Milano, accoltellamento da McDonald’s: il ferito è un cliente intervenuto per aiutare il vigilante

tentato omicidio di una persona, un 29enne, di cui ovviamente la cronaca non ci racconta nulla, nonostante anche lui fosse straniero (ma di quelli che non ingrassano mafia capitale) ormai è diventato normale morire (o quasi così), perché la società multikulti è un bene e non si può fermare, ordine imperiale di mafia capitale e cosca di Soros. Ovviamente non ci sono aggiornamenti sulle sue condizioni, 4 giorni fa lottava tra la vita e la morte, poi SILENZIO. Aggredito da “giovani” nordafricani, 30 persone, persone “in fuga da guerre e miseria”, narra la vulgata. Quindi persone fragili, sensibili e tanto buone. Ma silenzio, non si deve generalizzare e strumentalizzare, mica come il caso di 4 ragazzi intenti ad “imporre l’ascolto di un voantino”, quella sì un’azione violenta, intimidazione furibonda nonostante nessuno abbia sfiorato nessuno,  azione che necessita di decreto d’urgenza. 30 persone che aggrediscono a suon di calci e pugni e coltelli una singola persona riducendola in fin di vita  è una “goliardata” se a commetterla sono risorse, non è squadrismo.

Milano, accoltellamento da McDonald's
(fotogramma)
 
Non è l’addetto alla vigilanza del fast food l’uomo rimasto lievemente ferito ieri, in centro a Milano, nel corso di un’aggressione in un McDonald’s da parte di un gruppo di giovani. L’uomo, ha precisato oggi la questura di Milano, contrariamente a quanto comunicato, è anche lui un cliente del locale, intervenuto per aiutare all’addetto alla security che stava tentando di allontanare la banda.
 
E’ accaduto sabato sera, intorno alle 20.45, nella centralissima Galleria Ciro Fontana, a pochi passi dal Duomo. Il gruppo aveva occupato dei tavoli dando fastidio ai clienti. Il responsabile del negozio aveva detto all’addetto alla security di allontanarli, e nel tafferuglio che ne era seguito era stato ferito un 29enne che era intervenuto a parole per dare man forte all’addetto che li voleva allontanare.
 
Si tratta di un gruppo di giovani nordafricani – una decina, tra i venti e i trent’anni – che stavano fumavano marijuana nel McDonald’s. Quando il ragazzo della security ha chiesto a quei ragazzi di uscire, loro hanno cominciato a fare ancora più chiasso, a ridere e urlare tra i clienti. Solo dopo un po’ sono scesi dalle scale verso l’uscita, hanno raccontato i dipendenti del fast food. Una volta fuori dal locale, la banda non è andata via, ha aspettato che il 29enne uscisse e lì è iniziato il pestaggio. Hanno visto il giovane sulla porta d’ingresso, lo hanno circondato e sono partiti con pugni e calci, al volto e in pancia. E alla fine una coltellata, alle spalle, lo ha fatto crollare a terra. Poi, in un attimo, tutti sono spariti. Una donna ha dato l’allarme e sono arrivate gli uomini delle volanti e un’ambulanza. L’uomo è stato trasferito in codice rosso al Policlinico con ferite alla fronte, agli zigomi, alle gambe, e un taglio profondo alla spalla da cui perdeva molto sangue.
 
Ora gli investigatori della questura sperano di isolare i volti del gruppo dalle immagini delle telecamere interne e di quelle intorno al McDonald’s. E di identificare gli aggressori anche con l’aiuto delle testimonianze di chi era presente. Appena il ragazzo starà meglio darà anche lui una descrizione degli aggressori, e racconterà quei minuti di terribile violenza.
Il gruppo stava fumando marijuana nel locale: l’addetto alla security voleva allontanarlo, il 29enne aggredito all’uscita. E’ grave in ospedale
04 dicembre 2017

FRANCIA, MACRON E’ GIA’ ASSEDIATO: MANIFESTANTI IN PIAZZA

Che fortuna che pure da noi i kompagni sono sempre in lotta contro il capitale ed il governo non eletto per difendere i nostri diritti…. si vedono le “conquiste”…..meglio dedicarsi a pericoli inesistenti così le lobbies del capitale possono lavorare serene e senza contrasti..

Macron è già assediato: in Francia piazze piene contro il presidente
Manifestanti in piazza contro le politiche liberiste di Macron
I tanti manifestanti contro la politica “liberista” del presidente francese Emmanuel Macron hanno sfilato oggi per la quarta giornata di mobilitazione per denunciare i decreti, in vigore da settembre, e sperando di essere ascoltati da un governo che ha già approvato altre riforme. “Solo chi non fa nulla è sicuro di perdere”, ha affermato questa settimana Philippe Martinz, segretario generale della CGT, il principale sindacato transalpino. Circa 170 manifestazioni sono in programma, organizzate dalla CGT con Solidaires, la FSU e le organizzazioni giovanili, oltre che per la prima volta con Force Ouvrière (FO). Anche se, comunque, i due numero uno delle organizzazioni sindacali marceranno a centinaia di chi,lometri di distanza: Martinez a Parigi, Jean-Claude Mailly a Marsiglia.
NEL MIRINO LA RIFORMA DEL LAVORO E LE PENSIONI
“Vogliamo lanciare un segnale d’allarme sui dossier che sono di qui a venire, come il sussidio di disoccupazione e, l’anno prossimo, le pensioni”, ha spiegato il segretario generare di FO, che ha anche una “forte inquietudine” sull’avvenire della pubblica amministrazione. Al fianco delle organizzazioni sindacali, marceranno molti militanti di France Insoumise, il movimento di sinistra Jean-Luc Mélenchon.

L’emergenza 25 novembre 2017 – Settimo caso di meningite, turista grave al San Martino

10 vaccini obbligatori di malattie non letali. Per la meningite non solo ci espongono ( chi proviene dalla Meningitis belt non può essere controllato perché è razzismo), ma il vaccino che peraltro copre a malapena un ceppo, non è gratuito e manco di facile reperibilità. 

– Meningite, bimbo di 4 anni di Ventimiglia ricoverato al Gaslini
– Bimba di sei anni muore a Bergamo per meningite. Alcuni genitori non fanno entrare i figli a scuola
Genova – Un uomo di 59 anni, originario di Riesi in Sicilia ma ospite di alcuni familiari nel ponente genovese, è stato ricoverato l’altro ieri notte all’ospedale San Martino per un nuovo caso di meningite. Si tratta del settimo caso da inizio anno, il primo dopo la morte dell’anziana pensionata di 79 anni, stroncata dall’infezione (di origine batterica) a fine settembre.
L’uomo ha avvertito i primi malesseri nel pomeriggio di giovedì. I soliti sintomi di nausea e vomito accompagnati da febbre alta. Sulle prime si pensa ad una influenza. Durante la notte però, le sue condizioni peggiorano, tanto da spingere i familiari a chiamare il centralino dell’emergenza. L’uomo viene soccorso dai volontari della pubblica assistenza e accompagnato, in un primo momento, all’ospedale Villa Scassi di Sampierdarena. Lì i medici, evidenziano la possibile meningite e decidono il trasferimento urgente all’ospedale San Martino.
Intanto, senza aspettare ulteriori accertamenti sul tipo di meningite, la direzione sanitaria della Asl 3 e il servizio Igiene, avvisati subito del possibile caso di meningite, hanno disposto immediatamente un programma di profilassi decidono di sottoporre a profilassi che ha coinvolto i familiari e i militi della pubblica assistenza che hanno soccorso l’uomo, ma anche per il personale del Villa Scassi, primo ospedale dove è giunto il cinquantanovenne. Dopo gli accertamenti medici sul liquor , le analisi di laboratorio hanno evidenziato come la malattia non sia di origine batterica, ma virale. Quindi si tratta di una meningite non contagiosa. Nonostante questo i vertici dell’ospedale hanno comunque allertato l’ufficio di igiene di Asl 3. L’uomo si trova adesso ricoverato nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Martino. Le sue condizioni, seppur gravi, sarebbero stabili. Buona la reazione alla terapia.
Alessandro Ponte

Do Foreign-Born Workers Cause Native-Born Workers to Move or Leave the Labor Force?

Gli studi autorevoli che danno ragione agli ignoranti che ragionano con la pancia:

“Secondo una recente ricerca degli economisti Roberto Pinheiro e Allan Dizioli per la Federal Reserve Bank di Cleveland, esiste una correlazione tra la presenza di immigrati nella forza lavoro di un Paese e la probabilità che lavoratori autoctoni privi di laurea emigrino o lascino la forza lavoro.
 
L’aumento di probabilità è piccolo, ma va sommato alla (sempre piccola) riduzione dei salari per la medesima classe di lavoratori registrata dalla maggior parte degli studi.
Quest’impatto, non certo disastroso ma comunque misurabile e negativo, dell’immigrazione sulla situazione lavorativa degli autoctoni non laureati aiuta a spiegare, molto più di certa sociologia spicciola (“colpa dell’ignoranza” “rigurgiti nazi-fascisti” ecc.), perché questa classe di persone sia maggiormente persuasa che l’immigrazione vada ridotta.” Daniele Scalea
Do Foreign-Born Workers Cause Native-Born Workers to Move or Leave the Labor Force?
Roberto Pinheiro Senior Research Economist – Roberto Pinheiro has been an active researcher in labor markets, organization economics, venture capital, and the economics of health care.
Allan Dizioli – Contributing Author
(PDFPDF icon)

This Commentary discusses how the presence of foreign-born workers in a local labor market affects the decisions of native-born workers to leave the labor force or move to another state. We analyze short panels obtained through the Current Population Survey and find that, in the short run, less-educated native-born workers react to a larger stock of foreign-born workers by either moving to a different state or dropping out of the labor force. In terms of magnitude, the effect is small but not insignificant.
 
The impact of foreign-born workers on the native-born workforce in a local labor market has been investigated in a number of research studies, but the impact and its magnitude are as yet unclear. Many empirical studies have estimated the effect of immigration on wages and unemployment, but the results are inconclusive. Estimates of the effect on unemployment have fallen over a wide range, and most estimates of the effect on wages have been small and negative for less-educated workers (see Blau and Kahn, 2014). However, most studies have focused on only these two possible effects of immigration. Other ways in which the local labor market might adjust to an influx of foreign-born workers, such as native-born workers exiting the labor force or moving to another labor market, have been explored less. Because these other channels of adjustment could partially mute the impact of foreign-born competition on native-born workers’ wages and employment, they should be investigated in more depth.
 
In this Commentary, we focus on these other adjustment channels. Using individual-level data, we calculate both the probability of an individual dropping out of the labor force and of migrating to another state as the fraction of the foreign-born population changes, controlling for demographic and local labor market characteristics. In order to account for any remaining omitted variables, we introduce the interaction of state and time as fixed effects that capture potential differences in the local labor markets’ business cycles. Given the features of the data we use, we limit our analysis to short-term effects in the local labor market.
 
Our results indicate that less-educated native-born workers do react to the presence of foreign-born workers in their local labor market. We find that less-educated native-born workers are more likely to either move to a different state or drop out of the labor force in states with higher fractions of foreign-born workers. Though the effects are quantitatively small, they are not insignificant.
 
