ARMI PROIBITE: QUANDO UCCIDERE NON BASTA – PALESTINA: GIRI DELLA MORTE (E CRONACHE SPORTIVE)

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MONDOCANE

LUNEDÌ 7 MAGGIO 2018

“il manifesto”: ma che belle cronache!

Qualcuno potrà dirmi che me la prendo sempre con il giornale che si sfregia del vezzeggiativo “quotidiano comunista”. Che tanto è inutile, che è come prendere a cannonate un cagnetto di compagnia (quello di Soros e Hillary), che comunque quei quattro lettori, sopravvissuti al disvelamento ormai scontatissimo della sua missione di megafono delle buone ragioni imperialiste, non li schiodi neanche se gli dimostri che Chiara Cruciati è sposata con un boss curdo di Kobane e passa le ferie tra l’Isis del Sinai, o che Norma Rangeri, Laura Boldrini, Asia Argento, Emma Bonino  succhiano sangue di bambini maschi dopo mezzanotte.

Tutto vero, ma tant’è. La smetterò, ma non stavolta. Stavolta, intendo il numero del  5 maggio del “manifesto”, ne ha fatto una più raggelante del solito. Come del sistematico sostegno alle buone ragioni dell’occupazione Usa-Nato dell’Afghanistan, della trasformazione di un regime change amerikano in rivoluzione democratica (ultima quella in Armenia del mercenario Cia Pashinyan), della santificazione di curdi venduti a Usa, Israele e Sauditi, della balla Regeni, della bufala Russiagate, dello sfegatato sostegno alla killer Hillary come ai nani di giardino LeU, dell’avallo a ogni False Flag che passi per la mente a Mossad, Cia, MI6 e altre conventicole della buona morte di massa, della vilificazione in dittatori di chiunque vada col suo popolo in direzione ostinata e contraria all’Uccidente,  dello scudo finto buonista e vero malista con cui copre i facilitatori Ong, in mare e in terra, della spoliazione del Sud del mondo…

Sapete tutti che potrei non finirla per ore e ore, ripercorrendo i quarant’anni del giornale, a rischio di motivare ulteriormente chi, amante di twit, sms e instagram, mi accusa di prolissità. Ma continuo a credere che, scontato il ruolo dei media di De Benedetti, Agnelli, Cairo e Caltagirone agli occhi di chi non si droga di crack renzusconiano-bergogliano, vada denunciato chi ti fa le fusa davanti (“quotidiano comunista”, diritti civili, precariato), mentre in effetti fa da palo al brigante che ti infila la siringa di nervino tra le sinapsi. Veniamo al dunque. In prima pagina quel “manifesto” ha il buon gusto di onorare con un’asettica cronaca sportiva la corsa ciclistica che Israele va facendo passare con i cingoli sui corpi vivi e morti dei palestinesi.

Nell’ultima dell’inserto “Alias”, su tutta pagina, arriva a consolare quei frantumatori di ossa e anime con il sereno titolo, come se niente fosse, “Un giro dedicato a Gino Bartali” e sottotitolo ancora più festante: “Al campione nominato “giusto tra le nazioni” la cittadinanza onoraria israeliana”. Pensate che Pasquale Coccia, autore dell’ignominia, percepisca un qualche sussulto dalla tomba di uno che ora vi si volta furibondo dato che, non avendo mai tollerato che qualcuno gli mettesse i piedi in testa, o lo manipolasse, si vede degradato a strumento di propaganda del regime più sanguinario e terrorista del mondo? Lui che, a costo della carriera, libertà e vita, aveva sottratto ai carnefici le vite di chi rischiava la sorte che, ora e da settant’anni, martirizza e falcidia il popolo sulle cui tombe si vorrebbe far correre il suo spirito.

Bartali, appropriazione indebita

C’è qualcuno che possa davvero pensare che uno come Gino – “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare” – Bartali (quelli che non c’erano, ne studino la rivolta contro soprusi, mistificazioni, frodi) sopporterebbe l’oscenità , da parte di chi poi!, di essere preso, esanime e incosciente, cadavere, e manovrato a vessillo e apripista di un genocidio strisciante?  Di fare da spirito-guida per un’operazione pagata a RCS e Gazzetta dello Sport 16 milioni di euro, i classici trenta denari (ma più sporchi di quelli del povero Giuda, predeterminato da Dio), per coprire di rosa la realtà cancerosa di uno Stato che sostiene i suoi crimini contro l’umanità con gli scheletri dei suoi correligionari periti nel nazismo.

Antisemita è chi perseguita gli arabi

Abu Mazen, presidente ANP abusivo, rintronato e da anni venduto a un nemico a cui fa reprimere, incarcerare, torturare e uccidere i propri cittadini, ha detto cose stupide e importune. Ha dato ai suoi padroni veleno kosher da sputare  sugli “antisemiti”. In qualche modo, pur deprecandolo, lo corrobora Michele Giorgio, colui che per il “manifesto” dovrebbe sostenere le ragioni dei palestinesi, quando deplora i “danni d’immagine” inflitti dal discorso di Abu Mazen sugli ebrei che “se la sono voluta perché usurai e banchieri” . In sintonia con Netaniahu, il cronista che, da anni da quelle parti, dovrebbe saperla più lunga, parla di “antisemitismo”, aggiungendo la sua alla mistificazione sulla quale campano l’universo israelo-sionista e si fanno passare i suoi abusi. Giorgio non contrasta neanche l’accusa di negazionista sparata da Netaniahu, lui sì negazionista di tutto un popolo, addirittura parzialmente ancora vivo, non spiegando che il logoro capo dell’ANP non ha mai negato l’olocausto.

Ci saremmo aspettati la demolizione dell’appropriazione indebita  della qualifica di “semita”, arma principe del regime e della sua lobby: semiti sono gli arabi, tutti e solo loro. Semiti non sono gli ebrei, salvo qualche arabo convertito, ma come dimostrato dall’ebreo Shlomo Sand (L’Origine del popolo ebraico), genti di origine eurocaucasica spostate in terra altrui, semita (con il concorso anche dei nazisti) per arginare e poi annientare il nascente movimento arabo anticoloniale e di ricomposizione nazionale che minacciava di sottrarre all’Occidente le piastrine di petrolio che il capitalismo si inietta in vena per mantenersi in vita.

Il “manifesto” non è l’unico che, con resoconti tecnico-turistici in tracimante salsa propagandistica, ha voluto dare dignità a un’operazione indegna. L’altro giornale “di opposizione”, ma sintonicamente atlantista come tutti, “Il Fatto Quotidiano” che, inflessibile censore, con ogni riga ci avverte delle nefandezze falsarie dell’altra stampa, ha affidato a Leonardo Coen il compito di illustrarci le tre tappe dell’ignominia aggirandosi un mondo tra l’arcadia e i campi elisi. A loro volta i cronisti Rai riesumavano lo stereotipo coloniale del “deserto fiorito” nel Negev, dei Kibbutz piscinati e delle coltivazioni irrigate, sorvolando leggiadri sulle acque palestinesi predate e sui villaggi beduini rasi al suolo. Ma da Debenedetti e Monica-Bilderberg-Maggioni te lo aspetti. Dal “manifesto” invece, a non essere boccaloni …pure.

