Stefano ed Emilia, due storie di giovani attivisti torinesi.

Riceviamo dal prof. Massimo Zucchetti una riflessione sulla situazione dei giovani No Tav che sono bersaglio di continue misure cautelari. I rischi per il loro futuro.

Riceviamo dal prof.  e volentieri pubblichiamo.

Scrivo questa lettera seduto dietro la mia ampia scrivania, nel mio ufficio di “stimato professionista”. Ho 55 anni, due figli, una cosiddetta “posizione”; e osservo un fenomeno che mi preoccupa, e che voglio descrivere. Spiegando perché mi preoccupa.

Ci sono in questi ultimi mesi, a Torino, in , in altre parti d’Italia, ragazze e ragazzi che hanno problemi giudiziari a causa della loro militanza nel Movimento Notav, o del loro antifascismo, manifestato non – come possono permettersi alcuni di quelli della mia generazione – con gli scritti, le parole, le fiaccolate, i grandi cortei: a queste, loro aggiungono le occupazioni, le contestazioni, gli scontri. Non è una modalità obbligatoria, ma succede, ed è comprensibile. Inevitabile.

A causa di questa modalità, essi incappano nelle maglie della Giustizia. Arresti, detenzioni, processi, provvedimenti restrittivi di diversa pesantezza, previsti dal Codice Penale. Addirittura accuse di terrorismo, di banda armata.

Non voglio qui discutere di casi singoli, ma nemmeno tenermi sul generale. Consideriamo allora due esempi immaginari, ma paradigmatici, di due persone di questo gruppo, che oramai supera le centinaia, e vediamo di tratteggiare il loro percorso, presente e futuro.

Stefano (nome di fantasia, è quello di mio figlio di 8 anni) è un giovane di Torino sui 20 anni. È studente universitario, di una passabile brillantezza. Fa sociologia, o lettere, o ingegneria, o medicina, non importa. Oppure studia e fa tirocini per imparare una professione, da assistente sanitario, o da artigiano, o da tecnico, o da professionista. Essendo di famiglia normalmente – come si diceva una volta – “modesta”, viene aiutato dai genitori, per quanto possono; e poi spesso lavora saltuariamente per mantenersi in parte allo studio o durante le fasi iniziali della sua formazione. Potrebbe – essendo bravo – in pochi anni concludere la sua fase di apprendimento e entrare nella fase adulta, indipendente. Ma Stefano è un attivista. Incappa in guai giudiziari che lo ostacolano, che lo spingono volta dopo volta nel gruppo di quelli che non studiano, se non come doversi difendere nei processi. Alla fine – sempre come si diceva una volta – “si perde”. Gli studi vengono interrotti, i lavori saltuari divengono la norma, per sopravvivere con crescente difficoltà; Stefano resta come un eterno adolescente, anche se il tempo passa. La voglia alla lunga sfuma, Stefano campicchia un po’ ai margini, dato che la consuetudine con i problemi giudiziari gli chiude praticamente ogni porta al mondo del lavoro che voleva, da giovane. Niente concorsi, niente lavoro, non per chi ha “precedenti”. Ha poi in seguito – magari – altri problemi giudiziari, la sua vita evolve in una maniera mestamente marginale, faticosa. Non la prende in mano, la sua vita. Perché non ha possibilità di farlo. Pian piano, diventa un ex.

Invece anche Emilia (altro nome di fantasia, è quello di mia figlia di 4 anni) è anch’essa un’attivista. È impegnata nelle problematiche dell’ambiente, dell’istruzione e non solo. Figlia di operai, riesce però a diventare insegnante di materie umanistiche nella Scuola. È protagonista della vita politica e sociale del territorio piemontese e partecipa a numerose lotte; ad esempio per l’apertura di un liceo scientifico pubblico nella zona della media Val di Susa, che ne era sprovvista. È nel sindacato-scuola e solidarizza con le lotte sindacali in varie fabbriche del territorio piemontese; la sua militanza politica coerente e coraggiosa la fa emergere come una figura traino della lotta contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Da sempre impegnata contro le guerre, si batte per il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Nella maturità, è candidata alle elezioni Europee e riceve una valanga di voti. Non viene eletta, ma tutta l’Italia che è sensibile alle lotte per i diritti civili impara a conoscerla ed ascoltarla. Conquista, e coinvolge, per il suo impegno per le lotte e per i diritti sociali, per il movimento , per aver sempre cercato di incontrare e fare incontrare lotte diverse, da quelle per la casa a quelle per l’autodeterminazione dei popoli, contro la guerra, per la tutela dell’ambiente.

Queste due storie sono di fantasia, ma non troppo, specialmente la seconda. Emilia è ricalcata sulla figura nota ed esemplare di , alla quale chiediamo scusa per aver rubato pezzi di biografia, scritti quando poco tempo fa quando è stata candidata in Parlamento. Ora anche Nicoletta – come tanti altri – è bersaglio di provvedimenti giudiziari che non esitiamo a definire esagerati e ingiusti. Ma dall’alto di quello che è potuta diventare, della stima unanime che per lei hanno tutti, compagni ed avversari, queste persecuzioni non la possono scalfire più di tanto.

Non è Emilia/Nicoletta, che mi preoccupa: è Stefano. Occorre evitare che un accanimento giudiziario francamente eccessivo rovini per sempre la vita dei tanti Stefano, che non li spinga ai margini, verso una vita da ex, di potenzialità inespresse.

