Siria. Quel che non vi dicono…

di Paolo D’Arpini – 21/08/2016
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Fonte: circolovegetarianocalcata
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Sui giornalacci del sistema, in particolare il Messaggero di Roma, è apparso un articolone a doppia pagina su tutte le brutture della Siria di Assad. “Come si muore nei lager del regime”. L’imbeccata l’avranno avuta dalla solita ong teleguidata, Amnesty International, che proprio ieri invitava i suoi adepti a scrivere al ministro Gentiloni per esortarlo “ad utilizzare la sua influenza per garantire che le autorità siriane forniscano informazioni dettagliate su quanti detenuti sotto la loro custodia, le loro condizioni di salute (anche mentale) e informare le famiglie di coloro che sono detenuti circa il luogo di detenzione…” Etc…
 
Questo senza considerare la situazione di carenza alimentare e di carenza di medicinali in cui la Siria si trova in seguito alle inique sanzioni inflitte da UE, USa e compagnia bella. Se una nazione ha già risorse insufficienti per sostenere i suoi cittadini come potrà adeguatamente occuparsi dei prigionieri stranieri (che prigionieri di guerra non sono ma semplici terroristi catturati sui luoghi dei loro misfatti).
 
La ong “umanitaria” dimentica inoltre di menzionare che tali detenuti sono non sono veramente “prigionieri di guerra” ma elementi esaltati, mandati a combattere impasticcati di anfetamine, ed inoltre dimentica che dall’altra parte non vengono fatti prigionieri, poiché tutti i soldati dell’esercito siriano, se catturati vivi, vengono immediatamente passati per le armi dai tagliagole. Ed inoltre dimentica di dire che la stragrande maggioranza dei tagliagole che osteggiano Assad sono stranieri, mentre l’esercito siriano di leva è composto da siriani, peraltro in maggioranza di religione sunnita, quindi è evidente che il popolo siriano sta con Assad e non con i “ribelli” (che poi ribelli non sono ma semplici mercenari)…
Ma è evidente che l’azione di Amnesty si aggiunge alle montature sui “poveri bambini di Aleppo” bombardati dai russi e dai siriani cattivi, che invero hanno la sola colpa di voler liberare Aleppo dall’assedio delle milizie mercenarie e terroriste foraggiate da USA, UE, Turchia e paesi del Golfo. (vedi anche:http://www.circolovegetarianocalcata.it/2016/08/19/%E2%80%9Caleppo-cosa-non-si-fa-per-te%E2%80%9D-%E2%80%93-nuova-recita-truculenta-dei-mercenari-tagliagole-in-siria/)
 
Ma, forse, a proposito della reale condizione della Siria di Assad, non tutti sanno che:
 
La famiglia Assad appartiene agli alawiti. La parte più tollerante dell’Islam.
Le donne siriane hanno gli stessi diritti degli uomini nella sanità e nell’istruzione.
In Siria le donne non sono obbligate a indossare il burqa. La Sharia (la legge islamica) è incostituzionale.
La Siria è l’unico paese arabo con una costituzione laica e non tollera movimenti estremisti islamici.
Circa il 10% della popolazione siriana appartiene ad una delle molte denominazioni cristiane presenti sia nella vita politica che sociale. Questa tolleranza religiosa è unica nella zona.
In altri paesi arabi la popolazione cristiana è inferiore all’1% a causa dell’ostilità sostenuta.
La Siria è l’unico paese del Mediterraneo che resta il proprietario della sua compagnia petrolifera, che ha chiesto di non privatizzare.
La Siria ha una apertura alla società e alla cultura occidentale come nessun altro paese arabo.
Prima della guerra civile era l’unica zona tranquilla senza guerre o conflitti interni.
La Siria è l’unico paese arabo senza debiti con il Fondo monetario internazionale.
La Siria è l’unico paese che ha ammesso i rifugiati iracheni senza alcuna discriminazione sociale, politica o religiosa.
 
Ed inoltre, lo sapevate che la Siria ha una riserva di petrolio di 2.500 milioni di barili, il cui funzionamento è riservata per le imprese di proprietà statale?
 
