Archivio mensile:gennaio 2017
La profezia di CNN: Trump assassinato a cerimonia di insediamento
se avessero scritto questo “auspicio” o suggerimento riguardo ad Obama alla Cnn non lavorerebbe più nessuno..
La profezia di CNN: Trump assassinato a cerimonia di insediamento
UNE REVOLUTION DE COULEUR EN AMERIQUE ?
# LUC MICHEL SUR PRESS TV (IRAN)/
DANS ‘REPORTAGE’ (22 JANVIER 2017) :
PCN-TV/ 2017 01 22/
Quelle analyse portez-vous sur cette colère qui augmente partout en Amérique mais aussi en Europe, et qui conteste la politique de Trump ? N’a-t-il pourtant pas été élu président des États-Unis ?
Luc MICHEL, analyste politique, répond à cette question.
UNE REVOLUTION DE COULEUR EN AMERIQUE ?
PURPLE REVOLUTION : LE ROI EST NU …
George Söros planifie-t-il des changements en Amérique ?
Dans ‘REPORTAGE. L’INTERVIEW’, PRESS TV (Iran) interroge Luc Michel, géopoliticien …
* Voir sur le Site de PRESS-TV/
Emission complète « Reportage »
Une révolution de couleur en Amérique ? Le roi est nu.
sur http://www.presstv.com/DetailFr/2017/01/22/507329/Le-roi-et-nu
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# PCN-TV
# ALLEZ ‘LIKER’ LA PAGE OFFICIELLE DE PCN-TV !
LES MEDIAS CONFIRMENT QUE LE PS FRANÇAIS A MANIPULE LES RESULTATS DE LA ‘PRIMAIRE DE LA GAUCHE’
# LUCMICHEL. NET/
LM/ En Bref (II)/ 2017 01 23/
Tricheurs un jour, tricheurs toujours.
Spécialiste de la fraude électorale, les Hollande, Vals et cie ont à nouveau manipulé les chiffres de la soi-disant « primaire de la gauche », comme je l’écrivais ce midi déjà. Et les sociaux-démocrates sont en aveu : « Le Parti socialiste attendait beaucoup de la participation lors de cette primaire de la gauche. Au point de gonfler les chiffres? C’est ce qu’admet à demi-mot Christophe Borgel, l’organisateur, invoquant la pression médiatique » (dixit l’AFP) !
Ce sont les mêmes qui donnent des leçons de « démocratie » (sic), de « bonne gouvernance » en Afrique. Et prétendent venir y juger la qualité des élections …
« les chiffres publiés après minuit, et ceux actualisés dans la matinée sont interpellants. En comparant les pourcentages attribués aux sept candidats à cette primaire, le journaliste des décodeurs, Samuel Laurent, a expliqué que les chiffres ont été gonflés (environ 28%) pour chaque candidat (…) Selon son calcul, il y a 352.013 voix en plus sans que les pourcentages n’évoluent vraiment (0,1% pour Sylvia Pinel). Un sacré hasard. Samuel Etienne établit plusieurs hypothèses en en privilégiant une. “Ces voix n’existent pas, c’est un ajout artificiel pour gonfler la participation”. On ne connaît toujours pas la participation à ce premier tour. »
LM
LENTI BIFOCALI su Washington, Amatrice, Belgrado
http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/lenti-bifocali-su-washington-amatrice.html
LUNEDÌ 23 GENNAIO 2017
E tu onor di pianti Ettore avrai
ove fia sacro e lacrimato il sangue per la patria versato
e finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane
(Ugo Foscolo, I Sepolcri)
“Finchè l’inganno scorreva silenzioso e monotono, tutti ci siamo lasciati ingannare, avallandolo per incoscienza, o forse per codardia”. (William Faulkner)Dedicato a Milosevic, Karadzic, Mladic. E al Corpo Forestale dello Stato.
A me pare una visione un tantino provinciale, non infrequente nel nostro paesello affollato da chi ritiene il cosmopolitismo costume dei merluzzi in viaggio tra Golfo del Messico e Artico, o da chi a scuola non va oltre Massimo d’Azeglio e quando sente parlare di Bismarck pensa a uova al tegamino. A ma pare anche lo strabismo di chi si affanna a riparare il rubinetto di cucina che perde, mentre trascura la falla apertasi nell’acquedotto fuori casa.
Sappiamo che è una degenerazione del visus vedere male da vicino, miopia, o da lontano, presbiopia, o addirittura da entrambe le distanze. Ci inducono a ciò l’avanzare del decadimento fisico e, nella metafora, l’educazione a vedere soltanto fino alla punta del naso, o soltanto oltre. Per rimediare a questi difetti esiste un rimedio meraviglioso: le lenti bifocali. Alzi lo sguardo verso il settore superiore della lente e vedi nettissimi i cipressi sul crinale; lo abbassi e i caratteri dello stampato che leggi ti balzano nitidi agli occhi. E così, un po’ guardi lontano e vedi che succede dietro “questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, e ti “sovvien l’eterno”. Ma poi accorci lo sguardo e attorno a te ritrovi “le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei”.
Intendendo, l’amico Giacomo, che in questo modo connetti l’eterno al passato e al presente, il lontano al vicino, la luna al pastore errante e, se il poeta mi consente, il modello politico-economico, autocratico-predatore-mafioso, imposto dalla più grande potenza del mondo, alla sciagurata situazione del nostro territorio e di chi ci formicola sopra cercando di scansare gli effetti locali di quel modello. In poche parole, cari soloni, per capire qualcosa, tocca conoscere il contesto e constatare che “tout se tien”.
Quando il diavolo e l’acqua santa fanno festa insieme
Azzardiamo un accostamento ardito. Le megamanifestazioni contro l’insediato presidente, preannunciate da roboanti proclami di guerra al duo satanico Trump-Putin, hanno visto affiancati i “dimostranti del Bene”, donne in testa, e quanti fino a ieri erano definiti i massimi esponenti del Male (Cia, i Clinton, i neocon, i padrini di tutti i terrorismi, gli armaioli). Tout se tien. E’ l’ unità ritrovata, anche se la disparità era già più esibita che giustificata, corrisponde a livello globale a quell’”unità nazionale”, ieri “larghe intese”, che oggi s’invoca da noi a copertura della sciagurata incompetenza, inefficienza, indifferenza, delinquenza, che stanno marchiando d’infamia l’intervento, non intervento, delle autorità a difesa e salvezza degli esseri viventi aggrediti dalla natura manomessa e offesa. Considerazioni che non ci impediranno di certo, una volta sistemati i suoi predecessori nella discarica della Storia, di manifestare e lottare contro l’ ennesimo burattino imperiale e le sue aberrazioni ambientali, geopolitiche, filo talmudiste, scioviniste, razziste.
