Attentato alla Costituzione

Nella foto insieme al d…..a siedono “quelli qualificati con le credenziali giuste”, tipo la Fedeli, la Boldrini etc etc

Diciamolo forte e chiaro: Mattarella con il veto su Savona sta violando gravemente la Costituzione. La sua presa di posizione, oltre ad essere pericolosamente antidemocratica, è illiberale e inaccettabile.
di Savino Balzano – 27 maggio 2018
 
Senza troppi giri di parole, entriamo subito nel merito di quanto sta accadendo in questi giorni. Si registra un atteggiamento particolarmente attivo da parte del Presidente della Repubblica e si percepisce la volontà di questi a voler risultare politicamente determinante rispetto all’orientamento e alle scelte del prossimo esecutivo. In effetti, per correttezza, a parte qualche esternazione sul metodo, Mattarella non ha mai espresso palesemente veti rispetto a questo o a quell’altro nome, eppure il suo atteggiamento viene interpretato proprio in quel senso e gli stessi comportamenti dei leader politici interessati forniscono la medesima chiave di lettura: Salvini si è definito arrabbiato sui social e Di Maio ha supportato tale stato d’animo. Pare chiaro che la frustrazione sia rivolta all’inquilino del colle. Ora, il punto è tutto qui e il profilo che se ne vuole analizzare è più giuridico che politico: dal nostro punto di vista il Presidente della Repubblica sta violando gravemente la Costituzione.
 Sergio Mattarella pronuncia il discorso di insediamento dinanzi al Parlamento
Sergio Mattarella pronuncia il discorso di insediamento dinanzi al Parlamento
Il Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art.92 della Costituzione, nomina il Presidente del Consiglio e, su suggerimento di questi, i Ministri. Già dall’analisi letterale della disposizione emerge fortissimamente il ruolo politico del Presidente del Consiglio dei Ministri, che è colui il quale qualifica politicamente la scelta del Ministro. Questo emerge già attenendosi alla mera analisi del testo costituzionale. L’analisi letterale, tuttavia, non è assolutamente sufficiente ad estrarre la norma dal testo. Infatti, è la stessa legge (art.12 delle Preleggi del Codice Civile) a dirci che il testo deve essere interpretato con metodo c.d. sistematico. L’interpretazione deve essere orientata tenuto conto della volontà del legislatore, dei principi generali dell’Ordinamento giuridico e, quindi, della Costituzione. Il riferimento alla Costituzione è stato integrato dalla giurisprudenza, essendo il Codice Civile stato emanato prima della stesura della legge fondamentale dello Stato.
Ora, come abbiamo detto, a voler interpretare sistematicamente l’art.92 della Costituzione, non si può prescindere dal contesto nel quale è posto, ossia la stessa Costituzione. Ebbene, essa nel tracciare i pesi e contrappesi tra i poteri dello Stato, attribuisce al Parlamento, e agli equilibri delle forze in esso presenti, il compito di determinare la politica del paese. L’Italia è una Repubblica Parlamentare, non una Repubblica Presidenziale (come, ad esempio, la Francia). Pertanto i poteri propri del nostro Capo dello Stato non possono essere interpretati in chiave di determinazione politica.
È allora c’è da interrogarsi su come mai egli disponga fattivamente di tale potere. Prima di tutto precisiamo che la Costituzione è stata redatta in un periodo storico ben preciso: fino a pochi mesi prima dell’inizio dei lavori della Costituente il nostro paese era stato una Monarchia. Nella stessa Assemblea Costituente era presente una componente monarchica (palesemente tale e non) particolarmente affascinata dalla centralità del Capo dello Stato. Lo Statuto Albertino, art.6, prevedeva che fosse il Capo dello Stato (in quanto titolare del potere esecutivo) a nominare i Ministri. Ovviamente la nostra è una Costituzione repubblicana e parlamentare pertanto tale potere è riservato al Presidente della Repubblica con una ratio del tutto differente. Il criterio unico, infatti, che deve guidare il Presidente della Repubblica nell’esercizio di questa sua funzione (che non è politica: la parte politica è riservata al Presidente del Consiglio) è quello indicato dall’art.54 della Costituzione stessa, secondo cui i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono osservare disciplina, essere provvisti di onore e prestare giuramento laddove previsto dalla legge (come nel caso dei Ministri).
 
