Usura ed estorsione: 9 arresti e sequestro per 11 milioni di euro a Roma

 

toh guarda un pò uno dei nuovi pupilli della sinistra anti qui anti là, quello che può minacciare il Ministro degli interni ed essere applaudito. Siamo certi che abbia dichiarato sempre tutto al fisco vero? Disse che lui si guadagnava il pane onestamente….che lavoro fa esattamente? In quale casella della dichiarazione dei redditi inserivano questi proventi?
Usura ed estorsione: 9 arresti e sequestro per 11 milioni di euro a Roma
(ansa)
Uno dei settori di reinvestimento dei proventi illeciti dell’organizzazione criminale erano le case di cura per anziani. Contatti coi Casamonica e la camorra
3 luglio 2018
Associazione per delinquere, usura, estorsione, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, truffa aggravata ai danni dello Stato, auto-riciclaggio e trasferimento  fraudolento di beni al fine di eludere la normativa antimafia in materia di prevenzione patrimoniale. Con queste accuse i finanzieri del Comando Provinciale di Roma stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa gip, su richiesta della locale Direzione distrettuale Antimafia, nei confronti di nove persone.
Roma, operazione ‘Terza età’: 9 arresti per usura e riciclaggio
In parallelo le Fiamme Gialle procedono al sequestro preventivo relativo a beni immobili e società per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro. L’operazione – denominata ‘Terza età’ in quanto uno dei settori di reinvestimento dei proventi illeciti dell’organizzazione criminale era rappresentato dalle strutture protette per anziani – trae origine da una pregressa attività investigativa che, nel settembre 2017, aveva portato alla cattura, tra gli altri, del pregiudicato Massimo Nicoletti, figlio del noto Enrico, il cosiddetto ‘cassiere’ della Banda della Magliana.
Le attività investigative eseguite dagli specialisti del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria della capitale, attraverso le intercettazioni, pedinamenti, appostamenti e meticolosi accertamenti economico-patrimoniali, hanno rivelato come la famiglia Licenziato (Mario e i figli Mauro e Gianluca), coadiuvata dagli indagati Domenico Mastrosanti, Anna Maria Liguori, Danilo Del Vecchio e Elvis Hudorovich (tutti destinatari dei  provvedimenti  di cattura), grazie alla disponibilità di ingentissimi capitali, fossero dediti a sistematiche e abusive operazioni di finanziamento nei confronti di un’ampia platea di soggetti, per  lo più imprenditori in gravi difficoltà economiche, ricorrendo  in  alcuni casi a violenze o minacce onde ottenere la restituzione delle somme elargite o appropriandosi coattivamente  di beni dei debitori a parziale storno dei crediti vantati. I tassi medi applicati oscillavano tra il 90% ed il 180% annuo – di qui la loro natura usuraria – con punte del 570%.
Ad aggravare lo stato di sudditanza psicologica delle vittime contribuiva il profilo delinquenziale dei capi, Mario Licenziato e il figlio Mauro: entrambi di origine campana ma trapiantati nel comune di San Cesareo (in provincia di Roma), oltre ad avere collegamenti – tramite Hudorovich , detto Giovanni ‘lo zingaro’ – con esponenti del clan dei Casamonica, sono stati indicati da alcuni collaboratori di giustizia come appartenenti ovvero contigui ad ambienti della criminalità organizzata partenopea. In particolare, Licenziato padre è stato citato come organico alla Nuova Famiglia, capeggiata da  Michele Zaza detto ‘u’ pazz’, storico ‘cartello di famiglie della camorra nato in contrapposizione alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo.

L’INTENDANCE SUIVRÀ: UN “QUOTIDIANO COMUNISTA” PER LA GUERRA E LA LOTTA DI CLASSE DELL’IMPERO — QUINTA COLONNA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/07/lintendance-suivra-un-quotidiano.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 25 LUGLIO 2018

 

Cari amici, stavolta sono davvero lunghissimo. Era necessario. E’ la mia resa dei conti personale, ma spero anche di molti di voi, con un giornale e un gruppo che ha segnato la storia politica e culturale italiana dell’ultimo mezzo secolo: “il manifesto”, sedicente “quotidiano comunista”, nel quale la parola comunista ha assunto connotati rovesciati rispetto all’uso comune. E’ una storia lunga, piena di episodi, personaggi, eventi, illusioni, disvelamenti, divenuta però via via più trasparente. La trasparenza di un infiltrato  imbolsito, che ha perso l’abilità mimetica dei suoi maestri. Ma gli illusi ci sono ancora. Diamogli una mano.

 “Se una minoranza vuole dominare deve agire per vie occulte, tramando, cospirando, pretendendo, ingannando. I suoi peggiori nemici saranno quelli che denunciano il complotto”.  (Aldous Huxley)

“Il modo più efficace per distruggere popoli è negarne e obliterarne la comprensione della propria storia”. (George Orwell)

La grande maggioranza dell’umanità si accontenta delle apparenze, come se fossero realtà, ed è spesso influenzata più dalle cose che sembrano che da quelle che sono”.(Nicolò Machiavelli)

Nostalgie amorose di Tommaso Di Francesco

“Linea notte” è quel ruscelletto di notiziole e opinioncelle d’ordine del TG3, spesso bruscamente alterato nel suo andazzo dall’epifania di una specie di convulsa menade da New York, che il mio ex-collega Mannoni, detto Mannoioni, conduce, tra un borborigmo e l’altro, indice di stomaco prospero ma non pacificato, con il placido compiacimento di chi poco sa, ma molto si fida degli ospiti. Accuratamente selezionati, ovvio. Ha una funzione salutare: ti tira giù piano piano le palpebre mentre Morfeo ti mette in assetto di dormitorio i neuroni.

Quasi mai, ma nella notte del 20 luglio 2018 sì, succede che un qualche neurone mezzo assopito venga elettrizzato da un’emissione audiovisiva fuori dal tran tran sulla rana e sulla fava. Ed è stato come un extrasistole nel pacioso elettrocardiogramma del fine giornata di regime. C’era l’ospite Tommaso De Francesco (non proprio giornalista da Pulitzer o poeta da Nobel) che, insieme all’ex-trafilettista di critica tv, Norma Rangeri (mi apostrofò per averla turbata con la messa in onda di scimmie fatte esplodere da scienziati vivisezionisti), oggi dirige il “manifesto”. Dopo la tirata di prammatica della menade scapigliata per non avere Trump sputato in un occhio a Putin, diffusasi con un’ola in tutto lo studio, TDF, che nella sinistra redazionale rappresenterebbe l’ultrasinistra, aveva concluso col botto, soffuso di rimpianto amoroso: “E pensare che prima c’era una linea di governo di sinistra, con Obama!”.

Fine del torpore. Neuroni tutti in piedi e in marcia. Mi sono alzato e me lo sono appuntato. Non che ne fossi stupitissimo. Come mostrerò, il “manifesto” ormai stupisce solo per i transfert con cui dà del fascista a chiunque non sia d’accordo con lui o, peggio, gli rubi il mestiere che esso millanta(vedi foto di Grillo). Ma la sintesi era lapidaria, abbagliante, agghiacciante. Al re, o piuttosto allo spolvero-stivali del re, erano stati levati anche gli slip.

Obama, un’eccellenza di sinistra

Ma come? Obama, quello del Nobel per le guerre di Bush ereditate e moltiplicate per tre? Quello dell’uso universale dei droni e delle forze speciali Usa in 133 paesi per assassinare soggetti che, sospetti, meritano esecuzioni extragiudiziali? Quello dei colpi di Stato in Honduras, Ucraina, Paraguay e della rivoluzioni colorate per regime change ovunque agli Usa andasse di sovvertire situazioni sgradite, con il relativo seguito di massacri civili, devastazioni sociali ed economiche? Quella della coppia dell’orrore Barack-Hillary che, fatto squartare Gheddafi, ha ridotto il più prospero Stato africano a un tana per tutti i criminali del colonialismo e poi si è avventato sulla Siria, dopo avere fatto dell’Afghanistan il più lungo carnaio delle guerre moderne? Quello che ai più feroci e ottusi proprietari di popoli della storia ha commissionato, addestrato e armato i più sanguinari e psicopatici terroristi mai visti sul pianeta, mercenariato per completare i genocidi delle bombe e della fame, eseguire gli attentati dei servizi, provocare lo sradicamento di popolazioni a fini di nuovi ordini mondialisti? Quello che aveva definito il Venezuela  una minaccia mortale alla sicurezza americana e ne aveva scatenato la teppa assassina e i sabotatori economici? Quello, quello, quello?  Per quanto potrei andare avanti?

Proprio quello che poi, alle briglia dei cavalieri dell’Apocalisse che lo avevano ingaggiato, doveva riprodursi nella forma femminile di una megera corrotta, trafficona, al soldo dei sauditi, malversatrice perfino degli strumenti del suo dicastero, dallo sghignazzo orgasmatico per il Gheddafi tritato, cui “il manifesto” dedicò la più appassionata delle sue campagne elettorali.

Vabbè, direte che ormai TDF e il suo giornale contano poco. L’insediamento cui diceva di far riferimento non c’è più. Si aggira alla ricerca di qualcuno, tipo PD, cui far da stampella di sinistra. “Linea Notte” la vede a occhi socchiusi il circolo degli anziani insonni di Mannoioni. Il “manifesto” sta in edicola per grazia dell’establishment: 1,3 milioni di contributi pubblici, come il contiguo “Foglio”, e altri milioni dai potentati del capitalismo, ENI e ANIA (Associazione Nazionale delle Assicurazioni), di cui non si vergogna di far passare veline come fossero suoi articoli, Elettrici, Grande Distribuzione, Banche. Forse qualcun altro? Certo che i piagnistei per collette di salvataggio sono cessati. Ma a George Soros quel giornaletto piace. Come al giornaletto piacciono tutti i facilitatori di deportazioni che a Soros sono debitori. E poi ha una storia, ha fatto opinione. Molti ci hanno creduto. Lasciar perdere? Solo dopo questo articolo.

