Grecia mette all’asta le case pignorate, scoppiano scontri

sarà una fake news dei “fassisti populisti”

ATENE (WSI) – E’ diventato uno scontro tra componenti del partito al governo Syriza ed ex ministri fuoriusciti quello avvenuto in tribunale ad Atene durante la prima giornata della vendita all’asta della case dei greci morosi nei confronti delle banche.
 
Condizione chiave del terzo piano di salvataggio internazionale della Grecia, le aste di pignoramento sono state ripetutamente interrotte dagli attivisti di sinistra che avrebbero fatto irruzione nell’aula del tribunale ateniese per fermare quelli che reputano provvedimenti ingiusti che prendono di mira soprattutto le categorie sociali più povere.
Tra i manifestanti anche Panagiotis Lafazanis, ex ministro nel primo governo Tsipras e oggi il capo del Partito di Unione popolare, insieme a membri del sindacato Pame, legato al Partito comunista greco Kke. La polizia è dovuta intervenire in tenuta antisommosa anche usando lacrimogeni e alcune persone sono rimaste ferite negli scontri.
Due anni fa quando era salito al governo il primo ministro Alexis Tsipras aveva promesso di proteggere le prime case dal pignoramento ma la Troika per salvare il paese dalla grave recessione impose le sue misure di austerity tra cui rimettere gli immobili posti a garanzia del mutuo, anche la prima casa, nel mercato immobiliare nel più breve tempo possibile. Con la firma di un un nuovo piano di salvataggio Atene non riuscita a mantenere la sue promesse e proteggere le prime abitazioni delle persone. La recessione ha investito il paese provocata proprio dalle misure di austerity che hanno tagliato i posti di lavoro e bloccato gli investimenti delle imprese.
 
Oggi il governo greco auspica di iniziare i colloqui con i creditori per l’uscita dal piano di salvataggio del prossimo anno
30 novembre 2017, di Alessandra Caparello

Manifestanti si scontrano con la polizia greca nell’aula di tribunale dove si svolgono le aste per le case pignorate

Grecia proteste case pignorate
ssh il silenzio è calato sulla Grecia. La sorte dei cittadini della Grecia non interessa più, o meglio, NON deve interessare, l’importante è che grazie al kompagno Tsipras il “ribelle antitroika” i “populisti” , quelli sbagliati, sono stati “contenuti”.
Però i mercati hanno riammesso la Grecia i loro bonds…..BRAVO kompagno, i banchieri ti perdonano…Hai pure mandato i poliziotti a caricare la gente che hai lasciato AL FREDDO.  Gli attivisti di sinistra aiutano queste persone vittime, sono in cerca di verginità? All’epoca delle elezioni il contrasto era diretto ai “nemici” di Syriza

Caos e scontri in un tribunale di Atene, nel primo giorno della messa all’asta di prime case di proprietari morosi nei confronti di banche, dopo che attivisti del movimento “Non pago” sono entrati nell’aula cercando di bloccare l’operazione.
La polizia in tenuta antisommossa è intervenuta e ha usato gas lacrimogeni all’interno dell’edificio per disperdere i dimostranti e impedire loro di entrare nell’aula del tribunale.
Tra i manifestanti – riferisce l’agenzia ufficiale greca Ana-Mpe – c’era anche il capo del Partito di Unione popolare Panagiotis Lafazanis (ex ministro nel primo governo Tsipras) e membri del sindacato Pame, legato al Partito comunista greco Kke. Alcune persone sono rimaste ferite negli scontri. Insomma è stato uno scontro tra componenti di Syriza al governo ed ex ministri fuoriusciti dal partito di sinistra radicale.
La polizia greca ha usato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti da un’aula del tribunale di Atene dove hanno cercato di fermare decine di aste di prime case di proprietari morosi nei confronti di istituti di credito.
Le aste di pignoramento sono una condizione chiave del terzo piano di salvataggio internazionale del paese mediterraneo, ma sono state ripetutamente interrotte dagli attivisti di sinistra per i quali si tratterebbe di provvedimenti ingiusti che prendono di mira soprattutto le categorie sociali più povere.
Un filmato televisivo trasmesso dalle tv greche ha mostrato manifestanti che lanciavano oggetti alla polizia in un corridoio pieno di fumo mentre la polizia li spingeva indietro. I notai, che gestiscono le aste, li hanno boicottati a causa di problemi di sicurezza, ma sono tornati a lavorare solo oggi dopo che il governo di sinistra ha detto che avrebbe migliorato il processo e aumentato la sicurezza.
 
La Grecia ha anche accettato di utilizzare le cosiddette aste elettroniche che sono iniziate sempre oggi dopo essere state respinte di due mesi. Il governo del primo ministro Alexis Tsipras è salito al potere due anni fa con la promessa di proteggere le prime case dal pignoramento e di cancellare le riforme impopolari e l’austerità. I creditori avevano invece chiesto che gli immobili posti a garanzia del mutuo, anche la prima casa, tornassero nel mercato immobiliare nel più breve tempo possibile.
 
Atene successivamente ha firmato un nuovo piano di salvataggio e ha acconsentito a stringere di più la cintura con nuove misure di austerità, sebbene si sia impegnata a proteggere le prime abitazioni delle persone. Promessa poi delusa nel prosieguo delle trattative con i creditori.
Tuttavia, le banche greche sono gravate da centinaia di miliardi di crediti in sofferenza dopo anni di crisi finanziaria, principalmente a causa dell’incapacità delle persone di rimborsare i mutui. Una recessione provocata dalle misure di austerity che hanno tagliato i posti di lavoro e bloccato gli investimenti delle imprese.
 
I prestiti in sofferenza sono in cima all’agenda dei colloqui della Grecia con i suoi creditori. Attualmente i creditori stanno esaminando i progressi della Grecia in materia di energia, lavoro e riforme del settore pubblico, riforme concordate nell’ambito del terzo piano di salvataggio internazionale che vale 86 miliardi.
 
Atene vuole accelerare l’attuazione di alcune riforme concordate per concludere presto la sua operazione di salvataggio. Il governo greco spera di iniziare i colloqui con i creditori sui termini dell’uscita dal piano di salvataggio del prossimo anno e su un’ulteriore riduzione del debito che viaggia al 180% del Pil, una richiesta greca di vecchia data ma che è rimasta inascoltata soprattutto dall’intransigenza tedesca.
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Aggressione ai giornalisti, quando indigna e quando No

brumotti aggreditoLe risorse mentre si dedicano ai lavori  che gli italiani non vogliono fare aggrediscono, sparano, accerchiano dei giornalisti, MA LA POLITICA NON CHIEDE MOBILITAZIONE come per 4 pericolosi skinheads che hanno commesso il gravissimo reato di “obbligare all’ascolto”, mafia capitale non gradisce intromissioni.

La capocciata di Roberto Spada ad un giornalista (per altro lavorava in nero) ha indignato (giustamente) tutto il mondo talmente politically correct che non si è “accorto” dell’accerchiamento ed aggressione fisica con tanto di spari ai danni della troupe di Striscia la Notizia.

Minniti in relazione al caso Spada/giornalista di Nemo disse:  Minniti: il fermo di Spada dimostra che in Italia non ci sono zone franche

SICURO MINISTRO NON ELETTO?

Striscia la notizia, Brumotti e la troupe aggrediti da 30 spacciatori a Padova: contro di loro sputi e schiaffi

Brumotti aggredito per la terza volta. A Roma spari e minacce
L’inviato di ‘Striscia la Notizia’ era nel quartiere San Basilio, dove lo spaccio è sotto gli occhi di tutti. Un uomo ha lanciato un mattone e ferito un collaboratore. Uditi colpi di pistola

VIDEO Aggressione violenta alla troupe di striscia

Vittorio Brumotti e la sua troupe sono stati aggrediti e sono stati anche derubati di due videocamere. Prima dell’aggressione e dei furti, uno spacciatore al quale si è rivolto Vittorio Brumotti, oltre alla droga, ha cercato di vendergli anche delle armi, per la precisione pistole e kalashnikov. tratto da FONTE
Nuova aggressione al Parco della Montagnola di Bologna, dopo quella del 15 novembre scorso, per la troupe di Striscia La Notizia guidata dall’inviato Vittorio Brumotti, inseguita e spintonata da un gruppetto di spacciatori, che non hanno gradito la nuova «intrusione» in un territorio che ha seri problemi di degrado e microcriminalità. Per la verità è la terza aggressione in due settimane per il giornalista e i suoi cameraman: la sera del 22 novembre era stato assaltato a Padova, anche là durante la registrazione di un servizio sullo spaccio di stupefacenti in una zona calda, l’area antistante la stazione ferroviaria.
 