Pertanto, è massimamente evidente come Mattarella stia andando ben oltre le sue prerogative: l’orientamento politico del paese non può che discendere dall’azione del potere esecutivo, di cui il nostro Capo dello Stato è costituzionalmente sprovvisto, limitato dalla necessaria fiducia parlamentare. Inoltre si osservi un ulteriore particolare: a riprova del fatto che la Costituzione non riservi al Presidente della Repubblica poteri di determinazione politica sull’esecutivo, v’è che non gli venga in alcun modo riconosciuta la possibilità di dimettere un Ministro, nonostante egli stesso lo abbia nominato. Il motivo è chiaro: gli viene escluso un potere impeditivo dal momento che la nomina del Ministro è da misurare in relazione alle sue qualità umane e alla compatibilità di esse alla Costituzione. Se al Presidente fosse riservata la possibilità di una valutazione politica sul Ministro, allora gli verrebbe riservato anche il potere di dimetterlo in relazione ad essa. Così non è.
Qualcuno potrebbe paragonare quanto Mattarella sta facendo su Savona all’azione di Scalfaro su Previti nel ’94. È un errore clamoroso: Scalfaro non disse di no a Berlusconi per ragioni politiche. Egli riteneva fosse inopportuno scegliere Previti come guardasigilli, come Ministro della Giustizia. Il no di Scalfaro era legato a vicende personali e umane dell’uomo e non ai suoi convincimenti politici. Peraltro parliamo di un candidato le cui convinzioni politiche appaiono, ancora oggi, assolutamente irrilevanti: ci si domanda se ci sia un solo lettore in grado di riassumere il pensiero politico previtiano. Il veto su Savona operato da Mattarella, invece, è strettamente politico e, pertanto, pericolosamente antidemocratico e illiberale. Incostituzionale quindi anche sotto questo profilo, ad esempio ai sensi dell’art.3. Senza entrare nel merito delle qualità di Savona, sulle quali volutamente ci si astiene dal commentare, volendo restare nel solo solco di valutazioni costituzionali.
Persino il veto sospensivo alla promulgazione delle leggi, ai sensi dell’art.74, è solo sospensivo: se il Parlamento approva nuovamente il progetto di legge, il Presidente è tenuto a promulgare. Consentire a Mattarella di reiterare questo atteggiamento interventista è istituzionalmente pericolosissimo perché si corre il rischio di dar vita a una prassi costituzionale, se non persino ad una consuetudine costituzionale, capace di alterare sensibilmente l’assetto dei poteri dello Stato. E se più volte abbiamo considerato, senza peraltro la benché minima resipiscenza, Giorgio Napolitano come il peggior Presidente della Repubblica della storia d’Italia, c’è da dire che qui ci stiamo veramente superando: Napolitano ha approfittato di una fase di profondissima crisi finanziaria e politica nel paese per ritagliarsi un ruolo. Resta infatti da riconoscere che Mario Monti, l’uomo da lui posto a Palazzo Chigi, godesse di un ampio consenso politico in Parlamento. Qui accade qualcosa di diverso e di decisamente più grave: abbiamo un Presidente della Repubblica che cerca di resistere alle determinazioni della maggioranza parlamentare: una maggioranza peraltro ancora fresca di legittimazione popolare e scevra da operazioni trasformistiche estreme. È una roba grave: incostituzionale persino ai sensi dell’art.1 della Costituzione stessa.
E allora conviene ricostruire un attimo lo stile presidenziale di Mattarella e cercare di comprendere se i suoi attuali comportamenti siano coerenti con il suo modo solito di animare l’istituzione che rappresenta. Viene alla memoria quella esilarante imitazione che ne faceva Crozza, quando nella sua visione paradossale del personaggio, gli attribuiva come gesto di massima forza e fragore quello di sbottonarsi il primo bottone del cappotto. Questo è sempre stato Mattarella e, non dimentichiamoci, proprio per questo è stato scelto da Matteo Renzi.
Ci sono stati dei momenti in cui Mattarella avrebbe potuto dire qualcosa e non lo ha fatto e, attenzione, siamo sempre nell’ambito di un’analisi costituzionale e fin dove possibile alleggerita da giudizi politici. Partiamo dall’esempio offertoci dal 1996, quando nel maggio il Presidente Scalfaro decise di inviare al Presidente del Consiglio incaricato Prodi una lettera nella quale lamentava un uso spropositato della decretazione d’urgenza e di come questo costituisse una “usurpazione delle prerogative del Parlamento”. Fu il classico caso nel quale l’intervento del Presidente è, non solo legittimo, ma anche auspicabile perché teso a tutelare le prerogative contenute nella Costituzione, chiedendo il rispetto dell’art.77 sul decreto legge. E allora ci si domanda come mai un Presidente che oggi si dimostra tanto interventista come Mattarella non sia intervenuto mentre il Governo Renzi picconava, demoliva, squassava, dilaniava, i consolidati principi in materia di diritto del lavoro utilizzando uno strumento assolutamente improprio allo scopo come il decreto legislativo. Impossibile non chiedersi come mai un Presidente, che ora appare tanto reattivo, non sia intervenuto in tutela di quanto disposto dall’art.76 della Costituzione. L’art.76 riserva al Parlamento l’attività legislativa la quale, si legge, può essere delegata al Governo solo in relazione a oggetti, principi e tempi strettamente definiti dalla legge delega. È evidente che riformare completamente il mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali, il controllo a distanza, la conciliazione dei tempi vita/lavoro, il demansionamento, l’Ispettorato del lavoro, le politiche attive per il lavoro, con una serie infinita di decreti legislativi fosse una palese violazione dell’art.76 della Costituzione che, evidentemente, costituiva una “usurpazione delle prerogative del Parlamento”. Mattarella non disse una sola parola, adoperando la sua nota politica di astenzionismo e di appeasement.
La contraddizione però è evidente e allora, come sempre, delle due l’una: si è comportato bene la prima volta o la seconda. Entrambe non può essere. È stato fedele alla Costituzione la prima volta o la seconda (per noi non lo è stato in entrambi i casi): i comportamenti sono troppo difformi da poter essere ricongiunti alla stessa prerogativa costituzionale. Inoltre, ci si consenta una sola nota politica nel pezzo: questo ha creato un forte imbarazzo in Di Maio e Salvini e ora il nome per il tesoro non può che essere quello di Savona. Come può, infatti, un Governo definirsi del cambiamento se non riesce nemmeno a scegliersi i Ministri? Noi siamo sempre stati critici nei confronti di Di Maio, come peraltro siamo stati tra i primi a parlare del Governo tra Lega e 5 Stelle come auspicabile, ma adesso non si può davvero che difendere la volontà del futuro Governo a scegliersi con libertà la politica da adottare nel paese.
E tuttavia, a dispetto di quanto si possa pensare, noi di Intellettuale Dissidente abbiamo un cuore così e la vogliamo suggerire al Quirinale quella che potrebbe essere l’unica norma costituzionale a supporto di un’azione apparentemente tanto incostituzionale: l’art.11. Ovviamente si tratterebbe di un sostegno forzato e decisamente stirato, ma l’art.11 è l’unica stampella a consentire limitazioni della sovranità nazionale per esigenze di carattere internazionale. Però che lo si dica, che lo si ammetta: se Mattarella prova a limitare la nostra sovranità nazionale per esigenze internazionali lo deve dire al paese con chiarezza e onestà. Detto questo, e davvero concludiamo restando sempre nel tracciato della Costituzione, vogliamo ricordare quanto previsto dall’art.90: anche l’operato del Presidente della Repubblica infatti può essere messo al vaglio del Parlamento che, qualora riscontri in esso un attentato alla Costituzione, quale a nostro avviso potrebbe essere lo stravolgimento delle prerogative delle massime istituzioni dello Stato, una pressione comportante lo sbilanciamento complessivo dei pesi e contrappesi tra esse, una spallata ai principi tipici di una democrazia parlamentare, ha sempre la possibilità di metterlo in stato di accusa.

SALVINI E DI MAIO DURISSIMI CONTRO MATTARELLA: L’ULTIMATUM È CATEGORICO

LA COLPA DI PAOLO SAVONA, essere fedele agli italiani invece che ripudiare la costituzione

Governo entro 24 ore o si torna al voto: l’ultimatum di Lega e M5S a Mattarella
Salvini e Di Maio non accettano ulteriori veti da Mattarella: o si dà il via al governo o si torni al voto. Il nodo è sempre sul nome di Paolo Savona all’Economia: oggi Conte atteso al Quirinale per sciogliere le riserve del Capo dello Stato
mattarella
salvini di maio
paolo savona
La storia infinita, forse ancora per poco: si potrebbe riassumere così lo stallo formatosi attorno al nuovo esecutivo congiunto di Lega e 5 Stelle: c’è il Premier Giuseppe Conte, non c’è l’accordo sui ministri che con lui dovranno rendere operativo il nuovo governo. Si tratta, si depennano nomi, si perde ancora tempo. La frustrazione, a quasi tre mesi dal voto, è ormai insostenibile e Salvini e Di Maio avvertono Mattarella: o ci sarà il via libera per l’esecutivo Conte o l’Italia sarà costretta a tornare alle urne il prossimo autunno.
 
Salvini e Di Maio avvertono Mattarella
 
Ancora 24 ore, poi forse si chiuderà anche l’ultimo spiraglio per dar vita a un nuovo governo: Movimento 5 Stelle e Lega, dopo mesi di trattative, malumori e vicoli ciechi, sembrano aver perso ogni residuo di pazienza e avvertono Mattarella che se i veti sulla squadra di governo non si ammorbidiranno sarà inevitabile tornare al voto. Dopo aver scritto su Facebook di essere molto arrabbiato, Salvini non ha usato mezzi termini per chiarire le sue intenzioni entro brevissimo periodo: “O il governo parte nelle prossime ore e si inizia a lavorare o tanto vale tornare a votare e prendere la maggioranza assoluta, ha spiegato dalla festa della Lega a Martinengo, in provincia di Bergamo.
 
