SE VINCE IL “NO”? MATTARELLA FARA’ UN NUOVO GOLPE: VIA RENZI ECCO CHI CI VUOLE RIFILARE. PAZZESCO!

“Se vince il No vado a casa”. L’aveva detto Matteo Renzi quando si sentiva la vittoria in tasca. Ma con l’avvicinarsi del 4 dicembre, data del referendum costituzionale, e i sondaggi che danno il fronte del Sì a rischio sconfitta, lo scenario di un successore a Palazzo Chigi sembra sempre più concreta tra le fila del Partito Democratico.
 
Secondo La Stampa, i nomi che si rincorrono per un post Renzi sono sostanzialmente tre. Il superfavorito è Dario Franceschini, attuale ministro della Cultura. Il leader di Areadem (la corrente interna a cui appartiene mezzo partito) è vicino anche alla minoranza del Partito Democratico e a Forza Italia, rapporti fondamentali per un dopo referendum in cui si dovranno equilibrare gli interessi di tutte le ali del Parlamento. Talmente favorito da meritarsi anche una battutina di Renzi, che un paio di giorni fa, a Firenze, gli ha detto che: “Caro Dario, l’ultimo ferrarese che è passato di qui ha fatto una brutta fine“, riferendosi al Savonarola, di Ferrara come Franceschini, bruciato in piazza della Signoria.
 
 
Gli altri due nomi sono quelli di Pier Carlo Padoan, che Sergio Mattarella avallerebbe per rassicurare i mercati internazionali, e Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico, che si sarebbe vantato della possibilità di detronizzare Matteo Renzi grazie al suo impegno di spinta sulla crescita. Una vanteria che l’ha messo in cattiva luce col premier che, anche in caso di abbandono di palazzo Chigi, potrebbe cassarlo. Perché all’alba del 5 dicembre potrebbe non essere più Presidente del Consiglio, ma segretario del Pd rimane.
FONTE LIBERO

Gli immigrati ci pagano le pensioni? Tutte balle: versano 11 miliardi ma ci costano 16,6 miliardi

IL PIL DI MAFIA CAPITALE
Gli immigrati ci pagano le pensioni
Un luogo comune molto diffuso in Italia racconta che gli immigrati che arrivano nel Belpaese siano fondamentali per pagare le pensioni agli italiani.
Ed è vero che, pagando i contributi previdenziali, i lavoratori stranieri in qualche modo aiutino l’Inps a elargire ogni mese le pensioni. Ma per l’Italia non è un conto in positivo: i migranti infatti ci costano ogni anno il 2% della spesa pubblica, ovvero circa 16,6 miliardi di euro. Più di quanto versino per i contributi.
 
La bugia del “gli immigrati ci pagano le pensioni”
 
La Fondazione Leone Moressa in questi giorni ha pubblicato un report annuale sull’economia dell‘immigrazione. I numeri sono chiari, ma vanno letti correttamente. La Fondazione ha infatti usato un gioco interessante, immaginando gli immigrati come una enorme azienda: gli stranieri producono, in maniera aggregata, un Pil complessivo di 127 miliardi di euro all’anno (8,8% del Pil nazionale). “Come la Fiat”, fanno sapere dalla Fondazione. O quasi, visto che la casa automobilistica ha un fatturato di 136 miliardi.
 
I dati inoltre dimostrano che i lavoratori stranieri nel 2014 hanno pagato 11 miliardi di contributi pensionistici e 6,8 miliardi di Irpef (l’8,7% del totale dei contribuenti). In sostanza hanno “pagato” la pensione a 640mila italiani. Un bel numero, certo: ma bisogna guardare anche a quanto costano gli immigrati allo Stato. Innanzittutto, ogni anno l’Italia versa le pensioni mensili a 100mila immigrati (75mila extracomunitari e 25mila comunitari dell’Est), quindi le pensioni “pagate dagli stranieri” scendono a 540mila. Inoltre vanno aggiunti i costi per welfare e sanità pubblica a cui ricorrono gli stranieri. Il conto finale è in rosso: i 5 milioni di migranti presenti in Italia (8,3% della popolazione) pesano sulla spesa pubblica nazionale per il 2% del totale. E poiché nel 2015 il Belpaese ha speso 830miliardi di euro, questo significa che gli immigrati sono costati agli italiani 16,6 miliardi. A conti fatti, insomma, comuntiari ed extracomunitari ci costano più di quanto diano per le pensioni e quasi lo stesso se si considera pure l’irpef. Non proprio un bel guadagno.