Scuola di giornalismo. Comunista?

Una certa frequenza con il “manifesto” e i suoi giornalisti (grande scuola di giornalismo libero: pensate a Annunziata, Riotta, Maiolo, Barenghi…) l’ho avuta. Ci ho perfino scritto qualche articolo. TDF, per esempio l’ho incontrato ai tempi in cui lui era “l’altra voce” sulla distruzione di Jugoslavia e Serbia. Scriveva dure cose sull’aggressione Nato, ma poi concludeva con la formula che univa guerrafondai di destra e infiltrati di sinistra, quella dell’ “ultranazionalismo del sanguinario despota” (Milosevic), avvallava le false flag alla Srebrenica, seppe viaggiare in prima classe con energumeni dell’antigiustizia come Cassese e Del Ponte, quelli  dell’infamia su Slobodan Milosevic e insulto e carcere ai patrioti Mladic e Karadzic.

Perplessità sul “quotidiano comunista” di non si è mai capito bene quale comunismo (quello di Ingrao che faceva il broncio a tutti, ma mollava quelli che gli correvano dietro, quello dell’incoronazione del piddino zingarettiano, quello alla Gorbaciov, Eltsin, Berlinguer, Bertinotti, Marcos, Tsipras, Casarini, Obama, Hillary, Clooney?) le ho avuto fin dagli intergruppi del post-’68. Non c’era verso che quei raffinatoni non raccomandassero cautela, prudenza, sopire, troncare, nello scontro che si andava facendo decisivo con il padrone.” La rivoluzione non russa” . Nemmeno quel rumore deve fare.

Togliattiani, ma via dall’URSS!

Del resto, che quel “russa” fosse aggettivo, anzi nome,  e non verbo, era chiaro fin dall’inizio della famosa uscita e radiazione dei pur rigorosi cunctatores togliattiani, sotto la guida di un Savonarola che lanciava il sasso, ma sistematicamente nascondeva  la mano. Non è che il PCI di Togliatti-Longo e poi Berlinguer (quello del balzo, armi e bagagli, in una caserma Nato e nel mafio-clerical-capitalismo DC, vedendo gli sviluppi, fosse poi tanto ostico per linea politica o ideologia. Si trattava di calmierare un po’ i tumulti degli esagitati ’68-’77 e, soprattutto, si trattava di entrare da vivandiere (l’intendance suivrà) nella lunga marcia contro l’orripilante URSS di Stalin e poi del dopo Stalin e poi di tutti i russi e, come mai prima, di Putin, lo “zar” ricostruttore, fino all’appassionato  apporto alla russofobia di oggi. Insomma un implicito schieramento con l’Uccidente, un’opzione geopolitica strategica, una scelta di campo. La “sinistra imperiale”.

Ciò che univa gli scissionisti antropologicamente e culturalmente, era già di per sé esplicativo. Indubbiamente teste d’uovo raffinate, con Valentino Parlato, un po’ da anticamera a prendere cappelli e bastoni, ma garante della benevolenza della Banca d’Italia. Usciva dal quadro e, credo a sua insaputa, dallo schema strategico, una penna brillante, tagliente, sempre sul pezzo, di cui vorrei sapere valutazioni che purtroppo non può più darmi: Luigi Pintor.  Garanzie, invece, decisive per la linea vennero da una delle dieci tribù perdute di Israele. ma riscoperte kazare nel Caucaso, Rossanda e Castellina.

Quest’ultima, mia avvincente e convincente collega a Paese Sera, ma con l’imprimatur dell’alto PCI, per cui arraffava tutti i servizi più prestigiosi. In un convegno rimase basita quando le spiegai che Milosevic non era proprio un dittatore. Haidi Giuliani aveva appena sentenziato che Massimo d’Alema, assistente macellaio della Serbia, era stato il migliore presidente e ministro della Repubblica. Luciana mi presentò la stessa faccia da ictus neuronico di Toti, governatore FI, quando a “Matrix” gli spiegai che grattacieli non cadono a piombo se colpiti sul fianco da apparati di alluminio. E poi, visto che allora il privato era assolutamente politico, Lucio Magri lo praticava in intima fusione con la contessa Marzotto, massima salottiera, al tempo stesso, della borghesia delle sfere e della borghesia che commiserava il proletariato. Della Castellina tardiva rimane la transizione dalla rivoluzione non russa, prima alle armate LGBTQ dall’utero noleggiato di Vendola e, poi, nientemeno che all’allegra brigata Kalimera al retzina, andate a festeggiare Tsipras sul procinto di infilare nel corpo del popolo greco il più gigantesco cetriolo mai confezionato dalla Troika. Infine, salto di qualità della serie da incendiari (?) a pompieri: Bersani, D’Alema, Grasso….Fratoianni. Ma non è che nomi e sigle contino. Quello che in tutte le sue autocronache conta è il pronome: io.

La vestale, Sofri, le BR

Vestale del fuoco sacro, celebrata dal colto e dall’inclita, dagli altri e da sè, radicalissima e chichissima  entità dell’iperuranio marxiano, definitasi “ragazza del secolo scorso”, mi fa venire in mente per come è vista dai suoi estimatori (di nuovo si parva licet componere magnis), Flavia Giulia Elena, Augusta dell’Impero romano, concubina dell’imperatore Costanzo Cloro e madre dell’imperatore Costantino I. Quello dell’”In hoc signo vinces”. I cristiani la venerano come sant’Elena Imperatrice. Giustamente santa per come promosse un pensiero unico imperiale, culminato con la rimozione dei vecchi dei e di chiunque di pensieri ne avesse più d’uno. Pensiero unico, fisso, granitico e immunizzante per il sistema, ad esempio, quello della difesa dell’”album di famiglia” dei BR, tutti ineluttabilmente sinceri combattenti comunisti, anche se facilitatori della più tragica regressione politico-sociale del dopoguerra, anche se liberi di ciondolare su schermi e giornali per continuare a raccontare balle che coprono la Repubblica delle Stragi. Pensiero unico, amorevole, quasi orgasmatico sull’innocenza di Adriano Sofri, condannato e ricondannato, socio in tipografia e amico di famiglia del rampollo Cia a Roma, propagandista dei tagliagole islamisti sguinzagliati dalla Cia in Cecenia, inventore di bombe sulle donne al mercato di Sarajevo, poi provate dall’ONU lanciate dall’islamofascista Nato Izetbegovic, ambiguo gazzettiere sui peggio strumenti di ottundimento mediatici di ogni carnefice della verità. Pensiero unicissimo per cui, puoi anche aver sollevato dall’inedia  qualche milione di esseri umani, dato dignità ed emancipazione a tutti, se non ti dici comunista sei una chiavica antidemocratica.

La perplessità. diciamo così, che qua avessimo a che fare con chi ciurlava nel manico, si consolidò via via in dubbio e poi in sospetto e infine in certezza. Soprattutto lungo la strada della geopolitica segnata da una fenomenale inversione ad U, prima nascosta da qualche corteo di operai, poi del tutto evidente, rivendicata. Pietre miliari della disvelazione di chi fossero i cospiratori che davano del complottista a chi intravvedevafalse flag, provocazioni, macchinazioni e infiltrati. Memorabile l’articolo qualche lustro fa, di un Roberto Ciccarelli, ora ovviamente impegnatissimo contro il governo fascista gialloverde,  che, pensando anche a me (si parva licet…), modesto riproduttore in rete delle dimostrazioni, prove, testimonianze, tecnicalità  sulle falsità della versione governativa degli attentati alle Torri Gemelle, sullo sfondo del PNAC (Nuovo Secolo Americano) e delle cinque guerre da trarne, già programmate dai cospiratori neocon,aveva riempito un paginone di contumelie, irrisioni, sberleffi, a chi avesse messo in dubbio la megagalattica panzana. Era caduto uno del branco sconfinato di asini. E pensare che l’Italia è il paese di Piazza Fontana, di Bologna, del Ros di Mori, della P2, di Borsellino e Falcone, di un premier quasi ventennale che faceva local quel che Obama e Bush facevano global.

Un paese venduto alla criminalità organizzata? Pensiamo ai naufragi…

A questo proposito non esagero a definire travolgente l’entusiasmo con cui il “manifesto”, in perfetta sintonia con i media di cosca, loggia, ‘ndrina, banca e Nato, ha accolto e esaltato le motivazioni delle recenti sentenze sui delinquenti e vendipatria che hanno triturato il paese e i suoi cittadini, a forza di assassini, stragi, corruzione al midollo, nell’unità nazionale mafia-Stato, quella sancita tra Usa e nascente Repubblica e mediata da Patto Atlantico e Piano Marshall. Alle decine di paginoni del Fatto Quotidiano (atlantista di merda, ma per questo meritevole) con i dati giudiziari dai quali i crimini di alto tradimento di vertici politici, governativi e giudiziari uscivano con l’evidenza della mela di Newton, il quotidiano principe di ogni opposizione nel nome del popolo azzannato, derubato, ferito, se l’è cavata con un trafiletto di lato. Poi più nulla. Occorreva spazio per ridicolizzare il decreto “Dignità” di Di Maio. E per l’ennesima speculazione su qualche vittima in mare.

Terrorismo? Tutto vero

Del resto l’avallo disciplinatissimo del “manifesto” a tutti gli episodi della strategia terroristica di restaurazione totalitaria in Europa e Usa, anche i più spudoratamente scoperti, anche se smascherati in ogni dettaglio da prove, testimoni, circostanze, da Charlie Hebdo agli avvelenati Skipral, dai gas nervini di Ghouta alle bombe serbe sul mercato di Sarajevo, si affiancava sistematicamente alle impronte digitali  Cia, Mossad, Mi6 o DGSE eliminate dalla scolorina. Non si poteva dare che quest’esito nella struttura, quando in quella che, secondo il catechismo marxista, era stata sovrastruttura, per la sinistra rinata imperiale anche culturalmente divenne struttura: al centro i diritti civili, detti anche umani, LGBTQ e quant’altro si facesse strano (purchè non generasse), eterologo, uteri in affitto, monogenitorialità; ai margini i predatori delle delocalizzazioni  e quei quattro sfigati ai cancelli (toccava dirne tuttavia, noblesse oblige); al centro Porto Alegre, lo zapatismo, l’indigenismo a prescindere e il bolscevismo del bilancetto partecipativo, ai margini l’intruso Chavez che vagheggiava il socialismo del 21° secolo e propugnava antimperialismo.