Ebrei altri

Chiudo il penoso affare “manifesto” con qualcosa che, purtroppo, non salva capra e cavoli, l’indecenza dell’articolo e delle foto che violentano un grande campione e un nobile uomo, ma che onora il coraggio e l’onestà di tanti ebrei. Quelli che, sempre sul “manifesto”, hanno provato a controbilanciare la vergogna delle cronache eulogiche con il ricordo di quanto di orribile è stato inflitto ai palestinesi, la denuncia di cosa vi si nasconde di feroce e ingiusto e di coloro che, da noi, ne traggono profitti e benevolenze. “La commissione giustizia  della Knesset sottoporrà al parlamento un pacchetto di leggi che trasformano definitivamente Israele in uno “stato ebraico”, abolendo così una volta per tutte la tanto fastidiosa parola “democrazia” dal suo statuto e facendo così chiarezza sulla propria natura”. Grazie, Paola Catarutta e le decine che hanno firmato il testo di “Ebrei contro l’occupazione”.

A colorare di sangue le serene immagini storico-tecniche con cui il “manifesto” ci ha illustrato il Giro nello Stato fuorilegge sono poi venute, nella stessa giornata, le ennesime vittime che a Gaza pagano per aver inalberato ai limiti della loro gabbia un semplice simbolo, quello del ritorno a casa. Altri 500 feriti e mutilati, per un totale, dopo cinque venerdì, di quasi 50 morti e 8000 feriti. In una dimostrazione di forza, determinazione, coraggio, di donne, uomini, bambini, di cui non riesco a trovare paragoni storici. Ma di cui ci annichilisce la fiducia nell’essere umano quanto alberga nella parte opposta, quella dal “lato buono” di muro e gabbia. Non ci fossero  palestinesi come quelli, siriani con Assad, libici con Gheddafi, venezuelani con Maduro, a sostenerci l’anima sbrindellata…. Correggiamo Brecht: beato il popolo che produce simili eroi.

Armi proibite: far più male della morte

Forse negli ampi spazi che i giornalisti hanno dedicato dal dopato corridore Froome, in un Giro nel più dopato Stato del mondo, avrebbero dovuto, all’evidenza dello straordinario peso della notizia, raccontarci anche altro di quei giorni. Se fossero giornalisti… Proviamo a colmare un tantino la “dimenticanza”.

Non è roba di oggi. Qualcuno cui sia capitato di vedere il mio documentario sulla guerra del Libano nel 2006, “Delitto e Castigo”, che narra l’invasione dei fucilatori di bimbi con sassi e il trionfo delle sgarrupate milizie di Hezbollah, ricorderà con discreto raccapriccio quanto mi venne illustrato dai medici libanesi nelle loro cliniche: combattenti e civili feriti, meglio, squartati, trapanati, tritati dentro, dalle armi segrete e proibite di Israele. Ebbene, non soddisfatto dagli umani corrosi vivi dalle fiamme che, a Gaza durante “Piombo Fuso”, gli incollava il fosforo bianco, Tsahal, “il più morale esercito del mondo”, ha perfezionato quelle armi. Visto che nessuno (tipo Amnesty, o HRW, o Boldrini) ha avuto niente da dire, neanche tra quelli che, con scandalo al fulmicotone, attribuivano armi al cloro ad Assad e gli facevano pagare le loro fake news a forza di inferni missilistici, Israele ha modo, ogni venerdì “del ritorno”, di fare nuovi esperimenti.

Di quegli 8000 feriti molti restano mutilati, molti mutilati marciscono e muoiono.  Ma nessuno aggiornerà le cifre degli uccisi del venerdì. Le pallottole dei cecchini aprono ferite grandi come pugni, poi esplodono dentro. Sono le vecchie Dum-Dum, ma migliorate con qualcosa di chimico che attacca carne, ossa e organi e li fa imputridire. Molto apprezzate sono le bombe a freccette, che, una volta esplose a mezz’aria, liberano decine di frecce d’acciaio mirate, indovinate dove, umanamente su persone. Magari bambini. Intelligentissime. Poi ci sono le simpatiche bombette a farfalla: più veloci del suono, colpiscono con la punta che poi dentro, si apre come le ali della farfalla e…macina. Altra meraviglia è la pallottola a espansione che polverizza quanto incontra nel suo percorso nel corpo. Dice la dottoressa Ingres, dopo il primo venerdì del ritorno: “Più di metà dei primi 500 feriti ricoverati nei nostri presidi sono stati colpiti da pallottole che hanno letteralmente distrutto tutti i tessuti e polverizzato le ossa. Chi sopravvive resta menomato a vita”.

 bombe a farfalla e a freccette

Gaza e i territori occupati,  laboratorio di Israele, hanno il pregio di fornire cavie per il progresso scientifico e tecnologico del più grande esportatore di armi pro capita del mondo. Uccidere, incapacitare a tempo o a vita, è un vezzo che non si limita al proprio ambito statale. Molto popolare sul mercato è il bombardamento da elicotteri e droni con gas tossici, praticato con successo sui manifestanti a Gaza: una sostanza chimica giallognola che porovoca vomito, convulsioni, asfissia, collassi, incontrollati tremiti degli arti e tachicardie, coma. Ne ho avuto un assaggio anch’io dalle parti dell’università di  Bir el Zeit. Si sta male da morire e chissà cosa ci si porta dietro.

Tutte queste sono armi internazionalmente proibite. Avete sentito un mormorìo di riprovazione? O anche solo visto un trafiletto di cronaca nelle colorire corrispondenze dei nostri inviati al seguito del Giro? Seguendo i corridori nel Negev, bastava buttare uno sguardo a destra. Ma si rischiava il torcicollo da antisemitismo.

Israele fugge, ma lascia il segno

Come quando si percorrono i villaggi libanesi per raccontarci le elezioni in Libano. Chi ha visto Rasha, giovane donna con le stampelle? Rasha aveva 15 anni nel 2008 quando una bombetta raccolta tra i cavoli nel campo le troncò una gamba. Allora ne erano stati colpiti 500 civili, perlopiù contadini. Sono passati altri 10 anni e le bombe a grappolo lanciate da Israele nel 2006 sul Sud agricolo del Libano continuano a spargere dolore e sangue. Su un territorio che, dopo la cacciata di Tsahal, avrebbe dovuto conoscere pace e lavoro, furono lanciati 4 milioni di munizioni cluster che lasciarono sul terreno altri milioni di sottomunizioni inesplose. Che continuano a troncare arti, sfondare organi, bruciare occhi. Un crimine di Israele è per sempre.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:53

QUANDO SI RISCHIA DI FAR MALE FACENDO BENE

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MONDOCANE

SABATO 5 MAGGIO 2018

Oggi a Milano corteo anarchici contro “l’Eni e le sue guerre”

Ecco un tipico esempio di qualcosa su cui tutti dovrebbero concordare, senza dubbi.

Invece i dubbi ci vogliono, data anche l’imperizia e la dabbenaggine di alcune forze partecipanti.

