LA FALSE FLAG AMMAINATA

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MONDOCANE

MARTEDÌ 7 MARZO 2017

http://www.imolaoggi.it/2016/03/06/regeni-007-ucciso-dagli-inglesi-in-vista-della-guerra-in-libia/

(In calce un commento dalla Lista No Nato)

Condivido le osservazioni di Enzo sul link sopra indicato, ma non credo a un Regeni “ingenuo”, neanche tra virgolette. Il suo ruolo di destabilizzazione del governo di Al Sisi è chiaro dal contesto. L’Egitto, liberatosi a forza di collera popolare (l’ingresso dei militari arriva dopo) del despota bruciachiese Mohammed Morsi, Fratello Musulmano, insediato dagli elementi inquinati della primavera araba (e da un’elezione manipolata, boicottata dal popolo e partecipata dal 17% degli elettori), aveva sottratto il più importante paesi del Maghreb-Medioriente ai proconsoli coloniali dell’Occidente. Aveva assunto una politica estera “creativa”, addirittura di avvicinamento a Mosca e Damasco, svolgeva un ruolo determinante in una Libia che invece si doveva rendere stazione di rifornimento per le sette sorelle, aveva dato prova di efficienza con il raddoppio in pochissimo tempo del Canale di Suez. Grazie alla collaborazione col più debole tra gli attori della scena petrolifera, l’ENI, aveva irritato geopolitici e geopetrolieri; nel giorno del ritrovamento di Regeni, stava concludendo affari miliardari con Roma, in particolare sul giacimento gigante di gas al largo della costa (pensiamo a Enrico Mattei); era diventato un protagonista energetico scombussolando equilibri favorevoli a Isis, Exxon, Shell e Israele; era laico, teneva testa al terrorismo che i Fratelli musulmani avevano condotto contro Mubaraq in prima persona e ora affidato ai cugini dell’Isis.

L’Egitto non era crollato nè con l’islamizzazione forzata di Morsi, nè con i ripetuti colpi di maglio del terrorismo a firma occidentale-islamista: le stragi di Sharm el Sheik, l’abbattimento di aerei di linea, le bombe dal Sinai a Luxor, la campagna di satanizzazione, totalmente prive di prove e dati verificati, condotta dallo schieramento neocon-talmudista-liberal-radicalchic e di cui Regeni doveva essere l’apice. E, dunque, un colpo fatale al turismo, seconda voce del bilancio.

Aggiungiamo i dati del giovane. Iniziazione formativa negli ambienti dell’intelligence in Usa, lavoro alle dipendenze di una nerissima impresa di spionaggio e provocazione, Oxford Analytica, diretta da pendagli da forca come l’ex-capo del Mi6 (tempi degli attentati falsi di Londra!), McColl, il pregiudicato e carcerato cospiratore del Watergate, Young, il principe di tutti gli squadroni della morte, uomo della droga e dei Contras e devastatore di Iraq e Centroamerica, John Negroponte.

Basterebbero e avanzerebbero alla grande un simile impiego, questi datori di lavoro, tali mandanti. In più i riservatissimi e imbarazzati referenti accademici, poco insistentemente curati dagli inquirenti italiani e pour cause, con la misteriosa cassaforte britannica da cui dovevano fluire le grosse somme di denaro che il giovanotto prometteva al suo interlocutore egiziano per un certo progetto in cambio di informazioni. Solo che, per sfrucugliare gli ambienti suscettibili di essere attivati per destabilizzare quell’Egitto, Regeni era incappato nell’interlocutore sbagliato. Uno che, appena si era sentito offrire soldi, non umanitari per lui e la famiglia in difficoltà, bensì per il “progetto” commissionato da Londra, reso possibile da “certe informazioni”, correttamente aveva riferito alle autorità del suo paese. 


Era la campana a morto per le grandi manovre regeniane contro l’Egitto. Ora non rimane da noi che l’ultimo giapponese che crede che la guerra non sia finita. E’ il capo di Amnesty International Italia, Khoury, che dalla sua trincea sbrindellata dai dati di fatto, invoca ancora guerra, almeno diplomatica, ad Al Sisi. Crede che ci sia ancora una bella bomba sotto la poltrona dell’odiato presidente e tenta in tutti i modi di innescarla. Ma la miccia su cui agita le sue fiammelle è bagnata.

Tutti gli altri, francesi, britannici, tedeschi, se ne fottono e stanno già al banchetto brindando con Al Sisi ai grandi affari futuri di cui, se va bene, l’Italia regenizzata raccoglierà qualche briciola. Ma non è detto, se insiste con Regeni. E’ sempre la stessa storia: quella dell’Italia che gli stessi dirigenti italiani svendono allo straniero fino a ridurla allo stato di detrito spiaggiato in cui si trova in questo finecorsa. Tutto inizia nel 1992: navigano sul Royal Britannia passeggeri con in mano i nostri beni comuni: Draghi, Andreatta, City di Londra, Soros. Il complotto per la riduzione a nullità della quinta potenza industriale del mondo e beneficiare i concorrenti in ambasce tedesco e francese viene eseguito dai sicari dell’azzeramento del potenziale industriale nazionale, dall’Iri all’euro e al Fiscal Compact: gli agenti immobiliari Dini, Amato, Prodi, Berlusconi, D’Alema, Bersani, giù giù fino all’ultimo nanerottolo da giardino, il testè decapitato mezzotoscano, che doveva, anche con l’operazione Regeni anti-Eni, contribuire al compimento dell’opera.I chierichietti mediatici e politici dell’operazione che tanto hanno latrato sulle contraddizioni, reticenze, deficienze, degli investigatori egiziani, com’è che su un punto assolutamente cruciale, forse decisivo, dell’indagine, su un elemento giudiziario imprescindibile, non abbiano sollevato né questione, né ciglio? Trattasi del computer di Regeni, sequestrato e rapito dai famigliari dall’abitazione del Cairo e per sempre sottratto agli inquirenti egiziani. Che stanno zitti o tergiversano per carità di patria, della nostra patria e della patria mondiale dell’imperialismo dal quale sortiscono certi scorpioni, ma con cui tocca pur lavorare. Mentre i regeniani nostrani stanno zitti, dal primo giorno, nonostante glielo avessimo gridato in tutte le salse, su chi fosse Regeni e da dove venisse. Mancheranno altre prove. Non quella della malafede.

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From: brandienzo@libero.it

Come ho già scritto in altra mail, non ho elementi per dare un

giudizio sulle rivelazioni del giornalista Gregoretti riprese da Imola Oggi, che però non mi sembrano del tutto campate in aria.

Si sa che Regeni lavorava per un’agenzia di “informazioni”: la Oxford Analytica, i cui dirigenti erano noti spioni, come John Negroponte, già agente della CIA ed organizzatore degli “squadroni della morte” assassini in America Centrale, e come vari ex-dirigenti della molto spregiudicata agenzia di spionaggio britannica M16, tra cui un certo McColl (e non solo!).

Si sa (e risulta anche dall’audio registrato diffuso da Repubblica del colloquio tra Regeni ed il capo del sindacato dei venditori ambulanti egiziani) che il ragazzo offriva ingenti somme di denaro (10000 dollari in Egitto sono una somma notevole!) in cambio di “informazioni” che sarebbero state propedeutiche per un fantomatico “progetto” sui sindacati egiziani. Alla fine Regeni nega la somma al suo interlocutore quando molto probabilmente si è reso conto che lo stava incastrando e “bruciando”.

Siamo tutti addolorati per la morte di un giovane che aveva tutta la vita davanti; ma non facciamolo passare per un angioletto. Forse era un “ingenuo” nel senso che forse non si è reso conto in che razza di pasticcio stava andando a cacciarsi. Anche io ho fatto il ricercatore, ma nessuno mi ha mai affidato ingenti somme per raccogliere “informazioni”, Vincenzo Brandi

 

AMNESTY E LE PARCHE FACILITATRICI

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MONDOCANE

VENERDÌ 3 MARZO 2017

(Con un intervento in calce di Enzo Brandi e Stefania Russo)

Andiamo indietro almeno fino alla guerra contro la Jugoslavia e vedremo come ogni crimine di guerra, ogni crimine contro l’umanità, ogni crimine di aggressione economica, sanzioni, embargo, blocco, diretti contro paesi sovrani, indipendenti, liberi, che si difendono contro i tentacoli della piovra imperialista, essenzialmente Usa, Israele, UE e Nato, vengano preceduti e, dunque, facilitati dall’intervento di Amnesty International, Human Rights Watch (quella di Soros) e Save the Children, le tre sedicenti organizzazioni per i diritti umani di matrice angloamericana. Sono loro le tre Parche, o, per i Greci, Moire, figlie depravate di Zeus e Temi, che pretendono di governare vita, destino e morte degli umani. Al loro seguito formicolano altre entità minori con il compito di rafforzare, a livello tecnico e di categoria, l’impatto delle operazioni propagandistiche delle tre sorelle del crimine umanitario organizzato, tipo Avaaz, Medici Senza Frontiere, Reporter Senza Frontiere.

Alle origini e al vertice hanno tutti gente che una persona perbene non toccherebbe con una pertica. Il Kouchner di MSF, sodale del filosofo sguattero  Henry Levy e agitprop della guerra dei briganti UCK contro la Serbia; il Robert Ménard di RSF, che sostiene la tortura, lavora con il terrorista anticastrista Otto Reich, viene pagato dalla Cia e si permette di dare la classifica delle libertà di stampa; Tom Perricello, deputato democratico e fautore dell’attacco all’Afghanistan e Tom Pravda, consulente del Dipartimento di Stato, più una spruzzatina di Wall Street, a capo dell’agenzia di raccolte firme e schedatura dei farlocconi Avaaz, fondata da MoveOn, la piattaforma di ogni perfidia imperialista.

Una mazzata al cerchio e un buffetto alla botte

Entrano in campo quando il gioco si fa duro e i loro mandanti, che sono storicamente e tuttoggi i poteri dello Stato Ufficiale, stavolta in sintonia con quelli dello Stato Occulto: Dipartimento di Stato Usa, Pentagono, Wall Street, National Endowment for Democracy, USAID, Cia e servizi dell’Intelligence atlantica. Per provarlo bastano le figure apicali, in gran parte provenienti da quegli ambienti, tipo Suzanne Nossel, già braccio destro di Hillary Clinton segretaria di Stato). Si rendono credibili, presso i meno dotati di memoria e discrimine, con alcune denunce indirizzate anche ai governi amici, quelli della sedicente “comunità internazionale”, e alle sue appendici, da Israele ad Arabia Saudita, dal Messico al Sudcorea. Perlopiù quando i fatti esposti risalgono a tempi impolverati, o sono di un’evidenza plateale o, comunque, non turbano gli obiettivi strategici della fase perseguiti dagli sponsor maggiori. Colpo di maglio al cerchio nemico, tiratina d’orecchi alla botte amica. E grazie a questi interventi che riescono a prendere alle spalle molti dabbenuomini e a dar credito ai portatori d’acqua dell’imperialismo bellico che si fanno passare per portavoce del pacifismo, dei diritti umani, delle masse oppresse. Nel milieu li chiamerebbero “infami”. Un esempio dalla marca italiota: “il manifesto”.

