Tav, via a due appalti per il tunnel di base in Italia

17 genn 18 Stampa 

Telt ha affidato due incarichi da 800 mila euro per la direzione lavori e sicurezza per 23 nicchie di interscambio. Tra i vincitori anche un raggruppamento torinese

Maurizio Tropeano Torino

http://www.lastampa.it/2018/01/17/cronaca/tav-via-a-due-appalti-per-il-tunnel-di-base-in-italia-PFeiY5LX4VCMwYd8e6UZDM/pagina.html

Due appalti per 800 mila euro. Ecco il valore dei primi contratti per la realizzazione del tunnel di base della Torino-Lione affidati in Italia da Telt, la società incaricata di realizzare e gestire la tratta internazionale della Tav.

Il primo da 600 mila euro è stato vinto da una società svizzera la Pini Swiss Engineers incaricata della direzione lavori per realizzare 23 nicchie di interscambio alla Maddalena.

Il secondo appalto, da 200 mila euro, è stato invece assegnato al raggruppamento torinese Industrial Engineering Consultants (I.E.C.)/Gae enginnering che dovrà coordinare la sicurezza sul lavoro.  

Le nicchie di interscambio, che saranno scavate con il metodo tradizionale nell’arco di 15 mesi, saranno inserite ogni 400 metri all’interno del cunicolo lungo 7020 metri come piazzole di sosta lungo la galleria geognostica che, durante lo scavo del tunnel di base, sarà utilizzata come accesso di servizio per veicoli e attrezzature del cantiere. Lunghe da 30 a 50 metri, queste aree consentiranno ai mezzi di incrociarsi in sicurezza.  

Secondo Mario Virano, direttore generale di Telt «anche in Italia si entra nella fase operativa del tunnel di base. Sul versante francese, infatti, sono stati scavati 2,1 dei 9 chilometri di galleria geognostica ed è in corso l’assegnazione dei lavori per i pozzi di Avrieux».  

Telt ha anche pubblicato la gara per il mantenimento e la manutenzione del cantiere della Maddalena e il supporto logistico alle forze dell’ordine, che sarà affidata entro metà aprile.

«Il 31 maggio – annuncia Telt – il raggruppamento di imprese che ha curato lo scavo della galleria esplorativa passerà il testimone ai soggetti incaricati delle nuove attività».

 

Comunicato Opposition Lyon-Turin sur l’abandon du projet Notre Dame des Landes,

untitled

Notre Dame des Landes

en correspondance avec Lyon-Turin.

Communiqué du 17 janvier 2018

Le gouvernement vient d’annoncer l’abandon du projet Notre Dame des Landes, INUTILE, COÛTEUX ET DANGEREUX.

Les opposants félicitent les opposants à ce projet destructeur d’espaces agricoles, de biodiversité et d’argent public pour leur combat et leur persévérance à se battre contre des potentats locaux qui ne sont jamais comptables de leurs décisions. Ils se sont battus pour que l’évidence de l’utilisation et de la bonne gestion de l’infrastructure existante triomphe.

De nombreuses correspondances entre les dossiers Notre Dame des Landes et Lyon-Turin :

– Ils ont été portés par des élus locaux bien placés au plus haut sommet de l’État comme l’a observé la Cour des Comptes;

– Les capacités des infrastructures existantes n’ont pas été étudiées sérieusement et ont été discréditées sans démonstration probante. Il aura fallu attendre le rapport de la médiation pour que l’existant apparaisse enfin comme une solution viable et moins coûteuse;

– Ils ont été pensé il y a plus de 30 ans alors que l’informatique balbutiait, que les partisans étaient dans la logique de croissance sans fin sans préoccupation de la préservation de la planète et de l’argent public;

– Les opposants ont été discrédités et les promoteurs n’ont utilisé que des arguments d’autorité, des slogans de communicants, sans jamais démontrer leurs allégations;

– Que ce soit le Préfet qui est passé chez Vinci ou les promoteurs du Lyon-Turin qui sont élus par le lobby des Partenariats Public/Privé, les deux projets sont truffés de conflits d’intérêts;

– Les prévisions se sont toutes révélées fausses et délibérément sur évaluées;

– Les deux projets sont des projets DU et POUR le privé, l’un en concession l’autre en PPP;

– L’emploi est servi comme argument ultime alors que le développement de l’existant et le bon usage de l’argent public, pour l’accessibilité, la sécurité, l’entretien, la meilleure utilisation des infrastructures existantes est créateur d’emplois pérennes et utiles au plus grand nombre;

– Les analyses et propositions des opposants n’ont pas été débattues, ni même prises en compte …

La liste serait longue encore des similitudes, mais nous ne retiendrons qu’une seule évidence, l’existant est dans les deux cas sous-utilisé, capable d’absorber les augmentations de trafics sans porter atteinte aux finances publiques.

Il existe toutefois une différence notable entre les deux dossiers, dans le cas de Notre Dame des Landes, la DGAC a triché et menti pour disqualifier l’existant.

Dans le cas du Lyon-Turin, la haute administration a écrit depuis 1998, il y a 20 ans déjà, que l’existant suffit pour longtemps, que les prévisions sont douteuses et démenties. Pourtant ces rapports ont été passés sous silence dans les enquêtes publiques et le sont encore.

Que faut-il faire pour que cela soit porté à la connaissance du public ?

Nous saluons le bon sens et la raison à Notre Dame des Landes en condamnant l’usage de la force publique comme contrepartie à l’abandon du projet.

Nous attendons que les voies ferrées existantes soient utilisées dans les Alpes car elles sont l’alternative compétitive à la route avec de l’emploi à la clé.

Nous appelons au bon sens et à l’arrêt du projet fou du Lyon-Turin.

Contact Coordination des Opposants au projet “Lyon-Turin” :

Daniel IBANEZ 06 07 74 10 17 / François MAUDUIT 06 31 58 01 71 contact@lyonturin.eu /

http://lyonturin.eu/

Le 17/01/2018 à 14:08, Paolo Prieri a écrit :

A tutti gli amici e compagni-e di lotta

Oggi il Governo ha finalmente annunciato l’abbandono del progetto dell’aeroporto di Notre Dame des Landes.

Per noi questo abbandono sarà effettivo dal 9 febbraio, alla scadenza della DUP (dichiarazione di pubblica utilità).

Se questo abbandono sarà confermato (lo è stato, N.d.T.), è davvero una vittoria storica contro un progetto distruttivo, resa possibile grazie a un lungo movimento determinato e plurale.

Innanzi tutto, vorremmo dare un caloroso benvenuto a tutti coloro che si sono mobilitati contro questo progetto aeroportuale negli ultimi 50 anni.

Per quanto riguarda il futuro della ZAD, il movimento nel suo complesso sta affermando oggi:

– la necessità che i contadini e gli abitanti che sono espropriati possano riconquistare i pieni diritti il prima possibile,

– il rifiuto di espellere coloro che sono venuti a vivere nei terreni in questi ultimi anni per difenderli e che desiderano continuare a viverci e prendersene cura,

– la volontà da parte del movimento in tutta la sua diversità – agricoltori, naturalisti, i residenti, le associazioni, i vecchi e nuovi residenti- di prendere in carico a lungo termine i terreni della ZAD.

Per attuare ciò, avremo bisogno di un periodo di congelamento della ridistribuzione istituzionale dei terreni.

In futuro, questo territorio deve essere in grado di rimanere un’area di sperimentazione sociale, ambientale e agricola.

VI INVITIAMO A PARTECIPARE AL RADUNO DEL 10 febbraio nei terreni per celebrare l’abbandono dell’aeroporto e continuare a costruire il futuro della ZAD.


Desideriamo in questo giorno memorabile inviare un forte messaggio di solidarietà nei confronti della altri grandi lotte contro i progetti distruttivi e la difesa dei territori minacciati.

Movimento contro il progetto dell’aeroporto NDDL
GPII Group of NDDL

Torino- Lione: Il progetto vince la pausa

Renato MAZZONCINI, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Italiane (FS), afferma che il progetto di linea ad alta velocità Torino- Lione e il tunnel di base da € 26,1 miliardi è tornato in pista dopo l’annuncio, nel luglio 2017, del ministro dei trasporti francese, la signora Elisabeth Borne, che questo era uno dei principali progetti da mettere in pausa dal presidente Emmanuel Macron in attesa di una revisione dei piani infrastrutturali della Francia.

“Durante l’ultimo vertice franco-italiano, tenutosi a Lione qualche settimana fa, il presidente Macron ha confermato che i lavori saranno eseguiti, eliminando tutti i dubbi che si erano verificati nei mesi precedenti a causa di un disimpegno da parte dei francesi”, rivela Mazzoncini. “Per migliorare l’accesso al tunnel di base sul versante italiano, abbiamo condotto un’approfondita revisione del progetto, che è stata approvata dal Ministero dei Trasporti, per tagliare il costo da € 4,9 miliardi a € 1,9 miliardi”.

16 gennaio 2018 FS eyes opportunities at home and abroad

by  David Briginshaw

 

http://www.railjournal.com/index.php/europe/fs-eyes-opportunities-at-home-and-abroad.html – 

 

Renato Mazzoncini, chief executive officer of Italian State Railways (FS), talks to David Briginshaw.

ITALIAN State Railways (FS) has set itself the ambitious target of doubling both revenue and Ebitda under its 2017-2026 Industrial Plan. The plan is based on five pillars: integration between different modes of transport, integrated logistics, integrated infrastructure, international expansion, and digitalisation.

 

“Most of the growth will come from these initiatives and, just one year after the presentation of the plan, I can certainly tell you that we are achieving our goals,” FS CEO Mr Renato Mazzoncini told IRJ in November. “We will complete the integration of the National Autonomous Roads Corporation (Anas) within FS by the end of 2017. Internationally, we are becoming a large European player in integrated mobility, and we set up the Mercitalia Pole in order to turn our traditional railway freight business into a door-to-door operator.

 

Renato Mazzoncini“In 2018 we will present our ideas to improve customer experience. We are planning something unprecedented for our customers. For the first time, they will be able to arrange a journey with different transport operators from, say, their home in Milan to Palermo, using a single app.”

 

The plan calls for an investment of €94bn during the 10-year period. “Most of the capital – €58bn – is already available,” Mazzoncini reveals. “€23bn will be self-financed and €35bn has been allocated under the Contract Programme drawn up in agreement with the Ministry of Infrastructure and Transport.”

 

FS intends to increase the proportion of revenue generated outside Italy from 13% today to 23% by the end of the 10-year plan. Mazzoncini believes this is quite realistic.

 

“We are already one of the main operators on the European market: first in Italy and in Greece, second in Germany, and we are now in Britain, the Netherlands and France. The goal is to grow from a €1bn turnover to €4bn by 2026. FS plans to enter the US market and has ongoing operations or is actively looking for international expansion opportunities in the Middle East, India, Southeast Asia, Africa and South America.”