Nessuno mi potrà mai accusare di essere tenero con l’ENI e gli inquinatori fossili. Li combatto con il mio lavoro da decenni, in Rai, con il blog, le conferenze in giro per l’Europa e i miei documentari, ultimi sulla devastazione della Basilicata, sui gasdotti in Puglia, sulla passione fossile del regime Renzi, sulle piattaforme che distruggono Adriatico e Ionio, sulla proliferazione di serbatoi e scavi in zone sismiche  nel Nord Italia (vedi “Fronte Italia, partigiani del 2000”, “L’Italia al tempo della peste”, “O la Troika o la vita – Epicentro Sud”)….

Ma so anche che gli attacchi all’ENI (vedi Regeni, provocazione finalizzata a boicottare gli accordi ENI-Cairo sul giacimento di gas più grande del Mediterraneo, vedi la guerra alla Libia)  e alle sue tangenti ai governi produttori, sono qualcosa che piace moltissimo a coloro, tutti tangentari ben oltre l’ENI,  che ammazzarono Mattei e da allora conducono una lotta senza quartiere a un ente petrolifero che si permette di rompere le palle ai grandi dell’Occidente, a commerciare con la Russia, a pretendere spazi in Libia, Iran, Algeria, Egitto, Indonesia, Africa, a provare a sottrarre l’Italia al dominio delle multinazionali anglo-franco-americane e a impedirle di rifornirsi dal gas, più conveniente e vicino, della Russia. E un’operazione anti-Putin. Alla luce dell’Ucraina, del Donbass, della Siria, del Medioriente, è forse cosa buona, amici anarchici???…

Anche la parola d’ordine “l’ENI e le sue guerre”, è sbagliata, falsa e tendenziosa. Scagiona gli altri, dato che finora chi gli effetti nefasti delle guerre altrui ha subito è l’ENI, oltre in prima istanza, i popoli e gli Stati annientati. Preoccupante anche trovarsi nella stessa trincea di Milena Gabanelli, grande mistificatrice di regime, protagonista, con Report, di favori alle multinazionali e alle banche con trasmissioni contro l’ENI, ma mai contro l’Exxon o la BP, contro la Russia, per le banche con gli attacchi al contante e oggi, sul “Corriere”, istigatrice di guerre e delirante ripetitrice delle peggiori calunnie e falsità contro la Siria.

Quello che sfugge alle brave persone che vanno a questo corteo sono i due piani della questione, per cui occorrerebbe un po’ meno sicumera di posizioni impeccabili,un po’ più di attenzione alla complessità geopolitica della questione. Geopolitica di cui alcuni aspetti, quelli strategici e determinanti per rapporti di forza che non possono non interessarci, a molte brave persone sfugge, anche se poi gridano cose sacrosante contro imperialismo e colonialismo. L’incombenza della cosa buona, ma utile al nemico è sempre pericolo da considerare.

E’ lo stesso discorso che andrebbe fatto sulla complessità delle migrazioni, non esauribile nel buonismo dell’accoglienza, tanto gradita a Soros, al NordEuropa e agli Usa, compiaciuti di indebolire e mandare a ramengo i piccoli competitori del Sud, ma da esaminare nei suoi aspetti strategici di grande operazione neocolonialista di svuotamento di paesi da rapinare, di deidentificazione di popoli da disperdere nel vento e di destabilizzazione di paesi da mandare alla deriva: in una parola, distruzione di tutte le sovranità sociali, produttive, ambientali, alimentari, popolari, nazionali.

Suona bene oggi , a sinistra, dare del “sovranista” a chi mette in discussione l’UE, l’Euro, il dominio delle multinazionali, l’appartenenza all’Occidente. Ma utilizzando il termine “sovranista” in senso spregiativo, come insulto, è la sovranità del capitale finanziar-mafioso-miltare e dei potenti Stati, strumenti e armi di quel capitale, che si difende.

Fulvio

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:34

 

SIRIA –PALESTINA: CURDI IN SOCCORSO A JACK LO SQUARTATORE

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MONDOCANE

MERCOLEDÌ 2 MAGGIO 2018

Sincronismi e sintonie

L’angolazione a cui dovrebbe interessare particolarmente guardare non è solo la natura delle azioni condotte dalle potenze uccidentali, dai loro protagonisti e dai gruppi di potere che li sostengono. Non è neanche in prima istanza il giudizio da dare sulla classe politica italiana, sulle forze economiche che ne determinano il comportamento e sui media che ne sostengono la linea. E’ la sostanziale omologazione che unisce e confonde tutti questi soggetti. Basta un minimo di maieutica per estrarre dal sincronismo  con cui operano, da Renzi o Orlando a Di Maio attraverso Bersani, Fratoianni, sociali avvizziti in basso a sinistra, da Repubblica e l’Espresso a il manifesto o il Fatto Quotidiano, da Mattarella a Bergoglio, da Confindustria ai sindacati, la constatazione di una sintonia strategica. Quella della visione del mondo atlantico-israeliana: i buoni in questa metà dell’emisfero Nord, tutti i cattivi concentrati nell’altra metà e, disseminata  in tutto l’emisfero Sud, una mescolanza di brutti, sporchi, cattivi da abbattere, e poveracci disperati da soccorrere a proprio merito e profitto.

Chi tra i nostri gazzettieri fa caso a quanti venerdì di morte all’orlo del Lager Gaza sono trascorsi dal primo, con i relativi eccidi di innocenti inermi, a dispetto delle cifre agghiaccianti ( andiamo verso la cinquantina di morti e ai 5000 feriti? Vedi https://www.mintpressnews.com/video-israeli-soldiers-shoot-unarmed-protesters-celebrate-on-camera/241137/  https://youtu.be/UhCUBcLWlWU

Gaza o Homs come Derry? Altri tempi

Il 30 gennaio del 1972 ero a Derry e vidi 14 giovani e vecchi falciati dai parà della Regina senza che ci fosse stata, tra 20mila famiglie manifestanti per elementari diritti civili, sociali, nazionali, un’ombra delle provocazioni poi attribuite da Londra e media a fantasmatici “terroristi dell’IRA”. L’unico fastidio che ai vecchi lupi mannari colonialisti poterono dare quei “terroristi” fu quando il loro capo a Derry, il 19enne Martin McGuinness, mio amico per una vita, mi trafugò verso Dublino e poi  Roma, consentendo così al mio materiale audiovisivo della strage di mostrarla al mondo e sbugiardare assassini e mandanti.

Chi mi  è compagno nella Terza Età e chi le si avvicina ricorderà come quella  carneficina, di “appena” 14 persone, gelò, commosse e infuriò l’opinione pubblica nel mondo, come suscitò riprovazione e condanna in tutti gli ambienti politici e mediatici, come strappò alla “madre della democrazia moderna” il velo di una probità presuntamente acquisita dopo i secoli del più feroce colonialismo della Storia, di cui Churchill, spargitore di sangue e macerie in quattro continenti, fu degnissimo e fiero epigono. Altro che Hitler.

