Provocazioni Usa nel Mar Nero e nell’Est Europa

fortuna che è un premio nobel per la pace a guidare gli Usa
Giu 20, 2016
 
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Unità navali NATO nel Mar Nero
 
di Salvo Ardizzone
Il 6 giugno, il cacciatorpediniere della Marina americana Uss Porter è entrato nel Mar Nero; appartiene al Destroyer Squadron 60 di stanza a Rota, una base dell’Us Navy in Spagna, nei pressi di Cadice.
 
Fra i compiti di quella formazione ci sono i pattugliamenti nel Mediterraneo e nel Mar Nero nell’ambito della prima fase dell’Epaa, l’iniziativa dell’Amministrazione Obama per una difesa antimissile balistico dell’Europa. La fase due è rappresentata dall’entrata in funzione della base di missili antimissile di Daveselu, in Romania, inaugurata il 12 maggio scorso; la fase tre sarà l’apertura, nel 2018, di una seconda base in Polonia.
 
L’ombrello antimissile Usa in fase di completamento, dietro la ridicola scusa ufficiale di coprire l’Europa da un attacco iraniano (!), è rivolto sfacciatamente contro la Russia, suscitando la crescente irritazione di Mosca. Allo stesso modo, l’ingresso dell’Uss Porter nel Mar Nero, invade volutamente un’area dove l’influenza russa è tornata cruciale ed è in via di significativo potenziamento la flotta della Federazione Russa.
 
Lo scopo neppure celato di quella che nei fatti è una sfida, al di là di inesistenti motivazioni concrete, è quella di tranquillizzare gli Stati dell’Est Europa che dopo aver seguito le politiche antirusse di Washington, ora pretendono la presenza Usa che li rassicuri.
Per tornare alla crociera del Uss Porter, il Mar Nero (come del resto il Mediterraneo) è da molto tempo estraneo ad interessi vitali americani, e d’altronde, la convenzione di Montreaux vieta al naviglio militare di Paesi non rivieraschi di rimanere in quelle acque per più di 21 giorni. La presenza di quell’unità serve soltanto ad alimentare il clima di tensione creato ad arte e dare conforto alle politiche antirusse di alcuni Paesi est europei (nel caso del Mar Nero, la Romania, con la quale Marina il Porter condurrà manovre congiunte).
Già nel 2014 e 2015 i caccia del Destroyer Squadron 60 erano entrati in quel bacino, e i russi avevano risposto con sorvoli che avevano sfiorato le unità; è assolutamente probabile che accada ancora.
Ma gli Usa stavolta non si sono fermati a questo: la portaerei Dwigth Eisenhower è entrata nel Mediterraneo per affiancarsi per due settimane all’Harry Truman che vi si trova già, con la scusa di condurre operazioni nei cieli siriani ed iracheni contro l’Isis (eterno alibi).
Era dal 2003 che un Carrier Strike Group non vi stazionava e la presenza di ben due di essi nelle acque orientali di questo mare è un fatto del tutto eccezionale: una dimostrazione muscolare proprio dove incrociano le navi della Task Force russa. Malgrado gli ovvi accordi preventivi più o meno taciti, per evitare sviluppi imprevedibili, è evidente l’intenzione di montare volutamente la tensione.
Sono tutti atti calcolati che hanno l’unico scopo di continuare l’operazione iniziata col golpe di Euromajdan, sviluppatasi con la guerra e le sanzioni alla Russia e che ora procede di provocazione in provocazione per evitare qualunque distensione.
Un’operazione mirata a spezzare la vasta area di cooperazione naturale fra Ue e Russia, da cui gli Usa sarebbero stati esclusi, rinfocolando odi e suscitando contrapposizioni, un’operazione che reca costi altissimi riversati tutti sulle spalle dell’Europa.
Fa specie vedere un intero Continente assoggettarsi al gioco di Washington, seguendo gli assurdi revanscismi di alcuni Governi e accettando una sudditanza anche quando è puro autolesionismo.

Le Figaro: La Turchia invia armi destinate allo Stato Islamico in Libia

Giu 20, 2016
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Navi con armi per l’ISIS
 
Il giornale francese conservatore “Le Figaro”, uno dei più importanti quotidiani di Francia, ha pubblicato informazioni secondo le quali le agenzie di intelligence occidentali stanno rastrellando il Mediteraneo alla ricerca di sei o sette navi da carico, salpate dai porti turchi che trasportano armi destinate all’ISIS. Si tratta di navi che hanno capacità di carico di circa 10.000 tonnellate di armamento ciascuna e sembra certo che abbiano caricato tali armi per destinarle ai terroristi dell’ISIS, segretamente sostenuti dal Governo Erdogan.
 
Tra queste navi ,due navigano con bandiera turca, altre, porta containers con bandiera panamense, una della Liberia, una della Bolivia e della Tanzania ed un’altra sembra sia registrata nelle isole Comore.
 