Secondo Salvini, i ministri che andrebbero a formare l’esecutivo Conte sono i migliori possibili per compiere il cambiamento tanto auspicato dal Carroccio. “Spero che nessuno metta i bastoni fra le ruote o dica dei no“, conclude Salvini. Sulla stessa lunghezza d’onda le dichiarazioni di Luigi Di Maio, anch’egli stanco di aver la strada sbarrata. Dal palco di Terni, a sostegno del candidato sindaco del capoluogo di provincia umbro, spiega che si è già perso tanto, troppo tempo: “O si chiude entro 24 ore e siamo messi nelle condizioni di poter cominciare a lavorare o lasciamo perdere“.
 
24 ore per non far saltare tutto: bagarre su Savona
 
Il nome della discordia rimane sempre quello di Paolo Savona, nome indicato per il ministero dell’Economia che fa storcere il naso Mattarella per la sua professata intolleranza alle cause europeiste. “Fare gli interessi degli italiani non è una colpa. Ci dicono: ‘no quello non può fare il ministro perché ha detto prima vengono gli italiani, poi le regole europee. Quello non può fare il ministro perché vuole che l’Europa cambi, perché vuole cambiare i Trattati o perché si è permesso di dire che l’euro è una moneta che ha aiutato solo l’economia tedesca“, incalza Salvini, che insieme al suo partito e ai 5 Stelle ritiene che Savona sia il nome giusto con cui andare avanti.
 
Insomma, se Mattarella continuerà a opporsi, Lega e 5 Stelle sono pronti a far cadere tutto. Secondo AdnKronos, Di Maio avrebbe spinto i propri compagni di partiti a cercare approvazione pubblica da parte di figure importanti dell’economia per Savona, per metterlo sempre più in buona luce agli occhi del capo dello Stato. Mattarella lo aveva annunciato nelle scorse settimane: se i due leader coalizzati pensavano di poter fare e disfare senza di lui si erano sbagliati di grosso: intanto domenica 27 è atteso al Colle proprio Conte, spettatore impotente di fronte al fuoco incrociato tra Quirinale, Salvini e Di Maio. Nella bagarre nelle ultime ore è intervenuto anche Alessandro Di Battista, anche lui contrario al muro eretto da Mattarella e, come annunciato a Le Parole della Settimana, già pronto a scendere in campo se si dovesse tornare al voto: che possa essere il jolly del Movimento 5 Stelle in caso di una nuova tornata elettorale? Staremo a vedere.
Di Gabriele Sebastiani 27 maggio 2018 – 10:22

Francia, marea popolare anti-Macron: 250mila in piazza in 80 città (video)

PENSA agli affari tuoi ed al bene dei francesi invece di impicciarti dei nostri. Eccolo il “democratico” GRADITO ALLE ELITES

Almeno ancora i francesi possono contare su sindacati degni di questo ruolo a differenza nostra
Francia, marea popolare anti-Macron: 250mila in piazza in 80 città (video)
Sono 250mila le persone scese in piazza in tutta la Francia oggi per manifestare contro le politiche di Emmanuel Macron. Lo ha reso noto la Cgt, la confederazione sindacale francese, secondo la quale a Parigi stanno manifestando 80mila persone. Molto più ridotte le cifre fornite dalla prefettura di Parigi che parla di 21mila manifestanti. Inoltre la prefettura ha reso noto che sono state fermate 35 persone, la vetrina di una compagnia di assicurazioni è stata spaccata ed un poliziotto è rimasto lievemente ferito dal lancio di un oggetto. È partito verso le 14,30 dalla gare dell’Est il corteo parigino della “marea popolare”, la mobilitazione indetta per questo pomeriggio in ottanta città francesi da 60 sigle sindacali, politiche e di associazioni della sinistra radicale contro le politiche di Macron. Secondo quanto riporta il sito di Le Figaro si sono già registrate alcune tensioni tra i dimostranti ed e la polizia. E la prefettura di Parigi ha reso noto che una ventina di persone sono state fermate a seguito di controlli prima ancora della partenza del corteo. Sono in tutto ottanta le manifestazioni contro la politica del presidente francese, annunciate per questo pomeriggio in tutta la Francia. Sarà una “marea popolare” annunciano gli organizzatori della protesta, che riunisce oltre 60 sigle sindacali, politiche e di associazioni della sinistra radicale. La prefettura ha varato un severo dispositivo di sicurezza. Principale novità della protesta, rispetto al marcia per “fare la festa a Macron” organizzata il 5 maggio dal deputato di France Insoumise Francois Ruffin, è la presenza dei sindacati, in prima fila la Cgt. Il nascente movimento, notano i giornali francesi, è segnato dalla rivalità personale fra le due figure più in vista, il capo della Cgt Philippe Martinez e il leader di France Insoumise Jean Luc Melenchon. Per il momento i due marceranno divisi, il primo a Parigi e il secondo a Marsiglia, città di cui è deputato.
di Redazione  sabato 26 maggio 2018 

L’italia è un paese commissariato!

Marco Cedolin
Se esiste un qualcosa di positivo in questi tre mesi di tira e molla post elettorali, iniziato ai primi di marzo e conclusosi stasera quando Giuseppe Conte non ha potuto fare altro che arrendersi di fronte a Mattarella e rimettere il mandato che lui stesso gli aveva conferito ad obtorto collo, è il fatto che finalmente i grandi poteri che da decenni gestiscono la nazione sono stati costretti a gettare la maschera, mostrando per forza di cose a tutti (Anche ai più imbecilli) la mera realtà….
L’Italia è un Paese commissariato, che non ha più alcuna autonomia politica e il cui destino ineluttabile è quello di essere eterodiretto da Bruxelles e soci, a prescindere da quale sia il risultato della farsa elettorale.
L’infinita diatriba sulla figura del futuribile ministro Savona è solamente una foglia di fico troppo piccola perché possa nascondere la realtà. Probabilmente si tornerà a votare, ma sarà un esercizio totalmente inutile, dal momento che si dovrà continuare a farlo fino al momento in cui dalle urne non uscirà il risultato gradito a Bruxelles, ai mercati, alle banche ed ai poteri ad esso collegati.
Il futuribile governo M5S-Lega non è caduto dopo qualche mese, perché debole nei numeri o fiaccato dalle contraddizioni interne. È stato abortito prima che nascesse, perché sgradito all’elitè sovranazionale che per bocca di Mattarella ha decretato “Questo matrimonio non s’ha da fare”. Nonostante raccogliesse la maggioranza dei voti degli italiani e Di Maio e Salvini fossero riusciti a fare sintesi fra loro, producendo un accordo di 60 pagine estremamente accurato e che sicuramente non può essere tacciato come sovversivo.
Se il popolo, ammesso che in Italia esista ancora un popolo, non farà sentire la sua voce prendendo in mano il proprio destino, le prossime elezioni saranno ancora più inutili di quanto non lo siano state queste. Il Re è nudo è non bisogna sforzarsi troppo per capirlo.
domenica 27 maggio 2018