Data
To analyze changes in labor force participation rates, we use data from the monthly matched Current Population Survey (CPS). To analyze changes in interstate migration, we use data from the Annual Social and Economic Supplement (ASEC) of the CPS. The CPS does not follow workers who move across states, but it asks detailed questions about the respondents’ previous migration patterns, so we know exactly where respondents have lived in the past year. Consequently, we focus on migrations that occurred within the year preceding the interview.1
 
Table 1 shows descriptive statistics for the sample of prime-age (25–54) male workers used for the migration analysis. Following the literature, we exclude women from the main analysis because women’s labor market decisions tend to have a strong nonmarket component (for example, the decision to take care of children).2 The characteristics of the sample used for the labor force participation analysis are qualitatively the same. The majority of the male workers in the sample are younger than 40, white, and less-educated, where less-educated means having a high school diploma or less. Most are native-born, healthy, and married. The average unemployment rate in the state in which they worked in the year prior to their interview was 6.6 percent. As for the share of the foreign-born workers in the state, we see a wide variance. The median is 11 percent of the labor force, but the minimum is 1 percent and the maximum is 36 percent.
 

Mean

 

(percent)

Standard deviation
Older (≥ 40)
48.46
49.98
White
71.88
44.96
Black
8.31
27.60
Married
62.28
48.47
Native-born
84.87
35.83
Less-educated
42.40
49.42
Poor health
0.84
9.13
Foreign-born
10.71
7.98
State unemployment
6.61
2.09
Number of individuals in sample = 282,590
   
Table 1. Descriptive Statistics: Internal Migration Sample, Men
 
Sources: Authors’ calculations based on data from the monthly matched Current Population Survey (CPS) and the Annual Social and Economic Supplement of the CPS.
 
Table 2 shows other descriptive statistics for the states in which native-born workers lived before and after moving from one state to another. Workers tend to move from states with higher concentrations of foreign-born workers to states with lower concentrations. Similarly, they tend to move from states with higher unemployment rates to states with lower rates.
 

Mean

 
Median
St. Dev.
Min
Max
Foreign-born, origin state
10.98
9.29
7.81
0.38
29.87
Foreign-born, destination state
9.39
7.50
6.92
0.38
29.87
State unemployment, origin state
6.75
6.40
2.06
2.20
18.70
State unemployment, destination state
6.65
6.40
2.13
2.20
18.70
Number of individuals in sample = 8,519
         
Table 2. Descriptive Statistics: Origin and Destination States
 
Sources: Authors’ calculations based on data from the monthly matched Current
 
Population Survey (CPS) and the Annual Social and Economic Supplement of the CPS.
 
In the next section, we try to estimate the probability of workers moving across states as well as dropping out of the labor force. To do so, we must restrict our sample to one in which we observe the same household for two periods. In the subsample of households we observe for two periods, close to 5 percent had dropped out of the labor force in the year prior to being interviewed, while about 2 percent had moved from out of state.
 
Methodology
We are interested in knowing how the level of foreign-born workers in a state affects the probability of a native-born worker, particularly a less-educated worker, dropping out of the labor force or moving to another state. To calculate these effects, we estimate several linear probability models. We define less-educated workers as those with a high school diploma or less because Card (2009) and Ottaviano and Peri (2012) have found that high school graduates and high school dropouts are very close substitutes from the employers’ perspectives.
 
We control for workers’ age, race, gender, marital situation, place of birth (United States versus abroad), health condition, and educational level, as well as the average unemployment duration in the state, the state unemployment rate, and the ratio of foreign-born workers in the state to the state’s total population. In order to minimize the effects of individuals who drop out of the labor force for reasons not related to local labor market conditions, we focus our results on prime-aged individuals (25–54 years old). In addition, because women may leave the labor force more often than men for reasons unrelated to local labor market conditions, we focus on men’s results. However, results for the overall sample of less-educated workers (men and women) are qualitatively the same. We also eliminate possible omitted variables from characterizing state labor markets by controlling for the interaction of year and state fixed effects.
 
Results
Results for the effect of foreign-born workers on labor force participation are presented in table 3. To interpret the results of the type of analysis we did, you must first keep in mind that the results are interpreted relative to a baseline group. The baseline group we chose for comparison is college-educated foreign-born workers. That is, our analysis looks at how much more or less likely a given worker is to drop out of the labor force relative to a college-educated foreign-born worker.
 
While this seems an odd choice for a baseline, the choice has some benefits. First, this baseline group has a labor force participation rate that is quite high (more than 96 percent) and stable (see Fogg et al., 2012). Hence, the overall fraction of foreign-born workers in the local labor force, which is the variable of interest, is unlikely to affect the labor supply of college-educated foreign-born workers. While our results are relative to this baseline, the fact that the baseline is nearly invariant allows us to get a better sense of the absolute effect. Second, the effect of the baseline is netted out once we compare the results for different groups (for example, college-educated and less-educated native-born workers). Consequently, we can explicitly calculate comparisons across any two groups, choosing different baselines.
 
All coefficients in table 3 reflect the impact on the different educational groups as the fraction of the local labor force that is foreign born varies. We see that only the coefficient for native-born less-educated workers is significant. Therefore, we can surmise that the effect of changes in the fraction of the local labor force that is foreign born is concentrated on native-born less-educated workers.3 Using these coefficients, we can calculate that an increase from 10 percent to 20 percent in the fraction of the local labor force that is foreign born would be correlated with an increase of 0.46 percent in the likelihood of native-born less-educated workers leaving the labor force relative to foreign-born college-educated workers (0.046 × 0.1 = 0.0046 × 100).
Worker group

Men,

 

all educational levels

Native-born college-educated
0.005*** 
(0.009)
 
Foreign-born less-educated
−0.009***
(0.008)
 
Native-born less-educated
0.046***
(0.008)
 
Table 3. Linear Probability of Labor Force Exit, (Aggregated Interaction Effects)
 
Notes: All specifications include year×state fixed effects in order to control for state-specific business cycles. *** p < 0.01.
 
Sources: Authors’ calculations based on data from the monthly matched Current Population Survey (CPS) and the Annual Social and Economic Supplement of the CPS.
 
Results for interstate migration are presented in table 4. As in table 3, the baseline group is foreign-born college-educated workers. However, in this case, the choice of the baseline group is not as neutral as before. First of all, a foreign-born worker’s decision to migrate may depend on the fraction of compatriots who live in the area (see Kritz et al., 2011). Second, all college-educated workers, both foreign- and native-born, are more likely to move across state lines than less-educated workers (see Newbold, 1999). As a result, the migration decisions of college-educated foreign-born workers may vary not only across states but they may also be affected by the fraction of foreign-born workers in the labor force. In this sense, our results must truly be taken as relative to the baseline. However, the baseline choice is still irrelevant when analyzing whether less-educated native-born workers are more or less likely to move across state lines due to changes in the labor force’s fraction of foreign-born workers than more-educated native-born workers. In these comparisons across the two groups, the choice of baseline is kept constant and effectively nets out in the calculations.
Worker group

Men,

 

all educational levels

Native-born college-educated
0.145***
(0.013)
 
Foreign-born less-educated
0.026***
(0.009)
 
Native-born less-educated
0.171***
(0.019)
 
Table 4. Linear Probability of Migration, (Aggregated Interaction Effects)
 
Notes: All specifications include year×state fixed effects in order to control for state-specific business cycles. *** p < 0.01.
 
Sources: Authors’ calculations based on data from the monthly matched Current Population Survey (CPS) and the Annual Social and Economic Supplement of the CPS.
 
Based on our results, we can calculate that a 10 percent increase in the foreign-born fraction of the local labor force is correlated with an increase in the propensity to move across states (compared to the baseline group) of 1.45 percent for college-educated native-born workers and 1.71 percent for less-educated native-born workers. A less-educated foreign-born worker is just 0.26 percent more likely to move in response to a 10 percent increase in the fraction of the labor force that is foreign-born than his college-educated counterpart. These results are in line with the findings of Monras (2015) that show that a large influx of Mexican immigrants due to the Mexican Peso Crisis induced substantial internal relocation.
 
Conclusion
We show that the presence of foreign-born workers in the local labor force is correlated with a higher likelihood of native-born less-educated workers dropping out of the labor force or moving across state lines. Our results are robust to the inclusion of industry, year, state, and state×year fixed effects, implying that we control not only for the overall US business cycle and the composition of local industry, but also for possible differences in regional business cycles. In terms of the magnitude of the effects, they tend to be small while still statistically significant.
 

Footnotes
  1. An unfortunate drawback of this approach it is that we have less information about jobs and wages at the time of the move. Return
  2. Women are more likely to drop out of the labor force to take care of children or an elderly relative. They are also more likely to move to another state because their spouse got a job offer (men are much less likely to follow their wives’ careers). We did include women and men in one specification, and the results were qualitatively the same as the men-only results.Return
References
  • Blau, Francine, and Lawrence Kahn, 2014. “Immigration and the Distribution of Incomes.” In Handbook of the Economics of International Migration: The Impact, 793–843.
  • Card, David. 2009. “Immigration and Inequality,” American Economic Review, 99: 1–21.
  • Fogg, Neeta P., and Paul E. Harrington. 2012. “Findings from an Examination of the Labor Force Participation of College-Educated Immigrants in the United States.” Center for Labor Markets and Policy Drexel University.
  • Kritz, Mary M., Douglas T. Gurak, and Min-Ah Lee. 2011. “Will They Stay? Foreign-Born Out-Migration from New US Destinations,” Population Research and Policy Review, 30.4: 537–567.
  • Monras, Joan, 2015. “Immigration and Wage Dynamics: Evidence from the Mexican Peso Crisis,” unpublished manuscript.
  • Newbold, K. Bruce. 1999. “Spatial Distribution and Redistribution of Immigrants in the Metropolitan United States, 1980 and 1990,” Economic Geography, 75.3: 254–271.
  • Ottaviano, Gianmarco and Giovanni Peri, 2012. “Rethinking the Effects of Immigration on Wages,” Journal of European Economic Association, 10: 157–192.

Sala d’attesa (la sanità greca al collasso)

ecco come la buona solidale e filatropa europa conduce a morte i greci negando le cure e l’assistenza sanitaria. Per fortuna che ci pensa il compagno Tsipras a difendere i malati, ed il popolo greco in generale. L’europa però è buona, la troika è giusta, Tsipras un salvatore……e ci difenderanno dall'”ondata nera che vuole distruggere questo templio di felicità e benessere…

La visita presso un dottore per una banale influenza si trasforma in uno spaccato eloquente sulla sanità. I medici in Grecia possono visitare solo un certo numero di pazienti ogni giorno (gli altri, a pagamento) e il sistema sanitario ha già espulso oltre 3 milioni di cittadini ed eliminato numerose medicine dal prontuario. Nel frattempo il governo pianifica (non è uno scherzo) la costituzione di un’Agenzia Spaziale greca e la moglie di Tsipras trova lavoro all’Università di Atene. In giro si discute di ritorno alla dracma e di eliminazione del contante, mentre i giovani di Syriza cercano di guadagnarsi un posto al sole protestando contro Trump. Ma un malato di cancro può essere curato solo se il medico indica la sua aspettativa di vita sulla ricetta.
 