 

Part of FS’ desire to become more international entails operating passenger services outside Italy, such as Paris – Brussels, Paris – Bordeaux, Hamburg – Cologne, Milan – Zurich – Frankfurt, and London – Edinburgh. The first of these – from Milan to Frankfurt – started on December 10 and is being operated in cooperation with Swiss Federal Railways (SBB) and German Rail (DB).

 

“We are also participating in tenders for the London – Edinburgh service,” Mazzoncini explains. “First Trenitalia West Coast Rail Limited, the partnership between FirstGroup and Trenitalia UK, was shortlisted by the Department for Transport (DfT) for the West Coast Partnership in June 2017. Trenitalia will bring FS’ industry-leading high-speed rail knowledge to the West Coast Partnership. Together with FirstGroup, we will focus on the customer experience and look forward to developing innovative proposals through which West Coast and HS2 passengers will be able to realise the most benefit from our services.

 

“West Coast Partnership is not the only project where we are partnering at the moment with FirstGroup, we are also bidding together for the East Midlands franchise where we have also been shortlisted by the DfT.”

 

The first foray by FS into the British franchising market was through the purchase of the c2c franchise from National Express one year ago. Some might regard Britain as a tough market due to the high cost of competing for franchises, the very small profit margins, and uncertainty over Brexit, but not so Mazzoncini: “The British market is considered a key market for expansion, due to its access and competitiveness. We believe that Britain’s rail market provides an excellent opportunity for us to leverage our experience and innovative approach.

 

“This acquisition is only the first step in our wider strategy to enter the British market. Our objective is to become a significant player in this market, exploiting the experience and skills that have been honed in the highly-competitive Italian rail market. We intend to bring to Britain the quality of service, customer experience, innovations and processes that we are renowned for in Italy. In addition, FS brings its experience and capabilities of infrastructure management and high-speed operation.

 

“c2c was a unique opportunity to enter immediately, after having been awarded the pre-qualification questionnaire (PQQ) passport in 2015, to have a first test of the internal market. Before the acquisition, we were in talks with several British and EU operators to join forces for future bids and with FirstGroup we have found a proper partner to carry on all the long bidding processes.”

 

Acquisitions

 

FS also entered the Greek market in 2017 following the acquisition in September of Trainose, the country’s national passenger and freight operator, for €45m. In view of the fact that FS was the only bidder to submit a binding offer, some might question whether this is a sound investment.

 

“Trainose is mainly a passenger operator with some freight, and I am very happy because the strategy is good,” Mazzoncini says. “Trainose is in a financially stable position and will achieve positive results.” Mazzoncini expects Trainose to record a €130m turnover in 2017, of which €50m is from the state to cover loss-making Public Service Obligation (PSO) services, with a net result of €2-3m.

 

The €3bn EU-funded project to upgrade the 502km Athens – Thessaloniki main line for 200km/h operation and equip it with ERTMS will be completed this month. “We aim to create a ‘Rome-Milan-like’ service and we are confident that there will be a positive response from the market,” Mazzoncini predicts.

 

“Trainose needs to invest €500m in rolling stock,” Mazzoncini continues, referring to the Athens – Thessaloniki line. “We have to discuss the conditions for this investment with the government. Currently this line receives a 5% PSO, with fixed ticket prices. We want to be free to operate the line commercially.

 

“The rest of the Greek network is not bad, but consists of single-track lines with low traffic density. There is probably a lot of potential for freight traffic from the ports to northern Europe.”

 

Back in Italy, FS spun-off its Cargo Division as Mercitalia on January 1 2017. Mazzoncini says this was done to create a single organisation which can control a larger portion of the freight value chain. “Extended control of the value chain and establishing a single point of contact are critical for success in this market,” he says.

 

Another example of FS’s strategy to diversify and enter markets is its decision last year to take a stake in the concession operating metro Line 5 in Milan. In June 2017, FS acquired Astaldi’s 36.7% stake in the M5 concession for €64.5m, making FS the lead shareholder in the consortium and heralding the national railway’s entry into the metro market.

 

“Being a relevant player in the Italian urban underground market is one of our strategic objectives,” Mazzoncini explains. “This demonstrates our growing awareness of the importance of cities for our country, a source of competitive advantage, and the relevance of sustainable mobility in urban areas.”

 

Privatisation

 

Proposals to privatise all or part of FS have been mooted for some time. In 2015, the Italian government signed a decree to launch an IPO for the FS holding company as an integrated group. “When I was appointed CEO of FS in December 2015, I was against an IPO of the whole company,” Mazzoncini says. “In my opinion it is essential that RFI [Italian Rail Network – the infrastructure manager] remains public, and the government now agrees with this.

 

“We have two different passenger businesses: high-speed which operates without subsidy and regional transport which receives 70% support from public authorities. With high-speed, we compete on the market, but with regional transport we compete for the market. Clearly the risk is much higher in the high-speed market, while 70% compensation makes the regional market low risk.

 

“The regional operation is not of interest to investors, and we have to spend €5bn on trains which completely absorbs the cash flow,” Mazzoncini says. “For high-speed, we have completed the investment in new trains, and it is a cash cow with Ebitda of €700m each year. I think it is possible to put the high-speed/long-distance business on the market by selling about 30% of it, but with some provisos. No private groups can invest in it – only private shareholders each with no more than a 3% stake, so that we remain in control of the company.

 

“For this option, we would need a new decree from the government. But it is not possible to have a decree at the moment as there will be an election in March or April, so there is no appetite for a national debate at the moment.

 

“The decision on whether to launch an IPO of the long-distance business is up to the Italian government. Most likely, given the circumstances, the next government will make the decision. However, as I have always said, it makes a lot of sense to launch an IPO of that particular business segment.”

 

Lyon – Turin project wins a reprieve

 

MAZZONCINI says the €26.1bn Lyon – Turin high-speed line and base tunnel project is back on track following an announcement in July 2017 by France’s minister of transport, Mrs Elisabeth Borne, that this was one of the major projects to be paused by president Emmanuel Macron pending a review of France’s infrastructure plans.

 

“During the last Franco-Italian summit, held in Lyon some weeks ago, president Macron confirmed that the works will be carried out, removing all the doubts that had mounted in the previous months over a disengagement by the French,” Mazzoncini reveals. “To improve the access to the base tunnel on the Italian side, we have conducted a thorough project review, which has been approved by the Ministry of Transport, to cut the cost from €4.9bn to €1.9bn.”

AFRICAN GEOPOLITICS: HOW ‘RUSSIA REVISITS AN OLD COLD WAR BATTLEGROUND’ (SEEN FROM THE USA)

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 01 17/

wagner2

Seen from the USA … The Cold War – the new “Cold War 2.0” – is back in Africa! The Think-Tank STRATFOR (close to the Pentagon and the US Military-Industrial Lobby) devoted yesterday an interesting analysis to the return of Russia to the battlefields of the confrontation between USA and the Soviets. An analysis that reveals Washington’s concerns about the great return of Moscow to Africa. Starting with sub-Saharan Africa …

wagner3

* Résumé en français :

Vu des USA … La guerre froide – la nouvelle “Guerre froide 2.0” – est de retour en Afrique ! Le Think-Tank STRATFOR (proche du Pentagone et du Lobby militaro-industriel US) consacrait hier une intéressante analyse au retour de la Russie sur les champs de bataille de la confrontation entre les USA et les soviétiques. Une analyse qui révèle les inquiétudes de Washington sur le grand retour de Moscou en Afrique. En commençant par l’Afrique sub-saharienne …

“Decades after competing for influence on the continent with the United States and its allies, Russia is taking a renewed interest in Africa. Moscow looms large in sub-Saharan Africa’s Cold War history, said Statfor. Across the continent, the Soviet Union competed with the United States and its Western allies for influence in a series of long-running proxy battles. Russia’s interest in sub-Saharan Africa waned, however, after the Soviet Union’s collapse in 1991. The region may have lost much of its geopolitical significance in the intervening time, but as the Kremlin asserts its influence in more and more conflicts abroad, sub-Saharan Africa presents Russia another opportunity to extend its global reach — should it so desire.”

STRATFOR:

“RUSSIA REVISITS AN OLD COLD WAR BATTLEGROUND”

Excerpt 1:

 “The Wagner Group, a private military company with ties to the Kremlin (1), may secure military contracts in Sudan and the Central African Republic (2). Military engagement with Russia will enable Sudan to maintain a greater balance in its foreign policy. Entering the Central African Republic will allow the Kremlin to earn more cash and drum up more business across the continent.

Moscow looms large in sub-Saharan Africa’s Cold War history. Across the continent, the Soviet Union competed with the United States and its Western allies for influence in a series of long-running proxy battles. Russia’s interest in sub-Saharan Africa waned, however, after the Soviet Union’s collapse in 1991. The region may have lost much of its geopolitical significance in the intervening time, but as the Kremlin asserts its influence in more and more conflicts abroad, sub-Saharan Africa presents Russia another opportunity to extend its global reach — should it so desire.

Excerpt 2/

“A Return to the Red Sea”:

“On Jan. 5, reports emerged that the Wagner Group, a private military company with close connections to the Kremlin that has been active in Syria, had sent an unknown number of employees to Sudan. The group’s deployment is unsurprising considering the decades of close ties between Khartoum and Moscow and in light of a visit by Sudanese President Omar al Bashir to the Kremlin in November. During the trip, al Bashir invited his hosts to construct a military base on the Red Sea, noting that Russian assistance was necessary to counteract U.S. interference in the area. Sudan’s request followed similar moves by nearby Eritrea, Djibouti and Somalia to persuade foreign powers to construct bases on their soil in exchange for much-needed money and a boost to their global stature.

Al Bashir’s plea — which has yet to receive Russian approval — seemed to represent a reversal in Sudanese foreign policy after his country’s efforts in recent years to rebuild its relations with the United States. Khartoum’s overtures, including cooperation over intelligence sharing, bore fruit in October 2017 when U.S. President Donald Trump’s administration agreed to formally lift some sanctions against Sudan, following his predecessor’s decision to suspend the measures by executive order on his way out of office. In addition, the African country has increasingly tried to distance itself from Iran, one of Russia’s most prominent regional allies, in favor of cozying up to Saudi Arabia and its allies in the Gulf Cooperation Council — a lucrative reorientation for Sudan. But Khartoum is wary of putting all its eggs in one foreign policy basket.