Chi mi conosce sa quanto mi pesi appellarmi alla Magistratura e alla Politica italiana: eppure tocca a qualcuno di loro intervenire, a livello nazionale, per neutralizzare questa situazione abnorme che si è venuta a creare localmente. Gli Stefano sono un pezzetto prezioso del futuro del nostro paese, se si darà loro il modo di diventare qualcosa di bello, come è diventata Emilia. Non buttiamoli via.

Massimo Zucchetti.

Taormina: “Denunciati i magistrati di Firenze per non aver processato Renzi, per i 31 milioni sperperati”

http://www.sonosenzaparole.com/taormina-denunciati-i-magistrati-di-firenze-per-non-aver-processato-renzi-per-i-31-milioni-sperperati/

Questa è la prova che la legge è disuguale per tutti, loro fanno quello che vogliono sono tutti collusi.

Il Prof. Carlo Taormina interviene con un post su facebook in merito alla richiesta di remissione per il processo che vede Alessandro Maiorano denunciato per diffamazione: Magistratura odiata dagli italiani perchè incapace e serva del potere.

Denunziati giudici Firenze per mancata incriminazione Renzi per sperperi 31 milioni. Chiesto a Cassazione trasmissione atti a giudici Genova, se esistono. Lo farà?

La Rete si mobiliti! Sta distruggendo l’Italia indebitandola con sprechi e con legge di stabilità aumentando deficit statale.

taormina renzi
Taormina: Denunciati i magistrati di Firenze… di ghingo3

Perché in Italia tutti hanno paura della polizia

http://www.internazionale.it/opinione/luigi-manconi/2015/04/07/diaz-perche-in-italia-tutti-hanno-paura-della-polizia

La Corte di Strasburgo condanna l’Italia per tortura per i fatti della Diaz al G8 di Genova

Secondo i giudici, è stato violato l’articolo 3 della convenzione europea dei diritti umani sul “divieto di tortura e di trattamenti disumani o degradanti”

07APR 201519.39

, parlamentare 

A volte, come per miracolo, la letteratura giuridica, specie nei suoi elaborati internazionali, raggiunge vette di nitore assoluto. E la limpidezza delle formulazioni assume una esattezza matematica. Tale è il caso della definizione che si trova nell’articolo 1 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984 e ratificata dall’Italia nel 1988. Leggiamo quelle parole:

Il termine ‘tortura’ indica qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate.

C’è tutto in questa definizione. Ma si noti, in particolare, la rilevanza data a quelle che vengono dette “sofferenze mentali”, dove si ritrova l’intera storia degli universi concentrazionari creati dai dispotismi del novecento; e l’uso antiumano delle moderne discipline della psiche, piegate a strumenti di coazione e di annichilimento della personalità.

Le lesioni fisiche precedono, accompagnano e seguono le parole e gli atti che mirano a coartare o a manipolare la volontà del torturato e a mortificarne la dignità. Ma vivono, quelle violenze “mentali”, anche di una loro autonomia: ovvero non necessitano del parallelo ricorso alla costrizione fisica per risultare efficaci.

Quel termine appena sopra ricordato – dignità, appunto – corre sotterraneo tra le righe della definizione di tortura prima citata e diventerà, negli anni successivi, pietra angolare e cartina di tornasole nell’intero dibattito contemporaneo sui diritti fondamentali e sulla loro violazione.

La domanda a questo punto ineludibile è: perché tutto questo non vale per il nostro paese? Perché l’Italia, dopo ventisette anni dalla ratifica della convenzione dell’Onu, non ha ancora introdotto nell’ordinamento il reato di tortura? La prima risposta è semplicissima. Perché la società italiana nel suo complesso – classe politica compresa – ha paura della polizia. Sì, è proprio così. Non teme le forze di polizia in quanto strumento di repressione della illegalità e del crimine e in quanto titolari esclusivi del monopolio legittimo della forza. Se così fosse, ad averne timore sarebbero solo coloro che vivono nella illegalità e nel crimine (tutto sommato una piccola percentuale di cittadini).

Il fatto grave, che spiega tante cose e anche la mancata introduzione del reato di tortura, è che resiste nel paese, e nei suoi gruppi dirigenti, una forma diffusa di preoccupazione non per ciò che le polizie, in nome e in forza della legge, possono compiere, ma per ciò che possono compiere contro la legge.

È come se la classe politica, in particolare, non si fidasse della lealtà delle polizie, dubitasse della loro dipendenza in via esclusiva dalla legge, ne temesse le reazioni incontrollate. Da qui, una sorta di complesso di inferiorità e di sudditanza psicologica che pone come prioritario l’obiettivo della stabilità e della compattezza delle stesse forze dell’ordine, anche quando ciò vada a discapito della correttezza e della piena legalità del loro agire. Si tratta di un meccanismo micidiale che alimenta lo spirito di corpo e impedisce la trasparenza, che rafforza le tendenze all’omertà e ostacola qualunque processo di seria autoriforma.

Non si spiega altrimenti l’opposizione da parte dei membri delle forze di polizia e dei loro sindacati e, forse ancor più, da parte dei ministri dell’interno, della difesa e di tanti esponenti politici, all’introduzione del reato di tortura e del codice identificativo per gli operatori di polizia in servizio di ordine pubblico (misure adottate nella gran parte dei paesi europei).