Imperialismo? Obsoleto. Chiamiamolo globalizzazione

Antimperialismo ? Perché c’era ancora l’imperialismo? Ma il subcomandante Bertinotti, venerato ospite del giornale, non l’aveva espulso dalla Storia (in pieno rilancio bellico Usa) insieme alla violenza, anche di quegli esagitati dei partigiani (Congresso di Venezia, 2005)?  Al centro, struttura, è il fenomeno naturale, epocale, fisiologico, inarrestabile, delle migrazioni, il diritto ad andare altrove, l’obbligo di accogliere, 500 milioni di persone in movimento sono la nuova classe, ai margini il diritto di starsene a casa propria, lo jus soli in patria, lo svuotamento ad arte dei paesi del Sud, ricchi delle risorse necessitate dall’accumulazione capitalista e il loro trasferimento a fare altrove massa disidentificata, destoricizzata, deculturizzata, assimilata tra pomodori e spogliatoi, defuturizzata. E magari cacciata di casa dall’ennesima guerra. Però contro l’ennesimo turpe violatore dei diritti umani. 

Al centro la struttura della rivolta democratica delle masse civiche, “società civile” (leggi Ong dei diritti umani, USAID, NED, Soros, università e sanità della Chiesa, il Bergoglio, connivente dei generali argentini, che non fa mancare la parola ispirata al momento giusto) contro il despota che turlupina il popolo a forza di miglioramenti sociali, istruzione e salute assicurati, mentre soffia sui roghi dell’omofobia, dell’integralismo, impone veli, schiaccia sotto i cingoli bravi Fratelli Musulmani strage-dotati, non gradisce l’omologazione universale del mondialismo in soggetto blasonato multiculturale perché ormai a-culturale.  Ai margini, anzi al rigattiere, le già “buone cose di pessimo gusto”, come la sovranità nazionale, gli orridi sovranisti, il retaggio dell’affanno di generazioni in secoli e millenni per segnare il pianeta in un certo modo, tanto da riconoscervisi e rassicurarvisi nel confronto e nello scambio con gli altri. Si chiamava internazionalismo.

Struttura è l’Hilton uguale a Haiti e a Berlino, Auchan che ammazza salumieri e fruttaroli a Bangkok come nella mia Tuscia, l’Italia di Briatore e Farinetti a radere al suolo borghi e ulivi, gli Andreatta, Amato, Prodi, Bersani, D’Alema (tutti da recuperare in quanto LeU), Renzi  che, sotto diktat FMI-BCE-Wall Street, ci hanno fregato la produzione e l’hanno mondializzata, costringendo a inseguirla all’estero 100mila giovani italiani all’anno, rimpiazzati in Amazon da altrettanti africani che, secondo Boeri, ci pagheranno le pensioni. Intanto il “manifesto” sfotte il governo che cerca di rimediare alla catastrofe Ilva, evitando un po’ di cancri e di senzalavoro, e di ridarci una compagnia aerea di bandiera che la sinistra ha sventrato, mentre ce l’hanno perfino  il Buthan, il Burundi, le Antille, l’Afghanistan….

Alias: la cultura dell’1%

Otto uomini, ci dicono, possiedono la ricchezza di metà dell’umanità. L’1% è più ricco di tutti gli altri. E’ questa la struttura economica. Per “Alias”, inserto culturale del “manifesto”, l’1% che sa  e il 99% plebeo che vagola nell’ignoranza sono la struttura culturale. Significativi parallelismi. Vagamente feudali.

Già, struttura, sovrastruttura, si confonde un po’ tutto. Magari si intersecano, si integrano, non è più chiaro come una volta. Prendete “Alias”, in cui esponenti della tribù scrivono di esponenti della tribù, rinnovando vittimismi e autoassoluzioni a distrazione di massa da quanto si va mondializzando. Perlopiù è una foliazione di una supponenza arzigogolata e astrusa, alla ricerca tra nicchie dell’iperspecialistico e oceani dell’ovvio, tutto inteso a imporre allo smarrito lettore di media conoscenza e intelligenza che lì, sopra di lui,  c’è ben altro, ma inaccessibile, sublime, non da te. Tu sei al di  là del varco, la larghezza dello jato tra te e la conoscenza resta insuperabile. A noi Spinoza nell’interpretazione dello sciamano tibetano, a te la fiera del fumetto.

E questo, dal punto di vista della classe, mi pare proprio una struttura del “manifesto”. Ma sono sovrastruttura o struttura le sontuose marchette all’industria del videogioco, con grande frequenza e appassionata libidine sciorinate da Federico Ercole?  Parlare di turgido barocco è inadeguato, di efflorescente rococò minimalista non basterebbe nemmeno arrivare al primatista dell’iperbole eulogica, Gianbattista Marino (Napoli 1569-1615), quello dell’”Adone” , per le spirali di commossa celebrazione in cui avviluppa qualsiasi prodotto, fosse il più nero, sanguinario, brutale, spaventoso, devastante, apocalittico, violento, quelli che comunque vinci quanto più elimini umani, mostri, insomma nemici (Il 90% di quelli di cui scrive). Insomma arabi, siriani, afghani, gente scura.

Dal videogioco  di Alias ai Blackwater d’Iraq

E se è vero che difficilmente si trova bambino e adolescente americano, e poi occidentale, che non riceva, a forza di un’adolescenza di smanettamenti, l’imprinting di questa corsa alla disumanizzazione e alla normalizzazione delle atrocità (per cui Abu Ghraib e Isis) che premiano chi uccide e distrugge e ne vede il riflesso nobilmente materializzato negli psicopatici che sparano nelle scuole, nei 50 milioni di morti delle aggressioni USA dal 1950, nei 7 milioni dopo l’11 settembre sotto Bush-Obama, nei poliziotti da Obama trasformati in Robocop con licenza ammazza-negro, nei Blackwater del tiro al piccone sui ragazzetti, nei tagliateste Isis che incendiano i vivi e negli F35 su Vietnam, Afghanistan, Libia, Siria, Iraq, ovunque il Pentagono metta in pratica videogiochi, se è vero tutto questo, cos’è il lavoro di Alias e di Federico Ercole? Sovrastruttura culturale o struttura di guerra di classe? Lui la chiama creatività e libertà d’espressione.  E’ facilitazione dell’utilizzatore finale. Non basta per parlare di quinte colonne?

La geopolitica dei diritti umani: Nicaragua, Afghanistan

Vogliamo controprove dello srotolamento di un incrollabile tappeto rosso ideologico, per quanto liso e sbrindellato dalle inevitabili contraddizioni tra il millantare e l’essere, che questa gente ormai da molti decenni, ma mai con la protervia di questi ultimi anni clintonian-obamian-mattariellian-eurocentrici, improntati allo strumento colonialista-migratorio del globalismo capitalista, stende sotto le ragioni degli ammazza-popoli e ammazza-nazioni? Pensate alla cacciata della brava Geraldina Colotti da reporter di denuncia del golpe strisciante Usa in Venezuela e al successivo cerchiobottismo tra “opposizione e regime”. O alla davvero oscena criminalizzazione del Nicaragua di Ortega e del FNSA che resiste alla sedizione di una conventicola di Ong di Soros e USAID, pretaglia diocesana revanscista, teppismo di angiporto, jeunesse doree dell’istruzione Opus Dei, import di teppisti delle guarimbas venezuelane, con esclusione rigorosa di ogni voce che non sia di questo classico armamentario Cia. Errori degli Ortega, del FSLN? Certamente. Paragonabili allo sterminio sociale di 16 anni di colonialismo neoliberista, fame, emigrazione, epidemie e 50mila morti da complotto reaganiano Contras (gestito dall’inventore degli squadroni della morte centroamericani e iracheni, John Negroponte, quello per cui lavorava Giulio Regeni)? Il Nicaragua tolto di mezzo, l’unico canale tra gli oceani sotto controllo Usa, Venezuela, Bolivia, Cuba assediati, Argentina, Brasile, Ecuador, Honduras recuperati. Bel regalo geopolitico ai nuovi Cortés e Pizarro dell’America Latina. E sul milione in piazza il 24 luglio a sostegno del governo(foto)? Zitti e mosca.

Vogliamo parlare dell’Asia, della guerra e occupazione che Usa, Nato, noi, conduciamo da 17 anni contro il movimento di liberazione nazionale che, indubbiamente, sono i Taliban, belli o brutti che siano, ma che per gli esperti del “manifesto”, Battiston e Giordana, sono rispettosamente i “barbuti” o i “turbanti neri”? I cattivi. Di un’occupazione feroce, degli eccidi da droni e bombardieri uccidentali si parla poco. Tanto meno del diritto umano fondamentale di lottare per la liberazione con ogni mezzo, molto meno affascinante del diritto al matrimonio gay. Tanto meno della produzione record di oppio che diventa eroina nel mondo che dalla morte genera soldi e di cui l’occupazione è garante e facilitatrice dell’export (Kosovo). Buonissima è la “società civile”, quella contro il burka, che fa marcette per la pace, proprio nelle fasi in cui i Taliban vanno all’offensiva in tutto il paese e mettono gli invasori con le spalle al muro. Uguale, il “manifesto”, anche per la Siria, laddove si trattava di lacerare il tessuto multietnico e multiconfessionale dello Stato laico unitario promuovendone la frammentazione tramite pulizia etnica operata dai curdi di Usa, Israele, Saudia. Santi patroni e bocche della verità del quotidiano, Amnesty International e Human Rights Watch, professionisti della sofferenza inflitta agli amici dell’Occidente, entrambi, con personale e ordini del giorno, all’orecchio del Dipartimento di Stato.