Il 15 novembre la troupe era entrata al buio del Parco per documentare lo spaccio nella Montagnola e Brumotti si era finto potenziale acquirente. A un certo punto l’inviato del programma televisivo satirico aveva svelato la sua identità tirando fuori un megafono per denunciare l’accaduto, e fu affrontato, insieme ai cameraman, da un gruppo di stranieri che strapparono le telecamere. Stasera fatto analogo durante un nuovo servizio sullo spaccio di droga nel Parco costruito sull’ottocentesca discarica cittadina (da cui il nome Montagnola), adiacente alla centrale Piazza 8 Agosto che celebra la cacciata degli austriaci.
 
Questa volta un gruppetto meno nutrito di giovani li ha raggiunti. Ci sarebbero stati contatti, più che altro il giornalista e i teleoperatori sarebbero stati spintonati, una telecamera sarebbe rimasta danneggiata, ma non ci sarebbe stata la rapina degli strumenti televisivi. Uno degli aggressori sarebbe già stato identificato. Nel parco, poco lontano dalla stazione ferroviaria e da Piazza Maggiore, da tempo è presente, ed è al centro del dibattito cittadino, il problema della presenza di spacciatori, soprattutto cittadini centrafricani, molti senza fissa dimora.
 
Brumotti voleva documentare lo stato in cui versa la Montagnola gridando agli spacciatori di vergognarsi di quello che stavano facendo a pochi passi da una scuola, l’asilo ‘Giaccaglia Betti’. Quella volta l’aggressione fu dura. Nella notte scattò una retata dei carabinieri portò all’arresto per spaccio di diversi africani, anche nei giorni successivi. Ci furono reazioni durissime, oltre al sindaco Virginio Merola, quella del leader della Lega Nord Matteo Salvini, sempre molto sensibile a quello che succede a Bologna. «Non vedo l’ora, una volta al governo – disse – di dare una bella ripulita a tutta l’Italia. Attendo arresti e manifestazioni, come a Ostia». La nuova visita a Bologna, da quanto si comprende, è stata dettata dalla voglia di vedere se l’operazione pulizia avesse dato i suoi frutti. A sue spese, Brumotti ha verificato che non è così.
 
Mercoledì 29 Novembre 2017
Striscia, Brumotti picchiato di nuovo a Padova. “Troupe accerchiata dagli spacciatori”
Vittorio Brumotti, l’inviato sul territorio di Striscia la notizia, è stato nuovamente aggredito, ieri sera, durante la registrazione di un servizio sullo spaccio di stupefacenti in un zona calda di Padova, l’area antistante la stazione ferroviaria. La troupe di Striscia è stata accerchiata da un gruppo di spacciatori, una trentina – secondo gli autori della trasmissione – che ha poi aggredito Brumotti e i suoi operatori con sputi e schiaffi e il lancio di una bottiglia. Questo episodio si verifica a pochi giorni di distanza dall’aggressione, sempre a Vittorio Brumotti e alla sua troupe, avvenuta nel parco della Montagnola di Bologna dove si era recato per un servizio sullo spaccio di stupefacenti.
Pubblicato da Striscia la notizia
Brumotti di Striscia va a San Basilio e i pusher sparano
Colpi di pistola durante il servizio tv, il cameraman colpito da un mattone
2 Dicembre 2017
Due colpi di pistola, il lancio di un mattone che ha ferito un cameraman e minacce di morte contro Vittorio Brumotti e la sua troupe. L’aggressione è avvenuta oggi pomeriggio a Roma durante un’inchiesta sulla droga. Terza tappa dell’inchiesta, dopo Bologna e Padova, e terza aggressione. Solo che stavolta c’è chi ha usato la pistola.
 
L’inviato di Striscia la notizia si trovava nel quartiere San Basilio (via Carlo Tranfo, angolo con via Luigi Gigliotti) per documentare lo spaccio di sostanze stupefacenti che avviene alla luce del sole. Avvicinati con la proposta di vendergli cocaina e altre droghe, Brumotti ha iniziato la sua campagna contro lo spaccio usando il megafono. Immediatamente da un blocco di case popolari si sono levate urla di insulti e minacce. Verso le 16.15, sceso dal suo furgone, Brumotti ha sentito due colpi di arma da fuoco. Una persona in passamontagna ha corso verso di lui e la sua troupe lanciando un mattone che ha ferito a una gamba uno dei cameraman. L’inviato e la troupe sono saltati sul furgone allontanandosi di corsa dal quartiere.

Naziskin Como: Boldrini, mobilitazione

picchiatori nazi e democratici difende il business più redditizio della droga. Si certo, costituzione e democrazia, VOI AVETE CHIESTO AGLI ITALIANI IL PERMESSO DI FAR ENTRARE ALTRA GENTE? Non siete nemmeno stati eletti, ma cianciano di rispetto di democrazia
Quando le Sentinelle in Piedi manifestavano compostamente, sono state accerchiate, insultate, sputate e fatte oggetto di lanci di oggetti. La stampa ha per lo piu colpevolizzato “gli oscurantisti bigotti”. Un comitato che qui in città si offriva di scortare a casa le persone sole che non si sentono sentinelle aggreditepiù sicure nelle nostre strade infestate da feccia allogena e indigena, è stato assalito e picchiato dagli antifascisti perché “fomentava il razzismo”. Nulla o quasi sulla stampa.
 
Naziskin Como: Boldrini, mobilitazione
Misure adeguate ma anche difesa della Costituzione e democrazia
bliz como senza frontiere(ANSA) – FIRENZE, 30 NOV – “Ritengo che sia necessario ricorrere a delle misure adeguate ma anche che sia necessario che ci sia una mobilitazione civile su questo, perchè non possiamo permettere a questi gruppi di sporcare la nostra bella Costituzione e la nostra democrazia, che non è compatibile con questi estremisti”. Così la presidente della Camera Laura Boldrini ha risposto oggi a Firenze ai cronisti che le chiedevano un commento sul blitz dei naziskin in un circolo attivo sul fronte del sostegno dei migranti a Como.
Skinheads a Como, cresce la polemica
(ANSA) – MILANO, 30 NOV – E’ polemica sempre più esplicita tra le forze politiche per l’episodio avvenuto a Como, dove un gruppo di skinheads ha fatto irruzione nella sede di “Como senza frontiere”, associazione che si occupa di assistenza ai migranti. Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, serve “una mobilitazione civile, non possiamo permettere a questi gruppi di sporcare la Costituzione”. Per Matteo Renzi, “su questi temi non devono esserci divisioni, ma la condanna è stata troppo timida”. Per Giorgia Meloni, invece, quanto avvenuto a Como è stato “un atto di intimidazione, dunque inaccettabile, ma è ridicolo l’appello di Renzi. Si è trattato di un atto di intimidazione, non di un atto di violenza”. Analoghe le dichiarazioni di Matteo Salvini: “Il problema dell’Italia è Renzi, non il fascismo che non può tornare. Ovvio che non si entra in casa d’altri non invitati e non è quello il modo di risolvere i problemi. Bene invece fanno i nostri sindaci che con azioni concrete combattono l’invasione di immigrati”.
Skinheads Como: 4 denunciati
(ANSA) – MILANO, 30 NOV – Sono quattro, per ora, gli appartenenti al Veneto Fronte Skinheads denunciati per violenza privata per l’irruzione dell’altra sera nella sede di un’associazione mentre stava tenendo una riunione la rete “Como Senza Frontiere”, attiva nell’accoglienza dei migranti. Si tratta dei quattro già identificati nel video girato dai partecipanti alla riunione, mentre è in corso l’identificazione di altre nove “teste rasate”. Gli agenti della Digos di Como, coordinati dal pm Simona De Salvo e dal procuratore Nicola Piacente, stanno ricostruendo il contesto in cui è maturata l’iniziativa degli esponenti neofascisti che, interrompendo la riunione dell’associazione, hanno fatto irruzione per leggere un “proclama” contro l'”invasione di immigrati e l’immigrazionismo”. Gli inquirenti stanno quindi cercando di capire come il gruppo di skinheads sia venuto a conoscenza della riunione e come sia nata l’idea del blitz.
vi han fatto la bua? Siete stati accerchiati? Da chi? Da gente armata? Le vostre risorse lo fanno continuamente con gli italiani, con le donne stuprate, ma non suscitano tutta questa attenzione e clamore. Chi vi finanzia a voi? Perché davvero suona strano che vi sia una “rete” il cui unico scopo è “cambiare la percezione” sul tema accoglienza, l’ansa scrive ” associazione che si occupa di assistenza ai migranti.”, con i vostri soldi lo fate?
Blitz Skinhead, il racconto di Como senza frontiere: “Ci hanno accerchiato, è stata intimidazione”
“Sono entrati e ci hanno accerchiato, è stata una vera e propria intimidazione”.
Inizia così il racconto di Annamaria Francescato, portavoce della rete Como senza frontiere, ancora scossa dopo l’incursione di quindici militanti di Veneto Fronte Skinheads alla riunione di martedì 28 novembre. Annamaria si trovava assieme ai rappresentanti di altre associazioni, sindacati e sigle politiche nella sede dell’associazione Artficio di via Terragni 4 quando gli skin “con atteggiamento squadrista” si sono presentati alla riunione e “dopo averci accerchiati hanno distribuito i volantini con la loro rivendicazione. Ci hanno insultati un po’. Noi non abbiamo reagito. Ci hanno sicuramente preso di sorpresa, ma non avremmo potuto fare altro che starcene seduti e buoni. Eravamo principalmente donne, con un’età media di 60 anni e persone che vanno dai 18 agli 80. Se le cose fossero degenerate ci avrebbero sopraffatti. Non è successo nulla di fisico, ma non è stato un momento piacevole”. La sede dell’associazione si trova al primo piano di un edificio nel centro di Como: “Il portoncino di ingresso era accostato, aspettavamo altri partecipanti alla riunione. Quando ho sentito i rumori provenire dalla scala ho aperto la porta e mi sono trovato davanti queste persone con le teste rasate che sono entrate con fare militaresco. Chiaramente ci siamo affidati ad un legale per denunciare l’aggressione e l’intimidazione che abbiamo subito. C’è tutta una componente non verbale in questa azione, tutta una parte che rimane non detta ma che si è sentita chiaramente. Questi individui entrando ci hanno fatto capire che loro ci seguono, sanno chi siamo e possono fare quello che vogliono. Sono spaventata e arrabbiata”.
Le reazioni politiche sono arrivate a livello nazionale. Ma le persone che hanno subito questa incursione sono rimaste stupite dal clima di indifferenza con cui l’episodio è stato accolto in città: “Dall’amministrazione comunale non ci ha contattato nessuno – spiega Annamaria – e in rete si leggono commenti di critica a noi, gente che plaude all’iniziativa di Veneto Fronte Skinheads e invoca la democrazia. Ci siamo sentiti dire che dobbiamo essere democratici e accettare le posizioni di tutti. Ma non c’è niente di democratico in quello che abbiamo subito. Non c’è niente di più lontano dalla democrazia”.
Un commento arriva anche da Giampaolo Rosso, vicepresidente dell’Arci di Como. Sedeva al tavolo di Como senza frontiere ed è l’autore del video che è circolato in rete fin dalle prime ore successive al blitz degli skinhead. “Abbiamo sottovalutato per troppo tempo questi gruppi, minimizzando le loro azioni e archiviandole come goliardate. E’ stata una sottovalutazione colpevole anche da parte delle istituzioni. Qui non c’è un normale conflitto delle idee, qui ci troviamo di fronte alla volontà di annullare altri, una cosa incompatibile con la democrazia. Idee che nemmeno tanti anni fa hanno prodotto orrori e tragedie inenarrabili. La sottovalutazione ha prodotto una sorta di sensazione di libertà di azione che si aggiunge all’effettivo scontento per la mancanza di welfare e l’enorme disparità tra ricchi e poveri”.
 