Amnesty, apripista dei necrofori

Dicevo quando il gioco si fa duro. Prendiamo Amnesty, freneticamente attiva in questi giorni sulla Siria. Prima, la ributtante truffa di “Caesar”, anonimo diffusore di migliaia di foto di cadaveri, in parte torturati, attribuiti tutti alla follia omicida di Bashar el Assad. Naturalmente niente nomi, niente fonti  identificabili e, poi, la scoperta che almeno metà dei corpi appartenevano a militari siriani caduti in battaglia. Poco dopo, l’altrettanto ridicolmente anonima denuncia dello strangolamento nelle carceri siriane di un numero tra i 5000 e i 13mila (sic!) detenuti. Infine, di queste ore, un virulento attacco a Russia e Cina per aver opposto il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che riesumava la logora e mille volte smentita accusa che Damasco avrebbe utilizzato armi chimiche. Accusa, totalmente priva di prove, ma fatta sgocciolare anche un pochino sui ”ribelli”, in modo che la così dimostrata “imparzialità” renda credibile la colpevolezza dell’unico imputato visibile e identificabile e, magari, trascinabile davanti al Tribunale Penale Internazionale (quello che finora ha incriminato esclusivamente imputati dalla pelle nera). Cerchiobottismo sbilanciato.

Si ricorderà che fin dal 2013 le potenze attaccanti avevano cercato di convincere Obama che Assad aveva oltrepassato la famosa “linea rossa”, quella fissata da Washington relativa all’uso di armi proibite. Venne fuori che quell’attacco chimico era stato lanciato da Est Ghouta, area in mano ai mercenari addestrati e pagati dalla Nato e dai suoi soci del Golfo. Fu l’intervento russo a bloccare Obama (il masskiller maggiore tra i presidenti Usa), sia dimostrando quanto sopra, sia ottenendo che Damasco si disfacesse del suo arsenale chimico (restando inerme davanti a Israele, nemico di sempre e potenza nucleare, oltreché biochimica). A bloccare nell’imbarazzo Obama ci furono anche le successive prove, documentate da video e dalle vanterie degli stessi terroristi, di materiali per ordigni chimici forniti ai mercenari da Turchia e Arabia Saudita. Memorabile un video, subito virale, in cui miliziani di Al Qaida mostrano la rapida agonia tra convulsioni di conigli irrorati da sostanze che, così dichiaravano orgogliosi, sarebbero state poi utilizzate contro chi si opponeva alla jihad. 

Amnesty apripista neocon-radicalchic

Il virulento dinamismo antisiriano di questi giorni coincide con una serie di sviluppi imprevisti e che tutti dovrebbero, nelle intenzioni di Amnesty e compari, favorire il partito della guerra, messo momentaneamente in crisi da un neopresidente indifferente alla permanenza di Assad, ma forse deciso a passare dalla finta guerra di Obama, turchi e sauditi contro i propri mercenari Isis e Al Nusra, a quella vera e totale, magari d’intesa con i russi. Anatema! Verrebbe meno lo spauracchio russo con il quale gli spodestati dalle elezioni Usa, dando fondo a una delirante, forsennata, isterica russofobia, cercano di coagulare lo schieramento Usa e internazionale neocon-radicalchic, dalla Cia, attraverso il machofemminismo, ai liberal e al “manifesto”, nella strategia che ne ha finora garantito i superpoteri e i superprofitti.

I curdi, cari ai radicalchic e mercenari di tutti

La situazione siriana sta sfuggendo di mano. Anche quella irachena, nonostante l’arrivo di sempre nuove truppe Usa che tentano di imbrogliare la matassa e impedire una riunificazione dell’Iraq di cui la liberazione di Mosul, per merito quasi esclusivo dell’esercito di Baghdad e delle Unità di Mobilitazione Popolare, fortemente antiamericane, potrebbe essere la condizione decisiva. In Siria Aleppo è liberata, Palmira è stata ripresa, Raqqa è sotto tiro dei bombardieri russo e dei missili siriani. Vendutisi agli Usa che gli hanno promesso il controllo su un quarto di Siria araba, gli opportunisti curdi YPG di Kobane (vero nome Ain al Arab), compiuta la pulizia etnica nelle zone arabe strappate allo Stato, sono ora in difficoltà davanti alla spinta su Manbij da parte dell’esercito turco, in parte travestito da Free Syrian Army (organismo nato morto e ora resuscitato da Erdogan per far passare per ribellione siriana la propria invasione-occupazione di vasti territori siriani). E, campioni di piroette, a dispetto di come vengono celebrati dai subimperialisti liberal nostrani, sono ritornati sotto lo scudo siriano. Insidiati da turchi e presunte milizie ribelli, con gli Usa paralizzati nella tagliola tra manipolazione dei curdi in funzione spartitoria della Siria e alleanza in Nato con i turchi, sono tornati ad affidare la difesa di Manbij, nordovest siriano, alle truppe dell’Esercito di Damasco.

Grande è la confusione, ma la situazione non è ottima

Bravi i russi, ma troppi partner

E i russi? A Palmira le forze speciali russe hanno guidato le truppe siriane alla riconquista del patrimonio mondiale archeologico. La storia e tutti noi gliene rendiamo infinito merito.  Ma il disagio della girandola tra doppie e triple alleanze colpisce anche loro. Stanno con Erdogan perché dice di voler colpire l’Isis, che pure è la sua progenie neanche tanto bastarda, ma non possono non capire che a Erdogan preme impedire che i curdi siriani si approprino di territori siriani che il sultano rivendica al suo futuro ottomano. E stanno con Damasco che rivendica sacrosantamente il recupero dell’intero territorio nazionale, respinge al mittente la costituzione federale proposta da Mosca con l’occhiolino ai curdi. Ma l’alleanza con uno totalmente privo di scrupoli etici e politici, come il despota di Ankara, vacilla e chissà  se lo zuccherino del gasdotto Turkish Stream, dal Mar Nero a Smirne, non si scioglierà al sole risorto dell’antica e più naturale fratellanza musulmana (antiscita) e atlantica.

Ecco che la forbice della Parca Amnesty, che recide quanto intralcia il cammino dell’Impero, riappare brillante nei cieli del Medioriente. Accompagna e segue i passi di un vessillifero di coloro che il pericolosamente imprevedibile Trump ha messo in ambasce: John McCain, feldmaresciallo neocon, intimo dei caporioni jihadisti,  nella Commissione Forze Armate del Senato, volto disumano di Amnesty e affini, riappare tra le bande naziste a Kiev e subito dopo tra i terroristi in Siria. L’intendenza, cioè Amnesty e le altre, seguono. La strada di Trump, per quanto questa variabile bislacca si dia da fare, sotto la micidiale e ricattatoria pressione dello Stato Profondo, a ricuperare consensi nell’apparato militar-industriale, non è la loro. Che sa di Russia delenda est e odora di fungo atomico. Una strada spianata non tanto dalle chiacchiere di Trump sul budget militare, quanto dai tre trilioni effettivamente spesi da Obama nelle sue sette guerre e nel trilione da lui stanziato per l’ammodernamento dell’arsenale nucleare.

Le Parche e il loro cursus honorum

Ricordate quando si trattò di far fuori la Libia? Chi lastricò la strada ai tagliagole e ai missili Nato? Amnesty martellava il colto e l’inclita con inesistenti bombardamenti di Gheddafi sul proprio popolo. Human Rights Watch vedeva rivolte di massa a Tripoli dove tutto il popolo stava schierato con il leader. Attraverso il buco della serratura aveva spiato inenarrabili sconcezze nella reggia d’oro del Rais. Save che Children farneticava di viagra distribuito da Gheddafi alle sue truppe perché con più vigore potessero stuprare le donne e i bambini che pur difendevano dall’aggressione. Sempre  HRW aveva randellato l’opinione pubblica mondiale con la storia delle 2000 donne stuprate dai gheddafiani dalle parti di Bengasi. La fonte era una cittadina della città che diceva di averne le testimonianze scritte. Rintracciata dai reporter non marcati HRW, non ne seppe indicare una. E le testimonianze scritte non si trovavano più. Ma intanto la Libia era stata fatta a pezzi. Senza il buon lavoro di Amnesty e delle altre, forse non sarebbe andata così e la Libia sarebbe ancora viva. Sono poche paginette di cento tomi di nefandezze.

Egitto liberato e il missile Regeni

Negli ultimi due anni, quelli trascorsi da quando una sommossa di popolo e 22 milioni di firme avevano destituito il despota Morsi, Fratello Musulmano, fustigatore di infedeli a forza di Sharìa e piromane di chiese copte, dunque cugino dell’Isis (che avrebbe poi lanciato all’offensiva terrorista nel Sinai), le tre Parche sono entrate in overdrive(moltiplicatore di velocità). Su un Egitto laico e indipendente, potenza guida del mondo arabo e africano, sfuggito alla morsa della Fratellanza, che da quasi un secolo si fa interprete degli interessi coloniali e neocoloniali dell’Occidente, protagonista degli sviluppi in Libia e, horribile dictu, sempre più vicino a Mosca e a Putin, si doveva andar giù pesanti.

Ed ecco che da Londra, da un oscuro groviglio imprenditoriale (Oxford Analytica) dedito allo spionaggio industriale e altro, diretto da pendagli da forca, spioni, inventori di squadroni della morte, creatori di provocazioni terroristiche (McColl, Young, Negroponte), arriva al Cairo l’emissario giusto, giovane, tipo Erasmus, cervello ahinoi in fuga, appassionato di sindacati. Deve capire che cosa, nelle viscere reazionarie e revansciste del paese, si stia muovendo contro chi pretende di far fare all’Egitto un salto di qualità, alimentato da enormi giacimenti di gas, da un quasi miracoloso raddoppio istantaneo del Canale di Suez, da una politica estera indipendente e creativa e dal consenso del popolo, a dispetto delle nequizie che ad Al Sisi attribuiscono gli atlantici, soprattutto del “manifesto”.

Falliscono  terroristi e marines? C’è sempre Amnesty

Roba da mandare in tilt il lungamente covato e in buona parte attuato progetto del Nuovo Medio Oriente, senza più ostici Stati sovrani nazionali, multietnici, multiconfessionali, laici., antisraeliani, riferimento degli antimperialistie anmticolonialisti . Ma Giulio Regeni si scopre, lo sgamano, risulta bruciato. Va sacrificato. I suoi  datori di lavoro in Inghilterra si nascondono. L’ordigno anti-Al Sisi si scopre bagnato. Perfino “Il manifesto” non sa più che dire. E’ chiaro che tutti ormai sanno chi fosse e cosa fosse andato a fare. Il plusvalore che ci si attendeva dal “martire dei diritti umani” per farne, insieme ai terroristi Isis del Sinai, il lanciafiamme di un’operazione di satanizzazione del reprobo arabo, si volge in imbarazzato silenzio. Amnesty, per ora, non porterà via il gas né all’Egitto, né all’Eni (come sognato da Exxon-Total, BP, Shell, ecc.). Ma, operando di conserva con  i Fratelli Musulmani-Isis, almeno gli ha portato via il turismo, seconda voce delle entrate statali. Dovrà finire in ginocchio. Protagoniste dell’operazione, le Parche. Quelle che entrano in campo quando si tratta di revisionare e mettere a punto la macchina della guerra imperiale. Che ora corrono in soccorso a jihadisti e marines in Siria. Davanti a tutte, quella con la forbice che recide i fili. Amnesty International. Con il “manifesto”, rappresentante in terra delle figlie di Zeus,  che aiuta a reggere la forbice.

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Di Enzo Brandi e Stefania Russo

Ad Amnesty International Italia

Con il vostro Comunicato CS 028 – 2017 diffuso il 1° marzo, dopo aver genericamente parlato di inchieste sull’uso di armi chimiche riguardanti “tutti gli attori coinvolti nel conflitto in Siria”, rivelate, dalle parole della stessa Tadros,  il vero scopo del comunicato: attaccare il governo siriano impegnato da 6 anni in un durissima battaglia contro orde di terroristi e mercenari etero diretti dall’esterno che hanno il compito di distruggere e smembrare quello sfortunato paese; e attaccare nel contempo Russia e Cina colpevoli di volerlo salvare. Grazie ai loro veti infatti si è evitata la legittimazione di una ennesima aggressione “umanitaria”  da parte della Nato contro un Paese sovrano, come successo nel marzo del 2011 contro la Libia,  le cui conseguenze devastanti sono oggi sotto gli occhi di tutti!