Come non capire che tortura e codice identificativo sono dispositivi a tutela del prestigio del corpo e dell’onore della divisa e contro quegli uomini in divisa che disonorano il corpo cui appartengono? È interesse, in primo luogo delle polizie, partendo dall’assunto che la responsabilità penale è personale, far sì che gli autori di illegalità e violenze siano individuati e sanzionati in maniera adeguata allo scopo di distinguerli nettamente dalla gran parte dei loro colleghi che, di illegalità e violenze, non si son resi in alcun modo responsabili.

Come non capire che negando la possibilità di individuazione e di sanzione per i pochi colpevoli, si finisce con l’omologare nella colpa chi è innocente a chi non lo è?

In ogni caso, da oggi la classe politica dovrebbe avere maggiore difficoltà a eludere la questione. Ancora una volta tocca alla Corte europea dei diritti umani richiamarci ai nostri obblighi internazionali. Con la decisione di oggi l’Italia non è stata condannata solo per le responsabilità specifiche di chi inflisse maltrattamenti e torture al signor Cestaro e ai suoi compagni di sventura, né solo per le responsabilità di chi ordinò, coprì e giustificò quelle violenze.

L’Italia è stata condannata anche per l’assenza di rimedi giurisdizionali interni: per il fatto, cioè, che le vittime di quelle torture non hanno potuto avere giustizia davanti alle corti nazionali. E non certo per negligenza della magistratura, ma semplicemente perché l’ordinamento giuridico italiano non prevede il reato di tortura.

A questo punto la classe politica e le istituzioni non possono più sfuggire ai loro doveri: come per il sovraffollamento penitenziario, si deve adempiere alle richieste della Corte europea. In questi giorni alla camera è in discussione la proposta di legge istitutiva del reato di tortura già approvata dal senato. Non è più possibile girarci intorno.

Un attivista No Tav messo ai domiciliari nel campeggio dei militanti contro la Torino-Lione: ma i pm insorgono

http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/08/09/news/un_attivista_no_tav_messo_dai_giudici_ai_domiciliari_nel_campeggio_dei_militanti_contro_la_torino-lione-145669545/

L’antagonista ha 64 anni, per il gip è quello il suo “domicilio abituale”

di JACOPO RICCA

09 agosto 2016

Un attivista No Tav messo ai domiciliari nel campeggio dei militanti contro la Torino-Lione: ma i pm insorgono

Un attivista No Tav è stato messo dal giudice ai domiciliari nel campeggio dei militanti di Venaus. Ma i pm che stanno conducendo le indagini sugli scontri insorgono e chiedono che il provvedimento venga modificato.
Una decisione particolare quella del gip di Torino, Luisa Ferracane, che ha stabilito che Fulvio Tapparo, conosciuto militante contro l’alta velocità in Valsusa e finito nell’inchiesta sugli scontri e l’assalto alle reti del cantiere di Chiomonte del giugno 2015, potrà scontare la misura cautelare nei pressi del campeggio No Tav di Venaus. Uno spazio vicino alla statale dove per tutta l’estate gli attivisti si ritrovano e dove a fine luglio si è tenuto anche il festival musicale Alta Felicità.
Tapparo, 64 anni, è uno dei componenti degli Npa, il Nucleo pintoni attivi, che riunisce alcuni over 60 della Valsusa che partecipano alle azioni contro il cantiere di Chiomonte. Il 21 giugno era stato oggetto, insieme ad altre 20 persone, dei provvedimenti cautelari della procura di Torino che avevano portato in un primo momento in carcere proprio Tapparo e un altro No Tav. Secondo la ricostruzione dei pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, l’uomo aveva preso parte alla manifestazione del 28 giungo 2015 quando gli attivisti contro l’alta velocità avevano raggiunto Chiomonte dopo un lungo corteo ed erano riusciti a far cadere le reti che difendono il cantiere del Tav. Azioni che erano seguite a diverse ore di scontri con le forze dell’ordine.
Lui, così come Nicoletta Dosio, aveva fatto sapere di volersi sottrarre alle restrizioni imposte dai magistrati, ma ora è arrivata la decisione di metterlo ai domiciliari nella baracca che ospita lo storico presidio No Tav di Venaus di cui l’uomo è uno dei custodi: il giudice ha infatti valutato che si possa considerare quello come il suo domicilio abituale e, anche se priva di numero civico, la struttura può essere considerata un luogo di dimora legittimo e inequivocabile.

La Procura, però, ha già chiesto la modifica del provvedimento: i pm, fra l’altro, hanno fatto osservare che è proprio il campeggio il luogo di ritrovo dei No Tav che spesso partono per le manifestazioni contro il vicino cantiere di Chiomonte.
Tapparo è uno degli indagati per una dimostrazione avvenuta il 28 giugno 2015. La difesa ha chiesto e ottenuto che potesse trascorrere il periodo ai domiciliari in una casupola che ospita il presidio No Tav di Venaus.

Fulvio torna al presidio di Venaus!

http://www.notav.info/post/fulvio-torna-al-presidio-di-venaus/

notav.info

post — 10 agosto 2016 at 20:02

fulvioFinalmente torna a casa Fulvio, No Tav ai domiciliari dal 21 giugno scorso, che quest’oggi ha ottenuto lo spostamento dei domiciliari al presidio di Venaus, sua abitazione al momento dell’arresto.
Tale decisione non è però andata giù ai solerti pm con l’elmetto, Rinaudo e Padalino, che a quanto pare sono insorti chiedendo l’immediata modifica dell’applicazione.
Il presidio di Venaus, nonostante le restrizioni a cui Fulvio continua ad essere sottoposto, ritrova una delle persone che ne ha cura e che col suo lavoro contribuisce a mantenere luogo di accoglienza per i tanti che continuano ad attraversarlo.
Padalino e Rinaudo, pm infastidìti, ci chiediamo come mai non ne approfittino per farsi un po’ di vacanza…piuttosto, se proprio non riuscissero a staccarsi dalla loro ossessione, potrebbero seguire le truppe liguri che da Ventimiglia si passeranno l’agosto al cantiere. A quanto pare è diventato luogo di riflessione e “formazione” per la polizia troppo esuberante, perchè non metterlo a disposizione anche ai procuratori amanti del tunnel geognostico? Potrebbero osservarlo per ore ed ore…

Nel mentre che i vertici decidono, noi auguriamo il ben tornato a Fulvio al presidio di Venaus!