A Washington, Berlino, Tokio, ovunque il pifferaio talmudista ungherese, CdA della camarilla dei necrofori imperiali, abbia fatto risuonare il suo richiamo, amplificato da esemplari femministi come la novella Santa Giovanna d’Arco, Madonna Ciccone, donne si sono mosse credendo di opporsi a chissà quali future nefandezze di Trump e non facendo altro che obbedire, l’ennesima volta dagli anni del ’68, a nemici di classe, imperialisti, guerrafondai, ladri e genocidi, che depistano dai propri crimini verso la guerra tra poveri, tra subalterni, tra generi. La guida è affidata a machofemministe maternaliste che, insieme a Madeleine Albright, avevano votato per Hillary, il plauso arriva dagli amici del giaguaro. Difatti coloro che ti ci hanno mandato, in piazza, sono i giaguari (chiedo scusa all’animale a cui rubo la metafora) con tra le zanne ancora i resti dei milioni di donne (e altri) sbranate in giro per il mondo. Particolare bello che accantonato.
Faccio contenti i miopi, quelli del rubinetto di cucina, e ricordo che un po’ più di vent’anni fa, allertati da uno di quei comitati di cittadini che sono l’estremo presidio del paese, perforando con la Guardia Forestale dello Stato le colline del Golfo dei Poeti a Pitelli (La Spezia), sprofondammo in un oceano di veleni, lì sepolti da una consorteria di farabutti (politici PCI, poi PD, ammiragli ‘ndranghetisti, imprenditori, banchieri, servizi segreti), che avevano intossicato e ucciso esseri umani e non da Pitelli alla Somalia, compresi la mia collega al TG3 Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e il capitano Natale De Grazia che, anche lui, aveva messo il naso nel business. Noi, le Guardie Forestali sotto lo straordinario maresciallo Gianni Podestà, alcuni PM di La Spezia e soprattutto il PM Luciano Tarditi di Asti, che inchiodò i delinquenti uno per uno, tirammo fuori quelle porcherie assassine e le sventolammo sotto il naso ai responsabili. Noialtri ce la siamo cavata. Ma la magistratura, nei tempi della nostra evoluzione politica, s’è evoluta pure lei: vent’anni dopo, tutti assolti e i veleni sono ancora là.
Un corpo di polizia che fa pulizia.
Rai, Tg3, magistratura, tutti normalizzati. Anche in Abruzzo, dove l’Edison della centrale di Bussi ha avvelenato per vent’anni 400mila persone. Altro delitto, altri criminali scoperti dalla Guardia Forestale.Tutti assolti. E poi Seveso, la Centrale a carbone della Tirreno Power di Vado Ligure, assassina di almeno 400 persone, la Terra dei Fuochi, alluvioni, frane, incendi. Il Corpo di polizia sicuramente più preparato e prezioso in un paese che prolifera di polizie come nessun altro al mondo, ma, ahiloro, non militarizzato. Vicino a quella che suol dirsi società civile, al territorio. Fondato nel 1822 da chi non pensava a repressione dei subalterni, ma a salvaguardia e promozione di chi non ha voce, animali, terra, piante, acque, faceva la cosa più importante di tutte, quella che nessuno nel Belpaese fa: prevenzione. Ed era composto da gente preparata, onesta, appassionata. E che perciò dava fastidio e doveva morire.
Hanno iniziato a ucciderla a fine anni ’80. Ricordo un mio servizio sul Parco Nazionale dello Stelvio, il primo d’Italia, uno dei più antichi d’Europa. Ci arrivai che, con lacrime invisibili negli occhi, i Forestali svuotavano armadi, impacchettavano dossier, chiudevano gli uffici, partivano. Un decreto gli aveva tolto il compito di vegliare sul parco e l’aveva affidato ai palazzinari e bracconieri delle tre province che ambivano a saccheggiarlo: Lombardia, Trentino, Alto Adige. Oggi è rimasto integro solo questo’ultimo pezzo, sudtirolese.
A decretarne la morte definitiva è stata la superesperta di ambiente e amministrazione pubblica Marianna Madìa. Il decreto Sblocca Italia aveva già tolto di mezzo le soprintendenze ai beni culturali, a che servivano nel paese del 40% del patrimonio artistico mondiale, essendoci una Madia? E, per la valorizzazione, un Briatore, un Ciancimino, un Fuksas? La messa a disposizione delle solite torme di ratti, tipo costruttori all’Aquila, viene completata dalla Madia che, all’insaputa di ogni principio di razionalità ed efficienza, ma alla saputa di speculatori e predatori, elimina il CFS incorporandolo nei più “affidabili” carabinieri. Con i Vigili del Fuoco sotto organico perenne e gravemente sottodotati, i due corpi a cui è affidata la salvaguardia del nostro territorio violato e sgretolato, sono ridotti alla ragione di Stato, di questo Stato. E così i geologi, scienziati di cui l’Italia avrebbe bisogno più dei perfettamente inutili suoi 322mila soldati. Sono troppi, costano troppo. Possiamo spendere 15 miliardi di euro per 90 scarcassoni chiamati F35, che tutti gli altri cancellano. Possiamo regalare 20 miliardi alle banche perché si salvino dalle proprie ruberie e regalie. Sarebbero 35 miliardi con i quali si riaggiusterebbe metà del nostro territorio dissestato e reso stragista. Se i nostri burattini scegliessero diversamente, chi li farebbe lavorare più appesi ai fili?