Forza, gente, muoversi! Migrare è vita!

Ovviamente, di quella che in vista del globalismo dispotico transnazionale e antisovranista è, accanto all’uniformizzazione finanzcapitalistica, alla frammentazione degli stati unitari e ai regime change da guerre e sedizioni (il “manifesto” ha addirittura plaudito a quella che dell’avventuriero CIA che ha unito l’Armenia filorussa all’Azerbaijan amerikano, origine di quel TAP che San Mattarella è andato indebitamente a promuovere tra fasti Nato lì e in Georgia), lo strumento centrale dell’adattamento del pianeta al nuovo ordine: lo sradicamento e trasferimento organizzato di popoli dei quali si liberino le ricchezze e di cui usare a fini di riequilibri sociali e demografici. Nessuna gigantografia spezzacuore, nessuna alluvione di lacrime pietose, nessun parossismo di ipocrita indignazione, nessuna più fetida manipolazione di Ong ascare della tratta, scaraventatici addosso come bombe su Dresda, ha mai suscitato tra gli hilleriani del giornale una riflessione sui modi  e perché degli abbandoni di casa di chi in ogni caso andava a star peggio.

Gli orrori dei lager libici, sicuramente non case di riposo, sono ormai quasi tutti sotto osservazione di entità ONU. Ma restano inferni dello stupro, della tortura, dell’assassinio, della spoliazione di ogni bene del migrante. Guai a rimandarceli!  Abbiamo visto ripetute immagini di persone ammassate in capannoni e volti dietro a sbarre. Ci sono passate decine di migliaia di persone, moltissimi con cellulari, anche satellitari. Possibile che non si sia mai riusciti a video o audio-documentare un solo episodio di atrocità? Le immagini di gente urlante, frustata, risalgono all’immediato dopo-Gheddafi, quando i vincitori così trattavano gli immigrati neri. Quei due milioni che in quella Libia avevano avuto lavoro, casa, decoro. Poi sappiamo che non ci si imbarca senza quei 5000-7000 dollari per il negriero della lunga filiera. Ma come, ti stuprano e poi ti mandano via con i soldi? Con quei soldi che in qualsiasi paese africano ti avrebbero assicurato una sorte migliore di qualsiasi ipotizzabile in Italia? Avrò torto, ma il gioco sulla pelle di queste genti da manovrare è talmente sporco che ogni sospetto è lecito.

Daje al governo di destra!

Questo non è il governo dei montagnardi, semmai siamo agli Stati Generali del ‘79, con però un sacco di gente del Terzo Stato arrivata ex novo. Ma questo è il primo governo, da quelli lontani dello Statuto dei Lavoratori e del divorzio, dei Consigli dei Delegati, dei sindacati cazzuti, che osa alzare un ciglio sull’opera degli Andreotti, Amato, Treu, Bersani, Tremonti e sguatteri BCE vari. Al netto dell’ossessione cibernetica dei Casaleggio (viva il faccia a faccia in eterno!), delle ruspe, pacchie e dei “da papà” di Salvini e dei suoi tipacci, qui c’è qualcosa di inedito: un ministro che denuncia Maidan, riconosce la Crimea russa, sfida le sanzioni e prova a stoppare la congiura del buonismo sociocida. Un altro prova a mettere qualche zeppa sotto il rullo compressore di ogni diritto del cittadino, lavoratore e non, e del popolo sovrano. Non s’era mai visto. Ma l’opposizione da “sinistra”  del “manifesto” ha una virulenza della stessa intensità con cui va a pescare nella palude PD un qualche detrito non del tutto putrefatto per rivestirlo di abiti decenti..

Parlare di paradosso all’ombra della testatina “quotidiano comunista” diventa ingenuità. Il termine va letto nel suo contrario. Ho qui una pila di numeri e vado alla rinfusa, ‘Ndo cojo, cojo. Tra gli avventati Di Maio e Salvini e il “prudente” Tria, con Tria: “prima vengono i conti” ; aumentare le pensioni minime: un miraggio; bloccare la fusione di Anas e FS che regala il trasporto nazionale ai parassiti dell’Anas,un azzardo; rivedere la svendita dell’Ilva a chi la paga poco e la fa inquinare  per altri lustri: traditori, dicevano di chiuderla! Parlamentizzare ogni provvedimento Nato e le basi, sottraendoli ai soprusi  delle giunte militari: ma non volevano uscirne?  Trump minaccia di passare sopra l’Iran come Truman su Hiroshima? Sì ma quelli sono pasdaran, corrotti, pericolosi, falchi.  A Helsinki Trump (al di là del suo barcamenarsi tra pistola alla tempia del partito della guerra e guizzo pacifista) e Putin se ne escono sorridenti, gentili e senza menarsi e far menare il mondo? Più acido di un Bolton, Pompeo, Hillary, Condoleezza Rice, McCraig, il manifesto titola: “un tentativo di distrazione dal Russiagate (bufalona indimostrata ma debitamente avallata) e della figura rimediata a Helsinki con Putin”. Il Partito della Guerra non la poteva mettere meglio.

Distensione, dialogo, pace? Via dalla mezzanotte del botto? Maddai!

E questa è davvero clamorosa. Il “manifesto” fianco a fianco con gli accoliti hillariani-Cia, pentagonali, neocon, talmudisti e wallstreetiani del Torquemada Russiagate, Mueller, che non riesce a trovare un’ombra di interferenza russa nelle elezioni presidenziali, pur sapendola lunga sulle ingerenze della sua FBI  in tutte le elezioni del mondo dal 1945 in qua. Urlano all’alto tradimento, raccolgono firme, annunciano processi, esigono impeachment e incarcerazioni, la patria venduta al nemico, il distruttore della nazione alla Casa Bianca, l’isterismo del complesso militar-industriale che intravvede all’orizzonte una nuvoletta nera sul suo dominio dell’economia americana e mondiale grazie ai conflitti. Il dialogo è nequizia, picchiarsi a morte è bene. Tanto più che di questo zar, che insiste a farsi eleggere sotto lo sguardo di osservatori internazionali, non c’è per niente da fidarsi: imbroglia il suo popolo dicendolo assediato dagli schieramenti occidentali e fa finta di democrazia non offrendo mai alla libera stampa immagini di teste di manifestanti spaccate come succede nelle libere Francoforte, Genova, New York, Parigi. Poi chissà cosa fa alle Pussy Riot!

Dimmi con chi vai

Il bocconiano Boeri annuncia cavallette e piogge di rane contro il Decreto stoppa-precariato, fa il Mago Otelma per la gioia di Confindustria? Mattarella interferisce sulle scelte del governo? L’UE e lo sbronzone Juncker, porto franco lussemburghese per tutti i manigoldi evasori, scaricano sull’Italia gli effetti collaterali della spoliazione dell’Africa, ma è “l’Italia che si isola dall’Europa”? Saviano, eroe dell’antipopulismo a stelle e strisce, dà del ministro della malavita? Radio B92 di Belgrado fa parte del circuito CIA “Free Europe” ed è pagata da Soros? Le Donne in nero di Belgrado ringraziano Madeleine Albright? I Fratelli Musulmani conducono una guerra a base di stragi contro lo Stato egiziano?  Il governo cancella il bavaglio alle intercettazioni? Toninelli mette sottosopra il TAV? Tsipras mette la Grecia a disposizione di Netaniahu e compiace Usa e UK cacciando diplomatici russi? Skipras avvelenati da russi in fuga? Disaccordo tra Di Maio e Confindustria? Con Davigo, star populista, il CSM va a destra (con Legnini-Napolitano era lo scudo di Di Matteo, Ingroia, De Magistris, Robledo, Woodcock…)? In Libano l’UNHCR, quello della Boldrini, si oppone al rimpatrio dei siriani che vogliono tornare nelle terre liberate?  Con chi sta il “manifesto”? Magliette e mani rosse in piazza di chi non ha mai levato un sopracciglio o messo una maglietta per i non emigrati da sotto le macerie libiche e siriane, sulle croci dei mercenari jihadisti e neppure per le centinaia di ammazzati dal cancro, uomini e bestie, dai giochi di guerra nei poligoni sardi. Magliette rosse dei Radicali. Basta questo.  Con chi sta “il manifesto”?

Sta con gli ordini di servizi, detti stampa, di De Benedetti, Elkan, Boccia, Caltagirone, Berlusconi.  Quelli latrano contro gli abominii gialloverdi, il “manifesto” ringhia e abbaia. Via la censura poliziesca sulle intercettazioni?  Daspo a vita ai corrotti pubblici? “Pura propaganda”.. Più che le quattro cose buone fatte dal nuovo governo, eminentemente 5 Stelle, ci da conforto e speranza la misura incontrollata della collera padronale.

Ogni giorno mi dico: ma basta quel titolo. Sabato, per esempio, “Niger, dove l’Europa prepara la nuova guerra ai migranti”. Niger e tutto il Sahel sono colonia franco-Nato-americana. Ci hanno messo un po’ di Isis e hanno picchiato i Tuareg perché ci fosse la scusa per militarizzare tutto. Bloccare migranti? Figurati, anzi. Per scavare uranio, oro, metalli, petrolio, hanno espropriato, cacciato, bruciato, ucciso. Il “manifesto” parla di “guerra ai migranti”. Non di guerra all’Africa, qui come ovunque, perché produca più migranti.

Il segno sul XXI secolo della ragazza del secolo scorso

Ma, amici, tutto questo è poco, se ci ricordiamo di quanto ha impresso su quel giornale, con eleganza di eurotacco coloniale, la più prestigiosa, la più onorata, la più vetusta dei marabut che hanno dato vita all’impresa “il manifesto”. Al debutto dell’aggressione jihadista promossa dai Fratelli musulmani del Golfo e dalla Cia, poi guerra stragista franco-Nato, al paese più prospero ed equo (ONU) del Continente, al leader che aveva riscattato un popolo dal colonialismo genocida italiano e dal servilismo alla corona britannica, che aveva iniziato l’affrancamento del continente dal sottosviluppo, dalla spoliazione e dall’intrusione del nuovo colonialismo, Rossanda dai salotti di Faubourg St. Honoré s’indignò grandemente perché il giornale aveva un po’ tergiversato sugli abominii da attribuire a Muammar Gheddafi. Ignoranza? Arroganza colonialista? Odio antisemita dell’eurokazara per il semita arabo Gheddafi? O semplicemente Quinta Colonna?