Bassifondi del mondo, bei mobili rosicchiati dai parassiti. E loro, che dominano ancora gli ultimi singhiozzi democratici rimasti, due secondi storici prima della definitiva soppressione. Questi “parassiti” dell’élitocrazia globalista totalitaria non hanno osato ancora tutto. Nel frattempo, hanno usato i presunti elettori per la loro ultima (?) forma di parassita, vomito rigurgitato dalle viscere di un sistema già abbastanza tracotante. Questo parassita politico, per la precisione, è stato abilmente servito in Grecia, al momento delle ultime elezioni prima della Troika (2009) con il nome di Yorgos Papandreou. In Francia, per esempio, e nel 2017, si chiama (ora) Emmanuel Macron. In Spagna sarebbe il giovane … Mariano Rajoy fino alla fine. Come dicono gli italiani, “sordidezza” [ndt: in italiano nel testo].
 
Propaganda-europea. sala di attesa di uno studio medico, Atene, gennaio 2017
 
Nelle ultime due settimane in Grecia, è l’incertezza che dilaga, insieme all’influenza, ed agli scenari rispolverati sulla Grexit e sull’annunciato ritorno … della dracma. I presunti negoziati con la troika sarebbero congelati, cinici hybridocrati [ndt: neologismo che individua quei governanti ispirati dalla hybris, cioè dalla tracotanza] del “governo” SYRIZA / ANEL non sanno più che fare per restare al potere … ora che il quarto memorandum e quindi la loro morte si profilano così chiaramente all’orizzonte del naufragio.
 
Il ministro (Finanze) Tsakalotos si mostra visibilmente irritato, infine anche contro suo campo (seduta del “Parlamento” 01/02). Si dimetterà, forse… questa è la diffusa nausea riguardo al memorandum 4. Non importa, in realtà. Tutto sembra legato alla decisione del FMI. “Restare o no nel programma greco”. “Programma greco” come la nota “soluzione finale” fatte le debite proporzioni, secondo la neolingua che i giornalisti “autorizzati” bevono e rigurgitano già con il latte materno.
 
In una sala d’attesa di uno studio medico … ben frequentato ormai causa influenza, un televisore è acceso, il suono è basso. Rivela per l’ennesima volta la propaganda filo-europea sotto forma di pseudo-documentario su “le istituzioni democratiche della UE”, il film è ovviamente preparato e finanziato da quegli stessi “nazisti blu” di Bruxelles e di Strasburgo. I pazienti già ammalati per l’influenza di stagione seguono la questione con occhio ironico.
 
Poi arriva il momento delle … notizie, la presentatrice, giornalista con look e sguardo da baby-prostituta (e questo non è un caso), con un timbro molto drammatico di voce , mostra delle immagini per sostenere i “primi errori dell’amministrazione Trump e la mobilitazione dei democratici negli Stati Uniti e altrove, contro il nuovo presidente degli Stati Uniti”. La sala d’attesa si sveglia, un giovane lancia: “Bastardi, lasciategli fare quello che ha detto. Buffoni manifestanti finanziati da Soros”. La sala approva, febbre o no. Da allora in poi, è il solito (dal 2010) martellamento giornalistico (e mitragliamento psicologico volto a minare la resistenza dei cittadini), che rovescia la solita cascata di annunci di nuove misure della nostra messa a morte (“austerità” secondo la neolingua).
 
Tasse al galoppo, obbligo di pagare con carta di credito (vedi anche i miei commenti su di esso sul sito “Insolentiae” qui), eliminazione di medicinali dai rimborsi della spesa sanitaria, perché “in caso contrario, il programma non sarà accettato e i nostri creditori ci taglieranno il denaro necessario per rimborsare le prossime scadenze”. I giornalisti del notiziario hanno poi attaccato subito dopo un servizio sulla commemorazione ad Atene dell’Olocausto e dei 6 milioni di vittime. “Anche qui i tedeschi. hanno bruciato i nostri figli d’Israele, come tutti gli altri. Ora ci bruciano qui con l’economia e con l’euro”. Europa … enorme sala d’attesa!
 
Le persone, anche se … colpite dall’influenza, non hanno necessariamente la memoria corta. E nella sala d’attesa di un medico greco, i giornalisti psicotropi sono rimasti senza grande effetto. Come gli argomenti delle riviste a disposizione, ad esempio il presunto “Good Life”. Sul tavolino; una singola pagina A4 messo in evidenza, informa i pazienti del giorno (come ogni giorno) che “il numero massimo di pazienti che la sicurezza sociale rimborserà è stato raggiunto. Ogni visita ulteriore al di là di questo limite, sarà a pagamento (non rimborsato)”.
 
Decodifica: in Grecia, ogni medico della mutua (a partire dal memorandum II / III) può ricevere solo un piccolo numero di pazienti “rimborsabili” (da 3 a 5 al giorno, in pratica). Oltre quel numero, gli altri pazienti, quelli che hanno preso i loro appuntamenti dopo il superamento… per quanto aventi diritto all’assistenza e tassati, devono pagare la visita e non saranno rimborsati. Il loro caso è, quindi, al di fuori della sicurezza sociale … a causa delle quote, dovranno semplicemente scegliere se pagare o meno … pena: non essere visitati da un medico.
 
E per quanto riguarda gli altri (più di 3 milioni di greci, in ogni caso) quelli senza diritto all’assistenza, è lo stesso, a meno che non paghino! Al momento di aprire la porta, la … paziente lascia il medico con aria scettica. Noi tutti in questa sala d’attesa pensiamo che sia a causa della nostra comune influenza. «Signora – ha detto il medico – il sistema informatico indica che a partire da marzo non avrete più diritto alla sicurezza sociale ….” “Che cosa succederà, dottore, io sono disoccupata … Potremo essere supportati in un modo o nell’altro?” “Mi dispiace signora, solo Dio lo sa!”
Non ci sono commenti nella sala d’attesa. Non c’è nulla da commentare in Grecia in questi casi … globali e per niente teorici. Nella strada, sui marciapiedi si possono trovare piccoli segni del partito Alba Dorata e del neonazismo malato e reale “indipendenza nazionale”. L’aspirazione di un intero popolo, così ampiamente espresso durante il referendum con il “no” al 62% nel 2015, sotto … il tradimento programmato di Syriza.
 
A questo punto, la Alba Dorata spera … ovviamente di capitalizzare sulle conseguenze. I sondaggi la piazzano stabilmente al terzo posto (5,6%!) nelle intenzioni di voto (15% SYRIZA e Nuova Democrazia il 25%), che la dice lunga sulla putrefazione del sistema politico greco.
Ancora sotto l’Acropoli nel percorso della Teoria, in onore dei nostri filosofi, sembra ancora percorribile, tranne che le nostre pratiche si stanno sgretolando. I pazienti dell’obitorio economico (obitorio e stop) Greco ne sono coscienti, non vi è che la mediocrazia e i politici che continuano a stare in orbita … casta umana diventata sempre più … fuori dal mondo.
 
In una rivista, come nell’attesa, il servizio dedicato alla serie televisiva basata sulla vita dei Durrell a Corfù, è principalmente incentrato sulla biografia dello scrittore inglese Lawrence Durrell “innamorato perso della Grecia”. Non una riga sul ruolo di Lawrence Durrell, ufficiale dei servizi segreti britannici al servizio della repressione coloniale a Cipro nel 1950, invece, tutto è chiaramente raccontato (e argomentato) nel diario di bordo del suo ex amico (un tempo), il grande poeta Yorgos Seferis (pubblicato la prima volta in greco nel 1986).
 
La sala d’attesa, come del resto in tutta la Grecia, il parere comune ha ben riso dell’annuncio del governo al potere, e ripetutamente passato sui media, della creazione di … una Agenzia spaziale greca. Tutta la Grecia ironizza su questa “NASA alla greca.” “E’ per aiutare SYRIZA e gli altri a lasciare il Parlamento al momento del crollo” dicono a volte gli ascoltatori lasciando messaggi alla radio. Almeno per ora, abbiamo sempre mantenuto una certa capacità di produrre risate … che è sempre un segno di vita.
Al … cittadino ignoto. Sotto l’albero di DIMITRI. Atene, Piazza della Costituzione,  2014
Il parassita politico è sempre lì, pronto per essere servito. Dopo la serie di suicidi politici tra il 2012 e il 2014, tra cui quello del farmacista in pensione Dimitris Christoulas, Piazza della Costituzione dal 2012 è stato il simbolo, il programma della Resistenza, è stato abilmente “elettoralizzato”. Una volta inghiottito il primo parassita, Papandreou i greci stomacati presto riempirono le strade e le piazze con manifestazioni molto dinamiche contro l’occupazione tedesco-troïkana. E il sistema è stato in grado di trasformare l’attesa e soprattutto la sua logica continuazione in … SYRIZA, cioè nel braccio della morte, con tutta la complicità attiva delle principali parti interessate, con gli altri partiti – anche l’opposizione – che hanno anch’essi giocato il proprio ruolo.
 
Questo braccio della morte in cui siamo ancora, ha già provocato in Grecia la morte della sinistra (tutta la sinistra) e il discredito finale del sistema politico, o anche quella del sistema per la Democrazia emorragica generalizzata in quasi tutti i sensi. Basso mondo, bei mobili rosi dai parassiti, con in più la parodia.
 
Intanto, la moglie di Alexis Tsipras, Peristera, ha finalmente trovato un posto all’università, non senza una spinta, e il suo caro amico, il ribelle-bohemien senza arte né parte Karanikas sarà il suo consulente privato, dallo stile certamente inimitabile; una parodia, ma non gratis. Parodia sempre, queste decine di povere persone, uscite dalle macerie delle organizzazioni giovanili di SYRIZA, che hanno manifestato l’altra sera presso l’Ambasciata degli Stati Uniti … contro Donald Trump.
 
In Grecia va detto, i più fervidi sostenitori dei globalizzatori non hanno trovato molte persone a protestare in questo modo, ad eccezione di quelli sponsorizzati da organizzazioni non governative e da altre strutture appoggiate (apertamente o meno) dal finanziere Soros, tanto che gli organizzatori hanno anche mobilitato i campi di migranti dell’Attica, altra parodia.
 
Karanikas, amico e consigliere di Alexis Tsipras. stampa greca, nel gennaio 2017
 
la gioventù di SYRIZA davanti all’ambasciata degli Stati Uniti. Atene, gennaio 2017 stampa greca
 
Atene … sotto l’europeismo.Tempo attuale
 
L’inverno finirà per ammorbidirsi e influenza passerà. Nel mar Egeo, l’aviazione e la marina della Turchia operano crescenti violazioni dello spazio aereo e marittimo greco. Qualche giorno fa, una corvetta con imbarcata la crema dello Stato Maggiore delle Forze Armate del paese di Erdogan ha fatto un giro dell’isolotto greco di Imia, che l’élite turca rivendica (come quasi la metà dei Balcani, Siria, Iraq … e il Caucaso). Le forze armate greche sono in stato di massima allerta. Paralizzati dal RCO (Regime di Crisi Obbligatorio), i greci, tuttavia, osservano e misurano questa situazione e (se possibile) il pericolo.
 