La meglio Protezione Civile
E così non solo prevenzione nulla e abusi a gogò, allarmi ignorati da prefetti, ritardi surreali nei soccorsi, turbine antineve rotte e non riparate, strade vitali per le emergenze sepolte e nè manotenute, né sgomberate (le province che se ne occupavano abolite pure quelle), gente in tenda sotto tonnellate di neve e tra macerie non rimosse a cinque mesi dal primo sisma, tramvate contro la realtà cialtronesca di regime di un capo dello Stato che biascica “non vi abbandoneremo”. Ma nulla ricorda degli 8000 km di ferrovia, della rete allora migliore d’Europa, tagliati come rami secchi per far posto alla gomma e ai carburanti dei compari. Treni che, aprendosi la strada con i rostri anche nella neve, collegavano tutti quei borghi che oggi si sono visti irraggiungibili. Ma anche tre elicotteri della Guardia Forestale che avrebbero potuto intervenire sull’albergo-tomba di Rigopiano, ma sono rimasti fermi perché la Madia non aveva ancora provveduto a emanare i decreti attuativi necessari l passaggio di consegne ai carabinieri. E tutti ad applaudire gli “eroici vigili del Fuoco e il Soccorso Alpino”, compresi quelli che non fanno che togliere di mezzo l’importuno intralcio alle magnifiche sorti e progressive di crescita e sviluppo.
Spasmi di rabbia e crampi di pena a vedere vagolare in una panorama tutto bianco che, solo al suo apparire sullo schermo cerchi una coperta, animali morituri. Mucche, pecore, maiali, conigli, che non sono solo l’economia della regione, senza i quali la regione si spopola e muore e poi viene giù. Sono creature senzienti, affettive, sofferenti, moriture, disperate, morte di freddo, di fame, di solitudine. Questa combutta di inetti e irresponsabili, cui le nevicate straordinarie erano state anticipate, non ha saputo predisporre, mica casette di legno o container attrezzati, ma semplicemente stalle, quattro assi e una tettoia, per salvare chi vive soffrendo l’indicibile e chi ne vive e annega nella disperazione. Siamo una landa desolata, un paese desertificato nella natura, nell’intelligenza, nell’onestà. A che servono i Forestali in un deserto?
Serbi da morire. Stavolta li ammazziamo di migranti
Se sollevo lo sguardo, passo attraverso la parte delle lenti bifocali che fa vedere lontano. Capita che si veda fino a Belgrado. Come, dopo tre lustri di pudica, prudente, cecità sul corpo di reato, sta succedendo in questi giorni a tutti. Vedono fino a Belgrado. Ma non vedono Belgrado. Vedono migranti al freddo. L’ho già ricordato altre volte, ma oggi c’è lo spunto per ripercorrere il ricordo: era la mattina del 24 marzo 1999, con il concorso di pacifinti alla Sofri e Langer, preti, dirittumanisti, giornalisti venduti o imbecilli, furbacchioni, mercenari Nato di Al Qaida, spie e delinquenti, avevano già sbranato la massima parte della Jugoslavia e si apprestavano all’esecuzione di quanto restava, nonostante tutto, orgogliosamente in piedi. La Serbia. Avevano già fatto pulizia etnica a migliaia di morti ammazzati e centinaia di migliaia di sradicati, in Kosovo, Bosnia, Krajine e si erano coperti inventando stragi serbe a Racak, Srebrenica, Vukovar.
Quella notte criminali di guerra, tra i quali il caporale di giornata D’Alema, avevano iniziato i bombardamenti su Belgrado la cui gente si ostinava a mettersi un ponte con un bersaglio sul petto a cantare canzoni. Quella mattina, in riunione di redazione, ci esaltarono l’opera di Giovanna Botteri portavoce simultaneamente di UCK e Nato e ci dissero che tutti dovremmo riferire così sull’ “intervento umanitario”. Come sempre, prima e dopo, nulla era vero, il dittatore Milosevic, gli stupri, la pulizia etnica in Kosovo, la repressione, le carceri piene di politici. Era vero il contrario. E la Serbia poteva dare esempi di democrazia e moderazione a tutta la sedicente “comunità internazionale”. Quel giorno fu il mio ultimo in Rai e il primo tutto solo e da indipendente.
A Belgrado la notte del nostro arrivo le macerie fumavano, nell’ospedale trovammo le incubatrici spente dalle bombe, così la TV di Stato, come in tutti i paesi che diffondono “fake news”, l’albergo accanto al nostro squartato da un missile, l’ambasciata cinese di fronte affettata da tre bombe, le strade ridotte in torrenti congelati di macerie. E la gente sul ponte con il Target, a cantare. Ne feci un documentario “Il popolo invisibile”. E poi un altro, “Serbi da morire”. E poi un altro, “Popoli di troppo”. Ma i miei reportage a Liberazione dopo un po’ vennero bloccati dal caporedattore Cannavò, ora a “Il Fatto Quotidiano”, e dalla vicedirettrice sotto Sandro Curzi , chihuahua di Bertinotti, Rina Gagliardi. Troppo squilibrato verso Milosevic. L’ultimo pezzo cestinato era sulle bombe a grappolo Usa su Nis e, peggio, un racconto di come bene i serbi accogliessero i rom. Rifiutarono perfino, grandi professionisti, la mia intervista con Slobo, l’ultima prima che lo arrestassero. Uscì poi sul Corriere.
Da allora, la Serbia sparì in un buco nero. Conveniva. La vergogna sotto sotto si faceva sentire. Un’Europa unita che ci dà 60 anni di pace e poi si amputa un arto. Ma la vergogna, il senso di colpa, in fondo al pozzo nero dell’anima di tutti coloro che hanno collaborato alla distruzione di Jugoslavia e Serbia, o l’hanno tollerata, riemerge adesso. E prova ad arrampicarsi dal buio della cattiva coscienza verso la luce di una maleodorante solidarietà. Quella per i profughi. Un uragano di compassione per chi agonizza al freddo, come Enrico IV, nel 1077 per tre giorni e tre notti nella neve, anche allora di gennaio, davanti al portone del castello di Gregorio VII e Matilde. Una bufera di indignazione verso “i serbi che sbarrano le porte”. Serbi come Orban, il “nazista ungherese” che, sia detto tra i denti, governa un paese che, in proporzione alla popolazione, ha il più alto numero di profughi d’Europa e il cui “muro” è un cancelletto rispetto a quello eretto in Palestina o a Calais. Lui però è cattivo, ha cacciato tutte le buone Ong di Soros, ama più Putin di Juncker. Cattivi anche i serbi una volta di più vittime di menzogne e calunnie. Come dal 1990. Come anche prima, quando Tito e Milosevic si ostinavano a tenere il paese fuori dalla camicia di forza delle superpotenze.
