ARMENIA (II) : AZERBAÏDJAN – ARMENIA – NAGORNO-KARABAKH. TENSION IN CAUCASUS

# LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 09 18/

LM.GEOPOL - Armenia II nag karabakh (2017 09 18) ENGL 1

Nagorno-Karabakh: the conflict between Armenia and Adzerbaidjan about this disputed Caucasian territory, one of the “frozen wars” of the former borders of Soviet Union.

I was in Armenia in late february 2013 for the presidential elections. The question of the Nagorno-Karabakh was still one of the main topic of the election. And it’s not a hasard if the armenian president Sarkissian, who won again a new term, was longtime before the leader of the Karabakh Committee in the years 1990 …

One of the hot points of the NATO-Russia confrontation, are precisaly the self-proclaimed Republics of Pridnestrovie, Abbkhazia and South-Ossetia, which one calls also the “CIS-2”. Beside, in a similar confrontation, is the Nagorno-Karabakh, suporting by Armenia – the closest ally of Russia in Caucasus, against Adzerbaidjan, former member of the pro-NATO GUAM.  It is there that confrontation between NATO and Russia is expressed directly, at the Caucasian borders and the European steps  of Russia.  

LM.GEOPOL - Armenia II nag karabakh (2017 09 18) ENGL 2

 “THE REPUBLICS FROM THE COLD”

They are four self-proclamed republics (just during and after the collapse of Soviet Union in the years 1988-1994):

Abkhazia (capital Sukhumi, ex-autonomous republic of Soviet Georgia since 1931), South-Ossetia (capital Tskhinvali, ex-autonomous region of Georgia according to the administrative division of the USSR), Pridnestrovie (the PMR, capital Tiraspol, the most industrialized zone of the former Soviet Republic of Moldavia),  Finally Nagorny-Karabakh (capital Stepanakert), which wants to be “the second Armenian State”, enclave with Armenian majority in Azerbaïdjan.

Nagorny-Karabakh made secession from Baku:

at the end of a war which made, between 1988 and 1994, thousands of deaths. Upper-Karabakh had the benefit, within the Soviet Republic of Azerbaïdjan, of the statute of autonomous region. In 1988, with the favour of Gorbachev’s perestroïka, the local population required the reunification of the enclave to the Soviet Republic of Armenia. In spite of multiple attempts of Moscow to restore calm in the country, a true war burst between the area and Azerbaïdjan after the fall of the USSR in 1991. September 2, 1991, the separatist authorities proclaimed the independence of the Republic of Upper-Karabakh including the autonomous region of Upper-Karabakh and the district of Chaoumian. A cease-fire intervened in 1994 but the situation remains tense, in spite of efforts of mediation of the SOEC group of Minsk. Since, negotiations are in progress at various levels between Baku and Erevan.

Four “frozen conflicts”:

Four “frozen conflicts” last around these four republics, that, with the support of NATO and of Washington, one tries to destroy by force.  In Abkhazia and South-Ossetia attacked by Georgia, combat ceased only after the intervention of an international force of maintenance of peace. After the agression of South-Ossetia by Georgia in August 2008 and the short war between Russia and Georgia, Moscow recognized the two Caucasion Republic. The situation remains tense in Upper-Karabakh, in spite of the cease-fire and the efforts of mediation of the SOEC.

LM.GEOPOL - Armenia II nag karabakh (2017 09 18) ENGL 3

“EUROPE’S NEXT AVOIDABLE WAR: NAGORNO-KARABAKH” ?

It’s the thesis of the book of Dr Michael Kambeck and Dr Sargis Ghazaryan (Palgrave Macmillan):

“Nagorno-Karabakh is the most perilous of the so-called frozen conflicts in Eastern Europe. In an area almost free of observers, the implications of a new war in Nagorno-Karabakh are largely underestimated.”

Photos :

Luc MICHEL, Administrator-General of EODE (Eurasian Observatory for Democracy & Elections), in Armenia – Nagorno-Karabakh border on February 2013, along with a team of EODE-TV, as an expert within an INTERNATIONAL.

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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PYONGYANG ET L’EQUILIBRE DES FORCES AVEC WASHINGTON

# LUC MICHEL SUR PRESS TV (IRAN)/

DANS ‘REPORTAGE’ (18 SEPT. 2017)

PCN-TV/ 2017 09 18/

Capturehhh

PRESS TV, la télévision iranienne internationale francophone, interroge le géopoliticien Luc MICHEL …

PRESS TV :

« Le dirigeant nord-coréen a déclaré samedi 16 septembre que son pays avait pour but final de parvenir à « un équilibre des forces » avec les États-Unis. Cité par l’agence locale KCNA, le dirigeant nord-coréen Kim Jong-un a déclaré que son pays était à deux doigts de détenir l’arme nucléaire, malgré les sanctions internationales. « Le but final est d’établir un équilibre des forces avec les Américains pour qu’ils n’osent même pas envisager une option militaire contre notre pays », a ajouté Kim Jong-un dont les propos ont été cités par la télévision d’État de la Corée du Nord quelques heures après le tir d’un missile Hwasong-12, le 15 septembre. À quoi doit-on donc s’attendre ? »

LUC MICHEL :

QUE CHERCHE PYONGYANG ?

Dans ‘REPORTAGE. L’INTERVIEW’,

PRESS TV (Iran) interroge Luc Michel, géopoliticien … Emission « Reportage » :

Pyongyang et l’équilibre des forces avec Washington sur http://www.presstv.com/DetailFr/2017/09/18/535612/Que-cherche-Pyongyang-face–Wahshington

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SIRIA, VENEZUELA: TRIONFALISTI MORGANATICI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/09/siria-venezuela-trionfalisti-morganatici.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 18 SETTEMBRE 2017

Gira da sempre nella sinistra, specie in quella che cerca di restare autentica, rivoluzionaria, la tendenza che Mao esemplificò con la definizione della “tigre di carta”. Quanto fossero di carta capitalismo e imperialismo  s’è visto da allora ad oggi, con il capitalismo che, a parte l’URSS, s’è addirittura mangiato il paese di Mao, Cuba, il Vietnam e con il socialismo che, per vederlo ancora sognato e auspicato, tocca aggirarsi per El Alto di La Paz, o in qualche quartiere proletario di Caracas, tipo il “23 De Enero”.