Sperando che ciò sia sufficiente a fare chiarezza…

Come fare guerra psicologica con un bimbo ferito

di Anthony Freda – 21/08/2016
guerra psicologica
Fonte: Megachip
Un’immagine di un bimbo ferito viene promossa negli screditati media mainstream insieme a una tragica storia di ‘attivisti’ in un quartiere collocato nella Aleppo Est occupata da Al-Qa’ida.
Secondo i media imbeccati dai governi, è agli «attacchi aerei russi o del regime siriano» che va imputata la colpa di questo atto di brutalità contro un bambino innocente.
Un bimbetto traumatizzato, apparentemente ferito, si siede tranquillamente in un’ambulanza nuova fiammante.
A un certo punto si tocca una ferita sulla propria testa.
Non reagisce a quel tocco.
Il video di due minuti da cui il fermo immagine è estrapolato mostra il bimbo mentre viene consegnato da una posizione buia a una persona “ufficiale” e portato dentro l’ambulanza.
Lì sta seduto silenziosamente mentre le macchine fotografiche vanno avanti a confezionare questa operazione di guerra psicologica.
La narrazione dei media principali è la seguente:
Mahmoud Raslan, un fotoreporter che ha catturato l’immagine, ha riferito all’Associated Press che i soccorritori e giornalisti hanno cercato di aiutare il bambino, identificato come Omran Daqneesh, di 5 anni, insieme con i suoi genitori ei suoi tre fratelli, che hanno 1, 6 e 11 anni.
«Passavamo lì da un balcone all’altro», ha dichiarato Raslan, che ha aggiunto: «Abbiamo inviato subito i bambini più piccoli all’ambulanza, ma la ragazzina di undici anni ha aspettato affinché sua madre venisse salvata. La sua caviglia era bloccata sotto le macerie».
Da una ricerca su Internet sul nome di “Mahmoud Raslan”, il presunto “fotoreporter”, non risultano altre immagini o video attribuiti a tale persona.
Al momento ci sono cinquanta guerre in corso lungo tutto il sanguinante pianeta Terra.
I bambini diventano vittime della guerra in ciascuna ora di ogni santo giorno.
Chiedetevi perché non vedete mai i bambini vittime degli attacchi aerei USA, o dei bombardamenti dei nostri alleati.
Quando fanno un servizio speciale un bambino morto o ferito e lo trasmettono a ripetizione, c’è un preciso ordine del giorno.
Di solito, l’obiettivo è quello di suscitare le emozioni necessarie a manipolare il vostro consenso per una nuova guerra.
Le parti di voi che disprezzate sono proiettate su un bersaglio mentre i vostri demoni privati diventano nemici pubblici, così che lo Stato può ammazzare impunemente, trasformando l’assassinio in patriottismo.
Probabilmente non c’è immagine più efficace per attingere alla nostra psiche tribale rispetto a quella di un bambino ferito o morente.
Come possiamo aiutare questo povero bimbo?
Lo Stato ha una risposta preconfezionata.
Centinaia di migliaia di bambini sono stati uccisi o feriti dai bombardamenti statunitensi solo in questo secolo.
 
Quanti di questi avete visto nelle “news”?
Avete visto una sola foto dei bimbi uccisi dalle aggressioni degli Stati Uniti in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Siria, o Somalia, comparire in un giornale mainstream che giustifica la guerra?
Nel 1972, una foto scioccante di una bimba che era stata vittima di un raid con bombardamenti al napalm su Trang Bang, in Vietnam, apparve sulla prima pagina del New York Times.
La foto di Kim Phuc che vinse il premio Pulitzer, scattata da un fotografo dell’Associated Press, Nick Ut, si dimostrò efficacissima nell’esporre l’autentico orrore e l’immoralità della guerra del Vietnam e contribuì a mutare il sentimento pubblico contro l’aggressione USA nel paese.
Una foto del genere riuscirebbe forse a farsi strada in questa potente piattaforma mediatica anche nell’odierno paesaggio dei media egemonizzati da governo e grandi aziende?
(Ricordate, il New York Times ha contribuito a promuovere le bugie che ci hanno portato alla guerra in Iraq.)
La pubblicazione di tali immagini scioccanti, cariche di emozioni, può essere utilizzata per contribuire a porre fine una guerra, ma – molto più frequentemente – è utilizzata perdemonizzare un nemico e fornire pretesti per una nuova guerra da giustificare con motivi “umanitari”.
Non vedremo mai i risultati di una carneficina inflitta dagli USA, in quanto una delle principali funzioni dei media che promuovono le guerre è quella di rimuovere ogni colpa e responsabilità morale dalle azioni del nostro paese per addossare invece la colpa e il male altrove.
La scusa per cestinare questi documenti visivi di guerra nel dimenticatoio consiste spesso nel dire che le immagini sono “troppo provocatorie”; eppure gli stessi organi di informazione promuovono con entusiasmo certe sequenze in cui si vedono dei malfattori che compiono atti malvagi, quando ciò fa comodo alla loro gerarchia delle notizie.
Quando vedete un bimbo morto o ferito nei media, che ci sono nemici, fate attenzione!
Traduzione per Megachip a cura di Matzu Yagi

ELU SOCIAL-DEMOCRATE ET ISLAMISTE PRO-AKP TURC ? POSSIBLE EN BELGIQUE !

# LA REPUBLIQUE D’EUROPE/
LES INFILTRATIONS DE LA PARTICRATIE BELGO-FLAMANDE PAR L’AKP ISLAMO-CONSERVATRICE D’ERDOGAN !
 
KH pour LA REPUBLIQUE D’EUROPE/
2016 08 27/
Ce conseiller provincial d’origine turque a été exclu du parti socialiste flamand ce vendredi pour incitation à la haine.
En cause : son soutien trop affirmé au Président turc lors du coup d’Etat et ses critiques à l’égard des partisans de Fethullah Gülen. Sur sa page Facebook, il avait écrit “Allah, protège-nous des traîtres à la patrie. Des gens se révoltent, unissez-vous, ne leur laissez aucune chance”.
 