Una cattiva coscienza che si nasconde nella solidarietà
Sarete rimasti atterriti dall’uragano di immagini, lacrime, geremiadi, anatemi, che i media di mezzo mondo, hanno scaricato dagli schermi a proposito della tempestivamente re-innescata (ovviamente contro Trump e accoliti che schifano i migranti) rotta balcanica. Come Enrico IV, alle porte di Belgrado, o al confine serbo-ungherese, nel gelo, colonne di fuggiaschi in stracci, senza protezione, assistenza, conforto, attorno a focarelli che lottano contro bufera e nevischio, che si fanno la doccia all’aperto, con acqua di bidoni ghiacciati, bambini e donne (meticolosamente rintracciati tra un 90% di giovani maschi). Una roba, come suggerisce un acuto commentatore al mio blog, che dovrebbe evocare paragoni con l’olocausto, con le turbe di moribondi in marcia dal treno blindato alle presunte camere a gas. Ovviamente, su questa strada, Furio Colombo e la lobby sono sempre in testa.
Diversamente che da noi, anche a Roma, non c’è stato nessuno sgombero forzato, si è negoziato per trovare una soluzione che non ferisse nessuno, si sono messe a disposizione tre caserme (da noi stanno vuote), si è provveduto a fornire vestiario, cibo, calore. I cittadini di Belgrado, cui abbiamo lasciato gli occhi per piangere, si sono mossi in soccorso individuale e collettivo, come li avevo visti fare quando dal Kosovo, lacerato dalle bombe Nato e dai briganti dell’UCK, arrivavano in fuga serbi e rom.
Non hanno parlato di integrazione, di assimilazione di meticciato, e altri trucchi neocolonialisti, coloro che facevano parte del migliore esperimento di integrazione tra etnie e confessioni di una famiglia geografica e storica dallo stesso destino e progetto politico. Ma hanno fatto quel che potevano, da gente stanca, disillusa, sfiancata, mal governata (come piace ai suoi giustizieri), impoverita, demoralizzata, per continuare ad avere il mondo contro. Il mondo che gli ha troncato le gambe e chiuso il futuro. E che oggi pretende di dare lezioni di umanità. Appunto, lo stesso mondo dell’intervento umanitario a forza di bombe e bugie.
Quanto a noi, a quelli che marciano contro Trump per la soddisfazione di Obama, Hillary, signori delle guerre, dei diritti umani, dei LGBTQ, delle donne (bombardate escluse), che magnifica occasione, quella dei poveri rifugiati davanti alle mura dei soliti serbi, per nascondere i carcinomi della nostra coscienza. Per lavarla, questa coscienza, con la candeggina dell’ipocrisia.
Pugnalata alle spalle del Venezuela bolivariano, parata al Senato dai 5 Stelle
http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/pugnalata-alle-spalle-del-venezuela.html
VENERDÌ 20 GENNAIO 2017
ORDINE DEL GIORNO
Giovedì 19 gennaio 2017
744a e 745a Seduta Pubblica
alle ore 9,30
Discussione di mozioni sulla crisi del Venezuela (testi allegati)
alle ore 16
Interrogazioni a risposta immediata ai sensi dell’articolo 151-bis del Regolamento al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare su: – problematiche connesse all’inquinamento atmosferico; – gestione del ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento alla bonifica dei siti di interesse nazionale.
MOZIONI SULLA CRISI DEL VENEZUELA
(1-00709) (17 gennaio 2017) CASINI, CORSINI, MINZOLINI, PEGORER, RAZZI, SANGALLI, SCHIFANI, VERDUCCI, ZIN, GIANNINI, MOSCARDELLI, SCALIA, PUPPATO, MARAN, CALEO, CUOMO, ANGIONI, DE BIASI, CANTINI, SONEGO, D’ADDA, PEZZOPANE, LAI, RUSSO, CHITI, FILIPPIN, PAGLIARI, SUSTA, DE PIETRO, COMPAGNA, LANIECE, ROMANO, BATTISTA, ORELLANA, LONGO Fausto Guilherme, FRAVEZZI, PANIZZA, ZELLER, BERGER, BUEMI, LIUZZI, BIANCONI, DI BIAGIO, ALBERTINI, CONTE, TORRISI, ROSSI Luciano, D’ASCOLA, AMORUSO, GAMBARO – Il Senato, considerato che: da quasi 3 anni il Venezuela attraversa una profondissima crisi economica, sociale e politica; negli ultimi mesi la crisi economica si è ulteriormente aggravata, principalmente a causa delle scelte del Governo, con il peggioramento di tutti gli indicatori e il raddoppio del tasso di povertà; l’aumento esponenziale del tasso di criminalità ha reso il Venezuela uno dei Paesi più pericolosi del mondo; nonostante una crisi umanitaria sempre più grave, caratterizzata in particolare da carenza di cibo, di medicinali e di dispositivi medici, il Governo ostacola l’ingresso nel Paese di aiuti umanitari e le diverse iniziative internazionali, anche non governative, di sostegno alla popolazione; la preoccupazione nei confronti della situazione venezuelana è condivisa dalla comunità internazionale, a partire dall’Unione europea, dalle Nazioni unite, dall’Organizzazione degli Stati americani e dal G7; la proclamazione dello “stato di eccezione ed emergenza economica” attribuisce al Governo poteri straordinariamente estesi in ogni ambito, con un’inaccettabile restrizione delle garanzie costituzionali e dei diritti civili e politici; la separazione tra i poteri, essenziale in uno Stato di diritto, soffre una grave limitazione, considerando il forte controllo che il Governo esercita nei confronti degli organi giudiziari, del Consiglio elettorale nazionale e in particolare del Tribunale supremo; le attribuzioni costituzionali dell’Assemblea nazionale, organo del quale l’opposizione democratica detiene la maggioranza, sono sistematicamente violate, attraverso decisioni, sia del Governo che del Tribunale supremo, che impediscono lo svolgimento delle sue funzioni legislative e di controllo ed hanno creato le premesse per l’approvazione da parte dell’Assemblea di atti che aggravano ulteriormente la frattura istituzionale in atto; altissimo è il numero delle persone in prigione, agli arresti domiciliari o in liberta vigilata per ragioni politiche, tra cui esponenti politici di primo piano, come Leopoldo López, Antonio Ledezma e Daniel Ceballos; nonostante le rilevanti concessioni dell’opposizione (che ha rinunciato, di fatto, a proseguire l’iter per l’indizione del referendum revocatorio), il dialogo politico, avviato anche grazie alla mediazione vaticana, appare