Mail, telefonate e blitz in azienda per recuperare i debiti mai pagati. Dai mutui alle bollette, il business rischioso dei crediti dubbi

il business “rischioso”, ma poverini sti “recuperatori”. Invito a leggere bene lo screenshot da La Stampa dello stesso giorno.
L’ORIGINE DELLE SOFFERENZE BANCARIE?? 
 
Gli italiani, che, spilorci, improvvisamente smettono di pagare mutui, rate, bollette…..MICA lo fanno perché perdono il posto di lavoro…come se in Italia esistesse il reddito di cittadinanza con il quale sopravvivere ed eventualmente continuare a pagare PER I BENI che si è deciso di acquistare, inoltre, SEMBRA CHE sì, smettono di pagare all’improvviso e si tengono tutto, eh già, sappiamo che se smetti di pagare mutuo e bollette mica ti sbattono fuori casa e ti INTERROMPONO le UTENZE…NO VERO?
10/07/2016
GIUSEPPE BOTTERO
TORINO
La prima reazione è sempre la stessa: «Guardi che sta cercando la persona sbagliata». E invece no, perché nella cartellina sotto il braccio hai tutte le informazioni: nome, cognome, situazione finanziaria del barista cinese che ti guarda con aria di sfida. Sai che non paga i fornitori da mesi, che il suo locale ha un debito che viaggia attorno ai seimila euro con un grande gruppo dell’alimentare. E allora inizi a trattare, senza alzare la voce, armato di fatture, documenti di trasporto, e-mail. Lo fai sfogare, è una partita a poker: il suo obiettivo è non saldare, il tuo riprenderti il più possibile. Non vincerà nessuno, e non è una sorpresa. Altrimenti come spiegare il tesoro che banche, fondi e società non riescono a riportare a casa? Però ci si può avvicinare all’obiettivo, racconta la signora in tailleur e scarpe eleganti con l’incarico di andare in giro a caccia di denari. È quanto di più distante dall’immagine del «duro». La visita diretta, dice, è l’ultima spiaggia. Prima ci sono mail, raccomandate, telefonate. L’intento: far firmare un piano di rientro, recuperando una cifra più bassa, il 30-40%. Pochi, ma benedetti e subito. 
 
Negli anni duri della crisi gli italiani hanno continuato a fare debiti. Poi hanno smesso di onorarli. Bollette, abbonamenti alla tv satellitare, rate per acquistare moto e auto, mutui. Recuperare quei soldi, ora, sembra l’affare per eccellenza. Ci provano i colossi americani, che rilevano a prezzi di saldo i pacchetti di sofferenze dalle nostre banche e poi tentano di recuperarli. I fondi pagano quei crediti così poco che, nel caso la manovra riesca, avranno fatto bingo. Ma è impresa per pochi, servono capitali, studi legali attrezzatissimi, enorme pelo sullo stomaco.  
 
«E’ una guerra», sorride Claudio Mombelli. Da vent’anni è alla guida di Invenium, cura il recupero per conto delle aziende, nel nostro Paese e all’estero. E’ un’attività meno rischiosa e più redditizia: non acquista pacchetti di sofferenze, ma offre servizi «su misura». Gli imprenditori che si rivolgono alle società come la sua pagano una quota per iniziare la pratica e una commissione quando la partita si chiude positivamente. «La via giusta è quella extragiudiziale – spiega – Bisogna evitare di andare in tribunale».  
 
Lo sa benissimo Andrea Morsico, studi all’estero, tornato in Italia per fare il «mastino del credito». Il suo è un lavoro certosino. Si appunta la lista dei casi sul cellulare, poi comincia a spedire mail. «Spesso ti trovi di fronte a un muro». La chiave, ragiona, è farsi mandare una proposta dal debitore. E’ un riconoscimento, a quel punto non si torna indietro. Sfoglia le pratiche. Per tre mesi, racconta, ha cercato di recuperare ventimila euro. Mail, abboccamenti. Appena riesce a parlare al telefono col debitore, quello lo travolge d’insulti. Andrea non fa una piega: «E’ un trucco, bisogna farseli amici». E infatti dopo la rabbia ecco le scuse. «Abbiamo chiuso al 50% della cifra». Non è poco. Nel 2014, ultimi dati disponibili, le società di recupero crediti italiane hanno gestito 40,6 milioni di pratiche e sono riuscite a risolverne positivamente 18 milioni. E gli importi affidati in sette anni sono quadruplicati: da 15,2 a 56,2 miliardi. Numeri da paura: solo le bollette non pagate valgono 12,8 miliardi.  
 