Ci sei mancato!

Liberi tutti/e!

NO-TAV AI DOMICILIARI NEL PREFABBRICATO DEL PRESIDIO A VENAUS

La struttura è nel campeggio da sempre punto di riferimento dell’area antagonista e d’incontro di tutte le anime del movimento No Tav
LAPRESSE
MASSIMO NUMA
TORINO

Fulvio Tapparo, 65 anni, storico attivista No Tav e membro fondatore del gruppo Npa (Nucleo Pintoni Armati (Armati??? o Attivi), dedicato alla bottiglia di vino da due litri) che occupa stabilmente le aree attorno al cantiere Tav di Chiomonte, ha chiesto e ottenuto di scontare gli arresti domiciliari – la misura restrittiva era legata agli scontri a Chiomonte tra polizia e antagonisti il 28 giugno 2015 in cui era rimasto coinvolto assieme ad altri 19 attivisti – nel campeggio di Venaus. Il giudice ha accettato il singolare luogo di detenzione, in strada provinciale di Venaus ma privo di un numero civico.  

Tapparo ha scelto di vivere all’interno del prefabbricato (prefabbricato???) campeggio da sempre punto di riferimento dell’area antagonista e d’incontro di tutte le anime del movimento No Tav. Decine di oppositori del supertreno si sono fatti fotografare proprio in queste ore (le immagini sono state poi postate sui social) con un cartello con sopra scritto questo slogan: “Io sto con chi resiste, con chi vìola le imposizioni del Tribunale di Torino”, per esprimere solidarietà ai No Tav che, per i loro comportamenti, illegali secondo la procura, devono sottostare ad arresti, obblighi di firma e divieti di dimora.

Perché la rivoluzione che non danza non è la nostra rivoluzione. Festival Alta Felicità, 22/24 Luglio, Venaus Valsusa

https://www.carmillaonline.com/2016/08/10/perche-la-rivoluzione-non-danza-non-la-nostra-rivoluzione-festival-alta-felicita-2224-luglio-venaus/Carmilla on line x

Pubblicato il 10 agosto 2016 

di Rinaldo Capra

venaus concerto[

Premessa: volevo scrivere di questa esperienza con la testa, ma mi ha dato tanto a livello umano, prima ancora che politico o culturale, e mi ha fatto incontrare personaggi così eccezionali che mi sono trovato a scrivere solo con il cuore. E non mi sento patetico.]

Due – i portafogli smarriti, ma subito restituiti senza che mancasse un euro.
Uno – lo zainetto smarrito con medicinali, ma ritrovato e subito riconsegnato.
Zero – le risse per gli ubriachi molesti
Zero – malori per balle troppo grosse o altri abusi
Zero – star, musicisti, autori altezzosi
Zero – partiti e sindacati
Zero – retorica
Zero – polizia, neanche l’ombra
Zero – puzza di sacrestie
Zero – spacciatori di droghe e ideologie pesanti

.
A sarà fest!”. Lo slogan è eloquente e l’intenzione chiara: fare festa, perché la rivoluzione che non danza non è la nostra rivoluzione. La felicità come obiettivo finale. Sembra di essere al Parco Lambro nel ’76, ma con la determinazione e la consapevolezza politica di oggi.

A sarà düra!”, anche questo slogan è eloquente e soprattutto praticato da 25 anni da tutti i compagni della Valsusa e la Polizia e la Magistratura ne sanno qualcosa.

venaus set

Comincio a montare il mio set fotografico per il progetto di ritratti che ho in mente, aiutato dai compagni di Una Montagna di Libri. Tutt’attorno le tende colorate dei campeggiatori sorgono dai prati, crescono a vista d’occhio; il tempo di scaricare la macchina e già sono arrivati altri ragazzi a frotte che montano le loro tende fino a ridosso del mio set.

Mi sento chiamare, è un vecchio della Valle che mi aiuta a trasportare le attrezzature, ma a patto che poi vada a parcheggiare bene l’auto. Lo fa con cortesia e fermezza, e poi aggiunge: ”Perché tra noi le regole le rispettiamo, vero? A noi non ci servono gli sbirri!” Certo che le rispettiamo e ci facciamo rispettare gli rispondo.