Como senza frontiere è un network di sigle che si riunisce da circa un anno con l’obiettivo dichiarato di cambiare la percezione del problema della migrazione tra la gente e, in seconda battuta, di supportare l’attività di accoglienza. Como è stata per molto tempo una piccola Ventimiglia, negli anni scorsi c’è stata una forte pressione migratoria al confine con la Svizzera. Decine di persone accampate in stazione, continui tentativi di passare il confine e molti respingimenti. Si è creato così un clima di ostilità da parte delle forze politiche di destra che ha alimentato la diffidenza da parte dell’opinione pubblica. Con il tempo la rotta svizzera ha attirato meno migranti e il problema è diventato meno evidente: “Le persone che vogliono andare in Svizzera oggi sono poche – spiega Annamaria Francescato -. Molti hanno rinunciato a passare il confine e hanno deciso di fermarsi in Italia. Si tratta di persone che hanno perso il diritto all’accoglienza e, pur avendo titolo per restare in Italia, vivono per strada”. Stiamo parlando di una sessantina di persone che, dopo essere state allontanate dai locali della parrocchia di San Martino di Rebbio che li ha ospitati per un periodo, da qualche tempo vivono in un autosilo abbandonato. “La presenza di queste persone in città non si nota, sono assolutamente marginali – spiega ancora la portavoce della rete – ma l’attività culturale che facciamo evidentemente dà fastidio. L’azione di Veneto fronte skinhead è indubbiamente una conseguenza della presenza dei migranti, ma spero anche una conseguenza del nostro lavoro che forse dà fastidio perché inizia ad aprire qualche breccia”.
di Alessandro Madron | 29 novembre 2017

L’AJA, IL TRIBUNALE ASSASSINO

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/11/laja-il-tribunale-assassino.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 29 NOVEMBRE 2017

https://www.youtube.com/watch?v=ll8-VYM5xYU video del suicidio di imputato croato al Tribunale dell’Aja sulla Jugoslavia

https://www.youtube.com/watch?time_continue=53&v=idf_sdeVpO4, video di Mladic con il comandante ONU di Srebrenica

Integro, con questi due drammatici e rivelatori video, il mio precedente articolo sulla scandalosa condanna del generale Radko Mladic da parte del criminale Tribunale dell’Aja sulla Jugoslavia. Sulla coscienza dei giudici e procuratori di questa corte di mercenari USA, coscienza prostituita agli ufficiali pagatori Nato in modo che ne risulti occultato e trasferito sul popolo serbo il genocidio e nazionicidio operato da Washington, Berlino, Bruxellles, Roma, Vaticano, sulla Jugoslavia, pesa un altro morto.

Dopo le decine di migliaia di civili di tutte le repubbliche jugoslave massacrate dai bombardamenti Nato, dalle milizie fasciste croate e islamiste di Tudjman e Izetbegovic, dopo la morte provocata ad arte dell’ultimo grande difensore della verità e giustizia nei Balcani, Slobodan Milosevic, dopo la vigliacca condanna di Karadzic, la morte in carcere di altri prigionieri serbi ingiustamente detenuti, ecco l’ennesimo omicidio da imputare a questo tribunale di servi di regimi gangster. Slobodan Pradjak, uno dei pochissimi non-serbi trascinati davanti alla farsa giudiziaria dell’Aja, comandante di reparti croati che si sono scontrati con le milizie jihadiste di Izetbegovic, collaudate in Bosnia prima di essere impiegate nella distruzione di Libia, Iraq e Siria e negli attentati terroristici in Europa, si è suicidato sul banco degli imputati. Alla maniera di Socrate, dopo la condanna a vent’anni, ha bevuto un veleno al cospetto dei manigoldi in toga a stelle e strisce che lo avevano condannato. Poche ore dopo è morto. Come Mladic prima di lui, con le sue ultime parole ha smascherato il carattere truffaldino e bugiardo del cosiddetto Tribunale detto Penale, bollandolo di “Tribunale Nato”.


Nel primo, sconvolgente, video, si vede Pradjak definire i giudici dell’Aja “corte politica e tribunale della Nato” e poi bere la sua “cicuta”.
Il secondo, con sottotitoli inglesi, mostra l’incontro a Srebrenica nel 1995 del generale Mladic con il comandante olandese dell’ONU che aveva in custodia l’enclave bosniaca in territorio serbo. L’ufficiale ONU, che non aveva saputo impedire le razzie del criminale bosniaco Naser Oric contro i villaggi serbi della regione, che avevano provocato 3.500 innocenti vittime civili (queste vere, non farlocche come gli “8000” di Srebrenica, ma del tutto ignorate all’Aja e dai media), viene interrogato da Mladic sui motivi che lo avevano spinto a sparare sulle truppe serbe e a distribuire armi ai musulmani bosniaci, lui che doveva garantire la smilitarizzazione e pacificazione dell’enclave. Si notino l’imbarazzo del comandante ONU e, soprattutto, le pressanti preoccupazione di Mladic per la salvaguardia dei civili di Srebrenica,

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:07

Lettera aperta al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti On. Delrio e all’Amministratore delegato di R.F.I. Ing. Gentile.

Scorrendo la cronaca giornalistica ci si imbatte in attenti reportage di una recente simulazione di emergenza svoltasi nel traforo ferroviario del Frejus, più precisamente si è simulato un guasto ad un locomotore di un treno internazionale TGV (ma allora esiste già un collegamento!) proveniente dall’Italia e diretto in Francia, che quindi si è fermato all’interno della galleria del Frejus, tra Bardonecchia e Modane. A valle di questo evento si sono attivate tutte le procedure di emergenza che hanno visto l’intervento dei Vigili del Fuoco italiani e Sapeurs pompiers francesi con specifici mezzi bimodali, utilizzabili sia su strada che su rotaia oltre che di forze dell’ordine, servizi sanitari, autorità locali di pubblica sicurezza.