Anche allora avete fornito al “mondo” utili coperture propagandistiche per giustificare bombardamenti e attacchi militari, accusando Gheddafi di orribili stragi di civili e stupri di massa ottenuti distribuendo fiumi di Viagra ai soldati governativi, salvo poi riconoscere, a distruzione del paese avvenuta, che si trattava di fatti non provati o falsità evidenti.

Riguardo alla Siria, avete sponsorizzato una mostra fatta di foto di cadaveri torturati anonimi, di cui  non era possibile accertare identità e circostanze della morte. Foto attribuite a un fantomatico agente siriano “Caesar” di cui non siete stati in grado di fornire né il nome né altre indicazioni, alimentando il generale sospetto che si tratti di pura invenzione.

In altra circostanza avete pubblicato dossier attribuibili all’opposizione armata terrorista e jihadista siriana, in cui si parla senza prove del fantomatico numero di 13.000 impiccati- tutti rigorosamente anonimi – nelle carceri siriane.

Siate certi che queste “informazioni”, prive di riscontri e caratterizzate da una evidente faziosità, sono accolte da un numero crescente di cittadini con sempre maggiore scetticismo, e sempre un maggior numero di persone apprezza il comportamento di Russia, Cina e altri Paesi. Grazie a loro la Siria, malgrado gli attacchi e la devastazione da parte di migliaia di mercenari armati, addestrati e finanziati dalle petromonarchie e dall’impero Usa, è riuscita a difendere e mantenere la sua integrità e sovranità.

Ripensateci ed agite con maggiore responsabilità e dignità.

Cordiali saluti

Vincenzo Brandi, Stefania Russo della Rete No War Roma.

COMUNICATO STAMPA  Amnesty International Italia
CS028-2017

SIRIA, ALTRO VERGOGNOSO VETO DI RUSSIA E CINA AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

Russia e Cina hanno per l’ennesima volta usato il loro potere di veto all’interno del Consiglio di sicurezza per bloccare, il 28 febbraio, una risoluzione che avrebbe contribuito ad accertare le responsabilità per l’uso e la produzione di armi chimiche da parte di tutti gli attori coinvolti nel conflitto in Siria.

“Ponendo il veto alla risoluzione, Russia e Cina hanno mostrato un palese disprezzo per la vita di milioni di siriani. Entrambi i paesi fanno parte della Convenzione sulle armi chimiche e anche per questo non c’è alcuna scusa per il loro comportamento”, ha dichiarato Sherine Tadros, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le Nazioni Unite.

“Da sei anni la Russia, sostenuta dalla Cina, blocca le decisioni del Consiglio di sicurezza riguardanti il governo siriano. Questo atteggiamento impedisce la giustizia e rafforza la tendenza di tutte le parti coinvolte nel conflitto a ignorare il diritto internazionale. Il messaggio della comunità internazionale è che, quando si parla di Siria, non esiste alcuna linea rossa”, ha aggiunto Tadros.

Dall’inizio della crisi siriana, la Russia ha fatto ricorso per sette volte al diritto di veto. La risoluzione del 28 febbraio proponeva sanzioni nei confronti di singole persone collegate alla produzione di armi chimiche in Siria e un embargo su tutti i materiali che potrebbero essere usati per produrle in futuro.

La proposta su cui Russia e Cina hanno posto il veto faceva seguito alla risoluzione 2118 del settembre 2013, redatta da Russia e Usa, che impone misure sulla base del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite sul “trasferimento non autorizzato di armi chimiche e su ogni uso di armi chimiche, da parte di chiunque, nella Repubblica araba siriana”.

Nell’agosto 2015 il Consiglio di sicurezza aveva anche adottato all’unanimità la risoluzione 2235, che aveva istituito un Meccanismo d’indagine congiunto per identificare i responsabili degli attacchi con armi chimiche in Siria. Da allora, il Meccanismo è giunto alla conclusione che tanto il governo siriano quanto il gruppo armato Stato islamico hanno compiuto attacchi con armi chimiche.

“Il vergognoso atteggiamento della Russia è un ulteriore esempio di come Mosca usi il potere di veto per garantire al suo alleato, il governo siriano, che eviterà di subire conseguenze per i suoi crimini di guerra e contro l’umanità. Ora è di fondamentale importanza che il neo-nominato segretario generale Onu e gli stati membri del Consiglio di sicurezza agiscano con fermezza quando alcuni stati impediscono l’approvazione di risoluzioni per impedire o porre fine a crimini di guerra. Il Consiglio di sicurezza è diventato un luogo in cui fare sfoggio di posizioni politiche e il popolo siriano ne sta pagando il prezzo definito”, ha concluso Tadros.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 1 marzo 2017

Per interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361, e-mail: press@amnesty.it

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:47

GIULIETTO E I GIOVANI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/03/giulietto-e-i-giovani.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 1 MARZO 2017

Vi inoltro il link a un intervento di Giulietto Chiesa sulla sua Pandora TV, arrivatomi da un sagace interlocutore sul mio blog, corredato a un certo punto di un suo sorprendente tributo alla campagna anti-rete in atto in tutto l’Occidente, sui main stream media in ansia che la rete possa rivelare la dimensione del loro menzognificio, da noi portata avanti dalla più scrausa categoria giornalistica del Continente e tradotta in iniziativa parlamentare contro i criminogeni Fake News della rete dalla coppia di vestali del potere Boldrini-Gambaro.
 Giulietto Chiesa e Michael Gorbaciov, il salvatore del mondo dall’URSS. Giulietto è copresidente della Fondazione intitolata al venditore di pizze perestroikate. Pizza e fichi, per dire.
Il saggio parlato di Giulietto sui giovani di oggi, tout court, è segno della formidabile eccellenza delle facoltà analitiche dell’illustre personaggio, che, come insegnano ricerche e sondaggi del più alto livello, pratica quella che è la classica generalizzazione da bar da parte di avventori, anche un po’ alterati dai consumi, sullo stato delle cose del nostro mondo, passando dagli arbitri cornuti alle donne tutte puttane tranne mamma e sorella, alla signora mia non ci sono più le mezze stagioni. Il bersaglio su cui si esercita la tormentata e desolata oratoria dell’illustrissimo giornalista de L’Unità, La Stampa, Radio Liberty e Rand Corporation, sono i giovani di oggi, carnefici e vittime, vuoti, vuoti, vuoti (tre volte vuoti), una disastro biologico, una catastrofe genetica, un’apocalisse morale, uno sprofondo culturale. 
Suggerimento: visto come stanno queste cose, le speranze di un riscatto sono affidate a cherubini, serafini e troni. A noi non resta che spararci, o, se dotati di responsabilità sociale, piuttosto sparare all’intera generazione di bamboccioni farlocchi, vuoti, vuoti, vuoti.
Due salvatori del mondo dall’URSS
Ma poi Giulietto non è che fa affermazioni apodittiche, basate sul nulla, o al massimo su una velina Usa come quelle che attribuiscono il crollo delle Torri Gemelle e il buco nel Pentagono a 19 piloti dirottatori sauditi che, dalle scuole di volo per deltaplani, ultraleggeri e Piper, sono scaturiti  eccelsi virtuosi del pilotaggio acrobatico di Boeing 747. Macchè, Giulietto ci fornisce la prova provata di tanta sciagura generazionale. Si tratta di un dato universale e inconfutabile, degno di Medical Science, Lancet, Nature e affini vertici della letteratura scientifica internazionale. Nientemeno che la similcopia social di uno dei più approfonditi reportage della nota trasmissione antropologica “Le Iene”. Quella in cui una para-iena, ottimamente corredata di strumenti di ricerca, analisi e calcolo, intervista un campione di giovani, in un luogo deputato a rappresentarli tutti, che più rappresentativo del mondo adolescenziale contemporaneo proprio non si può.
Come Giulietto guarda ai giovani
 
Vedere per credere. Vi renderete anche conto della perizia e lungimiranza con cui il nostro maestro della comprensione di natura e problematiche giovanili è capace di attirare i giovani a entusiasmarsi a Pandora TV.
E poi non dite che non promuovo i frutti del lavoro intro- ed extraspettivo del grande giornalista.
Fulvio
 

QUALE PARTITA DEI RUSSI IN SIRIA?

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/02/quale-partita-dei-russi-in-siria.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 23 FEBBRAIO 2017

ll meraviglioso inciucio Cia-neocon-Pentagono-radicalchic-dirittoumanisti che Donald Trump ha avuto il merito – tra i tanti suoi andirivieni – di portare alla ribalta, peraltro esclusivamente in virtù della sua non partecipazione allo tsunami russofobo su cui si basano almeno trent’anni di imbandigioni e festini della classe dirigente euro-atlantica, pare aver di fronte una Russia che, come la mia Fiorentina, insiste col possesso palla, ma poi resta frastornata davanti alle ripartenze dell’avversario.

Cari amici e interlocutori, affezionati come me al ruolo di contenimento, se non di contrasto, che la Russia di Putin svolge nei confronti del bellicismo delirante dello Stato Profondo attivo negli Usa, sembrano non voler vedere le difficoltà che Mosca sta avvertendo e soffrendo. Difficoltà che si accentueranno una volta che la variabile impazzita Trump sarà stata spazzata via e che l’apparato atlantico-liberal-pseudosinistroavrà ripreso il controllo di una situazione da mantenere costantemente sul filo altamente remunerativo della tensione con la Russia – provocazioni Nato dirette e da far condurre ai subalterni europei – se non sia quel campione degli scacchi che sa prevenire o neutralizzare ogni mossa avversaria ha un che di apodittico, quasi  religioso.

Temo invece che l’assalto frontale diretto contro la Russia e contro chi osa mettere in discussione il carattere malvagio di Putin e di tutto un popolo che lo supporta all’80% stia provocando esitazioni ed incertezze sul piano tattico, con possibili esiti controproducenti su quello strategico.Temo che sia poco avveduto diluire la propria azione di rivendicazione e in difesa delle giuste ragioni che in questi anni si sono sostenute, di fronte al radicalismo estremista con cui la coalizione sinistro-destra occidentale attacca (si pensi che, opponendosi a Trump, per la “sinistra” e il manifesto, perfino John McCain, il padrino di Al Baghdadi e dei nazi di Kiev, è diventato un “compagno di strada” che nemmeno sbaglia).

A chi arriva la testa mozza di un maiale, a chi quattro cadaveri di ambasciatori

Questi non si fermano davanti a niente. Hanno sacrificato 3000 dei loro il’11 settembre e fatto sparire almeno 3 milioni di umani dal 1991. Questi sono quelli di Abu Ghraib. Questi pubblicano rapporti del Senato sulle loro stesse torture, tanto nessuno, tantomeno Amnesty e consorelle, ci fa caso. Sono un branco di belve che, assaporato sangue in Afghanistan, Libia, Siria, Iraq, Yemen, non si sognano di rinunciare al banchetto grosso. In tre mesi sono morti 4 alti rappresentanti dell’establishment russo all’estero. Novembre 2015: Mikhail Lesin, fondatore dell’odiatissima, perché anti-fake news, tv russa in inglese RT e consigliere di Putin, muore in un albergo di Washington. L’autopsia rivela un forte trauma cranico, le indagini si fermano lì. Gennaio 2017: diplomatico russo in Grecia viene trovato morto nel suo bagno. Nessuno apre un’indagine. Sempre a gennaio Alexander Kadakin, ambasciatore russo in India (paese che gli Usa vogliono strappare al Patto di Shanghai e perciò attivano ondate di terrorismo nel nemico Pakistan, che solo un Emanuele Giordana del manifesto riesce ad attribuire ai Taliban) muore di infarto. Non aveva mai sofferto di cuore. A dicembre 2016 viene ucciso Andrej Karlov, ambasciatore russo ad Ankar. e principale artefice del riavvicinamento turco-russo. Totale, scandalosa assenza di misure di sicurezza. I servizi segreti turchi sono tuttora integrati alla Cia. Giorni fa muore, di nuovo d’infarto, senza aver mai segnalato problemi cardiaci, un assoluto protagonista della diplomazia mondiale: Vitaly Chirkin, autorevolissimo e rispettato ambasciatore russo all’ONU, che era riuscito a far passare al Consiglio di Sicurezza la mozione per la tregua in Siria.