IL TERRORE DI RE MATTARELLA SERVO DELL’EUROPA SANNO CHE CON SAVONA MINISTRO SAREBBE UNA RIVOLUZIONE QUELLA PER IL BENESSERE DEL POPOLO ITALIANO

maggio 25, 2018
Il professor Paolo Becchi lo ha detto chiaro e tondo: “Paolo Savona è la nostra linea del Piave. Con lui nella squadra di governo la rivoluzione sovranista può iniziare”. La poltrona del Ministero dell’Economia è la chiave di volta di tutta la squadra del possibile premier Giuseppe Conte, e lo sanno sia Luigi Di Maio sia Matteo Salvini. Non a caso, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha nascosto la propria irritazione per gli “inammissibili diktat” dei partiti sui nomi dei ministri.
Le fonti quirinalizie ovviamente non citano Savona, ma il messaggio è chiaro. D’altronde, ha spiegato Becchi ospite di Stasera Italia su Rete4, “chi parla di estrema destra al governo non ha capito un tubo! Destra e sinistra non esistono più: la sfida è tra sovranisti e mondialisti“. L’editorialista di Libero non nasconde le sue speranze su Conte: “Sarà l’avvocato difensore del popolo italiano nei confronti dello spread, di Bruxelles e di tutti i poteri ostili all’Italia”.

Paolo Savona e Sergio Mattarella: il “golpettino” contro Conte

articolo ANTE GOLPE, assurdo eh Mattarella, un economista al Ministero dell’Economia…..

Al Colle cercano fino all’ultimo di bloccare Paolo Savona. Fatto il Comandante, bisogna ora fare i Colonnelli. I tre tasselli più importanti dell’esecutivo sono quelli dell’Economia, degli Interni e del Lavoro. Tre ministri che devono dare la necessaria veste politica ad un governo che voglia realizzare il contenuto ambizioso del “contratto di governo” e che voglia veramente presentarsi come esecutivo politico.
I due leader di partito, Salvini e Di Maio, dovrebbero andare rispettivamente agli Interni e al Lavoro, con accorpamento a quest’ultimo del dicastero dello Sviluppo economico, soluzione che ci sembra ragionevole vista le difficoltà in cui versano – ormai da diversi anni – i settori produttivi del Paese e la forte connotazione politica della persona che ne sarebbe a capo. All’Economia, invece, il patto giallo-verde prevede l’indicazione del prof. Paolo Savona. Mentre il Presidente del Consiglio incaricato stava ricevendo ieri i gruppi parlamentari a Montecitorio per il suo giro di consultazioni verso la formazione del nuovo governo, Salvini “blindava” la proposta della la nomina di Paolo Savona al Ministero dell’Economia, blindatura confermata ufficialmente anche per bocca di Di Maio. E fin qui tutto lecito, tutto legittimo.
L’indicazione di Savona incontrerebbe però l’opposizione da parte del Colle per via della posizione euroscettica del professore, indiscrezione confermata da un intervento a gamba tesa del Quirinale avvenuto nel pomeriggio di ieri, una iniziativa atipica con la quale il Capo dello Stato ha puntualizzato che non ci sono presunti veti bensì diktat nei confronti del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica nell’esercizio delle funzioni che la Costituzione attribuisce a entrambi. La preoccupazione del Colle – si legge dal comunicato diramato dall’Ansa nel pomeriggio di ieri – è che si stia cercando di limitare l’autonomia del Presidente del Consiglio incaricato e, di conseguenza, del Presidente della Repubblica nell’esercizio delle loro prerogative.
Questo intervento del Quirinale è inaccettabile, per due motivi. Il primo è che il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, non ha mai denunciato alcuna pressione né tanto meno diktat nei suoi confronti, il secondo è che i nomi dei ministri li sceglie il Presidente del Consiglio di concerto coi gruppi parlamentari che poi gli dovranno votare la fiducia in Parlamento, sottoponendo al Capo dello Stato la lista dei ministri per la nomina, esattamente come recita l’art. 92 della Costituzione.
La questione sarebbe presto risolta se si leggesse la Costituzione. Il Presidente del Consiglio si assume tutta la responsabilità politica del Governo di fronte alle Camere, alle quali chiede il voto di fiducia esattamente come recita l’art. 94. Per quale strano motivo il Presidente del Consiglio dovrebbe assumersi la responsabilità politica di un governo da lui presieduto, che non sia composto da ministri indicatigli dai gruppi parlamentari che dovranno votargli la fiducia? Per quale motivo il Presidente del Consiglio dovrebbe chiedere la fiducia alle Camere per un governo sul quale ha posto il cappello il Capo dello Stato? Capo dello Stato che, secondo quanto previsto dall’art. 90 della Costituzione, è estraneo al rapporto di fiducia Camere-Governo per via del fatto che non è responsabile di nessuno degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni.
La Terza Repubblica fa fatica a nascere per il tentativo della Seconda di conservare le posizioni di potere. E in questo gioco al massacro il Colle non è neutrale – come dovrebbe invece essere – ma parte in causa, mettendo il bastone tra le ruote ai partiti che hanno vinto le elezioni e che hanno il diritto – oltre che la responsabilità – di dare risposte concrete al Paese. E per dare risposte ai cittadini è diritto/dovere di chi ha la maggioranza in Parlamento di esprimere sia la figura del Presidente del Consiglio che quella dei ministri. La nomina dei ministri di cui all’art. 92 della Costituzione, prerogativa del Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consiglio, è un atto formale col quale il Presidente della Repubblica effettua un controllo di forma e non di sostanza. Mattarella sta facendo di tutto per evitare elementi di euroscetticismo all’interno del nuovo Governo.
Pur tra mille resistenze Mattarella ha accettato Conte, ma ora intende intervenire sulla lista dei ministri, ed in particolare su Savona. Ma se salta Savona, Salvini ne esce sconfitto. Il leader della Lega non può pertanto rinunciare a quel nome, quindi assisteremo ad un vero e proprio braccio di ferro, tanto più che la linea politica del Governo la scelgono i partiti che votano la fiducia all’esecutivo e non il Capo dello Stato. Questo Governo si regge su uno scambio politico tra il nome del Presidente del Consiglio e il nome del Ministro dell’Economia. O passano entrambi o Conte dovrà rinunciare all’incarico, che tra l’altro ha accettato con riserva. La nostra è ancora una Repubblica parlamentare. Per quella presidenziale il Presidente dovrà prima farsi eleggere dal popolo.