Il est également soupçonné d’être impliqué dans les émeutes autour d’un centre occupé par le mouvement guleniste à Beringen (au nord-ouest d’Hasselt) . L’élu nie cependant ces accusations.
D’autres élus d’origine turcs avaient affiché leur soutien à Ahmet Koç et menacé de quitter le parti en cas d’exclusion…
KH / LA REPUBLIQUE D’EUROPE

LE PANAFRICANISME DOIT REGARDER VERS L’AVENIR : LA GEOPOLITIQUE AFRICAINE DE 2016 N’EST PLUS CELLE DES ANNEES 1960-2007 …

PANAFRICOM/ 2016 08 27/

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 PANAF - LM TOURNANT GEOPOL AFRIQUE (2016 08 27) FR

Il y a un arrière-plan géopolitique au soi-disant « printemps arabe » de 2014-2016.

La thèse de Luc MICHEL, c’est que cet arrière-plan a changé depuis 2007-2008, que 2007 et 2008 ont été des tournants géopolitiques en Afrique …

QUELLE EST LA THESE DE LUC MICHEL ?

« LA GEOPOLITIQUE AFRICAINE DE 2016 N’EST PLUS CELLE DES ANNEES 1960-2007 » …

« Beaucoup de panafricanistes ont une vision du passé, un logiciel bloqué il y a 10, 20 ou 50 ans, nous dit-il. La haine justifiée de la Françafrique leur occulte la réalité de LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA. Le retour de la France dans l’OTAN organisé par Sarkozy en 2007, la création de l’AFRICOM, le commandement unifié de l’US Army pour l’Afrique, par Bush en 2007-2008, sont les marques de naissance d’une nouvelle donne géopolitique en Afrique. Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent. Le Gabon a été la première tentative d’imposer ce changement de régime par les méthodes habituelles des USA : révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe » (sic), cloné en « printemps africain » (resic). Et le livre de Péan a été le détonateur, volontaire ou involontaire il est encore trop tôt pour le dire, d’une opération de déstabilisation politique ».

De nombreux pays ont ensuite été secoués par les vents mauvais de ce « printemps arabe » venu de Washington. De 15 à 20 pays sont concernés. Notamment Le Brurundi, où la révolution de couleur a échoué et a fait place au terrorisme. En Guinée-Equatoriale et au Tchad, où le dialogue national a asséché le terrain pour une révolution de couleur. Ou encore en RDC où des scénarios de révolution de couleur sont en cours d’implantation …

KH / PANAFRICOM

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LA VRAIE QUESTION : QUI A PAYE LES FOLIES DU ROI LEOPOLD II ?

 

 Luc MICHEL pour PANAFRICOM/ 2016 08 27/

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La Libre Belgique (Bruxelles) évoque la vente de la « villa la plus chère du monde » Elle a appartenu à feu Léopold II. Et un article de plus sur la fortune du roi Lépold II !

Toujours dans l’anecdote, celle qui tente d’éviter les vraies questions …

Elle a seize ans, il en a soixante-cinq. Le Roi, amoureux fou de sa maîtresse, la comble de cadeaux, lui faisant cadeau du château de Balincourt dans le Val d’Oise et la villa des Cèdres au Cap-Ferrat. Au grand scandale des belges et de la Cour, il la fait baronne de Vaughan.

La véritable question, Elle, est escamotée ! Et elle n’a rien d’anecdotique !

C’est : QUI a payé les folies de Léopold II ?

Car la fortune du Saxe-Cobourg-Gotha a pour origine le sang des Congolais !

Le vol d’un pays-continent, la mise en esclavage de sa population, le génocide de 10 millions de congolais, les crimes du roi Léopold !!!

Car la Belgique et son roi – l’oligarchie belge – portent la responsabilité directe d’un génocide : celui de 10 millions de Congolais par l’expédition coloniale du Roi Léopold II dans le dernier tiers du XIXe siècle. 10 millions, selon les estimations des historiens anglo-saxons, deux fois le nombre des victimes juives du génocide nazi !!! Massacrés systématiquement par la répression des colonnes infernales colonialistes. Ou dans les camps de concentration léopoldistes. Car les premiers camps de concentration ne sont pas ceux des Britanniques – contre les Boers – en Afrique du Sud ou ceux des colonialistes allemands au Sud-Ouest africain, comme l’écrivent trop d’historiens, mais ceux de l’expédition coloniale de Léopold II.

AVANT HITLER, LEOPOLD II ET LE SANG DU CONGO !

Régulièrement des historiens belgicains tentent de nier le génocide et les crimes contre l’humanité du Roi Léopld II an Congo !

Mais il n’y a lus ni doute ni débat sur ce sujet, sauf évidemment dans les milieux belges nostalgiques de la colonisation. Partout ailleurs, Léopold II prend place parmi les prédécesseurs de Hitler.

Quelques jugement sur la question :

* « On a laissé entendre que dix millions de personnes étaient décédées sous ce régime. Les preuves existent concernant les massacres. Aucun historien ne peut les nier aujourd’hui ».