Ambasciatori che portano pena

Tutti questi decessi, così ravvicinati, sono avvenuti fuori dalla Russia.Tutte le vittime erano protagoniste di iniziative diplomatiche favorevoli alla riduzione delle tensioni e a buoni rapporti della Russia con gli Usa e il resto dellì’Occidente, con Grecia e Turchia in particolare. Intollerabile nella visione delle cose dei neocon cum Cia et sinistera sinistra. Come corredo ai sacrosanti dubbi che una storica macchina assassina come gli Usa e USraele deve suscitare, c’è il contributo alla morte di Churkin offerto dalla talmudista Sarah Kenzior, una dai neocon acclamata “esperta di Stati autoritari”, nota per le mediocri storie horror sui nazi razzisti di Trum nascosti sotto il letto: Churkin sarebbe stato ammazzato da Putin, o dal suo fantoccio americano Flynn, perché sapeva troppe cose circa l’agente KGB in sonno Donald Trump e avrebbe potuto rivelarle. Non ridete: negli Usa le fake news sono quelle che scriviamo noi. Peccato che Churkin aveva documentato di aver incontrato Trump solo due volte, trent’anni, fa in occasione di incontro tra uomini d’affari.

Alla paranoica aggressività del fronte di guerra, la Russia risponde con avvedutezza diplomatica, ma anche con reticenze e ambiguità che richiederebbero chiarimenti e che vorrei proprio poter attribuire ad accortezza e lungimiranza. L’unica reazione decisa alle provocazioni di Nato e Poroshenko mi è sembrata quella del riconoscimento da parte delle autorità russe dei passaporti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk e degli altri documenti la cui assenza aveva privato quei cittadini di ogni status giuridico: certificati di nascita, patenti, targhe, eccetera. E un piccolo passo verso il riconoscimento delle repubbliche, contro gli accordi di Minsk e contro la finora avallata integrità territoriale dell’Ucraina.

Le situazioni contradditorie si evidenziano soprattutto in Medioriente. Intanto il vertice Astana 2 Russia-Iran-Turchia-Opposizioni,,in Kazakistan è stato fatto fallire fallito con lo schiaffo dato a russi e iraniani da turchi e opposizioni siriane a con il loro arrivo in ritardo tale da non potersi più approvare la dichiarazione prevista per l’incontro di Ginevra. Il che ci  dice qualcosa sul’intesa Putin-Erdogan. Altri schiaffi arrivano, brucianti, da Israele che continua a bombardare impunemente la Siria, e specificamente Damasco, ogni qualvolta i suoi ascari jihadisti si trovano in difficoltà. Ieri sono state colpite le installazioni militari sul monte Qalamoun che sovrasta Damasco, mentre l’Esercito Arabo Siriano stava ripulendo alcune sacche di terroristi nei sobborghi della capitale. Giorni fa l’esercito siriano è stato colpito da Israele sul Golan, nel governatorato di Quneitra. La Russia ha ritenuto opportuno avviare un dialogo con l’asse israelosaudita, gli israeliani fanno le loro nefandezze, Mosca tace. Cautela. Ok.

Erdogan si pappa pezzi di Siria e tu che fai?

Ma poi c’è la questione davvero surreale di una Russia partecipe della lotta di liberazione siriana, con Damasco che insiste correttamente sulla riconquista di ogni centimetro quadrato della patria, e di una Russia che affianca, insieme agli Usa, la penetrazione dei turchi del despota pazzo Erdogan in territorio siriano. Con il rischio che intorno alla strategica città di Al Bab, sotto controllo Isis, le due composite parti si trovino faccia a faccia, chi proveniente da Nord, chi da Sud. Intanto gli Usa che affermano di bombardare l’Isis unitamente a russi e turchi, sostengono i curdi che continuano a mangiarsi fetta dopo fetta della torta arabo-siriana, e i russi ancora brigano per riallacciare rapporti con quegli stessi lanzichenecchi degli Usa. Erdogan occupa oltre 2000 km quadrati di Siria, dichiara ogni due per tre che non intende lasciare i territori occupati, viola spudoratamente la sovranità siriana, per la quale la Russia è da tre  anni impegnata alla morte, militarmente, finanziariamente, politicamente. Con la sua faccia. Come è possibile condividere una simile situazione con i turchi, che evidentemente giocano una partita tutta loro e contro il popolo e governo protetti della Russia? Inesorabilmente qui casca l’asino.

Non ci si illuda che Erdogan sia sincero nella vantata guerra all’Isis, milizie da lui co-create, foraggiate, armate, addestrate, in combutta con Golfo e Nato. Il dissidio è strumentale, contingente, esibito. Domani e sotto sotto succedono altre cose. Se Usa e Turchia volessero far fuori questi loro apprendisti, li bombarderebbero, insieme ai russi, a Palmira e Raqqa, obiettivi per i quali si ha la sensazione che i siriani siano stati lasciati soli. Finora la coalizione a guida Usa ha essenzialmente distrutto infrastrutture e depositi cruciali della Siria e ha ovunque agevolato l’avanzata o, al peggio, la salvaguardia dell’Isis. Non ci si illuda neanche su Trump e variopinta combriccola. S’è visto al tempo dell’attacco alla Libia, quando all’ONU gli aggressori giuravano che si trattava di proteggere la popolazione con una no-fly-zone e basta, a cosa è servito illudersi.

Io voglio fare ogni sforzo per capire pesi e contrappesi, utile e dilettevole, pizza e fichi, geopolitica e il cortile di casa mia, locale e globale, morale e realistico, pragmatico e ideale. Ma su uno che per sei anni ha scatenato l’inferno sulla Siria e ora vorrebbe mangiarsene un pezzo, su uno che in faccia all’alleato russo, che pensa il contrario, spara “io entro in Siria per porre fine al ruolo di Assad”, non ci sto. Transigere qui significa aprire una falla nel rapporto di forze – oltreché nella giustizia – che quella apertasi nella diga della California è un rigagnolo. Poi cos’è questo silenzio davanti alle reiterate invocazioni trumpiane di “save zones” in Siria, dove ammassare profughi e sfollati. Non suona come la “fascia di sicurezza” in Siria proclamata da Erdogan? E poi questi tira e molla: quante volte Mosca ha annunciato ed effettuato il ritiro delle sue forze, la fine del suo intervento e quante volte è tornata in forze e ha ripreso l’intervento. Come se a Mosca ci fosse un tira e molla tra fazioni opposte. Spesso certe tregue sono servite a gettare un boccone di buona volontà nelle fauci di presunti amici,  impazienti avversari,  disinformatori e disinformati, mentre intanto i turchi rifornivano, riarmavano e i terroristi, bastonati, si rinfoltivano e riorganizzavano.

Infine la già vexata questio della Costituzione, che Damasco vuole unitaria e i russi propongono federale, come se spettasse a loro (ha commentato l’inviato siriano all’ONU), con dentro il seme di una spartizione che era nei lunghi piani imperialsionisti e che fa gorgogliare di saliva le bande curde, Ankara, Tel Avivi e petrosceicchi. E se il neo-capo Cia Pompeo è corso a Riad a dare la massima onorificenza della Cia “per la lotta al terrorismo” al principe ereditario saudita che, nell’armadio, ha centinaia di migliaia di cadaveri siriani, Mosca ha subito risposto con la prestigiosa Accademia delle Scienze russa che ha eletto Henry Kissinger suo membro “per meriti conseguiti con i suoi studi globali” (con i quali, tra le altre cose, dopo aver inserito l’America Latina, a forza di garrota, nel contesto Usa, ha fatto a Mosca il regalo di Maidan. Tra le motivazioni per il riconoscimento scientifico ci deve essere la scoperta di Kissinger, frugando tra gli effetti del terrore e delle guerre scatenati in tutto il mondo, che “il potere è l’afrodisiaco estremo” .

Più va bene per Mosul, più va male per Amnesty

Alla faccia di questi arcipelaghi di sconcerto e di dubbi, c’è la consolatoria certezza della vittoria irachena a Mosul. Si parlava, con cinico scetticismo delle misere capacità dell’esercito iracheno e delle sue Forze di Mobilitazione Popolare (interetniche, a dispetto di chi si ostina definirle scite) di fronte al troppo grosso oggetto del contendere (tra Isis, turchi, curdi e iracheni). Che ci sarebbero voluti mesi, anni. Mentre Mosul Est è già libera e ora si sta rapidamente avanzando su Mosul Ovest, al di là del Tigri, su cui tutti i ponti sono stati fatti saltare, dove già è stato preso il cruciale aeroporto. Dopo che le milizie popolari erano riuscite a bloccare il deflusso di mercenari da Mosul verso Raqa, sotto protezione aerea e delle Forze Speciali Usa, dopo che i peshmerga, pretoriani dei boss feudalmafiosi Barzani e Talabani, cari a Occidente e manifesto, erano scomparsi dalla scena, i 2000 jihadisti non potranno che vendere cara la pelle e farla saltare a quei civili che osassero tentare la fuga verso i liberatori.

E qui, pedissequamente ripetitivo, non poteva non entrare in campo l’intendenza delle armate bellico-mediatiche di Usa e Israele, composta dalle tre Moire, figlie della Notte per Esiodo, figlie dell’Impero per noi, figlie di zoccola per molti,  con in mano il filo della vita degli umani, da tessere o da recidere. Da tessere, al momento, quella dei mercenari nelle guerre surrogate, scatenate dal signore delle Moire. Da recidere, possibilmente quella di tutti gli altri. Si parla di Amnesty International, Human Right’s Watch e Save the Children, con associate Ong varie. Tutte benemerite vivandiere delle armate, già fattesi conoscere per le strampalate affermazioni sui 13mila strangolati da Assad, sui mercenari stupratori di Gheddafi, sulla pulizia etnica di Milosevic.  In perfetto sincronismo, ricevuto l’ordine del giorno dall’alto, hanno ripetuto le geremiadi sull’Aleppo votata al genocidio, zeppa più di bambini (evidentemente nati anche per partenogenesi) che di abitanti, con gli ospedali fracassati, la fame, la sete, le bombe-barile di Assad e il resto delle note puttanate. Stereotipamente, ma a voce resa altissima dall’eco offerta dai media unificati e dai soci di minoranza. Da noi, quelli scoperti, come Un Ponte per… e quelli travestiti, come “il manifesto”.

E non mancate di notare la coincidenza di questi rapporti su quanto di orribile gli iracheni faranno a Mosul Ovest, come iracheni, come sciti e come longa manus dell’Iran, con l’ammissione fatta dal Pentagono, dopo lunghi dinieghi, che, sì, è vero: sono state impiegate armi all’uranio contro l’Isis. Però in due occasioni soltanto. Contro le loro colonne di autocisterne. Due particolari a corredo: le colonne di cisterne col petrolio rubato ai siriani e iracheni e destinato al sultano Erdogan, le aveva bombardato solo la Russia, gli Usa se n’erano ben guardati; scienziati e medici  in Siria documentano che, invece, l’uranio è stato impiegato in lungo e in largo su tutto il paese che ora è irrimediabilmente contaminato, con in sorte quanto di raccapricciante io avevo visto nei bambini nati deformi e nell’incremento dei cancri del 100%, durante le mie visite in Iraq tra il 1991 e il 2003, e in mezzo anche in Serbia, dopo il passaggio di Bush, Clinton e Obama.