IN PENSIONE CON SOLO 5 ANNI DI CONTRIBUTI? VALE SOLO PER GLI IMMIGRATI! ECCO COSA E’ SCRITTO “NERO SU BIANCO” NEL SITO DELL’INPS

eguaglianza ovviamente. I ns pensionandi invece DEVONO INDEBITARSI PER VENTI ANNI CON LE BANCHE. Per fortuna che abbiamo tanti DIFENSORI DEI DEBOLI pronti a resistere per esistere. COSA NON SI FA PER NUTRIRE MAFIA CAPITALE, chi non sarebbe invogliato a venire qui? 
Se non versano contributi per almeno 20 anni, i lavoratori italiani perdono tutto il tesoretto versato. “Gli immigrati (invece) prendono la pensione anche con cinque anni di contributi”. E’ quanto riporta un articolo di “La Verità”, nuovo quotidiano fondato da Maurizio Belpietro sbarcato nelle edicole da qualche giorno. L’articolo, firmato dalla penna di Francesco Borgonovo, sottolinea:
 
E’ tutto scritto lì, sul sito dell’Inps. Con tagliente semplicità, quasi con una punta di burocratico compiacimento, viene illustrato il privilegio di cui godono i lavoratori immigrati”.
Di fatto, continua:
 
“non è vero che gli stranieri lasciano un tesoretto: se tornano a casa possono riprendersi ciò che hanno dato. E senza le restrizioni previste per gli italiani. Riscuotono anche se non hanno effettuato i versamenti minimi”.
 
L’immigrato che decide di rientrare in patria, insomma, non perde i contributi versati.
“Tutt’altro. Ha diritto ad avere una pensione di vecchiaia erogata dall’Inps esattamente come i cittadini italiani. E qui la questione si fa interessante. Il sito dell’Inps spiega che, per “gli extracomunitari rimpatriati” si devono distinguere due casi, “a seconda che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo”.
E qui si può andare a leggere quanto risulta dalla pagina del sito Inps che porta il nome “Prestazioni pensionistiche rimpatriati“. Per leggere sul sito dell’Inps, clicca QUI.
Così sotto il titolo “Trattamenti pensionistici ai lavoratori extracomunitari rimpatriati”:
 
“in caso di rimpatrio definitivo il lavoratore extracomunitario con contratto di lavoro diverso da quello stagionale conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati in Italia e può usufruire di tali diritti anche se non sussistono accordi di reciprocità con il Paese di origine”.
 
Sotto il sottotitolo “Pensione di vecchiaia”
  • Si devono distinguere due casi, a seconda che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo. Nel primo caso, i lavoratori extracomunitari assunti dopo il 1° gennaio 1996, possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata col sistema contributivo) al compimento del 66° anno di età e anche se non sono maturati i previsti requisiti (dunque, anche se hanno meno di 20 anni di contribuzione).
  • Nel secondo caso, i lavoratori extracomunitari assunti prima del 1996 possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata con il sistema retributivo o misto) solo al compimento del 66° anno di età sia per gli uomini che per le donne e con 20 anni di contribuzione.
Questo, quanto scrive l’Inps e riporta il quotidiano La Verità.
 
Andando a scavare più in profondità, si nota tuttavia un articolo pubblicato sul sito Pensionioggi.it che sulla pensione di vecchiaia scrive praticamente la stessa cosa, ma che ricorda come sia stata la legge Bossi-Fini del governo Berlusconi a stabilire il “favoritismo” di cui parla il giornale di Belpietro. Se l’intenzione era di attaccare il governo Renzi o in generale la sinistra, insomma, Belpietro ha fatto una bella gaffe.
 
