Somalia. Gli fu lanciata contro un’altra offensiva imperialista, prima utilizzando truppe etiopiche e poi una spedizione ONU, Amisom, che fece nuovamente strame del martoriato paese.

Accompagnati da continui bombardamenti Usa, truppe dei paesi vassalli, Uganda, Kenia, Ruanda, imperversano da allora, a forza di ogni sorta di violenza, contro la popolazione civile, in gran parte sostenitrice della resistenza degli eredi delle Corti Islamiche, gli Shabaab, detti parte di Al Qaida, sebbene, diversamente da questa e dall’Isis, non siano certo stati creati e finanziati da Usa e Golfo. Intanto in un albergo di Mogadiscio si pretende governo della Somalia una successione di pseudo-presidenti e pseudo- parlamenti nominati a Gibuti da Washington, Parigi e Londra. Ultimo questo Formajo. Tutti del tutto incapaci di evitare che gran parte del paese resti sotto controllo o esposto alle operazioni, anche contro i nemici della Somalia a casa loro, dei “terroristi” Shabaab.

Al Shabaab

Dimmi con chi vai…

E’ evidente il segno che si può dare alla disponibilità dell’Asmara di stringere amicizia e accordi vari con una simile entità. Come altrettanto drammaticamente evidente è il significato di una scelta come quella che, aperti i porti eritrei al lungamente agognato accesso al mare dell’Etiopia, ha concesso agli Emirati Arabi Uniti una base militare nella città portuale dancala di Assab, di fronte allo Yemen. Base che, come riferiscono fonti ormai non più smentibili, da chi sta compiendo genocidi in Yemen, insieme ai sauditi e sotto madrinaggio Usa e Nato, viene utilizzata per gli attacchi navali e aerei contro l’opposta riva del Mar Rosso, dove 22 milioni di civili, donne, bambini sono esposti a un blocco alimentare e di farmaci di una ferocia senza precedenti nella storia delle cosiddette democrazie. La vergogna di tale sudditanza agli interessi imperialistici di satrapi del Golfo e bellicisti occidentali è esaltata dal ricordo che fu lo Yemen a sostenere la lotta di liberazione eritrea e ad accoglierne combattenti e profughi civili in fuga dalla repressione etiopica.

 

Yemen

Resta qualche spiraglio di incertezza nell’interpretazione da dare alla pacificazione tra la piccola Eritrea e il gigante etiope. Nessuno spiraglio, invece, per quanto riguarda il sostegno ai necrofori di un genocidio. Il che, beninteso, nulla toglie al carattere razzista e colonialista di coloro che infamano l’Eritrea per ragioni false.

Ma adesso che l’Eritrea promette di entrare nel giro dei nostri amici e alleati, come la mettiamo con “gli orrori della dittatura”, cari “manifesto”, “Nigrizia”, “L’Avvenire”, Ong e umanitari vari? Niente più asilo politico automatico? Tutti clandestini?

https://www.youtube.com/watch?v=PUupPymm-Y8&feature=youtu.be (documentario sulla guerra allo Yemen)

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:06

PARTE SECONDA—– SULLO SFONDO DEL CORNO D’AFRICA NORMALIZZATO—– ORRORI ERITREI O ORRORI COLONIALISTI ?ultima modifica: 2018-09-04T10:33:10+02:00da davi-luciano
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