Governo M5s-Lega, diretta – Conte ha rimesso il mandato. Mattarella: “Non ho ostacolato il governo, l’ho agevolato”. Convocato Cottarelli per l’incarico da premier

il P. tradisce la Costituzione ed avrebbe agevolato il GOVERNO????!!! ORA VOGLIO VEDERE LE AGENDINE ROSSE MARCIARE IN PIAZZA

despota
di F. Q. | 27 maggio 2018
Il governo sostenuto da M5s e Lega non ci sarà. Il presidente incaricato Giuseppe Conte ha rimesso l’incarico al capo dello Stato Sergio Mattarella. Il motivo è l’indicazione come ministro dell’Economia di Paolo Savona. Il presidente della Repubblica, prima di ricevere Conte, ha ricevuto i leader del M5s e della Lega, Luigi Di Maio e Matteo Salvini per chiedere se ci fossero margini di modificare l’indicazione di Savona, ma entrambi i partiti sono rimasti sulla loro posizione. “Non ho ostacolo il governo, ma l’ho agevolato” ha spiegato il capo dello Stato. Ma con un sostenitore dell’uscita dall’euro come ministro, ha spiegato, si dà un messaggio che mette a rischio i risparmi degli italiani.
Mattarella: “Nessuno può dirmi che ho ostacolato governo”
CRONACA ORA PER ORA
21.32 – Renzi: “Salvini non voleva governare. Savona solo alibi”
“Salvini non voleva governare: ha fatto promesse irrealizzabili, ha paura delle sue bugie, altro che flat tax e Fornero. E quindi ha usato l’alibi di un ministro per far saltare tutto: vecchio stile leghista. Ma minacciare #Mattarella è indegno. Sulle Istituzioni non si scherza”. Lo scrive su twitter l’ex premier e segretario del Pd, Matteo Renzi.
21.09 – Grillo twitta: “Shhh”
“Shhh”. E’ il post su twitter di Beppe Grillo che viene accompagnato dal trailer del film horror “a quiet place” in cui alcune scene sono inframezzate da scritte come “move carefully and never make a sound” (muoviti con attenzione e non fare nemmeno un rumore”).
21.08 – Di Battista: “Tra poco in piazza a Fiumicino con Di Maio”
“Sono con Luigi. Tra poco saremo in piazza a Fiumicino. Coraggio, sono ultimi colpi di coda di ‘animali’ politici morenti!”. Lo scrive il 5 Stelle Alessandro Di Battista su Fb.
21.07 – DOMANI COTTARELLI AL QUIRINALE PER L’INCARICO DA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato per domani mattina al Quirinale Carlo Cottarelli.
21.07 – Sibilia: “Impeachment strada obbligata”
“Non esiste mandare nel caos il Paese per fini ideologici. Credo sia arrivato il momento per #impeachment a #Mattarella. È una strada obbligata e coerente”. Lo sostiene su twitter il deputato del Movimento 5 Stelle Carlo Sibilia.
20.59 – No comment del Quirinale sullo stato d’accusa
 
Nessun commento viene dal Quirinale sulle ipotesi avanzate da alcune forze politiche di ricorrere nei confronti di Mattarella con uno stato di Accusa, ovvero con l’impeachment.
 
20.40 – Conte lascia il Quirinale da ingresso secondario
 
Il professor Giuseppe Conte ha lasciato il Quirinale, dopo aver rimesso il mandato nelle mani di Mattarella, da un ingresso secondario – a via della Dataria. Questa volta Conte ha utilizzato un’auto di servizio non ricorrendo al taxi con cui si è mosso in questi giorni per Roma.
 
20.39 – Ansa: “Vertici M5s ragionano sull’impeachment”
 
I vertici del M5s, a quanto apprende l’Ansa, stanno ragionando sull’impeachment nei confronti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel Movimento si fa riferimento all’articolo 90 della Costituzione secondo il quale “il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”. Il Fatto.it ha cercato di verificare queste notizie, ma non sono arrivate conferme.
 
20.36 – Martina: “Mattarella difende il Paese, Lega e M5s lo hanno portato a una crisi senza precedenti”
 
“Il Presidente della Repubblica ha difeso il Paese, la Costituzione, l’interesse nazionale. È il garante degli italiani. Per 80 giorni Lega e Cinque Stelle hanno invece portato in modo irresponsabile l’Italia sull’orlo di una crisi senza precedenti”. Lo scrive su Twitter il segretario reggente del Pd Maurizio Martina.
 
20.36 – Meloni: “Veto Mattarella? Chiediamo stato d’accusa”
“Si dice che il Presidente della Repubblica abbia messo il veto sulla nomina di Paolo Savona a Ministro dell’Economia, se questa notizia fosse confermata avrebbe dell’incredibile. E se questo veto fosse confermato sarebbe drammaticamente evidente che il Presidente Mattarella è troppo influenzato dagli interessi delle nazioni straniere e dunque Fdi nel caso in cui questo veto impedisca la formazione del CONTINUA QUI LA CRONACA DEL COLPO DI STATO

Ditelo chiaro: non volete questo governo

 

Ci si può girare intorno quanto si vuole ma se da più di settanta giorni siamo in questa situazione di stallo è perché, con i pretesti più vari, non si vuole che i Cinque Stelle, “los grillinos” come li chiamano in Spagna, vadano al governo. Non si vuole cioè rispettare la volontà di 11 milioni e mezzo di cittadini cui si aggiungono 5 milioni e passa di elettori della Lega, in totale più di 17 milioni di persone. Non si vuole cioè rispettare la tanto e sempre strombazzata Democrazia.
 