” Ai lavoratori extracomunitari con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato rimpatriati spetta al compimento dei 66 anni di età e 7 mesi (65 anni e 7 mesi le donne). Dal 2018 il requisito sarà parificato a 66 anni e 7 mesi per entrambi i sessi. Fin qui siamo nel solco della norma di carattere generale, quella che non fa differenze in base alla nazionalità del lavoratore. Ma è un altro discorso se si guarda al requisito contributivo (quello appunto citato dal quotidiano La Verità). Qui occorre dividere la materia in due antitetiche situazioni: 1) se la pensione è liquidata con il sistema retributivo o misto (cioè se il lavoratore è in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995), si applica in toto la normativa italiana, senza alcuna deroga; perciò la colf/badante dovrà raggiungere il minimo dei 20 anni di versamenti per avere diritto alla pensione; 2) se il lavoratore ricade, invece, nel contributivo puro (cioè non era in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995) la legge Bossi-Fini (legge 189/2002)prevede che la pensione venga pagata anche se l’interessato non ha raggiunto il minimo dei versamenti previsto dalla normativa vigente. Per i cittadini italiani e i comunitari, invece, la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo può essere liquidata solo in presenza di almeno 20 anni di contributi a condizione, peraltro, che l’importo dell’assegno non risulti inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale) oppure, se non è rispettato il predetto importo soglia a 70 anni e 7 mesi in presenza di almeno 5 anni di contributi effettivi. In sostanza pergli extracomunitari nel sistema contributivo, la pensione viene pagata dall’Italia qualunque sia il numero dei contributi versati”.
 
E a tal proposito l’articolo del quotidiano La Verità mette in evidenza che “per gli stranieri, tutte queste restrizioni non esistono”, visto che “l’extracomunitario che, dopo il 1° gennaio 1996, ha versato contributi all’Inps, se torna in patria ha diritto alla pensione anche se non ha raggiunto il minimo di versamenti previsti dalla normativa vigente”.
 
Ora, anche se Pensioni Oggi rileva che “è opportuno ricordare che la legge 189/2002 (dunque Bossi-Fini) ha posto fine a una incredibile facoltà riconosciuta agli extracomunitari dalla legge 335/1995 (legge Dini), in base alla quale chi rientrava in patria senza avere raggiunto il diritto a pensione poteva chiedere la restituzione dei contributi pagati, compresa la quota a carico dell’azienda”, si nota come l’articolo del quotidiano di Belpietro fa riferimento a una normativa non voluta dal governo Renzi, ma addirittura dal governo Berlusconi.
FONTE:
 
WALL STREET ITALIA

Il treno Freccia passa a Carpi ma le sbarre non si abbassano

Una foto pubblicata sul gruppo facebook “Sei di Carpi se” rende l’idea del rischio che si è corso in via Remesina
treno Freccia passa a Carpi
La foto del treno pubblicata sul gruppo Sei di Carpi se da Greta Galantini
 
CARPI Un treno delle Frecce di Trenitalia è passato stamattina, lunedì 10 ottobre, sui binari di via Remesina, ma le sbarre non si sono abassate, o meglio come hanno raccontato alcuni testimoni si sono prima abbassate e poi, proprio mentre il convoglio stava per passare, si sono alzate. E solo per una coincidenza non c’è stato nessun incidente vista la frequenza di auto e pedoni immortalati nella foto pubblicata sul gruppo “Se di Carpi se“. Ora sarà necessario capire le cause del guasto, che ha messo a rischio la sicurezza di automobilisti, passanti e anche passeggeri del veloce treno, che è transitato a velocità sostenuta, certo della sicurezza del tragitto.

Pordenone, 3 arabi stupratori sbagliano vittima: è una campionessa di boxe, devastati di botte

pure la potenziale vittima è straniera, ma qui le femministe piddine TACCIONO. Come sempre, quando lo stupro o scampato tale è commesso da membri estranei alla famiglia o non è il fidanzato.
 