Con Gaza e i cecchini di Tsahal, educati da una società degenerata ad esultare per il gol della pallottola che spacca il cranio a un ragazzetto, non c’è stato niente del genere. Ed è cento volte peggio di Derry, per dimensioni e continuità di genocidio strisciante. Ma niente del genere si vede da 17 anni per  una brutale occupazione degli uccidentali in Afghanistan (ora, per distrarre dalla  lotta di liberazione dei Taliban, diretta contro occupanti e loro sguatteri  hanno infiltrato anche qui i loro mercenari jihadisti facendone il pretesto per continuare a stare addosso all’Iran e al Pachistan e a ingigantire con l’oppio i profitti dei loro mandanti). Ci pensano i Giordana e Battiston, del manifesto,  a dare la linea al resto della compagnia a forza di donne oppresse dal burka e di società civile che vuole la pace (mica la liberazione nazionale) e per la quale invasori e guerriglia sono tutti uguali. I taliban un po’ meno.

Niente di paragonabile alla risposta ai bruti di Londra del 1972 s’è neanche visto per i giochi di guerra con cui anglo-franco-americani e razzisti monetnici israeliani garantiscono la loro bonanza futura, con vie del gas e del petrolio e trampolini geostrategici per ulteriori macelli militari, nella regione mediorientale. Missili  contro centri di ricerca si antidoti ai veleni di rettili, apocalisse di missili su centri militari di Aleppo e Homs per insegnare agli iraniani che vadano a fare solidarietà internazionalista da un’altra parte. Pirateria di una protervia senza precedenti, in violazione urlante del diritto internazionale, della Carta dell’ONU, di ogni convenzione ginevrina sui diritti umani e sulla conduzione di guerre e occupazioni.

Bufale disintegrate? Disintegriamo siriani

Viene alla luce del sole la bufala dell’avvelenamento degli Skipras a Salisbury, i due si riprendono (probabilmente era tutta una finta), ma vengono sequestrati e negati ai contatti esterni, il gas nervino risulta ignoto ai russi, ma famigliare ai britannici, è sempre più evidente che l’operazione è da attribuire ai servizi uccidentali per l’ennesima provocazione anti-russa. Tonfo colossale, ma la vicenda sparisce dai radar. Sempre di veleni farlocchi, o caricabili su altri da quelli indicati, si tratta a Douma. Ormai è un rosario di verità la successione di testimonianze di giornalisti, cittadini del luogo, ispettori dell’organizzazione ONU per le armi chimiche: la pantomima per cui si è andati a bombardare la Siria, prima che i controllori arrivassero per controllare (ovviamente), valeva quella che ha fatto passare per ribelli democratici e pacifici, i manifestanti made in Usa, Turchia, Cecenia, Marocco, della “primavera siriana” nel 2011 e seguenti.

O quella che ha voluto fare dell’agente in servizio permanente effettivo del Mossad-Cia, Al Baghdadi, il nuovo Osama, minaccia mortale dell’Occidente e, come il precedente, destinato a eliminazione finta sicura, vera di una sua comparsa, come quella di Abottabad, Pakistan, nel momento in cui, come Obama col vecchio socio Osama, Trump, o chi per lui, decidesse che sia arrivato il tempo per fregiarsi di una medaglia. Tutti questi sono crimini di guerra, contro l’umanità, megagalattiche prese per il culo della gente nel mondo intero, mostruosità di ferocia, cinismo, passi demenziali verso il baratro, ma chi se ne cale?

Socrate senza interlocutori

La maieutica di cui sopra è la tecnica socratica che consiste nel mettere il soggetto di fronte in condizione di scoprire la verità. Siccome il soggetto di fronte, diciamo l’interlocutore di sinistra, o comunque fuori dal coro, da qualche lustro si è dato al golf, il procedimento lo dobbiamo applicare a noi stessi: estrarre la verità dalla dissipazione delle nebbie nelle quali, da tutti i lati e da mane a sera, tutti siamo avvolti. E’ il sincronismo perfetto con il quale i media tutti, all’apparire dell’ordine di servizio, o, figuratamente, al fischio del pecoraro, si manifestano sintonici nella distrazione di  massa.

Il primo meccanismo del depistaggio è il silenziatore. Pensate che qualcuno si sia attenuto al principio di causa ed effetto, al più elementare cui prodest, a qualche motivo per cui, improvvisamente, la trimurti Usa, UK, Francia, più il licantropo israeliano, si siano lanciati con i missili sulla Siria, abbiano rinfocolato, con le grottesca esibizione del saltimbanco Netaniahu sull’imminente atomica iraniana, la prospettiva di guerra generale? Che abbia preso in considerazione motivazione interne? Esterne?

Chi glielo fa fare

A dispetto del crollo dell’enorme montatura del Russiagate, demolito dalla scoperta, da parte del Comitato Intelligence del Congresso, di un’operazione dei servizi britannici e del FBI, messa in atto con il contributo di 50 milioni di dollari del noto George Soros e di altri 7 tycoon miliardari di New York e California, Trump a casa sua è nelle pesti. Gli danno giù tutti: FBI, Cia e le altre agenzie, la cupola finanz-militare, i media, la conventicola hillariana e neocon, potente più che mai. La May non sta meglio: ridicolizzata dalla cantonata Skipras-gas nervino, in difficoltà tra i suoi e odiata in Europa per la Brexit, è messa all’angolo da un rinato Labour con Corbyn che promette di scompaginare gli assetti istituzionali, economici, sociali e…militari. A Macron, gioiellino atlantico-sionista confezionato dalla Cia su ordine della Cupola, brucia l’intera terra francese sotto ai piedi con la rivolta di quasi ogni categoria sociale, le università, i trasporti, le fabbriche e l’incubo maggio-De Gaulle all’orizzonte.

La regola del diversivo esterno, in termini di qualche crisi possibilmente bellica, fatto passare per minaccia alla collettività, è in casi come questi quasi l’unica via d’uscita dall’impasse.  Diverso è il discorso per Netaniahu che può, sì, contare sulla compattezza della sua base sociale per le imprese criminali che va compiendo senza soluzione di continuità. Ma, a casa sua, si trova braccato da una magistratura abbastanza indipendente che non esonererà né lui, nè la virago con cui ha commesso una sfilza di reati di corruzione e ladrocinio che gli fanno intravvedere il gabbio. Mentre fuori, c’è da stornare l’attenzione dalle periodiche  battute di caccia ai civili palestinesi  che turbano quel settore dell’opinione mondiale che sfugge  alle manipolazioni propagandistiche iniettate dallo Stato più terrorista del mondo e perfino l’ONU e, strumentalmente, la solitamente complice Amnesty International (c’è un limite al proprio discredito).

Palestinesi sparati, sport offeso, Bartali infangato

Non contenti di infierire sui vivi, gli israeliani riescono a violentare anche i cadaveri. Nella fattispecie quello di Gino Bartali, di cui mi vanto essere stato tifoso, anche perché staffetta partigiana che, tra i tanti nascosti e salvati grazie ai messaggi da lui trafugati in bicicletta, ha salvato anche ebrei. Ne hanno fatto, a sua insaputa (e avrebbe reagito con sdegno), cittadino onorario dello Stato terrorista e infanticida, a ulteriore scherno della morale e della dignità umana, come traditi dai miserabili che da quel Mordor hanno voluto far partire il Giro d’Italia. Ai lati della strada, con i volti girati dall’altra parte, gli uomini, le donne, i ragazzi uccisi a Gaza. Bartali non è riuscito a salvarli.