Nell’attualità questa realtà travisata in prodotto del desiderio si manifesta con grande evidenza in Siria e in Venezuela. Una storicamente incrollabile fiducia nella Russia, URSS o Federazione che sia, trascura completamente la realtà sul terreno in Siria e anche davanti alle evidenze di compromessi al ribasso, rispetto alla riconquista della sovranità e integrità territoriale da parte di Damasco, formula ardite e volontaristiche teorie che lascino intendere scaltre manovre di Putin di aggiramento del nemico. Si torna a sentire l’antico mantra: tempo al tempo. Intanto Netaniahu bombarda impunemente siti strategici e trasporti cruciali, senza che entrino in funzione i celebrati S300 o S400 russi o siriani, vaste zone di confine e nel cuore del paese sono affidate (pro tempore, ad perpetuum?)  a coloro che hanno eseguito il mandato di sgozzare o espellere il maggior numero di siriani e di frantumarne l’unità, si tollera che i mercenari curdi dell’invasore statunitense espandano il proprio territorio compiendo terribili pulizie etniche, si accetta come normalità il fatto che un occupante straniero e i suoi scagnozzi intimino alle forze armate del governo di non superare, con l’Eufrate, un limite dai primi imposto con incommensurabile protervia e plateale violazione del diritto internazionale.

Si può e si deve esultare per la forza, la resilienza e l’eroismo di un popolo e della sua nobilissima leadership che, da ormai quasi sette anni, ha tenuto testa e parzialmente rigettato l’assalto di una muta di licantropi dotati di ogni mezzo tecnologico, finanziario, subumano e di ogni mancanza di scrupoli, accompagnati dall’uragano di menzogne e calunnie di media asserviti alle due più feroci tirannie del mondo, USA e Israele, con il bonus aggiuntivo della complicità immoralmente ideologica delle sinistre di complemento imperiale. E si deve rendere omaggio e riconoscenza, nel nome dei popoli liberi o ansiosi di libertà, al contributo offerto da Hezbollah e dalle brigate internazionali irachene e iraniane, queste sì eredi di quelle antifasciste di Spagna. Ed è anche vero che, per un motivo o per l’altro, Mosca ha aggiunto di suo una potenza militare e una sagacia diplomatica cui non è possibile negare un ruolo cruciale negli esiti  fin qui raggiunti.

Si interpreta, nell’esaminare i risultati dei vertici russo-iraniano-turchi di Astana, l’affidamento, letteralmente a scatola chiusa, di vasti settori del territorio nazionale siriano ai turchi con le loro riserve jihadiste, ai pulitori etnici curdi sotto comando statunitense, ai raggruppamenti terroristi Isis o Al Qaida, come una manovra di largo respiro che si esaurirebbe nel tempo per non si capisce quali resipiscenze degli stessi soggetti che, fino a dieci minuti fa, hanno sbranato il paese nel nome del Nuovo Medioriente USraeliano. Si confida, si vaticina, si divina. E si coltivano false e pericolose (auto)illusioni che potrebbero anche portare, non solo alla “riduzione della conflittualità”, come le macchie del leopardo israelo-americano-turco-curdo-jihadiste vengono benevolmente chiamate, ma al calo di quella tensione alla resistenza per l’affermazione di una patria libera, sovrana e integra, per la quale in tanti tanto hanno sacrificato. Tutto questo nel segno di una grande integrità morale e di un’altrettanto profonda sapienza politica dei russi. Come chiamarlo, fideismo?  L’irrisolto, eterno bisogno di mamma?

Intanto, proprio mentre sto scrivendo queste note, mi arriva dal Ministero degli Esteri una nota che respinge ogni permanenza turca su territorio siriano, come risulta sancita ad Astana e afferma, in netta opposizione a quanto Mosca e Ankara avrebbero concordato, primo, che il governo siriano considera la presenza turca illegale e, secondo che, ponendosi come garanti di soluzioni al conflitto, Russia e Iran hanno il dovere di pretendere dai turchi il ritiro da Idlib. Sono felice di questa dimostrazione di autonomia e dignità e spero che i russi non vogliano rischiare di perdere la faccia davanti ai siriani, agli arabi, al mondo libero.

Sarà interessante vedere la risposta degli alleati di Damasco, quella di netto rigetto del governo siriano è già stata espressa, all’oscena intimazione della soldataglia ascara curda e della giunte dei Tre Generali di Washington di non varcare l’Eufrate e di non azzardare attacchi a chi quell’area ha deciso di fare un cuneo puntato al cuore della Siria.. Questo detto a una nazione e ai suoi alleati, che legittimamente si battono in difesa, da invasori, predatori, terroristi, del territorio di uno Stato membro dell’ONU, da chi ha violato ogni norma del diritto internazionale e ha commesso ogni possibile crimine di guerra e contro l’umanità, non può essere considerato termine di discussione, oggetto di mediazione. Neanche da chi, scevro da ubbie morali o ideologiche, pratica il pragmatismo della realpolitik, essendo ogni Stato, come scrive un mio amico, in prima linea “amico di se stesso”.

 Kurdistan prima e dopo

Ho grande rispetto per il ruolo mondiale, che Putin ha assegnato al suo paese, di contrasto all’espansionismo imperialista, al bellicismo della criminalità  neocon-liberal organizzata nel complesso militar-industriale-securitario-mediatico statunitense ed europeo. Ma questo non mi acceca davanti ad equilibrismi tattici  che, nella fase presente, spuntano la lama dell’offensiva vittoriosa di Damasco e dei suoi alleati, nel momento in cui il nemico era in rotta, il risultato della liberazione totale pareva a portata di mano, la leva che i russi esercitano su Ankara alle prese con il rafforzamento USraeliano della quinta colonna curda, poteva limitarne l’espansionismo nel nord siriano. E non mi impedisce di udire l’assordante silenzio di Mosca sull’invasione USA del suolo siriano, sulla costruzioni di basi progettate permanenti, sul protettorato curdo che divora arti del corpo siriano e, e questo è davvero il colmo, sul connubio curdi-Isis benedetto dagli Usa in funzione antisiriana. Bella evoluzione di un YPG-PKK che per i nostri sinistrati era laico, femminista, egualitario, partecipativo, socialista.

Già i bombardieri Usa avevano sostenuto ripetutamente i jihadisti a Deir Ez Zor massacrando l’esercito regolare siriano, ma ora hanno superato ogni limite nel sostenere l’alleanza tra i curdi, di per sé già rotti a ogni oscenità, e i terroristi che dicono di combattere. Roba da immediatamente sollevare al Consiglio di Sicurezza dell’ONU con l’accusa dimostrata e, davanti al consesso internazionale, davvero imbarazzante per Washington, .della fusione dei due mercenariati, curdo e jihadista, ufficialmente sulla lista dei terroristi Usa, per l’ illegale  occupazione di un paese sovrano e per lo sterminio della popolazione autoctona. Invece niente.