Ultimamente le attività si sono intensificate, qualcuno esagera. L’Antitrust ha un lungo elenco di denunce fatte partire dalle associazioni dei consumatori. «Il recupero può sfociare in attività di intimidazione», attacca l’avvocato Massimiliano Dona. «Molti ci segnalano di essere stati contattati per la riscossione da società con le quali non hanno alcun rapporto». E’ una pesca a strascico, anche un azzardo. Perché le aziende che acquistano grandi pacchetti di crediti insoluti, spesso, si rendono conto che il valore è così basso che non basta neppure a pagare l’esattore. 

Renzi: “Aiuti alle banche. Abbiamo il sostegno dell’Ue”

tre notizie in pillola, nel senso che se le vuoi leggere devi pagà La Stampa…già ..quelli che si indignano perché gli italiani quando lavorano esigono di essere pagati..
Il premier: avanti coi negoziati. L’ipotesi delle casse di previdenza per Atlante 2
Sulle banche Matteo Renzi sposa la linea indicata venerdì all’assemblea dell’Abi da Visco e Padoan. «La mia posizione – ha spiegato il premier da Varsavia – è la stessa espressa ieri dal ministro dell’Economia in modo chiaro e dal governatore della Banca d’Italia. Ci sono singole situazioni aperte per mille motivi, spesso frutto di scelte tecniche, e queste situazioni vengono seguite, come doveroso che sia, da un gioco di squadra del Paese per risolvere eventuali problemi prima che accadano». Du…continua
 
“Casse pronte a investire in Atlante, ma niente rischi per le pensioni”
Oliveti, presidente di Enpam e Adepp: voglio impegni precisi
«Sembra di assistere all’assalto della diligenza, come nei film del Far West» dice Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam (la più importante e ricca delle casse di previdenza private, quella dei medici) e dell’Adepp, l’associazione che raggruppa tutti e 19 gli enti previdenziali privati. Tutte assieme gestiscono un patrimonio di oltre 70 miliardi di euro, un “tesoretto” che già l’anno passato aveva scatenato gli appetiti del governo e che ora ci si aspetta che possa essere in parte impiegato per…continua se vuoi sapere il resto devi pagare..
PAOLO BARONI
 
Padoan cerca consensi a Bruxelles. Obiettivo ricapitalizzare subito Mps
Operazione fiducia del ministro: “La tenuta del sistema creditizio non è a rischio”. La Commissione decisa a tendere la mano, ma chiederà garanzie all’Italia
Due giorni per convincere che non c’è alcuna bolla bancaria pronta a esplodere, e che il governo sta agendo e agirà per garantire la tenuta del sistema nazionale ed europeo. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, oggi e domani sarà a Bruxelles per le riunioni di Eurogruppo ed Ecofin, ma non solo. Gli istituti di credito tricolore preoccupano e l’Italia spinge per utilizzare anche qui la flessibilità prevista dalle regole. La Commissione Ue è anche disposta a tendere una mano, ma il vero s…continua
EMANUELE BONINI

Patuelli: “L’Italia è stata tirchia con le banche. Fondi pubblici come misura estrema”

cattivo lo stato italiano che è tanto spilorcio con le povere banche, che soffrono tanto tanto…
Il primo dovere di uno stato quindi non è garantire servizi e beni ai cittadini, MA PROTEGGERE LE BANCHE. Aggiornare costituzione please
 
Il presidente dell’Abi: non sono un populista ma il bail-in va cambiato. Il nostro capitalismo è malato: un milione di aziende in affanno
LAPRESSE
10/07/2016
LUCA FORNOVO
TORINO
Le regole europee sui salvataggi delle banche, il cosiddetto bail-in, non sono scolpite sulle tavole di Mosè, né scritte sul Vangelo». All’indomani dell’assemblea dell’Abi, Antonio Patuelli, 65 anni, presidente dell’associazione bancaria italiana dal gennaio 2013, tiene il punto noncurante delle polemiche sulla sua posizione a tratti “poco europeista”: «Non mi rassegno, quelle regole si possono cambiare, l’Europa deve essere meno burocratica e poi penso che l’intervento pubblico per qualche banca possa esserci seppure come extrema ratio e misura transitoria».  
 