Vittoria? Occhio a Pirro

Gli obiettivi esterni della rinnovata e più diretta aggressione di questi tentacoli della piovra mondialista non hanno bisogno di essere ricordati. E chi si illudeva di poter cantare vittoria, insieme ad Assad e al più valoroso popolo del mondo in questo momento, per via di alcune riconquiste territoriali, dovrebbe  constatare che Nike ha, sì, le ali, ma, priva di testa, non si può sapere dove guarda e verso dove vola. Quello che vediamo nelle lande devastate che sorvola è un paese a pezzi che, incredibilmente, dopo 7 anni, non si rassegna e arrende, sul quale aumenta a dismisura il carico di morte e distruzione da parte di una coalizione, Usa-UK-Francia-Nato-Petromonarchie-Israele, sempre più salda e determinata a ottenere lo squartamento di questo formidabile caposaldo antireazionario e antimperialista. L’obiettivo finale resta la Russia, massima barriera al mondialismo e, come conferma l’ennesima buffonesca sceneggiata di Netaniahu, la Siria deve morire per sgomberare la strada verso Libano e Tehran.

Come coprire Mr. Hyde? Silenzio e curdi

Torniamo alla premessa iniziale: il sincronismo-sintonia dei media di destra e sinistra. Cosa ha prevalso su schermi e paginoni in queste temperie che travolgono la vita di vasti strati di umanità e pianeta? Di ogni. Dallo sfessante chiacchiericcio sui destini governativi della nazione, al bullismo cyber e no, alla minaccia del rinascente fascismo, dall’uragano anti-maschio “metoo”, alla nobiltà solidaristica dei trafficanti Ong nel Mediterraneo. Ma soprattutto concorde è stato l’utilizzo dello schermo curdo su carneficine a Gaza, spropositi anti-iraniani di Trump e Netaniahu, apocalissi missilistiche, genocidio in Yemen, schianto definitivo delle bufale chimiche in Inghilterra e Siria.

Paginoni curdi di Chiara Cruciati (”il manifesto”) di esaltazione di una nazione negata, per quanto modello di ogni virtù, di cui questa apologeta si affanna a rivendicare una vittoria sull’Isis semmai attribuibile a siriani e bombe Usa, e a metterne in vetrina fantasiosi multinazionalità, femminismi, ecologismi, democraticismi. Narrazioni sui giornaloni di volontari italiani, tipo brigate di Spagna, reduci dagli eroici combattimenti con i curdi. Trasmissioni come quelle sugli angeli curdi del buonista sorosiano di prima classe Diego Bianchi, detto Zoro, quello dall’insopportabile faccione eternamente in primo piano, in virtù di una perversa concezione estetico-narcisista.

Alla distrazione di massa dalle nequizie sopra elencate di chi ci governa e di chi li fa governare, si aggiunge, secondo i canoni della deontologia giornalistica italiota, l’occultamento di alcuni dettagli. Che il Kurdistan iracheno, già tranquillo, benestante e autonomo sotto Saddam, è un patriarcale feudo di narcos e contrabbandieri sotto totale controllo israeliano. Che dei curdi si vanta un valore combattente che alla prova dei fatti si è sciolto come neve al sole nella fuga da Afrin e nella battaglia per Kobane e Raqqa si è fatto fanteria mercenaria degli Usa, per poi ritrovarsi congiunta ai resti dell’Isis recuperati dagli americani e uniti alle milizie di ventura curde nella feroce pulizia etnica di terre siriane. Che i curdi hanno dichiarato ufficialmente la loro alleanza con Israele e l’Arabia Saudita. Vera e propria marmaglia al soldo dei nazionicidi che imperversano in Medioriente e nel mondo.

Facciamo gli “antisemiti”: sbugiardiamo Netaniahu

Resta da dire della commedia del tagliagole israeliano sull’atomica iraniana in progress.C’è qualche giornalista che, fregiandosi a ragione della qualifica, vi abbia detto che i documenti esibiti in tv dall’inquisito per ruberie Netaniahu e che vorrebbero dimostrare come Tehran stia di nascosto preparando l’atomica, risalgano in effetti a prima del 2003? E che si tratti di vecchi documenti sottratti all’AIEA?E che quei disegni di razzi in grado di trasportare ordigni nucleari furono fatti da scienziati, in termini puramente di ricerca, prima di quell’anno e prima che l’Iran firmasse, diversamente dal golem nucleare Israeliano, il trattato di non proliferazione? C’è soprattutto qualche Leonardo Coen, Furio Colombo, Chiara Cruciati, Guido Calderon, il russofobo di sinistra Yuri Colombo (vedi l’egemonia della lobby tra Fatto Quotidiano e manifesto) che vi abbia ricordato come da allora l’agenzia per il controllo del nucleare AIEA abbia ininterrottamente visitato i siti iraniani e confermato che l’uranio veniva arricchito solo al 20%, per fini energetici e medici (per l’atomica serve al 90%). E che, poi, dopo il trattato JCPOA con Usa e UE, ora morituro per volere israelo-saudita-Usa, l’Iran ha demolito la massima parte delle sue centrifughe e dei suoi siti (purtroppo, Ahmadinejad non l’avrebbe mai permesso) E, infine, che mezza dozzina di scienziati del nucleare civile iraniani sono stati assassinati dal Mossad?

Sarebbe stato giornalismo. Che non c’è. Elementare, Watson.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:10

DISINFORMAZIONE, STATI ELIMINATI, EMIGRAZIONI E STRUMENTALIZZAZIONI: UN RAPPRESENTANTE DELL’ISLAM SCITA INTERVISTA FULVIO GRIMALDI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/04/disinformazione-stati-eliminati.html

MONDOCANE

SABATO 28 APRILE 2018

Dare voce agli oppressi è possibile. Riflessioni fuori dal coro con Fulvio Grimaldi

 di Hamza Biondo

Raccontare la realtà è il suo mestiere, lo fa da quando aveva vent’anni, ha iniziato scrivendo sul taccuino con la biro, adesso usa la cinepresa e il computer, ma la passione è la stessa. Fulvio Grimaldi ha girato il mondo, presente nei luoghi e momenti cruciali, per documentare le crisi e raccontare storie di uomini, ingiustizie, speranze. Il mestiere di reporter imparato sul campo, lontano dai comodi alberghi per giornalisti embedded e senza dipendere troppo dai comodi escamotages offerti dalla tecnica. Una professione maledetta, in via di estinzione, Grimaldi ha difeso la necessità morale di “andare sul posto”. Un abitudine condivisa con celebri scrittori che, in veste di reporter, avevano come lui il vizio di frequentare i campi di battaglia, descriverli e tornare poi ai loro romanzi. I paesi che ha visitato sono tanti, è una lista che ricorda gli atlanti di un tempo, quando a scuola si studiava la geografia e le mappe evidenziavano gli stati con vivaci colori. Inviato stampa in Irlanda nel Nord nel 1972, testimone a Derry il giorno della Bloody Sunday, in Palestina per la Guerra dei sei giorni, poi negli anni lo troviamo in Yemen, Eritrea, Yugoslavia, Iraq. In mezzo tanta Africa e Centroamerica.  Avesse avuto la possibilità, lo avremmo visto a Little Big Horn, per raccogliere  la versione dei pellerossa e….anche quella di Custer. Ha collaborato con molteplici testate televisive e della carta stampata, fra le quali BBC, Rai, Nouvel Obersever, Abc, Panorama, Paese sera, Liberazione. Rapporti di lavoro e impegno politico che spesso si intrecciavano e a volte entravano in conflitto, perché documentare la realtà ha un prezzo e certe redazioni giornalistiche subivano quello che lui chiama “il tradimento dei chierici”. Allergico agli entrismi e ai golfini di cachemire della gauche caviar, Grimaldi ha bazzicato anche altri arti e mestieri. Documenta reati ambientali, scrive libri, qualche esperienza teatrale e un piccolo cameo in una pellicola che lo scrivente considera cult, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri.                                                                      Se ancora non lo avete capito, avremmo voluto parlare con lui di tante cose. Ci siamo accontentati per adesso di porgli alcune domande.  