Curdi, Israele e Isis uniti nella lotta

Se il progetto era quello di rovesciare Assad e il suo governo, se ne deve registrare il fallimento. Se invece, come è storicamente dichiarato e documentato, al regime change si doveva far seguire la divisione dello Stato unitario in frammenti etnico-religiosi, beh, al momento non si può disconoscere che quel risultato è stato raggiunto. Solo tattico e non strategico? E chi lo dice? Parrebbe wishful thinking. Parrebbe proprio un compromesso che salvaguarda, sì, la permanenza del presidente e della struttura dello Stato, ma ne taglierebbe drasticamente l’ambito territoriale, nel quale inserirebbe fattori endemici e cronici di destabilizzazione. E tra le zone d’influenza delle grandi potenze e di Israele così fabbricate, Mosca almeno manterrebbe la sua, nel paese e nel Medioriente, con tanto di base a Latakia.

Il Venezuela di Amnesty e “il manifesto”

“Il manifesto” e, con lui, le solite larghe intese pseudo sinistra-destra, festeggiano “il ritorno al dialogo” a Caracas. Confortato dagli otto, Indiscutibili,  milioni che hanno votato per l’Assemblea Costituente, estrema risorsa per togliersi le castagne dal fuoco di un’assemblea parlamentare a maggioranza di destra, Maduro porta un paese allo stremo e un governo minato da sabotaggi, sedizione violenta, ma anche da errori e corruzione, al confronto con un avversario che, da golpista, stragista, pogromista, veicolo del neocolonialismo Usa, viene da Amnesty, “il manifesto” e tutto il mondo perbene, elevato a legittima opposizione. Come l’hanno definita dall’inizio della rivolta governi e media della sedicente “comunità internazionale” (Usa, UE e Nato). Come, dopo aver defenestrato l’inviata Geraldina Colotti (nel silenzio dei bravi collaboratori comunisti e antimperialisti del fogliaccio) per essersi troppo appiattita sulle posizioni del “regime”, la definisce ora “il manifesto” con il suo nuovo corrispondente Roberto Livi (nomen omen), uno che ritiene gli sviluppi amerikani di Cuba un nuovo passo verso il socialismo.

Copertosi a sinistra con la rampogna a coloro che definiscono “dittatore” Maduro, Livi fa finta di non aver notato la prima vera presa di posizione utile del successore di Chavez, dopo la convocazione dell’Assemblea Costituente, che è la sostituzione dello Yuan al dollaro nella transazioni petrolifere. Un deciso diretto al mento del cospiratore statunitense e alla sua indecente fabbrica di dollari a debito universale. Per molto meno  Saddam Hussein e Gheddafi sono stati rovesciati e assassinati e il loro paese raso al suolo. Non è dunque questa mossa davvero coraggiosa che rallegra il commentatore del “manifesto” e di tutto il cucuzzaro a larghe intese imperialiste. Anzi. Si compiacciono, invece, per il ritorno al dialogo, già promosso con tanta buona volontà da super partes tipo Bergoglio e Zapatero con di rinforzo la zannuta vandea filo-golpe della Chiesa venezuelana e quel presidente colombiano, omaggiato dal papa per aver cessato di macellare indigeni e FARC, che si pregia di lavorare per il bene del vicino spedendoci sabotatori paramilitari e profittando del contrabbando transfrontaliero dei beni sottratti dalla grande distribuzione venezuelana.

A parte un paio di formazioni minori nella coalizione del MUD, che non hanno aderito, il grosso della Tavola di Unità Democratica, quella capeggiata dai noti Lopez e Capriles, fattisi le ossa nel golpe e nella serrata affamatrice del 2002, si è precipitata ad accettare il ritorno all’agone elettorale, l’eliminazione dei fili di ferro tagliateste attraverso le strade e la rinuncia a incendiare chavisti e scuole. Forti della vittoria alle ultime legislative, quando il chavismo non era ancora stato messo in forse da disastri sociali, inflazionistici, di boicottaggio dei rifornimenti alimentari, non sorprende che coloro il cui pogrom violento si è arenato nel rifiuto delle masse e nella resistenza dell’unità chavista civico-militare, abbiano colto al volo l’occasione di tornare a misurarsi sul terreno elettorale (regionale), in un quadro di disagio sociale più forte rispetto a quello delle legislative vinte.

Per cui esprimere soddisfazione per questa svolta non suona del tutto convincente. Sempre che soddisfatti per il dialogo non lo siano, sotto sotto, anche per il fatto che Maduro abbia rinunciato a quanto gli veniva chiesto dalla base bolivariana: provvedimenti drastici contro i sabotatori della grande distribuzione, dell’accaparramento, del contrabbando, della speculazione sui cambi, del feudalesimo terriero, delle Ong e dei media eversivi e vendipatria. Vale a dire espropri e nazionalizzazioni di tutte le strutture strategiche, dalla Grande Distribuzione alle banche. E finalmente strumenti decisivi per la lotta al debilitante fenomeno della criminalità.

Per il “manifesto” e gli affini di destra nelle larghe intese l’idea colottiana e di tutta la sinistra vera latinoamericana che in Venezuela un pogrom sanguinario commissionato dagli Usa agli eredi del vecchio regime, quello delle atroci diseguaglianze, dello schiavismo operaio e contadino, della totale subordinazione agli interessi yankee, puntava a un colpo di Stato come quelli realizzati in Honduras e Paraguay, non era altro che una, pur dura, “contrapposizione fra due parti della società”. Parti, dunque, equipollenti, entrambe sullo stesso piano, entrambe legittime, quella patriottica e quella golpista su mandato USA che per due anni aveva messo a ferro e fuoco il paese.

Tanto più che, ora, con le elezioni regionali proposte da Maduro, l’opposizione (sic) può dimostrare che ha veramente quella maggioranza che ha reclamato la sua mobilitazione di massa (sic). Constatazione o auspicio?

Viva la democrazia, la nonviolenza, il dialogo. E il rispetto per chi ti vuole tagliare la testa.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:57

Il Commissario Foietta replica all’intervento del professor Tartaglia fatte all’AlterVertice NoTav di Venaus

 http://www.lagenda.news/tartaglia-notav-dichiarazione/

Secondo i NoTav “i parlamentari sarebbero stati ingannati”. “Sono accuse oltraggiose ed infamanti” risponde Foietta

Il Prefetto Renato Saccone e il Commissario di Governo Paolo Foietta in una riunione dell'Osservatorio Tecnico Torino-LioneIl Prefetto Renato Saccone e il Commissario di Governo Paolo Foietta in una riunione dell’Osservatorio Tecnico Torino-Lione

TORINO- Le dichiarazioni rilasciate ieri da Angelo Tartaglia, docente del Politecnico di Torino e componente della “commissione tecnica” tutta NoTav nominata dal Comune di Torino e mutuata dalla Unione Bassa Valle Susa in occasione della giornata “Alter-Vertice NoTav” vista la gravità non poteva rimanere senza replica.