Come mai l’Abi non si è schierata contro il bail-in prima dell’entrata in vigore a gennaio?  
«Intanto l’Abi non è una forza politica, né un’istituzione ma è un’associazione privata. Poi va detto che a fine ottobre del 2015 alla giornata mondiale del risparmio avevo già detto che il “bail-in” sarà l’eccezione estrema, non certo la regola e che in Italia vige sempre l’articolo 47 della Costituzione, secondo cui la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio. Detto questo sarò solo contento se qualcuno decidesse di sollevare in Tribunale la questione di costituzionalità sul bail-in». 
 
Non le sembra di essere stato un po’ populista a definire burocratica l’Europa? Comunque il bail-in ha ricevuto l’approvazione di 28 governi e del Parlamento europeo…  
«Si può dire di tutto, salvo che io sia populista. Sono europeista cronico, deluso ma non rassegnato perché l’Europa che abbiamo sognato era molto democratica e il ruolo delle burocrazie non era centrale come è adesso. Oggi vi è un rifiuto verso questa Europa sia da parte dei britannici sia dei Paesi dell’Est Europa». 
 
Ora però Renzi è ottimista, dice che sul tema delle banche italiane c’è il pieno supporto di tutti i partner europei e anche della Commissione Ue.  
«È vero, mi sembra un clima molto diverso rispetto a quello di un anno fa, dove trapelavano difficoltà nei rapporti. Quindi la mia attesa è costruttiva, sono speranzoso perché nei prossimi giorni si trovi un accordo con l’Ue». 
 
Ma chi deve mettere i soldi per le banche? Lo Stato, cioè i contribuenti, o gli azionisti?  
«Questo punto è stato spiegato bene venerdì all’Abi dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan e dal governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, dicendo che l’intervento pubblico può esserci solo come extrema ratio per singoli casi e con interventi transitori. Un po’ come è avvenuto in Germania, Regno Unito, Francia e Benelux con la presenza degli Stati nel capitale di singole banche in difficoltà. Dopo pochi anni gli stessi Stati hanno venduto quelle partecipazioni realizzando guadagni, come è avvenuto in Italia con i Tremonti-bond che offrivano interessi del 10% allo Stato». 
 
Mps ha fatto ricorso ai Tremonti-bond poi ai Monti-bond e ora forse sarà necessario un salvataggio pubblico. Non pensa che lo Stato abbia reagito in ritardo su questa banca e su altre in difficoltà?  
«Non sono un esponente del governo né del Parlamento, non voglio fare polemica con nessuno ma constato che in Europa l’Italia è il Paese che è stato più tirchio nei confronti delle banche. Poi è arcinoto che tutte le banche europee hanno problemi, non solo talune delle nostre. La Cgia di Mestre ha appena pubblicato uno studio in cui emerge che le banche finlandesi, del Regno Unito e della Germania hanno più del 20% del loro attivo in derivati; in Italia questa quota è del 5,3%, meno della metà rispetto alla media Ue». 
 
Perché le banche italiane hanno accumulato così tanti prestiti in sofferenza?  
«Non è solo un problema delle banche ma anche delle imprese: sono circa un milione in Italia le aziende in difficoltà con i prestiti. Per curare il nostro capitalismo l’Italia deve riuscire ad attirare più capitali esteri e la Brexit è un’occasione da cogliere. Apprezzo il lavoro che stanno facendo le istituzioni nazionali, lombarde e milanesi per cercare di trasferire da Londra a Milano una importante autorità europea, come l’Eba».  

“Un piano Ue da 150 miliardi per salvare le banche”

la Ue dei popoli. Quella che si riforma standoci dentro, secondo alcuni. Intanto i cattivi teteschi si oppongono ai salvataggi, e le banche italiane soffrono tanto tanto…porine…
Il colosso Deutsche vuole un fondo pubblico. Dall’Unione i dubbi su Roma: troppe eccezioni
 
11/07/2016
MARCO ZATTERIN
In più di una capitale, a partire da Berlino, l’Italia gode di pessima fama. «Avete sempre un’esenzione da chiedere», sbotta una fonte Ue mentre parla del Montepaschi. Diffusa è la paura d’essere imbrogliati, ma anche quella di finire male, come e peggio di noi. Tanto che dalla Deutsche Bank arriva il meno tedesco dei piani: un fondo condiviso e pubblico da 150 miliardi per rimettere in sesto le banche europee. 
 