bloccato e rischia di essere utilizzato dal Governo in termini puramente dilatori; in Venezuela vive una numerosa comunità di origine e di cittadinanza italiane, che condivide le privazioni, l’insicurezza e il clima di intimidazione, in cui versa gran parte della popolazione; le imprese italiane che operano nel Paese soffrono fortemente la situazione di crisi economica e di tensione politica, nonché l’atteggiamento di scarsa collaborazione del Governo, anche in relazione ad una posizione creditizia complessiva ormai insostenibile (stimata attualmente in circa 3 miliardi di dollari), impegna il Governo: 1) ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile, anche in sede di Unione europea e in collaborazione con gli organismi internazionali, per ottenere dal Governo venezuelano un atteggiamento costruttivo per superare la situazione critica in cui versa il Paese; per impegnarlo a ripristinare la separazione dei poteri e salvaguardare le attribuzioni dei diversi organi costituzionali; per favorire un dialogo effettivo e stringente tra i diversi livelli di Governo, l’opposizione democratica e la società civile; per ottenere la liberazione di tutti i prigionieri politici; 2) ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile, anche in sede di Unione europea e in collaborazione con gli organismi internazionali, per alleviare la grave crisi umanitaria del Paese, in particolare a favore dei soggetti più deboli della società; 3) ad approntare un piano straordinario di assistenza ai connazionali residenti in Venezuela, anche attraverso un rafforzamento delle nostre strutture diplomatico-consolari; 4) a continuare a sostenere i legittimi interessi delle imprese italiane che operano nel Paese e vantano crediti nei confronti del Governo. (1-00712) (18 gennaio 2017) BERTOROTTA, PETROCELLI, LUCIDI, DONNO, SANTANGELO, CAPPELLETTI, SERRA, ENDRIZZI, MORRA, GIARRUSSO, LEZZI, GAETTI, CIOFFI, PUGLIA, PAGLINI – Il Senato, considerato che: da almeno 2 anni il Venezuela vive una forte crisi economica e politica principalmente a causa del crollo dei prezzi del petrolio, con il peggioramento di tutti gli indicatori economici; l’aumento esponenziale del tasso di criminalità ha reso il Venezuela uno dei Paesi più pericolosi del mondo, insieme al Messico, dove gli eccidi indiscriminati sono all’ordine del giorno; il Governo fronteggia il fenomeno del mercato nero e dell’indisponibilità, da parte delle grandi aziende distributrici, a mettere in commercio prodotti alimentari, principale causa della carenza di beni di prima necessità; la situazione è aggravata anche dalla corruzione endemica della pubblica amministrazione venezuelana, che erode consenso alle istituzioni e polarizza ulteriormente le fazioni su posizioni estreme; la situazione venezuelana è oggetto di indebita ingerenza da parte della comunità internazionale, a partire dall’Unione europea, dalle Nazioni unite, dall’Organizzazione degli Stati americani e dal G7; la proclamazione dello “stato di eccezione ed emergenza economica” attribuisce al Governo poteri straordinariamente estesi, nel tentativo di affrontare la crisi economica e la destabilizzazione, anche internazionale, verso il Paese latino americano; la FAO ha premiato il Venezuela per l’impegno dimostrato nel combattere la fame nel Paese, in riferimento al programma “Misión Alimentación”, istituito dal Governo nel 2003. Secondo le statistiche ufficiali, il programma è riuscito a distribuire circa 26,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, arrivando a garantire il 95,4 per cento dei venezuelani con più di 3 pasti al giorno; sono stati compiuti progressi anche nei campi dell’istruzione di massa (l’Unesco ha dichiarato il Venezuela Paese libero dall’analfabetismo nel 2005), dell’assistenza sanitaria, attraverso il programma “Barrio Adentro”, che ha permesso la costruzione di più di 13.000 centri medici di varie tipologie, nel campo della distribuzione dell’acqua potabile, rifornendo circa il 95 per cento della popolazione; in Venezuela è presente una numerosa comunità di origine e di cittadinanza italiana, che vive un profondo sentimento di abbandono da parte dell’Italia; dal maggio 2014, Alitalia ha sospeso i voli da Roma per Caracas, isolando di fatto i nostri connazionali, che sono costretti a fare scalo in Spagna, aumentando considerevolmente i tempi e i costi di spostamento per raggiungere il nostro Paese; l’INPS ha penalizzato i pensionati italiani in Venezuela, attraverso il versamento delle pensioni con un cambio sfavorevole; dall’elezione del presidente Chavez, il Paese vive una contrapposizione infruttuosa tra maggioranza e opposizione e, più in generale, tra classe imprenditoriale e Governi succedutesi dal 1998 in poi, che hanno portato ad un tentativo di colpo di stato nel 2002, i cui responsabili hanno però ottenuto l’amnistia dal Governo dell’epoca; ad un anno dalla morte di Ugo Chavez, stroncato da un fulmineo cancro nel 2014, il Paese ha conosciuto un forte periodo di instabilità, con manifestazioni e scontri, noti come “guarimbas”, che hanno causato la morte di decine di persone, tra cui molti membri della Polizia; in risposta a queste manifestazioni, il Governo ha incarcerato centinaia di persone, accusate di essere responsabili di gravi fatti di sangue, interruzione di pubblici servizi, danneggiamenti e incendi di strutture pubbliche, omicidi mirati o veri e propri attentati terroristici; il Paese sudamericano ha vissuto una turbolenta vita politica fatta di colpi di stato e repressione dell’opposizione che, solo dagli anni sessanta in poi ha permesso il ritorno alla vita democratica, seppur con pesanti ingerenze straniere e delle élite economico-finanziarie, che hanno aumentato la povertà negli strati più deboli della popolazione venezuelana; la contrapposizione tra le fasce più ricche e quelle più povere della popolazione e il boicottaggio delle azioni governative hanno causato un ulteriore aumento delle esposizioni debitorie e generato