In fondo quei jihadisti che bruciano, annegano, crocifiggono sono esseri umani…

E’ tutto uno stracciarsi le vesti su cosa incombe sulla povera Mosul Ovest, sui civili, sui bambini, stretti nei loro vicoletti dove si può avanzare soltanto radendo al suolo ogni cosa animata e inanimata. Che quella gente, come quella di Aleppo e di tutti i centri abitati occupati dall’Isis, da tre anni subisce una sorte atroce, viene decimata per un respiro non esattamente integralista, per un mancato omaggio al califfo, per una radio ascoltata, per un televisore posseduto, per la punta di un naso mostrata, viene scuoiata, giustiziata in massa, stuprata nei matrimoni a ore, incendiata, tutto questo è passato in cavalleria. Il “male assoluto” delle depistatrice Hannah Arendt sta in chi è costretto a usare la forza per porre fine a tutto questo. La gioia, l’esultanza, la gratitudine manifestata ogni volta dai liberati ai loro liberatori non hanno il benché minimo rilievo cronachistico e tantomeno storico.

… anche rivoluzionari e sicuramente la Libia gli andava data in pasto (Rossana Rossanda)

E anche qui, in tutte le recenti occasioni create dallo Zeitgeist delle larghe e indiscriminate intese, comprese quelle che vorrebbero innalzare patiboli a Trump e scavare fosse ai “populisti”, il fronte è larghissimo e unisce neocon a pacifisti, servizi segreti e relativi squadroni della morte a dirittumanisti, neoliberisti e libertari, fautori del pubblico e fautori del privato. Il fenomeno può sorprendere qualcuno per la sua tracotante e spudorata visibilità, ma vi assicuro, parte da molto lontano. Pensate a quando Rossana Rossanda, ancora in capo al “manifesto”, strappò le orecchie all’onesto inviato a Tripoli, Maurizio Matteuzzi, che aveva osato, alla vista delle cose reali, di contrastare la narrazione imperial-talmudista-rossandiana del Gheddafi brutale dittatore e dei rivoluzionari democratici che avrebbero dovuto essere sostenute da brigate internazionali come quelle di Spagna. Tocco poi a noi farlo, con le immagini e le voci, e ne ricavammo anatemi.

Oggi, nel “manifesto” che è quello che è, la ragazza del secolo torna a ciabattare gossip e pontificare astruserie contemplative dagli agi di Parigi. E’ sempre quel “manifesto” che a noi, radical–non-chic del ’68-’77, parve da subito un’abile tentativo di pompieraggio: Gli Usa non vogliono il PCI in area potere? Ok, lo spacchiamo. Ma vediamo anche di non dare troppa corda a questi che vogliono fare la rivoluzione, addirittura battendosi in piazza. Un “manifesto” oggi tutto lustrato, orgogliosamente patinato e per niente più finto pauperistico, senza più angustie da mancanza di fondi (toh!) che, in odio ai populisti tutti, s’è fatto addirittura John-McCainiano, perché il vecchio tirapiedi degli armieri guida le turbe contro Trump; e addirittura palazzinaro, perché Raggi e Grillo non vogliono l’eco-esteto-socio-catastrofe a Tor di Valle; e perfino pro-uberiano, visto che la sindaco/a è scesa in piazza a sostenere la vandea tassinara che non accetta di dover sottostare a regole di cui la liberalizzazione (dalla “lenzuolata” di liberalizzazione del neo-rossastro Bersani, alla totale liquidazione dell’industria manufatturiera italiana, fino alla distruzione dell’Alitalia privatizzata) concede l’esenzione agli amici degli amici.

Ragione di più per stare con Raggi (tanto più ora che lo scempio di Tor di Valle pare evitato) e con i tassisti e contro chi li picchia con mazze o parole. Quanto a Trump si vedrà. Dall’altra parte, comunque, insiste a manifestarsi di peggio. E diciamo anche che chi piange su Mosul in corso di liberazione dimostra una volta di più di essere al servizio di coloro che i jihadisti li hanno creati, mandati e che continuano a usarli. A partire dall’infinitamente amata e compianta Hillary Clinton. Hai voglia a chiamarti “quotidiano comunista”

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:58

USA-BRUXELLES-ROMA: COLPO SU COLPO. DI STATO

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/02/usa-bruxelles-roma-colpo-su-colpo-di.html

MONDOCANE

DOMENICA 19 FEBBRAIO 2017

“Lo strumento più potente in mano all’oppressore e la mente dell’oppresso”. (Stephen Biko)

Qualcuno, edulcorando, usa l’eufemismo “post-democrazia”. Per non ammettere che è post-nazismo. Nel senso di nazismo senza camicie brune e senza sostegno di masse consenzienti, ma con sostegno di masse abuliche. E’ il dato che emerge da tre capitali che, una volta di più, unisce in unico progetto globale il pianeta Usa al satellite UE e all’asteroide Italia. Colpi di mano antidemocratici avvolti nella stagnola della menzogna e dell’inganno.

La cavalla di razza di Soros e i suoi puledrini

Fattasi, come la Botteri in Kosovo e poi in Iraq per la Rai, ossa sorosiane come promotrice UNHCR dello spopolamento di paesi da svuotare delle sue energie migliori, da poi far fruttare nel mondo neoliberista a costi ridotti, e della destabilizzazione dei paesi di accoglienza, promossa perciò a giustiziera della democrazia parlamentare a forza di ghigliottine e “canguri”,
Laura Boldrini ha aggiunto un altro credito al suo percorso di palafreniera di alcuni cavalieri dell’apocalisse. Quel che stentatamente sopravvive di pretese sinistre nel ginepraio atlantista-neoliberista-mafioso-massonico denominato PD, sta per lasciare un partito che a ogni impennata renziana perde qualche milione di voti. Boldrini, coppiera dei potenti in odore di santità, corre in soccorso.

Piccoli farlocchi sinistri vorrebbero crescere e salivano famelici alla vista degli spazi fatti intravvedere dai 20 milioni di NO al referendum costituzionale. Ma per questi già si arabattono e divorano tra di loro una muta di altri botoli sedicenti di sinistra (grande è il marasma nel “manifesto” su chi eleggere a “vera” sinistra). Compreso il pelouche spelacchiato che insiste a chiamarsi “L’altra Europa con Tsipras”, mentre il suo “editore di riferimento”, uomo-Troika per far fuori una Grecia come neanche persiani, turchi, italiani e tedeschi, abbraccia a Kiev Poroshenko, le cui brigate neo-SS stanno nello stesso momento sterminando donne e bambini in Donbass. Da uno che è andato in Israele a offrire il suo paese alle voglie depravate di Tsahal e Mossad non c’era nulla di diverso da aspettarsi.


Il problema è che quelli spazi sono già in significativa misura occupati dai 5 Stelle, anche perché di ciò di cui si vantano di essere vessilliferi i detritini “di sinistra”, ma che hanno gettato alle ortiche, si è fatto carico quel Movimento. Compresa la lotta alla guerra, all’UE e alla Nato, di cui, prudentemente, non c’è menzione alcuna nei programmi dei detritini,. Ed è qui che entra in campo la parca che si vuole presidenta e come tale ha azzannato e azzoppato sistematicamente quei 5 Stelle quando hanno provato a ristabilire in aula quanto la Costituzione dispone. Infrantosi il puntello SEL alla Vandea renziana, eccola sulla linea di partenza con Giuliano Pisapia. Altro SEL riciclatosi nella gloriosa impresa renziana dell’Expo e nel tonitruante voto SI allo sfascio della Costituzione. Fingersi di sinistra, insieme a fuorusciti di varia estrazione, Bersani, D’Alema, mezzo SEL che sia, per annichilire gli eventuali gnomi da giardino con cappuccio rosso, da Fassina a Ferrero e ai tsiprasiani. Ma soprattutto, per risparare sui 5 Stelle il napalm già lanciato dal PD, ma che, anziché incenerire il bersagli, è al lanciatore che ha scottato le dita.

E’ golpe una campagna di assassinii politici a forza di fango?

Rastrellare cani e porci contro chi ha dietro la maggioranza dei liberi elettori e utilizzare ogni mezzo sporco, compresa un’informazione al 99% falsa e bugiarda, non è ancora colpo di Stato. Ne è una tappa.
Da noi, caduto in obsolescenza quello dei Di Lorenzo e Borghese, esauritosi l’altro del duo mafia-Servizi nei primi anni ‘90, fatta la pelle a Mani Pulite con tangentopoli, servizi e mafia, i detentori Usa del brevetto ne hanno subappaltato il copyright a Napolitano che lo ha via via perfezionato, fin dai tempi della caduta del cacicco pornomane. L’accelerata in atto, invisibile solo a chi crede che nei partiti, nell’intellettualità di corte, nei media di regime, in Vaticano, nella magistratura, nella scomposta caciara dei “nuovi soggetti di sinistra”, campino integrità, competenza ed etica e, dunque, una speranza di sopravvivenza nazionale, ha per taglio del nastro il Campidoglio e gli onesti confusionari della giunta comunale. Che subiscono un bombardamento di nequizie, frottole e intrighi che nessun vietnamita, libico, o abitante di Dresda, vorrebbe sostituito a quanto a suo tempo gli stessi sponsor dei bombaroli attuali gli avevano riservato.

Se a quegli sprovveduti di amministratori romani riuscisse anche solo la chiusura di una buca, il percorso puntuale di un bus, una casa popolare, un taglio drastico all’ecomostro di Tor di Valle, per gli altri suonerebbe la campanella di fine corsa nazionale. Ecco perché non si può procedere con le regole dei padri fondatori, dell’etica, dell’onestà. Il fine della messa in sicurezza del magna magna nazionale, di Cia, Mossad, Nato, Rothschild, Merkel, Juncker, Draghi, JP Morgan, Messina Denaro e Piromalli, giustifica i mezzi. Giustifica che, riuscendo agevolmente a mettersi nei panni di chi compila lettere minatorie con i ritagli dei giornali, ci si avventi sul vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, appioppandogli un taglia e cuci che rovescia nel contrario la sua presa di distanza dal reprobo incarcerato per essersi fatto comprare un appartamento in cambio di…disponibilità. Quanti ergastoli si dovrebbero dare a chi ha venduto e fatto comprare il paese in cambio di poltrone, agi da nababbo, talkshow da Fazio? Ma questo è un calcolo che, per i nostri campioni d’Europa (e oltre) del giornalismo trash, cortigiano e sicario, è arabo.


Cosa poteva fare Boldrini di fronte a un’oscenità mediatica dei supergiornaloni come quella di avere, in perfetta malafede, fatto dire a Di Maio il contrario di quanto aveva detto, allo scopo di lacerare, una volta per tutte, quell’odiosa candida veste dei pentastellati che così tanto li distingue dai satrapi di palazzo con i loro broccati e velluti intrisi di merda? A mali estremi estremi rimedi. Mettendosi nella scia della campagna dei nostrani media di regime, ovviamente lanciata dalla “primavera americana” a firma Soros, contro le fake news attribuite dai Grandi Mentitori ai social media e a tutti i comunicatori eterodossi, la megera, dal suo alto scranno, con alto grido, ha invocato la missione punitiva contro quei bastardi che non dicono le stesse cose che dicono lei, i cari colleghi non populisti, edicole e schermi unificati, Hillary Clinton, George Soros e il papa.