Il tono di chi sottolinea come a Roma «tutte le volte c’è un’urgenza a cui appigliarsi» rivela il sospetto che l’«esenzione» possa essere solo una scusa per aggirare le regole: le riforme e la cattiva congiuntura sono state usate per tenere il debito lontano dai percorsi virtuosi negoziati coi partner Ue; la criticità del momento per poter puntellare con aiuti di Stato un sistema creditizio che traballa. In realtà, sinora, l’Italia non ha violato i Trattati. Con l’appoggio «politico» della Commissione, e non soltanto, ha ottenuto tutta la flessibilità autorizzabile, eppure questo non cambia il quadro. Non ispiriamo fiducia ai governi che devono decidere se venirci incontro o no. Nemmeno ai tedeschi, duri sebbene gli istituti nazionali li abbiano già salvati e guardino con orrore alla concreta possibilità di doverlo fare nuovamente.  
 
Il bail-in  
L’impianto legislativo europeo è ricco di scappatoie. L’articolo 32.4 della direttiva Brrd – la norma che ha riformato le risoluzioni creditizie dopo la crisi scoppiata nel 2008, aprendo la stagione della piena responsabilità di azionisti e investitori (bail-in) – consente la ricapitalizzazione preventiva per gli istituti che, manifestamente, abbiano una situazione patrimoniale incompatibile con la stabilità. Il testo ammette l’erogazione di aiuti di Stato dopo che proprietà e titolari di bond abbiano dato il loro contributo, tuttavia anche qui c’è l’eccezione. L’esborso pubblico può essere totale qualora la condivisione degli oneri generi «esiti sproporzionati» (danni ad azionisti o mercati) o se si minaccia la stabilità dell’istituto. 
 
Il caso Mps  
L’Italia vuole questo per Mps. Niente di più. Ha fretta perché il 29 luglio arrivano i risultati delle prove di sforzo dell’agenzia bancaria europea (Eba). Dopo lo stress test, le banche sottocapitalizzate avranno tre mesi per mettersi a posto e intanto saranno destinate a saltellare in Borsa. È saggio cercare di anticipare gli eventi. Resta da capire cosa intende il premier Renzi quando dice che i «correntisti» non saranno toccati. Pare si riferisca a chi detiene bond subordinati e potrebbe vederseli tramutare in azioni. Per questo, perché nessun cittadino-elettore perda un euro, auspica «l’esenzione». 
 
Tutti i segnali dicono che a Bruxelles negoziano con lo staff del ministro Padoan imbevuti di spirito costruttivo. Sono inquieti per la tenuta del comparto e la «ricapitalizzazione preventiva» è in vista. Manca la formula, e la certezza che la Commissione non sia successivamente sfidata da qualche Stato. Deve cautelarsi. «Aiuterebbe che da Roma arrivasse un programma preciso e complessivo – spiega un addetto ai lavori – invece che procedere caso per caso». L’incognita nazionale, per noi, non è solo il Monte. Buona parte del sistema che è sottocapitalizzata. La valutazione diffusa è che occorrono 40 miliardi, punto d’avvio per un ripensamento più ampio, le fusioni di cui parla il governatore Visco. Oltre che il taglio delle filiali e del personale. 
 