Alexis de Tocqueville soleva dire : “La democrazia è il potere di un popolo informato”.   Qual’è la realtà italiana ?

Il popolo italiano vive, come un pesce rosso, in una bolla di nulla contenuta in una boccia di menzogne. Ogni tanto, su questioni minori, compatibili con gli assetti del potere (sempre eterodeterminato), gli si fanno conoscere innocue verità, qualche difettuccio dell’oligarchia regnante, qualche errore. Appena si entra nella realtà geopolitica, che è quella che conta, la boccia diventa uno specchio deformante.

Assistiamo ad una rivoluzione del linguaggio, se prima la narrazione video si imponeva sul testo scritto, adesso è il momento della comunicazione digitale che accorcia le distanze e la sintassi. Ma una conferenza stampa puo essere sostituita da un tweet ? il mondo può essere raccontato con un hastagh ?

L’élite si serve delle nuove tecnologie, non solo per condizionare, sorvegliare, controllare, manipolare. E’ necessario distruggere il linguaggio, le sue articolazioni, la sua complessità. Lo si fa contaminandolo con espressioni straniere, perlopiù inglesi, perlopiù incomprese perché scisse dal contesto sintattico, ma soprattutto con la riduzione della comunicazione alla più elementare semplificazione. Appunto il tweet, l’sms, il chat. Più semplice ed elementare è il linguaggio, più semplice ed elementare, e dunque inerme e manipolabile, è il pensiero.

La falsificazione della Storia si costruisce gradualmente, utilizzando anche disinformazione e censura. Settanta anni dopo la “Nakba”, parola  che indica l’inizio del genocidio dei palestinesi, l’opinione comune ormai ignora le responsabilità storiche e confonde tra carnefici e vittime….

L’opinione pubblica, fortunatamente non tutta, è narcotizzata dal messaggio, pubblicitario come politico e storico. Il potere lo sa e pratica il martellamento del pensiero unico, della versione unica, da un paio di millenni. L’opinione pubblica è vittima del collasso di un pensiero e di una comunicazione alternativi, antagonisti. L’unificazione dell’informazione, dopo l’esperienza del Vietnam, dove la pluralità di notizie e versioni ha contribuito a determinare il fallimento dell’impresa colonialista francese e statunitense, la scomparsa dell’editore puro e la concentrazione dei media in mani di detentori di interessi e potere economico, militare, culturale, ha determinato questa situazione. Che ora viene perfezionata con la caccia alle cosiddette fake news, che non sono in essenza altro che informazione sgradita all’establishment. Per lo specifico della Nakba, la tragedia e il genocidio dei palestinesi per mano degli usurpatori e dei loro padrini sono stati efficacemente oscurati da due grandi operazioni pubblicitarie: la perenne riproposizione della Shoah, presentata antistoricamente come crimine unico e massimo, la minaccia dell’antisemitismo che spesso viene associato al terrorismo.

Con bombardamenti su popoli indifesi hanno devastato Siria , Libia, Iraq. Con le occupazioni militari hanno sconvolto società e modelli di convivenza antichissimi, distrutto mondi che non risorgeranno più. Chi sarà la prossima vittima ? Quali responsabilità ha il sistema politico europeo ?

Dall’ininterrotta demonizzazione propagandistica di arabi, Islam, Iran e Russia, non appare difficile dedurre su quali obiettivi propone di lanciarsi il bellicismo imperialista. Ce ne saranno altri, un po’ per volta, in Africa e America Latina. E’ la marcia della mondializzazione, la strategia per un unico, totalitario dominio sul mondo del capitale finanz-militarista occidentale. L’Unione Europea è nata per svolgere un ruolo ancillare in questo progetto. E’ sottoposta a un ininterrotto ricatto economico, militare, propagandistico per evitare che si stacchi da questa cospirazione occidentale e si renda conto che i propri interessi e la capacità dei propri popoli di scegliere autonomamente la propria via collocherebbe il continente in altro contesto geopolitico.

 Proviamo ad analizzare il fenomeno emigrazione fuori dal politicamente corretto e da strumentalizzazioni

Di questo fenomeno, di portata epocale, mi sono occupato on particolare impegno alla luce dell’enorme carico di mistificazione, nel segno ipocrita del buonismo e della solidarietà, che ce ne dovrebbe occultare i veri obiettivi. Basta pensare che un milione giovani siriani sono stati sottratti alla difesa e allo sviluppo del loro paese per fornire manodopera a basso costo per l’export tedesco, un paese complice della distruzione della Siria. Basta pensare ai 60mila contadini che vivevano in Etiopia lungo il fiume Omo, che ne garantiva coltivazioni, produzioni e vita e che da una megadiga italiana sono stati privati del loro fiume e quindi del loro futuro. Dove pensiamo che siano emigrati? Coloro che perorano ossessivamente l’accoglienza senza se e senza ma, parlando di fuga da dittature, fame, disastri climatici, trascurano di menzionarne i responsabili. Ma soprattutto cercano di non farci capire che le migrazioni sono un fenomeno manovrato dalle stesse potenze che hanno distrutto tanti paesi. Il primo passaggio della filiera dell’emigrazione, in coda alla quale ci sono le Ong finanziate dalle stesse forze del mondialismo, è la rovina dei paesi di emigrazione con gli strumenti della guerra e del saccheggio per mano delle multinazionali. Rovina che costringe a lasciare la propria comunità, le proprie radici, la propria cultura, il proprio futuro. Quasi sempre per incontrare una sorte peggiore di quella lasciata alle spalle. Nei paesi d’origine ci sono poi strutture di cosiddetta solidarietà, Ong, associazioni,organismi legati al colonialismo, che prospettano ai giovani false opportunità di lavoro e benessere in Europa. Le si reincontrano poi in mare, sulla via per la Sicilia. All’imperialismo-colonialismo servono paesi da depredare e, quindi,svuotati delle giovani generazioni e di cui si disperde la civiltà e l’identità. Gli serve poi che una forza lavoro dalle infime esigenze abbassi il costo del lavoro nei paesi avanzati e vi provochi destabilizzazione. Credo che integrazione e assimilazione siano concetti colonialisti che sottintendono presupposti di superiorità razziale e culturale.

 Qualcuno diceva a proposito della vita “o la vivi, o la scrivi“Lei da anni è un professionista dell’informazione, viaggia e scrive molto, sembra contraddire questa affermazione….