Parole pensanti come macigni, rilasciate forse per dare un “tono” ad un incontro che altrimenti non avrebbe avuto eco mediatico che così invece ha avuto. L’intervento del professore é stato segnalato sulle maggiori agenzie stampa. “Gli onorevoli – ha detto Tartaglia in un suo passaggio tra le altre considerazioni– sono liberi di votare come credono e persino di farsi ingannare. Ma non si devono ingannare gli elettori”.

In una dura nota il Commissario di Governo Foietta stigmatizza le dichiarazioni uscite dall’AlterVertice Notav

In una nota il Commissario di Governo Paolo Foietta puntualizza i fatti e stigmatizza le parole di Tartaglia: “Ho letto sui giornali che ieri a Venaus Angelo Tartaglia, a nome dei cosiddetti tecnici Notav, ha annunciato, un esposto al Tribunale di Roma contro chi, avrebbe sostenuto con parole e scritti idee ed opinioni differenti dalle sue, in “particolare su costi e benefici della Torino Lione.

Secondo sue dichiarazioni riportate dai giornali e dalle agenzie  “i parlamentari sarebbero stati ingannati” da “dossier contenenti dati inveritieri”.

Immagino che Tartaglia si riferisca alle presentazioni e alle relazioni utilizzate nell’’unica audizione alla Camera, del 13 dicembre 2016 e, da allora agli atti della Commissione Esteri.
Quindi Tartaglia parrebbe sostenere che la decisione del Parlamento italiano di ratificare il trattato sulla Torino Lione sarebbe stata costruita sull’inganno contenuto nelle slide e nei documenti utilizzati dagli esperti ascoltati dalla Commissione Esteri della Camera dei Deputati, nell’audizione del 13 dicembre 2016.

In questo caso i presunti colpevoli che avrebbero ingannato il parlamento, e che non sono mai stati nominati dal Professore per evitare querele, non possono che essere gli esperti invitati dal relatore di maggioranza. Quindi il sottoscritto, in quanto Commissario di Governo, il Prefetto Saverio Ordine del comitato per il Coordinamento Alta Vigilanza sulle grandi opere, il professor Roberto Zucchetti economista dei trasporti alla Bocconi, ed il professor Fabio Bassan, ordinario di diritto internazionale a Roma3.

Tutti hanno lasciato alla commissione la loro presentazione e documentazione. A dire il vero a nome dei Notav hanno parlato anche la professor Algostino ed il Dottor Pepino (in videoconferenza). Gli altri invitati non sono venuti, ma non credo che Tartaglia chieda conto dei loro interventi”.

“Ritengo che l’obiettivo di questa trovata sia tutto mediatico”

“Non sono per nulla preoccupato da questa nuova iniziativa, inedita e forse senza precedenti nella storia parlamentare italiana, che avviene con un ritardo di dieci mesi dalle audizioni parlamentari. Se Tartaglia credesse anche in minima parte a quello che dice, avrebbe senz’altro trasmesso l’esposto più celermente al Tribunale di Roma.

Ritengo che l’obiettivo di questa trovata sia tutto mediatico. Occorreva far parlare di AlterVertice di Venaus,manifestazione ridotta sia nel parterre dei relatori, tutti storici oppositori (Karima Delli compresa), che nella limitata partecipazione popolare. Serviva inventare qualcosa per screditare ed intimidire i tecnici e gli esperti auditi in commissione, accusandoli addirittura di “circonvenzione di parlamento”, e gettare ombre sulla legge di avvio definitivo dei lavori del tunnel di base del Moncenisio, approvata dalla Camera a fine 2016, a grandissima maggioranza, dopo oltre 20 anni di studi, valutazioni ed approfondimenti.
Non mi pare che questa trovata abbia raggiunto il risultato atteso.

Per quanto mi riguarda non mi ritengo per nulla intimidito per questa iniziativa più ridicola che minacciosa; sono certo delle cose che ho detto, che ripeto da anni e della “veridicità” della documentazione agli atti. Senz’altro quanto scritto non è conforme al pensiero di Tartaglia e dei Notav, ma questo non dovrebbe costituire un reato.

Attendo con curiosità di prendere visione dell’esposto annunciato e successivamente, di conoscere le valutazioni del Tribunale di Roma in merito alla sua ammissibilità. 
Proprio perché ritengo che ognuno debba sempre assumersi la responsabilità delle proprie affermazioni ed esternazioni, mi riservo di tutelare la mia persona ed i miei collaboratori da eventuali accuse oltraggiose e diffamanti, queste davvero “inveritiere” ed immotivate”.

La Presidente della Commissione Trasporti del Parlamento UE, la Verde Karima Delli, ai Notav: “No ai progetti faraonici, una moratoria per il TAV”

http://www.lagenda.news/altervertice-notav-venaus-karima-delli-commissione-trasperti-parlamento-ue-moratoria-torino-lione/

“Altervertice” Notav a Venaus per ribadire le “ragioni del no” alla Nuova Linea Torino-Lione, definita “un progetto ormai superato e devastante per la Valsusa”

L'AlterVertice Notav a VenausL’AlterVertice Notav a Venaus

VENAUS – Ribadire le ragioni della contrarietà alla Nuova Linea Torino-Lione, in vista del vertice italo-francese del 27 settembre a Lione. Questo l’obiettivo del convegno “Alter-Vertice No Tav”,  che si è svolto oggi a Venaus. Organizzato dal Movimento NoTav e da alcuni sindaci della Valsusa, a partire dall’ospitante Nilo Durbiano, cui hanno partecipato molti amministratori pubblici di Torino e di altri Comuni dell’hinterland. Ospite d’onore Karima Delli, Presidente della Commissione Trasportidel Parlamento Europeo. La “persona giusta per rendere più incisive le ragioni del no” – così è stata presentata la paralmentare francese dei Verdi –  in una fase in cui, sull’onda del momentaneo stop francese alla progettazione  della tratta nazionale Chambery-Saint Jean de Maurienne della Torino-Lione, in Francia, Italia ed anche nel Parlamento Europeo hanno ravvivato il dibattito sul futuro dell’emblematica grande opera.