Richiamò all’ordine i co-infiltrati del ’69 e agognò il precipitarsi, dal “mondo libero” ovviamente, di combattenti sul tipo Brigate di Spagna, in sostegno ai rivoluzionari democratici rivoltatisi contro una famiglia di tiranni e grassatori. Ottenebramento da arteriosclerosi, coppe di champagne in eccesso? No amici, coerenza di un’operazione di lunga gittata, che ha segnato fortemente cinquant’anni di collateralismo terribilmente manipolatorio, razzisticamente eurocentrico, intimamente neolonialista. I succedanei di oggi degli iniziatori hanno perduto, come tutta la categoria, l’abilità di travestimento e mimesi. Si sono rivelati faciloni. Come quelli delle false flag, sempre più rozze. Quel là dato da Rossanda nella primavera araba di Libia ha dissipato ogni nebbia. Ha collegato il suo auspicio alla risata trionfale di Hillary Clinton sul cadavere martirizzato del Gheddafi sventrato. Due donne, due femministe, due ingiurie tremende a entrambe le categorie.Il cerchio si chiude. Quinta colonna.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:17

MENTRE PUTIN E TRUMP, SOTTO TIRO DEL DEEP STATE TECNO-BIO-FASCISTA, DIALOGANO… SQUADRE AFRICANE FUORI SUBITO, MA COPPA DEL MONDO IN MANO AFRICANA STO CON LA CROAZIA . E CON I SERBI SEPOLTI SOTTO QUEL PRATO E MATTARELLA DOV’È? MA NEL GIARDINO NATO, NO? ESTONIA E GEORGIA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/07/squadre-africane-fuori-subito-ma-coppa.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 16 LUGLIO 2018

Brevemente, sugli splendidi (più per organizzazione, atmosfera, che per gioco) Mondiali 18 di Russia, riflessioni di uno spaparanzato al sole, irradiato da un incontro Putin-Trump che, riprendendo i toni positivamente alternativi del ciuffone di polenta nei suoi trascorsi elettorali e anche prima (rapporti con la Russia, Nato, messa in discussione della False Flag 11 settembre), incontrando quelli, da sempre saggi e corretti, di Putin, non ha potuto che trasformarsi in puntura di speranza per i giusti e onesti del mondo. Ma come i vaccini con i residui di metalli pesanti e altro, dal cui morso coatto ora pare voglia almeno parzialmente liberarci la ministra 5 Stelle, anche questa fialetta, al promesso bene, aggiunge un fondo rancido.

E qui le riflessioni escono dall’area di luce per disperdersi nel buio di un’ombra affollata dai ectoplasmi neri della mediacrazia uccidentale, dall’Huffington Post al manifesto, attraverso le sette montagne di Mordor popolate dai giornaloni e televisionone. Frustrata oltre ogni limite da un  rapporto cazzate-cose buone del governo, che l’ha fatta sbroccare già solo per museruola ai biscazzieri, sindacato dei militari, riposo domenicale degli esercizi, possibile veto alle sanzioni alla Russia, freno al precariato, tagli alle borse gonfie d’oro sottratto, approccio culturale anziché mercantile alla Cultura, il Comandante della Forestale all’Ambiente, sabbia negli ingranaggi dello spostamento indotto di popoli, mazzate ai delocalizzatori (d’accordo, lo so, non ci basta, vorremmo tutto subito, ma la marcia delle donne su Versailles non è ancora partita, per ora le fanno fare la guerra ai maschi), l’élite, subiti questi graffi, ha scatenato i suoi media.

Rottweiler da mansion nobiliare e, formicolando e latrando nella rincorsa, botoli da tinello che, a loro volta, frustrati dal non poter eccepire neanche un mozzicone per terra, un hooligan, un crollo di tribuna, un sedile sporco, un arbitro al soldo della GPU, un transessuale torturato ai bordi del campo, una rivolta colorata sotto il Cremlino, si sono dovuti attestare sulla Caporetto delle Pussy Riot, le eleganti pornosorosette delle ammucchiate in chiesa, e della loro invasione di campo di 13 secondi nella finale della Coppa. Come sempre, il coro è unanime, letto con disciplina sull’Ordine di Servizio: “E ora vorremmo proprio sapere che cosa faranno a quelle là !!!” e, sugli schermi, i punti esclamativi sostituivano quelli interrogativi, i sopraccigli si alzavano gravemente, e gli occhi roteavano significativamente. Il resto era tremebondo silenzio.

Silenzio assordante quanto rombante erano i guaiti e ululati contro il rischio di disfacimento del mondo e la notte del pianeta che sarebbero derivati da un rapporto men che a calci nelle palle tra Trump e Putin. Per costruire quel ring si erano adoperati i britannici con quelle bufale dei gas nervini, poi rimbalzate in faccia ai servizi segreti, e l’uomo della legge dello Stato Criminale Usa, Mueller, con i suoi missili a salve a incriminare 12 russi di aver danneggiato, a loro insaputa, come lo è tutta la farsa Russiagate cara al manifesto, la marcia trionfale, con treno a trazione di dollari sauditi, di Hillary Santa subito. Trump non ne ha tenuto conto e, pensando ai Kennedy e a Nixon, a Malcom X e John Lennon, ai 3000 delle Torri Gemelle, all’Isis e a Gheddafi, ci vuole fegato. Magari sarà tutta fuffa. L’uomo con la banana è imprevedibile. I cobra al suo inseguimento meno. Magari uno dei due avrà fatto fesso l’altro. Chi vivrà vedrà. Intanto respiriamo.

Con la Croazia? Ma sei matto?

Dal fumo all’arrosto. Dissentendo da bravissimi e politicamente titolati amici che in merito alla finale Francia-Croazia, sventolavano il tricolore ex-Bastiglia (ma oggi, assorbito da stelle e strisce e stelle in campo azzurro, in testa alle legioni armate ed economiche che insanguinano e depredano mezza Africa, con qualche effettuccio sugli sradicamenti), mi sono acconciato a tifare Croazia. Con soddisfazione, alla luce come quella ha dominato il gioco, e con disappunto per come gli altri hanno dominato il culo. E con qualche riserva che dirò.

Dove sono i serbi di quella terra?

Piano, ragazzi, non alzate subito la voce. So bene di quell’imbecille con il codino degli imbecilli che, per sfottere una Russia presidio del diritto internazionale, ha inneggiato all’Ucraina, da USA e UE affidata ai nazisti. E so bene cosa hanno fatto certi croati, all’ombra della tiara di Giovanni Paolo II e della mimetica di Marco Panella, ai serbi protetti da Storia, morale, giustizia internazionale, ma non dai devastatori uccidentali di tutto ciò. So di Vucovar, delle Krajne. So anche parecchio dell’espulsione di 300mila italiani, lì da secoli, perché italiani, non perché fascisti come quelli dello stupro di croati e sloveni, comunisti e non. So di come vengono ostracizzati, emarginati, esclusi, i 30mila italiani rimasti abbarbicati alle loro terre, case, cimiteri. So della Jugoslavia fatta a pezzi insignificanti (salvo per il calcio e la pallanuoto) e della Serbia amatissima, persa per scelleratezze uccidentali, ma anche per eccesso di democrazia, elezioni, tolleranza, buonafede di Milosevic.

Guardate, io queste vicende le ho vissute in buona parte in prima persona, per vederle, filmarle, demistificarle, comunicarle. Non eravamo in tanti, sommersi e  sbeffeggiati da infiltrati pacifisti della guerra, casariniani accasati a Belgrado (e tollerati dal “governo totalitario”) nella redazione della radio di Soros, B-92, degenerati di Lotta Continua che, su falsi pretesti, invocavano “bombe Nato finalmente!” (Langer, Sofri), missionari del sopruso alla Zanotelli, sempre pronti a tingere di rosa il rosso carminio del sangue fatto fluttuare dai millenari compari, soci nel Potere. Anche sotto le bombe, certo molto meno di quelle inflitte a milioni di serbi uccisi, deportati, avvelenati. E poi, per tutta Italia, a Belgrado, a Francoforte, a Bristol, alla Sorbona, onorati dalla partecipazione di due grandi protagonisti della verità serba: Diana Johnstone e Peter Handke (leggeteli!). I documentari che ho dedicato a quella storia si chiamano “Il popolo invisibile”, “Serbi da morire” e “Popoli di Troppo”). Mi costarono la cacciata da “Liberazione”, il meritato ostracismo di Bertinotti e di soggetti oggi rifugiatisi nella sinistra di Sua Maestà, tipo tale Piero Maestri, di “Guerre e Pace”, che mi redarguì alla Statale di Milano per non seguire la vulgata Nato sulla Serbia.

Dunque calma e gesso prima di parlare di “sostegno ai fascisti croati”.

Francia, una nazionale?