Mi aspettavo schieramenti di Polizia già da Susa e lungo la salita che porta a Venaus, vista la grottesca macchina repressiva in atto, invece nulla. Non un vigile urbano o un poliziotto, non un carabiniere, nulla e nell’area del Festival ancora meno. Rido dentro di me pensando alla biliosa faccia di Fassino e a quella rabbiosa di Rinaudo. Rido perché oggi, qui, vedo che hanno perso, che ha perso la politica di partito corrotta e reazionaria e perso la magistratura repressiva e grottesca che è con le spalle al muro e non sa più come uscirne se non con sparate paradossali. Rido perché sempre più compagni non rispettano l’obbligo di firma dichiarandolo pubblicamente e provocando un cortocircuito istituzionale che non ha eguali.

venaus giovani

Una coppia di ragazzi tatuatissimi e con l’aria sveglia, sono i primi che posano per il ritratto. Tutt’attorno è tranquillamente frenetico; gli stand sono in allestimento, giovani e vecchi, tutti mescolati e tutti al lavoro, stanno completando un’opera organizzativa titanica che funziona. I banchetti di piccole case editrici sono affollati di gente che spulcia, legge, s’informa. Le magliette e il piccolo artigianato sono venduti da vecchi anarchici o da giovani dei movimenti in una miscellanea totale.

Mi sento a casa, adottato. Un amico, Maurizio, mi conferisce la cittadinanza della Libera Repubblica della Maddalena, con tanto di carta d’identità. Un ragazzo con piercing e maglietta con il 666 discute serenamente con una vecchia signora che gestisce il banchetto dei Cattolici della Valle: s’intendono. Forse qui i Cattolici son diversi, forse la vicinanza con le Valli Valdesi li ha mitigati.

venaus servizi

Un robusto anziano sta lavando preventivamente i cessi con un idro-pulitrice, tuta blu, stivaloni e guanti colorati. Lo saluto e mi fa: ”Non ti do la mano perché non sto facendo un bel mestiere, ci vediamo da NPA”. Cristo, che stile! Mi sento come fossi qui da sempre, così come tutti quelli che incontro e camminano estasiati e sorridenti, sgranando gli occhi e salutando quelli che incrociano. Ci sentiamo tutti a casa. Chi sono questi NPA? Trovo il loro stand NPA – Nucleo Pintoni Attivi. Vagano per il campeggio vestiti da frati trappisti, età dai trenta ai settanta, accompagnati da due bambini con un cartello che recita: Ora et Sabota. Fanno ostensioni di pintoni (bottiglioni) di grignolino, cantano in letizia e danno da bere a tutti.

Da una tenda esce Elio Germano, s’infila in cucina e si mette a lavorare come tutti gli altri. Nino Frassica chiacchiera con le signore di un banchetto, tranquillo, come uno normale. Intanto si susseguono gli annunci di presentazioni di libri, di concerti del pomeriggio e iniziative varie: tutto scorre in modo così liscio e accogliente che mi sembra di stare in un’altra galassia.

Due annunci dell’organizzazione per rintracciare i proprietari di due portafogli ritrovati; poi un altro per chiedere aiuto per cercare uno zaino contenente medicine salvavita; è stato recuperato in un attimo dalla gente. Il senso di comunanza, rispetto e accoglienza mi colpiscono. Possibile che in tale folla tutto funzioni? Non una rissa, una discussione, non un’auto parcheggiata a cazzo. Allora è possibile. L’idea della possibilità di un vivere sociale diverso è talmente palpabile qui, che capisci perché si sia fatto un Festival così grande e complesso, dove tutti i partecipanti sono intervenuti a titolo gratuito: da Rocco Hunt ai Subsonica, da Finardi ai 99 Posse, solo per citare i più noti.

I rapper più truci, Egreen, Luci, Kaos mi abbracciano, ascolto i loro testi e scopro che mi piacciono, sono teneri. Incontro Domenico Mungo che fa una bella presentazione del suo libro “Avevamo ragione noi” sul G8 di Genova accompagnato da un chitarrista elettrico. Il libro inizia con una spassosa dichiarazione di guerra allo stato borghese e alle tute bianche per la loro violenta inutilità e strumento della visione autoritaria del capitalismo.

Molti vengono per il ritratto, disponibili, pazienti, il lavoro prende forma. Finardi si dilunga a ricordare Parco Lambro, rimane a lungo a chiacchierare con dei ragazzi. I 99 Posse fumano in continuazione e fanno un casino infernale sul set. Il ritratto dei Pintoni Attivi richiama molta gente che guarda divertita. Loro, ineffabili, continuano le loro giaculatorie etiliche e politiche, poi dopo un breve consulto mi fanno membro onorario NPA con tessera n°1. Mi piace.

venaus perino

Alberto Perino è un tenero guerriero, cammina svelto e mi mostra la doppia pagina de La Stampa che ha dovuto,obtorto collo , raccontare del Festival. L’articolo dice dodicimila persone, in realtà sono di più, ma già con dodicimila non si poteva più glissare sulla notizia e poi c’è un parterre de roi d’artisti, come ignorarlo? Mentre faccio il ritratto, mi racconta che è veramente commosso ed emozionato a veder tanti giovani con il sorriso. La gente è felice, dice, dopo tante vicissitudini, facce tristi, finalmente un po’ di felicità; del resto a cosa aspira l’umanità?

venaus nicoletta

Nicoletta Dosio non andrà a firmare, non c’è scampo. Mi guarda attraverso le spesse lenti da ipermetrope che fanno ancora più grandi i suoi dolci occhi azzurri. Mi ringrazia, sorride e se ne va con il suo aspetto semplice e nobile, scuotendo la testa e dicendo ancora che non andrà a firmare. Le persone che hanno storie grottesche o paradossali da raccontare sono molte. Le ascolto sempre più esterrefatto, incazzato e convinto che qui stia succedendo qualcosa di fondamentale per il futuro della politica e la riprova che sia così è la folle reazione del sistema. Se non sei funzionale al sistema, il sistema ti espelle e distrugge senza pietà. Ma qui è il movimento che espelle ed emargina il sistema perché non funzionale a uno sviluppo umano accettabile. Il movimento No Tav esiste più forte di prima e magistratura, politica, sbirri e giornalisti hanno il fiato sempre più corto.