Le tedesche in difficoltà  
Sarebbe però sbagliato dire siamo i soli minacciati dal crac allo sportello. Anche nella terra di Frau Merkel le cose non vanno come dovrebbero: c’è la Bremer Landesbank parecchio sottocapitalizzata e la Deutsche Bank bollata come «fragile» dal Fmi. Non sorprende che dal colosso di Francoforte arrivi un’idea che farà tremare i polsi al dogmatico Schaeuble, nemico di ogni mutualizzazione. David Folkerts-Landau, capo economista della Db, confessa in un’intervista a «Die Welt» di temere una nuova crisi bancaria europea e chiede un mega programma di salvataggio e ricapitalizzazione «con denaro fresco», pubblico e in deroga alle norme europee. L’Europa è «gravemente malata» e «attenersi strettamente al rispetto delle regole causerebbe un danno maggiore di quello che vorrebbero contribuire a rimediare», rileva Folkerts-Landau, convinto che la stima di 40 miliardi per i malanni italici sia «conservativa». Comunque per il suo fondo ne vuole 110 in più. Evidentemente, pensa che anche in Germania ci siano istituti ad aver bisogno di soldi. Nell’invito così «italiano» a flessibilizzare le regole è facile leggere il timore che nel gruppo dei cattivi possa finire anche Deutsche Bank. 

Comunicato Stampa : Caravane NOTAV – Susa Bayonne Forum international contre les GPII

bonjour

les médias locaux ont mieux réagi que la presse nationale au passage de la caravane.
voici, pour info, le mail que j’ai envoyé à mon fichier médias ce jour pour tenter de les réveiller…. (reporterre, médiapart, libé, ….)

Merci de le relayer auprès de vos propres contacts (sans crainte des doublons, au contraire!), en préparation du 6ème Forum…

Daniel, si tu as le temps de tirer le document PDF Journal de Bord, tu peux l’emmener à NDDL sur le stand….

A votre dispo

amitiés

MP

Communiqué de presse

La Caravane NOTAV est à mi parcours. Après 6 arrestation de cyclistes et l’emprisonnement de 2 d’entre eux à quelques jours du départ, après avoir traversé les barrages policiers du Mont Cenis, après avoir rencontré Eric PIOLLE maire de Grenoble, et après d’interminables et riches soirées-discussions-débats à Chapareillan, Grenoble, Valence, Pierrelatte….. la caravane continue son chemin sur Nimes, Narbonne, Carcassonne…. et Bayonne

Ci joint, récit de l’aventure étapes par étapes entre le 4 et le 7 juillet.

Dans 2 jours, la Caravane NOTAV, tour de France des GPII va croiser le Tour de France de la compétition sportive, monument international. Quel choc cela va-t-il produire?

Nous remercions les médias qui ont couvert une ou plusieurs étapes et vous en faites surement partie.

Nous sommes à votre disposition pour organiser reportage et interview, notamment autour des temps forts suivants:

-le 12.07 à Argeles Gazost (près de Lourdes): 16h images de la caravane dans la vallée des Gaves – 18h interview des cyclistes – 20h soirée publique sur le Lyon Turin et la Traversée centrale des Pyrénées

– le 14.07 à Lahonce (15km de Bayonne) à 15h pour l’entrée finale dans l’agglomération de Bayonne. 17h Arrivée au Patxoki (Petit Bayonne) – conférence de presse

– le 15.07 14h Conférence de presse d’ouverture du Forum contre les GPII, Salle de la société nautique, 8 av du Capitaine RESPLANDY Bayonne

Nous sommes à votre disposition pour toutes informations et images.
cordialement

contact presse: + 33 (0) 6 08 83 52 69

Reportage FR3 court et complet du 4.07:

La caravane contre les “Grands Projets Inutiles” est passée par la Maurienne – France 3 Alpes http://france3-regions.francetvinfo.fr/alpes/savoie/la-caravane-contre-les-grands-projets-inutiles-est-passee-par-la-maurienne-1041065.html

[image] http://france3-regions.francetvinfo.fr/alpes/savoie/la-caravane-contre-les-grands-projets-inutiles-est-passee-par-la-maurienne-1041065.html

La caravane contre les “Grands Projets Inutiles” est pas… http://france3-regions.francetvinfo.fr/alpes/savoie/la-caravane-contre-les-grands-projets-inutiles-est-passee-par-la-maurienne-1041065.html

1.300 kilomètres à vélo contre les “Grands Projets Inutiles”. La caravane est partie, ce lundi 4 juillet, du Val de Suse, en Italie. Elle rejoindra le Forum des opp…

IL GATTOPARDO DELRIO E I RISPARMI SUL TAV TORINO-LIONE

http://www.presidioeuropa.net/blog/il-gattopardo-delrio/

Cambiare tutto per non cambiare nulla

Graziano Delrio, Ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, con una gattopardesca operazione di distrazione di massa, molto ben accolta dai media, ha comunicato il 1° Luglio 2016 che vi saranno forti risparmi nella costruzione della Torino-Lione attraverso lo spostamento al futuro della costruzione dell’ormai dimenticata “gronda merci” a nord di Torino. Ma intanto conferma il passaggio di una nuova linea ferroviaria nazionale dalla Val Susa fino allo scalo ferroviario di Orbassano, declassato da RFI, devastando la collina morenica, le città di Rivoli e di Rivalta di Torino, e lo scavo dell’inutile Galleria di base di 57,2 km: altro che risparmi!