Quanto alla squadra dei transalpini, propriamente così non dovrebbe chiamarsi. Circa metà, tra campo e banchina, erano africani, pure qualche magrebino. Quei quattro immigrati emersi dalla banlieu. Come il nostro Balotelli, scampato ai campi di pomodoro, o ad Amazon. Vale per la nazionale inglese e altre europee. Quelle dei grandi predatori colonialisti d’antan e de retour oggi. Dubitate che uno Zanotelli, di nuovo emerso per dare dei dittatori ai governi africani, (Eritrea, Sud Sudan: bel prodotto, questo scampolo petrolifero di Sudan, di carne umana macinata, di cui i suoi comboniani portano la corresponsabilità) e incitare alla carica la nota truppa dei giornalisti itagliani indipendenti (dalla verità), a fianco degli interventi Nato e delle Ong che traghettano coloro che da chi dirige Nato e Ong sono stati spossessati, cacciati nella nuova tratta dell’accumulazione capitalista. Tratta degli schiavi? Esattamente la stessa, in forme diverse, ma con gli stessi intenti di oppressione e sfruttamento di quella che partiva da Calabria, Veneto, Senegal, Irlanda. Schiavi a dispetto delle foglie di fico sull’emarginazione, alla sindaco di Londra, a dispetto dei milioni che pochissimi prendono per farsi modelli di miscioni culturali senza storia né carattere, all’insegna delle più alienanti forme della depravazione consumistica.

E così i vari Ciotti, Nogaro, Saviano, Veronese, Zoro,  tutta la processione di muselidi in maglietta rossa, a dirigenziale componente talmudista, appresso al pifferaio col Triregno (regno terreno, regno celeste, regno papale!), tutto il concentrato di ipocrisia che vorrebbe “mettere i suoi corpi a far da ponte per i rifugiati” (Veronese), corpi di influencer di Miami, di barbare d’urso, di pariolini che fetono di Armani, di naviganti che dal panfilo dovrebbero trasbordare verso Save the children (“Ghedafi distribuiva Viagra per far stuprare bambini ai suoi soldati”), tutto il cucuzzaro dell’accoglienza senza se e senza ma, dell’integrazione e assimilazione nella superiore civiltà delle crociate che non finiscono mai.

Prima del Naufragio? Niente.

Pensate che costoro abbiano speso un attimo per riflettere che la componente immigrata della vittoria francese avrebbe potuto, dovuto, essere la forza protagonista dello sviluppo dello sport e del calcio nel proprio paese perduto e, magari, delle sue vittorie nei tornei internazionali? Raccogliendo centinaia di migliaia di giovani, impegnati anche per questo verso a costruire la propria nazione dopo lo spogliamento coloniale, contro governi asserviti e corrotti dall’impero e dalle sue multinazionali? Avranno mai pensato che se quattro mosche cocchiere milionarie fanno inneggiare al multiculturalismo, milioni di rinchiusi, peggio che nei sovrastimati campi libici, nel perenne sottosviluppo o mezzo sviluppo, o comunque esclusione, delle isole etniche di Notting Hill a Londra, del Bronx, di Berlino. E che in duecentomila hanno dovuto lasciare la valle dell’Omo in Etiopia, risucchiati dalle Ong, dopo che il loro habitat e le loro millenarie abitazioni, colture, i loro costumi, sono stati spazzati via dalla diga che il governo etiopico ha fatto costruire all’Impregilo, “Orgoglio d’Italia” (Renzi), e dai milioni di ettari concessi al land grabbing saudita, italiano, cinese.

Croazia, una nazionale? Si, ma chi manca?

I croati, per quanto dispersi dalle mafie del calcio d’azzardo tra tante grandi squadre straniere, nella Nazionale erano tutti croati. E si sentiva. Cose di cui molti invece si ri-sentono perché giù, nel buio, sentono di esseri fatti fottere qualcosa di importante. C’è lo chiede l’Europa… ce lo chiede il cosmopolitismo, dove di diverso e solido ci deve essere solo il carciofone finanz-militar-securitar-globalista, con le foglie esterne dalle punte nucleari e il cuore saporito nel caveau blindato.

Ma qui vanno messe, in grassetto, le riserve. Le mie. Per essere la rappresentanza di quella terra, da farci dire che bello, ne sono tutti figli, mancava il giocatore serbo e anche quello italiano (se qualche jugoslavista con le tre narici me lo consente), mancava soprattutto il giocatore jugoslavo.  Avremmo potuto dire che era la Nazionale di una bellissima comunità di popoli che era stata di esempio al mondo, a ovest come a est, da cui nessuno era escluso e in cui tutti condividevano un progetto di giustizia, sovranità, libertà, felicità. Quelli che guidano il bulldozer mondialista con il supporto dei Saviano, Zanotelli, manifesto, sinistre reali che sgomberano il campo dai ciottoli rompi-cingoli, che tutto deve frantumare, frammentare, dividere per imperare da soli, sono gli stessi che cianciano di multietnicismo, multiculturalismo, multitutto. In questo caso ne è uscito una bella squadra tutta croata, solo croata. Con dentro i serbi e gli altri jugoslavi, chissà se avrebbe vinto. Ma sarebbe stata ancora più bella. Molto più bella. Ed è questo che oscura lo scintillio della coppa ai vicecampioni del mondo. E che non dovrebbe cessare di pesare sui bravi Manzukic, Modric, Peresic,  forse non  idioti fascisti come Vida, che a ogni mossa che fanno, a ogni gol, su ogni campo, di fronte a qualsiasi avversario dovrebbero sentirsi addosso il freddo soffio dei loro fratelli di nazionale cui, insieme alla nazionale, alla patria, fascisti, papi e impero hanno tolto la vita.

La ruspa israeliana che sta per uccidere Rachel Corrie in Palestina

Ogni cittadino di quel paese aveva contribuito a farne professionisti e campioni, a partire dalle scuole e, poi, valorizzandoli come made in Croazia. L’avrebbero fatto anche il Senegal, la Nigeria, l’Egitto la Tunisia, il Marocco, se qualcuno non gli avesse portato via i figli promettendogli mari e monti purchè vestissero un’altra casacca. Senza alcun Ronaldo da 100 milioni più trenta ogni anno, in Croazia. Giocatori tutti di quel paese e, nelle squadre locali, spesso tutti di quel luogo. Come da noi quando il campo della Roma era al Testaccio. Totti è morto. Sarà perché non se lo possono permettere, ma tant’è. Sovranismo? Ben venga. Fino a quando il filantropo George Soros non glielo compra lui, il Ronaldo, sapendo bene ciò che fa….

Ci pensano Mattarella e Saviano. Buon sangue non mente.

Frustrati e scornati i nostri botoli ringhianti, con penna, maglietta rossa e scapolare (mai visti contro genocidi Nato o sociocidi domestici) si sono rifatti con un attimo di conforto. Il presidente custode della costituzione (che intendeva affossare), che il golpetto anti-governo parlamentare ha ringalluzzito fino a indurlo a mettere becco e artiglio su qualunque cosa competa a governo e parlamento (Napolitano docet), ha riequilibrato una bilancia appesantita dai successi russi ai Mondiali e dal bon ton di Trump con Putin. Dopo la visita in Estonia, dove, nel tripudio dei militari Nato, si erigono monumenti alle armate di Hitler, è venuta quella allo scorpioncino nella Partnership Nato, Georgia. E’ il paese attraverso il quale deve passare il TAP, quello della distruzione del Salento e del crinale appenninico, quello amerikkano che deve rimpiazzare il gasdotto logico, logistico e meno costoso russo. Mattarella è andato a incoraggiare. Ma anche a lenire la sberla ricevuta dello scorpione quando ha spuntato il suo pungiglioncino contro uno scarpone russo. Chissà quanto il presidente avrà rimpianto i bei tempi in cui, da ministro della Difesa, poteva bombardare Belgrado!

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 22:08

La caduta dei radical chic

La sinistra perde anche l’ultimo feudo. In Toscana 10 comuni passano al centro-destra ed ormai tra le file del Partito democratico è caos.

La sinistra è al capolinea e si avvia ella definitiva estinzione.
Le polemiche violente che negli ultimi giorni sono state mosse da Roberto Saviano, il guru dell’antimafia approdato alla difesa delle Ong, non sono servite a scalfire il prestigio e la cavalcata della Lega. Attacchi offensivi ed isterici hanno caratterizzato un po’ tutti gli elementi del main stream progressista.
Da Mentana, che commentando il censimento nei campi Rom, allarmava sul pericolo di un vago ritorno ai “rastrellamenti nazisti”, alla proposta demenziale di Orfini del PD, di schedare i fascisti.  Il solito mantra ossessivo, da caso psichiatrico, ha caratterizzato tutta la stampa e nazionale con le accuse rivolte al MdI di “inumanita’”, “xenofobia”, “fascismo”, per le politiche di freno ai traffici sui migranti e la chiusura dei porti voluta ed attuata da Matteo Salvini.
Un’orgia di stupidità collettiva di una sinistra che non fa altro che gridare al fascismo e al razzismo, pur di squalificare ogni minima azione di governo che sia orientata a riportare ordine sulla Penisola, invasa da centinaia di migliaia di disperati.
Moltissimo è stato scritto sulle ragioni del declino inesorabile della Sinistra italiana in tutte le sue gradazioni.
La lontananza dal mondo reale, l’abbraccio incondizionato e dogmatico al multiculturalismo, l’accettazione acritica delle leggi del libero mercato, hanno inesorabilmente scavato la fossa all’area politica peggiore vista negli ultimi decenni.
Convinzione di essere dalla parte giusta, sempre e comunque, incapacità di vedere come il tessuto socio-economico dell’Italia stesse cambiando, odio manifesto per ogni istanza popolare, sono le caratteristiche che accomunano i vertici e la base del Partito Democratico.
Hanno dovuto ingoiare la formazione di un governo identitario/populista, e sin da subito hanno iniziato a nicchiare, cercando di gettare  zizzania tra il partito di Di Maio e quello di Salvini
Nemici di ogni cambiamento, responsabili di decenni di svendita ed umiliazione della sovranità nazionale.
Ora il Pd e la sinistra tutta sono passati dalla disfatta elettorale alla definitiva liquidazione.
E’ già si discute delle possibili cause, delle “divisioni”, dell’assenza di “leadership”. Tutto, meno che una radicale e sincera autocritica sulle ragioni di un fallimento culturale prima che elettorale.
Siamo di fronte ad un cambio di paradigma dove i vecchi concetti di destra e sinistra sono insufficienti a comprendere il cambio socio/politico delle masse. La sinistra fa ancora fatica ad assimilare perché’ grosse fette del suo elettorato si rivolgono ai partiti populisti. La Geografia elettorale parla chiaro, oramai il PD è praticamente condannato all’estinzione ed è troppo tardi per riconquistare un elettorato che ha preferito sostituire con i migranti ed altri marginali.
Giusta punizione per che si è creduto superiore disprezzando i ceti subalterni, ha etichettato qualsiasi proposta di riappropriazione di sovranità come populista, e non ha mai smesso di predicare “umanità’” e “accoglienza” dall’alto delle ville di Capalbio o dalle patetiche “tavolate multietniche”
Salvini e la Libia
 