venaus folk

I concerti serali riempiono l’arena, tutti si fanno trascinare dalla musica. I gruppi si alternano veloci, tra uno e l’altro piccoli interventi politici ricordano la miriade di lotte in corso, da Taranto ai quindici anni del G8 di Genova. Finisce Petrella e comincia Marco Rovelli. Poi gruppi di musica folk, Lou Dalfin in trance violenta la ghironda e urla in occitano, mentre l’arena si riempie di più. Continua ad arrivare gente, sempre di più, sempre più variopinta e diversa ma uguale negli atteggiamenti civili e nella calma pacifica, felice. Sono belli i giovani, ma anche gli anziani sono belli e vederli ballare e abbracciarsi con i ragazzi durante un concerto di rock elettrico mi commuove.

Ora sui ritmi meticci della Free Med Orchestra nell’arena ci sono migliaia di persone di tutte le età e le razze, che ballano, uno spettacolo da far accapponare la pelle. Sono tutti felici e si vede.
Alberto Perino, emozionato e commosso, chiude la giornata del sabato con il suo intervento bellissimo. Allora un’altra politica è possibile e qui ci si prova, cercando di essere felici. In ogni caso abbiamo vinto.

Questa è la rivoluzione che danza, ma citando Rovelli, per danzare la rivoluzione ha bisogno di un Re da irridere. Di Re da irridere ce ne sono legioni. Infatti, la lotta No Tav ha irriso e marcato una profonda frattura rispetto ai canoni politici del ‘900, fatti di leader carismatici, sistema partito, ideologismi perversi e centralismo democratico. Ha irriso stolidi magistrati e feroci poliziotti che volevano essere il braccio armato del capitale.

NoTav coinvolgendo tutti ha radicato una coscienza identitaria diffusa, dal basso, che ha creato un “popolo/movimento”, che in un clima di assemblea permanente, persegue il proprio obiettivo strategico e che, senza moralismi, discriminazioni e mediazioni con interessi di palazzo, di volta in volta sceglie le metodologie di lotta più efficaci.

NoTav rivendica la sostenibilità esistenziale della vita, rinuncia all’assistenzialismo e alla rappresentatività parlamentare e sindacale, fuori dal ricatto del lavoro e delle leggi di mercato, ha la conoscenza del proprio territorio e segna una frattura profondissima con la politica di partito della cosiddetta sinistra. Crea una nuova visione politica, che rompe con il paradigma del sistema attuale, per potere immaginare una lotta che sia legata ad altre lotte in una rete planetaria. Una “metalotta” che s’identifica con la rete stessa delle lotte, il “globale-locale” e il “locale-globale”, come tanti filamenti che si uniscono nello spazio complesso e frammentato delle rivolte planetarie. Lotte che hanno tra loro delle continuità, che cercano spazio, urbano e rurale, per esprimersi con i mezzi di comunicazione globali in uno spazio dalle frontiere mobili e in espansione.

Una visione che crea nuovi sistemi, anche economici locali autosufficienti, e nuovi luoghi culturali, come ad esempio “Una montagna di libri”, che mettono in contatto altre lotte locali come “Mauvaise Troupe” della ZAD di Notre-Dame-des-Landes, gli operai delle fabbriche autogestite Fralib di Marsiglia, della Rimaflow di Trezzano sul Naviglio e della Zanon di Neuquén in Argentina.
Globalizza il dissenso e agisce locale, creando una costellazione ben identificabile. Nessun discrimine ideologico, ma solo l’adesione all’obiettivo finale, crea la stupefacente eterogenea composizione di questo “popolo/movimento” che ha deciso di essere in quanto tale.

venaus davide

Insomma, NoTav mette la pietra tombale sulla politica del ‘900, e il Festival Alta Felicità ne è l’allegra marcia funebre, mentre oggi qualcuno, asfitticamente, pensa ancora di rifondare un partito comunista togliattiano, che riprenda in mano le redini del proletariato e che ci rimetta tutti in fabbrica a faticare per un padrone di stato. Che dire: non c’è limite al peggio e certi compagni “di strada” non migliorano mai, ma la Valsusa c’è.

A sarà düra!

Una chiosa dalla Valle

Leggere le parole di Rinaldo è come osservare dall’esterno, da sopra o da sotto, non ha importanza, la nostra storia, una storia di oltre 25 anni.
Rinaldo coglie lo spirito dell’ennesima scommessa che siamo riusciti ad organizzare e vincere: tre giorni di “alta felicità”, tre giorni di costruzione nella lotta.

Fin troppo generoso il suo cuore che scrive, un portafoglio è sicuramente scomparso e qualcuno ha avuto bisogno di aiuto in modo lieve dall’equipe medica. Ma il suo cuore che si fa scrittura, coglie l’essenza di quei giorni. Insieme alle sacrestie e i partiti non vi erano spacciatori, e nelle code per mangiare non ci si lamentava. Non vi era il bisogno della pancia e dell’ideologia per saccheggiare i polli o per “sprangare lo spacciato” come a Parco Lambro, perché, banalmente, non vi erano trafficanti di polli, di ideologia o di altre merci.

io sto

Rinaldo, in quei giorni sente l’aria che arriva da lontano, dalle lotte dei Celti contro l’impero, ai 700 anni di lotte occitane, dagli Escarton alle reti di solidarietà e comunanza nei boschi e nei villaggi, dai Catari alle streghe, dai partigiani ai ribelli degli anni ’70; la vittoria contro l’elettrodotto, la sconfitta dell’autostrada, la lotta NoTav da Venaus alla libera repubblica della Maddalena.