Dalla cronaca si evince anche come vi sia stata una partecipazione, direttamente in cabina di regia, del Commissario di Governo per la Torino – Lione. Ovvero della figura che ha il compito di imbonire la popolazione e amministrazioni locali, sulla costruzione della nuova linea, tramite attività di marketing teso a comprare l’accondiscendenza della popolazione all’opera spacciando i dovuti e necessari servizi ed altre opere di vera utilità pubblica quali compensazioni.

Francamente quindi non si vede il nesso tra la simulazione svolta sulla linea storica con la presenza del Commissario. Tanto più che un obiettivo del Commissario, poco celato, è quello di chiudere e dismettere tale linea.

Ci chiediamo quindi a che titolo era presente il Commissario? Qual è stato il suo compito istituzionale, lautamente retribuito, svolto in quel frangente? Quali certificazioni e abilitazioni sono in possesso dell’ Arch. Foietta circa le attività di soccorso ivi prestate o coordinate o supervisionate?
Oppure si è trattato invece di una constatazione dello stato di fatto della linea storica in vista, almeno a quanto risulta da accordi e programmi, di una prossima cessione, senza oneri, di tale linea storica a favore della società privata francese TELT, e ciò in pieno conflitto di interessi in quanto gestirà entrambe le linee, quella storica e quella nuova?

Senza polemica alcuna, vorremmo evitare che tali simulazioni, di primaria importanza per il bene degli operatori, degli utenti e dei cittadini, siano vanificate da ridicole passerelle di personaggi in cerca di notorietà.

Marco Scibona, Senatore M5S – Segretario 8a Commissione Lavori pubblici, comunicazioni.

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XIV) : DESTABILISATION DU CAMEROUN : LE DESSOUS DES CARTES DU ‘GOUVERNEMENT DE GUERRE DE L’AMBAZONIE’

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (XIV)/

2017 11 28/

PANAF - LM AFROENQUETE XIV gouvernement ambazonie (2017 11 28) FR (1)

Les sécessionistes « ambazonniens », qui pilotent désormais le mouvement de contestation au Cameroun a  tenu aux Etat-Unis un « conclave de structuration des institutions de la gouvernance de cet Etat » (sic) jusqu’alors virtuel. Ils publient maintenant la liste de « leur gouvenement » (resic). Un Etat dont la concrétisation pourrait ébranler sérieusement l’intégrité du Cameroun et servir les forces exogènes occidentales, et leurs complices africains, qui parrainent le sécessionisme.

A noter qu’aucun camerounais résidant au pays ne figure au sein de ce « gouvernement ». A noter encore que la branche dite « fédéraliste » du mouvement de contestation est mise à l’écart, ce qui confirme la main-mise des radicaux extrémistes sur celui-ci …

PANAF - LM AFROENQUETE XIV gouvernement ambazonie (2017 11 28) FR (5)

* Voir aussi :

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XII):

COMMENT WASHINGTON VEUT SE SAISIR DE LA CRISE ANGLOPHONE AU CAMEROUN ET PARRAINE LES LOBBIES SECESSIONNISTES !?

Sur http://www.panafricom-tv.com/2017/11/20/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-xii-comment-washington-veut-se-saisir-de-la-crise-anglophone-au-cameroun-et-parraine-les-lobbies-secessionnistes/

LA DESTABILISATION POLITICO-PSYCHOLOGIQUE DU CAMEROUN CONTINUE : L’AMBAZONIE REND PUBLIC « SON GOUVERNEMENT… DE GUERRE »

Un « gouvernement » constitué de sept départements, comme le prévoyait l’une des résolutions adoptée à l’issue de ce « conclave » tenu du 27 au 31 octobre dernier, dans un pays inconnu, par les sécessionnistes du Southern Cameroon. Mais seulement six portefeuilles pourvus en titulaires : « Six Secrétaires d’Etat et six sous-Secrétaires d’Etat ». Ainsi se résume la structure gouvernementale de ce pays fantôme, tel qu’il a été rendu public vendredi dernier par son « président intérimaire », Sissiku Julius Ayuk Tabe.

DES INCONNUS AU SERVICE D’UNE « DIPLOMATIE PARALLETE » CONTRE YAOUNDE

Comme pour montrer que ce « pays » a « pour préoccupation essentielle d’asseoir son existence dans l’opinion internationale, de même qu’il n’entend pas, nonobstant l’hostilité belliqueuse –à la limite du bellicisme- du gouvernement camerounais qui entend user de tous les moyens pour  empêcher l’Etat d’Ambazonie de voir le jour, le gouvernement dont les noms des membres vient d’être publié fait l’objet d’une grande symbolique, en ce sens qu’il semble accorder une priorité, voire une primauté induisant préséance protocolaire, à la diplomatie ». Ce qui en langage clair veut dire que ce « gouvernement » va servir, aux mains des sécessionnistes et de leurs mentors, à déstabiliser le Cameroun au niveau diplomatique africain et international.

Le « ministre (ou Secrétaire d’Etat) aux Affaires Etrangères » qui figure en tête des membres de ce « gouvernement », et a pour titulaire la seule personnalité véritablement connue de longue date au Cameroun, en la personne du Professeur Carlson Anyangwe, un des pères fondateurs du SDF, principal parti de l’opposition camerounaise « dont il s’est éloigné depuis en raison de ses réticences affichées quant à l’opportunité d’une sécession », et dont on dit d’ailleurs qu’il trouva la dénomination alors que le Cameroun n’était même pas encore ouvert au pluralisme politique.

Cet ancien enseignant de Sciences Juridique des universités camerounaises, qui a aussi enseigné dans d’autres pays dont la Zambie, auteur de l’ouvrage “Introduction aux droits de l’homme et au droit international humanitaire” (publié en 2004), fut même à la tête  de la “République d’Ambazonie” à l’issue de la réunion du Southern cameroon national Council (SCNC) du 25 novembre 2007 à Johannesburg en Afrique du Sud. Car la sécession ambazonienne est un dossier ouvert dès 1999 et tenu comme une carte de réserve par les lobbies et les gouvernements (dont celui des USA) qui ciblent le Cameroun.

« Trois ans plus tôt, du 1er au 16 juin 2004 à Banjul en Gambie, Carlson Anyangwe, qui est également avocat, avait plaidé avec succès la cause du Cameroun anglophone devant la Commission africaine des droits de l’homme, amenant cette institution à déclarer recevable la requête en séparation du SCNC, soumise à son appréciation au cours de la 32e session ordinaire tenue du 5 au 9 mai 2003 à Niamey au Niger, sur le différend l’opposant à l’Etat du Cameroun. Le Professeur-avocat avait alors fait valoir que “la réunification de 1961 ne prévoyait pas l’annexion d’un Etat par l’autre”, et que par conséquent, les régions anglophones du Nord-Ouest et du Sud-Ouest, d’une superficie totale de 42.383 km2, avaient vocation à recouvrer leur autonomie ».

Ceci conforte l’idée que le « gouvernement ambazonien » est avant tout une arme psychologique, qui accorde la priorité à la « diplomatie parallèle » et que s’il comporte en son sein un « portefeuille de la Défense et de la Sécurité Intérieure » (deuxième ministère sur la liste), celui-ci n’a pas été pourvu en titulaire.

Bien plus, la formation du gouvernement qui va « accompagner Ayuk Tabe dans la gestion des affaires de la ‘République Fédérale d’Ambazonie’ a été faite simultanément à la nomination des Ambassadeurs ».   Il s’agit de 7 « Ambassadeurs » qui vont « porter la voix de l’Ambazonie », beaucoup plus auprès d’organisations internationales qu’auprès des gouvernements étrangers : Union Africaine et pays d’Afrique, – pays membres de la SADC (Afrique australe), ONU et pays d’Amérique, Royaume Uni, Scandinavie et Pays Nordiques, Europe, et enfin, Asie et Moyen-Orient.

UN « GOUVERNEMENT » FORME AUX USA ?

A noter en passant, un détail qui cloche. Le « gouvernement » est censé « avoir été formé à Buea »,  capitale supposée de l’Ambazonie, qui plus est, à la « présidence ». Or il est bien connu que Sissiku Ayuk tabe réside aux USA, au Minesota, et ne peut pas être entré au Cameroun où un mandat d’arrêt a été lancé contre lui et une bonne dizaine au moins de ses collaborateurs. Un détail… important, qui révèle tout le bluff de ce « gouvernement » et du mouvement sécessionniste.

QUI SISSIKU AYUK TABE “PRESIDENT AMBAZONIEN” ?