Delrio afferma:        

“Si riducono i costi delle nuove linee ferroviarie italiane di accesso alla Galleria di base della Torino-Lione, con un taglio da 84 a 25 chilometri con un (indimostrabile, N.d.R.) risparmio di 2,6 miliardi di euro rispetto al progetto preliminare del 2011″.

E’ chiaro che queste linee sono state “tagliate” perché non servono.

E’ bene inoltre ricordare che la Francia ha assunto una decisione analoga [1] nel mese di giugno 2013 rinviando a dopo il 2040 la decisione della costruzione delle linee di accesso alla Galleria di base lato francese a causa della non saturazione delle linee esistenti, proprio come in Italia.

Ma la vera questione era e rimane la costruzione dell’inutile galleria di base di 57,2 km. [2]

Quanto costerà la Galleria di base della Torino-Lione ?

Il costo previsto della galleria di base di 57,2 km , certificato da un raggruppamento di società al quale TELT [3]ha affidato l’incarico, è risultato essere di 8,60 Mld. [4], valore del 2012.

Il costo reale non potrà però essere inferiore agli 11,30 Mld. di € [5] sostenuti dalla Svizzera per la costruzione della galleria del Gottardo inaugurata nel 2016 che ha le stesse caratteristiche della Torino-Lione.

La differenza di 2,70 Mld di € tra il costo previsto e certificato e quello che sarà realmente sostenuto (senza alcun dubbio molto superiore) sarà ripartita al 50% tra Italia e Francia [6].

Quale sarà il contributo dell’Unione europea ?

L’UE ha dichiarato che sosterrà il 40% del costo certificato (e non quello che verrà realmente sostenuto), senza quindi accollarsi alcun rischio geologico: 8,60×40% = 3,44 Mld. di €

Quanto pagherà l’Italia per la Galleria di base ?

Per effetto dell’Accordo capestro con la Francia del 2012 [6], la divisione dei costi con la Francia sarà iniqua: l’Italia pagherà il 57,9% del costo totale della Galleria per soli 12,2 km su 57,2, facendo un regalo alla Francia di 1,9 miliardi.

L’Italia pagherà così 4,34 Mld. di €, ossia:

– il 57,9% dei costi certificati al netto del contributo europeo (8,60-3,44)x57,9% = 2,99 Mld. di €

– il 50% dei costi che eccedono il costo certificato (11,30-8,60)/2 = 1,35 Mld. di €

… pari a € 355,7 milioni per ognuno dei 12,2 km in territorio italiano

E quanto pagherà la Francia ?

La Francia pagherà 3,52 Mld. di €, ossia:

– il 42,1 % dei costi certificati al netto del contributo europeo  (8,60-3,44)x42,1% = 2,17 Mld. di €

– il 50% dei costi che eccedono il costo certificato (11,30-8,6)/2 = 1,35 Mld. di €

… pari a 78,2 milioni di € per ognuno dei 45 km in territorio francese, ossia circa 5 volte in meno del costo/km italiano

Riepilogo della divisione dei costi

UE                   3,44 Mld.  30,4%

Italia               4,34 Mld.  38,4% (per 12,2 km di galleria di base)

Francia           3,52 Mld.  31,2% (per 45,0 km di galleria di base)

Totale           11,30 Mld. di €

Queste valutazioni sono fatte nell’ottimistica ipotesi che a consuntivo il costo reale della Galleria di base non sarà superiore a 11,30 Mld. di €


NOTE

[1] http://www.presidioeuropa.net/blog/la-commissione-%e2%80%9cmobilita-21%e2%80%9d-ha-presentato-il-suo-rapporto/

[2] Inutile perché la Galleria e la linea esistenti, totalmente rinnovate, sono utilizzate ad un sesto delle loro capacità.