Laura indica la via, Adele la asfalta

Un gruppo, chiamato “Misto” perché dall’identità varia e variabile, ma poi soccorso dall’intero arco costituzionale, con in testa Adele Gambaro, la Scilipoti femminile, (vittima di una delle prime bonifiche dei 5 Stelle), ha proposto al parlamento un DDL in cui si chiede carcere, confisca e dannazione per tutti coloro che diffondono, ovviamente solo in rete, sennò sai che spasso, fake news. All’italiana: “notizie false, esagerate e tendenziose”, con ampia libertà di interpretazione riservata a censori amici e per pena minima un anno di gabbio e 5000 euro di multa. Sono le notizie che “possono recare nocumento agli interessi pubblici“, o che possono “fuorviare settori dell’opinione pubblica”. Tipo non credere che 19 piloti sauditi abbiano abbattuto tre torri gemelle e perforato il Pentagono, tipo credere nella lotta di classe, tipo dubitare che Obama possa essere Nobel della Pace, tipo dire che Boldrini è vagamente di parte e ha gli occhi da Psycho. Rispetto a questi, il Grande Fratello che controlla le sorti dell’Olocausto è un’eccellenza giuridica.

Mettiamoci nei panni di Boldrini-Gambaro. Notizia falsa: il babbo di Renzi è un traffichino; Notizia esagerata: il Babbo di Renzi è un trafficone. Notizia tendenziosa: Matteo Renzi è figlio di un traffichino; oppure: Anche il sindaco di Milano caccia assessori. Notizia che reca nocumento agli interessi pubblici: Inquisito per traffico di influenze il papà del premier; oppure: Il CETA favorisce le multinazionali. Notizia fuorviante l’opinione pubblica: 2000 tecnici e scienziati negano la validità della versione ufficiale dell’11 settembre; o ancora: Osservatori confermano: in Siria condotte regolari elezioni presidenziali; oppure anche: le foto evidenziano una certa pinguedine di Renzi.

La pensata migliore è però quella del reato di “campagna d’odio”, roba che già s’era giocato il Doppelgaenger Renzisconi. E’ la chiave universale, il passpartout. Vuol dire cazzi amari tuoi se t’incazzi. Non ti sognare mai di sfanculare Boldrini, una donna, un migrante stronzo. Tutto OK se lo fai con Assad, o con Grillo.

Rinchiuderci nel menzognificio e blindarlo

Non conviene, a dispetto dell’infima qualità dei proponenti, sottovalutare la mossa. Boldrini, Gambaro, i firmatari PD, FI, FdI, Lega, sono mosche cocchiere. E dal momento che pare si sia con la merda oltre il collo, milioni di mosche, come diceva Concetto Marchesi, non possono aver torto. E’ il golpe di un potere criminale che può sopravvivere soltanto corazzando il menzognificio in cui tiene rinchiusi i sudditi e bloccando ogni grumo di vero con minaccia, repressione, corruzione, ricatto. Le Salomè Boldrini e Gambaro sono i balon d’essay del movimento per la sacralizzazione di una fogna piena di ratti che la stampa nobilita a giardino delle Esperidi. Se ne denunci il fetore, violi il tabù, offendi il totem, sei fuori. E dentro per almeno un anno. Ci siamo giocati anche la democrazia farlocca con la quale ci avevano turlupinato e tenuti buoni per un paio di secoli. Quando il gioco si fa duro, come suol dirsi….La cosa buffa è che qui i duri cominciano a giocare duro prima ancora che l’altra squadra sia entrata in campo. Prevenire è meglio che curare. Principio di precauzione.

Golpisti UE

Restando nell’ambito dello strisciante colpo di Stato, o piuttosto di Stati, la striscia parte, oltre mezzo secolo fa, da certi illusionisti riuniti a Roma e, corroborandosi a Lisbona e Maastricht, dagli Stati ha generato conigli che ogni tanto il prestidigitatore a stelle e strisce estrae dal cilindro ed esibisce, candidi e giulivi, perché il pubblico possa applaudire (e votare) quest’Europa democratica e senza guerre. Poco fa se, calato il sipario, gli spettatori si ritrovino conigli scuoiati appesi ai ganci della macelleria, senza più la pelliccia protettiva della sovranità politica, economica, valutaria, sociale, militare e con propri mercenari impegnati in guerre da quasi trent’anni.

Tra i coniglietti erano state raccolti 3 milioni e mezzo di firme contro il trattato CETA tra UE e Canada (si fa per dire: è un Canada cavallo di Troia delle multinazionali USA). Mica pizze e fichi. E’ bastato un voto 408 (PD in testa) contro 254 (e 33 non so) al Parlamento Europeo per dissipare al vento quei 3 milioni e mezzo e stabilire che al giustiziere atlantico fosse consentito di scaraventare 1000 multinazionli sulle nostre piccole e medie imprese, banche troppo-grandi-per-fallire sul nostro metastatico sistema finanziario, gli avvoltoi delle liberalizzazioni-privatizzazioni su sanità, scuola, trasporti, servizi pubblici, regole e mercato del lavoro (su quel che resta da rosicchiare). Ed è proibito adottare misure che limitino l’accesso di operatori esteri, Monsanto o Nato che siano, e le loro devastazioni del paese. Vero è che poi ci sono 38 parlamenti nazionali che devono ratificare. E voi pensate che questi non si, anzi ci, taglieranno anche la seconda gonade, dopo quella troncataci all’epoca del Trattato di Roma? Per l’intanto il trattato per la sua peggior parte già entra in funzione.

La Grossissima Koalition e il piccolo miliardario

Ho detto “Nato” pour cause. Che se col CETA si è riusciti a prendere in ripartenza un Trump anti-trattati di libero scambio in contropiede, con la Nato, presa da improvviso impeto espansivo, si cerca di arrivare allo stesso risultato, prevenendo le paventate frenate di Trump. Con scatto stoltenberghiano, la Nato ha allagato tutti i confini occidentali della Russia di truppe, mezzi corazzati, Forze Speciali e quant’altro serva a impedire che con l’Impero del Male putiniano la nuova amministrazione Usa e il subalterno europeo possano arrivare a intese piuttosto che a conflagrazione.

E chi si precipita a dare copertura politica alla mossa se non i conigli europei ansiosi di fare terra bruciata del proprio continente, come vaticinato dai referenti Usa preferiti, piuttosto che dare una mano a chi, nella Casa Bianca, contro grandine e tempesta, prova a riportare un po’ indietro le lancette dell’orologio nucleare. Alla conferenza europea della Sicurezza, a Monaco, i ministri della difesa dell’UE, precipitati nell’angoscia dalle critiche trumpiane alla Nato e dall’ammorbidimento dei toni verso la Russia, hanno inviato un “severo monito a Washington contro l’abbandono dei valori condivisi e contro accordi con Mosca alle spalle degli alleati”. La cresta, di solito bassina di fronte al padrone d’Oltreatlantico, ha improvvisamente lampeggiato rigogliosa, inturgidita dal vigore con cui i tradizionali padrini obamian-hillarian-neocon-neoliberalcon hanno affrontato lo sconveniente parvenu. Alla testa degli inviperiti di Monaco, Ursula von der Leyen, principessa teutonica e bundesministro della Difesa. E chi se no? E’ donna. Come May, Pinotti, Mogherini, Rice, Albright, Powers, Hillary, Merkel, Thatcher. Una garanzia politically correct.

Tutto questo a chiamarlo colpo di Stato non si fa torto a nessuno. Considerazione che vale tanto più per gli Usa che, da quando hanno messo gli scarponi sul suolo italico, (1943) non hanno mai cessato di farci lezione, sollecitandoci in direzione dell’autoritarismo, oggi detto “governabilità”. Lì una tradizionale plutocrazia che, pur garantendo che nessuno sarebbe mai diventato presidente, ministro, governatore, senza avere a disposizione più quattrini di quanti ne avessero insieme tutti i suoi elettori, era riuscita a infinocchiare un gran numero di persone urbi et orbi mediante una formidabile, secolare propaganda circa le proprie virtù democratiche. Ma, da Clinton, Bush, neocon, in poi , ha proceduto a cipolla, dismettendo uno strato di pseudo democrazia dopo l’altro, raggiungendo la quasi totale nudità con l’11 settembre, la guerra al terrorismo e i conseguenti Patriot Act e obamiano Stato di sorveglianza e spionaggio totali.

La belva si autodivora: da genocidi a dirittoumanisti, tutti contro Trump

Il frutto finale di quest’altro colpo di Stato galoppante l’hanno colto le larghissime intese, già presenti, ma contraffatte, nell’obama-hillarismo. Contro il neo presidente è emerso un larghissimo fronte, che fin lì si fingeva diviso e colliso: neocon pimpanti come non mai, neoconliberal marca Soros, Cia, FBI, NSA, FED e buona parte di Wall Street, Pentagono e tutta l’industria militare, fino ai muselidi della “sinistra” o chic, o radical, o alternativa, o diritto-umanista, o centrosinistra, lo sconfinato arcipelago delle Ong di servizio tipo Amnesty, HRW, Save the Children, Avaaz, i tecnologhi decerebranti e sociocidi di Sylicon Valley alla Zucerberg con fitto input di talmudisti e catto-bergogliani. Una Santa Alleanza, da Left a Rothschild, che fa apparire quella del 1815 una consorteria di rivoluzionari. Il peggio del peggio della storia moderna, portato a cavaceci da un coro mediatico rivelatosi nella sua vera identità, tutto intero coro delle voci del padrone. Sotto le loro insegne, masse di anime belle e beceroni, convocate a tradurre in sana invocazione di popolo quanto di tossico era stato fatto bollire nel pentolone degli stregoni. Revanscisti e non rassegnati nostalgici dei fasti del neoliberismo guerresco e finanzcapitalistico con cui avevano consolidato le proprie fortune. I generaloni, miliardari, goldmansachsisti messi da Trump ai posti di comando per temperare la virulenza di questa orda forsennata e ingraziarsi un minimo di quegli acari che infestano la moquette e i tendaggi della presidenza, non attenuavano di un cincinino la furia golpista.

Premetto con forza che sullo strambo neoinquilino della Sala Ovale, che del resto sta già volgendosi nel contrario di se stesso, non esprimo giudizio alcuno fino a quando i suoi mille atti, che fanno a pugni tra di loro, non abbiano trovato un minimo di composizione strategica. Per il momento assistiamo a una mirabolante, caleidoscopica frenesia twittatoria che spara tutto e il contrario di tutto, nomina uno, caccia l’altro, promette pace e distensione, scarponi Usa in Siria, niente scarponi Usa in Siria, Crimea russa, Crimea da riprendere alla Russia, Nato schifo, viva la Nato. Fino ad arrivare con il nuovo capo, Pompeo, a insignire del “massimo premio Cia per la lotta al terrorismo” nientemeno che il principe ereditario saudita. Uno che del terrorismo jihadista wahabita e takfirista è, in sinergia con Bush e Obama, il massimo finanziatore e promotore. Al trasformista Arturo Bracchetti questo Trump gli fa le scarpe.

Fuori Flynn, presidenza seccata

Il colpo di Stato si è materializzato, a coronamento di quanto andava strisciando da anni, con la caduta del Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, consigliere principe di Trump anche nella campagna elettorale, prima testa pensante di tutto il cucuzzaro che costituisce la nuova amministrazione e propugnatore in coppia con il segretario di Stato, il petroliere Tillerson, della museruola al complesso militar-securitario che spinge alla guerra con la Russia. Flynn aveva l’incarico di far una cosa senza precedenti: portare sotto il controllo suo e del presidente Pentagono e piovra dell’Intelligence, da tempo veri manovratori della politica estera, detta Sicurezza Nazionale. Dalla sua aveva la lunga confidenza con le Forze Speciali SOCOM e YSOC, l’élite militare, robusta garanzia contro eversioni interne. Non è bastata. Golpe e contro golpe? Non esageriamo.