Uscire di casa, spegnere la tv, guardarsi, scoprirsi, fare le barricate, il pane e gli orti insieme. Comunità in costruzione, comunità in lotta. Senza divisione tra buoni e cattivi, come dopo il tre luglio, quando di fronte alla narrazione tossica del potere si rispose in coro: siamo tutti black block! Quando con quella semplice frase, si superò quell’inutile dibattito che aveva messo all’angolo le esperienze del 2001 a Genova. Come oggi, dopo e durante i tre giorni di alta felicità, quando di fronte al continuo attacco repressivo, rispondiamo con le foto dei nostri corpi e un cartello con scritto: io sto con chi resiste violando le imposizioni del tribunale di Torino.

venaus pintoni

In questo essere, in questa Comunità che si fa Umana, Rinaldo e le tante e i tanti che erano con noi nei giorni del festival ad alta felicità, nelle polentate, nelle notti al cantiere, nei sabotaggi, sono valsusini. Con loro per un mondo dove “a ognuno secondo i suoi bisogni, da ognuno secondo le sue possibilità” sarà l’eco che si espande dal Roc Meol per tutte le Valli
A sarà düra!

Maurizio

L’Italia produce più energia di quanta ne consumi, ma continua a importarla

http://www.repubblica.it/economia/2016/08/10/news/energia-145687098/

Dai dati del primo semestre si rafforza il paradosso che vede il Paese disporre di un surplus di elettricità ma che non riesce a vendere ai partner Ue. In calo la produzione da rinnovabili, scesa dal 43% di un anno fa al 41,7%, per piogge più scarse e una minore radiazione solare

di LUCA PAGNI

 

10 agosto 2016

L'Italia produce più energia di quanta ne consumi, ma continua a importarla

MILANO – Cala in Italia la produzione di energia da fonti rinnovabili, in controtendenza rispetto al resto d’Europa. E sempre rispetto alle principali nazioni del continente, continuiamo a importare più elettricità di quanta ne esportiamo, nonostante un eccesso di produzione che sarebbe disponibile per essere “venduta” e che invece rimane inutilizzata.

Sono i paradossi del sistema elettrico nazionale, così come emergono dai dati del primi semestre dell’anno, se confrontati con lo stesso periodo dell’anno scorso. E se il calo delle rinnovabili, può essere almeno in parte imputato alle fonti idrolettriche, visto che nella prima parte del 2016 ci sono state precipitazioni inferiori alle medie, il secondo fenomeno è imputabile alla mancanza di un quadro completo di regole europee.

Paradosso export. In pratica, cosa succede? L’Italia ha il parco di centrali a gas più efficente d’Europa. ma il calo della domanda (dovuta alla crisi economica), unita al successo delle rinnovabili comporta a un utilizzo ridotto degli impianti, che lavorano solo poche ore al giorno. Abbiamo quindi, un quantità di energia che saremmo in grado di produrre per l’esportazione nei paesi confinanti: soprattutto quando ci sono momento di “picco”, ovvero richiesta di energia superiore alla media. Perché in altre nazioni, come la Francia, la Svizzera, la Germania, la Slovenia dispongono di centrali nucleari che garantiscono l’equilibrio del sistema con un flusso di energia costante, ma che non sono “flessibili”, non sono in grado di aumentare la produzione quando ci sono rischieste improvvise. Esattamente il contrario di quello che fanno le centrali a gas.

Invece, per mancanza di regole comuni tra le società di trasmissione dell’elettricità dei vari paese, tra le Borse elettriche e tra le autorità di controllo, l’Italia è limitata nelle esportazioni. Ma continua a importarne più di tutti. Lo si vede bene dal documento elaborato da Assoelettrica relativo ai dati del primo semestre. “E’ una questione che ci trasciniamo da tempo – spiega il presidente di Assoelettrica Simone Mori – se facciamo un confronto tra l’Italia con i principali paesi Ue è evidente come tutti riescano a destinare una parte dell’energia prodotta all’esportazione mentre noi non ce la facciamo, anzia abbiamo un saldo negativo. In parte è dovuto al fatto che altri hanno energia nucleare che ha un prezzo di produzione più basso, ma un parte è dovuto al fatto che la Ue a parole vuole accelerare la creazione di un mercato unico dell’energia ma, nei fatti, l’insieme delle regole da armonizzare tarda ad essere approvata”.

Frenata rinnovabili. Tra gennaio e giugno del 2016, la produzione complessiva di elettricità fa fonti rinnovabili è scesa – rispetto alla produzione conplessiva – dal 43% dello stesso periodo di un anno fa. al 41,7%. Mentre la produzione da fonte rinnovabile è salita dal 57 al 58,3%. Il che è dovuto in particolare alle minori piogge che hanno ridotto la capcità degli invasi delle dighe. In calo anche la produzione da fotovoltaico, perché nei primi sei mesi dell’anno cì’è stata una minore radiazione solare, mentre è salita la produzione da eolico. Complessivamente il peso degli incentivi sulla bolletta è stato di 6,6 miliardi.