Russian and Sudanese leaders share a hostility toward real or imagined interference in their domestic affairs. They also harbor a mutual disdain toward institutions like the International Criminal Court, which issued an arrest warrant for al Bashir in 2009 for crimes against humanity. Furthermore, Sudan serves as an important cog in Moscow’s strategy to contain growing extremism in countries such as Egypt, Libya and, to a lesser extent, Syria, while offering a market for foodstuffs and military hardware. A country of approximately 40 million people, Sudan has a voracious appetite for Russian grain — the Kremlin has promised to sell 1 million metric tons of grain to the country this year. It is no less eager for energy assistance, arms and ammunition. In November 2017, Sudan became the first Arab country to receive the fourth generation of Russia’s SU-24 fighter jets as part of a deal for equipment upgrades and training worth an estimated $1 billion. That agreement could be a harbinger of more deals to come: Khartoum has struggled to manage its various internal conflicts for many years and may welcome the battle-tested expertise of more Russian military trainers.” (3)

Excerpt 3/

“Keeping Up With an Ambitious Foreign Policy”:

“Moscow’s activities in Africa don’t stop there, either. Other reports suggest that the Wagner Group may soon turn its attention to the Central African Republic. News that the company will deploy a contingent to the Central African Republic fits with Moscow’s increasingly ambitious foreign policy. Russia has long used its arms industry and military prowess as a tool to enhance its influence around the world. Last month, it successfully lobbied the U.N. Security Council to let it send three shipments of light arms and ammunition to the Central African Republic’s military despite an arms embargo that has been in place since 2013. Of little geostrategic importance, the African country relies on its former colonial ruler, France, for external support. With little competition on the ground, Russia stands to gain greater business opportunities and perhaps even increase its influence in the surrounding region by making inroads there.

These prospective forays into Sudan and the Central African Republic don’t presage a full-scale Russian military deployment to Africa. Moscow seems more interested in filling its coffers through the Wagner deals than in preparing for a massive investment drive on the continent. Even so, the potential presence of a Kremlin-backed private military company in two countries in sub-Saharan Africa could pave the way for more robust Russian involvement elsewhere in the region.”

NOTES :

(1) The ‘Wagner Group’ (ChVK Wagner) is a Russian paramilitary organisation, named for their founder and commander, “former” Spetsnaz officer Yevgeny Wagner. Some have described it as a private military company (or a private military contracting agency), whose contractors have reportedly taken part in various conflicts, including operations in the Syrian Civil War on the side of the Syrian government as well as, from 2014 until 2015, in the War in Donbass in Ukraine aiding the separatist forces of the self-declared Donetsk and Luhansk People’s Republics. Others are of the opinion that ‘ChVK Wagner’ is really a unit of the Russian Ministry of Defence in disguise, which is used by the Russian government in conflicts where deniability is called for. Other source said that “Private Russian military Wagner group was created 2013 by Surkov (Putin adviser) to help Assad.”

(2) The ‘Wagner Group’ in Africa:

In an interview with the Russian news site ‘The Insider’ in early December 2017, veteran Russian officer Igor Strelkov said that, “besides returning to Luhansk, Wagner PMCs were also present in South Sudan and possibly Libya.” Several days before the interview was published, Strelkov stated “Wagner PMCs were being prepared to be sent from Syria to Sudan or South Sudan” after Sudan’s president, Omar al-Bashir, told Russia’s president Putin that his country needed protection “from aggressive actions of the USA”. Two internal-conflicts had been raging in Sudan for years (in the region of Darfur and the states of South Kordofan and Blue Nile), while a civil war had been taking place in South Sudan since 2013. The head of the private Russian firm ‘RSB-group’ said that he heard “PMCs had already went to Sudan and returned with a severe form of malaria.” Several dozen PMCs from RSB-group “were sent to Libya in early 2017, to an industrial facility near the city of Benghazi, in an area held by forces loyal to Field marshal Khalifa Haftar, to help in demining operations. They left in February after completing their mission.” The RSB-group was in Libya “at the request of the Libyan cement company (LCC).” In mid-December, a video surfaced allegedly showing Wagner PMCs training members of the Sudanese military, thus seemingly confirming Wagner’s presence in Sudan and not South Sudan. In mid-January 2018, it was reported that “Wagner may deploy a contingent of its PMCs to the Central African Republic.”

(3) See (in French) on LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ GRAND JEU AU PROCHE-ORIENT: POUTINE ‘NOUVEAU TSAR’ DE L’ORIENT (IV). MOSCOU DETACHE LE SOUDAN DE LA COALITION SAOUDIENNE

On http://www.lucmichel.net/2017/12/21/luc-michels-geopolitical-daily-grand-jeu-au-proche-orient-poutine-nouveau-tsar-de-lorient-iv-moscou-detache-le-soudan-de-la-coalition-saoudienne/

 

Photo :

Units of the ‘Wagner Group’.

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

 

* PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

 

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

SYRIE D’UNE GUERRE A L’AUTRE (V): ISRAEL GRAND PERDANT DE LA GUERRE QUI SE TERMINE EN SYRIE

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 01 16/

LM.GEOPOL - Voici déjà la seconde guerre de syrie V israel grd perdant (2018 01 16) FR 2

Un mot tout d’abord à mes lecteurs :

Plusieurs d’entre vous me demandent pourquoi je consacre tant de place à la guerre de Syrie. La Syrie – qui passe en ce moment d’une guerre civile internationalisée à une seconde guerre entre les blocs géopolitiques – est l’épicentre de la « nouvelle Guerre froide 2.0 », celles où le Bloc américano-occidental est directement face au Bloc de Shanghai (Moscou, Pékin, Téhéran). Ce qui se passe en Syrie a et aura des conséquences géopolitiques directes, régionales et mondiales. Il y a notamment une diagonale stratégique Sébastopol-Tartous, vitale pour la Russie … depuis Catherine la Grande (l’Est ukrainien étant le deuxième point chaud de la Guerre froide 2.0, où les USA préparent en ce moment une nouvelle confrontation avec les russes). Il y a une seconde diagonale stratégique, celle qui va de l’iran au Liban (« l’Axe de la résistance ») et a des projections vers le Golfe, la Mer rouge et le Yémen. La Syrie est donc le dossier (ou le front) central de la géopolitique actuelle …

I- LE HEZBOLLAH ET L’ARMEE ARABE SYRIENNE : LES CRAINTES D’ISRAEL

Le journal panarabe ‘Rai al-Youm’, cité par l’agence de presse ‘Mizan’, rapporte ce 11 janvier que « les frappes aériennes de l’aviation israélienne en Syrie ciblaient les convois d’armes destinés au Hezbollah, mouvement qui suscite la peur et la hantise cauchemardesque du régime de Tel-Aviv ».

Les autorités militaires israéliennes redoutent une montée en puissance de l’armée syrienne et du Hezbollah, d’où les frappes aériennes dévastatrices contre la ville de Quneitra, sur le Golan syrien, dans la banlieue profonde de Damas. Le cabinet de Benyamin Netanyahu n’a pas reconnu officiellement la responsabilité de ces raids. Par contre, il a publié un communiqué affirmant « sa détermination à prendre toutes les mesures nécessaires pour empêcher tout transfert d’armes au Hezbollah via le territoire syrien ».

Le cauchemar d’Israël ce sont en effet les armes sophistiquées du Hezbollah ! La vraie obsession des Israéliens est que le Hezbollah accède à des armes avancées et prenne le dessus. L’arsenal du mouvement est musclé : « outre des missiles balistiques, il comporte des navires de guerre furtifs, indétectables par les radars, et des sous-marins capables de cibler les ressources gazières du régime israélien, tous construits dans les bases du Hezbollah au Liban ».

L’INANITE DES MENACES DE NETANYAHU CONTRE LE HEZBOLLAH

Le Premier ministre israélien profère des menaces et n’a recours qu’aux frappes aériennes, lesquelles n’ont pas pu faire avancer ses ambitions. Il a dernièrement menacé de « contrecarrer le déploiement des forces de l’armée syrienne et des unités du Hezbollah sur les frontières de l’Est, au sud de la Syrie ». Néanmoins, l’armée syrienne domine fortement la Ghouta occidentale (banlieue de Damas) et a atteint Quneitra et les frontières du Golan occupé.

LES DERNIERS JOURS DE LA GUERRE EN SYRIE

Le triangle composé de la Syrie, de l’Iran et du Liban représente encore la principale menace pour Israel. Surtout que la guerre en Syrie touche à sa fin et que l’Axe de la Résistance, soutenu par Moscou et Pékin, accumule les victoires aussi bien en Syrie qu’en Irak (1).

L’HOSTILITE FONDAMENTALE DES USA ET D’ISRAËL CONTRE LA SYRIE

Les frappes israéliennes en Syrie sous prétexte « d’anéantir les convois d’armes destinés au Hezbollah », et ce, dans une conjoncture où les pays arabes du golfe Persique font des pieds et des mains pour normaliser leurs relations avec Tel-Aviv, montrent bien que la « boussole » syrienne n’a pas changé de direction et pointe toujours vers son véritable ennemi.

LES MISES EN GARDE DU HEZBOLLAH

Le secrétaire général du Hezbollah Hassan Nasrallah a, lors d’une interview accordée le mercredi 10 janvier à la chaîne libanaise ‘Al-Mayadeen’, révélé que « l’Axe de la Résistance se prépare pour une guerre majeure contre Israël » et que « Trump a placé la région face à l’alternative suivante : soit accepter les diktats américains, soit subir une guerre ». « Notre projet n’est pas celui de la guerre mais de la résistance. Trump et Netanyahu pourraient entraîner la région dans une guerre. Les forces de la résistance doivent se préparer à une éventuelle guerre », a-t-il dit.

ISRAËL, LE GRAND PERDANT DE LA GUERRE

Le gouvernement de Damas et le Hezbollah savent que ceux qui sabotent le processus de paix via la décision de l’Administration Trump sur la modification du statut de Jérusalem cherchent en effet la guerre. « Mais cette guerre, tout comme les complots fomentés au cours de ces sept dernières années, échouera et le grand perdant en sera le régime d’Israël. La donne a changé et la force aérienne n’est plus un atout comme par le passé », conclut ‘Rai al-Youm’.  

II- LES CHANGEMENTS POROFONDS DU CONTEXTE INTERNATIONAL

Le contexte international qui influe sur Israël s’est profondément modifié au cours de cette dernière année de la Guerre syrienne, dans deux directions essentielles. Tout d’abord, Moscou est sortie de sa neutralité bienveillante de jadis envers Tel-Aviv (2). Deuxièmement, dans le cadre du nouvel Axe Washington – Riyad – Tel-Aviv mis en place par Trump et le Likoud (3), Israël s’est rapproché publiquement des monarchies du Golfe, levant le grand tabou occulté du Proche-Orient : l’alliance stratégique entre Israël et les régimes conservateurs arabes.

MOSCOU CONDAMNE LA COLONISATION ISRAELIENNE EN PALESTINE

Signe des nouvelles relations entre Moscou et Tel-Aviv, qui se sont rapidement dégradées depuis quelques mois. Moscou vient de déclarer que « la colonisation enraye les négociations israélo-palestiniennes » … Au moment où « un feu vert a été donné à plus de 1 100 nouveaux logements de colons en Cisjordanie, territoire palestinien occupé par l’armée israélienne ».

Moscou réagit donc sèchement à la poursuite de la colonisation des territoires palestiniens en Cisjordanie par Israël. Le Ministère russe des Affaires étrangères estime que « la colonisation israélienne ne contribue pas à la reprise des négociations directes entre les parties concernées ». « Moscou réaffirme sa position de principe sur l’illégalité des activités de colonisation israéliennes dans les territoires palestiniens, y compris à Qods-Est. Nous estimons que cette politique ne contribue pas à créer les conditions propices au lancement de négociations directes entre Israéliens et Palestiniens », lit-on sur le site du ministère. La poursuite de la colonisation par le régime israélien sape les perspectives de la « solution à deux États » au Proche-Orient et minimise la possibilité de parvenir à une paix « juste et durable » dans la région.