Se a Obama e Hillary non ha fatto nemmeno aggrottare le ciglia che il senatore in missione estera John MCain facesse bisboccia con Al Baghdadi, o lisciasse i baffi ai nazisti di Privy Sektor a Kiev, l’amicizia di Flynn con il presidente ucraino legittimo, Yanukovich, poi fatto fuori dal golpe di Obama eseguito dai nazisti, come la sua idea che con Mosca ci si confronta e non ci si picchia, per la turba anti-Trump è valsa alto tradimento, la consegna del paese nelle fauci dell’orso. Parlare con i russi, considerare Putin un essere umano, non capire che Russia vuol dire criptonite, bersi una vodka insieme anziché spendere un trilione per ammodernare l’armamento nucleare, non significa solo precipitare nelle barbarie, ma frantumare quella coesione sociale a forza di “minaccia comunista”, poi islamica e infine, più terrificante di tutte, la “minaccia russa”. Con metodo che solo golpista si può definire, i servizi segreti, strumento del famigerato Stato Profondo, hanno spiato le conversazioni telefoniche della più alta carica dello Stato dopo il presidente, hanno scoperto – che dio lo fulmini! – che parlava con l’ambasciatore russo. E hanno, di nuovo golpisticamente, fatto colare le intercettazioni sulla stampa. Azioni criminali che avrebbero dovuto essere seguite istantaneamente da arresti per mano dell’FBI. Che invece gongola.

Flynn si è dimesso per un pretesto formale: al vicepresidente Pence avrebbe mentito, occultandogli che con l’ambasciatore aveva parlato anche di sanzioni. Balle. A Trump è come se gli avessero scompigliato il ciuffo. O tagliato il braccio destro. L’anatra zoppa ora è lui. Non ci resta che fantasticare su cosa avrebbe potuto fare con le zampe palmate sane. Da quel momento la Crimea deve tornare all’Ucraina, la Nato è bella e la Cia premia il saudita per meriti anti-terrorismo. Che è come Obama col Nobel per la pace. O come Lucifero premiato per l’opera antincendio, come Boldrini Miss Universo. E ricordiamoci che era stato Flynn ad avvertire, nel 2013, che a sostenere i jihadisti si sarebbe finiti con ritrovarsi un califfato alla saudita tra Siria e Iraq. Flynn è stato il primo. Poi verranno gli altri. Compreso Trump. Compresa l’intendenza.

Sono colpi di Stato. E volete che non trionfino quando hanno dietro tutto quello che formicola dall’estrema destra all’estrema sinistra? La Boldrini! La mandante dell’esecuzione di Gheddafi Rossanda e l’esecutrice Hillary! Il New York Times e il manifesto! La Merkel e Juncker! Netanjahu, Tsipras, Saviano, la Botteri!

Juncker, presidente europeo, in quel suo raro momento di sobrietà, ci ha poi esemplificato tutto: “Noi prendiamo una decisione in una stanza, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo di vedere cosa succede. Se non provoca proteste o rivolte, è perché la maggior parte delle persone non ha idea di ciò che è stato deciso; allora noi andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno“.

E’ così che funzionano i colpi di Stato. Li chiamano post-democrazia.
Ah, perché non son io coi miei pastori…in Romania!

 

ROMA-DAMASCO, CACCIA ALLA VOLPE – Le parti in commedia dei russi. La fiction splatter di Amnesty

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/02/roma-damasco-caccia-alla-volpe-quante.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2017

Se vi infastidiscono le elucubrazioni su media e Virginia Raggi, potete saltare subito al capoverso: Dal Campidoglio in coma vigile alla Siria, viva o morta.

Cani fatti killer, uomini fatti giornalisti

Da quando avevamo raccolto nei boschi di Teuteburgo quel bassottino selvatico di nome Lumpi (monello) e insieme a lui, nel paese di Dresda, avevamo scansato le mitraglie degli Spitfire britannici, dribblato le bombe dei Mustang statunitensi, mentre magari stavamo raccogliendo ortica lungo i fossi per una cena tra il 1944 e il 1945, ho sempre vissuto con cani, della nobilissima specie dei bassotti a pelo ruvido, specialisti della lotta contro gli altotti, fino a entrarci in simbiosi affettiva e intellettuale, dunque politica. Posso perciò affermare con una certa competenza che tutti i cani, per natura nascendo di branco, cioè inseriti in un collettivo, sono buoni, sociali e socievoli, collaborativi, rispettosi dell’armonia e dell’utile comunitari. Il che li rende la specie animale più vicina a quella umana. Quanto meno a quella umana prima del degrado subito da una sua limitata, ma decisiva, quota.

Addestrati, violentati nella loro identità originaria, educati male, i cani diventano strumenti di umani degenerati che li pretendono delittuosamente, come dio con gli uomini, a loro immagine e somiglianza. E arriviamo ai rottweiler aggressivi, ai pitbull da combattimento, perfino ai jack russell mordaci, interfaccia di poliziotti che picchiano, forze speciali che torturano, energumeni da rissa che inseguono modelli di videogiochi, politici che sterminano, padroni che ingrassano sul dimagrimento dei dipendenti. Succede così a varie categorie umane. Ne prendo in esame quella che conosco meglio perchè ne faccio parte: i giornalisti. Quello che succede ai cani, di loro natura buoni, ma resi aggressivi a forza di violenze, sofferenze e ricatti affettivi, succede ai giornalisti quando, usciti dai banchi di scuola e di università con il degno e generoso desiderio di sollevare le sorti del genere attraverso una corretta ed eticamente finalizzata informazione sulle cose e le persone del mondo, entrano in una redazione. Quello che vien fatto ai cani con la frusta e il biscotto, a loro viene comminato con la carota della carriera e il bastone della disoccupazione.

Per cui molti, quelli che non fuggono in nicchie cartacee o di rete, si fanno pitbull, rottweiler, jack russell di servizio e d’attacco. Da noi il 99%, come ci dice chi compila la classifica mondiale delle peggiore stampa e come ci evidenziano i fatti di questi giorni attinenti vuoi a Virginia Raggi, vuoi a DonaldTrump, al cospetto dei quali la categoria ringhia, azzanna, prova a uccidere.

Cosa, o chi, hanno in comune Virginia e Donald

L’accostamento della delicata sindaco di Roma al bombastico neopresidente Usa è del tutto improprio. Se non per quanto accomuna fra loro le belve che gli si avventano contro: un curriculum infinitamente peggiore di quello delle prede puntate. Di Trump, che si crede uno Zeus dipinto dai cartoonisti giapponesi mentre lancia fulmini e saette su bersagli a proposito e, sempre più, a sproposito, potremo occuparci un’altra volta. Quello che impressiona è il patto d’acciaio che unisce in un unico branco, all’attacco della stessa vittima, i sedicenti leftisti sorosiani del “manifesto” e i palazzinari suolofagi del “Messaggero”, la crème dell’intellettualità gauchista e il guano dei revanscisti cripto-nazisti, la borghesia liberale arteriosclerotica e il pimpante bifolchismo renzista, l’aristocrazia pennivendola in livrea di “Corriere”, “Stampubblica” e il sottoproletariato da Curva Sud coltivato dai gazzettieri dei padroni del calcio, gli schermi unificati Raiset, compreso l’insopportabile borgataro narcisista, ironico di corte, Zoro (Diego Bianchi), fino ai parzialmente eterodossi dall’eschimo di raso del “Fatto Quotidiano”, con i suoi cavalli di razza talmudisti Colombo, Coen e Disegni (quest’ultimo, chihuahua da caccia e reperto del sofriano “Cuore”, esibisce una desolante assenza di talento figurativo con ossessivi scarabocchi anti-Raggi nella penultima del quotidiano, in livorosa polemica con le arguzie e i dati di fatto con cui il suo direttore, invece, sbertuccia e affonda i colleghi in missione anti-Raggi). 

Sussurri e grida

Rivelatrice, più di molte altre loro nefandezze, tipo, tanto per dire, quelle dello Stato biscazziere e baro che apre mini-casinò in tutti i quartieri per la migliore salute mentale e contabile degli italiani, è la corrispettiva discrezione assoluta nei confronti di un ministro come Lotti, indagato per aver spiffero ai de cuius, insieme al comandante supremo dell’Arma nei Secoli Fedele, che, rasentando il papà di Renzi, si stava indagando su una gigantesca corruzione relativa al più grande appalto pubblico europeo in carico alla Consip, da 2,7miliardi. E analogamente tutto tace sulle indagini, di ben altro peso, che concernono il sindaco Sala di Milano, il personaggetto De Luca della Campania Infelix, la catena di Sant’antonio di sindaci, parlamentari e amministratori vari PD e NCD sotto la ferula di magistrati fuori dalla nebbia romana.

La similitudine che balza alla mente e quella della caccia alla volpe, non per caso cara alle elisabette Prima e Seconda: la muta dei cani addestrati a lacerare la gola e sbranare le carni perché le cavallerizze possano poi esibirsi in società, ornate delle vaporose code della creatura ammazzata. Giornalisti come cani da riporto. E sono quelli che, ricevuta e capita la scudisciata dalla Boldrini, uggiolano, guaiscono, latrano e ringhiano, a seconda della stazza, contro quelli delle fake news: sublimazione di una pratica divenuta di questi tempi il vero spirito del tempo negli ambienti della criminalità organizzata di palazzo: da buoi, con piramidali strutture in testa, dare del cornuto all’asino.

Negli incubi notturni del signorotto a caccia di volpi, a dispetto dei suoi paramilitari a quattro zampe e del destriero che gli assicurano immunità dalle bestie feroci, non può non materializzarsi un contrappasso: l’assalto alla gola di una torma sconfinata di volpi. Per cui, con maggiore furia, la mattina dopo si avventerà a fare della strage la cancellazione del sogno. E, similmente, cosa credete, che a scatenare la caccia non sia il terrore di un domani in cui Roma, strappata alle fogne palazzinare e mafiocapitaliste e alle pantegane che ci sguazzavano, e l’Italia tutta, sottratta all’oligarchia mafio-massonico-vaticana, e magari anche l’Unione Europea decapitata, monetizzata e populistizzata, cadano in mano a chi non ruba, truffa, turlupina, impastocchia, o non capisce un cazzo?

Cazzate vere e panna montata: far fuori la volpe

Inutile entrare nei particolari dell’opera della giunta 5 Stelle, tra cazzate fatte e iniquità attribuite. Tuffiamoci nella panna montata e avvelenata di una magistratura romana di cui, fin dai tempi di Gallucci, Carnevale, Capaldo, del famigerato “porto delle nebbie”, si pensa andreottianamente male, più che mai quando sa combinare, in perfetto sincronismo (un messaggio? Una garanzia?), l’archiviazione per 113 personaggi di mafiacapitale, tra cui le eccellenze Alemanno e Zingaretti (avvalsosi della facoltà di non rispondere, roba per cui dai 5 Stelle si viene cacciati), con l’ennesimo abuso d’ufficio alla Raggi. Corredato da interrogatori che per forzature ambientali e temporali sarebbero degne di un Totò Riina. Qui la sintonia tra Procura e media è quasi commovente, da parenti stretti a Natale. Sul piano generale c’è quella paura ghiaccia di chi teme di vedersi abbassata la saracinesca della pasticceria. La stessa che pervade gli anti-Trump. Ma se, nel primo caso, la pasticceria, con i Cinque Stelle, promette di restare chiusa, nel secondo si prevede già  la sostituzione dei produttori e consumatori).