Mais ce qui n’est pas un détail, c’est le passé et la véritable personnalité de ce « président de l’Ambazonie », qui fait la une des journaux camerounais :

Que disent les media camerounais ?

« Le président ambazonien avait détourné 250 millions à AES-Sonel.

Ancien cadre de la société d’électricité, Ayuk Julius Tabe a été licencié en 2006 pour « faute lourde » C’est après son coup fumant qu’il s’est installé au Nigeria. » … Avant de s’installer aux USA.

(première version éditée en novembre 2017 pour EODE-AFRICA) ________________

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TAV, lettera alla Commissione. Il finanziamento UE arriva alla revisione di metà termine

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di Marco Valli, EFDD – M5S Europa

“Entro la fine di quest’anno la Commissione europea ci comunicherà la sua valutazione di metà termine sulla “Connecting Europe Facility“, ossia sullo strumento finanziario dell’UE dal quale arrivano i fondi comunitari che copriranno il 40% del costo totale previsto per la nuova linea Torino-Lione. Si parla di quasi 3,3 miliardi di Euro da parte dell’Europa.

Con questa lettera (scarica qui) abbiamo voluto sensibilizzare la Commissione al fine di far includere nella sua valutazione tutti gli aspetti negativi, in primis le ripercussioni ambientali e sociali, che da anni contraddistinguono questo progetto. I finanziamenti per la sua costruzione devono essere sospesi: sulla stessa tratta esiste già una linea da poco ammodernata e ben funzionante.

I lavori di ammodernamento del tunnel dell’attuale ferrovia del Frejus si sono infatti conclusi nel 2010 e i costi hanno superato i 700 milioni di Euro. Non è quindi tollerabile sprecare miliardi in infrastrutture senza valore aggiunto, soprattutto visto che la linea storica della Valle non è affatto satura. Basti guardare gli andamenti degli ultimi anni. Le previsioni di saturazione dei valichi sono del tutto infondate. Per non parlare del noto malcontento della popolazione circostante. Esistono ben 24 delibere da parte delle amministrazioni locali che esprimono esplicitamente parere contrario alla costruzione dell’opera.

Centrosinistra e centrodestra continuano a sostenere che si tratti di un’opera strategica: evidentemente a loro interessa soprattutto alimentare il giro dei grandi appalti infrastrutturali e dei sub-appalti poco trasparenti, il tutto a spese dei contribuenti. Quando andremo al Governo, una delle prime cose che faremo sarà sicuramente bloccare questo inutile progetto e veicolare le risorse risparmiate su altre importanti priorità per il Paese”.

TRIPARTITE SOCHI SUMMIT (‘THE AXIS OF ORDER’) SEEN FROM RUSSIA: ‘A NEW YALTA THAT EXCLUDES THE AMERICANS’

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 11 28/

“Russian commentators were generally jubilant. Some compared Sochi to the Yalta Conference in 1945 that sought to establish the ground rules for the world once victory over the Axis countries had been achieved. The difference being that at Yalta Great Britain and the United States shared the spotlight with the Soviet Union, now they had been reduced to extras”

– Kommersant.

“The Russian military presence in the Eastern Mediterranean is necessary for keeping the balance of power and interests, which we lost after the USSR’s disintegration 25 years ago”

LM.GEOPOL - The axis of order (2017 11 28) ENGL 2

– Russian Defense Ministry (briefed Gazeta.ru).

RUSSIAN MEDIA COMMENTS FOLLOWING TRIPARTITE SOCHI SUMMIT:

“A NEW YALTA THAT EXCLUDES THE AMERICANS”

On November 20, 2017, Russian President Vladimir Putin met with Syrian President Bashar Al-Assad in Sochi. Two days later, on November 22, Putin met with Iranian President Hassan Rouhani, and Turkish President Recep Tayyip Erdogan in Sochi, for а tripartite meeting, reaffirming their cooperation in Syria.

PUTIN’S MEETING WITH ASSAD

Presidential spokesperson Dmitry Peskov stated that Putin wanted to meet Assad, before the tripartite meeting with his Iranian and Turkish counterparts, in order to lay the groundwork for a common understanding (1). Peskov then added: “The political settlement in Syria is Possible only in the most inclusive format, that is, with the participation of all the political actors in Syria. It can be achieved by the participants of the internal political process and only on the basis of mutual consensus, i.e. mutual agreements and compromise (2). During the meeting with Putin, Assad thanked Russia for its military support and voiced his hope that the support would continue against foreign interference. Assad said: “At this stage, and especially after our victories over the terrorists, we are interested in promoting the political process. We believe that the political situation that has developed in the regions offers an opportunity for progress in the political process. We hope Russia will support us by ensuring the external players’ non-interference in the political process, so that they will only support the process waged by the Syrians themselves.”

THE TRIPARTITE MEETING (RUSSIA – IRAN – TURKEY):

“THE AXIS OF ORDER”

Concerning the tripartite meeting, the three heads of state agreed in a joint statement that the de-escalation areas in Syria have been “quite efficient and greatly helped to reduce violence.” They also acknowledged that the Astana format become an “effective instrument for contributing to peace and stability in Syria”. The three Presidents decided that Iran, Russia and Turkey would continue “their coordinated efforts to ensure that the progress in reduction of violence is irreversible.” They then reiterated their commitment to “sovereignty, independence, unity and territorial integrity” of Syria.

“Russian commentators were generally jubilant. Some compared Sochi to the Yalta Conference in 1945 that sought to establish the ground rules for the world once victory over the Axis countries had been achieved. The difference being that at Yalta Great Britain and the United States shared the spotlight with the Soviet Union, now they had been reduced to extras”. The victors were dubbed the “axis of order” undoubtedly a dig on George W. Bush’s “axis of evil” who had sacrificed to uphold the principles of international law and state sovereignty.

HOW THE RUSSIAN PRESS SEES PUTIN AND ASSAD MEETING ?

* Putin-Assad Meeting – RISS Expert –

“No One Is Pushing For Assad’s Resignation”:

Commenting about Assad’s future, Elena Suponina, advisor to the director of the Russian Institute for Strategic Studies (RISS), said: “At the moment, all without exception – the Saudis, the Qataris and the Americans, are not pushing for Assad’s speedy resignation. This has currently been dropped from the agenda, but it hardly signifies that the U.S. considers him as the Syrian ruler in the future. Moscow as well is under no illusions. Yet, at the moment, Assad is this country’s president. The situation in Syria is appreciably better than it was previously, though the fighting is still going on. No one can guarantee calm in the upcoming month and it’s still possible to rock the situation…, in case the Americans get a bee in their bonnet.” (Riss.ru, November 21, 2017)

* Fyodor Lukyanov, Editor-in-Chief of ‘Russia in Global Affairs’ and Chairman of the Presidium of the Council on Foreign and Defense Policy, said:

“The question regarding Assad’s ‘surrender’ was relevant before Russia’s campaign began. Why should it be done now, when he actually won the war? Moreover, those who demand that – on what basis do they make their demands if they could not topple him when he was on death’s door?” (Rbc.ru, November 22, 2017)

* Russian political scientist, Leonid Isaev, said:

“It does not matter with whose help Assad won – be it our help or Iranian help, or whether the victory was achieved by violating international norms or not. What matters is that he won. So, it’s very hard to force him to make any concessions now.” In Isaev’s judgement “Moscow’s leverage on Assad is partial and limited, since even if Assad refuses to fulfill his obligations and promises, Russia will keep assisting him anyway.” (Rbc.ru, November 22, 2017)

* Yuri Shvytkin, deputy chairman of the Duma defense committee, said:

“Vladimir Putin has presented the armed forces leadership to Assad. This definitely was instructive for Assad and other countries showing that Syria is under our country’s reliable protection as personified by our military forces. Putin let them understand that if needed we will not allow an escalation to the conflict and a humanitarian crisis.” (Ria.ru, November 21, 2017)

TRIPARTITE RELATIONS: RUSSIA’S RELATION WITH IRAN AND TURKEY IS “ONLY REALPOLITIK” (LUKYANOV)

Lukyanov commented in the Russian government daily newspaper Rossiyskaya Gazeta:

“Over the course of some years, the war in Syria has been perceived as an arena for great power confrontation – and first of all Russia and the U.S. Thus, the default consideration was that they held the key to a solution and that until the superpowers would reach agreement, nothing would fundamentally change on the ground. Moscow and Washington tried to reach agreement on numerous occasions. However, due to various reasons those attempts failed. The real key for the settlement was found in combination of the military power of one of the superpowers – in this case Russia –and painstaking diplomatic work involving regional players, Iran, Turkey and later to judge by everything Saudi Arabia that was originally on the other side of the front”.