Una moratoria sulla ferrovia Torino-Lione

Proprio a Karima Delli è toccato aprire i lavori. E lo ha fatto pronunciato una frase che ha subito provocato consenso e applausi: “Chiedo ai governi italiano e francese una moratoria sulla ferrovia Torino-Lione“Noi – ha spiegato la Delli – non siamo oppositori: noi siamo propositivi. E la nostra soluzione è utilizzare l’esistenteOggi come oggi – ha precisato – il progetto della Torino-Lione è vecchio: non corrisponde più alle necessità di questo momento storico, dove il trasporto merci è calato ed è diventata enormemente importante la questione climatica. Organismi di controllo hanno ribadito a più riprese che è un’aberrazione sia per i costi, che hanno visto l’opera passare dai 12 miliardi iniziali a 26, sia per le complicazioni sanitarie dovute al drenaggio delle acque”“Sono disponibile – ha concluso Delli – a lavorare sulle alternative con i ministri dei Trasporti di Italia e di Francia.

All’inizio dei lavori ha anche partecipato il Sindaco di Susa e Presidente dell’Unione MontanaSandro Plano, che però dopo un breve intervento nel  quale ha ribadito la contrarietà del suo Ente e su a personale alla garnde ooera, ha lasciato i lavori perché impegnato proprio in Unione Montana per un convegno dove ha convocato tutti gli amministratori locali sul tema della gestione rifiuti.

Karima Delli, Presidente della Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo

Karima Delli, Presidente della Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo

La voce del Movimento5Stelle

Francesca Frediani, Presidente del Gruppo Consiliare regionale del Movimento 5Stelle, da sempre in prima fila nella lotta alla Tav, ha puntato il dito contro l’Osservatorio a guida Foietta“Non è più un luogo in cui si discutono questioni tecniche. E c’è il rischio che diventi un organo parallelo del Consiglio Regionale, ma senza il controllo dell’opposizione” ha affermato. “Si chiudono dentro l’Osservatorio – ha aggiunto – e come in un Consiglio, ma con la sola maggioranza, parlano di progetti e iniziative per la Valsusa. Cose che noi rischiamo di venire a sapere quando sarà troppo tardi”.

Il vicesindaco di Torino Guido Montanari, anche lui del Movimento 5Stelle, ha tenuto a precisare che la Valsusa non è sola nella lotta che tempo sta portando avanti contro un’opera destinata a snaturare e mortificare la Valsusa“La lotta al Tav è anche una lotta di TorinoTorino c’è, vi partecipa e la sostiene pienamente”, ha esordito. “La lotta della Valsusa – ha precisato – riguarda tutti i cittadini. È una lotta per avere dei trasporti sostenibili in un ambiente decente”.

L’ultima “invenzione” NoTav: un esposto alla Magistratura “perché il Parlamento è stato ingannato con dati  falsi”

Secondo i tecnici NoTav quando  il Parlamento ha ratificato il trattato italo-francese sulla Nuova Linea Torino-Lione – oggi Legge in Italia come in Francia – lo scorso anno, “i parlamentari furono ingannati”. È quindi per questo che oggi la “talpa” Federica ha già scavato a Saint Martin de la Porte un kilometro e trecento metri del tunnel di base del Moncenisio?

Il Movimento Notav lo ha annunciato  in coda all’AlterVertice dichiarando di aver inoltrato a Roma un esposto in Procura chiedendo alla magistratura di “svolgere degli accertamenti”.
A illustrare i contenuti dell’esposto è stato, in particolare, Angelo Tartaglia, docente del Politecnico di Torino e componente della “commissione tecnica” tutta Notav nominata dal Comune di Torino e mutuata dalla Unione Montana Bassa Valle Susa.

Per i Notav ai parlamentari vennero presentati dei dossier con “dati inveritieri” su diverse circostanze, fra cui le analisi dei rapporti costi-benefici.
Gli onorevoli – è stato detto – sono liberi di votare come credono e persino di farsi ingannare. Ma non si devono ingannare gli elettori”.

Un momento dell'Altervertice Notav al polivalente di Venaus

Un momento dell’Altervertice Notav al polivalente di Venaus

Sulla Torino-Lione la richiesta di moratoria e un esposto alla procura

http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-09-16/sulla-torino-lione-richiesta-moratoria-e-esposto-procura-174722.shtml?uuid=AELJyTUC

(Afp)
(Afp)

Una richiesta di «moratoria» da parte di Karima Delli, deputato francese del movimento ecologista a capo della Commissione Trasporti del Parlmento europeo. E un esposto alla Procura di Roma, presentato dal Controsservatorio Valsusa, contro la decisione del Parlamento italiano che a fine dicembre 2016 ha ratificato l’accordo tra Italia e Francia sulla Torino Lione. A dieci giorni dal prossimo vertice italo-francese, che inevitabilmente avrà in agenda il tema del collegamento ferroviario tra i due Paesi, l’Alta Velocità torna in primo piano. Anche alla luce dei dubbi sollevati proprio dal Governo Macron.

L’occasione è l’Alter-Vertice No Tav, organizzato in Valsusa per ribadire le ragioni della contrarietà all’opera – legate storicamente al tema della sostenibilità economica e della reale utilità del tunnel di base, in riferimento al rapporto costi-benefici – e aggiungere nuovi fronti alla battaglia contro la realizzazione della Torino-Lione. In Europa, ad esempio, dove Karima Delli parla di una sensibilità diversa in capo ad una parte del Parlamento europeo contraria a «progetti faraonici» come quello della Torino Lione e maggiormente favorevole a progetti più sostenibili. In Europa è attesa la valutazione di mid-term sui fondi concessi dall’Ue agli interventi nel quadro della programmazione 2014-2020. «Noi stimiamo che Telt sia in ritardo sulle opere previste dal Grant Agreement sottoscritto nel 2015 che assegna alla Torino-Lione 813 milioni» sottolinea Alberto Poggio della Commissione Tecnica sulla Torino-Lione nominata dalle amministrazioni contrarie all’opera, Torino compresa. In tal caso cosa accadrebbe a quei fondi? «Tornerebbero nella disponibilità della Commissione – spiega Karima Delli – che potrebbe riassegnarli ad altri progetti in corsa».

