TARGET IRAN, PARTE LA MAIDAN IRANIANA – FAKE NEWS, FAKE FLAG, REGIME CHANGE IN VISTA E IL “MANIFESTO” FA DA PESCE PILOTA DELL’OPERAZIONE ISRAELE-USA –

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/01/target-iran-parte-la-maidan-iraniana.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 1 GENNAIO 2018

https://www.youtube.com/watch?v=haEQNk6gE8M&feature=youtu.be https://www.youtube.com/watch?time_continue=21&v=ZeVYbTw6omE


https://www.youtube.com/watch?v=haEQNk6gE8M&feature=youtu.be 

https://www.youtube.com/watch?time_continue=21&v=ZeVYbTw6omE 

Qui sopra la copertina del mio documentario “TARGET IRAN”, realizzato durante il secondo mandato di Ahamdinejad, ma attuale più che mai, e due link youtube: al trailer del film e a una sua breve selezione. E’ l’unico docufilm italiano, per quanto mi risulta, che vi racconta l’Iran e il suo popolo antico e giovanissimo, le sue donne all’avanguardia sociale e professionale, la sua forte coscienza storica e patriottica, la sua incredibile bellezza, il suo ottimismo, il suo sorriso, i suoi governanti, i suoi combattenti, i suoi artisti, le vittime del terrorismo Mossad, al contrario del quadro offerto dai media al servizio dei necrofagi che non tollerano l’esistenza di indipendenza, sovranità, autodeterminazione, progresso sociale, cultura, civiltà. Copie dvd sono ottenibili scrivendo a visionando@virgilio.it.

Mi permetto di pubblicizzare e promuovere la diffusione di questo lungometraggio (85’) perché si è scatenato quello che promette essere un rinnovato tentativo USraeliano, con il conforto saudita e il beneplacito dell’UE, al cambio violento di regime in Iran, stavolta mettendoci tutto l’impegno dei due terroristi di Stato della cosiddetta “comunità internazionale (leggi NATO), Trump (con lo Stato Profondo Usa) e Netaniahu (sostenuto dalla lobby) e arrivando fino all’aggressione armata, con conseguenze apocalittiche non solo per il Medioriente. 

Dal fallimento della “rivoluzione verde” alla lotta contro la “dittatura”

L’anticipazione di questa strategia, lubrificata dallo tsunami di falsità e diffamazioni di cui si incaricano i media mainstream, con particolare efficacia quelli di “sinistra” e la loro clientela di utili idioti e amici del giaguaro imperialista, la si è avuta nel 2009, al tempo delle elezioni che hanno rinnovato il mandato al migliore, più laico, antimperialista (si ricordi la sua amicizia con Hugo Chavez) e socialmente sensibile presidente iraniano, Mahmud Ahamdinejad. Venne scatenata la sedicente “rivoluzione verde”, dove settori della borghesia ricca, nostalgica della sanguinaria dittatura del fantoccio occidentale Reza Pahlevi e famelica di neoliberismo per poter sottrarre beni e diritti ai ceti popolari valorizzati da Ahmadinejad, vennero mandati, da agenti infiltrati del terrorismo internazionale, allo scontro con lo Stato. Il pretesto era il solito: brogli nella vittoria di Ahamedinejad, riscatto delle donne oppresse da burka e bigottismo patriarcale.

Allora si trattava eminentemente di ridurre la crescente influenza di Tehran sul cosiddetto “arco scita”, espressione depistante utilizzata per descrivere governi e popolazioni resistenti all’imperialismo Usa e israeliano,neutralizzare il suo ruolo di prezioso fornitore di gas e petrolio a paesi su cui l’Occidente intende esercitare il dominio energetico,bloccare il modello di emancipazione sociale messo in atto da Ahmadinejad e l’impetuoso sviluppo industriale del paese. Al centro della sceneggiata era la presunta volontà di Tehran di dotarsi di armamento atomico, quando la stessa IAEA (Agenzia ONU per l’energia atomica) insisteva a dimostrare che lo sviluppo nucleare dell’Iran era dedicato esclusivamente a uso civile: sanitario ed energetico. 