Lasciate cadere le inutili polemiche sui Rom e la scorta a Saviano, il MdI si è recato il Libia per parlare con il Presidente Serraj e le autorità libiche per la creazione di “hot spot” ai confini esterni della paese e non in Italia, come invece vorrebbe Bruxelles. L’intento sarebbe fermare il traffico di vite umane che provengono dall’Africa sub-sahariana, arrestando il problema delle migrazioni illegali verso l’Europa. A tale visita era preceduta quella del premier Conte in sede UE, dove il PdC aveva ribadito la proposta italiana della creazione di “centri di accoglienza” in paesi di transito nel continente africano come Niger e Libia, appunto. Inoltre, ferma la volontà da parte del governo italiano di annullare gli accordi di Dublino e procedere ad una equa ripartizione delle quote di migranti tra i paesi dell’UE.
La politica estera italiana è radicalmente mutata con l’esecutivo giallo-verde e Roma ha sicuramente recuperato una posizione autorevole rispetto ai governi di marca PD.
La Francia di Macron è il principale nemico dell’Italia in sede europea. L’ipocrita leader di “En marche” ha definito “vomitevoli” le politiche di blocco dei flussi da parte del Governo Italiano e come “lebbra” il vento populista, con chiaro riferimento all’Italia. Immediata la risposta del nostro MdI che ha definito Macron più cattivo di Orban, nella ripartizioni delle quote migranti.
 
Ma la Libia, oltre ad essere cruciale per la questione dei flussi migratori, è anche al centro della disputa energetica tra Italia e Francia.
Ricordiamo che Macron approfittò dei giorni di vuoto governativo per recarsi a Tripoli e stabilire accordi con le varie fazioni libiche, per la “ricostruzione” del territorio.
I “cugini” sono decisi a cacciarci definitivamente dalla nostra ex colonia per mettere le mani sul petrolio libico ed estromettere l’ENI. Matteo Salvini ne è ben consapevole e ha già fissato un incontro per il prossimo Settembre, per discutere col governo libico di tali questioni e tutelare i nostri interessi petroliferi e commerciali.
Non solo la Cirenaica è al centro del nostro attrito coi francesi ma anche il Niger e la Tunisia, paesi di transito e formazione di gruppi jihadisti e fondamentali per la nostra sicurezza. In Nord Africa, la Francia ci è palesemente ostile e gioca sporco dal 2011.
Altro paese importantissimo per i nostri interessi nel Mediterraneo è l’Egitto di Al-Sisi, con il quale i nostri rapporti diplomatici sono entrati in crisi per il “caso Regeni”, anch’esso pedina di un progetto che mira ad estromettere l’ENI, dopo la scoperta del più grande giacimento petrolifero del Mediterraneo (lo Zohr), nei fondali adiacenti le coste egiziane.Intanto giunge la notizia da parte di Matteo Salvini, sempre più protagonista di questo Governo a trazione leghista, di essere intenzionato a voler rimuovere le sanzioni alla Russia. Parole che non sono state precedute dai fatti, dato che anche l’Italia si è accodata all’UE nel loro rinnovo.
Sulla domanda in tema di veto in Consiglio UE, il leader del Carroccio ha opportunamente  passato la palla a Conte.
Le sanzioni alla Russia saranno il banco di prova per capire se l’attuale esecutivo M5S-Lega fa davvero sul serio.
di Antonio Terrenzio – 27/06/2018 Fonte: Conflitti e strategie

Tav, a rischio contratti per 5 miliardi dopo l’ultima giravolta del ministro

25 luglio 18 Repubblica 

Toninelli: atto ostile la firma di avanzamento del lavoro

Mariachiara Giacosa

http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/25/news/tav_a_rischio_contratti_per_5_miliardi_dopo_l_ultima_giravolta_del_ministro-202600146/

Il post su Facebook del ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli mette a rischio 5,2 miliardi di euro di lavori per la Tav Torino-Lione. Cantieri che Telt è pronta a far partire entro il 2019 e che invece rimarrebbero al palo se il governo dovesse trasformare le esternazioni social del ministro in un atto vincolante.

“Nessuno deve azzardarsi a firmare nulla ai fini dell’avanzamento dell’opera. Lo considereremmo come un atto ostile” ha scritto ieri su Facebook il pentastellato responsabile delle infrastrutture nel governo giallo-verde. Un modo per correggere il tiro dopo le dichiarazioni del giorno prima nelle quali Toninelli aveva definito il Tav come un’opera da migliorare” e che avevano scatenato molte polemiche nella base 5 Stelle piemontese, da sempre impegnata nella lotta No Tav.
L’inversione di rotta però appare più come una pezza calda per calmare gli animi dei suo
i che come un atto con qualche valore. 

Telt, la società binazionale italo-francese che gestisce gli appalti della Torino-Lione, opera nata nel solco di due accordi di programma, di un trattato internazionale approvato dai parlamenti di Roma e Parigi e di un impegno nei confronti dell’Unione europea che ha finora stanziato 813 milioni di euro, e che potrebbe chiederli indietro se i due Paesi non dovessero onorare i patti.

Per lo stop servirebbe quindi almeno un accordo con la Francia.

L’ultimo aggiornamento sullo stato dei lavori parla di 81 gare da assegnare entro la fine del 2019 per un totale di 5,5 miliardi.

Finora 24 sono già state appaltate e le ditte sono già all’opera per un importo complessivo di 240 milioni di euro. Sette sono in fase di chiusura – e sarebbero bloccate se il governo dovesse ufficialmente stoppare i lavori – e altre 50 non partirebbero nemmeno.

Tra il lato italiano e quello francese, insomma, sarebbero congelati 5,2 miliardi di cantiere, a colpi di clic sui social network.

“Le dichiarazioni social del ministro Toninelli dimostrano una volta di più, se ancora ce ne fosse bisogno, l’urgenza di un incontro con me” dice il commissario di governo per la Tav, Paolo Foietta.

 E mentre i No Tav e i 5 Stelle torinesi festeggiano, il parlamentare del Pd Davide Gariglio parla di “affermazioni che lasciano senza parole. Se davvero il ministro ha trovato un verminaio di sprechi, connivenze corruttive e appalti pilotati, come lui afferma, li espliciti nel dettaglio nelle sedi opportune, cioè in Procura. Altrimenti è omessa denuncia di reato da parte sua”.

 Anche i parlamentari di Forza Italia Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino attaccano Toninelli: “Quelle del ministro sono capriole di chi deve recitare più parti in commedia

Toninelli apre al fronte del no: “Tav, fermiamo i nuovi lavori”

Appendino riceve i professori del Politecnico contrari alla Torino-Lione

Pubblicato il 25/07/2018

andrea rossi

torino

Nel giorno in cui il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli torna sulle barricate sul fronte Tav – diffida Telt dal mandare avanti lavori e appalti, denuncia la «scandalosa» decisione dei governi che hanno approvato l’opera e promette che se l’analisi dei costi e benefici sarà negativa il governo cercherà di fermare tutto – a Torino la sindaca Appendino riceve gli esperti del movimento No Tav. Di più, lo fa l’intera giunta, davanti a cui i professori del Politecnico di Torino Angelo Tartaglia e Marina Clerico portano cifre e analisi per dimostrare che la Torino-Lione è inutile. «Non ci servono le migliaia di pagine che deve studiare il ministro, o il metro cubo di documenti di cui parla il commissario di governo», dice Tartaglia. «Bastano dieci schede, basate su dati ufficiali e pubblici, per mostrare che parliamo di un’opera inutile e costosa, i cui effetti si scaricheranno sulle generazioni future». 

Così si ricompatta il fronte tra Movimento 5 Stelle e No Tav che aveva vacillato non poco dopo l’intervista radiofonica di martedì in cui Toninelli aveva garantito l’impegno del governo per migliorare la Tav senza più parlare di un blocco totale dell’opera. Per quelle frasi, e per la condanna alle violenze al cantiere, arriva la durissima reazione dei No Tav: «Non accettiamo consigli su come dobbiamo comportarci perché sono le nostre esistenze a essere messe a repentaglio, le nostre case, le nostre fedine penali»

Appendino consegna al ministro Toninelli il dossier del movimento No Tav  

Probabile che la tregua – e la retromarcia di Toninelli, passato dai toni istituzionali alle barricate – siano state propiziate da una “manina” torinese e da qui sia partito l’invito al ministro a cambiare verso tra lo sconcerto dei partiti avversari. Il deputato Pd Davide Gariglio attacca duramente: «Invece di accusare Toninelli prenda qualche decisione utile al Paese: mentre lui pensa al da farsi e gioca alla propaganda, i cantieri sono fermi, il Paese rimane bloccato e le ditte falliscono». Il leader dei Moderati Giacomo Portas lo definisce «un irresponsabile».  

Tav, imprese in rivolta: “La sindaca ha sbagliato, non si torna indietro”  

Il leader dell’Udc Lorenzo Cea chiede l’intervento del presidente del Consiglio Conte. I deputati valsusini di Forza Italia Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino spiegano: «Per fermare i cantieri esiste una procedura parlamentare chiara e precisa. Il primo gesto deve compierlo il ministro, presumo d’intesa con il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sulle cui casse potrebbero incombere oneri per circa 2,4 miliardi in caso di rottura dell’accordo con la Francia. L’opera deve procedere e, a proposito di spese folli, ogni ritardo e ulteriore incertezza sarà tutto a carico dei contribuenti. Veda Toninelli di non far lievitare i costi della Tav con le sue alzate di testa». 