Le Figaro segnala che queste barche hanno spento il loro apparati GPS per non essere individuate e, non inviando segnali radar, questo rende più difficile l’identificazione. Secondo i servizi di intelligence queste navi non possono sottrarsi alla ricerca uscendo dal canale di Suez e tanto meno da Gibilterra, entrambi canali sorvegliati da forze aereonavali e si limitano a navigare per il Mediterraneo: potrebbero sbarcare a Taranto come a Salonicco o a Creta, non si può prevedere. Non è chiaro se il carico sia stato ordinato dal Governo Turco o dai Servizi di Intelligence di Ankara.
Lo scorso mese di Maggio il ministro degli esteri siriano, Walid al Muallim, aveva denunciato che la Turchia ed altri paesi (Arabia Saudita e Qatar) continuano ad inviare armamento sofisticato ai terroristi dell’ISIS in Siria. Le dichiarazioni erano state fatte durante un incontro con il rappresentante diplomatico della Cina.
Il ministro aveva riaffermato la volontà della Siria di continuare a combattere i gruppi terroristi fino al loro completo annientamento nonostante le evidenti complicità estere di cui essi godono.
L’Unione Europea intanto, grazie ai buoni ufici della Merkel e di Donald Tusk, sta provvedendo ad inviare altri miliardi alla Turchia per il trattamento dei profughi che arrivano dalla Siria. Quale sia questo “trattamento” si è visto con gli ultimi episodi con cui le guardie di frontiera turche hanno aperto il fuoco contro i profughi inermi uccidendo 11 persone nella giornata di Domenica 19 ed altre 8 nel mese precedente. Inoltre non si contano i casi di sfruttamento e di violenza contro le donne ed i bambini siriani che vengono accolti come profughi in Turchia, come denunciato da varie organizzazioni internazionali.
Non è escluso che i fondi inviati dalla UE in Turchia siano anche utilizzati per l’acquisto di armi con cui il Governo di Ankara rifornisce segretamente (ma non troppo) i gruppi terroristi in Siria e per le azioni di guerra contro la popolazione curda all’interno del paese.
Fonti: Al Manar
Traduzione e sintesi: Luciano Lago

L’IDRA A NOVE TESTE – FALSE FLAG DA ORLANDO A LONDRA, DA PARIGI A BRUXELLES, HOOLIGANS RUSSI, DOPING RUSSO, ANACONDA 16, AL NUSRA…MA POI C’È ROMA (NON SOLO), CHE NON HA FATTO LA STUPIDA STASERA E HA SCELTO LE STELLE PIÙ BRILLARELLE CHE CIÀ…

 http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/06/lidra-nove-teste-false-flag-da-orlando.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 21 GIUGNO 2016