Contro i Cinque Stelle sono tutti coloro che finora sono stati ben incistati nel sistema, partiti, poteri economici, ricchi, intellettuali, giornalisti. Fra chi cerca di mettere i bastoni fra le ruote il più importante, per il ruolo che ricopre, non certo per la sua autorevolezza, è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quale, scoprendo improvvisamente d’esser Luigi Einaudi, si arroga diritti che non ha, come quello di nominare di fatto i ministri o di escludere da questo ruolo le persone che non gli garbano. Purtroppo per Mattarella noi non siamo una Repubblica presidenziale ma parlamentare. Ed è il Parlamento, e solo il Parlamento, che può sfiduciare i ministri, in pectore o già in carica, o dar loro credito.
Matteo Salvini ha detto, a mio parere giustamente, che quello che è in atto oggi non è uno scontro fra destra e sinistra, categorie che dopo due secoli e mezzo di vita sono divenute obsolete, ma fra popolo ed élites (è lo stesso scontro che c’è in America fra Donald Trump, comunque lo si voglia giudicare, e i suoi avversari).
Alla trasmissione radiofonica Tutta la città ne parla il giornalista di Repubblica Paolo Griseri obbiettava che le élites sono sempre esistite e sempre esisteranno. E’ vero, ma bisogna vedere a favore di chi queste élites governano od operano. Possono operare a favore della cittadinanza o invece a favore di se stesse e dei propri amici come in Italia è avvenuto perlomeno negli ultimi trent’anni. La questione non è nuova. Il mitizzato Ottaviano Augusto governò “in nome del popolo” ma a favore delle élites senatoriali, latifondiste e nullafacenti. L’imperatore Nerone, maledetto e dannato in saecula saeculorum, che pur di quelle élites faceva parte al più alto livello, governò invece in favore della plebe e di quelli che oggi chiameremmo i ‘ceti emergenti’, cioè produttivi e contro l’aristocrazia parassitaria. E per questo alla fine fu costretto al suicidio.
La storia si ripete incessantemente, c’è sempre qualcuno che si illude di scardinare un sistema prevaricatore: o fa una brutta fine o, arrivato al potere, diventa a sua volta prevaricatore (è stato il destino di molte Rivoluzioni, a cominciare da quella russa) o, ed è la cosa più subdola, i vecchi poteri, specialisti nel trasformismo, “fingono di cambiare perché nulla cambi”.
Scendendo molto di categoria uno di questi potrebbe essere il destino dei Cinque Stelle. Speriamo di no, perché sognare non è ancora proibito, almeno ufficialmente.
Ma scendiamo ancora di più, nell’infimo e nel ridicolo. Ieri Libero, diretto da Vittorio Feltri, titolava “Un laureato così non lo merita neppure l’Italia”. Naturalmente l’editoriale dello stesso Feltri era tutto un fare le pulci al candidato premier che lui, speranzosamente, chiama già ex, Giuseppe Conte. Da quale “vergine dai candidi manti” vien la predica. Il libertario Feltri è stato sospeso per sei mesi dall’Ordine dei giornalisti per aver pubblicato sul suo giornale articoli in cui si definiva il direttore dell’AvvenireDino Boffo un “noto omosessuale attenzionato dalla polizia”. Già l’accusa rivolta a Boffo era di un moralismo ributtante e da vecchia zia –essere omosessuali non è una colpa- ma per soprammercato era anche falsa. Però a Boffo costò la carriera. “Un giornalista così non lo merita neppure l’Italia”.
di Massimo Fini – 24/05/2018

PROCHE-ORIENT. LE PARTI DE LA GUERRE AMERICANO-ISRAELIEN (II) : COMMENT LA PRESSE DE TEL-AVIV EVOQUE OUVERTEMENT UNE GUERRE CONTRE L’IRAN, LA SYRIE ET LE LIBAN

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 05 25/

« Le retrait définitif des Etats-Unis de l’accord sur le nucléaire iranien est incontestablement une victoire diplomatique, politique et stratégique du Premier ministre Nétanyahou »

– CAPE (Tel-Aviv, ce 9 mai).

LM.GEOPOL - Parti de la guerre II presse israel (2018 05 25) FR 2

Dans les deux premières parties de cette analyse, qui synthétise mes positions sur la crise dite « iranienne » provoquée par Trump, j’expliquais comment un « parti de la guerre israélo-américain » a mené un combat de longue haleine depuis 2015 pour le retrait américain des Accords de Genève sur le Nucléaire civil iranien.

* Voir les Parties I et II sur :

PROCHE-ORIENT. LE PARTI DE LA GUERRE AMERICANO-ISRAELIEN (I) : COMMENT CHANGER LE REGIME EN IRAN

sur http://www.lucmichel.net/2018/05/24/luc-michels-geopolitical-daily-proche-orient-le-parti-de-la-guerre-americano-israelien-i-comment-changer-le-regime-en-iran/

# PARTIE III-

LE NOYAU DUR ORIGINEL ISRAELIEN DU « PARTI DE LA GUERRE »

Première frappe opérationnelle du F-35, par Israël ce 24 mai ! Et passage à une nouvelle phase de la guerre Israël-Iran en Syrie, selon la presse israélienne, mais aussi les autorités syriennes …

« Des missiles, probablement tirés par l’aviation israélienne, ont frappé jeudi des dépôts d’armes appartenant au mouvement libanais Hezbollah près de l’aéroport militaire de Dabaa (…) Six missiles ont été tirés contre l’aéroport militaire de Dabaa et ses environs dans le secteur ouest de la province de Homs, et ont frappé des entrepôts d’armes appartenant au Hezbollah. Les missiles auraient été tirés par Israël » (source britannique). Des sources proches de la frontières libano-syrienne ont encore indiqué à l’AFP que « des avions avaient survolé auparavant l’espace aérien libanais ». Les avions israéliens empruntent souvent, en totale violation des lois internationales, l’espace aérien libanais pour mener des raids en Syrie. L’agence officielle Sana a pour sa part indiqué que « l’aéroport militaire avait été la cible de missiles jeudi ». « Un de nos aéroports militaires a été la cible de missiles interceptés par notre défense anti-aérienne », a rapporté Sana, citant une source militaire. Selon l’agence, qui a fait état d'”explosions dans les environs de l’aéroport de Dabaa”, l’objectif de “l’agression” n’a pas été atteint.

Aucune source n’a fait état de pertes humaines dans l’immédiat.

Le Hezbollah, allié de Téhéran, combat en Syrie au côté du gouvernement de Bachar al-Assad. Ses infrastructures militaires dans le pays, ainsi que celles des forces iraniennes présentes au sol, ont déjà été frappées par des raids israéliens ces dernières semaines.

« SYRIE: LES FRAPPES ISRAÉLIENNES MARQUENT UNE NOUVELLE PHASE DANS LA GUERRE » (TIMES OF ISRAEL)

Les dernières frappes israéliennes sur le territoire syrien constituent une « nouvelle phase » dans la guerre en Syrie, a dit le ministère syrien des Affaires étrangères : « L’entité sioniste et ceux qui la soutiennent se sont impliqués de manière directe dans la confrontation. (…) Cela est un indicateur (du début) d’une nouvelle phase dans la guerre », a affirmé la diplomatie syrienne, citée par l’agence officielle Sana. « Cette attitude belliqueuse de l’entité sioniste ne fera qu’exacerber les tensions dans la région et menacer, par conséquent, la paix et la sécurité internationales », a poursuivi le ministère syrien.

RETRAIT DE TRUMP :

COMMENT LES RADICAUX ISRAELIENS SALUENT A LA FOIS LA DECISION US COMME UNE « VICTOIRE » ET « LE MERVEILLEUX TANDEM TRUMP-NETANAYUH » …

« Le retrait définitif des Etats-Unis de l’accord sur le nucléaire iranien est incontestablement une victoire diplomatique, politique et stratégique du Premier ministre Nétanyahou.

Depuis deux décennies, il alerte le monde libre contre (…) l’Iran et ses intentions d’acquérir l’arme atomique. Depuis 1996, il a mis en priorité le dossier iranien malgré toutes les critiques tous azimuts et cyniques à son égard. Il a prononcé des discours contre la conduite d’Obama et de Kerry et n’a pas hésité à leur dire les quatre vérités au sein même du Congrès américain. Il a condamné avec force la supercherie et la ruse des Iraniens et surtout le mauvais accord signé le 14 juillet 2015 à Vienne. Durant de nombreuses années, il n’a pu avoir de convergences avec Obama et Clinton, ni sur le dossier iranien et ni sur la question palestinienne », commente le CAPE israélien (1).