“[Nevertheless,] there should be no illusion regarding the durability of the relations [between Iran, Turkey, Saudi Arabia and Russia] and the mutual trust. It was about realism and a partial confluence of interests. The sides embarked on cooperation deliberately and cool headedly – and this provides hope that the process will be sustainable. One of the main reasons [for cooperation] was the confused and incoherent U.S. position.” (Rg.ru, November 11, 2017)

POST-WAR SYRIA …

“IRAN, RUSSIA AND TURKEY WILL DEFINE THE FUTURE OF SYRIA” (RIA COLUMNIST)

* In another article titled “The Axis of Order”, RIA contributor Gevorg Mirzoyan wrote:

“At a time when the U.S. completely lost its sense of direction in the Middle East, a serious demand for ‘order’ has emerged. Russia, Iran and Turkey became the stretcher bearers of this axis of order. In fact, those countries have inaugurated themselves to serve that role in the recent summit in Sochi. This summit has already been called by some [experts] as a Middle Eastern Yalta. This triumvirate, by the right of victors against ISIS and Al-Nusra, will define the face of post–war Syria. In this regard, it is quite interesting thing that one most important word was absent from the joint declaration on the summit’s outcome – Geneva. The high negotiating parties decided that that “Astana format and its achievements became an effective instrument in promoting peace and stability in Syria”. Thus they have not only underlined the fact that Syria’s fate would be defined in Astana (where real field commanders meet) and not in Geneva (where political emigrants who call themselves representatives of the Syrian people), but also they made it clear that the sponsors of Astana, i.e. Russia, Iran and Turkey, would be in charge, and not the Geneva participants (Turkey and Iran are excluded from the Geneva process while Saudi Arabia, the US and Europe are in).” (Ria.ru, November 23, 2017) Kommersant Columnist Strokan: The Interests Of Russia, Iran And Turkey Should Not Be Viewed In Any Way As Concordant

A NEW YALTA?

Sergey Strokan, a columnist for the business daily Kommersant, writes in his column:

“The meeting of the Turkish, Iranian and Russian presidents in Sochi, which was preceded by Syrian President Bashar Assad’s visit to Vladimir Putin, as well as Russian leader’s announcement on the imminent completion or the military operation in that country, will not only shape Syria’s post-war future, but will also harden the Middle East’s division into spheres of influence. Moreover, the effectively achieved victory over the new global evil, the Islamic terrorism, allows the troika of anti-Isis allies to consider themselves the victors in the most important twenty-first century war, a war that lasted for six years. In this context, though with some reservations, the meeting of the three presidents in Sochi may be considered as a contemporary analog of the Yalta Conference, which took place in February 1945 and in whose framework, the anti-Hitler coalition allies defined the contours of a post-war world order. This parallel between Yalta and Sochi seems appropriate, despite the historic interval of over seven decades, since Moscow in recent years continually claimed that the war in Syria has to do with not only with the fate of this specific state and its leader, but also it has to do with the world’s rules of the game, which were effectively set during Yalta conference and gradually ceased to serve as guidelines for the world’s powers.”

“Thus, during all those years in Syria, what was decided was not only about ‘who is who in the Middle East’ question and in world politics, but it was also about preserving such values as sovereignty, territorial integrity and yes the principles of international law in general…

“If in Yalta, Moscow’s allies were the U.S. and Great Britain. In modern times creating the coalition with the leading western powers failed. As a result, Washington and London now have to play the role of extras, who are being faced with someone else’s victory rather than one shared with Moscow. In general, the new coalition in Syria demonstrated that the decision making center has shifted from west to east. Traditional centers of power are [being replaced] by new ones. The once all-powerful Euro-Atlantic community is witnessing in Syria the boundaries of its capabilities and the ceiling of its power. The interests of Russia, Iran and Turkey should not be viewed in any way as concordant. Moreover, it is likely that after the joint victory, which succeeded in preventing a dismantlement of the state, their paths will diverge, just as happened with the Yalta allies, who started the Cold War.” (Kommersant.ru, November 22, 2017)

WASHINGTON’S ROLE IN SYRIA – RUSSIA’S FM SPOKESPERSON ZAKHAROVA: ‘THE U.S. PRESENCE IN SYRIA IS ILLEGAL’

Commenting on the Syrian crisis and the meetings in Sochi, Russia’s FM Spokeswoman Maria Zakharova stated:

“[The Washington Post, in its November 22 issue], referring to unnamed sources in the U.S. administration, …claimed that the U.S. was not planning to withdraw its forces from Syria after the rout of ISIS and had a plan to install a new administration in the north of the country.

“I would like to say that it is unclear why the paper is referring to some ‘unnamed’ members of the administration, when the Secretary of Defense, James Mattis (I mentioned this today), told journalists in plain language on November 13 that the U.S. military would not leave Syria, I quote, ‘before the Geneva process has cracked,’ and the U.S. will obviously interpret the terms of political settlement as it sees fit.

We have repeatedly drawn Washington’s attention to the fact that statements of this sort generate a lot of questions about the true aims of American and coalition military presence in Syria.

I mentioned this today and will repeat it: From the point of view of international law, the U.S. presence in Syria is illegal. The United States is doing this not only without the relevant permission or invitation from the Damascus government, whose ambassador is in the UN on the daily basis representing his country, but also against the will of the legitimate Syrian government. The U.S. is present there without any additional or other legal grounds. To call things by their proper names, they are behaving in a way that borders on occupation. If armed forces are present in a territory of another state and are waging active warfare without its explicit permission, while international institutions, namely the UN Security Council, are not delegating the relevant authority either, it is called occupation.”

“We commented on this recently. Contrary to statements by U.S. military representatives to the effect that the UN has allegedly authorized the United States, there is no UN Security Council sanction on their presence in Syria. [It will be recalled that] the UN Security Council is the only United Nations agency authorized under the UN Charter to approve decisions on the use of military force by the international community. No such decisions have been approved. Accordingly, the United States has no right to be there.”

Zakharova then added: “We are particularly concerned about plans to establish certain bodies of power independent from Damascus in areas controlled by the Washington-sponsored armed groups. This is being done without the consent of local residents. We have said this repeatedly and would like to stress it again: this is a direct path towards splitting the country.

“One part of the world community – you saw this in Sochi yesterday – is holding summits and trying to consolidate the public in some way or other. They are doing their best to provide a venue and the potential for dialogue between different representatives of the opposition, former extremists, who are laying down arms, and official Damascus. They are seeking to create the right atmosphere for talks on Syria’s future, which would be held by the Syrians themselves. On the other side, we hear statements like this, statements coming from Washington, which, regrettably, are backed by moves on the ground. To reiterate: From our point of view, this is a direct path towards splitting the country. In this connection, we have to remind our U.S. colleagues that in keeping with UN Security Council Resolution 2254 that defines the parameters of Syrian settlement, the United States, like the international community as a whole, has committed itself to unconditionally comply with the basic principle of respect for territorial integrity of Syria and do this in theory and in practice.” (Mid.ru, November 23, 2017)

THE FUTURE OF RUSSIA’S PRESENCE IN SYRIA

An unidentified high placed source in the Russian Defense Ministry briefed Gazeta.ru on the future of the Russian military contingent in Syria, once the active phase of the fighting has ended. According to the source, the total number of Russian servicemen in Syria will not exceed 4000-5000. He then explained: “The Russian military presence in the Eastern Mediterranean is necessary for keeping the balance of power and interests, which we lost after the USSR’s disintegration 25 years ago.”

(Gazeta.ru, November 21, 2017)

(1) Ria.ru, November 21, 2017.

(2) Ria.ru, November 21, 2017.

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XIII) : DEUX ANS DE DESTABILISATION DU TCHAD PAR LES USA

 

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (XIII)/

2017 11 26/

I- LA TENTATIVE DE LANCER UNE « REVOLUTION DE COULEUR » AU TCHAD POUR LA PRESIDENTIELLE DE 2016

A quelques semaines de la Présidentielle du 11 avril 2016 au Tchad, des groupes de jeune s’activaient contre la réélection du Président Idriss Déby Itno. Leur nom : « Trop c’est trop », « Cà suffit » (pour les arabophones »), ou encore l’opération du « Sifflet citoyen ». Tous sont des clones des « Balai citoyen » burkinabé ou du « Yen a marre » sénégalais. Tous veulent un pseudo « Printemps africain » (dixit Libération à Paris). Eux même des copies conformes des groupes de jeunes du soi-disant « printemps arabe » formé par les activistes des « révolutions de couleur en Eurasie (le Réseau OTPOR/CANVAS basé à Belgrade).

Tous, au Tchad comme dans toute l’Afrique, ont les mêmes financiers, les mêmes mentors occidentaux et surtout le même parrain (au sens mafieux du terme), Georges Sorös.

Selon les suporters du « Balais citoyen » (Burkina Faso) ou de « Trop c’est trop » (Tchad) sur les réseaux sociaux, je me « tromperais »(sic) ou je « mentirais » (resic) sur les groupuscules de jeunes activistes. Ouvrez les yeux !

