Le ragioni della rabbia

Negli ultimi giorni ho letto, o ascoltato, decine di considerazioni che stigmatizzavano la rinnovata ‘cattiveria’ degli italiani, il loro ‘eterno fascismo’ oppure la loro stupidità, la stupidità di chi si fa dettare le opinioni politiche dalla paura. Non dunque critiche ai comportamenti, ma giudizi sulla sostanza (verrebbe quasi da dire sulla ‘razza’…): gli italiani sarebbero cattivi, o intrinsecamente fascisti, o stupidamente paurosi. Questa sarebbe la ragione per cui danno retta alle peggiori salvinate. Questa diagnosi, nella sua forma e nei suoi contenuti riesce ad essere al tempo stesso perdente, sciocca e controproducente. Che sia perdente non ha bisogno di molte argomentazioni. L’ultimo sondaggio dice che le posizioni di Salvini su immigrazione e rom sono apprezzate dal 72% della popolazione, inclusa circa la metà dell’elettorato PD. Che sia sciocca, merita invece qualche notazione in più. Per comprenderne appieno l’irritante sciocchezza bisogna seguire 3 passaggi.

In primo luogo è necessario ricordare che le situazioni che Salvini affronta a colpi di urticanti provocazioni rappresentano comunque problemi reali. L’esistenza di una subcultura ‘nomade’ concentrata in campi alla periferia di molti centri urbani ha creato e continua a creare significative tensioni in termini di convivenza. Questo non ha niente a che fare col razzismo, ma ha molto a che fare con una tradizione culturale endogamica che tende a considerare i ‘gadji’ (non-nomadi) dei balenghi da sfruttare e che alimenta, di conseguenza, varie forme di illegalità, dalla microcriminalità degli scippi in Metro, alla macrocriminalità dei clan Casamonica e Spada.
Similmente, tensioni si sono create e continuano a crearsi in dipendenza dalla disponibilità dei migranti (clandestini in particolare) per lavori legali o illegali di varia natura: se legali come concorrenza al massimo ribasso, se illegali spesso come manodopera criminale (in alcuni casi non più mera manodopera). Naturalmente, e va sottolineato visto il sovraccarico di odio e malafede che circola in rete, tutto ciò non ha niente a che fare con questioni di etnia o razza. Si tratta di problemi di carattere sociologico, peraltro piuttosto noti e serenamente ammessi, quando si riesce a parlarne evitando la tenzone politica. (Chi però vuole sostenere che si tratta di mere illusioni, falsità o maldicenze è invitato a informarsi meglio.) Una volta tenuto fermo che i problemi in questione non sono finzioni, bisogna capire che l’apprensione, la paura e la rabbia nei confronti di possibili danni tende a crescere quanto minore è la sicurezza (economica e lavorativa) delle possibili vittime.
Le persone meno abbienti e quelle che temono di cadere in povertà sono maggiormente suscettibili al timore di piccoli furti, aggressioni, effrazioni, danneggiamenti; e negli ultimi dieci anni la platea di questi soggetti si è ampliata enormemente. Va inoltre sottolineato che i gruppi che suscitano apprensione sono facilmente identificabili e ciò gioca sempre un ruolo determinante nel permettere ai timori di incarnarsi in modo mirato (il ladro italiano che abita nel tuo condominio, o il colletto bianco che ti imbroglia in banca, sono non meno, e forse più, dannosi, ma non sono esteriormente identificabili). L’unica strategia di risposta equilibrata, capace di disinnescare la rabbia e di restituire fiducia nello Stato sarebbe (sarebbe stata) ammettere il problema, cercando di affrontarlo con decisione, senza prestare il fianco né al razzismo né ai processi collettivi, e senza considerare le persone in oggetto né capri espiatori, né povere vittime, agendo con umanità e fermezza nei limiti del rispetto delle leggi e della Costituzione.
Sciaguratamente una parte cospicua della sedicente intellighentsia italiana, forse perché ha avuto sempre il pane facile, forse perché non si è mai sentita minacciata, forse semplicemente perché vive in un pallone aerostatico, tende a riservare le proprie scorte di compassione tutte a chi si presenta come un ‘Altro’ da manuale, meglio se esotico. Nascono così gli improvvidi giudizi di cui sopra: bisogna essere cattivi dentro, o geneticamente fascisti, o semplicemente stupidi per non voler cedere compassionevolmente un po’ del proprio privilegio e della propria sicurezza, no? In questi casi aiuterebbe forse comprendere come a parte i ‘poveri’ in senso stretto, una parte vastissima della popolazione riesce a tenere la testa sopra la linea di galleggiamento solo al costo di tantissima fatica, tanto logoramento, rischi, stress, malattie professionali, ecc. Ricordare che il pane è facile solo per esigue minoranze aiuterebbe ad adottare atteggiamenti meno supponenti e a comprendere un po’ meglio le diffuse ragioni della rabbia. Invece i riflessi condizionati e lo scandalo facile di una parte dell’intellighentsia, mediaticamente sovrarappresentata, tende a creare un muro, un muro in cui semplicemente da una parte starebbe l’umanità e dall’altra l’incomprensibile abiezione. Arriviamo così al lato controproduttivo di questo atteggiamento, che ottiene come unico risultato quello di spingere milioni di persone normali, magari non culturalmente raffinate, ma di buon senso, nelle braccia di demagoghi ed estremisti, gente che tra i tanti difetti ha però almeno il pregio di mettersi non solo nelle scarpe dell’Altro, ma anche del Prossimo.
di Andrea Zhok – 27/06/2018 Fonte: Appello al Popolo
Le ragioni della rabbiaultima modifica: 2018-07-27T20:54:44+02:00da davi-luciano
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