diffidenza presso gli investitori internazionali; il protrarsi di tale situazione rischia di coinvolgere la comunità italiana nel Paese, in un più generale clima di scontro, anche armato, tra le parti, che non porterà al miglioramento delle condizioni di vita dei nostri concittadini e dei cittadini venezuelani; la recente visita del presidente venezuelano Nicolas Maduro a papa Francesco del 24 ottobre 2016 ha avviato una nuova fase di colloqui di pace, volti a favorire una mediazione tra governo e opposizione e finalizzata al ripristino della pace sociale e della cooperazione tra le parti nell’interesse di tutto il popolo venezuelano; le imprese italiane che operano nel Paese soffrono fortemente la situazione di crisi economica e di tensione politica, anche in relazione ad una posizione creditizia complessiva ormai insostenibile (stimata attualmente in circa 3 miliardi di dollari); il 20 maggio 2014 il Sottosegretario di Stato pro tempore per gli affari esteri, Mario Giro, in relazione alla crisi venezuelana, sosteneva il dialogo tra Governo e opposizione, facendo eco al Ministro pro tempore degli affari esteri, Federica Mogherini, che sosteneva “Credo che non ci sia altra strada percorribile se non quella di sostenere questo difficile sforzo di dialogo nazionale”, impegna il Governo: 1) ad avviare un dialogo con il Governo venezuelano, nel pieno rispetto del principio di non ingerenza negli affari interni di altri Stati, al fine di tutelare la sicurezza e il benessere dei cittadini venezuelani e in particolare degli Italo-Venezuelani; 2) a rigettare con forza qualsiasi posizione oltranzista e ogni pratica violenta, supportando, con ogni mezzo necessario, l’iniziativa di pace della Santa Sede; 3) a chiedere a Caracas di aumentare le misure di sicurezza a protezione della comunità italiana, predisponendo quanto necessario a garantire una vita tranquilla agli italo venezuelani nel Paese; 4) a chiedere all’opposizione venezuelana di fare quanto possibile per isolare i violenti e ripristinare le condizioni di dialogo nell’interesse del popolo venezuelano; 5) ad avviare una contrattazione per ripristinare i voli aerei da e per Caracas dal nostro Paese, agevolando i nostri concittadini nel Paese latino americano, anche con tariffe scontate; 6) a sostenere procedure di pagamento dei crediti vantati dalle imprese italiane anche attraverso contropartite in petrolio, di cui il Paese è particolarmente ricco e i cui prezzi sono in ripresa, permettendo così il recupero delle ingenti somme vantate dalle nostre imprese in tempi più rapidi.
ISIS E ANTI-TRUMP: STESSO MANDATO STESSI MANDANTI – Mentre utili idioti e amici del giaguaro marciano contro Trump, Obama avvelena i pozzi in Siria
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VENERDÌ 20 GENNAIO 2017
OBAMA: mai nessuno peggio di lui (ma meglio per il “manifesto) – NEOCON-OBAMA-ONG: combattere i russi fino all’ultimo europeo – BIG PHARMA: vaccinare fino all’ultima bufala
http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/obama-mai-nessuno-peggio-di-lui-ma.html
DOMENICA 15 GENNAIO 2017
Se ne va il peggiore presidente della storia americana, il più sanguinario, il più ipocrita, il più criminale, quello che ha fatto odiare gli Usa nel mondo più di qualunque predecessore. E il “manifesto”, ossimorico quotidiano finto-“comunista” e vero-sorosiano, che ancora qualcuno legge pensandolo onesto e di sinistra, sulle cui oscenità ancora qualcuno traccia con la sua penna foglie di fico, mobilita tutti i suoi embedded e scrive epitaffi che neanche a Che Guevara o Antonio Gramsci.
Nei paginoni su paginoni in cui si celebrano gli 8 anni di regime obamiano, si lacrima sulla sua fine, si vaneggia golpisticamente su una rivolta nel nome di Obama contro il presidente eletto, è tutto un profondersi ìn meriti che incideranno per l’eternità il profilo di Obama nelle rocce di Mount Rushmore. Panzane come l’Obamacare (limitato a 20 milioni di persone su 50 senza assistenza sanitaria, e a condizione di consegnarsi mani e piedi legati alle assicurazioni e a Big Pharma), l’apertura ai migranti (1,5 milioni espulsi, più di qualsiasi predecessore), il muro tra Usa e Messico rafforzato ed elettrificato, le pari opportunità, i matrimoni gay (quelli sì), la difesa delle minoranze (licenza di uccidere e impunità alla polizia più violenta del mondo, specie sui neri), la ripresa economica (Usa in totale rovina infrastrutturale, disoccupazione record, salvataggi a gogò delle banche predatrici, delocalizzazione dell’apparato produttivo in paesi con manodopera schiavizzata) e, naturalmente, la fine delle guerre (solo 7, dopo le tre di Bush).
A paragone di questi indecorosi e truffaldini peana, appare contenuto plauso l’incensamento che alla sua divinità dedica il talmudista, hillarista, mossadista storico, Furio Colombo, su “Il Fatto”, giornale atlantista fratello maggiore del “manifesto” (“Obama uomo della diversità, inviolabilità dei diritti, uguaglianza, che lascerà alla parte libera del popolo americano orizzonti grandi, grandissimi”, come ben sanno i neri Usa decimati dalla polizia di Obama, e qualche milione di mediorientali eliminati). Entrambi, gonfiando di aspettative il proposito di Obama di assumere la guida della resistenza a Trump, ne sostengono implicitamente il sabotaggio revanscista eversivo, roba inedita negli Usa.
Il retaggio di un assassino seriale di massa
Scampando alle intossicazioni di questi fogli corifei,i cittadini americani e del mondo registrano: la costituzione smantellata da superpoteri presidenziali assunti da Obama in un paese militarizzato e dalle libertà civili ridotte al lumicino; una corruzione agli alti piani e un arbitrio del potere finanziario di Wall Street senza precedenti, l’elefantiasi e l’illimitata protervia dell’apparato militare, sorveglianza, sicurezza, spionaggio capillari e invasivi come in nessun altro paese del mondo; più neri inermi assassinati, violati nei loro diritti, incarcerati che negli anni del segregazionismo.