LES « VITRINES LEGALES DE LKA CIA » EN AVEUX 

La preuve par le Site officiel de la NED, « la vitrine légale de la CIA » (organisme d’état US financé sur le budget du gouvernement américain) (1) !

Le voici (en anglais) exposé par la NED elle-même; lire en particulier (mis en majuscules) l’accent mis sur les financements des groupuscules activistes par l’organisme d’état US, notamment en ce qui concerne le Burkina Faso et la préparation des insurrections, les « révolutions de couleur » à l’africaine :

* Voici le « Programme Africa » de la NED, la déstabilisation du Continent par la prise en main de la jeunesse (voir III/Annexe) :

http://www.ned.org/region/africa/

COMPRENDRE !

Au même moment que le sommet officiel « USA – AFRICAN LEADERS » (où se met en place une vague de changements de régimes en Afrique décidée par Obama, les 4-6 août 2014, dont celui du Tchad) (2) tenait aussi à Washington un « sommet alternatif » organisé par un organisme d’état US (créé par Ronald Reagan dans les Années 1980), financé sur le budget américain, la NED, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain, dont le Directeur Afrique est un américano-camerounais Christopher Fomunoyh) (3), l’USAID, l’Open Society de Söros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie et le « printemps arabe ». Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes africains surtout y sont pris en main.

* Cfr. PCN-TV/DOCUMENT/ THE MAKING OF THE COLOUR REVOLUTIONS IN AFRICA (1): AFRICAN SUMMIT OF THE NED IN WASHINGTON (AUGUST 5-6,2014) Un impressionnant document de huit heures, provenant de la NED elle-même, sur la fabrication des 5e colonnes africaines !

Sur https://vimeo.com/114110733

LA CRISE DU BURKINA FASO A REVELE L’EMPRISE DES AGENTS ET DES RESEAUX AMERICAINS SUR L’AFRIQUE

La crise au Burkina Faso consécutive à la Révolution confisquée contre Blaise Compaoré (révolution confisquée), avec le putsch du RSP, a révélé l’emprise des réseaux et des agents d’influence américains sur l’Afrique. Comme je l’annonçais alors sur les plateaux d’AFRIQUE MEDIA, la crise au Burkina Faso, comme dans tous les pays déstabilisés par Washington depuis l’automne 2014, ne pouvait déboucher que sur l’instabilité. L’instauration du chaos est la voie scientifiquement choisie (c’est la « Géostratégie du chaos », théorisée notamment par les géopolitologues américains de Stratfor) par les USA pour dominer l’Afrique au XXIe siècle.

Washington est un grand marionnettiste qui a instrumentalisé de nombreuses forces et les lance les unes contre les autres. Au Burkina Faso aussi bien les petites canailles du « Balais citoyen » (les Soros’ boys émergents aussi à la NED) que Zida (formé comme officier à l’ »Ecole des Amériques ») ou Diendéré (homme clé de la collaboration avec l’Africom US) étaient ou sont encore sous contrôle US.

Toute force politique ou sociale, tout politicien qui ouvre aujourd’hui une crise en Afrique sur les thèmes de l’agenda américain (les soi-disant « bonne gouvernance », « intangibilité des constitutions », etc) démontre qu’il travaille, consciemment ou pas (mais aujourd’hui personne ne peut plus dire « je ne savais pas »), pour le néocolonialisme américain.  Je ne parle jamais pour être populaire ou agréable, mais pour dire ce que les autres ne disent pas ou ne voient pas, mon but est le développement de la conscience africaine (et européenne en Eurasie, où l’aliénation des masses par le système et ses médias vaut celle de l’Afrique).

L’ « INTERNATIONALE SOROS » EN REUNION A DAKAR

Ecoutons une voix africaine, celle du DAKAROIS (en 2015), expliquer à propos d’une réunion de « l’internationale Soros » à Dakar au printemps 2013, ce que sont les mercenaires des USA et d’où vient leur financement :

« Depuis les élections au Sénégal ou l’ex-président Abdoulaye Wade a voulu se maintenir au pouvoir, un mouvement citoyen appelé « Ya en marre » est né. Le même modèle sera reproduit au Burkina Faso sous l’appellation « Le balai citoyen. » Puis deux mouvements similaires ont également vu le jour en RD Congo, le « Lucha » et le « Filimbi. » Vecteurs d’une nouvelle image de la jeunesse africaine luttant pour l’établissement d’une vraie démocratie dans leurs pays respectifs, ces mouvements ne réussissent pas à tromper les spécialistes des questions politiques en rapport avec l’Afrique. Il suffit de s’interroger sur le financement des activistes pour percevoir une télécommande occidentale pilotant à distance qui parait comme une « génération spontanée. » L’actualité récente en RD Congo nous montre que la rencontre – débat entre les mouvements « Ya en Marre », « Filimbi » et « Balai Citoyen » à Kinshasa où des jeunes activistes ont été arrêtés et jetés en prison, était le fruit de l’organisation et du financement, d’ailleurs revendiqué comme tel de l’USAID (United States Agency for International Development.) Or, il est de notoriété publique que tous ces organismes sont des bras armées des USA au service de leur diplomatie souvent hégémonique en direction des pays généralement pauvres.

 Parvenir par d’autres moyens plus fin aux objectifs que la CIA a atteint par le sang, dans la désapprobation ou le déshonneur, c’est le leitmotiv de la création de tous ces réseaux d’organismes. L‘homme orchestre de tout ces systèmes d’organisation au service de la puissance américaine est le financier et philosophe Georges Sorös.

 Les suspicions sur la mainmise de Sorös sur ces jeunes activistes africains ont été confirmées par la publication sur les réseaux sociaux de la photo explicite, démontrant les accointances du mouvement Sénégalais Ya en Marre et celui qu’on accuse d’être un paravent de la CIA. Une image qui parle d’elle même. Sorös, l’homme actif dans de nombreux changements de régime, porte le t-shirt estampillé du logo du mouvement « Ya en Marre » et en bon « guru », il enseigne la bonne parole à ses nouveaux disciples. »

… Plus personne ne peut dire “je ne savais pas” !

II- LA « REVOLUTION DE COULEUR » AYANT AVORTE AU TCHAD, VOICI EN

2017 LA VERSION TCHADIENNE DES SOI-DISANT « BIENS MAL ACQUIS »

La « révolution de couleur » version tchadienne ayant avorté, les USA remettent  en route une nouvelle opération de déstabilisation, une version tchadienne des affaires dites des « Biens mal acquis » :

Au cœur de la nouvelle déstabilisation de Ndjaména par Washington : le pétrole tchadien et la nouvelle guerre du pétrole en Afrique lancée par les USA contre les firmes chinoises … Nouvelle Guerre américaine contre l’économie afro-chinoise et les sociétés chinoises en Afrique, doublée d’une nouvelle Guerre du pétrole en Afrique (où multinationales US et Administration Trump se donnent la main) …

Le pétrole tchadien et le président Déby sont ciblés dans le cadre de cette guerre du pétrole !

Une guerre où « Tillerson règle ses comptes personnels en abusant de son pouvoir politique !

Alors que Donald Trump a confié sa diplomatie à Rex Tillerson, qui n’est rien de moins que le patron du géant pétrolier ExxonMobil, ce dernier en profite pour régler ses comptes avec le Tchad (qui l’a obligé en 2016 à enfin payer ses impôts dus au Tchad).

Ces affaires se doublent d’une nouvelle vague de dossiers des « Biens dits Mal Acquis » (BMA), au départ de la Suisse, où les Ong de la Galaxie de Me Bourdon (Transparency International) et des Réseaux Sorös sont à l’offensive contre la Guinée Equatoriale, le Gabon et le Congo Brazzaville. Mais aussi de nouvelles cibles comme le Tchad, la RDC ou l’Angola » (4) …

* Voir sur WEBTV.TCHAD/

LUC MICHEL DANS ‘ZOOM AFRIQUE’ DU 24.11.17 (PRESS-TV):

LA GUERRE US CONTRE L’ECONOMIE CHINOISE EN AFRIQUE sur https://vimeo.com/244462559

III- ANNEXE :

QUEL EST LE PROGRAMME DE LA NED POUR CONTROLLER  L’AFRIQUE ?

Le voici (en anglais) exposé par la NED elle-même; lire en particulier (mis en majuscules) l’accent mis sur les financements des groupuscules activistes par l’organisme d’état US, notamment en ce qui concerne le Burkina Faso et la préparation des insurrections, les « révolutions de couleur » à l’africaine :

”AFRICA. The civil society conference NED organized on Capitol Hill during the US-Africa Leaders’ Summit in August 2014 underscored how the demand for democracy in Africa has grown. Human rights, free and fair elections, accountability and transparency, independent media, peace, and a vibrant civil society remain critical issues for which Africans struggle.