L’elitocrazia globalista totalitaria non ha avuto il coraggio di osare tutto, tranne che chiaramente essa aspira a mettere a morte in modo definitivo i paesi, gli stati, le nazioni, la sovranità e la democrazia. In questa stagione di influenza e parassiti politici, la vera frattura non sarà tra la nostra sinistra e la nostra destra. Col rischio, calcolato (?), di far esplodere (o implodere) tutti i sistemi politici. Come direbbero i nostri amici italiani, “sordidezza”, ci siamo, ormai.
 
Recuperando lentamente dalla sua autentica … influenza, Greekcrisis riprende a scrivere i suoi testi come può, e la sua scrittura è strettamente sorvegliata…. Presto sarà primavera..
 
Greekcrisis, la cui scrittura … è strettamente sorvegliata. Atene, Febbraio 2017
 
DaSala d’Attesa” – 3/2/2017
 
P.S (estratto dall’articolo successivo:Sovrabbondanze orwelliane“)
“Ogni volta che la storia si ripete, il prezzo aumenta. … (…) una notizia, oh, quanto, eloquente. Prima che ogni prescrizione medica sia convalidata, la sicurezza sociale greca richiede agli oncologi la loro stima scritta dell’aspettativa residua di vita dei loro pazienti. L’ordine dei medici protesta … e necessariamente, il prezzo sale.”
 
3.02.2017  Panagiotis Grigoriou
http://www.greekcrisis.fr/2017/02/Fr0588.html#deb
 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Franz – CVM

WEBTV.TCHAD/ LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV – ED. DU 6 DEC. 2017 – LES USA VEULENT CHASSER IDRISS DÉBY ITNO POUR LÉGITIMER LE PILLAGE DU TCHAD !

 

Press TV:

« Le Tchad continue de résister face aux ingérences des États-Unis, mais les USA veulent qu’Idriss Déby saute. Ce qui leurs permettra de légitimer le pillage du Tchad. »

WEBTV.TCHAD/

LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV – ED. DU 6 DEC. 2017 – LES USA VEULENT CHASSER IDRISS DÉBY ITNO POUR LÉGITIMER LE PILLAGE DU TCHAD !

(PRESS AFRIQUE)

sur https://vimeo.com/246137759

LM.PRESS TV - ZOOM AFRO usa vs deby (2017 12 06)

Dans cette édition du 6 décembre 2017 :

« PRINTEMPS AFRICAIN » ET « GUERRE DU PETROLE » AU TCHAD :

Press TV reprend in-extenso les analyses de Luc MICHEL sur la déstabilisation du Tchad, la « nouvelle guerre du pétrole en Afrique » et la nouvelle vague des affaires dites des « Biens mal acquis » depuis la Suisse …

* Nouvelle Guerre américaine contre l’économie afro-chinoise et les sociétés chinoises en Afrique, doublée d’une nouvelle Guerre du pétrole en Afrique (où multinationales US et Administration Trump se donnent la main) …

* Le pétrole tchadien et le président Déby ciblés dans le cadre de cette guerre du pétrole :

Une guerre où « Tillerson règle ses comptes personnels en abusant de son pouvoir politique !

Alors que Donald Trump a confié sa diplomatie à Rex Tillerson, qui n’est rien de moins que le patron du géant pétrolier ExxonMobil, ce dernier en profite pour régler ses comptes avec le Tchad. » …

* Ces affaires se doublent d’une nouvelle vague de dossiers des « Biens dits Mal Acquis » (BMA), au départ de la Suisse, où les Ong de la Galaxie de Me Bourdon (Transparency International) et des Réseaux Sorös sont à l’offensive contre la Guinée Equatoriale, le Gabon et le Congo Brazzaville. Mais aussi de nouvelles cibles comme le Tchad, la RDC ou l’Angola …

AVEC AUSSI L’ACTU AFRICAINE DU JOUR :

* Derrière la visite de Macron à Ouagadougou : le pillage des richesses du Burkina Faso par la France et l’arnaque de ses centrales électriques solaires en Afrique … _______________

# WEBTV.TCHAD

(Editée par PANAFRICOM)

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RECONNAISSANCE DE JERUSALEM COMME CAPITALE D’ISRAEL: TRUMP LACHE SA BOMBE GEOPOLITIQUE SUR LE PROCHE-ORIENT !

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 12 07/

”J’ai hâte de remplir ma mission dans la capitale éternelle d’Israël, Jérusalem”

– David Friedman (avocat américain partisan de la colonisation, nouvel ambassadeur de Trump en Israël, janvier 2017).

LM.GEOPOL - Trump jerusalem (2017 12 07) FR 3

”Il est temps d’officiellement reconnaître Jérusalem comme capitale d’Israël”

– Donald Trump (ce 6 déc. 2017).

”un jour historique (…) Jérusalem est la capitale du peuple juif depuis 3.000 ans, c’est la capitale d’Israël depuis presque 70 ans (…) le peuple juif et l’Etat juif seront à jamais reconnaissants”

LM.GEOPOL - Géopolitique du vatican (2017 12 06) FR 2

– Le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu.

”La décision de M. Trump “ne change rien à la réalité de Jérusalem… ville palestinienne arabe chrétienne et musulmane »

– Le président palestinien Mahmoud Abbas.

# Notre monde est plongé dans la « géopolitique de l’émotion ». La décision de Trump de reconnaître Jérusalem – au mépris des Lois internationales et de toutes les résolutions de l’ONU – comme capitale de l’Etat israélien a suscité une vague de réactions, comme si c’était un événement inattendu. Loin de là, c’était un événement annoncé dès l’émergence de Trump comme candidat républicain à la présidentielle américaine. Je l’avais moi-même annoncé dès le début décembre 2016 (1), prévoyant « un soutien encore plus inconditionnel a Israël » …

L’ADOPTION DU PROJET TRUMP-AIPAC-LIKUD DE TRANSFERT DE L’AMBASSADE AMERICAINE A JERUSALEM EST UNE BOMBE GEOPOLITIQUE LACHEE SUR LE PROCHE-ORIENT !

Trump est le président le plus pro-israélien de toute l’Histoire !

Il est totalement aligné sur le programme de l’AIPAC, le puissant lobby pro-israélien aux USA (2). Dans ses promesses de campagne il y avait le transfert de l’ambassade des USA à Jérusalem (ce qui revient à avaliser son annexion par Israël en 1967) et la confrontation avec l’Iran (dont le retrait de la signature américaine des Accords de Genève sur le nucléaire civil iranien.

La politique de Trump suit les axes du sionisme radical du Likud. Elle est menée par son conseiller spécial Kuchner (son gendre, devenu l’homme le plus influent de la Maison blanche), un des leaders de l’aile radicale de l’AIPAC, et son nouvel ambassadeur en Israël , David Friedman, dirigeant sioniste américain, et partisan des colonies en Cisjordanie. La nomination de Friedman avait été saluée comme une victoire par le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu et des membres de son gouvernement de droite. Et immédiatement suivie par une décision d’extension des colonies à la Knesset. Trump, c’est une politique à 180° du contentieux Obama-Likud …

« UN ACTE DE GUERRE »

« La décision de Trump est un acte de guerre », regrette l’UPJB ! Ceci pour ceux qui m’accusent régulièrement de « tropisme pro-palestinien » …

La décision du président américain Donald Trump de reconnaître Jérusalem comme capitale d’Israël renforce “une situation totalement déséquilibrée”, regrette ce mercredi soir « l’Union des progressistes juifs de Belgique » (UPJB), par la voix de son membre Henri Goldman. “C’est un acte de guerre qui ne va sûrement pas favoriser une solution juste au conflit israélo-palestinien”, a réagi ce dernier interrogé par l’agence Belga. “En 1947, Jérusalem ne figurait pas dans le plan de partage de la Palestine”, rappelle Henri Goldman. Dans ce plan, Jérusalem et les localités environnantes forment en effet une zone sous régime international spécial, administrée par l’ONU. Si Israël a rapidement annexé la ville, “c’est en dehors du droit international, raison pour laquelle même les pays qui soutiennent le plus Israël n’ont pas leur ambassade à Jérusalem”.

« Israël est le seul Etat qui soutient la décision de Donald Trump. Qui se ressemble s’assemble. Le gouvernement Netanyahou est le plus à droite de toute l’histoire d’Israël, et c’est pareil pour Trump aux Etats-Unis », relève celui qui est aussi rédacteur en chef de la revue “Politique”. « Trump valide à présent la politique d’annexion et de colonisation du gouvernement israélien », déplore-t-il. L’UPJB n’est pas membre du Comité des organisation juives de Belgique (CCOJB).

LA DESTRUCTION DU PROCESSUS DE PAIX EN PALESTINE

« La volonté de Trump de déplacer l’ambassade américaine à Jérusalem détruirait le processus de paix » !

Un haut responsable palestinien mettait en garde dès décembre dernier Donald Trump contre sa volonté de vouloir déplacer l’ambassade des Etats-Unis à Jérusalem, soulignant qu’une telle décision « détruirait le processus de paix avec Israël ». Le statut de Jérusalem doit être négocié entre Israéliens et Palestiniens, et prendre une telle décision « serait une destruction du processus de paix », avait alors affirmé à des journalistes le secrétaire général de l’Organisation de libération de la Palestine (OLP) Saëb Erekat.

La question du statut de cette ville sainte est l’une des plus épineuses pour un éventuel règlement du conflit. Israël proclame tout Jérusalem comme sa capitale indivisible, y compris Jérusalem-Est, la partie majoritairement palestinienne de la ville, que l’Etat hébreu occupe depuis 1967 et qu’il a depuis annexée. L’annexion est considérée illégale par l’ONU. Les Palestiniens veulent faire de Jérusalem-Est la capitale de l’Etat auquel ils aspirent.

Trump a nommé comme ambassadeur en Israël de David Friedman, un avocat américain partisan de la colonisation et qui a dit dès janvier avoir hâte de remplir sa mission « dans la capitale éternelle d’Israël, Jérusalem ». Par ces termes, Friedman reprenait une promesse de campagne du candidat républicain, qui avait assuré que les Etats-Unis reconnaîtraient Jérusalem comme la capitale d’Israël et y installeraient leur ambassade s’il devenait président. Washington, ainsi que la majorité de la communauté internationale, ne reconnaissait jusqu’ici pas Jérusalem comme la capitale d’Israël et maintenait son ambassade à Tel-Aviv. L’ONU et une grande partie de la communauté internationale considèrent par ailleurs toutes les implantations israéliennes dans les territoires palestiniens occupés comme illégales.

UNE RUPTURE SPECTACULAIRE HISTORIQUE AVEC SES PREDECESSEURS

Dans une rupture spectaculaire avec ses prédécesseurs, Donald Trump a donc reconnu ce mercredi Jérusalem comme capitale d’Israël, suscitant la colère des Palestiniens et une vague de réprobation au Proche-Orient et bien au-delà. Avec cette décision historique qui marquera son mandat, le 45e président des Etats-Unis tient l’une de ses promesses emblématiques de campagne. Mais il s’isole sur la scène internationale et prend le risque de saboter les timides espoirs de reprise des négociations, au point mort depuis trois ans.