Le savianate

Terribilmente coerente nello stare sempre dalla parte sbagliata, senza capire e sapere mai una fava di ciò per cui lo pagano per (s)parlare. Scegli anche tu la tua Savianata “geopolitica” preferita!

su Assad…
“Nonostante continui a negare, Assad sta usando armi chimiche. Gas che uccide lasciando soffocare le persone nella propria saliva”. (8/04/18)
Su Gheddafi…
“(Gheddafi) era un guerriero, un sognatore, che diventa un tiranno selvaggio e spietato. Un magnate di petrolio multi-milionario e un oppressore vizioso” (2017)
Sul Chavismo….
“Tutta la mia solidarietà a chi in Venezuela sta contrastando la dittatura chavista di Nicolás Maduro (..)il chavismo (…) ha portato a una nuova casta corrotta e potente, a un’egemonia della comunicazione, a violenza nelle strade, a dissidenti in galera.”
Su Israele…
Sono con Israele per indole e per le mie origini.Uno stato moderno (..) una democrazia sotto assedio…piena di tolleranza…che più degli altri accoglie la comunità gay…i profughi dai paesi arabi…” (2010)
Su Putin….
“Putin costituisce per l’Europa un pericolo maggiore dell’Is, minaccia l’esistenza stessa dell’Europa. Putin ha fisiologicamente bisogno del crollo delle sue istituzioni. La sua strategia è creare e alimentare il caos. Per questo ha puntato sulla guerra in Siria, un conflitto che ha messo in moto un numero impressionante di rifugiati che fanno pressione sui confini dell’Europa mettendone a dura prova la tenuta e la stabilità”. Angela Merkel è la sua principale avversaria, Kasparov la considera invece “l’unico vero politico coraggioso oggi in Europa”. Inoltre, aggiunge, essendo nata e cresciuta nella Ddr, sa che cos’è la mentalità comunista, sa come lavora il Kgb e sa quali sono le modalità con cui vengono gestiti gli oppositori politici.(…) Questa, dunque, la strategia che bisognerebbe adottare con Putin. Inaspettatamente costringerlo a una capitolazione, anche piccola, e questa sarà sufficiente a far crollare il suo impero.”( “Io e Kasparov, scacco ai dittatori”)
Su Venezuela e Ucraina….
“Dobbiamo cercare di astrarci da tutto questo e comprendere che un governo corrotto, un governo che non contrasta la criminalità organizzata, un governo che vieta le manifestazioni, che le reprime con la violenza, un governo durante il quale l’inflazione arriva al 50%, è un governo contro cui è legittimo manifestare, anche se è un governo di sinistra. E dobbiamo comprendere che le istanze della piazza vanno ascoltate anche se la piazza solidarizza con gruppi di estrema destra. Credo sia evidente – prosegue – che questa mia riflessione prenda spunto dalle repressioni delle manifestazioni in Venezuela contro il successore di Hugo Chavez, Nicolas Maduro e da quelle avvenute nelle stesse settimane in Ucraina. Due piazze differenti, due Paesi lontanissimi, due regimi differenti nella loro genesi, nel colore politico, nelle loro affiliazioni, che però hanno in comune moltissimo. Intanto in comune hanno un’arma che è stata tanto abusata quanto svuotata di ogni reale significato che è l’odio verso gli Stati Uniti. Un odio strumentale. In comune hanno il grado di corruzione delle istituzioni che è altissimo, e noi italiani possiamo comprendere quanto male si viva in un paese dove non esiste meritocrazia e tutto vada avanti grazie agli amici e agli amici degli amici. In ultimo la mancanza totale di contrasto allo strapotere delle organizzazioni criminali che hanno eroso dall’interno l’Ucraina e il Venezuela. Anche questo è un aspetto su cui noi italiani dovremmo provare empatia per queste piazze in rivolta, dal momento che mai il contrasto alle organizzazioni criminali è stato una priorità nel nostro Paese che è totalmente egemonizzato dalle tre più potenti organizzazioni criminali del mondo. Ecco perché non mi spiego tanta diffidenza..”
Su Trump…
“Alla manifestazione chiaramente stavo con loro, con i manifestanti, contro Trump, ma percepivo che il nuovo, il terribile e drammatico nuovo era Trump (…) Trump ha preso dalla televisione e dalla comunicazione dei social network un elemento fondamentale: vince chi riesce ad attrarre l’hater, l’odiatore, il fallito, la persona che non ce la fa e quindi incolpa gli altri per non essere stato accolto.
Di fronte a tutto questo disagio, Trump – ma anche la politica populista in Italia, Francia, Spagna, Grecia – risponde con dichiarazioni di massima irrealizzabili, può permettersi di fare affermazioni senza portare dimostrazioni, senza avere la necessità, per essere credibile, di illustrare come realizzerà il proprio proposito. Può limitarsi a dichiararlo.”
and more and more…
Janos Dex

siamo tutti fascisti

Non è per i 12 milioni di italiani che rinunciano alle cure mediche per indigenza.

Né per il boom del lavoro sottopagato e precario
Né per 5,7 milioni di poveri assoluti o per il ritorno della denutrizione infantile.
No,di colpo gli italiani sono diventati tutti fascisti, nazisti, razzisti , incattiviti e analfabeti funzionali….
lo.dicono i writers ,i filosofi spicci ,i #capaassupposta dirimpettai dei Zucconi di turno.
Luigi Cianciox

sciacalli naufragio bambini

Il terribile naufragio di ieri (causato da un incendio ad un motore montato su un gommone da poche lire ( consapevolezza di un meccanismo consolidato dai mercan…ti di schiavi : metto dei poveracci su un gommone da due spicci tanto ci sono sempre le Ong a due passi a caricare) è avvenuto a due passi dalla costa libica.

In una zona sar libica e dove mai poteva esserci una Ong.
Nemmeno prima del decreto Minniti sulle Ong.
Utilizzare , strumentalizzare una tragedia che nulla collima con la chiusura dei porti di Malta e Italia alle ong .
Additare ad assassini Italia e Malta (perché non tutta Europa?!) Come hanno fatto i razzisti di #lifeline e #openArms (che fino al 2013 faceva il lavoro opposto. Agenzia privata che pattugliava le coste iberiche. Con il boom di sbarchi diventano charity e senzzzibbili . Miracolo) è rivoltante.Rivoltante!
Stimolare la pancia degli italiani (non era da populisti?!) con fake news ( non era da analfabeti funzionali?!) su donne e bimbi morti….
È rivoltante! Ribadisco #sciacalli
Luigi Cianciox
30 giugno alle ore 08:44

TORINO-LIONE: SE TELT LANCIA DEI BANDI DI APPALTO COMMETTE UN’ILLEGALITA’ E VIOLA GLI ACCORDI ITALO-FRANCESI DIVENUTI LEGGE

PresidioEuropa

Movimento No TAV

Comunicato Stampa

15 luglio 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=15696

TORINO-LIONE: SE TELT LANCIA DEI BANDI DI APPALTO COMMETTE UN’ILLEGALITA’

E VIOLA GLI ACCORDI ITALO-FRANCESI DIVENUTI LEGGE

Italia, Francia ed Europa non hanno ad oggi la disponibilità dell’intero finanziamento

In realtà:

– l’Europa ha finanziato solo una piccola parte e solo per il periodo 2016-2019, poi si vedrà se ci saranno i soldi,

– è accertato che la Francia non ha dimostrato la disponibilità della sua quota di finanziamento del progetto,

Foietta, in una lettera ufficiale, ha dichiarato che l’Italia non ha, ad oggi, la disponibilità dell’intero finanziamento,

– l’articolo 4 dell’Accordo del 30 gennaio 2012 prevede che “i lavori saranno eseguiti per fasi funzionali”, che vietano qualsiasi finanziamento mediante l’uso della legge italiana nota come “lotti costruttivi non funzionali”.

L’articolo 18 dell’Accordo del Accordo del 30 gennaio 2012 esige una certificazione dei costi da parte di “un soggetto terzo esterno”. TELT ha deciso di affidare l’incarico alla società TRACTEBEL che è un subappaltatore storico di LTF che ha lavorato al progetto fin dal 2002!

Questa società non è quindi un soggetto terzo esterno e TELT viola l’articolo 18 dell’Accordo del 30 gennaio 2012 e gli appalti lanciati finora sono ILLEGALI.

L’articolo 17 dellAccordo del 30 gennaio 2012 e il relativo Allegato 2 prevede il finanziamento del progetto con il ricorso a capitali privati. La mancanza di un’identificazione precisa dei partner privati e le modalità dei loro contributi per il finanziamento del progetto non tiene conto, da un lato, della norma e del principio di finanziamento espresso due Governi e in secondo luogo il principio della disponibilità preliminare del finanziamento stabilito dall’articolo 16 dell’accordo del 30 gennaio 2012.

Il signor Hubert du Mesnil, presidente di TELT è anche Presidente dell’Institut de la Gestion Déléguée (fondazione-lobby costituita per curare gli interessi dei grandi appaltatori pubblici) eletto in questo incarico da società che ricevono appalti aggiudicati dalla società TELT di cui è anche presidente, questo duplice ruolo viola tutte le regole per la prevenzione dei conflitti di interesse, assunzione illecita di interessi, corruzione o traffico di influenze sia a livello nazionale sia a livello europeo.

L’Antitrust ha accertato il conflitto di interessi nella nomina del signor Mario Virano, ex Presidente dell’Osservatorio sul Tav e Commissario del governo, a Direttore generale di TELT, la società incaricata di costruire e gestire il tunnel della futura Torino-Lione.

Virano ha fatto ricorso al TAR che finora non si è espresso, ma nessun Governo l’ha rimosso. Permane la questione della validità degli atti sottoscritti in questo lasso di tempo da Virano, a partire dagli accordi europei e transnazionali: a rigore di diritto potrebbero essere dichiarati nulli.

L’illegalità impunita continua, fino a quando?