(Jacob SABAKINU, président du comité scientifique « La Mémoire du Congo », février 2005)

* « Une gifle à nos idées reçues, à nos manuels d’histoire, à nos souvenirs de bancs d’école. Léopold II, symbole de la grandeur de la Belgique de bon-papa, n’était-il qu’un tyran sanguinaire, un Hitler des temps anciens, responsable de l’ « holocauste » de dix millions de congolais ? (…) Oui, rares sont les historiens qui osent, aujourd’hui, contester les exactions que nos aïeux ont commises au Congo, au nom du caoutchouc. Oui, les Belges vont être bouleversés par les atrocités énumérées »

(LE SOIR MAGAZINE, Bruxelles, 7 avril 2004)

* « Jusqu’à l’apparition de HITLER, Léopold II était un des hommes les plus cruels d’Europe »

(Adam HOCHSCHILD, « Les fantômes du Roi Léopold – Un holocauste oublié »)

* « A l’époque, les actes commis au nom de Léopold II ont défini la norme absolue de cruauté, comme cela allait être le cas avec HITLER, un demi-siècle plus tard ».

(Peter BATE)

UN EXEMPLE DES FOLIES DE LEOPLD II :

LA VILLA LA PLUS CHERE DU MONDE LUI A APPARTENU !

PANAF - LM les folies de leopold II (2016 08 27) FR

* Lire sur LLB :

http://www.lalibre.be/light/societe/un-milliard-d-euros-pour-l-ancienne-villa-du-roi-leopold-ii-photos-57c01b9235704fe6c1e08347

Extrait :

« La villa Les Cèdres sur la presqu’île de Saint-Jean-Cap-Ferrat est à vendre.

Un milliard d’euros. C’est le prix demandé aux éventuels acquéreurs pour la villa Les Cèdres à Saint-Jean-Cap-Ferrat. le montant fait d’elle la villa la plus chère du monde. Mise en vente depuis le mois de mars, la propriété a d’abord été estimée à 300 millions d’euros. Les observateurs ont revu l’estimation à la hausse.

La demeure comportant une dizaine de chambres, un jardin d’hiver, une conciergerie, un jardin botanique unique (de plus de 14 hectares et avec 25 serres), une piscine digne des bassins olympiques (50 mètres), une salle des fêtes et des écuries, entre autres, est aujourd’hui la propriété de l’entreprise italienne Campari. Elle est reprise dans l’Inventaire général du patrimoine culturel depuis 2008.

Située en plein cœur de la presqu’île des Alpes Maritimes, la somptueuse villa a été la propriété du roi des Belges Léopold II. Celui-ci l’avait acheté en 1904 pour y loger Blanche Zélie Joséphine Delacroix, sa très jeune maîtresse. La jeune femme avait été rebaptisée Blanche Delacroix. »

LUC MICHEL / PANAFRICOM

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Il consorzio che ristrutturò la scuola di Amatrice costruì le fondamenta di Expo

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/consorzio-che-ristruttur-scuola-amatrice-costru-fondamenta-1299710.html

Il Consorzio Valori Scarl ristrutturò per 500mila euro la scuola di Amatrice ora distrutta. Nel 2013 vinse l’appalto per costruire le fondamenta di Expo

 – Ven, 26/08/2016 – 17:38
Nel settembre del 2012, a ristrutturare la scuola di Amatrice ora distrutta dal sisma fu il Consorzio Valori Scarl di Roma.

Un insieme di aziende nato 11 anni fa e che si definisce “un punto di riferimento” nel mercato “sempre più complesso degli appalti pubblici e privati”. Forse anche grazie all’esperienza sviluppata ad Amatrice riuscì ad accaparrarsi, pochi mesi dopo, un bando di gara da 18 milioni di euro per costruire le fondamenta di Expo.

Le migliorie tecniche alla scuola di Amatrice

Per assicurare un tetto stabile ai bambini, la Regione Lazio ed il Comune stanziarono ben 500mila euro. I lavori piacquero talmente tanto che di fronte alla scuola si possono ancora notare dei cartelli “propagandistici” che definiscono gli interventi tecnici come “un’opera sontuosa. Peccato ora sia crollata.

Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, sostiene che dopo il terremoto a L’Aquila i tecnici giurarono che lo stabile era a posto. Parliamo del lontano 2009. Nel mezzo ci sono stati gli interventi “anti-sismici” del 2012 e nuove scosse nel 2013. In quel caso la struttura non subì consegueze. “Anzi – dice il Sindaco – per la stabilità della scuola io ricevetti addirittura i complimenti”.

Tuttavia la Procura di Rieti ha aperto un’indagine per stabilire eventuali resposabilità sul crollo del plesso scolastico. Di certo il Pm dovrà sentire i dirigenti del Consorzio Valori Scarl. La scuola, infatti, rientra tra il lavori realizzati insieme ad altri incarichi ricevuti in tutta Italia, da Aosta fino a Catania, passando per Torino, Lecco e Milano.