“Il est temps d’officiellement reconnaître Jérusalem comme capitale d’Israël”, a lancé Trump lors d’une brève allocution au cours de laquelle il a revendiqué “une nouvelle approche” sur ce dossier épineux et la nécessité de “reconnaître une réalité”. Les Etats-Unis restent déterminés à aider à faciliter un accord de paix acceptable pour les deux parties” (sic) a-t-il martelé, s’efforçant d’adopter une tonalité conciliante après cette décision extrêmement controversée. “J’ai l’intention de faire tout ce qui est en mon pouvoir pour aider à sceller un tel accord” resic), a encore dit, debout devant un portrait de George Washington, l’ancien homme d’affaires de New York qui vante régulièrement ses qualités de négociateur …

Il a par ailleurs ordonné de préparer le transfert de l’ambassade des Etats-Unis de Tel-Aviv à Jérusalem, sans fixer de calendrier pour ce déménagement qui devrait prendre des années. Défendant une décision qui aurait dû être prise depuis longtemps, Trump a aussi égratigné ses prédécesseurs qui ont selon lui manqué de “courage”.

LA COLERE DES PALESTINIENS ET DU MONDE ARABE

Reconnaissant que son annonce était loin de faire l’unanimité, Trump a lancé un appel “au calme et à la modération”, espérant que “les voix de la tolérance l’emportent sur les pourvoyeurs de haine”. Dans un apparent souci d’apaiser les Palestiniens, Trump s’est dit prêt à soutenir “une solution à deux Etats” si les deux parties tombent d’accord, sans pour autant en faire une condition préalable à toute négociation. A la grande frustration des Palestiniens, le président des Etats-Unis s’était jusqu’ici gardé d’adhérer à l’idée d’un Etat palestinien indépendant, solution référence de la communauté internationale.

Le président palestinien Mahmoud Abbas a vivement réagi, jugeant que les Etats-Unis sapaient “délibérément tous les efforts de paix” et abandonnaient leur rôle historique de “sponsor du processus de paix”. Le mouvement islamiste palestinien Hamas de son côté a jugé que cette annonce ouvrait “les portes de l’enfer” pour les intérêts américains dans la région. Les dirigeants palestiniens revendiquent Jérusalem-Est, occupée puis annexée illégalement par Israël en 1967, comme la capitale de l’Etat auquel ils aspirent. Israël proclame tout Jérusalem, Ouest et Est, comme sa capitale “éternelle et indivisible”.

Dans la bande de Gaza, avant même son allocution mercredi, des milliers de Palestiniens furieux avaient marché après la prière vers le monument du soldat inconnu à Gaza, où ils ont brûlé les drapeaux américain et israélien et chanté “Mort à l’Amérique” et “Mort à Israël”. La municipalité de Bethléem a fait éteindre le sapin de Noël sur la place centrale de cette ville largement chrétienne de Cisjordanie occupée, en forme de protestation, a dit une porte-parole. Un rassemblement est prévu ce jeudi à Ramallah en Cisjordanie, territoire occupé par l’armée israélienne depuis 50 ans. Outre le rassemblement annoncé ce jeudi à Ramallah, en Cisjordanie, chacun a à l’esprit la grande prière du vendredi sur l’esplanade des Mosquées à Jérusalem-Est, occasion de manifestations et de troubles dans les périodes de tensions.

Malgré les mises en garde de toutes parts, les experts s’interrogent sur la réactivité de la rue palestinienne. “Nous sommes prêts à toutes les éventualités”, a assuré le ministre israélien de la Défense, Avigdor Lieberman, un faucon.

TRIOMPHE DU LIKOUD ET DE L’AIPAC :

LA MAJORITE DE DROITE ISRAELIENNE EXULTE …

Au Likoud et dans la majorité de droite radicale au pouvoir à Tel-Aviv, on est euphorique. Le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu, à la tête du gouvernement considéré comme le plus à droite de l’histoire d’Israël, a salué un jour “historique” réaffirmant par ailleurs l’engagement israélien à maintenir le “statu quo” sur les lieux saints à Jérusalem.

le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu exalte un “jour historique”. Pour Netanyahu, Trump reconnaît une « réalité »: Jérusalem “est la capitale du peuple juif depuis 3.000 ans, c’est la capitale d’Israël depuis presque 70 ans”, et “le peuple juif et l’Etat juif seront à jamais reconnaissants”. Netanyahu a appelé les autres pays à suivre l’exemple des Etats-Unis et à transférer leur ambassade à Jérusalem. Il s’est aussi efforcé de dissiper les éventuelles inquiétudes de voir Israël prendre le contrôle des lieux saints de Jérusalem. Jérusalem abrite des lieux sacrés pour les juifs, les chrétiens et les musulmans, dont le troisième lieu saint de l’islam, l’esplanade des Mosquées.

La droite israélienne, elle, se répand en expressions de gratitude. “Merci Trump”, a déclaré la ministre de la Justice Ayelet Shaked, “les Palestiniens doivent savoir que les règles du jeu ont changé. Le navire a changé de cap. Je leur conseillerai de ne pas mettre à l’épreuve la tolérance israélienne avec leurs menaces terroristes”.

Contrastant avec la colère des palestiniens, « le contraste était saisissant avec la projection, par la municipalité israélienne de Jérusalem, d’une vaste bannière étoilée à côté du drapeau à l’étoile de David sur les murs de la Vieille ville de Jérusalem »!

UNE DECISION IRRESPONSABLE

La Jordanie, la Turquie, mais aussi la France, le Royaume-Uni, l’Allemagne et l’Union européenne – tous alliés proches des USA – ont ouvertement regretté cette décision du locataire de la Maison Blanche. La Jordanie, pays gardien des lieux saints musulmans à Jérusalem, a dénoncé “une violation du droit international” et de la charte des Nations unies. La Turquie a stigmatisé une décision “irresponsable”. Le président turc Recep Tayyip Erdogan – ravi de l’événement en réalité, qui va permettre de développer encore sa diplomatie opportuniste – avait déjà annoncé son intention de « réunir un sommet des dirigeants des principaux pays musulmans le 13 décembre à Istanbul ».

L’Iran, bête noire de M. Trump, a jugé que la décision américaine provoquerait une “nouvelle Intifada”.

Le président français Emmanuel Macron – le plus proche allié géopolitique de Trump – a qualifié cette décision de “regrettable” et appelé à éviter à tout prix les violences. “Nous ne sommes pas d’accord avec la décision américaine”, a déclaré la Première ministre britannique Theresa May – elle aussi liée à Washington (l’impérialisme anglo-saxon), tandis que l’UE faisait part de sa “sérieuse préoccupation”. « Avant même son discours, des dirigeants du monde entier avaient appelé Donald Trump à peser ses mots et mesurer les conséquences de ses actes, tant Jérusalem est un chaudron diplomatique », coimmente l’AFP.

“Je ne peux taire ma profonde inquiétude”, a déclaré le pape François qui ne peut qu’accorder un intérêt tout particulier à la ville qui abrite les lieux les plus saints des trois grandes religions monothéistes, y compris le Saint-Sépulcre. “J’adresse un appel vibrant pour que tous s’engagent à respecter le statu quo de la ville, en conformité avec les résolutions pertinentes de l’ONU”, a ajouté le souverain pontife.

AU CONGRES AMERICAIN, DOMINE PAR L’AIPAC, LA GRANDE MAJORITE BI-PARTISANNE DES ELUS SOUTIENT TRUMP SUR JERUSALEM

Les républicains et une partie des démocrates aux Etats-Unis ont salué mercredi la décision du président Donald Trump de reconnaître Jérusalem comme la capitale d’Israël.”Ce jour était attendu depuis longtemps”, a déclaré Paul Ryan, le président républicain de la Chambre des représentants, qui est allé plus loin que le dirigeant américain en qualifiant Jérusalem de capitale “indivisible” de l’Etat d’Israël. C’est “un fait historique, non sujet au débat”. Et si “reconnaître la vérité provoque des violences, c’est ceux qui commettent des violences qui sont en faute, non la vérité”, ajoute le chef de la majorité Kevin McCarthy.

Même son de cloche chez les élus démocrates traditionnellement pro-israéliens. Eliot Engel, de la commission des Affaires étrangères, souligne que Jérusalem accueille déjà le gouvernement israélien, et que la déclaration américaine ne fait que “corriger une indignité qui dure depuis des décennies”.

C’est une loi du Congrès, en 1995, qui avait déclaré officiellement Jérusalem comme la capitale “indivisible” d’Israël, et appelé au déménagement de l’ambassade américaine avant mai 1999. Chaque président avait jusqu’à présent demandé une exemption tous les six mois. A l’époque, la loi avait été adoptée à une écrasante majorité par les élus américains.

SUR LE LOBBY PRO-ISRAELIEN AIPAC AU CŒUR DE LA POLITIQUE DES USA :

* Voir sur EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/

LUC MICHEL . LE GRAND JEU. AU CŒUR DE LA GEOPOLITIQUE MONDIALE: LES USA, LE NUCLEAIRE IRANIEN ET LE LOBBY ISRAELIEN

sur https://vimeo.com/123575078

* Voir sur EODE-TV/ LUC MICHEL :

CONVENTION 2017 DU LOBBY ‚AIPAC’. UN EVENEMENT DE PORTEE GEOPOLITIQUE MONDIALE (LA SUITE DU « GRAND JEU » SUR LE LOBBY)

sur https://vimeo.com/211756244

NOTES :

(1) Lire mon analyse de décembre 2016 pour EODE THINK TANK :

La présidence Trump : vers un nouveau stade de l’impérialisme américain …

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-la-presidence-trump-vers-un-nouveau-stade-de-limperialisme-americain/

et :

La présidence Trump (II) : qu’annonce déja la future politique étrangère de Trump ?

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-la-presidence-trump-ii-quannonce-deja-la-future-politique-entrangere-de-trump/

(2) Cfr. U.S. “Election 2016. Trump Wins Over AIPAC Audience With Strong pro-Israel Stance” on Israeli daily Haaretz, March 22, 2016.

sur https://www.haaretz.com/world-news/u-s-election-2016/1.710188

(Sources : AFP – Belga – Press TV – Haaretz – EODE Think-Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

GEOPOLITIQUE DU VATICAN : PUISSANCE POLITIQUE, POUVOIR SPIRITUEL, DIPLOMATIE INFLUENTE, LEADERSHIP, SOFT POWER MONDIAL …

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 12 06/

LM.GEOPOL - Géopolitique du vatican (2017 12 06) FR 2

« Bien que ces temps-ci la laïcité soit largement mise en avant et bien que le Vatican soit le plus petit état du monde, la géopolitique de ce dernier n’est pas négligeable. En effet, le petit territoire papal dispose d’un important réseau diplomatique et d’un réel soft power, basé sur la religion catholique. Grâce à ses nombreuses églises et monastères, le Vatican a une présence mondiale certaine. Dans le passé, le petit quartier de Rome a participé à des opérations clandestines, comme l’organisation de l’évasion de dignitaires nazies en Amérique latine. Enfin, aujourd’hui, les discours du pape et les JMJ ont une audience qui touchent plusieurs continents »

– Simon Lefaure (géographe, le sanctuaireaux idées).