Dall’”ultra conservatore” (leggi antimperialista) Ahmadinejad al “moderato” (leggi disponibile) Rouhani


Con l’avvento del “moderato” Hassan Rouhani, reso possibile dal fatto che il “conservatore” Ahmadinejad non poteva presentarsi per un terzo mandato e che il suo schieramento aveva fronteggiato le elezioni diviso (“moderato” e “conservatore” sono i termini che i media ci infliggono per designare chi è gradito e chi sgradito all’Occidente), avviene l’indecorosa resa, la rivincita dei “quartieri alti” di Tehran, un’offensiva privatizzatrice e, pietra angolare dell’indipendenza o meno del paese, l’accordo sul nucleare con gli Usa che ha privato l’Iran quasi interamente del suo potenziale di nucleare civile. Il che avrebbe dovuto portare alla normalizzazione dei rapporti con Usa e Occidente, alla fine di sanzioni tra le più feroci e genocide mai inflitte, alla pacificazione della regione. E’ sotto gli occhi di tutti a cosa ha portato l’arrendevolezza di Rouhani.

Il regime change di Obama, Hillary Clinton e Netaniahu fallì clamorosamente, ma a dispetto della “disponibilità” offerta dalla direzione iraniana (peraltro niente affatto unita, ma fortemente contrastata dalla Guida Suprema, Ali Khamenei e dai settori più avanzati e coscienti del paese, guidati dai Guardiani della Rivoluzione), non cessò, anzi assunse toni sempre più isterici e violenti la campagna politico-mediatica occidentale di contumelie e fake news, accompagnata da ondate di attentati terroristici contro scienziati iraniani e la stessa popolazione civile, affidati a una setta di fuorusciti riparata a Parigi e a Washington e da lì foraggiata e armata, i Mujahedin del Popolo (MEK). Il sostegno dato dall’Iran, sotto pressione dei non silenziati ambienti antimperialisti e antisionisti, alla resistenza irachena e iraniana contro Usa, Israele, Nato e loro mercenariato jihadista, l’impetuosa crescita del suo prestigio e della sua influenza nella regione e al di là di essa, hanno fatto saltare i nervi ai suoi nemici. E siamo ai pogrom di oggi che annunciano una nuova “rivoluzione verde” che in Occidente si spera risolutrice. Ma che non lo sarà, alla luce dell’unità del popolo iraniano, della sua coscienza politica, del suo patriottismo.

Dal golpe contro Mossadeq ai pogrom di oggi: la costante di una deformazione della verità sull’Iran

Dal giorno in cui la rivoluzione khomeinista ha posto fine alle ingerenze colonialiste e poi imperialiste (si ricordi il colpo di Stato angloamericano contro il premier Mossadeq nel 1952 e la restaurazione imperiale sotto lo Shah), l’Occidente non ha mai cessato di fornire all’opinione pubblica un quadro grottescamente distorto dell’Iran e dei suoi 80 milioni di abitanti. Oggi si riparte con la totale falsità di una dittatura, una società oppressa dal clero, una catastrofe economico-sociale, una matrice di terrorismo e instabilità in tutta la regione. La potenza che s’inventa interferenze russe nelle proprie elezioni, ma che non ha trascurato di intervenire, con tangenti, ricatti, manipolazione di settori sociali, tsunami mediatici e colpi di Stato, in praticamente ogni processo elettorale e genericamente politico dove fosse in gioco il dominio Usa, rinnova l’operazione fallita del 2009: obiettivo, ancora una volta il regime change e, in mancanza, l’aggressione, o diretta, o affidata a surrogati.

Le politiche neoliberiste di Rouhani, che hanno annullato in parte il progresso delle classi popolari realizzato da Ahmadinejad, ma soprattutto le sanzioni che l’accordo nucleare avrebbe dovuto far sospendere, ma che Trump ha rafforzato, hanno peggiorato le condizioni di vita di vaste masse: aumento dei prezzi di carburanti ed energia, annullamento dei sussidi alimentari, inflazione, crisi del bazar, disoccupoazione. Ed è successo quanto s’è visto e documentato a Kiev, Bengasi in Libia, Deraa in Siria, Caracas. Parte una pacifica rivendicazione di piazza in varie città iraniane, nel giro di ore, secondo un programma dettagliato pubblicato in rete, in varie città spuntano gruppetti di non più di 50 soggetti che, alle richieste di aumenti salariali e altri interventi economici, sovrappongono slogan anti-sistema, contro il governo e, con particolare virulenza contro il “dittatore” Khamenei, che è dittatore quanto lo è il capo di Stato di qualsiasi paese europeo. 