All’estero il 44° presidente degli Usa lascia una scia di sangue che cinge il mondo come un cilicio. E’ considerato da miliardi di atterriti e devastati esseri umani il più pericoloso governante mai apparso sulla Terra prima e dopo Hitler. Un macellaio di donne e bambini, di funerali e matrimoni, e di paesi, anche europei, che ha infestato di terroristi suoi mercenari, un guerrafondaio che, sulla base di menzogne, ha esteso guerre genocide a 7 paesi, che ha polverizzato, servendosi di bombe, missili, sicari jihadisti, israeliani, turchi, sauditi, tre grandi e civili nazioni arabe, che ha universalizzato la pratica degli assassinii extragiudiziari con droni, da lui personalmente ordinati, che ha sulla coscienza milioni di morti innocenti, che ha esteso l’impiego di Forze Speciali, cioè squadroni della morte impunibili, a 135 Stati, che ha aumentato la spesa bellica a livelli senza precedenti nella storia del mondo, arrivando a stanziare un trilione di dollari per potenziare l’arsenale nucleare
Che ha usato il mantra della guerra al terrorismo e alla droga come chiave per destabilizzare nazioni e conquistare produzioni e mercati alla droga, che ha consentito alla NSA di distruggere la privacy di ogni cittadino del mondo, che ha violato la sovranità e autodeterminazione dei popoli destabilizzando i loro Stati con rivoluzioni colorate e colpi di Stato affidati a gruppi nazisti o mafiosi (Ucraina, Honduras, Paraguay, Brasile…), che ha strangolato paesi non succubi con sanzioni ed embarghi, che ha artatamente portato all’incandescenza il confronto con una Russia pacifica e rispettosa del diritto internazionale, elevando il rischio della catastrofe termonucleare e coinvolgendovi a forza i paesi sudditi, che ha consacrato la sinergia criminalità di Stato–criminalità organizzata a modello di governance in tutto l’Occidente e nei paesi neocolonizzati, che ha portato avanti e potenziato la necrofora strategia neoliberista e militarista dei Neocon per un governo totalitario mondiale, lanciata con l’operazione 11 settembre. Che ha messo il sigillo ai suoi due mandati di terrorismo interno e mondiale lanciando nell’ultimo anno su parti del mondo 26.171 bombe, tre bombe all’ora per 24 ore ogni giorno.
La bomba e il petardo
Un essere dal bell’aspetto e dalla psiche tarata che, prendendo in giro il popolo cubano in combutta con tre papi e un presidente cubano rinnegato, gli ha rinnovato le sanzioni inoculandogli simultaneamente il virus mortale del capitalismo straccione al servizio del capitalismo dei signori. E mentre a Cuba corrompeva quanto restava da corrompere, ha rinnovato le sanzioni al Venezuela, vi ha scatenato la jacquerie e il sabotaggio dei ceti parassitari fascisti e gli ha annunciato guerra alla morte definendo questo paese inerme e pacifico “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati Uniti”. Quanto finora Donald Trump, il Belzebù, la sentina di ogni male per i politically correct, gli pseudo-sinistri – cripto-destri, ha blaterato in termini di minchiate xenofobe, sessiste, anti-ecologiche, sta a quanto ha combinato questo bruto del “yes we can” in materia di crimini contro l’umanità come un ordigno con la miccia spenta sta a una deflagrazione atomica. Ed è proprio questo delinquente abituale che, consci o no, difendono le torme sorosiane che negli Usa e in Europa si vanno mobilitando per far sì che una piazza obamian-hillariana-neocon-Cia faccia saltare il nuovo presidente e, con lui, le quanto resta delle istituzioni fatte a pezzi da Obama. O, piuttosto, da chi s’è inventato e ha usato questo cinico pupazzo, finto taumaturgo nero, per procedere nel proprio programma eugenetico di pulizia etnica, culturale e sociale. Un idolo, un eroe, un martire per gli sgherri di Hillary. Un criminale di guerra che, al momento, la scamperà grazie alle cortine di fumo stese da sicofanti come, nel suo indecente piccolo, il “manifesto”. Ma che la Storia impiccherà al pennone più alto della flotta pirata. Quella su cui ci ostineremo a navigare, noi comuni mortali.
Negli Usa, con un presidente sconfitto che non sa perdere e un establishment che ha puntato tutte le sue fiches sul rosso della guerra alla Russia, ostacolo insuperabile alla conquista del governo mondiale, siamo allo scontro al calor bianco tra la fazione militarista-securitaria che campa di guerre, insicurezza e terrorismi e lo schieramento Trump che, per quanto equivoco e trasversale, non accetta la priorità dello scontro con chi possiede le più vaste risorse energetiche e minerarie del mondo. Ma preferisce farci affari, prendendosela semmai con la Cina divoratrice di produzioni e mercati.
Svaporate le balle dell’hackeraggio russo che avrebbe convinto gli americani a votare contro Hillary e, quella più miseranda, degli exploit sessuali di Trump a Mosca (inventati dalla spia britannica in disarmo Christopher Steele su commissione di John McCain), che la stessa Cia è stata costretta a smentire, la campagna russofobica è passata al gioco duro. E’ scesa in campo con un’armata di carri armati e di truppe di terra, mare e aria, che hanno attraversato l’Europa da ovest ai confini polacchi e baltici con la Russia, come non la si era vista dalla Seconda Guerra Mondiale. Brividi, tremori, panico. “Much ado about nothing”, direbbe Shakespeare, molto rumore per nulla. Per nulla proprio no, perché le intenzioni dietro la mossa sono comunque criminali. E letali per noi.
Siamo a qualche migliaio di mezzi corazzati e blindati e a 4000 soldati, più i 5000 della Forza di Pronto Intervento, con elicotteri e F15. Non costituirebbe, questo dispiegamento, una minaccia per la Russia neanche se fosse cento volte, anzi, mille volte più grande. Hitler invase la Russia di uno Stalin impreparato con 3.800.000 soldati, 600mila veicoli, 3.350 tank, 7.200 pezzi d’artiglieria, e 2.770 aerei della migliore aviazione dell’epoca. Vi si aggiunse, grazie alla cinica irresponsabilità di Mussolini, l’ARMIR, la spedizione stracciona di morituri italiani. L’Armata Rossa, nonostante le purghe di ufficiali inflittele da Stalin, li divorò tutti e vinse la guerra. E oggi la Russia di Putin, rispetto all’Urss del 1939, se la può tranquillamente ridere di una forza come quella fatta marciare, gagliardetti al vento, tra tromboni e cimbali e spaventose urla di guerra mediatiche, dal Canale della Manica all’Ucraina.