Le fondamenta di Expo

Milano, appunto. L’ultimo bando vinto dalla Valori Scarl riguarda l’Esposizione Universale diExpo. Una ricca commessa da 18 milioni di euro tondi tondi. Esatto: 18 milioni. Nell’avviso di aggiudicazione appalto pubblicato su expo2015.it è possibile controllare tutti i dettagli dell’accordo quadro che la Società guidata da Beppe Sala stipulò con il Consorzio romano.

Si va dall’esecuzione “di sfalci e disboscamenti” alla “fornitura e posa in opera di tubazioni per teleriscaldamento e teleraffrescamento”, fino ad arrivare alla “posa in opera di tubazioni, pozzetti, camerette” per le fogne. Inutile tediare il lettore. Se non per far notare che lo sforzo più rilevante riguardò la “realizzazione di opere di fondazione in cemento armato” relativeai manufatti delle varie delegazioni straniere“. In sostanza, le fondamenta dei padiglioni costruiti dai vari Paesi partecipanti.

La Società Consortile, va detto, si occupa di “prestare supporto ed assistenza” alle imprese consorziate per fargli vincere la gara. Poi sono le aziende a realizzare i progetti a suon di cazzuola e cemento. In sostanza i costruttori che hanno messo effettivamente le mani a Milano e ad Amatrice potrebbero essere diversi. Anche se convivono sotto lo stesso tetto.

Expo assegnò i lavori alla Valori Scarl nell’ottobre del 2013, appena 400 giorni dopo la conclusione nel settembre 2012 degli interventi “anti-sismici” al plesso scolastico “R.Capranica”. Che a soli 4 anni di distanza è crollato.

Forse, anzi sicuramente, sarebbe dovuto rimanere in piedi.

LUC MICHEL: INTERVIEW SPECIALE ‘LE GABON AU VENT MAUVAIS DU SOI-DISANT PRINTEMPS AFRICAIN’

EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/

LUC MICHEL:

INTERVIEW SPECIALE

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‘LE GABON AU VENT MAUVAIS DU SOI-DISANT PRINTEMPS AFRICAIN’

(26 AOUT 2016)

sur https://vimeo.com/180412276

Laura MUSAT, Ceo de EODE-TV, interviewe le géopoliticien Luc MICHEL sur la déstabilisation du Gabon.

Du « Sommet USA-African Leaders » d’août 2014 à l’élection présidentielle de fin août 2016, voici deux années où le Gabon tremble sous les vents mauvais du soi-disant « printemps africain » (sic). Luc MICHEL nous explique comment, pourquoi, pour qui …

EODE-TV / EODE PRESS OFFICE

LA STANGATA . TUTTI CONTRO TUTTI, TUTTI CONTRO LA SIRIA E IL PIÙ PULITO HA LA ROGNA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/08/la-stangata-tutti-contro-tutti-tutti.html

MONDOCANE

VENERDÌ 26 AGOSTO 2016

 Mercenario curdo con targhetta Usa. O viceversa.
 
Mercenario Isis con tatuaggio US Army
 
Prevenzione anti-terremoto no, Tav sì
Scrivo da un’Italia che, dopo aver esaurito le sue lacrime e i calcinacci da spostare, farebbe bene a urlare in faccia  ai nostri mafioreggenti, tanto da travolgerli, le loro colpe per ogni singola tragedia che ci colpisce, dal terrorismo, alla mancata prevenzione, alle Grandi Opere, alle grandi guerre. Tragedie sulle quali poi reclamano e sciaguratamente ottengono – vecchio trucco di tutti i farabutti – la “grande unità nazionale”. Un miliardo in 10 anni per la ricostruzione dell’Aquila, 44 milioni per il 2016, briciole scandalose per non sforare a Bruxelles. Invece arriviamo ai 50 miliardi per le Grandi Opere, tutte devastanti, tutte inutili, tutte mafiose: Tav Torino Lione, Tav Terzo Valico, altri TAV, trivelle dappertutto in terre e mare, Olimpiadi, Orte-Mestre, Ponte sullo Stretto, per citarne solo alcune, Grandi Opere di uno Stato killer. Con 10 miliardi all’anno si metterebbe in sicurezza un paese in cui per il 70% si è costruito senza criteri antisismici. Basterebbe rimettere l’IMU a chi può.
Si ristabilirebbero l’organico e i bisogni finanziari dei Vigili del Fuoco, si potenzierebbe un Corpo Forestale ora sequestrato dai carabinieri. Intanto Nicoletta Dosio, tanto per citarne una, quasi 70 anni, da un quarto di secolo combattente nonviolenta anti-Tav e punto di riferimento di una resistenza nazionale che va oltre la Valsusa, protagonista con Alberto Perino del mio docufilm “Fronte Italia-Partigiani del 2000”, rischia il carcere perché non accetta il diktat di una magistratura alla Torquemada che le impone i domiciliari e l’obbligo di firma. E l’ex-procuratore generale Giancarlo Caselli, uno che, a dispetto del suo narcisismo, non ha fatto proprio il massimo delle figure nel contrasto a mafia e brigatisti (vedi “La trattativa” di Sabina Guzzanti), e i suoi due para-dioscuri Padalino e Rinaudo alla procura di Torino, persistono implacabili nella persecuzione di quelli che il senatore piddino e fucilatore politico di sindaci eterodossi come Marino e Raggi, gli indica come terroristi della Valsusa. Basterà un terremoto a darci la sveglia?
Il baro di Ankara
Al grande poker mediorientale chi vince questa mano è Erdogan, biscazziere e baro principe (ma il casinò è in mano a USraele), mentre il pollo, meritatamente e con soddisfazione di chiunque abbia in odio i rinnegati, i venduti e i traditori, sono i curdi. Naturalmente idolatrati e difesi oltre ogni limite della decenza e della verosimiglianza, dall’italiota quotidiano salafita (nella specificità curda, ma solo in questa, adornato di scintillanti piume laiche. Per il resto Fratellanza Musulmana fino alla morte). L’invasione turca della Siria, per prendersi la città arabo-siriana di Jarablus (per nulla curda, come tante altre occupate dall’YPG e dal geografo del “manifesto” diplomato a Tel Aviv assegnate ai curdi, in parallelo con  la stessa revisione operata sui territori arabi dell’Iraq), dopo quella di Manbij e dopo l’attacco curdo-americano ad Hasakah, respinto dai lealisti, insegna ai rinnegati di Rojava che vendersi al primo venuto, nel caso gli Usa, di solito conduce all’essere rivenduti.