“Le pape combien de divisions ?”, demandait Staline en 1945 (1). C’est pourtant un pape, le polonais Karol Wojtila, qui donnera la première secousse létale au Bloc soviétique …

La diffusion ce 5 décembre du documentaire de Constance Colonna-Cesari « Les diplomates du Pape » par la RTBF belge (avant France 2 et Arte) – production très atlantiste et occidentale, qui diffame Poutine et Assad – a remis ces derniers jours la Géopolitique du Vatican à l’ordre du jour. Ce documentaire dévoile un objet par nature discret, sinon secret : la diplomatie du pape François, le premier pape jésuite et latino-américain de l’histoire. Il nous emmène ainsi dans les coulisses de la diplomatie de l’Eglise catholique.

I- ACTUALITE DE LA GEOPOLITIQUE DU VATICAN :

« LES DIPLOMATES DU PAPE »

Ce « film nous entraîne dans des lieux de pouvoir inaccessibles et met en lumière les moyens utilisés par la politique extérieure du Vatican. En donnant la parole au Secrétaire d’État du pape, à son Ministre des Affaires étrangères et à ses ambassadeurs dans le monde, suivis sur le terrain, Constance Colonna-Cesari révèle les secrets de la politique étrangère la plus puissante au monde » (dixit La Libre).

Fruit d’un an de tournage à Rome et dans le monde entier, ce documentaire dévoile les coulisses de la diplomatie du pape François. La politique extérieure conduite actuellement au sein de la Cité du Vatican témoigne des objectifs et des valeurs qui animent l’Eglise catolique. Très vite, un premier constat s’impose : « le Vatican s’apparente à une centrale de renseignements digne des plus grands Etats ». De la recherche d’une solution politique à la guerre civile en Syrie (où le Vatican pour préserver les chrétiens d’Orient, penche du côté d’Assad), en passant par le combat du pape pour l’accueil des migrants par l’Europe, ou à la vision d’autres moyens de juguler le fléau du terrorisme djihadiste, les grands dossiers d’actualité sont au cœur de l’action du Vatican.

LES OBJECTIFS, LES MOYENS ET LES VALEURS QUI ANIMENT L’EGLISE CATHOLIQUE A TRAVERS LA POLITIQUE EXTERIEURE CONDUITE AU SEIN DE L’ETAT DE LA CITE DU VATICAN

En un peu moins d’une heure, ce documentaire lève ainsi le voile sur les objectifs, les moyens et les valeurs qui animent l’Eglise catholique à travers la politique extérieure conduite actuellement au sein de l’Etat de la Cité du Vatican. Il le fait en donnant la parole aux diplomates du pape François, à son Secrétaire d’Etat, son Ministre des Affaires étrangères et à ses Nonces apostoliques, c’est à dire ses ambassadeurs auprès des Etats : bref des hommes de l’ombre qui ont accepté de se livrer face à sa caméra.

Très vite, un premier constat s’impose : le Vatican s’apparente à une centrale de renseignements digne des plus grands états. Traditionnement confiée à l’Ordre des Capucins et à la Garde suisse, service de sécurité professionnel qui n’a de folklorique que ses uniformes surannés. D’ailleurs, les Américains ne s’y trompent pas : c’est ce qu’ont révélé les dépêches diplomatiques mises en circulation par les ” Wikileaks “. Elles témoignent d’une opération de surveillance de grande ampleur, par les Etats-Unis, des moindres faits et gestes estampillés ” Saint-Siège “.

De la recherche d’une solution politique à la guerre civile en Syrie, en passant par le combat du pape pour l’accueil des migrants par l’Europe, à la vision d’autres moyens de juguler le fléau du terrorisme djihadiste ou à la relation riche en tension avec l’Amérique de Donald Trump, le film se déroule comme un thriller. Son dernier acte nous mène à la Havane, la capitale cubaine. En révélant un pacte scellé entre Barack Obama et le pape François, il témoigne que les architectes de cette diplomatie peuvent se transformer en véritables agents secrets. Jusqu’à obtenir des résultats parfois inaccessibles aux autres Etats !

« LA DIPLOMATIE LA PLUS PUISSANTE DU MONDE »

« Au Vatican, la politique étrangère la plus puissante », commente La Libre (Bruxelles, 2 déc. 2017) : « Le Vatican est une minuscule enclave mais elle assure au Saint-Siège une “influence sans équivalence dans le monde”. Autre particularité annoncée d’entrée de jeu dans le documentaire de Constance Colonna-Cesari: l’Église catholique est la seule à être organisée en un État. Très célèbre et très visité, le Vatican renferme la plus discrète et la plus mystérieuse diplomatie dans le monde. Les diplomates du pape François sont des hommes de l’ombre, des cardinaux venus de différents pays et des Nonces apostoliques qui sont ses ambassadeurs auprès des États (…) Alors que l’on sait que le pape François est un générateur de dialogue grâce à son leadership et à ses signes forts sur le terrain, le documentaire dévoile deux caractéristiques intéressantes sur sa politique. La première concerne le fait que le Vatican soit “extraordinairement informé”, surtout grâce à ses multiples agents sur le terrain. Toutes les informations et données sont rassemblées au sein d’un Conseil spécialisé. La deuxième concerne le rôle de médiateur plusieurs fois assumé par le Vatican pour résoudre un conflit international. Comme ce fut le cas en 1984 lorsqu’un cardinal envoyé par Jean-Paul II a réussi à convaincre les présidents de l’Argentine et du Chili de signer un Traité de Paix et d’Amitié, mettant fin au conflit du Beagle. Le pape François, qui tente de faire entendre sa voix à propos de la guerre civile en Syrie, pourra aussi se vanter d’avoir participé au succès de l’accord historique entre les États-Unis et Cuba ».

II- UNE « TRICONTINENTALE » VATICANE :

LA GEOPOLITIQUE REELLE DE L’ÉGLISE

Du VIIIe siècle, avec les rapports de force avec la Dynastie carolingienne, puis avec les empereurs germaniques, aux accords du Latran de 1929 avec l’Italie de Mussolini, la papauté n’a cessé de combattre inlassablement pour s’assurer un pouvoir territorial renforçant sa puissance spirituelle. Déjà la combinaison du « hard power » et du « soft power » …

L’ÉGLISE CATHOLIQUE EST LA SEULE RELIGION A ETRE ORGANISEE EN UN ÉTAT

« Depuis le VIIIe siècle, lorsque Pépin le Bref, père de Charlemagne, appuya au moyen d’un faux, la “donation de Constantin”, l’établissement d’une assise territoriale au Vatican en échange du soutien à ses prétentions royales, le Saint-Siège est un état -ce qui fut confirmé une fois pour toutes par les accords du Latran entre Pie XI et Mussolini, en 1929, commente Le Vif. Le catholicisme est la seule religion jouissant de prérogatives diplomatiques pleines et entières, lui permettant de faire jeu égal avec les autres nations du monde. Sa diplomatie dessine une politique étrangère particulièrement puissante et l’arrivée à sa tête de François, premier pape latino-américain a marqué un tournant. »

La diplomatie vaticane « manifeste la singularité du catholicisme et le poids de l’histoire sur le Saint-Siège. Ce dernier représente en effet, de par sa double nature d’acteur confessionnel et politique, le seul gouvernement religieux à entretenir des relations diplomatiques avec des Etats, par l’intermédiaire d’un réseau de diplomates qui est l’un des plus étoffés au monde ». On le constate avec les voyages des papes, où apparaît le poids des tensions religieuses (notamment avec l’islam) et politiques (avec le communisme, URSS jusque 1991, Chine toujours) dans l’absence de relations avec certains Etats.

LE SYNODE DE 2015 REVELE LA GEOPOLITIQUE ACTUELLE DU VATICAN

Le synode sur la famille qui s’est tenu à Rome a octobre 2015 a mis à jour et révélé la géopolitique réelle de l’Église (2). Les rapports de force, les influences et les objectifs se lisaient dans les interventions des participants et la liste des membres. Et dévoilent une « Tricontinentale » vaticane (comme il y avait eu dans les Années 60 une « Tricontinentale » révolutionnaire dirigée par Cuba et Alger) …

LA DOMINATION DE L’EUROPE SUR LA PUISSANCE VATICANE ET L’EGLISE CATHOLIQUE QU’IL DIRIGE

« À ceux qui croient que l’Europe est le ventre mort du catholicisme, ce synode apporte un cinglant démenti. Ce sont les Européens qui mènent le débat depuis que se prépare cette dernière session, et ce sont les Européens qui font des propositions et qui avancent des réformes audacieuses. Que ce soit pour changer la doctrine, pour l’adapter ou pour la maintenir, le débat intellectuel et théologique est en Europe », commentait alors ‘Contrepoints’. « Le camp de l’adaptation au monde a son épicentre en Allemagne et dans les Flandres, avec les cardinaux Kasper et Danneels, et de nombreux évêques venant de ces régions. Ce groupe peut aussi compter sur des Suisses et des Italiens (…) Ce groupe n’est moderne qu’en apparence. En réalité, il regroupe la très ancienne fracture du camp impérial, opposé à Rome et fidèle à l’Empereur ; ce camp impérial et anti-romain dont une partie a fait sécession lors de la révolution luthérienne. Ils sont les perpétuels gibelins (…) Face à eux, des Européens fidèles à Rome et à la permanence de la doctrine. En Espagne, en Italie, en France. C’est le camp de la romanité et des guelfes. L’Allemagne est traversée par ces deux courants, vieille fracture géopolitique entre la part romaine et la part germanique. En France, on retrouve la ligne de faille révélée par la Manif pour tous : les évêques qui l’ont soutenue ne veulent pas de changement de doctrine, ceux qui y ont été réticents, voire opposés, se classent dans le premier camp. »

 La géopolitique repose sur des courant historiques puissants, des cycles extrêmement longs. La persistance sur sept siècles de ce conflit historique mlajeur nous le démontre encore, puisque le conflit Guelfes-Gibelins remonte aux empereurs germaniques du Moyen-Age et du Temps des croisades, Henry IV, Frédéric Barberousse et l’immense Frédéric II Hohenstaufen (le géant historique du Moyen-Age qui annonce la modernité et la Renaissance).

« L’AFRIQUE, NOUVELLE PATRIE DU CHRIST » ?