Il secondo fronte per la Torino-Lione è tutto italiano. Ne parla Angelo Tartaglia della Commissione tecnica Torino-Lione del Comune di Torino che annuncia la scelta del Controsservatorio Valsusa di presentare alla procura di Roma un esposto sulla legittimità del voto del Parlamento italiano : «La decisione in Parlamento – sottolinea Tartaglia, membro della commissione tecnica Torino-Lione del Comune di Torino – è stata presa sottoponendo ai parlamentari informazioni, contenute nella relazione sui costi-benefici dell’opera commissionata dall’Osservatorio nel 2012, con parametri e valutazioni in alcuni casi inattendibili. Un aspetto che rimanda secondo la nostra valutazione ad una procedura non legittima». Il riferimento è alla sovrastima sul volume di crescita delle merci trasportate rispetto alla dinamica del Pil e al calcolo dei benefici sociali derivanti dal taglio di emissioni di CO2.

«Per noi resta centrale l’analisi costi-benefici – aggiunge Alberto Poggio – ma altrettanto importante è segnalare che la linea esistente ha una capacità di trasporto dalle 6 alle 10 volte superiore a quanto attualmente si fa. Sarebbe necessario superare il servizio dell’Autostrada ferroviaria e rilanciare il trasporto su ferro con modalità classiche, a patto che ci sia una reale esigenza di trasporto». Difficile pensare a una maggiore incidenza del ferro sulla gomma senza però un sostegno pubblico, come insegna il modello svizzero. «Nel caso della Svizzera – risponde Poggio – il trasporto ferroviario è cresciuto sostenendo una linea esistente con le stesse caratteristiche del Frejus, prima di realizzare il tunnel di base».

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (VIII) : COMMENT LE ‘BALAI CITOYEN’ (VERSION AFRICAINE DE OTPOR) TENTE D’ORGANISER DES MANIFESTATIONS CONTRE LE BURUNDI … A PARIS !?

# PANAFRICOM/

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (VII)/

2017 09 17/

PANAF - LM AFROENQUETE VIII balais à paris (2017 09 17) FR

Ce 16 septembre 2017 « on » tentait d’organiser à Paris des manifestations, qui ont échoué faute de troupes, contre le gouvernement du Burundi. L’occasion : la sorte du Rapport du Conseil des Droits de l’Homme de l’ONU, biaisé et partisan, contre le gouvernement Nkurunziza ; ainsi que l’organisation par Willy Nyamitwe (premier conseiller en communication du président du Burundi) et l’Ambassade du Burundi d’une grande conférence pour y répondre ce même 16 septembre …

MAIS QUI ORGANISAIT A PARIS CES ATTAQUES CONTRE BUJUMBURA ?

Non pas la diaspora burundaise à Pars, encore moins l’opposition fantoche du CNARED (marionnettes de Bruxelles et du Quai d’Orsay), mais un groupuscule activiste, le Balais Citoyen, … installé au Burkina Faso !

Il y a des Sorös’boys comme il y avait jadis des Hitler-Jugend. L’« Internationale Sorös », organisée au profit des « vitrines légales de la CIA » (NED, NDI et cie) est une réalité, présente au stade initial de toutes les « révolutions de couleur » made in USA (1). Elle est issue du mouvement serbe OTPOR (2) et de son Centre de formation CANVAS (3) (fondé à Belgrade, avec des extensions à Washington et depuis 2015 à Ouagadougou, devenu la plate-forme de formation des Sorös’boys en Afrique). Des séminaires internationaux sont aussi organisés pour les activistes africains par la « Friedrich Ebert Stiftung », une fondation allemande proche de l’OTAN : Séminaire de l’Ile de Gorée (Dakar) en 2015, d’Accra en 2016.

Les deux mouvements en pointe, les « Otpor » africains, sont le sénégalais « Y en a marre » et le burkinabe « Balai citoyen ». D’où le rôle joué par Ouagadougou et Dakar dans la formation des activistes « africains », en fait des mercenaires des USA (4) et du milliardaire Sorös.

LE BALAIS CITOYEN : DES MERCENAIRES AMERICAINS FINANCES PAR SORÖS

Le Balai citoyen est un mouvement qui a notamment pris part à l’opposition au président Blaise Compaoré et au renversement de celui-ci. Pour immédiatement soutenir le Lieutenant-colonel Zida, l’homme fort des américains (il est issu de l’Ecole de la CIA en Floride) pendant les premiers temps du nouveau régime burkinabe. Le Balai citoyen a été co-fondé durant l’été 2013 par deux artistes militants, le musicien de reggae et animateur radio Sams’K Le Jah, et le rappeur et acteur Serge Bambara – plus connu sous le nom de scène « Smockey » (les musiciens jouent un grand rôle dans ces réseaux, et ceci dès les rappeurs serbes de 1999 de Otpor). Les cadres du Balai ont habilement essaimé dans divers « side-groupes », dont les CAR, pour investir la scène activiste.

Le Balai Citoyen (dont les pseudopodes « Collectif Anti-referendum au Faso », devenu le CAR, « Collectif Anti Referendum », puis le « Citoyens africains pour la renaissance » en mars 2015 ; utilisent directement le Logo de Otpor, la marque identitaire de ses Réseaux utilisée dans toutes les « révolutions de couleur ») a aussi infiltré au Burkina Faso les jeunes activistes du « front anti-Cfa ». On se souviendra que Sorös a un intérêt direct pour toutes les « guerres des monnaies » …

LUC MICHEL / PANAFRICOM

(première version éditée pour EODE Think Tank)

NOTES

(1) Cfr. Luc MICHEL, ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (I) : DE LA YOUGOSLAVIE (2000) AU ‘PRINTEMPS AFRICAIN’ (2015-1018) : COMMENT S’ORGANISENT LES « REVOLUTIONS DE COULEUR » ?

sur http://www.lucmichel.net/2017/09/03/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-i-de-la-yougoslavie-2000-au-printemps-africain-2015-1018-comment-sorganisent-les-revoluti/

(2) Le mouvement OTPOR (en serbe« Résistance »), est une organisation politique, créée en 1998, avec le soutien de l’organisation américaine National Endowment for Democracy (NED), et du milliardaire spéculateur George Soros, organisatrice de nombreuses révoltes violentes ou non de par le monde, dans les pays opposés politiquement aux États-Unis et généralement considérée comme l’un des acteurs majeurs de la chute du régime de Slobodan Milošević en octobre 2000 (la première des « révolutions de couleur »).

(3) Otpor est devenu ensuite le centre de formation pour l’action non-violente (sic), qui a pris la forme de l’Ong CANVAS en 2004, et a formé des jeunes révolutionnaires de différents pays ; en Géorgie, puis en Ukraine, mais aussi en Biélorussie, en Russie, aux Maldives, au Venezuela, aux USA mêmes (Occupy Wall-Street, puis en 2016 la « Purple Revolution » contre Trump), en 2009-2011 en Égypte et dans les pays du « printemps arabe », puis en 2013-2017 dans de nombreux pays africains du soi-disant « printemps africain ».