Cosa immediatamente dimostrata dalla dichiarazione del vice-Obama, Joe Biden, con sospetta puntualità sul posto, a sostegno del partner di poker dalla lucidissima follia e dal formidabile ricatto (vedi migranti, UE, Merkel, Putin). Dopo aver condotto al guinzaglio i curdi dell’YPG, che il patetico “manifesto” insiste a definire “Forze Democratiche Siriane”, vedendoci, oltre ai curdi, inesistenti arabi, circassi, assiri e turcomanni, a espandersi su territorio arabo sotto sovranità della libera, democratica e laica Siria, ora Biden gli intima di arrendersi ai propri boia turchi, anzi di arretrare al di là della riva orientale dell’Eufrate, dove storicamente gli spetta di stare.

Curdi arlecchini, servitori di qualunque padrone
 
 La vera estensione della presenza curda.
 
Dunque i curdi, dalla figura da cioccolatai per la dabbenaggine e di merda per l’linfamia, prestatisi a fare da ascari a Nato, Usa, Israele, Golfo, internazionalmente più accettabili dei jihadisti logorati dal tempo, dalle sconfitte, dalle eccessive barbarie e dalle nequizie loro attribuite in Europa, hanno assolto al proprio compito e se ne ritornino a cuccia. Restano sul bagnasciuga dei detriti spiaggiati tutti coloro che si erano arrapati a vedere frantumare la Siria renitente a colonialismo, imperialismo, non più dagli impresentabili scuoiatori e crocefiggitori Isis (richiamati nella riserva) o Al Qaida-Al Nusra (rigenerati da Assopace, Cia e Hillary in milizia moderata), bensì dalla meraviglia di un nuovo popolo eletto, democratico, laico, partecipativo, femminista. Non per nulla portato in spalla dall’altro popolo eletto e dalla sua lobby, che non nega armi, fondi, ospedali, propaganda a chiunque si presti a fare a pezzi stati arabi felicemente multietnici e multiconfessionali.
Grande è la confusione sotto il cielo con i curdi, mercenari degli Usa e longa manus di Israele, che picchiavano l’Isis, mercenari Usa-Nato-Israele-Golfo, e ora vengono picchiati dai turchi con il beneplacito dei loro padrini e compari americani e israeliani, mentre i russi, amici di Damasco, che, avendo flirtato con i curdi in funzione anti-Nato, se li sono visti sottrarre dalla Nato in funzione anti-Damasco e ora però sono costretti a biasimare i turchi che li picchiano, ma con i quali turchi s’erano illusi di poter consumare merende. Collateralmente, anzi in subordine, al rientro del “maverick” (mattocchio imprevedibile) turco nell’ordine geopolitico che, in un modo o nell’atro, con i partner e subordinati che capitano, corrisponde alla visione dell’élite mondialista, plaudono i diretti interessati europei, a partire da Hollande fino allo zannuto ministro della Difesa tedesco.
Carta perde, carta vince
A prima vista Erdogan parrebbe aver calato il poker: ha rimesso in riga gli odiati curdi, si è rifatto una verginità davanti all’opinione pubblica occidentale, dopo il mezzo autogolpe e la successiva epurazione da rendere la Gestapo un corpo di boy scout, fingendo di dare addosso al califfo che aveva fin lì avuto come socio d’affari e di genocidio in Iraq e Siria. Difatti l’Isis, ricevuto l’ordine di servizio, ha abbandonato Manbij e Jarablus senza lasciarsi dietro neanche una mina (mentre ad Hasakah l’eroico YPG delle splendide ragazze e dagli invincibili giovanotti, infiltratosi in città  compiendo assassinii, saccheggi e sequestri, ne è stato cacciato da forze armate serie, quelle di Bashar el Assad.). A questa rigenerazione d’immagine ha poi aggiunto la costituzione della famosa “zona cuscinetto” di 30 km per 7 all’interno del territorio siriano, quella che andava invocando da due anni, che Hillary non perdeva l’occasione per definire indispensabile e urgente, ma che Obama frenava perché apprensivo su un’eventuale seguito di impegno Usa a terra.
Freno saltato nel momento in cui forze di terra e aria americane, richiamate dai curdi, ansiosi di farsi sudditi e mercenari dell’Impero al pari dei fratelli del Kurdistan iracheno, sono penetrate in Siria attraverso l’ospitale Rojava e vi hanno costituito una base (che domani, in caso di liti in famiglia, potrebbe anche rimpiazzare quella turca di Incirlik).
Il fascino del modello Erdogan
 