Nello specifico, è la vendetta ex-post per l’abbuffata delle Olimpiadi negata e quella ex-ante per i 700mila metri cubi di cemento che gli speculatori di passo Goldman Sachs, Rothschild, Fiat, Unicredit e quant’altro, noti benefattori dell’umanità, vorrebbero, tramite il palazzinaro Parnasi, aggiungere ai 100mila del nuovo stadio senza la quale la Roma dei maestri urbanisti Totti e Spalletti e l’Italia delle frane e alluvioni e dei 35 ettari di suolo cementificati ogni giorno, non potrebbero sopravvivere. Per me, Raggi e compagnia per ora alla capitale non hanno fatto nulla di male. Quello che hanno fatto di scombiccherato è noto. Quanto di buono, è finito nei cestini di redazione. E, comunque,  quello che sono riusciti a fare (vedi l’elenco di Grillo), l’hanno fatto aggirandosi per i caveau svuotati dai predecessori (dalla Procura romana archiviati) a trovare tra le fessure qualche decino smarrito da tapparci le buche. Ora stanno all’hic Rhodus hic saltus: sotto una pressione da mille megapascal della canea di regime, lasciare che i predatori di sempre incistino in quel che resta dell’agro romano grattacieli, centri commerciali, residenze e uffici per quasi un milione di metri cubi, lasciando andare tutto il resto in malora, per far contento il tentacolo italiano della piovra necrofora Rothschild-Goldman Sachs e i suoi botoli da guardia, o resistere, resistere, resistere.

Avevamo pensato di accendere un cero a  San Paolo Berdini, urbanista integro e cosciente, ma con quello che è successo tra la sindaco e il suo assessore, con quest’ultimo che si fa estrarre da un manigoldo della “Stampa” palle di fuoco incatenate contro la sua capa, alla vigilia della battaglia finale sul carcinoma speculativo di Tor di Valle, pare che in Campidoglio stanno a sbrocca’ un po’ tutti. Non resta che l’esorcista.

Dal Campidoglio alla Siria, viva o morta.

Allunghiamo lo sguardo, superiamo il canale di Sicilia, viriamo a destra, non perdiamo d’occhio ciò che appare all’estrema destra, tra Libano e Gaza (vedi dopo), e arriviamo in Siria. Lì le cose, per Amnesty International, non vanno per niente bene. Il “manifesto” che, oltre ad avere setole sullo stomaco, è comunque in sintonia con questa dependance CIA, facilitatrice di guerre del Pentagono, ne ha recensito il più recente rapporto, limitandosi a una lieve meraviglia per l’enormità delle cifre vantate, giusto per non sconcertare quel che resta del suo pubblico, boccalone, ma di sinistra. Trattasi invece dell’ennesima mostruosa bufala al curaro contro Damasco, dopo quelle  in cui si delirava su decine di migliaia di detenuti torturati a morte, dei 270mila di cui 100mila bambini (sic) ad Aleppo Est bombardati e affamati a morte da Assad (erano 60mila e i terroristi li mitragliavano se tentavano di uscire). In Libia ci aveva deliziato con la storia della donna di Bengasi che aveva saputo di migliaia di stupri compiuti dai soldati di Gheddafi, ma poi non aveva saputo indicare neanche una vittima agli investigatori onesti. Solo per dirne una delle nefandezze di questa banda governata da emissari del Dipartimento di Stato. E finanziata da Soros e affini.

Un’organizzazione umanitaria ansiosa di sfracelli

Anche stavolta la certezza di essere sostenuta dall’universo delle presstitute, l’enormità dell’accusa è inferiore solo alla faciloneria con cui vorrebbe essere corroborata. Dal 2011 al 2015 nella sola prigione militare di Saydnava sarebbero stati impiccati e/o strangolati tra i 5000 e i 13.000 detenuti (che per le zoccole più volenterose, tipo l’Associated Press, diventano “oltre 13mila”). Già la distanza tra l’ipotetica cifra minima e l’ipotetica massima dà la misura della precisione scientifica. Le fonti? Anonime e rastrellate tra disertori e oppositori in campi profughi turchi, o tramite telefono ed email in giro per il mondo. Le vittime? Anch’esse anonime, tranne ben 36. Le prove? Qualche compagno prigioniero, posando l’orecchio sul cemento della sua cella, ha sentito “gorgogliare”. Vi risparmio le altre stronzate del rapporto. Divertitevi e raccapricciate a leggerlo: è intitolato, autentica fiction splatter, “Il mattatoio umano” (The Human Slaughterhouse).

Il parallelo tra la caccia alla volpe scatenata contro la quanto meno sprovveduta Virginia Raggi e la sua giunta, ma anche contro l’inqualificabileTrump, e quella contro Assad e il suo paese, vi sembrerà blasfemo, ma ha la sua valenza tecnica: capocaccia, cacciatori e cani espropriati della propria identità e funzione e addestrati al killeraggio da e per il padrone, sono gli stessi in tutte queste battute. E il corno per il via alla battuta suonato dalla Procura romana con gli evanescenti abusi d’ufficio, equivale, si parva licet…, a quello di Amnesty col suo rapporto farlocco. Si punta a radere al suolo chi blocca ruspe e appalti e a far risorgere gli antichi appaltanti e appaltati. Non solo a Roma.  Con il benefico effetto collaterale di un trambusto intorno al topolino del Campidoglio che distolga dai ratti che infestano il paese. Così si punta a finire il lavoro sulla Siria, prima che l’imprevedibile nuovo presidente ne pensi e faccia una strana. Come insisto a dire a chi mi rimprovera di occuparmi di orizzonti lontani: tout se tien. 

Il falso e il vero di Amnesty

A cosa serve la tromba di Amnesty? Cosa deve coprire, compensare, da cosa deve sviare? 1) Il succedersi, dopo il trionfo di Damasco che ha capovolto l’intera vicenda, di vittorie dell’esercito siriano, con i suoi alleati hezbollah, iraniani e russi, ora alle porte di Idlib e Al Bab, grandi e strategici centri nel nord-ovest, e in avvicinamento a Palmyra e Deir Ezzor, che promettono di essere liberate. Dopodichè ai terroristi di ogni denominazione, compresi quelli curdi e turchi, non resta che il deserto a est e la cosiddetta “safe zone” al confine turco. 2) La violazione degli accordi di pace di Minsk e il rinnovato assalto degli ucronazisti alle repubbliche liberate del Donbas, con relativi eccidi di civili nei centri abitati, lanciato per incastrare Trump in una situazione di non ritorno. Su questa strategia viaggiano uniti i neocon, McCain, Soros e Amnesty. 3) il criminale disastro dell’incursione diretta USA in Yemen, prima operazione bellica del neopresidente “distensivo”, culminato nella la strage di una trentina di civili tra cui almeno 9 bambini e i contemporanei successi dei patrioti Huthi che, non sopraffatti dopo due anni di bombe, jihadisti e blocco alimentare, con missili hanno colpito la base militare accanto a Riad e la nave ammiraglia saudita nel Mar Rosso.

4) Il tentativo degli ultrà di Netaniahu, analogo a quello dei loro camerati di Kiev, di mettere Trump davanti al fatto compiuto, aumentando ed accelerando a livelli parossistici lo spezzettamento della Cisgiordania con l’incistamento su terre private palestinesi, garantite dagli accordi di Oslo, di migliaia di nuove abitazioni, anche in Gerusalemme Est e con nuove colonie, tutte da affidare a 4000 nuove SA di Lieberman che ossessivamente ripete il dogma divino:”Tutta questa terra è nostra perché ci è stata data da dio”. E mentre quanto la criminalità sionista e internazionale ha lasciato ai palestinesi si sbriciola e scompare, Mahmud Abbas, e i suoi soci in raccolta di briciole, promette di mantenere la “sicurezza congiunta” con la Gestapo israeliana. E la lobby, cosa fa la lobby? Quella che anatemizza i muri e perora l’accoglienza di tutti i “rifugiati”, fossero anche milioni, per la gloria del “multiculturalismo” e del “meticciato”?  Nella sua Terra Promessa proclama  lo stato etnico dei soli ebrei ed erige muri di 8 metri sia contro gli autoctoni, sia contro i “rifugiati” dal Sinai.

5) Last but not least, le atrocità inventate dai facilitatori imperialisti di Amnesty servono a coprire le voci soffocate provenienti da temerarie Ong dei diritti umani (tipo B’Tselem, Addameer, Defence for Children International) e da giornali come Haaretz della stessa Israele, sulle torture istituzionali, vere e provate, che da decenni subiscono, insieme ai padri, i figli minorenni del popolo derubato. E qui, invece, si tratta di soggetti con facce, corpi, nomi e date dei quali a una magistratura non dissimile da quella di Roma  sono stati esibite la prove dei metodi di interrogatorio: bastonate sugli organi sensibili, corpi con piedi e polsi ammanettati piegati sullo schienale della sedia o costretti in piedi al muro per ore, privazione del sonno, violenze sessuali, minacce di morte ai famigliari, strangolamenti, isolamento perpetuo. Oggi 6000 palestinesi sono chiusi in carcere, di cui 200 bambini e 25 donne (per le quali nessuna marcia mondiale delle donne). Il 20% degli abitanti dei territori occupati sono passati per il carcere. 207 ne sono usciti morti. Questo in aggiunta all’aberrazione giuridica che è la detenzione amministrativa, in Irlanda del Nord detta Campi d’Internamento. Vi finiscono circa un migliaio di palestinesi, anche minori ogni anno, sena imputazione, difesa, processo, sentenza. Ma è della fittizia esecuzione extragiudiziale di tra 5000 e oltre 13mila detenuti siriani che si occupa Amnesty 

 International. 

Piedi russi in tutte le staffe?

Mi rimane da dire di un tormentoso dubbio che alita sul mio sostegno alla Russia e a Putin per la favolosa svolta storica che ha imposto in Medioriente e nel mondo. Su Al Bab stanno convergendo, in evidente gara di chi arriva primo, siriani lealisti e turchi accompagnati da “ribelli” siriani filoturchi (un animale nuovo, probabilmente virtuale, un ircocervo come i siriani che i curdi dicono inseriti nelle loro “Syrian Democratic Forces”). I primi per restituire alla patria il maltolto da Isis e Al Qaida (rinominata Al Nusra e Fateh Al Sham), i secondi per impedire ai cantoni curdi di congiungersi e per consolidare la striscia occupata detta “zona di sicurezza” turca che probabilmente pensano di annettere definitivamente. E i russi? Operano verso Al Bab insieme agli alleati siriani tradizionali in vista del recupero di territori sottratti. E operano con i nuovi alleati turchi nelle incursioni su Al Bab? Stupefacente? Contradditorio? E se un Sukhoi in compagnia degli F15 turchi incontra un Sukhoi affiancato da Mig siriani? Non solo, hanno proposto a Damasco una nuova Costituzione Federale, con dentro una “entità” curda per i cazzi suoi. Proposta ovviamente respinta al mittente con un buon grado di mimetizzata indignazione. Aleggia sulla Siria lo spettro della spartizione programmata dai suoi nemici storici. E la Russia che fa, asseconda?

Captatio benevolentiae nei confronti di chi? Di Trump che promette dialogo ed equilibrio, forse ferma Kiev, ma minaccia morte e distruzione a Tehran? Dei curdi da sottrarre al mercenariato Usa? Di Erdogan che ha appena siglato l’accordo per il Turkish Stream con tubo sottomarino che si divarica poi per portare gas nella Tracia turca e inoltrarlo agli europei? Aspettiamoci una chiarificazione rassicurante. Siamo fiduciosi.

Un saluto alla volpe. 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 23:02