NED, its partners, and the Endowment’s core institutes also collaborated on many other efforts in Africa in 2014.

In Zimbabwe, for example, NED and its core institutes, along with leaders in government, the political parties, business, labor, and civil society, came together in an event organized by the SAPES Trust to re-engage and chart a democratic way forward. NED held two important meetings in Washington on the Democratic Republic of the Congo (DRC), and NED’s partners there made significant contributions to that country’s electoral process, as well as human rights and security issues. ON THE SAHEL, NED HELD A SERIES OF MEETINGS WITH POLITICAL AND CIVIL SOCIETY LEADERS ON BURKINA FASO, Niger, and security issues. NED’s program in the Sahel, especially Mali, expanded dramatically in response to the turmoil and tentative democratic restoration there. In Kenya, NED partners convened to strategize and find greater synergies in their work, even as the space for civil society came under threat.

Democracy, however, faced significant challenges in other areas. Violence reversed democratic progress in South Sudan, the Central African Republic, the Democratic Republic of the Congo and northern Nigeria. NED provided assistance in each of these situations. In the Central African Republic, NED supported Search for Common Ground to broadcast messages on community radio and NDI to assist civil society organizations in promoting peace. In South Sudan, NED supported grassroots peace efforts in Jonglei and Equatoria. SOS Femmes en Danger empowered women in eastern Democratic Republic of Congo to fight back against rape, putting attackers in jail. In other conflict environments, NED partners in Cote d’Ivoire sought to reinforce the reconciliation process after that nation’s civil war. In Sudan, NED supported marginalized groups from across the country to work more collaboratively, including efforts in the Nuba Mountains and Darfur.

In much of Africa, the fragility of democracy has become apparent, just as the security threat from terrorists, extremists, and criminal networks has increased. Authoritarian regimes in Africa pushed back against the democratic progress made over the last 25 years, passing anti-terrorist or anti-LGBTI laws that threatened political opposition and civil society. However, NED partners deepened grassroots commitment to democracy and human rights and developed innovative approaches to opening up authoritarian systems. In Zimbabwe, Kenya, Nigeria, and other countries, the Solidarity Center helped trade unions organize informal sector workers and increased awareness of gender issues. In Ethiopia, NED supported the struggle for freedom of the press and association, and CIPE fostered dialogue between the public and private sector. In Rwanda, Human Rights First promoted collaboration between the press and human rights groups. In Uganda and Nigeria NED supported groups struggling for LGBTI rights. NED supported the MakaAngola website and the work of human rights crusader Rafael Marques in Angola.

The Ebola crisis also threatened democratic progress. In Liberia, NED partners such as Liberia Media for Democratic Initiatives and NAYMOTE rose to the challenge, incorporating Ebola awareness efforts into their activities while holding public forums on the political issues at stake. Partners in Sierra Leone advocated for greater transparency in the country’s response to the emergency and broadcast civic education messages on community radio.

NED partners also assisted domestic election observation, trained politicians, conducted voter education, and promoted women’s and youth participation in politics. NED focused on the quality of leadership emerging from these processes as well, ensuring not only that elections are free and fair and that everybody participates and accepts the results, but also that the elected government respects and advances human rights, freedom of the press, assembly, and association; and governs with accountability and transparency. NDI supported the launch of a youth political party training school in Southern Africa; the Institute for Research and Democratic Development in Liberia refined its tracking of legislators’ performance; and the Nigerian Women Trust Fund produced a video and conducted a media campaign promoting women’s participation in the elections. In the DRC, IRI worked with women political leaders, several of whom advanced to prominent positions in the government and political parties.

AT THE END OF THE YEAR A POPULAR UPRISING OVERTHREW BURKINA FASO’S PRESIDENT, BLAISE CAMPAORE, SENDING SHOCK WAVES THROUGHOUT AFRICA. HIS FAILED ATTEMPT TO CHANGE THE CONSTITUTION TO ELIMINATE TERM LIMITS AND EXTEND HIS HOLD ON POWER HAS CHANGED THE CALCULUS OF MANY OTHER AFRICAN HEADS OF STATE WITH A SIMILAR AGENDA.

YOUTH PLAYED A VITAL ROLE IN DRIVING THE CHANGE IN BURKINA FASO, AND ARE DOING SO ACROSS AFRICA, THE YOUNGEST CONTINENT IN THE WORLD, AND NED STRENGTHENED ITS COMMITMENT TO YOUTH ORGANIZATIONS ACROSS AFRICA.

In Uganda, Students for Global Democracy and CIPE promoted youth participation; in Nigeria, the Youth Initiative for Advocacy Growth and Advancement worked with the Electoral Commission to involve youth in upcoming elections. Youngstars and the YMCA trained youth leaders, and YOSPIS trained youth and placed them in democratic institutions in the north. In Zimbabwe, the Youth Forum, ZOYP, the Institute for Young Women Development, and Youth Dialogue promoted youth participation. Innovative use of social media was evident in many programs, especially with youth.

Indeed, despite the setbacks, as a new generation rises, opportunities for democratic progress in Africa have never been greater. To learn more about NED grants and grantees, explore the regional links on this site.”

Photo : Image rare. les cadres des groupuscules activites (dont le Balais citoyen) réunis à Dakar par ‘Y en à marre’ pour recevoir les instructions de leur mentor Georges SOROS (à l’extrême-droite) …

LUC MICHEL / PANAFRICOM

NOTES

(1) NED et NDI sont organismes d’état US (créé par Ronald Reagan et Madleen Albright dans les Années 1980), financé sur le budget américain, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain), l’USAID, l’Open Society de Söros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie et le « printemps arabe », les réseaux de la NED rayonnent sur le monde. Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes surtout y sont pris en main.

Car pas de « révolution de couleur » sans une intense préparation médiatique, à la fois au niveau du pays déstabilisé, mais aussi international. Support dans les grandes capitales occidentales. Rapidement les groupes de jeunes activistes sont organisés, sur le modèle des Serbes d’OTPOR/CANVAS (les tombeurs de Milosevic en 2000, la première des révolutions de couleur). Pour le pseudo « printemps africain », tout aussi vite la conformisation de la presse africaine est mise en place, d’autant plus facilement qu’un vaste réseau d’ONG, Instituts et médias existe déjà. Soutenu, financé, organisé à la fois par les Réseau Söros (notamment la Fondation OSIWA, «Open Society Initiative for West Africa », en Afrique du Sud) et la NED, la NDI et leurs pseudopodes. La suite fait l’actualité de dizaines de pays livrés à la déstabilisation …

(2) Cfr. mon analyse : EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE/ LE SOMMET ‘USA-AFRICAN LEADERS’ OU LES MAUVAISES VUES DE WASHINGTON SUR L’AFRIQUE

Sur http://www.lucmichel.net/2014/08/15/eode-think-tank-geopolitique-le-sommet-usa-african-leaders-ou-les-mauvaises-vues-de-washington-sur-lafrique/

Voir une de mes trois émissions sur le Sommet de Washington coproduite avec AFRIQUE MEDIA :

EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ?/ LE SOMMET USA-AFRICAN LEADERS DECRYPTE (1)

Sur http://www.lucmichel.net/2014/08/15/eode-think-tank-geopolitique-le-sommet-usa-african-leaders-ou-les-mauvaises-vues-de-washington-sur-lafrique/

Et lire : VOUS AVEZ-DIT NEOCOLONIALISME US ?

http://www.lucmichel.net/2014/08/15/eode-think-tank-geopolitique-le-sommet-usa-african-leaders-ou-les-mauvaises-vues-de-washington-sur-lafrique/

(3) Cfr. Luc MICHEL, PANAFRICOM/ ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (X) : NDI AMERICAINE ET FONDATION TFF AU CAMEROUN. LE DIRECTEUR CHRISTOPHER FOMUNYOH PROCHAIN PRESIDENT DU  CAMEROUN?

sur http://www.lucmichel.net/2017/09/25/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-x-ndi-americaine-et-fondation-tff-au-cameroun-le-directeur-christopher-fomunyoh-prochain-president-du-cameroun/

(4) Sur la version suisse des BMA, cfr.

Luc MICHEL, PANAFRICOM/ ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (V) : LE VOLET SUISSE DE L’AFFAIRE DITE ‘DES BIENS MAL ACQUIS’, LA PROCHAINE DESTABILISATION EN AFRIQUE …

sur http://www.panafricom-tv.com/2017/09/07/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-v-le-volet-suisse-de-laffaire-dite-des-biens-mal-acquis-la-prochaine-destabilisation-en-afrique/

(première version éditée en novembre 2017 pour EODE-AFRICA) ________________

* Page spéciale :

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