Grazie alla Commissione Europea, arrivano in Europa i veleni transgenici della Monsanto

Grazie Ue dei popoli che odia i populisti
Monsanto-Killing
LA COMMISSIONE UE APPROVA IN SEGRETO L’IMPORTAZIONE DELLA SOIA TRANSGENICA DELLA MONSANTO (QUANTO HA BECCATO DI STECCA?)
 
LONDRA – C’e’ una notizia che e’ stata riportata da Russia Today ma e’ stata censurata dai mezzi di informazione italiani che dimostra il perche’ sia importante uscire dalla UE al piu’ presto possibile.
 
Infatti nel piu’ assoluto silenzio alcuni giorni fa la Commissione europea ha approvato l’importazione di soia geneticamente modificata prodotta dalla Monsanto e in particolare ad essere autorizzata e’ l’importazione di soia MON 87708 x MON 89788, soia MON 87705 x MON 89788 e soia FG 72 sia per essere dato come mangime agli animali che per il consumo umano ma non per essere coltivata.
 
Tale approvazione segue un parere positivo dell’agenzia per la sicurezza alimentare europea la quale ha fatto degli studi che dimostrano (a loro dire) la sicurezza di questa soia OGM.
 
L’autorizzazione e’ valida per 10 anni e tutta la soia OGM importata e’ sottoposta alle regole di tracciabilita’.
 
glisolfato
Glisolfato Monsanto
 
Un aspetto importante di questa decisione e’ che tra i semi di soia permessi c’e’ anche il Roundup Ready 2 Xtend, un tipo di soia che e’ resistente ai pesticidi glifosato e dicamba, quest’ultimo da tempo sotto accusa perche’ responsabile di causare tumori tra gli agricoltori che lo usano e per tale motivo da tempo osteggiato dalle varie associazioni ecologiste.
 
A causare preoccupazione e’ il fatto che nessuno sa quali sono gli effetti di lungo periodo delle coltivazioni OGM quindi la commissione europea di fatto ha preso una decisione che potrebbe avere effetti devastanti sulla nostra salute e sul nostro ecosistema.
 
Se questa soia OGM e’ veramente sicura perche’ questa decisione e’ stata presa in segreto e nessun mezzo di informazione ha riportato questa notizia?
 
Inoltre c’e’ il fatto che una compagnia privata americana di fatto ha un potere enorme sulla nostra alimentazione e permettere a una multinazionale come la Monsanto di operare senza controllo e’ folle e sarebbe interessante sapere quanto ha speso la Monsanto per convincere i commissari europei a decidere in suo favore, essendo nota a livello mondiale, ormai, la corruttibilità delle oligarchie al vertice della Ue.
 
Noi ovviamente non ci stiamo e abbiamo deciso di riportare questa notizia nella speranza che qualche politico che visita il nostro sito faccia delle interpellanze a chi di dovere e nel contempo invitiamo tutti al boicottaggio dei prodotti Monsanto.
 
Fonte: Il Nord

“Il Cantiere TAV di Chiomonte non è luogo di vacanza”.

http://www.marcoscibona.it/home/?p=1090

TAV – SCIBONA (M5S): “Il Cantiere TAV di Chiomonte non è luogo di vacanza”.

Apprendiamo da fonti giornalistiche che: “La Direzione centrale per l’ordine pubblico, su indicazioni del Dipartimento per la pubblica sicurezza, ha deciso ieri di spostare altrove il reparto mobile della Polizia di Genova presente in questi giorni a Ventimiglia. I colleghi di Turra andranno in servizio a Chiomonte, in Val di Susa, dove si trovano i cantieri dell’Alta velocità Torino-Lione. A Ventimiglia, invece, è atteso il reparto mobile di Torino”.

L’intento dichiarato è quello di togliere le Forze dell’Ordine da una situazione di tensione e forte emotività e per scongiurare la più remota ipotesi di tensioni con i No borders o con gli stessi migranti.

Forse il Cantiere di Chiomonte è diventato un area vacanza per le Forze dell’Ordine?

Se così fosse (e per inciso nulla avremmo a che obiettare, anzi auspicheremmo che più categorie di lavoratori possano fruire del paesaggio e dell’ospitalità della Valsusa per le proprie vacanze e quindi benvenuti insegnanti, operai, ferrovieri, ecc…) allora non vi è motivo per mantenere il presidio di sicurezza, e il personale ivi impegnato potrebbe dare il suo apporto nelle città o in luoghi dove maggiormente si fa sentire la criminalità o a presidio di possibili obiettivi terroristici.
Mentre non voglio neanche pensare che la trasferta serva a far sfogare gli agenti stressati con i manifestanti NOTAV.

Questa disposizione è una scelta miope e superficiale del Capo della Polizia Gabrielli.
Non è così che si risolve la questione di Ventimiglia, men che meno, in generale, la problematica delle Forze dell’Ordine che vedono, da questo Governo, blocco del turnover, dotazioni insufficienti, blocchi stipendiali e poca considerazione della salute dei propri dipendenti, come abbiamo purtroppo constatato con la dolorosa vicenda dell’agente deceduto a Ventimiglia.

Ancora una volta si gestisce in modo pessimo il fenomeno migranti e, parimenti, ci si accanisce sulle condizioni di lavoro degli agenti.

Questo è un Governo che non sta dalla parte degli immigrati, non sta dalla parte dei manifestanti, e non sta dalla parte delle Forze dell’Ordine.
Un Governo miope ed incompetente che riesce a scontentare tutti… tranne le banche.

Marco Scibona, Senatore M5S – Segretario 8a Commissione Lavori pubblici, comunicazioni.