Rappelons que le 10 janvier, « Tel-Aviv a donné son feu vert à plus de 1 100 nouveaux logements de colons en Cisjordanie », a indiqué jeudi l’organisation anti-colonisation ‘la Paix maintenant’. « Les 1.122 unités d’habitation approuvées mercredi sont à différents stades dans la procédure : 352 ont reçu un feu vert final, ce qui signifie peu ou prou que les travaux peuvent commencer, alors que 770 autres ont été validées pour la première fois », rapporte aussi l’AFP.

La colonisation, autrement dit la construction d’habitations civiles dans les territoires palestiniens occupés ou annexés par Israël depuis 1967, est illégale au regard du Droit international.

GRANDES MANŒUVRES STRATEGIQUES ISRAELIENNES :

« NORMALISATION ECONOMIQUE MAJEURE ENTRE ISRAËL ET LE GOLFE » (AL MONITOR)

Derrière les projets économiques avec les régimes du Golfe, les israéliens visent avant tout des objectifs stratégiques …

Le 13 décembre, le ministre israélien du Renseignement et des Transports, Yisrael Katz, a annoncé « l’intention d’Israël de relancer le projet ferroviaire du Hejaz reliant le port israélien de Haïfa aux États du Golfe ». « Ce projet inquiète au plus haut point l’Egypte, car il pourrait se révéler être un concurrent au canal de Suez, avec à terme une baisse des revenus économiques de l’Egypte », commente la presse israélienne.

Un rappel historique :

Le chemin de fer du Hejaz a été construit en 1908 pour relier Damas à Médine en traversant la région de Hejaz en Arabie Saoudite. Il était censé s’étendre jusqu’à la Mecque, pour faciliter le pèlerinage dans la ville sainte. Une branche avait été ajoutée à ce chemin de fer qui allait jusqu’à Haïfa pour rejoindre la mer Méditerranée. On était là au cœur du « Grand Jeu » oriental (le premier du XIXe siècle), où le IIe Reich du kaiser Guillaume II faisait irruption dans la rivalité géopolitique entre Moscou et Londres. Mais quand la Première Guerre mondiale a éclaté, le chemin de fer et ses lignes annexes ont été partiellement détruites et les autres fermées.

Dans son interview avec ‘Elaph’ le 13 décembre 2017, le ministre Katz a expliqué quel était ce projet de « construction d’un chemin de fer qui serait parallèle à la côte de la mer Rouge et au canal de Suez ». « Nous allons prolonger la voie qui relie Haifa et Beit Shean au pont King Hussein; les Jordaniens l’étendront aussi de leur côté pour se relier aux chemins de fer saoudiens », a-t-il dit. Katz a souligné que « les études du projet sont achevées et que son concept et ses plans sont prêts. La construction devrait commencer dans un an ou deux après approbation par la Jordanie et les États du Golfe ». Il a confirmé que « ces pays avaient déjà la proposition du projet en main », mais n’a pas expliqué comment il leur avait été présenté.

« Il convient de noter que si le traité de paix israélo-jordanien régit les relations diplomatiques entre Israël et la Jordanie, l’Arabie saoudite n’a pas de relations diplomatiques avec Israël », rappelle la presse israélienne.

Dans l’interview, Katz a indiqué que « 25% des exportations de la Turquie vers le Golfe passent par le port de Haïfa et passent par la Jordanie ». Il a expliqué que « cette ligne de chemin de fer contribuera à réduire les frais de transport de l’Europe vers les pays du Golfe ».

Dans son émission télévisée du 18 décembre “Al-Tabaa al-Oula” sur ‘Dream TV’, l’ancien conseiller présidentiel aux médias Ahmed al-Meslemani a prévenu: « Ce chemin de fer sera une alternative au canal de Suez. Il affectera les revenus futurs du Canal d’autant plus qu’il sera plus sûr que le canal pour le cas où le conflit avec Yémen s’intensifierait et si les Houthis et la marine iranienne prenaient le contrôle du détroit de Bab al-Mandab ».

S’exprimant lors de la conférence « Calcalist 2018 sur les prévisions économiques », et qui a réuni de grands investisseurs et des hommes d’affaires le 25 décembre à Tel Aviv, Katz a décrit le chemin de fer du Hejaz comme « un projet historique ». « Je le pousse en avant. J’ai rencontré plusieurs fois des représentants et des organismes américains pour discuter de ce projet. Nous n’avons besoin que de 200 kilomètres pour relier les premiers rails de l’Arabie Saoudite à Israël via la Jordanie », a-t-il dit, ajoutant que « ce projet marquerait l’arrivée et le transit de la force économique de Riyad en Israël » !

LES CONSEQUENCES DE LA NORMALISATION ENTRE LES SAOUDS ET ISRAËL SUR L’ECONOMIE EGYPTIENNE

« Bien que l’impact direct du chemin de fer sur les revenus du canal de Suez puisse être discutable, ce projet de liaison terrestre entre Israël et l’Arabie Saoudite soulève des questions sur les conséquences de la normalisation entre le royaume saoudien et Israël sur l’économie égyptienne », commente la presse israélienne.

Un autre projet inquiète aussi l’Egypte. De nombreux experts et observateurs, dont l’ancien Premier ministre égyptien et candidat possible aux élections de 2018 Ahmed Shafiq et l’éminent journaliste égyptien Abdullah al-Sanawi, ont mis en garde « contre un accord potentiel entre Israël et l’Arabie Saoudite pour établir une alternative israélo-saoudienne au Canal de Suez, avec un canal alternatif reliant le port d’Eilat en Israël aux côtes israéliennes sur la mer Méditerranée ». Les navires empruntant ce canal passeraient par le détroit de Tiran, que l’Egypte a remis à l’Arabie Saoudite en vertu de l’accord de démarcation de la frontière maritime connu sous le nom d’ « Accord de Tiran et Sanafir ».

Kamal Amer, le président du Comité de la défense nationale et de la sécurité du Parlement égyptien, a déclaré à ‘al-Monitor’ : « En vertu de l’accord de Camp David, le détroit de Tiran est un cours d’eau international ouvert à toutes les nations. L’Egypte ne peut pas empêcher la navigation dans ce détroit pour le cas où Israël déciderait de creuser un canal reliant Eilat à la mer Méditerranée pour concurrencer le canal de Suez ». Il a poursuivi: « A ce jour Israël n’a pas encore été capable de mettre en œuvre un tel projet de canal, car son sol à cet endroit est très dur et il ne serait pas facile de creuser un couloir de navigation comme le canal de Suez. Mais s’il était construit l’Egypte ne pourrait pas entraver la navigation des navires qui souhaiteraient transiter par le canal israélien ».

« Pour l’heure, aucune alternative au canal de Suez ne devrait affecter les revenus du canal de sitôt ». Pourtant, la normalisation entre Israël et les pays du Golfe, en particulier l’Arabie saoudite, pourrait à un moment donné ou à un autre, « briser le monopole de Suez sur le commerce entre l’Est et l’Ouest ».

NOTES :

(1) Cfr. sur PCN-TV/ PRESSTV (IRAN) DEBAT AVEC LUC MICHEL:

L’ÉQUILIBRE DES FORCES AU MOYEN-ORIENT A CHANGÉ. VERS LA SECONDE GUERRE DE SYRIE

sur https://vimeo.com/250885505 Et :

Sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

SYRIE D’UNE GUERRE A L’AUTRE (II): LA BATAILLE POUR IDLIB OU LE PASSAGE D’UN CONFLIT A L’AUTRE

sur http://www.lucmichel.net/2018/01/12/luc-michels-geopolitical-daily-syrie-dune-guerre-a-lautre-ii-la-bataille-pour-idlib-ou-le-passage-dun-conflit-a-lautre/

(2) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ GRAND JEU AU PROCHE-ORIENT: POUTINE ‘NOUVEAU TSAR’ DE L’ORIENT (III). LA FIN DE LA NEUTRALITE BIENVEILLANTE AVEC ISRAEL

sur http://www.lucmichel.net/2017/12/20/luc-michels-geopolitical-daily-grand-jeu-au-proche-orient-poutine-nouveau-tsar-de-lorient-iii-la-fin-de-la-neutralite-bienveillante-avec-israel/

(3) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ AXE WASHINGTON – RIYAD – TEL-AVIV : LA VIEILLE ALLIANCE HONTEUSE ENTRE SAOUDS ET ISRAELIENS NE SE DISSIMULE PLUS !

sur http://www.lucmichel.net/2017/11/17/luc-michels-geopolitical-daily-axe-washington-riyad-tel-aviv-la-vieille-alliance-honteuse-entre-saouds-et-israeliens-ne-se-dissimule-plus/

Et :

L’AXE WASHINGTON – RIYAD, LES REVIREMENTS DE TRUMP SUR LA POLITIQUE MOYEN-ORIENTALE DES USA ET LA VISION STRATEGIQUE DES ‘CINQ MERS’

sur http://www.lucmichel.net/2017/11/27/luc-michels-geopolitical-daily-laxe-washington-riyad-les-revirements-de-trump-sur-la-politique-moyen-orientale-des-usa-et-la-vision-strategique-des-cinq-mers/

Photo :

La capacité militaire du Hezbollah aurait septuplé depuis la deuxième guerre du régime israélien contre le Liban en 2006.

(Source : Rai al-Youm’ – Fars – al Monitor – EODE Think-Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

APRES LA GUINEE EQUATORIALE, LE CONGO ? TENTATIVE DE PUTSCH ET D’ASSASSINAT CONTRE LE PRESIDENT SASSOU NGUESSO !

 

PANAFRICOM/ 2018 01 16/

1111 copie

Les procès en sorcellerie de l’inquisition française (dits des « Biens mal acquis ») ne suffisant pas ou plus, voici le retour aux bonnes vieilles méthodes des Réseaux Focard et de la Françafrique : assassinat des présidents et coups de force (externe du type terrorisme international contre Malabo, interne du type putsch à Brazzaville) …

« CONGO : A-T-ON VOULU ABATTRE L’AVION PRESIDENTIEL ? »

Jeune Afrique interroge ce jour sous le titre « Congo. a-t-on voulu abattre l’avion présidentiel ? », « Un coup d’État contre Denis Sassou Nguesso a-t-il été fomenté ? » et ajoute que « Deux généraux sont sur la sellette dans cette affaire » :

« Norbert Dabira et Ngatsé Nianga Mbouala sont soupçonnés d’avoir évoqué un projet de coup d’État contre Denis Sassou Nguesso. Le premier a été placé en détention, le second limogé de son poste de chef de la Garde républicaine. Auditionné le 5 décembre 2017 par la Direction générale de la surveillance du territoire (DGST), que dirige le général Philippe Obara, puis soumis à l’interdiction de quitter le Congo le temps qu’aboutisse l’enquête le concernant, le général de division à la retraite Norbert Dabira a été placé en détention le 11 janvier à Brazzaville. Le même jour, un autre général, formé comme Dabira en ex-URSS, Ngatsé Nianga Mbouala, était limogé de son poste de commandant en chef de la Garde républicaine. Les deux affaires sont liées.