A cosa serve la parata? A far dire ad accattoni e zoccole nei governi UE e nazionali e rispettive presstitute che la Russia è una minaccia mortale (lo zelante premier danese si è superato dicendo che la minaccia incombente russa deve essere prevenuta subito con un’azione di forza), e che sarebbe demenziale se Trump dovesse illudersi di normalizzare le relazioni con Mosca. E’ davvero paradossale, mai visto, che l’apparato militare americano conduca manovre provocatorie a rischio di guerra in aperto contrasto con le politiche annunciate dal neoeletto comandante in capo.
Contro l’Eurasia fino all’ultimo europeo
Rumoreggiando contro i confini russi, Usa ed eurosguatteri al guinzaglio, sanno che nel caso di attacco andrebbero incontro a una sconfitta. Perché allora provocare, correndo il rischio, sempre attuale data la psicopatologia che caratterizza i vertici Usa, che qualche dito finisca sul pulsante rosso? Parrebbe “much ado about nothing” ed è invece molto rumore del kombinat repubblicani neocon-falchi democratici hillariani, accompagnato dagli strepiti delle zoccole mediatiche, attorno a qualcosa di grosso. Si tratta di impedire a tutti i costi il reciprocamente vantaggioso incontro tra una Russia straricca di risorse e un’Europa dell’alta tecnologia e dalla gran fame di energia. E’ il mandato assegnato alle zoccole mediatiche e Ong che coprono i loro servigi atlantisti, talmudisti, antidemocratici e guerrafondai, fingendo di stracciarsi le vesti umanitarie sui migranti al gelo balcanico. Un incontro di pace, quello tra Europa e Russia, dettato da geografia, storia, economia, cultura. Un incontro fisiologico, di mutuo interesse e beneficio, ma che ridurrebbe la potenza Usa, strumento della cupola mondialista, ai margini dei significati e dell’agibilità geopolitici. E che aprirebbe agli europei, agli Stati nazionali, una via d’uscita dalla colonizzazione dell’Impero e dal suo vicerè a Bruxelles.
Questi tamburi di guerra, queste trombe del giudizio, questi fischi del pecoraro alle sue pecore, devono avvelenare i rapporti tra Occidente e Russia sul piano economico, militare, culturale, al punto da rendere estremamente difficile al prossimo presidente di attuare i suoi propositi collaborativi verso Mosca. Gli toccherebbe cancellare tutti i provvedimenti ostili del suo predecessore e contro tale ipotesi si scatenerebbe l’irrefrenabile indignazione, come già in atto, dei massmedia e delle Ong umanitarie asserviti all’establishment militar-securitario: Trump, nient’altro che una marionetta di Putin, avrebbe svenduto all’orrendo orso russo la sicurezza americana. Obiettivo finale: bloccare nel caos l’insediamento del neopresidente, o arrivare rapidamente al suo impeachment. Europa ricondotta nei suoi ceppi atlantici, alla mercè delle predazioni del sistema mafiofinanziario mediante TTIP, il TISA, CETA, NATO. Eurasia kaputt. Psicosi di guerra strutturale e permanente con relativi profitti per chi ci campa e ci comanda. Eventuale conflitto circoscritto al campo di battaglia russo-europeo. Lontano dal suolo americano.. Come in Siria, Iraq, Afghanistan e resto del mondo.
Sostenuta dagli utili idioti e da amici del giaguaro hillariani, tipo Michael Moore o altre celebrità dell’infotainment, che, rimborsati da Soros, annunciano manifestazioni milionarie per i giorni prima e dopo l’insediamento del 20 gennaio e, in Europa, dalle mille Ong pacifinte e migrantofile, i vociferanti LGBTQ, gli umanitaristi e i radicalchic che prediligono manifestare contro il rischio Trump piuttosto che contro gli stivali chiodati di Obama-Hillary-Cia-Pentagono-Neocon in marcia sulle loro pance, l’isteria antirussa punta a un risultato preciso. Non la Russia, l’Europa.
Amnesty e Un Ponte per
Israele fa la sua parte. E pure le pseudo-Ong della Cia.
Vaccini fino all’ultimo boccalone
Le gigantesche bufale su epidemie globali e assassine, Aids, mucca pazza, peste suina, influenza, ebola, aviaria, non ci hanno insegnato niente. Pareva dovessero ridurre a uno scherzo la peste bubbonica dei secoli andati e sono rimaste circoscritte e in buona parte pura fuffa. Fuffa, sì, ma costosa per noi e redditizia per altri. Venivano attribuite a cause tanto certe quanto poi screditate, ma intanto hanno costretto Stati e, quindi, cittadini, a svenarsi per milioni di dosi di vaccini, in gran parte rimasti sui banchi ad ammuffire. Questa della meningite da meningococco è una delle truffe più plateali e spudorate. Psicosi mediatica e istituzionale ossessiva, basata su dati falsi, ma intanto tutti corrono a farsi iniettare veleni. Con 0,32 casi su 100mila persone nel 2015, 3 casi ogni milione oggi, siamo sotto la media europea che è di ben 14 casi. E in zona di assoluta tranquillità. Nella tanto deplorata Toscana, l’incidenza è di 0,83 su 100mila, largamente sotto l’emergenza. Dei 29 casi del 2016 ben 13 erano vaccinati, il 45%. Il che darebbe da pensare. Dal 2012 i vaccini sono inseriti nel Piano Nazionale Vaccinazioni ed è proprio dal 2012 che si nota un aumento dei casi da sierogruppo C rispetto al 2000. Fatevi una domanda, datevi una risposta. Stessa domanda e stessa risposta che valgono per la mobilitazione anti-Russia e anti-Trump delle tante nostre anime belle.
3.600 carri armati alle porte della Russia: MANIFESTARE CONTRO TRUMP E ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA DAI DELIRI BELLICI DI OBAMA E CO.
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