3 arabi stupratori
Foto de Il Gazzettino
 
PORDENONE – Li ha stesi tutti e tre. Del resto avevano scelto la donna sbagliata per tentare una aggressione o unapproccio sessuale. Già, perché non sapevano di avere di fronte una campionessa di boxe. La vicenda, ancora da chiarire in tutti i suoi aspetti, è accaduta l’altra notte a Pordenone nella zona di via Candiani, poco distante dal centro cittadino. Erano circa le 23 quando Daiane Ferreira, 28enne pugile di origini spagnole (è nativa di Vigo, in Galizia), già qualificata per le ultime Olimpiadi di Rio de Janeiro e campionessa iberica dei mediomassimi, ma residente in città da alcuni anni, ha incrociato i tre uomini di origine mediorientale: «Mi sono girata di scatto in tempo per schivare un’ombra che mi voleva afferrare alle spalle. Ho reagito e ne è nato un breve parapiglia»…

F-18 DIPINTI COME SUKHOI: PREPARANO UN FALSE FLAG?

  9 ottobre 2016
 
E’ stato un giornalista canadese che lavora in Europa centrale, Christian Borys, a postare su  Facebook le foto e la notizia: 
 
“Usa dipingono i loro F/A 18 per somigliare al tipo di colori dei jets russi in Siria.  Addestramento standard, ma però interessante”.
The U.S is painting their F/A-18’s to match the paint schemes of Russian jets in #Syria. Standard training, but interesting nonetheless.
Può anche darsi.   L’US Air Force dipinge i suoi aerei dei colori “nemici”  a volte per abituare i suoi piloti durante delle simulazioni. Ma il fatto è che è diffusa una conversazione del ministro degli esteri John Kerry, il primo ottobre,  captata nei locali della delegazione olandese all’Onu, a margine della assemblea plenaria. Kerry parla con non meglio identificati esponenti della “resistenza” siriana, e dice loro esasperato: I’ve lost the argument  per l’uso della forza” militare   (americana) contro Assad.
Parla, evidentemente, di una discussione che si è tenuta nella cerchia presidenziale,  dove sostiene di essere stato messo in minoranza: “Io ho sostenuto l’uso della forza. Sono quello che ha annunciato che stavamo per attaccare Assad”, riferisce ai suoi interlocutori siriani.  “Abbiamo un Congresso che non autorizzerebbe  […].  Il problema è che i russi non rispettano   il diritto internazionale come facciamo noi.  Noi non abbiamo base legale, a  meno che non riceviamo una risoluzione del Consiglio di Sicurezza”.
 
“Loro [i russi]  sono stati invitati, noi no. La sola ragione che ci  è rimasta per volare [sulla Siria]   è che stiamo dando la caccia all’ISIL. Se andassimo a  dar la caccia ad Assad, dovremmo liquidare tutta la difesa  aerea, e non abbiamo la giustificazione legale  per far questo”.  Ne ha parlato anche la CNN.
Ma quel che la CNN ha taciuto, è   che  l’intercettazione continua. Al minuto 11.18. l’interprete traduce dall’arabo all’inglese le frasi di uno dei ribelli, che si ritiene essere Raed Saleh,  il rappresentante dei cosiddetti Elmetti Bianchi – quelli che “documentano”  il “martirio di Aleppo”  a fianco dei jihadisti sul terreno.  “…La Russia bombarda i civili siriani, i mercati, ed anche noi, la  protezione civile (sic). Dall’inizio dell’intervento della Russia, noi abbiamo portato  le prove che 17 membri della protezione civile, nostro personale, sono stati uccisi dai bombardamenti aerei russi”.
 
Kerry: “Avete dei video degli aerei che attaccano?”
(l’interpreta e il siriano parlottano in arabo)
 
Kerry: “Possiamo avere i video [inintelleggibile] che i nostri agenti hanno chiesto?”.
 
(altro parlottare del siriano con l’interprete, e poi sì intromette un’altra voce), che è palesemente
 
Un membro del personale di Kerry: “Posso permettere di dirvi, riceviamo molti video di vittime degli attacchi, sono terribili, ma non ci servono a niente. Noi abbiamo bisogno di video di bombe e di aerei reali. Ci sono tanti diquesti video sul web, ma noi non sappiamo se sono veri o no. Dei video autentici degli aerei stessi, ecco quel che ci occorre”.
(qui l’audio completo: https://youtu.be/t3grHmI44mg)
Dunque, ricapitoliamo: Kerry si rivolge all’esponente di un gruppo noto per la ricerca di immagini sul terreno che strappino la commozione dell’opinione pubblica occidentale e  giustifichino l’intervento diretto Usa   “per proteggere i civili”.   Il nobile scopo umanitario già usato mille volte (per esempioin Libia), e che fallì nell’agosto 2013,quando il pretesto perfetto  – Assad “ha gassato il suo stesso popolo”  col  Sarin –    fu sventato dall’offerta immediata, da parte di Assad stesso, di consegnare  all’Onu le  sue riserve di armi chimiche.
 