Projet d’attentat.

Selon nos informations, il est reproché aux deux hommes d’avoir évoqué de concert un projet de renversement du président Denis Sassou Nguesso, dont l’avion devait être abattu au retour d’un séjour dans son fief d’Oyo. Rien de moins. Une conversation téléphonique entre eux, interceptée par la DGST, serait à l’origine de leurs ennuis. Sans préjuger de la réalité de ces graves accusations, niées par les intéressés, ni du degré d’implication de l’un et de l’autre (Ngatsé Nianga Mbouala se serait vu attribuer le statut de témoin assisté), force est de reconnaître qu’ils étaient déjà en disgrâce. Longtemps proche de Denis Sassou Nguesso et ex-inspecteur général des forces armées, Dabira – qui possède par ailleurs une chaîne de télévision, DRTV – ne jouissait plus d’aucune fonction officielle depuis que son poste de haut-commissaire à la réinsertion des anciens combattants lui avait été retiré en août 2017. On le savait par ailleurs amer de ne pas avoir été suffisamment soutenu à ses yeux par son mentor dans l’affaire dite des disparus du Beach, pour laquelle il a été mis en examen en France.

La Garde républicaine passe sous autorité présidentielle.

Quant à Nianga Mbouala, il était en conflit ouvert avec Philippe Obara et le patron du Conseil national de sécurité, l’amiral Jean-Dominique Okemba, depuis l’arrestation musclée, fin mai 2017, de son directeur de cabinet, Elie Okandzé, pour ses liens supposés avec le chef rebelle Frédéric Bitsamou, alias pasteur Ntumi. C’est dans ce contexte tendu qu’il convient de placer la décision, prise le 3 janvier par Denis Sassou Nguesso, de dissoudre la Maison militaire de la présidence et de placer sa sécurité (Garde républicaine et Direction de la sécurité présidentielle) sous son unique autorité. »

TOUT SAVOIR DE LA DESTABILISATION DU CONGO … LIRE LES ENQUETES DE LUC MICHEL POUR ‘INTERNATIONAL MAGAZINE AFRIQUE MEDIA’ :

* DESTABILISATION DU CONGO BRAZZAVILLE (I) :

LES FAITS, LES HOMMES, LES RESEAUX DERRIERE LA ‘REVOLUTION DE COULEUR’ RAMPANTE A BRAZZAVILLE

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/10/12/magazine-international-afrique-media-destabilisation-du-congo-brazzaville-i-les-faits-les-hommes-les-reseaux-derriere-la-revolution-de-couleur-rampante-a-brazzaville/

* DESTABILISATION DU CONGO BRAZZAVILLE (II) :

LES RAISONS GEOPOLITIQUES ET LES MOTIVATIONS ECONOMIQUES DES TENTATIVES OCCIDENTALES DE CHANGEMENT DE REGIME A BRAZZAVILLE

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/10/13/magazine-international-afrique-media-destabilisation-du-congo-brazzaville-ii-les-raisons-geopolitiques-et-les-motivations-economiques-des-tentatives-occidentales-de-changement-de-regime-a-brazz/

* DESTABILISATION DU CONGO BRAZZAVILLE (III) :

COMMENT LES RESEAUX OCCIDENTAUX ONT TENTE DE SABOTER LA PRESIDENTIELLE DE MARS 2016 !?

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/10/14/magazine-international-afrique-media-destabilisation-du-congo-brazzaville-iii-comment-les-reseaux-occidentaux-ont-tente-de-saboter-la-presidentielle-de-mars-2016/

* DESTABILISATION DU CONGO BRAZZAVILLE (IV) :

L’AFFAIRE DITE DES ‘BIENS MAL ACQUIS’ LEVIER POUR DESTABILISER BRAZZAVILLE

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/10/14/magazine-international-afrique-media-destabilisation-du-congo-brazzaville-iv-laffaire-dite-des-biens-mal-acquis-levier-pour-destabiliser-brazzaville/

# PANAFRICOM/

PANAFRIcan action and support COMmittees :

Le Parti d’action du Néopanafricanisme !

* Suivre Panafricom-Tv/

https://vimeo.com/panafricomtv

* Découvrir notre WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Voir notre Page Officielle Panafricom/ @panafricom https://www.facebook.com/panafricom/

* Aborder notre Idéologie panafricaniste/ Panafricom II – Néopanafricanisme

@Panafricom2 https://www.facebook.com/Panafricom2/

* Panafricom sur Twitter/

@Panafricom https://twitter.com/Panafricom

* Blog PANAFRICOM-NEWS/

https://www.scoop.it/t/panafricom

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XV) : DESTABILISATION DU CAMEROUN. LES RESEAUX ANGLO-SAXONS QUI SOUTIENNENT LA SECESSION DE ‘L’AMBAZONIE’ SE MOBILISENT POUR LA DEFENSE DES LEADERS SECESSIONNISTES ARRETES AU NIGERIA

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (XV)/

2018 01 15/

PANAF - LM AFROENQUETE XV extradition des ambazoniens (2018 01 15) FR

Les sécessionistes « ambazonniens » (organisés dans le SCACUF, le ‘Southern Cameroon Ambazonia Consortium Defense Force’) (1), qui pilotent désormais depuis les USA à la fois le mouvement de contestation au Cameroun (la soi-disant « crise anglophone ») et les réseaux terroristes « ambazoniens » (SADF et cie), mobilise ses réseaux anglo-saxons (USA, Canada, Grande-Bretagne, Bruxelles, Afrique du Sud, Nigeria), mais aussi camerounais francophones (les réseaux droits-de-l’hommistes), pour faire libérer le soi-disant « président de l’Ambazonie » Ayuk Tabe et les leaders sécessionnistes arrêtés au Nigeria. 

L’AUTOPROCLAME « PRESIDENT DE L’AMBAZONIE » ARRETE AU NIGERIA AVEC SES COMPLICES

Sisiku Julius Ayuk Tabe, le président autoproclamé de l’Ambazonie a été arrêté au Nigéria avec des membres de son « gouvernement », par des présumés « militaires camerounais », selon un communiqué de la direction sécessionniste daté du 6 janvier. Ce vendredi 5 janvier, Sisiku Julius Ayuk Tabe et sept membres de son « gouvernement intérimaire» se réunissent pour un « Conseil des ministres » à l’hôtel Nera à Abuja. A 17 heures dans une salle de réunion de l’hôtel, le conclave ministériel s’ouvre sur la question des réfugiés anglophones camerounais fuyant vers le Nigéria. Mais vers 19H30, la réunion est brutalement interrompue avec l’arrestation des « ministres » par des éléments supposés de la police nigériane même si le communiqué parle de militaires camerounais.

L’arrestation du leader anglophone serait le fruit d’une opération de filature et même de surveillance depuis plusieurs jours par des éléments des services de renseignements camerounais. Une opération qui aurait reçu l’aval des autorités nigérianes. Et pourtant, pour l’heure, ni le gouvernement camerounais ni le gouvernement nigérian ne reconnaissent formellement cette arrestation. Mais l’opération imputée à l’armée camerounaise rejoint parfaitement le discours très offensif du président camerounais. Dans son discours de fin d’année, Paul Biya affirme avoir «instruit que tous ceux qui ont pris les armes, qui exercent des violences ou qui incitent à la violence, soient combattus sans relâche et répondent de leurs crimes devant la justice».

Quelques semaines avant son discours, Muhammadu Buhari, le président du Nigéria dont le pays est accusé de servir de base-arrière aux séparatistes anglophones, avait apporté son soutien à son voisin camerounais. Après que les sécessionnistes ambazoniens aient établi des contacts avec les sécessionnistes du Biafra, qui ont relancé le mouvement des années60 (appuyé par Paris et les réseaux Focard de la Françafrique). L’arrestation du leader séparatiste trouverait peut-être ses fondements dans cette collaboration poussée entre les deux pays.

La suite?

Dans le cas où l’arrestation de Sisiku Ayuk Tabe serait le fait des services nigérians, il devrait être extradé vers le Cameroun pour répondre de la « légalité républicaine », comme signalé dans le discours de Paul Biya.

RETOUR SUR LA SECESSION AUTO-PROCLAMEE DE L’AMBAZONIE

Sous la férule de Sisiku Ayuk, le ‘Southern Cameroon National Congress’ (SCNC), la branche radicale du ‘Liberation Movement of Southern Cameroon’ (LMSC) – dont la centrale est le SCACUF aux USA – a commis l’imprudence de décréter en novembre 2017, la sécession de l’Ambazonie. Ce territoire sous administration britannique dans les temps coloniaux, qui couvrait des provinces du sud-ouest et du nord-Ouest camerounais ainsi que quelques bourgades à cheval sur le Nigéria, a été rattaché par referendum au Cameroun à l’indépendance.

Depuis novembre 2016, la région connait un regain d’exacerbation du mouvement sécessionniste alimenté par la fronde des avocats et des enseignants issus des zones anglophones qui dénonçaient leur marginalisation par l’Etat central. La soi-disant « crise anglophone », dont j’ai démontré qu’elle avait été organisée par le SCACUF (2). Et pas « récupérée par les leaders politiques dont le plus radical Sisiku Ayuk » comme l’écrivent erronément les medias camerounais.

Cet informaticien formé au Royaume-Uni qui séjourne régulièrement aux Etats-Unis et au Nigéria, est devenu depuis l’autoproclamation de la sécession, le visage d’un mouvement qui vire au terrorisme et frappe les forces de sécurité camerounaises. Suivies des actions de poursuite de l’armée camerounaise jusqu’en périphérie de la frontière avec le Nigéria. L’homme se présente même comme le « président intérimaire de la République Fédérale d’Ambazonie » et a formé un « gouvernement » (3).

AMNESTY INTERNATIONAL ET RESEAUX SORÖS MOBILISES CONTRE L’EXTRADITION DES SÉCESSIONNISTES ANGLOPHONES VERS LE CAMEROUN

La mobilisation des Réseaux de soutien aux sécessionnistes a été immédiate pour contester leur arrestation, qualifiée « d’enlèvement », et s’opposer à leur extradition vers le Cameroun …

1er Round :

Des manifestations sont organisées à Washington devant l’ambassade du Nigeria, à Londres, Ottawa et Bruxelles. Les slogans sont ceux qui seront repris par le ‘Guardian’ et ‘Amnesty International’.

2e Round :

Le quotidien britannique ‘The Guardian’ lance un premier article, technique d’appel sur le sujet, qui met en valeur les « violations du droit » commises dans l’affaire (Voir Annexe I) etreprend les thèses des sécessionnistes :

« Cameroon separatist leader detained in Nigeria as unrest grows (…) Separatist group says Julius Ayuk Tabe and six others were taken in ‘illegal abduction’ by Cameroonian gunmen” !