[3] La Certificazione dei costi da parte di un terzo esterno (Art. 18 Accordo di Roma del 30 gennaio 2012), base per il cofinanziamento dell’Unione europea, è stata affidata dal sig. Hubert du Mesnil, Presidente di TELT (già LTF), alle società Tractebel del gruppo GDF SUEZ e a TUC Rail. Rimane il dubbio che questo affidamento non sia compatibile con le disposizioni della Decisione C (2008) 7733: III.2.5 – Aggiudicazione dei Contratti e III.2.6 – Conflitto di interessi.

Infatti, la società GDF Suez è un membro del Consiglio di Amministrazione di IGD del quale il sig. Hubert du Mesnil è Presidente, http://www.fondation-igd.org/files/pdf/15%20IGD%20Rapport%20Moral.indd-2014.pdfe la società Tractebel ha lavorato per la Società Lyon Turin Ferroviaire – LTF dal 2002 al 2006 e dal 2009 al 2013,http://www.tractebel-engie.com/references/lyon-turin-railway-line-2/ e infine che la società  TUC Rail è presieduta dal sig. Luc Lallemand amministratore di RFF (socio storico di LTF) e Vice Presidente di EIM Rail quando il sig. Hubert du Mesnil era Presidente.

http://www.vub.ac.be/en/fellows/profiel/luc-lallemand

http://www.mobilicites.com/011-147-Nomination-Hubert-du-Mesnil-president-de-l-European-Rail-Infrastructures-Managers.html

[5] 11,30 Mld. di € (al cambio 11/7/2016) sono pari a 12,2 Mld. di Franchi svizzeri Cfr. Il dossier del tunnel del GottardoCoût du tunnel de base du St-Gothard: 9,7 milliards de francs (prix de 1998, hors renchérissement, TVA et intérêts intercalaires; coût effectif: 12,2 milliards de francs)

[6] Ai sensi dell’Art. 18 dell’Accordo Italia-Francia del 30/1/2012 http://www.presidioeuropa.net/blog/wp-content/uploads/2012/12/Accordo-Roma-30.1.2012-it1.pdf

SOUDAN DU SUD : CHAOS IMPORTE DE WASHINGTON ET TEL-AVIV !

# PANAFRICOM/
RESULTAT DE 50 ANS DE MANŒUVRES ISRAELO-AMERICAINES :
« LE SOUDAN DU SUD EST AU BORD DU CATACLYSME » (LE TEMPS)

soudan

Le quotidien suisse évoque « le suicide du pays » et avertit ce 11 juillet 2016 : « La capitale Juba, qui devait fêter samedi le cinquième anniversaire de l’indépendance du Soudan du Sud, est déchirée par les combats. Le gouvernement d’union nationale menace de voler en éclats et le pays de replonger dans la guerre civile » …

CE CHAOS (souvenons-nous de la « géostratégie du chaos » des généraux américains et de leur « laboratoire somalien ») est le résultat de plus d’un demi-siècle de manipulations et manœuvres israéliennes et américaines. Tel-Aviv est active au Soudan depuis le début des Années ’60 ! Enouragée par les erreurs géopolitiques à répétition de Khartoum, en particulier celles, irresponsables et motivées par une idéologie suicidaire, de l’idéologue islamiste Al-Tourabi, qui a profondément divisé le Soudan et l’a isolé de ses voisins …

VOIR LES ANALYSES DE LUC MICHEL
POUR LA TELEVISION IRANIENNE

* SAHAR TV / MAGAZINE DE L’AFRIQUE 2016 03 08 / SOUDAN. MORT DE HASSAN AL-TOURABI

sur https://vimeo.com/159194870

* EODE-TV/ SAHAR TV: LUC MICHEL. LA GEOPOLITIQUE DU SOUDAN ET LA CRISE HUMANITAIRE DU SUD-SOUDAN

sur https://vimeo.com/133096745

 PANAFRICOM

http://www.panafricom-tv.com/

https://www.facebook.com/panafricom/

 Photo : Le président du Sud-Soudan, Salva Kiir, ses deux vice-présidents, Riek Machar et James Wani Igga …