Tre mesi dopo, l’indagine di Carla del Ponte, la magistrata svizzera incaricata dell’inchiesta dall’ONU, ha  appurato che i gasati (almeno 360 morti) di Goutha presso Damasco,furono dovuti a “ordigni carichi di gas tossico (forniti dai servizi segreti turchi a una delle tante bande di “ribelli” al soldo dell’Occidente e delle Petromonarchie), stipati malamente in un tunnel sotto Goutha, che  si erano rotti accidentalmente uccidendo qualche decina di persone (alcune tra queste raggiunte dal gas fuori del tunnel)”.
 
Adesso abbiamo sentito che Kerry chiede a questi suoi siriani,  i noti  diffusori di immagini false o fabbricate  Elmetti Bianchi, dei video di aerei  russi “veri  che commettono atrocità.  Magari, chissà,  basterebbero aerei dipinti come quelli russi; chi riesce a distinguerli in un video male a fuoco mentre sfrecciano  e vanno a bombardare un ospedale o un campo profughi, facendo  strage di bambini? Così giustificando  l’intervento bellico americano “per diritto di proteggere” i poveri civili?
Che gli occidentali siano alla disperata  ricerca di un pretesto per aiutare i loro terroristi, che stanno cedendo sotto  l’offensiva russo—siriana ed iraniana, ce l’ha mostrato un altro episodio. Il 28 settembre scorso,   la missione di Parigi all’Onu ha  lanciato l’allarme: due ospedali ad Aleppo  Est (decisamente, è piena di ospedali) sono stati bombardati; ed hanno  postato a illustrazione del  tweet una foto di edifici distrutti: una foto di edifici distrutti …a Gaza; subito dopo ritirata, perché se no si doveva fare l’intervento umanitario contro Israele.
La palese menzogna è stata immediatamente ripresa da Kerry, in dichiarazione congiunta con il  collega ministro francese Jean Marc Ayrault:
 
Last night, the regime attacked yet another hospital, and 20 people were killed and 100 people were wounded. And Russia and the regime owe the world more than an explanation about why they keep hitting hospitals and medical facilities and children and women. These are acts that beg for an appropriate investigation of war crimes. And those who commit these would and should be held accountable for these actions.
 
Il  guaio è che nessun dei gruppi d’opposizione  (non erano stati istruiti prima)  ha confermato la tragica notizia. Nemmeno il notorio Osservatorio Siriano sui Diritti Umani,  gestito dal Regno Unito da un solo “investigatore”,   un oppositore di Assad che dice di aver contatti telefonici  con i poveri perseguitati da Assad,  e su cui la Rai giura come unica fonte credibile.
Sicchè nella conferenza stampa seguente, il portavoce del Dipartimento di Stato, tempestato da un giornalista non asservito, non ha confermato, anzi ha ammesso che può essersi trattato di “un onesto errore”  (sic) da parte di Kerry.
 
Concludo:  forse dipingere  i caccia USA coi colori dei bombardieri russi è “standard exercise”. Ma se avviene un bombardamento da parte di aerei azzurrini nelle prossime ore,  su  un bersaglio di civili indifesi, bambini e donne, vi abbiamo documentato i preparativi di un false flag. Uno dei false flag di cui la storia dell’interventismo americano è piena.   E magari, avvertire in anticipo contribuisce a sventare.
f18-dipinti
 
(E qualcuno avverta la Botteri:  ci sono intercettazioni più  scottanti dei discorsi grassocci di Trump sulle donne. Che ne dice di  mandare il servizio di Kerry che parla coi “siriani” e vuole dei video “veri”  di aerei russi che bombardano civili?)