3e Round :

Amnesty International, ONG de la Galaxie Sorös, qui joue un rôle important dans la déstabilisation du Cameroun (4) depuis fin 2014, et dont la soi-diant « crise anglophone » transformée en sécession « ambazonienne » n’est qu’un élément, entre en lice. Immédiatement après le ‘Guardian’ et dans exactement les mêmes éléments de langage (« La voix du maître Sorös ») …

Que dit le communiqué d’Amnesty :

L’ONG internationale « craint que les 10 leaders indépendantistes arrêtés au Nigéria soient torturés et privés d’un procès équitable au Cameroun. » « Pas question d’extrader les leaders sécessionnistes au Cameroun”.

L’ONG internationale pense que « s’ils sont extradés vers le Cameroun, ils risquent un procès inéquitable devant un tribunal militaire et la possibilité profondément troublante de torture ».

Selon Amnesty International, « la détention des 10 indépendantistes anglophones au Nigéria viole la loi nigériane et internationale » : « Ils sont détenus au secret, sans accès à un avocat, en violation de la loi nigériane qui exige qu’ils soient vus par un juge dans les 48 heures ».

L’ONG appelle les autorités nigérianes à « révéler le lieu où se trouvent les militants, leur permettre d’avoir accès à un avocat et, à moins qu’elles n’aient des preuves suffisantes pour les inculper d’un crime reconnaissable, les libérer immédiatement ».

4e Round :

Les réseaux droits-de-l’hommistes au Cameroun reprenent et diffusent largement le dit communiqué, n’hésitant pas à écrire que « l’Ambazonie » est « l’appellation de l’actuel Cameroun anglophone » (sic), soutien direct à la sécession.

Le 5e Round va arriver très vite :

Ce sera la contestation des arrestations et des extraditions vers la Cameroun, menée par les avocats influents des réseaux d’appui aux sécessionnistes.

On notera que cette affaire fait tomber les masques : réseaux anglophones, réseaux Sorös (dont Amnesty International), médias « amicaux », réseaux droits-de-l’hommistes au Cameroun … Tous viennent de révéler que leur action n’a rien d’humanitaire mais est bien politique en soutien direct à une sécession, qui a basculé dans le terrorisme !

ANNEXE I

QUE DIT LE ‘GUARDIAN’ ?

”Cameroon separatist leader detained in Nigeria as unrest grows.

Separatist group says Julius Ayuk Tabe and six others were taken in ‘illegal abduction’ by Cameroonian gunmen.

A leading member of a separatist movement in Cameroon has been taken into custody in Nigeria with his aides, according to sources.

The once-fringe anglophone movement in Cameroon, a majority French-speaking country, has gathered strength in the past few months following a military crackdown. It represents the gravest challenge yet to the 35-year rule of the president, Paul Biya, who will seek re-election this year.

Julius Ayuk Tabe, the Nigeria-based chairman of the Governing Council of Ambazonia separatist movement, was taken into custody alongside six others at a hotel in Abuja on Friday, both a Nigerian official and the separatist group said.

Separatists, including armed radical elements, seek an independent state for the nation’s anglophone regions they call Ambazonia.

Bilateral relations between Nigeria and Cameroon have been strained as thousands of Cameroonians have fled violence by travelling across the border. Cameroonian troops last month crossed into Nigeria in pursuit of rebels without seeking Nigerian authorisation, causing diplomatic wrangling behind the scenes.

A Nigerian official said Tabe and six of his supporters were placed in custody on Friday evening. “They were having a meeting at Nera hotels in Abuja,” the official said on condition of anonymity.

The separatist group later issued a statement saying that Tabe and six others were taken from Nera hotels by Cameroonian gunmen in an “illegal abduction”.

The unrest in Cameroon began in November, when English-speaking teachers and lawyers in the north-west and south-west regions of Cameroon, frustrated with having to work in French, took to the streets calling for reforms and greater autonomy.

French is the official language for most of Cameroon but English is spoken in two regions that border Nigeria.

Protests by separatists prompted a violent crackdown by Cameroon’s military last year in which troops opened fire on demonstrators.”

NOTES :

(1) (2) Voir ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XII):

COMMENT WASHINGTON VEUT SE SAISIR DE LA CRISE ANGLOPHONE AU CAMEROUN ET PARRAINE LES LOBBIES SECESSIONNISTES !?

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/11/20/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-xii-comment-washington-veut-se-saisir-de-la-crise-anglophone-au-cameroun-et-parraine-les-lobbies-secessionnistes/

(3) Voir ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XIV):

 DESTABILISATION DU CAMEROUN : LE DESSOUS DES CARTES DU ‘GOUVERNEMENT DE GUERRE DE L’AMBAZONIE’

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/11/28/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-xiv-destabilisation-du-cameroun-le-dessous-des-cartes-du-gouvernement-de-guerre-de-lambazonie/

(4) Voir ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (III) :

AMNESTY INTERNATIONAL ET LA DESTABILISATION DU CAMEROUN. OBJECTIF AMENER LE PRESIDENT BIYA A LA CPI

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/09/05/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-iii-amnesty-international-et-la-destabilisation-du-cameroun-objectif-amener-le-president-biya-a-la-cpi/

LUC MICHEL / PANAFRICOM

(première version éditée le 14 janvier 2014 pour EODE-AFRICA) ________________

* Page spéciale :

Luc Michel – Enquetes sur la Destabilisation de l’Afrique https://www.facebook.com/LucMICHEL.destabilisationafricaine/

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE I

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* PANAFRICOM

WEBTV http://www.panafricom-tv.com/

DA BELGRADO A HOLLYWOOD, DA OPRAH A CATHERINE DONNE IN NERO

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/01/da-belgrado-hollywood-da-oprah.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 15 GENNAIO 2018

Le Donne in Nero incominciarono a gironzolare in aree di conflitto alla fine degli anni’80. Furono fondate, in piena prima Intifada, da un gruppetto di bene intenzionate donne israeliane che ritennero di superare  lo scontro tra palestinesi in lotta di liberazione e invasori ebrei in fregola di colonizzazione, promuovendo iniziative congiunte di pace e riconciliazione. L’operazione aveva un vizio che ne minava ogni possibilità di risultato positivo: l’utopia che tra dominanti e dominati si potesse arrivare alla pacifica convivenza, rimandando a un qualche roseo futuro la soluzione del problema. Che, invece, in questo modo, veniva sottratta a chi aveva i titoli per richiederla “con tutti i mezzi”, come prescrive la Carta dell’ONU, a sua disposizione. Tuttavia, diversamente da altre epifanie di donne in nero, mirate con ogni evidenza ad annacquare le giuste lotte in un paralizzante volemose bene a prescindere e a sabotarle condividendo i pretesti del carnefice (“democrazia”, “diritti umani”, “donne imprigionate nel velo”, “dittatori”), quella in Palestina ha avuto l’indubbio merito di diffondere conoscenze sulle nequizie dei genocidi sionisti.

Cosa che molto meno si verificò in relazione ai crimini dell’occupazione britannica, sempre nel nome della pace e sempre con “donne per la pace”, a metà degli anni ’70 in Irlanda del Nord. Anche qui, basta con la lotta di popolo contro coloni ed esercito di occupazione, specie se armata, e, solo di riflesso, basta anche con la repressione delle truppe britanniche e dei loro surrogati massonico-fascisti dell’unionismo protestante. Visto che, come tra i repubblicani, anche tra gli unionisti c’erano operai, che si unissero  e lasciassero perdere l’anacronistico mito “nazionalista” della riunificazione.

Alla fine del giorno, la lotta di liberazione era scomparsa e Londra era tornata a regnare. E’ successo così sempre e ovunque, tanto da far pensare male, ma da prenderci: che questo pacifismo, tanto più prestigioso perché di donne, non l’abbiano inventato quelli che con la repressione non ne venivano a capo? Un’arma di distrazione di massa? Le due iniziatrici del movimento, Betty Williams e Mairead Corrigan, vennero insignite del Nobel per la pace. Quelli di Oslo sanno bene chi premiare. Chiunque risparmi danni allo stato di cose esistenti e ne rafforzi la presa sui subalterni. Vedi, Rabin, Kissinger,  Obama, Gorbaciov. Il trucco sta nel mettere sullo stesso piano le parti in conflitto, di solito un carnefice che gli dà giù e una vittima che non ci sta. Privata delle sue armi la vittima, il rapporto di forze così sancito stabilisce l’esito del confronto. In Irlanda come in Palestina come in Serbia, come dappertutto.

Donne nere per Clinton a Belgrado

Personalmente ho visto la maschera delle Donne in nero schiantarsi clamorosamente tra le macerie di Belgrado durante l’aggressione Nato del 1999. Lì la lenzuolata nera è andata a coprire nientemeno che la quinta colonna degli squartatori della Jugoslavia. Sommessamente meno bombe, ok, ma prima ancora e a piena voce meno “dittatore Milosevic”, meno “ultranazionalisti fascisti serbi”, meno repressione di bravi pacifisti come i sorosiani  di Radio B-92 (gemellata, ricordiamocelo, con le tutine bianche di Casarini e Radio Sherwood) e di Otpor, formazione di nonviolenti finanziata da Washington e Berlino e addestrata da un generale dei Marines a Budapest. Rischiarono il Nobel della pace anche queste nere belgradesi quando, a Jugoslavia distrutta e Serbia presa alle spalle, insistettero a servire i boia del loro paese e a esonerarli dei loro crimini, propalando l’inganno della pulizia etnica serba a  Sarajevo e del ”genocidio” serbo a Srebrenica.

Belgrado. Donne in nero contro il “genocidio di Srebrenica”

L’obiettivo solennemente dichiarato è sempre la fine delle violenze. E, guarda caso, senza eccezione questo nobile intento delle sante donne si manifesta nel momento in cui un tipo di violenza, quello dell’aggressore o del potere costituito, attraversa una fase di maggiore difficoltà, mentre l’altro, quello di chi si difende o lotta per liberarsi da una condizione di sottomissione, vede balenare all’orizzonte una prospettiva di vittoria. Ultimamente i fautori di una soluzione non violenta della crisi siriana si sono materializzati nel preciso momento in cui al mercenariato jihadista delle potenze attaccanti le forze patriottiche imponevano la ritirata. Di solito, quando donne in nero e affini riescono a far passare il discorso della pacificazione attraverso la nonviolenza, grazie a Premi Nobel, manipolazione dell’opinione pubblica e supporto mediatico, la parte che lo prende in quel posto sono i giusti, mentre il prevaricatore (ri)stabilisce il proprio ordine. 