Plus encore, l’éditorialiste du CAPE salue ce que j’appelle moi depuis longtemps « la likoudisation » de l’administration américaine :

« Depuis un an et demi, ils forment avec le Président Trump un merveilleux tandem. Ils se parlent fréquemment, échangent des avis et coordonnent minutieusement la marche à suivre. Jamais dans l’Histoire des deux pays l’entente a été si satisfaisante sur tous les plans.

D’autant plus que le président Trump tient ses promesses contrairement à tous ses prédécesseurs.

Aujourd’hui les efforts diplomatiques portent leurs fruits ».  S’en suit un sentiment de puissance qui conduira à toutes les avantures : « Désormais, le « minuscule » Etat d’Israël se range dans le peloton des Grands de la planète. Il n’est plus isolé. On suit sa diplomatie, on admire son économie et ses inventions et on respecte son armée et ses services secrets. Nétanyahou et Rivlin seront reçus avec tous les égards à Washington, à Moscou, à Pékin, à Buenos-Aires ou à New-Delhi ».

LA VISION ISRAELIENNE DE L’EVOLUTION GEOPOLITIQUE DU MONDE : UN TRUMP GAGNANT ET UNE UNION EUROPEENNE EN ECHEC COMPLET

Plus intéressante encore, est la vision de l’évolution de la Géopolitique mondiale qui prévaut dans les milieux radicaux israélien.

Et que tout porte à croire que cette vision prévaut aussi à la Maison Blanche ou au Congrès US. Loin d’un Trump chaotique, chimérique, allant d’échecs en échecs, qui prévaut dans les médias russes, iraniens ou alternatifs, c’est la vision d’une Amérique gagnante, en route vers un « nouveau XXIe siècle américain ». Vision qui était déjà celle des géopolitologues US de ‘Stratfor’, de ‘Geopolitical Futures’

(George Friedman), ou encore des idéologues neocons du PINAC.

Parce que je n’ai pas de mépris pour l’ennemi, parce que je lis quotidiennement les think tank US et israélien, je pronostique depuis plusieurs années la tentation pour ces milieux, étroitement liés au Pentagone et au Lobby militaro-industriel US, d’un « banco géopolitique », profitant de la « fenêtre d’opportunité » ouverte aux USA par leur domination des nouveaux marchés du pétrole et du gaz (2) (qui invalide les thèses « déclinistes » – Todd et cie – sur la superpuissance US). C’est pour cela aussi que je parle de « parti de la guerre » !

* L’Amérique à nouveau « en position de force » ?

C’est la thèse du CAPE : « Le retrait américain de l’accord a brouillé toutes les cartes et a remis en ordre une nouvelle stratégie mondiale.

Le lien qu’a fait le président Trump avec la Corée du Nord et ses contacts fructueux avec la Chine prouvent que l’Amérique se retrouve en position de force. Elle revient en effet à sa grandeur et à sa puissance réelle, sur le plan diplomatique, militaire et économique ».

* Une UE qui sort de l’Histoire ?

C’est ce que pronostique aussi le CAPE : « Les Européens se trouvent loin en arrière et perdent tout rôle d’influence. Trump a infligé un véritable camouflet à leur prestige et a donné un coup dur à leurs affaires commerciales. Après le choc, ils devront se réveiller et se ranger du côté américain et non choisir obstinément le camp islamiste des ayatollahs, surtout pour essayer de récupérer des contrats faramineux et éviter le risque qu’ils s’envolent en fumée. Soulignons que depuis l’accord de Vienne, la France a multiplié par trois son excédent commercial avec l’Iran. Il s’agit donc pour elle d’une affaire d’argent et non un souci sécuritaire et stratégique comme le perçoit et le souligne le gouvernement israélien. Un CAPE qui annonce l’échec de l’UE : « Les tentatives désespérées de Macron de sauvegarder l’accord seront probablement vouées à l’échec, et les cris alarmants sur les risques de guerre mondiale sont bien exagérés. Seul un nouveau traité robuste mené et orchestré par Trump en coordination avec Israël pourra écarter les intentions belliqueuses de l’Iran et sortir de la crise actuelle. »

* Comme à Washington, le « changement de régime » en ligne de mire de la guerre économique et diplomatique contre Téhéran !

Dans ce contexte, pronostique le CAPE, « le retrait américain aura aussi des conséquences certaines sur l’avenir du régime islamiste et sur la reprise de la contestation populaire. La présence iranienne en Syrie et l’avenir du dossier palestinien sont aussi liés (…) Des frappes ponctuelles contre des positions et bases iraniennes et syriennes se poursuivront jusqu’au départ du sol syrien de tous les militaires iraniens et de leurs milices chiites.

* Deux crises provoquées en même temps : Jérusalem et l’Iran !

La question de Jérusalem liée au dossier du Nucléaire iranien, avec connexion des temps et des procédés, avoue le CAPE : « Sur le dossier palestinien, l’entente avec le président Trump est totale et Mahmoud Abbas ne pourra plus compter sur le soutien inconditionnel des Européens, puisque l’Europe vient de perdre tout rôle d’influence politique. L’inauguration de l’ambassade à Jérusalem prouve que c’est bien le tandem Trump-Nétanyahou qui dictera l’ordre du jour sur ce dossier. Un règlement ne se fera plus sous les auspices des Européens mais qu’avec le soutien et la coordination des Saoudiens et des Egyptiens qui ne cachent pas aujourd’hui leur forte satisfaction de la politique israélo-américaine à l’égard de l’Iran ».

LES SCÉNARIOS DE L’AFFRONTEMENT IRAN-ISRAËL EVOQUES OUVERTEMENT PAR LES MEDIAS ISRAELIENS :

Et maintenant que pourrait-il se passer ?

Selon la rédaction de l’hebdo ‘Haguesher Actualité’, dont on notera les certitudes arrogantes sur la « supériorité militaire » de Tel-Aviv, voici les scénarios israéliens (qui ne sont qu’escalade vers une guerre totale, impliqua nt des frappes massives contre les populations et les infrastructures civiles iraniennes et libanaises, ici aussi c’est bien un « parti de la guerre ») :

* Une « guerre d’usure » aux missiles :

« Même si les Iraniens (…) disposent en Syrie d’un arsenal assez considérable (plusieurs centaines voire plusieurs milliers ?) d’autres types de missiles plus puissants et surtout plus précis dont ils pourraient faire usage de manière sporadique mais répétée contre l’Etat hébreu. Ce qui donnerait à cet affrontement les contours d’une « guerre d’usure » destructrice, prolongée et coûteuse : une hypothèse qu’Israël exclut (Jérusalem a prévenu à plusieurs reprises que si l’Iran l’agressait depuis le territoire syrien, ce serait la fin du régime Assad – sic) et comme l’Iran exclura de s’en tenir là et de plier bagage, tout cela pourrait donc déboucher assez vite sur un second scénario impliquant la Syrie… et le Liban. »

* Un élargissement du conflit par l’entrée en jeu du Hezbollah :

« Volontairement tenu à l’écart de ce 1er round par les Iraniens qui voulaient « montrer leurs dents » directement face à Israël, le Hezbollah chiite – devenu le « bras avancé » de Téhéran à la frontière-nord de l’Etat hébreu avec ses 80 000 roquettes et missiles accumulés depuis 2006 au Liban et en Syrie – pourrait seconder l’Iran en entrant lui-même en jeu par des tirs soutenus contre l’ensemble du territoire israélien, notamment en visant (comme son chef, le Sheikh Nasrallah, en a souvent fait la menace) des objectifs stratégiques tels l’aéroport Ben Gourion ou même le centre nucléaire de Dimona.