« L’heure de l’Afrique ? » interroge ‘Contrepoints’ :

« La nouveauté synodale sera-t-elle du côté de l’Afrique noire ? Dans les années 1970-1980, l’Amérique latine avait tenté une indépendance théologique en développant la théologie de la libération, s’opposant ainsi à Rome. En Afrique, l’âge de la maturité semble passer par la fidélité au siège de Pierre. Le cardinal Sarah est le héraut de ce continent qui refuse les compromissions mondaines et les ouvertures en matière de divorce et d’unions homosexuelles (…)  les présidents des conférences épiscopales africaines se sont réunis à Accra, au Ghana, pour fonder un front opposé aux changements de doctrine. Ils refusent la colonisation culturelle de la permissivité des mœurs et l’importation, sur leurs terres, de pratiques étrangères. Ils viennent de publier un livre L’Afrique, nouvelle patrie du Christ. Ce type de livre est une première : jamais des évêques issus d’un continent n’avaient parlé de façon unanime au nom de ce continent. »

Les autres continents, justement, sont pour l’instant aphones :

« Aucune figure ne semble émerger en Asie ou en Amérique latine pour évoquer ces sujets. »

DEPLOYE SUR LA CARTE DE L’ANCIEN EMPIRE OTTOMAN ET DONNANT LA PRIMAUTE A L’ORIENT ANCIEN : « LE CHRISTIANISME EST PLUS QUE JAMAIS LA FOI DE L’HISTOIRE ET DE LA GEOGRAPHIE »

La primauté de l’Orient (conçu géopolitiquement au sens classique ancien) apparaît à l’occasion du Synode de 2015 :

« La publication de la liste des participants au synode révèle quelques belles surprises géopolitiques. Le début de la liste présente ceux qui ont des charges au synode (président, secrétaires, rapporteurs…), puis viennent les participants par aire géographique. La première aire à être nommée est l’Orient, avec notamment les représentants coptes, melkites, syriaques… Les appels du pape à protéger et défendre les chrétiens d’Orient s’illustrent ici par la primauté géographique qui leur est donnée, alors même que, numériquement parlant, ils pèsent beaucoup moins que d’autres continents. Dans cet Orient catholique, on découvre notamment des représentants de l’Ukraine, de la Roumanie, de la Hongrie et de l’Éthiopie. Preuve que l’Orient, dans la géopolitique catholique, ne se borne pas aux Proche et Moyen Orient. Cette carte ainsi dessinée est celle de l’ancien Empire ottoman. La structure étatique a disparu, la permanence géoculturelle demeure. Le christianisme est plus que jamais la foi de l’histoire et de la géographie. »

HERITAGE DE LA ROMANITE AUX DEUX CAPITALES, ROME ET BYZANCE, DANS LA GEOPOLITIQUE DU VATICAN, LA TURQUIE EST UNE « PROVINCE D’EUROPE »

Dans la géopolitique du Vatican, la Turquie est une « province d’Europe » (2) !

« Quant à la liste des membres venants d’Europe, on y découvre la Turquie, en la personne de l’évêque d’Istanbul, précise ‘Contrepoints’. Turquie déjà présente en Europe par l’intermédiaire du championnat de football, à défaut de l’UE. Occasion aussi de rappeler aux Européens que l’Europe s’est construite en Occident et en Orient, et que Byzance fut, avec Rome, l’autre capitale de l’Empire. Plus que jamais, la romanité demeure une des clefs d’interprétation de la géopolitique du catholicisme ».

NOTES :

(1) La géopolitique, qui avait été dévoyée par les nazis, était interdite en URSS. Pourtant Staline lui-même, ancien commissaire du peuple aux nationalités et théoricien des nationalités du Parti bolchévique, la pratiquait en maître (Caucase, Mer noire, Bloc de l’Est). Et il pratiquait aussi en maître ce qu’on appellera beaucoup plus tard le « soft power ». Notamment au travers du Komintern, l’Internationale communiste devenue instrument de la puissance soviétique, et du grand chef d’orchestre de son agit-prop, l’immense Willy Münzenberg (que Goebbels copiera sans limite).

Mais en 1945, après 4 longues années de guerre et 27 millions de morts soviétiques – qui ont conduit l’URSS où le Komintern avait échoué (le plus souvent écrasé par des armées réactionnaires), à Berlin, Varsovie, Budapest, Prague et Bucarest – Staline ne croit plus qu’à la puissance militaire brute …

(2) Voir l’INSTRUMENTUM LABORIS publié par le Vatican pour ce synode sur :http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20150623_instrumentum-xiv-assembly_fr.html

(3) Bien que résolument opposée à la puissance vaticane et à ses alliances occidentales, notre Ecole géopolitique partage cette vision « romaine » de l’Orient et singulièrement de la Turquie. Istanbul (Byzance, la seconde Rome, Moscou étant le troisième Rome), Damas et le Levant, c’est aussi la Grande-Europe eurasiatique, de Vladivostok à Reykjavik et du Québec à Antioche ! Le PCN, dès le début des Années 80, faisait campagne avec le géopoliticien de la « plus Grande-Europe » Jean Thiriart, pour l’entrée immédiate de la Turquie dans l’Union Européenne (alors CEE). En 1987, nous lancions une campagne « pour l’adhésion immédiate de la Turquie à la Communauté européenne », précisant que les Communautaristes européens voulaient une “Grande Europe élargie aux deux rives de la Méditerranée”.  Notre position était alors bien isolée. Elle a fait du chemin depuis.

Cfr. luc MICHEL, La Turquie, Province d’Europe, in CONSCIENCE EUROPEENNE, Charleroi, n° 18, juillet 1987

Sur http://www.pcn-ncp.com/pub/ofturquie.htm

Et : http://www.pcn-ncp.com/PIH/pih-021118.htm

(Sources : AFP – Le Vif – EODE Think-Tank – Conscience Européenne – Contrepoints)

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ECOLOGIE RADICALE : LA NATURE REPOND AU CLIMATOSCEPTIQUE TRUMP : NOUVEAU INCENDIES MASSIFS EN CALIFORNIE !

 

Ouragans, incendies, tout est lié à ce réchauffement climatique que les climatosceptiques « à la Trump » nient. Le productivisme effréné des hydrocarbures de schiste (et leur méthode de production par fragmentation, et son coût élevé en pollution), qui a refait des USA une grande puissance exportatrice de pétrole et leur a permis de façonner le « nouveau marché mondial du pétrole » se paye cash !

* Voir PCN-TV/

GEOECONOMIE & GEOPOLITIQUE:

LUC MICHEL DECRYPTE LA CRISE DU PETROLE ET LES MUTATIONS DE SON ‘NOUVEAU MARCHE MONDIAL’

sur https://vimeo.com/208195737

L’ACTU DE LA DEGRADATION CLIMATIQUE AUX USA …

LM.NET - ECOLO incendies californie (2017 12 05) FR

Plusieurs centaines de pompiers tentaient mardi de circonscrire un gigantesque incendie qui embrase la Californie. Ses feux ont causé une mort, détruit 150 bâtiments et forcé à l’évacuation de quelque 27.000 personnes dans cette région déjà très durement frappée cette saison.

L’incendie dans le comté de Ventura, qui se trouve au bord de l’océan Pacifique juste au nord de Los Angeles, touche déjà plus de 18.200 hectares, selon les autorités locales. Ces feux, nommés “Thomas”, plongeaient mardi tout le nord du comté de Los Angeles sous un épais nuage de fumée, avec notamment des cendres qui retombaient sur les rues de la mégalopole californienne, rendant l’air quasiment irrespirable et noyant ses tentaculaires autoroutes dans le brouillard. “Les perspectives d’arriver à contenir (l’incendie) ne sont pas bonnes”, a prévenu le chef des pompiers du Comté de Ventura, Mark Lorenzen, lors d’une conférence de presse la nuit dernière. “C’est vraiment Mère nature qui va décider de quand on va pouvoir l’éteindre”, a-t-il ajouté. Selon la météo, l’incendie est attisé par des vents très forts, qui affichent des bourrasques de 80 km/h. “L’incendie se propage rapidement vers la ville de Ventura”, a indiqué le chef des pompiers, une ville qui compte quelque 100.000 habitants.

Comme chaque grand incendie californien, “Thomas” a apporté son lot d’images apocalyptiques, avec des flammes qui semblaient tout engloutir sur leur passage, prenant parfois des airs d’éruption volcanique. Selon les autorités, près d’un millier de pompiers combattaient ces incendies mardi sur les hauteurs qui surplombent Ventura, un feu qui a démarré lundi soir près de l’autoroute 150 avant de se diriger vers la ville de Santa Paula, d’où les ravages les plus spectaculaires étaient visibles. L’incendie a déjà privé plus de 260.000 clients d’électricité, a indiqué la compagnie électrique régionale, Southern California Edison.

“C’EST VRAIMENT MERE NATURE QUI VA DECIDER DE QUAND ON VA POUVOIR L’ETEINDRE”

Pour compliquer encore la tâche des pompiers, un autre incendie a démarré tôt mardi matin dans le comté de Los Angeles, s’étendant rapidement sur plus de 1.600 hectares, selon des responsables locaux. A ce stade, les incendies sont “hors de contrôle”, a regretté Eric Buschow, du bureau du shérif de Ventura, cité par la presse locale. Selon lui, il est possible que des riverains soient toujours pris au piège des feux, chez eux. Les incendies s’alimentent d’épaisses broussailles qui ne demandent qu’à prendre feu après des années de sécheresse.

L’année 2017 a été la plus mortelle en Californie à cause d’incendies. Plus de 40 personnes sont mortes en octobre dans plus d’une dizaine de feux qui ont ravagés une partie du nord viticole.

(Sources : AFP – PCN-SPO)

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 * Ma position pour l’Ecologie radicale (Deep Ecology) :

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GEOPOLITIQUE DU SPORT ET SOFT POWER (II): LES JO D’HIVER 2018 ET LE MONDIAL 2018 DE FOOTBALL ARENES DE LA CONFRONTATION USA-RUSSIE

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 12 05/

LM.GEOPOL - Soft power et jo II (2017 12 05) FR (2)

« C’est fait (le scandale du dopage) pour présenter la Russie comme l’axe du mal, mais nous sommes une grande puissance sportive. »

– Vitali Moutko, vice premier ministre russe (ex-ministre des sports).

J’avais longuement abordé en 2014 dans un entretien radio (1) la question de la « Géopolitique du sport » et de la « Géopolitique du football » (qui lui est subsidiaire), éléments de ce « soft power » qui prend de plus en plus de place dans les affrontements entre la Russie et le Bloc américan-occidental. Cet affrontement a pour arènes la FIFA (y compris le « Fifagate ») et la Coupe du monde de football, ainsi que les prochains Jeux olympiques et JO d’Hiver 2018 (après ceux de Sotchi) …

« Malraux avait tort. Le XXIe siècle ne sera pas religieux avant tout : il sera sportif. Nous sommes entrés dans l’ère du sport mondialisé, affirme Pascal Boniface dans sa GEOPOLITIQUE DU SPORT. Le sport est devenu le nouveau terrain d’affrontement – pacifique et régulé – des États. C’est la façon la plus visible de montrer le drapeau, d’être un point sur la carte du monde et d’exister aux yeux de tous. Lorsque la globalisation efface les identités nationales, le sport devient le moyen le plus efficace pour ressouder la nation, autour d’un projet commun et fédérateur. Dans ce « village global » qu’est devenue la planète, les champions sont les habitants les plus connus et les plus populaires. Tout le monde a entendu parler d’Usain Bolt ou de Cristiano Ronaldo. Qui connaît le nom du Premier ministre jamaïcain ou portugais ? Qui se souvient du nom du président du Brésil en 1970 ? Celui de Pelé est gravé à tout jamais dans les mémoires. Le sport aujourd’hui c’est donc plus que du sport. C’est de l’émotion, des sensations, des moments de désespoir, de joie, de fraternité, etc., mais aussi de la géopolitique, de la puissance en version « soft ». Bref, un élément essentiel de rayonnement pour un État. »

I- LA BATAILLE POUR LES JEUX OLYMPIQUES D’HIVER A PYEONGCHANG EN 2018 : LA RUSSIE CONTRE-ATTAQUE

J’ai déjà évoqué ici l’offensive américaine contre la Russie sur les Jeux olympiques d’hiver 2018 à Pyeongchang (2). Voici Moscou qui contre-attaque !