La vera funzione delle Donne in nero è quella di tagliare le gambe alle forme di lotta che al padrone fanno male, a dispetto delle parecchie attiviste, prede di dabbenaggine e pie illusioni, che ne costituiscono l’inconsapevole, ma poco autocritica e molto autocompiaciuta, truppa. Tutto questo con vista, tra le pieghe delle palandrane nere, sulle macerie fumanti e le distese di cadaveri in Iraq, Libia, Siria, tutte attribuibili a chi su guerre, conquiste, genocidi fonda profitto e potere, ma tutte attribuite alla “violenza” in quanto tale, categoria dello spirito inventata con l’unico scopo di spargere nebbia su torti e ragioni e offuscare soprattutto le seconde. 

Dalla nonviolenza ad Al Qaida

Da sotto quei panneggi che pretendono di spargere il lutto su ogni violenza, riuscì addirittura a sbucare Al Qaida. Fu quando l’Assopace, associazione di Luisa Morgantini, se ne usci con un’incredibile analisi in cui, sulla falsariga di quanto Obama andava cianciando sui ribelli “moderati” in Siria, di Al Qaida si elogiava la capacità di amministrare comunità, il sostegno delle popolazioni e, tutto sommato, una possibile scelta per il futuro della regione alternativa ai cattivi dell’Isis.. Meglio Al Qaida, protagonista, al soldo delle potenze occidentali e di Israele, di efferatezze senza uguali tra Medioriente e resto del mondo, che il “sanguinario dittatore Assad”. E a dimostrazione che l’ordine di servizio per questa rivalutazione promanava dalla solita centrale, ecco che anche in Siria germogliavano donne in nero e caschi bianchi a perorare il superamento della violenza attraverso il dialogo. Dialogo tra Davide e Golia. Con Golia che restava quello che è, ma con Davide senza la fionda.

Pornografia in nero

C’è un filo rosso, anzi nero, nerissimo (in senso cromatico e morale), che unisce le donne in nero, quelle apparse per calmierare insurrezioni, rivoluzioni e resistenze, alle ciabattone hollywoodiane della recente kermesse in nero anti-molestie. Eroine della più manipolata e manipolante industria subculturale del mondo, merce avariata  di un postribolo dove tutto – salvo le eccezioni necessarie alle apparenze –  è prostituzione agli interessi di una criminalità storica organizzatasi in élite politica, finanziaria, militare, mondialista. Il filo nero è quello del tessuto che, anche in occasione dei Golden Globe, ha occultato, sotto il nero di una nobile solidarietà, i fini abietti dell’establishment. Il tutto in una perfetta continuità degli strumenti ideologici con cui l’establishment persegue quei fini: puritanesimo e ipocrisia.

Puritanesimo delle originali Donne in nero, integraliste della nonviolenza e tanto accecate dalla purezza dei propri intenti, dalla propria superiorità morale rispetto alle parti in causa, da non avvedersi come sistematicamente la loro equidistanza si risolveva in una fregatura per le vittime e in un vantaggio per i carnefici. Come storicamente dimostrato dalla Palestina all’Irlanda, dalla Serbia alla non ancora del tutto normalizzata Siria, dato che lì la resistenza delle forze armate e del popolo non si è fatta convincere che a stendere la mano ai tagliatori di teste, interposte teste di legno dei necrofori USraeliani, sauditi, turchi, qatarioti, ci si sarebbe trovati a consumare tutti quanti uniti tarallucci e vino su una tavolata fatta di salme.

Lotta di classe o lotta di genere?

L’ipocrisia  è quella che accompagna il consolidamento e l’espansione di profitto  e potere ovunque una minoranza infima si fa élite oligarchica e, pretendendosi portatrice di valori superiori alle plebi razzolanti nell’ignoranza e nell’egoismo. Nel caso di Usa e Israele (che non si sa se dei primi sia padrino o figlioccio), ci si è autoassegnati  il “manifesto destino” di un’eccezionalità conferita da dio e che legittima ogni prevaricazione, esonera da ogni crimine, rovescia il male in bene (di solito calcolabile con il proprio patrimonio in banca e il numero di creature inferiori soggiogate o tolte di mezzo).

Dalle suffragette alle Star di Hollywood

L’esibizione pornografica (dal greco πόρνη, porne,  meretrice) delle varie Mery Streep e Nicole Kidman ai Golden Globe era il coronamento di un’operazione di cui è difficile stabilire il punto di partenza. Sicuramente successivo al movimento delle suffragette di inizio secolo che rivendicavano la sacrosanta parità di diritti con gli uomini, a partire dal’elettorato attivo e passivo. Un seme se ne può forse individuare nei movimenti femministi del post ’68 che tra queste rivendicazioni storiche iniziarono a far balenare uno scontro femmine-maschi che oggettivamente non sempre si poneva a fianco della lotta di classe, ma finiva con il distrarre da essa, innescando in sua vece una guerra dei generi, paradigma fondamentale per un progetto di autocrazia mondiale che necessita della frantumazione di ogni coesione sociale, o nazionale (maschi-femmine, giovani-anziani, cristiani-musulmani, sciti-sunniti, curdi-arabi, migranti-autoctoni, ecc.).

A questo punto il sistema non se lo fece dire due volte e, operando sulla componente più negativamente mascolinizzata del movimento, un po’ per volta lo trasformò in lotta del matriarcato contro il patriarcato, con per posta la gestione dello stesso assetto capitalista, oligarchico, guerrafondaio.. Non gli parve vero di aver sottratto alla lotta degli oppressi e sfruttati questa sua componente cruciale. Epitome della corruzione della lotta delle donne per contribuire a liberare l’umanità dal gioco patriarcal-borghese-capitalista è stato lo scatenamento della rivolta femminista alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump. Due milioni di donne presero a pretesto alcuni borborigmi sessisti e razzisti di Trump e, indifferenti a quelli che, prima della sua presa in ostaggio da parte di Cia, Pentagono e Wall Street, erano i suoi propositi di riscatto operaio e di riconciliazione con Mosca, si rivoltarono sotto la guida e nel nome della sconfitta Hillary, corrotta beneficata da miliardi sauditi, sanguinaria assassina in Iraq e Libia, golpista in Honduras, dell’Obama delle sette guerre d’aggressione e del primato di vittime di sua mano rispetto a tutti i predecessori, e di George Soros, agente mondialista di genocidi e destabilizzazioni economiche e politiche.

Imperialismo contro sovranità nazionale = donne contro uomini

La guerra totale per la frantumazione della società occidentale (e non solo, vedi la versione desnuda della donne nere: Pussy Riot) tra donne e uomini, stavolta centrata, con ipocrisia ancora più esasperata, su una sessuofobia mascherata da “molestie”. La campagna molestie, peraltro unidirezionali degli uomini alle donne, sostitutrice delle ben più fondata denuncia dei femminicidi,  venne affidata a un mondo da sempre contiguo e succube al potere e portatore del suo Zeitgeist, spirito del tempo: quello dell’infotainment: cinema, televisione, media. Molestie che, classificati tali anche i tentativi di approccio, il corteggiamento, la seduzione, un polpastrello sul ginocchio (“Quando una donna dice no è no”.  Ma quando mai!), creava i presupposti per una separazione assoluta fondata, anziché sui naturali connotati di curiosità e attrazione, sul sospetto e ostilità a prescindere. Con ulteriore disistima per l’eterosessualità e la facilitazione delle sue divergenze.  Thomas Robert Malthus, il teorico della riduzione della popolazione, non avrebbe potuto inventarsi di meglio, dopo e oltre le cospirazioni dei mondialisti affidate a USraele.

Oprah e Weinstein

ImmaginatevI le levatrici e conduttrici delle più scurrili e culturalmente hard core trasmissioni della nostra tv, Maria de Filippi e Barbara d’Urso (l’avete presente, scosciata e salivante, che finge di intervistare Renzi o Berlusconi?), assurgere a simbolo della rivolta delle donne contro molestie e abusi del potere maschile? Noi non ci siamo arrivati, ancora. Il gineceo di Hollywood sì. L’equivalente delle due signore del basso impero televisivo nostrano è Oprah Winfrey, una miliardaria che a forza di salamelecchi all’eccezionalità americana, da conduttrice è diventata la tycoon di un impero mediatico. Intima, sodale, amica dai tempi più sospetti, del sessuomane farabutto, più orco di tutti, Harvey Weinstein, al quale una teoria sconfinata di scaturite imputa oscenità trent’anni dopo, urlando alla cafoneria in nero trasparente che trascinerà l’America all’orizzonte di una nuova alba, è assurta a portavoce dell’armata sconfinata che ha subito molestie. Anzi, la candideranno a presidente degli Stati Uniti. Eterogenesi dei fini? Macchè: omogenesi dei fini!  Dopo il duo Clinton, i due Bush, Obama, Trump, Bilderberg non poteva trovarsi marionetta migliore. Avesse mai detto una parolina di critica su quanto gli israeliani fanno in Palestina, o Obama e Clinton hanno fatto a mezzo mondo.

E che facciamo noi uomini. Beliamo in coro appresso a quelle che, inventate le categorie politiche contrapposte “uomini” e “donne” e fattesi categoria del bene, ci riducono compatti a categoria del male. Nel tripudio di maschi e femmine del progressismo liberal.

Ringraziamo con stima e affetto e grande ammirazione per il coraggio opposto alla torma urlante delle arpie progressiste di regime, Catherine Deneuve e le cento donne che con lei hanno rivendicato il diritto e la bellezza dei tentativi di seduzione,  così rivelandoci dove è custodita l’intelligenza delle donne. E, con essa, la vita della specie. “Il manifesto”, che ha trovato in Oprah la sua nuova Hillary, ha coperta la Deneuve di vituperi. Noi, con gli occhi lucidi, la ringraziamo per aver gradito quel fischio che le facemmo appresso quando  ci strizzò l’occhio dagli schermi.

Volete un’altra donna vera? Date un’occhiata a questo video: AhedTamimi, 16 anni, donna palestinese. https://www.youtube.com/watch?time_continue=26&v=MxhNRs-j6b4

Spielberg, Oprah
Per inciso. Omaggi e peana reciproci tra la nere donne di Hollywood e un santone della propaganda USraeliana, Steven Spielberg, da sempre regista di  abilmente confezionati polpettoni a sostegno delle intossicazioni, specialmente belliche, dell’establishment imperialista. L’occasione è l’ultimo suo lavoro “The Post” che, nel momento della sua massima decadenza deontologica da massimo portavoce, insieme al sionistissimo New York Times, delle fake news rigurgitate dallo Stato Profondo Usa, esalta il “Washington Post”, verniciandone le attuali oscenità con la celebrazione delle rivelazioni fatte al tempo del Vietnam.(I “Pentagon Papers”). E chi è il padrone di questo modello mediatico di intossicazioni di regime? Jeff Bezos, lo schiavista di Amazon. Il cerchio si chiude.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:45

OUBLIEZ TOUTES LES FAKE NEWS DES MEDIAS DE L’OTAN SUR LA LIBYE : LA LIBYE EN VOIE DE SOMALISATION OU LES DJIHADISTES FRAPPENT EN PLEIN TRIPOLI !