Il biscazziere di Ankara, grande bluffatore, ma anche grande ricattatore ha vinto questa mano: sta dentro la Siria e questo significa che in Siria ci sta ufficialmente la Nato. Ha preso in giro la Russia ventilando qualcosa che, per i nostri grandi e sprovveduti analisti, pareva addirittura un cambio di campo. Ha sottratto la milizia curda  agli Usa, che da quella avevano ricevuto grande beneficio propagandistico (vedi “il manifesto” e la lobby), dopo essersi macchiati col parto, l’allevamento e la manutenzione del terrorismo jihadista. Ha anche rabbonito gli iraniani che, nell’incontro dei rispettivi ministri della Difesa, hanno convenuto con i turchi che, sì, i curdi sono per entrambi una gran rottura di coglioni. E chissà se questo non si riverbererà sull’appoggio di Tehran a Hezbollah e Damasco. E poi ha turlupinato il mondo intero facendo credere che andava menando quell’Isis  che, commissionatogli da USraele, nelle persone di Hillary, Obama e Netaniahu, è stato il rompighiaccio del suo ottomanesimo d’assalto contro Siria e Iraq e suo partner nel colossale business del petrolio rubato, trasportato, venduto a Israele e altri. Ora che, con la scusa di colpirlo (avendogli attribuito gli autoattentati compiuti contro i propri cittadini) s’è tolto dai piedi i curdi, complici nella distruzione della Siria, ma concorrenti su chi se ne deve avvantaggiare, e ha ricondotto gli Usa alla coerenza Nato, la mano parrebbe davvero sua.
Erdogan mette sul tappeto verde, col cinismo del serial killer, la posizione geostrategica del suo paese e del suo esercito, il secondo Nato dopo quello degli Usa, la più preziosa per mosse in qualsiasi direzione da questa specie di “heartland”: Mediterraneo, Medioriente, Africa, Iran e Asia, Russia. Un autentico pivot. Ma che senza il perno sul quale girare, gira vuoto. E il perno sono gli Usa, fornitori dell’intero armamentario delle forze armate turche (che nessuno riuscirebbe a sostituire in meno di vent’anni); Israele, che ne può stabilizzare o destabilizzare l’assetto agendo sulle minoranze curde, come fa da sempre in Iraq; e la NATO insieme all’UE, che lo vedono inserito-incastrato in un sistema reticolare di alleanze e interdipendenze che, se Erdogan prova a usarle tipo agitando i milioni di turchi contro Merkel, può davvero isolarlo da quella “comunità internazionale” nella quale, per intima sintonia criminale, non può non restare collocato. Venendo ai russi, è proverbiale la loro prudenza. E la prudenza è spesso saggezza. Ma non sempre.  Con questa fissa di tenersi buoni tutti quanti, trascurano che il diavolo e l’acqua santa alla resa dei conti sono inconciliabili.
 
Poker contro scala reale
Se dunque il tiranno di Ankara ha calato il poker, che stia in guardia: c’è di fronte un giocatore che potrebbe avere in mano i colori. E non credo che all’altro lato del tavolo vi sia un russo disposto ancora a rilanciare. Per quanto forse gli converrebbe. Ora. C’è ancora una finestra temporale nella quale il grande pezzo degli Usa che guarda a Trump (non a quello bislacco e islamofobico, a quello anti-guerra, distante dalla Nato e che vuole il dialogo con Mosca) non pare disponibile all’armageddon probabilmente nucleare. Quello che arriverà con il pendaglio da manicomio criminale, Hillary. Perché allora non ce ne sarà più per nessuno. Quanto a noi, che da qui guardiamo col fiato sospeso e il cuore in gola a cosa riserverà il domani alla Siria e, con lei, al mondo, troviamo conforto nello sguardo sull’Iraq dove l’avanzata delle forze nazionali irachene verso le ultime roccaforti dell’Isis alimenta la speranza che il progetto anglosionista della spaccatura del grande paese in frammenti coloniali possa stavolta non riuscire. A dispetto degli ineffettuali mercenari Peshmerga e del loro narcomafioso presidente Barzani.
 