La monotonia dei copioni per le rivoluzioni colorate

Se “morte al dittatore” e “morte a Khamenei” ci riportano dritti dritti agli auspici di morte indirizzati a Maduro, Gheddafi o Assad dal mercenariato jihadista di Obama-Clinton, l’inconfutabile marchio israeliano risuona, poi, nelle imprecazioni contro il ruolo regionale dell’Iran e contro l’impegno per la Palestina, Gaza e il Libano: “Giù le mani dal Medioriente”, “No Gaza”, “No Libano”. Non passano che poche ore e, immancabili, partono colpi di arma da fuoco, non si capisce bene da quale parte (per i media occidentali inconfutabilmente dalla polizia) e cadono le prime vittime. A tempo scaduto, escono fuori prove, video, testimonianze e confessioni che attestano la presenza di infiltrati impegnati a sparare sulla folla. Su questo aspetto, tuttavia, i massmedia appaiono distratti. Come ciechi e sordi, “diversamente abili”, appaiono a fronte della immediate e di gran lunga numericamente superiori manifestazioni di massa a sostegno del governo e contro i complottisti stranieri.

Guarda chi c’è: Amnesty e, in coda, il manifesto

Intanto hanno lucidato le proprie trombe tutti gli squalificatissimi arnesi della cosiddetta “società civile” e dei “diritti umani”, gli scontati travestimenti dell’intelligence imperialista, da Amnesty International a HRW e alla National Endowment for Democracy, con pesce pilota, da noi, il “manifesto”, zelantissimo su tutte le campagne delle false sinistre e vere destre internazionali: russofobia, “dittatori”, migranti e Ong sorosiane, molestie, gender, “populisti”, “sovranisti”, “minaccia fascista” incombente (che, per carità, non riguarda mica censura, militarizzazione, securitarismo, bellicismo, colonialismo, guerra ai poveri su entrambi i lati dell’Atlantico). Ogni tanto , nell’idea fallace che pure in quelli del “manifesto” debba sopravvivere un briciolo di morale e di onestà intellettuale (non penso agli auto- ipnotizzati che contribuiscono pensando di scrivere per un giornale dalla parte dei deboli e oppressi), mi chiedo se gli balena mai il sospetto di aver dato il proprio contributo allo squartamento di Jugoslavia, Libia, Siria, Iraq e, con questo, all’eliminazione di milioni di innocenti. Se lo chieda anche il comunista Manlio Dinucci.

Una di queste entità, la Foundation for Defense of Democracies, del talmudista Mark Dubowitz, ha sintetizzato il programma di distruzione dell’Iran, nel plauso del direttore della Cia, Mike Pompeo e del segretario di Stato Tillerson, nei termini di un appello a Trump di lanciare “l’offensiva finale contro il regime di Tehran, indebolendone le finanze attraverso più massicce sanzioni economiche e minandone la direzione attraverso la mobilitazione delle forze pro-democrazia”. Al tempo stesso il Congresso ha votato cospicui finanziamenti ai terroristi del MEK, la cui presidente, Maryam Rajavi, non ha perso l’occasione peri incitare “l’eroico popolo dell’Iran” all’assassinio del dittatore Khamenei e alla liberazione dei prigionieri politici. 

 Neda Soltan e il trucchetto

Presto emergerà una nuova eroina-simbolo della “rivoluzione democratica”, sul modello di Neda Soltan, ricordate? La giovane manifestante di Tehran uccisa dagli agenti del regime di cui, poi, un video dimostrava la finta morte allestita con finto sangue dai suoi compari e un giornale tedesco, la Sueddeutsche Zeitung, la resurrezione in Germania. 

Nulla di nuovo sotto il sole. Solo che questa volta temo che, constati i propri rovesci in Medio Oriente, grazie anche all’Iran, i veri Stati canaglia vogliano andare fino in fondo. E qui, amici, la controinformazione è vitale. Soprattutto per spuntare le frecce avvelenate che, in partenza dall’house organ sorosiano che si fregia del vezzeggiativo “quotidiano comunista”, contaminano le facoltà raziocinanti di tanti dabbenuomini e tante dabbendonne, anche femministe, anche LGBTQ, al punto da trascinarseli appresso nel lastricare la strada dell’inferno.

 
TARGET IRAN, PARTE LA MAIDAN IRANIANA – FAKE NEWS, FAKE FLAG, REGIME CHANGE IN VISTA E IL “MANIFESTO” FA DA PESCE PILOTA DELL’OPERAZIONE ISRAELE-USA –ultima modifica: 2018-01-19T17:39:34+01:00da davi-luciano
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