LM pour ELAC & ALAC WEBSITE/

2018 01 15/

http://www.elac-committees.org/

https://www.facebook.com/elac.committees/

https://www.facebook.com/ALAC.org/

ELAC - LM djihadistes à tripoli (2018 01 15) FR (2)

 

Oubliez toutes les « fake news » des médias de l’OTAN sur la « stabilisation de la Libye » !

Oubliez aussi les beaux discours des mêmes médias, mais aussi les rêveries des médias russes, sur « Haftar, l’homme fort de l’Est » (sic) (dixit Jeune Afrique il y a quelques jours), qui contrôlerait « 90% du territoire » (resic) !!!

La réalité, c’est l’AFP en aveux ce jour : « Dix morts en Libye lors de combats près de l’aéroport de Tripoli (…) Un groupe armé a lancé “une attaque” à l’aéroport, “qui compte une prison où sont détenues plus de 2 500 personnes”, pour libérer certains de ses membres » !

« Au moins dix personnes ont été tuées lundi lorsque des combats ont éclaté dans le secteur de l’aéroport de Mitiga, près de Tripoli, à la suite de l’attaque d’un groupe armé », a annoncé le gouvernement libyen d’union nationale (GNA, l’un des deux gouvernements libyens, mais qui est seulement l’une de la dizaine de factions qui contrôlent la Libye post-Kadhafi). Ce groupe armé a lancé « une attaque » sur le site de l’aéroport, « qui compte une prison où sont détenues plus de 2 500 personnes pour des affaires diverses », a indiqué la ‘force al-Radaa’ (dissuasion), chargée de sécuriser la plateforme.

Les assaillants n’ont pas été identifiés mais le gouvernement d’union (GNA) de Fayyez al-Sarraj a affirmé dans un communiqué que l’opération visait à libérer « des terroristes appartenant aux organisations Etat islamique (EI), Al-Qaïda et à d’autres groupes » détenus dans le centre « géré par la Force de dissuasion al-Radaa, qui dépend du ministère de l’Intérieur ». En fait une des milices salafistes ralliées à al-Sarraj !

Le ministère de la Santé du GNA a fait état de 10 morts, dont les dépouilles ont été transportées dans deux hôpitaux distincts. Il n’a pas précisé s’il s’agissait de civils ou de militaires. Quinze personnes ont aussi été blessées, dont trois grièvement qui ont été transportées à l’hôpital de Misrata (200 km à l’est de Tripoli). La direction de la Sécurité de Tripoli -qui dépend elle aussi du ministère de l’Intérieur- a pour sa part annoncé que plusieurs assaillants avaient été appréhendés par les forces de sécurité. « Toutes les infrastructures de la base militaire et l’aéroport sont sous contrôle et n’ont pas été endommagées », a-t-elle assuré.

Plus tôt, la direction de l’aéroport international de Mitiga, le seul de la capitale actuellement opérationnel, avait annoncé la suspension du trafic aérien « du fait des combats ». Toutes les routes menant à la zone ont été coupées. La reprise de ce trafic n’avait pas été annoncée dans l’après-midi. Dans sa première réaction, le GNA avait condamné une « attaque préméditée (…) mettant en péril la vie des passagers et la sécurité de l’aviation civile ». « Le personnel de l’aéroport et les passagers ont été évacués » dès que les combats ont commencé, a affirmé à l’AFP un pilote de ligne libyen sous le couvert de l’anonymat. « On a vu des chars dans le périmètre de l’aéroport », a-t-il ajouté.

COMME EN SOMALIE, LA GUERRE CIVILE PERMANENTE MILICES ISAMISTES RIVALES

« Lundi matin, des échanges de tirs à l’arme lourde étaient audibles jusqu’à Tajoura, une localité située à 30 kilomètres à l’est de Tripoli », selon des journalistes de l’AFP. Malgré une « amélioration relative de la sécurité dans la capitale depuis l’été dernier » (écrit sans rire l’AFP), des combats éclatent sporadiquement dans le secteur de l’aéroport de Mitiga, au centre d’une lutte d’influence entre milices.

La ‘Force de dissuasion al-Radaa’ est formée essentiellement de salafistes non djihadistes, principalement basés dans l’est de la capitale. Loyale au GNA de Fayez al-Sarraj soutenu par la communauté internationale, elle fait office de police à Tripoli et pourchasse à la fois les trafiquants et les personnes soupçonnées d’appartenir à l’EI. Ceux des milices rivales … Le GNA est installé à Tripoli depuis près de deux ans mais peine toujours à asseoir son autorité sur l’ensemble du pays, notamment en raison de la présence d’une autorité parallèle dans l’est, le gouvernement de Tobrouk, dont l’homme fort est Haftar.

Mitiga est une ancienne plateforme militaire utilisée pour le trafic civil en substitution de l’aéroport international de Tripoli, gravement endommagé en 2014 par des combats. A ce jour, seules les compagnies aériennes libyennes opèrent dans le pays, assurant des vols intérieurs et des liaisons régulières avec Tunis, Alexandrie (Egypte), Amman, Istanbul et Khartoum. L’Union européenne a interdit toutes les compagnies libyennes dans son espace aérien pour des « raisons de sécurité ».

La Libye est plongée dans le chaos depuis la chute de Mouammar Kadhafi  à l’automne 2011. L’ONU a défini « un plan d’action » qui prévoit notamment « des élections cette année, afin de tenter de sortir de la crise » (sic) …

LM/ ELAC WEBSITE/

THE JAMAHIRIAN RESISTANCE NETWORK

Carte :

La libye post-Kadhafi somalisée réelle (Revue Limes) … ________________________

* Website :

http://www.elac-committees.org/

For Direct Democracy and Libyan Jamahiriya ! / Le Réseau de Résistance pour la Démocratie Directe et la Jamahiriya libyenne ! / СЕТЬ СОПРОТИВЛЕНИЙ ДЖАМАХИРИИ – За Прямую Демократию и Ливийскую Джамахирию!

SUR FACEBOOK LA COMMUNAUTE KADHAFISTE :

* THE JAMAHIRIAN RESISTANCE NETWORK

Aller LIKER notre Page !

https://www.facebook.com/the.jamahiriyan.resistance.network/

* Page officielle ELAC (Eurasie) :

Aller LIKER notre Page !

https://www.facebook.com/elac.committees/

* Page officielle ALAC (Panafrique) :

Aller LIKER notre Page !

https://www.facebook.com/ALAC.org/

* Groupe GADDAFI MEMORIAL :

Inscrivez vous et inscrivez tous vos amis !

https://www.facebook.com/groups/GADDAFI.MEMORIAL/

SUR PRESS TV (IRAN), LUC MICHEL ANALYSE LES RACINES RACISTES DU REGIME TRUMP QUI EXPLIQUENT SON ‘PAYS DE MERDE’ SUR ‘ZOOM AFRIQUE’ (14 JANV. 2018)

PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL ANALYSE LES RACINES RACISTES (« SUPREMATISME BLANC ») DU REGIME TRUMP QUI EXPLIQUENT SON ORDURIER ‘PAYS DE MERDE’ ADRESSE A HAITI ET A DES PAYS AFRICAINS (SUR ‘ZOOM AFRIQUE’, 14 JANV. 2018) (PRESSE AFRIQUE)

sur https://vimeo.com/251209738

LM.PRESS TV - ZOOM AFRO trump pays de m (2018 01 14)

Press TV :

« Les leaders africains protestent contre les propos racistes du président des États-Unis.

C’est lors d’une réunion sur l’immigration avec des parlementaires à la Maison-Blanche que Donald Trump s’est emporté jeudi sur l’immigration en provenance de « pays de merde » (traduction française polie, il s’est en effet exprimé encore plus vulgairement, parlant de « shithole countries »). Des mots qu’il a vendredi partiellement contestés avec une formule alambiquée sur Twitter : « Le langage que j’ai utilisé lors de la réunion était dur, mais ce ne sont pas les mots utilisés. » Sollicitée jeudi soir sur ces propos, la Maison-Blanche n’avait pas contesté ou démenti, se bornant à souligner que M. Trump se battrait « toujours pour le peuple américain ». Plusieurs parlementaires ont de leur côté affirmé avoir bien entendu ces mots, ou avoir eu confirmation de première main de la part de personnes présentes. »

Le Géopoliticien Luc MICHEL :

* Analyse les racines idéologiques et politiques du racisme suprématiste blanc que Trump révèle, appuyé sur son électorat populaire (les « redneck », petits blancs largués par la société américaine).

L’ascension et la chute du leader d’extrême-droite Bannon, ex conseiller de Trump, qui vient de quitter le site ultra-conservateur Breitbart News,  résume et incarne cet arrière-plan. Sous les ordres de Steve Bannon, et avec le financement de la Famille Mercer (des milliardaires américains d’extrême-droite) ‘Breitbart News’ a été une machine de guerre au service de Donald Trump, participant activement à son élection à la présidence des Etats-Unis. Après l’investiture de Donald Trump, Steve Bannon est nommé haut conseiller à la Maison Blanche ce qui provoque de violentes réactions. “Les partisans de la suprématie de la race blanche seront représentés au plus haut niveau de la Maison Blanche de Trump”, dénonce Adam Jentleson, porte-parole du chef des sénateurs démocrates. L’extrême droite américaine, elle, se félicite, à l’instar de David Duke, ancien responsable du Ku Klux Klan (et proche de la frange radicale du FN)  qui a dit à CNN : “C’est excellent.”

* Il explique aussi pourquoi les réactions africaines sont purement verbales et platoniques …

ALLER PLUS LOIN

SUR L’ARRIERE-PLAN IDEOLOGIQUE DU REGIME TRUMP :

* Lire sur LUCMICHEL. NET/

LE CAMPS TRUMP SE LEZARDE (V) : LA FAILLE N’EN FINI PLUS DE S’ELARGIR. BANNON QUITTE LE SITE ULTRA-CONSERVATEUR ‘BREITBART NEWS’ … http://www.lucmichel.net/2018/01/10/lucmichel-net-le-camps-trump-se-lezarde-v-la-faille-nen-fini-plus-de-selargir-bannon-quitte-le-site-ultra-conservateur-breitbart-news/

* Voir Luc MICHEL, EODE/ OBSERVATOIRE DES ELECTIONS/ DIVIDED STATES OF AMERICA : ELECTION SENATORIALE TRES CONTROVERSEE EN ALABAMA

sur http://www.lucmichel.net/2017/12/12/eode-observatoire-des-elections-divided-states-of-america-election-senatoriale-tres-controversee-en-alabama/

_______________

# PANAFRICOM/

PANAFRIcan action and support COMmittees :

Le Parti d’action du Néopanafricanisme !

* Suivre Panafricom-Tv/

https://vimeo.com/panafricomtv

* Découvrir notre WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Voir notre Page Officielle Panafricom/ https://www.facebook.com/panafricom/

* Aborder notre Idéologie panafricaniste/ Panafricom II – Néopanafricanisme https://www.facebook.com/Panafricom2/

* Panafricom sur Twitter/

@Panafricom

https://twitter.com/Panafricom

* Blog PANAFRICOM-NEWS/

https://www.scoop.it/t/panafricom