Gros inconvénient pour les Iraniens : ce cas de figure provoquerait une réplique encore plus foudroyante de Tsahal qui a déjà annoncé aux dirigeants libanais et chiites que si le Hezbollah relevait la tête en attaquant Israël, les jours de la milice chiite seraient comptés… Sans parler du rasage probable par l’aviation israélienne – bien plus que lors de la 2e Guerre du Liban – des quartiers chiites de Beyrouth, ainsi que des localités et infrastructures libanaises… attendu qu’Israël tiendrait, comme il l’a prévenu, le gouvernement du pays du Cèdre pour responsable de cette escalade. Ce qui déboucherait sur un 3e scénario.

* Une « guerre totale » entre l’Iran et Israël :

« Que le Hezbollah s’en mêle ou pas, cet affrontement direct entre l’Iran et Israël pourrait aussi déboucher sur une « guerre totale » entre les deux pays. Laquelle serait encore plus destructrice et meurtrière que l’hypothèse n°1 de la guerre d’usure dont Israël ne veut pas.

Malgré le déséquilibre des forces en présence (l’Iran a un territoire de 1,65 million de km2 – 2 fois la France ! – et une population de 80 millions d’habitants, alors qu’Israël s’étend sur 21 000 km2 avec 8,5 millions d’habitants), Tsahal dispose d’un atout dont est privée l’armée iranienne : une aviation au « bras long » qui pourrait aisément détruire des objectifs stratégiques de 1er plan et très vulnérables en Iran même, tels le grand port sud-iranien de Bandar Abbas (où transite 90 % du commerce extérieur par containers) et les installations gazo-pétrolières et de l’île de Kharg par lesquelles l’Iran exporte 90 % de ces ressources énergétiques, capitales pour son économie. Israël pourrait aussi attaquer des aéroports irakiens pour empêcher des mouvements d’armes et de troupes iraniennes qui seraient envoyées sur son front-nord. »

Dans ces scénarios de guerre totale, il y a cependant une grande inconnue, Moscou (3) !

« Reste une inconnue de taille concernant ces trois scénarios : quelle sera l’attitude de la Russie envers l’Iran, surtout en cas de guerre totale ? » interroge ‘Haguesher Actualité’ …

NOTES DE LA PARTIE III :

(1) Cfr. CAPE (Israël), « Israël mène le jeu international avec vigilance et brio », 9 mai 2018, sur http://jcpa-lecape.org/israel-mene-le-jeu-international-avec-vigilance-et-brio/

(2) Tout le monde connait la chute du baril de pétrole, qui frappe durement non seulement la Russie, mais bon nombre d’état latino-américains et africains. Le Géopoliticien Luc MICHEL  va donc parler de GEO-ECONOMIE. Il va notamment nous résumer les plus récentes analyses des spécialistes économistes et pétroliers, ceux du ‘Groupe Forbes’ notamment, qu’il partage.

Ou va le marché mondial du pétrole aujourd’hui ?

La maîtrise de ce marché qui semble être passée dans les mains américaines va-t-elle se maintenir ?

Et dans l’optique du géopoliticien, qui ne perd jamais de vue la Géopolitique mondiale, il va non seulement nous expliquer la « chute du prix du baril » et l’émergence d’un « nouveau marché mondial du pétrole », mais en anticiper les conséquences géopolitiques … Géopolitique et géo-économie sont étroitement liées .

Quelle vont être les conséquences pour la Géopolitique mondiale de ce « nouveau marché du pétrole », encore impensable il y a cinq ans, dominé par les hydocarbures de schiste américain ?

* Voir sur PCN-TV/

GEOECONOMIE & GEOPOLITIQUE:

LUC MICHEL DECRYPTE LA CRISE DU PETROLE ET LES MUTATIONS DE SON ‘NOUVEAU MARCHE MONDIAL’

sur https://vimeo.com/208195737

(3) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* OU VA ISRAEL ? (I) : LA DEGRADATION IRREVERSIBLE DES RAPPORTS ENTRE MOSCOU ET TEL-AVIV …

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/23/luc-michels-geopolitical-daily-ou-va-israel-i-la-degradation-irreversible-des-rapports-entre-moscou-et-tel-aviv/

* SEEN FROM THE USA:

‘ISRAEL’S RUSSIA GAMBIT’ (GEORGE FRIEDMAN’ S GEOPOLITICAL FUTURES) sur http://www.eode.org/luc-michels-geopolitical-daily-seen-from-the-usa-israels-russia-gambit-george-friedman-s-geopolitical-futures/

* COMMENT MOSCOU S’ELOIGNE CHAQUE JOUR DAVANTAGE DE TEL-AVIV !?

sur http://www.syria-committees.org/luc-michels-geopolitical-daily-comment-moscou-seloigne-chaque-jour-davantage-de-tel-aviv/

(Source : Fars – SANA – Presse israélienne – PCN-TV – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire – Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme (Vu de Moscou et Malabo) :

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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L’EMISSION QUI COMPLETE L’ANALYSE : COMMENT DERRIERE LE RETRAIT AMERICAIN DU PGAC SE POSITIONNE UNE TRIPLE GUERRE LANCEE PAR WASHINGTON …

 

LM DAILY / COMPLEMENT 224 bis

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE-TV

vignette IRAN3guerres

Le géopoliticien Luc MICHEL résume sa vision du dossier du Nucléaire iranien et des Accords de Genève. Il explique que dès la candidature de Trump, qui n’est pas un “candidat hors système” mais bien au contraire le choix des lobbies aux USA opposés à ces accords”, la crise actuelle était clairement annoncée … Luc Michel explique comment le retrait américain du PGAC est une triple guerre lancée par Washington …

* Voir sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERROGE LUC MICHEL:

COMMENT LE RETRAIT AMERICAIN DU PGAC EST UNE TRIPLE GUERRE LANCEE PAR WASHINGTON

sur https://vimeo.com/270606245

# L’ANALYSE DE REFERENCE :

* LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

PROCHE-ORIENT. LE PARTI DE LA GUERRE AMERICANO-ISRAELIEN (I) : COMMENT CHANGER LE REGIME EN IRAN LM DAILY 224 LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

sur http://www.lucmichel.net/2018/05/24/luc-michels-geopolitical-daily-proche-orient-le-parti-de-la-guerre-americano-israelien-i-comment-changer-le-regime-en-iran/

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