Curdi buoni, egiziani cattivi, Regeni martire
Mettendo sottosopra la realtà per ridurla nei termini in cui ce la intendono proporre da Washington (Langley), Londra, Tel Aviv, Bruxelles, il quotidiano salafita, da autentico virtuoso, si spacca in due opposti e ci offre un doppio paginone-ossimoro (il manifesto, 29/8/16). Da un lato lo scontro tra manigoldi attorno a Rojava, curdi, turchi, Isis, Usa, con il corredo delle forze speciali (squadroni della morte) Nato, ci viene presentato come il martirio degli unici buoni, i curdi, che solo loro combattevano e vincevano i jihadisti (i siriani lo fanno da quasi 6 anni, ma non conta, non sono i buoni) e, hai visto mai, alla lunga ce l’avrebbero fatta anche contro il “dittatore di Damasco”. Bombardando i civili siriani a Hasakah avevano bene iniziato.
Sulla pagine di fronte riesumano, ormai ultimi giapponesi nella giungla, affiancati dal solito virulento capo-Amnesty d’Italia (indifferente all’epico fiasco del recente rapporto sugli scomparsi nelle carceri siriane, diligentemente ripreso dall’agenziucola umanista “Pressenza”), un Giulio Regeni ormai prudentemente lasciato ai trafiletti dal resto della stampa. Un estremo, quasi disperato sforzo pro Fratelli Musulmani e loro braccio armato terrorista (delle cui imprese bombarole contro civili e funzionari egiziani nulla fanno sapere). L’occasione è l’uscita del presidente Al Sisi  – che ha resi verdi di bile sia i manifestini che gli amnestini – sui rapporti normalizzati con Roma. Noury di Amnesty abbaia e Chiara Cruciati risponde con guaiti frustrati su quella che è la loro “mission non accomplished”: l’isolamento dell’Egitto uscito dalle benefica morsa dei Fratelli Musulmani e dalla tutela di Erdogan, che ne avrebbero garantito docilità e collaborazionismo incondizionato. Sulla Libia e tutto.
Contro quella che viene definita la resa del governo italiano, questo duetto di botoli lancia su Al Sisi (come già su Assad e, prima, su Milosevic, Gheddaffi, Saddam) fantasmagoiriche e totalmente indocumentate cifre di omicidi extragiudiziali, prigionieri politici, scomparsi. Di quello che al momento, anche per la nuova amicizia con Mosca e il ruolo determinante in Libia, per il controllo del Canale di Suez da lui raddoppiato, per la scoperta disponibilità, grazie all’ENI, di un’enorme ricchezza di idrocarburi in mare, è diventato un protagonista dell’area e oltre l’area e, oggettivamente, un antagonista di Israele e dei suoi sodali in Turchia e nel Golfo, si pretende grottescamente che sia un apripista dell’espansionismo sionista. E gli si invoca contro tutto l’amamentario già collaudato contro altri birbaccioni: rotture diplomatiche, sanzioni, ostracismo politico, boicottaggio economico e alla fine, non detto ma sperato, bombe.
 
Ciò che questi trombettieri e pifferai dell’Impero devono occultare, come si sono affannati a fare fin dall’inizio, è la vera natura del personaggio Regeni., come evidentemente è nota al governo italiano, a molti media e agli accademici di Oxford e Cambridge che alla richieste di complicità della famiglia Regeni hanno opposto un consapevole silenzio. Chi e come abbia chiuso la vicenda umana del giovanotto non è dato ancora saperlo. Non deve essere facile per gli inquirenti egiziani: la controparte opera bene. Del resto noi aspettiamo da un po’ di tempo che ci  dicano chi abbia abbattuto l’Itavia di Ustica, chi abbia rapito e ucciso Moro, chi abbia colpito l’Italicus e via ignorando. Ma sapendo il cui prodest.
Trattasi di papere
E’ dato sapere qualcosa che Amnesty e il quotidiano salafita, pur avendone piena contezza, nascondono e, a domanda, non rispondono. Cosa andava facendo Regeni in Egitto, all’Università americana, dopo aver lavorato in Inghilterra alle dipendenze di maestri spioni e masskiller angloamericani come David Young, carcerato per il Watergate, Colin McCole, ex-capo dei servizi segreti britannici, e John Negroponte, creatore dei Contras e degli squadroni della morte in Centroamerica e poi in Iraq. La loro ditta, Oxford Analytica, si occupava di spionaggio economico e politico, aveva 1.400 dipendenti e sedi a Londra, Parigi, Washington e New York. Non un ufficetto alla Callaghan. Regeni lavorava per delle spie. Regeni faceva corsi all’Università Americana del Cairo. La resistenza afghana ha appena fatto saltare l’Università American a Kabul. Io conoscevo molto bene l’Università Americana di Beirut. Tutti sanno che le università americane in quei paesi allevano i virgulti dei diplomatici e delle multinazionali Usa insieme a quella che dovrebbe diventare la futura classe dirigente collaborazionista locale. In parole povere, sono scuole e covi di spie.
Regeni non era una spia, mandata a farsi ammazzare per sfrucugliare un governo non gradito? Diceva qualcuno che se cammini come una papera, fai quac quac come una papera, deponi uova come una papera, è molto probabile che tu sia una papera.
Pubblicato da alle ore 18:09

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