Cosa posso dire. Da quando ho pensato di fare questo mestiere, intorno ai dieci anni, l’ho pensato come contenuto e significato della mia vita posti a confronto con i contenuti e significati offerti dalla realtà. Presto ho intravvisto la potenza di fuoco dei mistificatori della comunicazione. E presto, a partire dalla Guerra dei Sei Giorni in Palestina, dove sono stato inviato, ho capito chi manovrava e a cosa servivano questi mistificatori. Ma ho anche sperimentato la possibilità di mettergli i bastoni tra le ruote. Il seme della verità, che è quello che ci offrono i popoli oppressi, perseguitati, sofferenti, resistenti, spesso viene schiacciato e disperso, ma quelle volte che cade su terreno fertile esplode in una fioritura che cambia il paesaggio. Il giornalista deve provare a  fare da polline, sole e pioggia.

L’intervista è stata pubblicata su http://islamshia.org/dare-voce-agli-oppressi-e-possibile-riflessioni-fuori-dal-coro-con-fulvio-grimaldi-di-hamza-biondo/

25 APRILE: LIBERATORI E INQUINATORI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/04/25-aprile-liberatori-e-inquinatori.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 25 APRILE 2018

Onore all’Anpi. Stavolta.

Va reso onore all’ANPI per aver resistito, a dispetto di passi falsi anche recenti (Regeni, mercenari curdi e altre truffe CIA, Amnesty e HRW), all’immane pressione della comunità ebraica romana perché bandisse dal corteo della Liberazione il popolo palestinese, più di tutti oggi simbolo della lotta di liberazione da domini nazisti e ultranazisti. Non solo, dietro alla protervia escludente della comunità ebraica romana, era percepibile la mobilitazione di tutto il mondo talmudista. L’ordine di servizio della lobby  era di seppellire nel silenzio, nel disprezzo e nell’anatema dell’ “antisemitismo”, chiunque, in qualsiasi angolo del pianeta, osasse sollevare critiche allo Stato monoetnico, dunque razzista, xenofobo, nazionalista (e pure sovranista, accusa mossa a chi mille volte più di Israele ha titoli per rivendicare autodeterminazione). Uno Stato illegale dalla nascita, incistato in Palestina per volontà delle potenze impegnate nel nuovo ciclo colonialista. Stato e società che di venerdì in venerdì, con i loro robocop Tsahal in stato di esaltazione omicida, si diverte a fare mattanze di inermi.

Antisionisti uguale antisemiti è come antifascisti uguale antitaliani

Il teorema anti-sionismo uguale antisemitismo, uno dei pilastri della mobilitazione tesa a oscurare lo strisciante genocidio dei palestinesi, è abusivo e ricattatorio per due ragioni inconfutabili. La stragrande maggioranza degli ebrei in Palestina e nel mondo non è semita, ma eurocaucasica (vedi Shlomo Sand “L’invenzione del popolo ebraico”). Semiti sono gli arabi e, quindi, anche coloro che si sono convertiti alla religione ebraica (sefarditi). E parlando di semiti si parla di gruppo etnico e linguistico (leggenda biblica: i discendenti di Sem, figlio di Noè, poi installatisi in Medioriente e Nordafrica); mentre sionisti sono coloro che propugnano lo Stato di Israele, Sion, in termini di assoluta purezza di comunità e religione.

Assicurato il disinquinamento di una manifestazione dedicata alla vittoria sulla schiavitù, quanto meno mentale, da una presenza, non connotata da fede, storia o identità comunitaria, bensì da incondizionato sostegno a Israele, cioè a chi nega costituzionalmente, socialmente, politicamente, economicamente, culturalmente, la libertà alla terra invasa e occupata e al popolo oppresso, incarcerato e falcidiato da 70 anni, avremmo apprezzato la bonifica del corteo da parte di correligionari o ex-correligionari di quegli inquinatori. Avremmo applaudito di tutto cuore ebrei come il già menzionato Sand, i Finkelstein,  Pappè, Atzomon, gli Ebrei italiani contro l’Occupazione e la tanta parte della comunità che non sottosta ai ricatti dei caporioni romani. Ebrei dotati di tanto coraggio quanta non ce l’ha il “manifesto” quando pubblica certe oscenità (vedi sotto).

Perché da bonificare e disinquinare, in questo fortemente autocelebrativo e depistante 25 aprile, ce n’è stato quanto nelle stalle di Augia. E di Ercole impegnato a rimuovere le scorie s’è vista l’ombra solo nello spezzone palestinese e in quanti, anonimi, sinceri, senza i cronici cerchiobottismi dell’opportunismo sinistro, a quella causa ispirano la loro partecipazione.

Quelli che W il 25 aprile e W la Nato

Al macero gli sbrodolamenti ipocriti di partiti, movimenti, conventicole, centri sociali sclerotizzati, giornali di regime (tutti) che un piede hanno inserito nella marcia e l’altro lo tengono fermo nella staffa dei cavalli dell’Apocalisse impegnati a polverizzare popoli e desertificare paesi attribuiti a “dittatori”, “violatori dei diritti umani”, “minacciosi”, “utilizzatori di armi di distruzione di massa e chimiche”, “omofobi”.  Sul “manifesto – e dove se no? – un lettore vomita un confronto infame e glielo pubblicano pure. Claudio Della Seta spiega così la defezione della sua comunità al corteo del 25 aprile. I nonni degli attuali ebrei italiani furono partigiani, quelli degli attuali palestinesi erano alleati di Hitler le cui armate comprendevano anche la “famigerata brigata musulmana il cui stemma era estremamente simile all’attuale bandiera palestinese”. Simpatico, innocente accostamento di un imparziale analista. Quindi bene i sionisti per il 25 aprile, fuori i filonazisti palestinesi.

Gioco sporchissimo, caro Della Seta, che due aspetti trascura: quei partigiani ebrei venivano dalla Palestina mandataria del Regno Unito. Erano coloni insediatisi, anche con la complicità di Hitler, in terra altrui, terra che avrebbero rubato, martirizzato e svuotata dei suoi titolari, procedendo poi alla graduale eliminazione dei rimanenti; quei sionisti d’antan erano inquadrati nelle truppe di coloro che, sabotando la resistenza patriottica italiana, progettavano per il nostro paese una “liberazione” che si sarebbe chiamata Usa, NATO, UE, mafia, capitalismo barbaro, multinazionali, svendita, deculturizzazione, desovranizzazione, precariato, miseria, esclusione dalla Storia. Mentre a vantaggio della pace e dei diritti umani in Medioriente disegnavano ciò che abbiamo sotto gli occhi: lo Stato più razzista, antidemocratico, escludente, sanguinario, del mondo.