Au même moment que le sommet officiel « USA – AFRICAN LEADERS » (où se met en place une vague de changements de régimes en Afrique décidée par Obama, les 4-6 août 2014, dont celui du Tchad), se tenait aussi à Washington un « sommet alternatif » organisé par un organisme d’état US (créé par Ronald Reagan dans les Années 1980), financé sur le budget américain, la NED, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain), l’USAID, l’Open Society de Söros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie et le « printemps arabe ». Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes africains surtout y sont pris en main.

(4) Cfr. Luc MICHEL, OUI LE « SIFFLET CITOYEN », « TROP C’EST TROP », « CA SUFFIT » ET LEURS CLONES PARTOUT EN AFRIQUE SONT DES MERCENAIRES AU SERVICE DES OCCIDENTAUX ET DE LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE !

sur http://www.lucmichel.net/2016/03/13/panafricom-oui-le-sifflet-citoyen-trop-cest-trop-ca-suffit-et-leurs-clones-partout-en-afrique-sont-des-mercenaires-au-servi/

LM/ EODE/ 2017 09 17/

( avec EODE – OBSERVATOIRE DES REVOLUTIONS DE COULEUR) _____________________

# EODE ORGANISATION :

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* ЕВРАЗИЙСКИЙ СОВЕТ ЗА ДЕМОКРАТИЮ И ВЫБОРЫ (ЕСДВ)/ EURASIAN OBSERVATORY FOR DEMOCRACY & ELECTIONS

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NOUVEAU REFERENDUM D’AUTODETERMINATION DE LA CATALOGNE (VI) : ‘NOTRE GOUVERNEMENT ACTUEL REPRESENTE LA TRADITION DE LA REPUBLIQUE ESPAGNOLE, ECRASEE PAR L’ARMEE DE FRANCO DANS LA GUERRE CIVILE’ (CARLES PUIGDEMONT)

EODE/ OBSERVATOIRE DES ELECTIONS/

LM/ EODE/ 2017 09 16/EODE - ELECT nouv ref catalogne VI (2017 09 17) FR

 

Le chef du gouvernement indépendantiste catalan revendique l’héritage de la République espagnole défaite par Franco dans la guerre civile, et rappelle les origines franquistes du parti au pouvoir à Madrid, dans une interview publiée vendredi.

REFERENDUM INTERDIT PAR MADRID :

LE GOUVERNEMENT CATALAN SE COMPARE A LA REPUBLIQUE DEFAITE PAR FRANCO

“Notre gouvernement actuel représente la tradition de la République espagnole, écrasée par l’armée de Franco dans la guerre civile” (1936-1939), déclare Carles Puigdemont dans cette interview publiée par le Suddeutsche Zeitung. C’est apparemment la première fois que ce dirigeant catalan qui milite pour une république catalane indépendante du Royaume d’Espagne revendique le manteau de la république espagnole dans un média étranger.

Puigdemont veut organiser ce referendum d’autodétermination dans cette région profondément divisée entre partisans et adversaires de l’indépendance, malgré tous les efforts du gouvernement espagnol pour l’empêcher. Madrid (soutenue par l’OTAN et l’UE qui ne veulent à aucun prix des referenda d’auto-détermination) se dirigeant vers une répression dure, notamment la poursuite du Gouvernement catalan et de 700 maires indépendantistes !

A la chute de Barcelone en février 1939, des centaines de milliers d’Espagnols ont fui l’Espagne en franchissant la frontière avec la France. “Nous n’avons pas oublié qu’à l’époque une partie de notre élite politique a été assassinée et une autre partie contrainte à l’exil. Nous savons aussi quelles sont les racines du Parti Populaire conservateur qui voudrait bloquer le referendum : il est né d’un groupe de franquistes”, poursuit C. Puigdemont. Le Parti Populaire du chef du gouvernement Mariano Rajoy est l’héritier de l’Alliance populaire, formée après la mort de Franco par d’anciennes personnalités de son régime.

* Lire (en allemand) sur :

Interview/

“Wollen Spanien nicht den Rücken kehren, sondern die besten Nachbarn sein”

http://www.sueddeutsche.de/politik/carles-puigdemont-wollen-spanien-nicht-den-ruecken-kehren-sondern-die-besten-nachbarn-sein-1.3666615

 

Kataloniens Regierungschef Carles Puigdemont hält trotz Drohungen am Unabhängigkeits-Referendum fest – und wirbt dafür, die Region im Falle einer Abspaltung schnell zum EU-Mitglied zu machen.

 

LM / EODE / OBSERVATOIRE DES ELECTIONS/

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GEOPOLITIQUE DE LA CATALOGNE : LA REPRESSION DE MADRID CONTRE LE REFERENDUM D’AUTODETERMINATION REOUVRE LES PLAIES DE LA GUERRE CIVILE ET DU FRANQUISME …

# LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 09 17/

LM.GEOPOL - Geopol catalogne (2017 09 17) FR (2)

Insoumise depuis près d’un siècle, la Catalogne est une région stratégique pour l’Espagne.

La Catalogne, région espagnole grande comme la Belgique, est l’une des plus stratégiques pour la quatrième économie de la zone euro.

Ce territoire ayant une langue et une culture propres, bordé par la Méditerranée et les Pyrénées, représente 6,3% de la superficie de l’Espagne, 16% de sa population et un cinquième de son PIB.

LM.GEOPOL - Geopol catalogne (2017 09 17) FR (4)

DERRIERE LA CULTURE LA PUISSANCE ECONOMIQUE ET INDUSTRIELLE

Terre des peintres Salvador Dali et Joan Miro, ou de l’architecte Antoni Gaudi, où l’on aime danser la sardane et construire des pyramides humaines (les Castells), elle attire 22,5% du tourisme espagnol. En sport (domaine prééminent du « soft power » géopolitique), Barcelone est la seule ville espagnole à avoir accueilli les Jeux olympiques d’été, en 1992, et le FC Barcelone de Lionel Messi, vivier de joueurs de la “Roja”, est le deuxième club le plus titré du pays avec 24 Ligas et cinq Ligues des Champions.

La Catalogne est aussi et surtout le siège d’industries de pointe et de centres de recherche importants, notamment dans le domaine du nucléaire ou de la biomédecine. Elle est aussi à l’origine d’un quart des exportations de l’Espagne, et connaît un taux de chômage de 13,2%, quatre points de moins que le reste du pays. Côté passif, elle est aussi l’une des plus endettées avec une dette publique représentant 35,2% de son PIB (75,4 milliards d’euros à fin mars) et doit régulièrement puiser des liquidités dans un fonds spécial de l’État espagnol. Mais la région dénonce la répartition inéquitable des deniers publics en Espagne, responsable selon elle de son asphyxie financière.