« Confronté à des accusations de dopage généralisé, le Kremlin dénonce un complot américain », commente Le Monde (en pointe dans la Russophobie) : « Dans l’attente de la décision du Comité international olympique (CIO), mardi 5 décembre, sur une éventuelle interdiction de la Russie aux Jeux olympiques d’hiver, en février, à Pyeongchang (Corée du Sud), les chaînes de télévision russes sont sur le pied de guerre. A l’unisson avec les autorités, elles dénoncent par anticipation une sanction décrite par le Kremlin comme une « punition » orchestrée par les Etats-Unis. Les tenues officielles de la délégation russe pour les JO ont certes été présentées à la presse, mais le Kremlin s’attend à une décision négative. La liste des sportifs suspendus pour dopage par le CIO, pour avoir bénéficié de manipulations de leurs échantillons aux Jeux olympiques de Sotchi en 2014, s’allonge chaque semaine : 25 d’entre eux ont été rétrospectivement disqualifiés et la Russie a perdu sa première place au tableau des médailles ».

Depuis le 9 novembre, Vladimir Poutine a lancé la contre-attaque : « En réponse à notre prétendue ingérence dans leur élection, a-t-il déclaré, ils [les Etats-Unis] veulent provoquer des problèmes lors de l’élection présidentielle russe. »

Le Monde expose les raisons des attaques contre la Russie : « A moins de quatre mois du scrutin, prévu le 18 mars, qui, sauf surprise, devrait reconduire le chef de l’Etat dans ses fonctions, la décision du CIO d’exclure les athlètes russes serait une mauvaise nouvelle pour le Kremlin. Elle priverait M. Poutine du prestige dont il s’est prévalu sur la scène internationale avec les JO de Sotchi. Les sports d’hiver sont, en Russie, beaucoup plus populaires que la Coupe du monde de football.

Le vice-premier ministre, Vitali Moutko, s’est longuement exprimé sur le sujet, ce vendredi 1er décembre, lors du tirage au sort pour le Mondial 2018 que la Russie accueillera cet été. Plutôt que de parler football, il a consacré son intervention aux éventuelles sanctions lors des prochains JO. C’est une « tentative de présenter [la Russie] comme un axe du mal, a-t-il tempêté. On a fait de nous une sorte de monstre. Maintenant, tout le monde, n’importe quel expert, a le droit de dire : “Il faut punir la Russie” ».

« La défense russe consiste à dénoncer une machination ourdie outre-Atlantique » commente Le Monde. « Les Etats-Unis contrôlent tout car les principales sociétés qui paient pour les droits de télévision, les principaux sponsors, les principaux acheteurs de publicités se situent là-bas », a lancé Poutine. « Il y a un sens particulier dans tout cela, a renchéri ce 30 novembre le premier ministre, Dmitri Medvedev, parce que les gens aiment le sport, soutiennent nos athlètes et cela provoquerait une profonde déception s’ils étaient sanctionnés. C’est de la politique et il n’y a aucun doute à ce sujet. »

Le Monde, malgré son tropisme anti-russe, est en aveux : « Des institutions américaines ont, de fait, joué un rôle majeur dans la révélation de la triche russe aux JO de Sotchi. Accueilli aux Etats-Unis par le réalisateur américain Bryan Fogel, avec qui il collaborait dans le cadre d’un documentaire sur le dopage, Grigory Rodchenkov a été mis en relation avec les autorités américaines. Le département de la justice a ouvert une enquête sur les accusations de fraude dans le sport russe au printemps 2016, selon plusieurs médias américains, et M. Rodchenkov vit désormais sous le programme de protection des témoins. Par ailleurs, le patron de l’agence américaine antidopage, Travis Tygart, très influent auprès de ses pairs, est l’un des avocats les plus médiatiques d’une exclusion totale de la Russie à Pyeongchang ».

II- SECONDE ARENE : LE MONDIAL DE FOOTBALL 2018

Le tirage au sort de la Coupe du monde de football 2018 a eu lieu, ce 1er décembre, au Kremlin en présence de mille trois cents invités triés sur le volet.

C’est en effet au Kremlin « et non dans une enceinte sportive, que le coup d’envoi de la Coupe du monde de football 2018 a été donné, vendredi 1er décembre, par le tirage au sort des équipes. En Russie, tout part et tout revient au pouvoir (dixit Le Monde). L’événement, qui attire des millions de fans et de téléspectateurs, s’y déroulera pour la première fois de son histoire du 14 juin au 15 juillet 2018, et la cérémonie de ce vendredi ne pouvait pas avoir d’autre origine que celui-ci, répété dans toutes les langues : le « Kremlin ». »

« Le président russe était bien sûr de la partie. Pour une fois pile à l’heure, Vladimir Poutine a fait son entrée à 18 heures sur la scène, peu avant le tirage au sort, au côté de Gianni Infantino, le président de la Fédération internationale de football ». « Notre pays attend avec impatience ce championnat », a déclaré le chef du Kremlin, promettant : « Nous ferons tout pour qu’il se transforme en fête sportive grandiose. » La Russie a dépensé près de dix milliards d’euros pour ce Mondial, pour les stades, les infrastructures, et les transports. A Moscou, les stations de métro sont désormais annoncées en deux langues, russe et anglais. Une première.

Mais Le monde se montrait ravi de gâcher le fête russe : « Mais ce vendredi, il planait comme une ombre au tableau. Le 5 décembre, le Comité olympique international (CIO) devrait annoncer sa décision quant à la participation des sportifs russes aux Jeux olympiques d’hiver, en février, à Pyeongchang (…) Or, vendredi, trois athlètes ont de nouveau été disqualifiés, ce qui porte à vingt-cinq le nombre d’athlètes suspendus des Jeux de Sotchi ». Infantino a du voler au secours de Vladimir Poutine : « S’il y avait un problème sérieux de dopage dans le football, on le saurait. »

Là aussi, Le Monde est en aveux sur les motivations de l’offensive contre Moscou, pilotée depuis les USA : « le problème est que l’impact international du football n’a pas la même résonance en Russie qu’ailleurs. Elle est bien moindre que celle des JO. La Sbornaïa, l’équipe nationale, classée 63e par la FIFA, ne déchaîne pas les passions. Vendredi soir, l’assistance au Kremlin est restée compassée, et la plupart des cafés et des bars de la capitale russe n’ont rien transmis sur le tirage au sort. Un manque d’enthousiasme agaçant alors que se profile l’élection présidentielle russe, le 18 mars, à laquelle Vladimir Poutine compte bien se représenter ».

III- GÉOPOLITIQUE ET DIPLOMATIE DU FOOTBALL AU CŒUR DU MONDIAL 2018

L’emprise du « soft power » (3) (qui rappelons le est une dimension de la puissance géopolitique) et de sa variante que la France appelle la « diplomatie culturelle » apparaît pleinement dans d’autres multiples aspects du Mondial 2018, comme le révèle le tirage au sort effectué au Kremlin. « A la suite du tirage au sort de la Coupe du monde 2018, certaines rencontres du premier tour résonnent au-delà du simple enjeu footballistique », commente Le Monde.

Voici une vision rapide de deux de ces dossiers :

* Russie et Arabie saoudite :

« Match d’ouverture de la 21e Coupe du monde, ce Russie-Arabie saoudite est peut-être plus attendu par les spécialistes de relations internationales que par les amateurs de ballon rond (…) Ce match, c’est aussi la rencontre de deux superpuissances pétrolières, qui à elles deux représentent près d’un quart de la production mondiale. Si la Russie n’appartient pas à l’OPEP (Organisation des pays exportateurs de pétrole), elle a récemment fait le choix de s’aligner sur la position portée par l’Arabie saoudite : réduire la production pétrolière pour relancer le cours du baril de brut. La rencontre intervient en plein réchauffement des relations entre deux pays, historiquement opposés compte tenu de l’alliance entre Ryad et Washington d’un côté, et Moscou et Téhéran de l’autre. Leur politique des prix pétroliers a souvent été différente et la Russie soupçonne l’Arabie saoudite d’avoir financé l’opposition tchétchène. L’arrivée au pouvoir de Vladimir Poutine a bouleversé les relations diplomatiques entre les deux pays.

Lire :   Moscou et Riyad remanient l’opposition syrienne avant la reprise des pourparlers de paix. Début octobre, le roi Salman d’Arabie saoudite a réalisé une première visite en Russie pour un chef d’Etat saoudien, événement qui symbolise une recomposition des équilibres géopolitiques au Moyen-Orient. Allié historique des Etats-Unis, Riyad veut diversifier ses options, à l’heure où la Russie et l’Iran font front commun en Syrie. »

* Espagne et Maroc :

En pleine crise de l’immigration en Europe et en Afrique, Maroc – Espagne détonne. « Malgré la règle qui empêche que plus de deux membres d’une même confédération se retrouvent dans le même groupe, l’Espagne affrontera en juin prochain deux pays avec lesquels elle partage des frontières : le Maroc et le Portugal. La démarcation avec le Maroc est l’une des plus petites frontières terrestres du monde, puisqu’elle consiste en deux murs de séparation autour des enclaves espagnoles de Melilla et Ceuta, longues d’une quinzaine de kilomètres au total. Depuis soixante ans, le Maroc revendique ces deux enclaves qu’il considère comme des vestiges de la colonisation. Situées sur une route migratoire de plus en plus fréquentée, ces deux enclaves sont les portes de l’Europe pour tous les migrants qui privilégient la route de Gibraltar. Le Maroc, dont les méthodes de répression sont plus dures, est indispensable à l’Espagne si elle veut stopper les migrants avant qu’ils ne commencent à escalader les grillages de barbelés aux lames tranchantes, hauts de six mètres. C’est la raison pour laquelle Madrid tente de conserver les meilleures relations possibles avec Rabat, que certains observateurs et ONG locales soupçonnent d’utiliser pour faire pression sur l’Europe sur le sujet brûlant du Sahara occidental. »

(Sources : Le Monde – AFP – Tass – EODE Think-Tank)

NOTES :

(1) Cfr. sur EODE-TV/ RADIO CAMEROUN : LUC MICHEL. FIFAGATE A QUI PROFITE LE SCANDALE ?

sur https://vimeo.com/130627045

(2) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ GEOPOLITIQUE DU SPORT ET SOFT POWER : POUTINE ACCUSE LES ETATS-UNIS D’ŒUVRER EN SOUS-MAIN POUR EMPECHER LA RUSSIE D’ETRE PRESENTE AUX JEUX OLYMPIQUES D’HIVER 2018, A PYEONGCHANG.

sur http://www.lucmichel.net/2017/10/24/luc-michels-geopolitical-daily-geopolitique-du-sport-et-soft-power-poutine-accuse-les-etats-unis-doeuvrer-en-sous-main-pour-empecher-la-russie-detre-presente-aux-jeux-o/

(3) Voir sur EODE-TV/ LUC MICHEL: A BATONS ROMPUS SUR LE ‘SOFT POWER RUSSE’ ET LA ‘DIPLOMATIE PARALLÈLE’ D’EODE – (SOFT POWER PARTIE 1 + 2) sur https://vimeo.com/242079030 et sur https://vimeo.com/242637227

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

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