Se quel tratto di fogna tracciato da Della Seta sul noto “manifesto”  che, accanto a una foliazione strabordante su quanto è fico il 25 aprile e quanto lo sono le ragazzette che ti sorridono dalle foto, non abbandona la sua missione di forza di complemento dell’imperialismo, mi ha colpito come l’intervento più nauseabondo, ma anche caratterizzante, tutto il resto delle celebrazioni è stato pura ipocrisia, vuota retorica. Dei peggiori e dei meno peggio. Degli eterni amici del giaguaro e utili idioti.Cacicchi e bonzi diqueste istituzioni, di questi partiti, di queste associazioni e Ong, di questi giornaloni e schermi, dai microbi di PAP ai giaguari smacchiati del PD agli albatros oceanici, mutatisi in gabbiani di cassonetto, dei 5 Stelle, tutti d’accordo su Assad “dittatore sanguinario” e quindi pronubi , nolenti frignoni o volenti mercenari, di Nato, UE, euro, guerre, macellerie, operazioni di sradicamento e deidentificazioni dette migrazioni, nichilismo.

Con in testa, a bandiere arcobaleno garrenti, i due atlantisti dell’opposizione: “il manifesto” e “Il Fatto Quotidiano”. Senza dimenticare il giornalone per eccellenza (nel senso di “degno di Pulitzer di servizio”, imperialmente indipendente al pari di New York Times e Washington Post, Pulitzer premiati per antigiornalismo), Corriere della Sera. Una Gabanelli, icona sacra nazionale della stampa libera e critica, a conferma della sua natura di gigantesco “misunderstanding”, vi erutta menzogne, falsità truculente, schifezze grottesche, totalmente inventate, su Siria e Assad, così rozze che manco avesse scritto con in testa le cuffie di un propagandista Mossad al decimo whisky. Non è la prima volta della signora!

Assad tra i vincitori di Deir Ez Zor

Basta bassezze. Per noi la “Liberazione” con la elle maiuscola, quella della memoria formale e dell’oblio sostanziale, ha prodotto quanto abbiamo accennato sopra. E non poteva che essere così, dal momento in cui è stata sottratta alla resistenza partigiana e consegnata, mani e piedi legati, agli invasori coloniali anglosassoni e alla cupola che vuole decidere i destini dell’umanità.

Liberazione? Stare con Assad e con Kannelos

Per noi la Liberazione con la elle maiuscola dovrebbe vedere sfilare per le strade nostre e del mondo i combattenti siriani, con in testa Assad, quelli libici con l’effigie di Gheddafi (tanto per rallegrare le due gentili signore che ne hanno decretato l’eliminazione: Rossanda e Clinton), quelli iracheni con l’K47di Saddam, quelli afghani con le tuniche dei Taliban, quelli yemeniti con la jambiya (pugnale degli Huthi), i greci dei sette anni di lotte in piazza Syntagma con davanti il cane combattente Kanellos, per tutti gli animali non liberati dalle sevizie dell’uomo…,

… i venezuelani che resistono ai golpe striscianti dei divoratori dell’America Latina, gli honduregni e messicani in  lotta di liberazione dai narcos che gli Usa hanno installato al loro governo, gli indiani d’America, con Cavallo Pazzo e Toro Seduto, sopravvissuti al più grande olocausto della Storia, gli africani, arabi, asiatici che i gangster mondialisti con Ong e Soros strappano dal loro contesto per infilarli in un tunnel senza luce mai. E poi tutti i NO della nostra liberazione dai distruttori di ambiente, comunità, salute, istruzione, lavoro, identità, autodeterminazione. A partire dai No Tav.

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è stata brava a respingere un osceno ricatto. Ma la prossima volta chiami anche tutti questi al corteo. Si tratta pur sempre di partigiani. Non su lapidi, in carne e ossa. Come i palestinesi che, per fortuna, ci sono. Con tanto di kefiah.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 16:13

AUTOSPOT, SI PUÒ DUNQUE IGNORARE, SALTARE, OBLITERARE…

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/04/autospot-si-puo-dunque-ignorare-saltare_16.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 16 APRILE 2018

Avrei voluto scrivere ancora qualcosa sugli accadimenti in Siria, ma molte cose corrette sono già state scritte e diffuse e credo che tocca aspettare un po’ per vedere cosa emerge dal contradditorio comportamento delle potenze coinvolte. Di certo nessuno dei gangster aggressori considera la prospettiva dell’abbandono, del compromesso, della sopravvivenza della Siria così com’è e come il suo popolo e il diritto internazionale vogliono.

Nel frattempo, avendo tra i miei interlocutori e amici anche alcuni residenti in Germania e magari ce ne sono anche altri che seguono questo blog, segnalo un’interessante iniziativa del Dipartimento Federale per la Cultura Politica, patrocinata dal Capo dello Stato, Steinmeier. Ad Aquisgrana si apre venerdì 20 aprile la mostra

“LAMPI DEL FUTURO

L’arte dei sessantottini, ovvero il potere degli impotenti”

Si tratta di un’esposizione (20/4/18 – 19/8/18) di arti figurative e opere letterarie di protagonisti, attivisti, osservatori, analisti, storici del movimento 1968-1977 di vari paesi, a cui, per l’Italia, sono stato invitato a partecipare con un testo sulla mia esperienza quale giornalista e militante di quel movimento. L’inaugurazione, con la presenza degli autori, avrà luogo giovedì 19 aprile.

Quel testo è diventato un libro, “UN SESSANTOTTO  LUNGO UNA  VITA”, edito da Zambon (www.zambon.net) e pubblicato sia in italiano che in tedesco.

La prima edizione del libro, che a suo tempo mi sono permesso di segnalarvi, è andata esaurita in pochi giorni, segno che l’argomento, il ricordo di quel tempo e di quel fenomeno rivoluzionario, non hanno perso interesse e continuano a produrre stimoli ed esiti. Per cui, insieme all’editore, abbiamo ritenuto di arricchire il lavoro di nuove storie, ricordi, riferimenti, nuove riflessioni, anche di maggiore attualità, sottolineando quanto ancora ci collega e quanto ci separa da quel cruciale momento storico. Così, fra qualche giorno nelle librerie si troverà la seconda edizione di “Un Sessantotto lungo una vita”, lunga quasi il doppio della prima.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 21:33

CON LA SIRIA, CONTRO I GANGSTER, CONTRO I CERCHIOBOTTISTI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/04/con-la-siria-contro-i-gangster-contro-i.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 16 APRILE 2018

Chi si illude che con gli attacchi missilistici di sabato l’Idra Usa-UK-Francia-Israele-Arabia Saudita abbia concluso un genocidio in Siria che va avanti da 7 anni, mena il can per l’aja. Questi regimi-gangster sono impegnati a spazzare via, con il mondialismo delle armi e dell’economia, ogni realtà statuale e nazionale dissidente e a ricostituire il colonialismo dei secoli precedenti. Non mollerano l’osso se non quando costretti dai costi eccessivi .o da un rifiuto di massa nel mondo. Come col Vietnam.

Per ora l’infinita resilienza e il fantastico coraggio dei combattenti siriani e di tutto quel popolo, guidato da uno straordinario presidente, l’impegno eroico di Hezbollah e degli iraniani, la generosa e preziosissima assistenza dei russi (quando finalmente i sistemi di difesa antiaerea S-300 e 400?), hanno tenuto testa all’Uccidente, ai suoi vassalli, ai suoi sguatteri (noi).

E’ ammissibile che si rimanga alla finestra a guardare altri battersi per noi, per la salvezza di tutti? Riusciremmo ancora a guardarci allo specchio?