UNE REGION AUTONOME AUX LARGES COMPETENCES

Berceau de l’anarcho-syndicalisme, version de l’anarchisme en Espagne, la Catalogne a souvent eu des relations complexes avec le pouvoir central. Lors de la Guerre civile de 1936-39, le dictateur Francisco Franco lui a retiré ses compétences et infligé une dure répression après la chute de Barcelone, fief républicain, interdisant aussi l’usage officiel du catalan.

Aujourd’hui elle dispose de très larges compétences en tant que “communauté autonome historique”, comme le Pays basque (nord), la Galice (nord-ouest) et l’Andalousie (sud). En vertu d’un système qui fait de l’Espagne un pays très décentralisé, la Catalogne doit respecter la Constitution, mais administre directement la santé, et l’éducation, au point d’être parfois accusée par les conservateurs de « minimiser l’usage du castillan et de manipuler les programmes d’histoire ». Elle dispose de sa police, les “Mossos d’Esquadra”, qui doivent aussi suivre les consignes du pouvoir central.

UN NATIONALISME CATALAN QUE MADRID N’A JAMAIS PU ETOUFFER

Elle a longtemps été dirigée par la coalition Convergencia i Unio (CiU, Convergence et Union, nationaliste et conservatrice) de Jordi Pujol, président régional entre 1980 et 2003. Pujol faisait la pluie et le beau temps en Catalogne et à Madrid, où il monnayait son soutien à droite comme à gauche. Sa mise en cause dans les années 2010 dans des affaires de fraude fiscale et corruption a miné son image.

A partir de 2003, la Catalogne est dirigée par une coalition de gauche qui obtient un renforcement de ses compétences. Mais ce “statut” est annulé partiellement par la Cour constitutionnelle en 2010, ce qui nourrira le sentiment indépendantiste et ramènera les nationalistes au pouvoir avec Artur Mas, président régional entre 2010 et fin 2015. La crise économique a également alimenté le séparatisme.

Conservateur comme M. Pujol, Artur Mas, un nationaliste, a peu a peu embrassé la cause indépendantiste et a organisé le 9 novembre 2014 une première “consultation” sur l’indépendance interdite par la justice. CiU a depuis éclaté, tiraillée entre conservateurs modérés et partisans de l’indépendance. Les séparatistes de gauche et de droite ont ensuite formé la coalition “Junts pel Si” (Ensemble pour le oui) et remporté en septembre 2015 des élections régionales ayant pris la forme d’un plébiscite pour ou contre l’indépendance, au taux de participation record de 77,4%. Les partis indépendantistes ont obtenu 47,6% des suffrages, ce qui leur a assuré une majorité au parlement de 72 sièges sur 135 au nom de règles de pondération des voix visant à permettre une bonne représentation des provinces les plus rurales, aussi les plus indépendantistes. Le 10 janvier 2016, Carles Puigdemont a succédé à Artur Mas, avec pour projet de mener la région vers l’indépendance au plus tard en 2017.

REFERENDUM INTERDIT PAR MADRID :

LE GOUVERNEMENT CATALAN SE COMPARE A LA REPUBLIQUE DEFAITE PAR FRANCO

Le chef du gouvernement indépendantiste catalan revendique l’héritage de la République espagnole défaite par Franco dans la guerre civile, et rappelle les origines franquistes du parti au pouvoir à Madrid, dans une interview publiée vendredi. “Notre gouvernement actuel représente la tradition de la République espagnole, écrasée par l’armée de Franco dans la guerre civile” (1936-1939), déclare Carles Puigdemont dans cette interview publiée par le Suddeutsche Zeitung. C’est apparemment la première fois que ce dirigeant catalan qui milite pour une république catalane indépendante du Royaume d’Espagne revendique le manteau de la république espagnole dans un média étranger.

Puigdemont veut organiser ce referendum d’autodétermination dans cette région profondément divisée entre partisans et adversaires de l’indépendance, malgré tous les efforts du gouvernement espagnol pour l’empêcher. Madrid (soutenue par l’OTAN et l’UE qui ne veulent à aucun prix des referenda d’auto-détermination) se dirigeant vers une répression dure, notamment la poursuite du Gouvernement catalan et de 700 maires indépendantistes !

A la chute de Barcelone en février 1939, des centaines de milliers d’Espagnols ont fui l’Espagne en franchissant la frontière avec la France. “Nous n’avons pas oublié qu’à l’époque une partie de notre élite politique a été assassinée et une autre partie contrainte à l’exil. Nous savons aussi quelles sont les racines du Parti Populaire conservateur qui voudrait bloquer le referendum : il est né d’un groupe de franquistes”, poursuit C. Puigdemont. Le Parti Populaire du chef du gouvernement Mariano Rajoy est l’héritier de l’Alliance populaire, formée après la mort de Franco par d’anciennes personnalités de son régime.

(Sources : AFP – Suddeutsche Zeitung – EODE Observatoire des Elections)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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‘Parlamentari ingannati su Tav’, esposto

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/09/16/parlamentari-ingannati-su-tav-esposto_0974d041-fe2c-4153-8fa4-42e93d64e25e.html

Iniziativa No Tav, ‘dati inveritieri su costi e benefici’

(ANSA) – TORINO, 16 SET – Quando furono chiamati a ratificare il trattato italo-francese sul Tav Torino-Lione, lo scorso anno, “i parlamentari furono ingannati”. E’ per questo che ambienti legati al movimento No Tav della Valle di Susa oggi hanno inoltrato un esposto, a Roma, chiedendo alla magistratura di svolgere degli accertamenti.
    La notizia è stata diffusa oggi a Venaus (Torino) in occasione di Alter-Vertice No Tav, convegno in cui sono state ribadite le ragioni dell’opposizione alla nuova linea ferroviaria. A illustrare i contenuti dell’esposto è stato, in particolare, Angelo Tartaglia, docente del Politecnico di Torino e, inoltre, componente della “commissione tecnica” nominata dal Comune di Torino.
    Durante l’incontro è stato spiegato che ai parlamentari vennero presentati dei dossier con “dati inveritieri” su diverse circostanze, fra cui le analisi dei rapporti costi-benefici.
    “Gli onorevoli – è stato detto – sono liberi di votare come credono e persino di farsi ingannare. Ma non si devono ingannare gli elettori”.