S’ode a destra uno squillo di tromba, da sinistra risponde uno squillo. C’è Orlando, c’è Londra, ma c’è anche un controcanto, per ora a macchia di leopardo, non tanto contro l’Idra, che però resta sullo sfondo, quanto contro le sue mille testoline velenose locali. La luce in fondo al tunnel manda lampi di collera e di volontà, quali quelli che si sprigionano dalla fantastica lotta dei francesi contro il moloch terrorista Hollande-Valls, ormai lunga due mesi e vai, alla faccia di campionati europei, psicosi della paura, stati d’assedio e brutalità polziesche; o dall’insurrezione di massa degli insegnanti messicani coontro un riforma della scuola del tipo renziano “La Buona Scuola”, partita dalla solita Oaxaca e affrontata dal narcoregime di Pena Nieto con 12 morti, 25 scomparsi, decine di feriti, che sta mobilitando altri settori sociali, si allarga a tutto il Messico (70mila nella capitale) ed è una sorprendente risposta, nello Stato del NAFTA (vedi TTIP), al ritorno del Condor Usa sull’America Latina.
In Iraq e Siria le forze popolari e dei governi legittimi stanno ricacciando nelle caverne, dove Cia e Mossad li hanno addestrati, i subumani usati dall’Impero e dai suoi vassalli per cancellare popoli e civiltà. Un incoraggiamento per noi, con le nostre 90 basi Usa e Nato che infettano il territorio e che stiamo vincendo contro quella più criminale di tutti, il MUOS in Sicilia, arriva da Okinawa: dopo l’ennesimo stupro e l’ennesimo assassinio perpetrato da delinquenti Usa in uniforme, 80mila persone in marcia contro le basi Usa che dal 1945 violentano l’isola giapponese.
Non il meno peggio, il meglio su piazza
Da noi i lampi di luce ci arrivano nel travolgente voto amministrativo che sderena gangster, mafiosi e giocolieri e apre una strada nuova, illuminata dallo sfolgorìo di 5 stelle. Tutta da percorrere, questa strada, e da vedere come. Ma intanto la muraglia è sfondata e dal varco la strada si snoda. Restare spocchiosi ai lati, piagnucolando sui vecchi distintivi arrugginiti, denunciando voti che verrebbero da destra (conta per cosa si vota e colme i voti verranno usati!), è puro onanismo. Quel che conta è che, con i 5 Stelle, milioni di italiani hanno detto NO, quasi ovunque su temi veri di sinistra, all’organismo marcio del consociativismo e dell’inciucio, che è il posto di blocco dove ci hanno fermato i gangster e i bankster.
Partecipare alla marcia sulla nuova strada, visto che le mete indicate, se non rivoluzionarie, sono comunque il netto opposto di dove vorrebbero trascinarci il gansterstato e il banksterstato, dando una mano a tenere la rotta quando dovessero capitare deviazioni, questo dobbiamo. Di Battista dice giustamente che in Africa serve togliere, non mettere. Vale oggi come oggi anche in Italia, Europa, Occidente. Togliere Renzi, togliere il Jobs Act, togliere il Tav, togliere la Nato…Gangster e bankster semineranno il cammino di IED (Improvised Explosive Devices), bombe a grappolo, armi chimiche, biologiche e psicologiche e non si fermeranno davanti a niente. Come stanno dimostrando in queste ore a Orlando, a Londra, a Parigi, a Bruxelles, ad Aleppo, al confine russo. Fare gli schizzinosi – su che eccellenze poi? – non farebbe che fornire inneschi agli IED. Nuovi né-né, né con Renzi, né con i 5 Stelle? Sarebbereo le ciambelle di salvataggio per coloro che i combattenti di Francia e gli elettori di Roma, Torino e di 19 comuni su 20, hanno buttato a mare.
L’Idra a 9 teste, una immortale
L’Idra era figlia dei mostri  Echidna e Tifone, generatori di altri orrori come CerberoOrtro, il leone nemeo, la sfinge e la chimera, e venne allevata da Hera (Giunone). Era inoltre velenosissima, tanto da poter uccidere un uomo con il solo respiro, e anche il suo sangue e persino le sue orme erano velenoseFu Ercole ad affrontare la belva, ma ogni volta che ne tagliava un testa ne rinascevano due. Venne in suo aiuto Iolao che impedì la ricrescita cauterizzando con il fuoco il moncherino. Ercole poi schiacciò l’ultima testa, quella immortale, sotto un masso. I miti greci, come sappiamo bene raccontano la storia dell’umanità, passata, presente e futura. E’ solo una qustione di aggiornare i nomi. Mantenendoci nell’oggi, mettiamo Usa e Israele al posto di Echidna e Tifone, chiamiamo Hera per brevità Wall Street, ma anche La Cupola. Alle nove teste diamo i nomi di terrorismo, guerra, totalitarismo, multinazionali, servizi segreti, industria militare, Hollywood, media, religione. Per Cerbero e altri orchi si scende nelle categorie inferiori e la scelta è sconfinata: due Clinton, due Bush, Obama, Hollande, Merkel, Andreotti, Spinelli, Juncker ed europeisti vari, giù giù fino a Tsipras, Renzi, Vendola, quelli della dantesca Antenora: i voltagabbana, gli opportunisti, i traditori.
Figli che servono più da morti che da vivi
Lì c’è pure il Conte Ugolino che la bocca sollevò dal fiero pasto col quale, per sopravvivere lui, si cibava dei propri figli. Succede quando i propri figli, o collaboratori, o agenti, o cittadini qualunque, servono più da vivi che da morti. Ed eccoci a Orlando, ma anche al Cairo e perfino a Londra. E prima stavamo sotto le Torri Gemelle, nel metrò di Londra, da Charlie Hebdo e al Bataclan, all’aeroporto bruxelliano dalle immagini rubate a Mosca e a Minsk, insomma in un sacco di posti e continueremo a starci finchè non saranno riusciti a farci secchi tutti, a fottersi il mondo e far saltare il pianeta. Non è detto. A credere ai greci si fa sempre bene, per cui possiamo confidare che al momento giusto arrivi Ercole. E sarà un’Europa in cui gli operai, gli studenti, i ferrovieri, gli informatici, i portuali, i medici, i pompieri, i nottambuli, faranno tutti come quelli francesi. Un’Europa che, anzichè affidare la propria voglia di liberarsi dai ceppi strettile addosso da Bruxelles e dai suoi padrini USraeliani, alle Le Pen e agli Hofer, preferisce mettersi sotto un firmamento  dove le cinque stelle diventano milioni. Un’Europa che, piuttosto che farsi ridurre dall’Idra a campo di battaglia termonucleare, sceglie di ricucire con l’altra parte del continente e con i russi si fa imbattibile forza di pace.
Ci vogliono far credere, quelli di Pearl Harbor, del Golfo del Tonchino, dell’11 settembre, del piano Northwoods, di tutti gli altri trucchi con cui al proprio fiero pasto hanno sacrificato decine di migliaia di figli, che un omosessuale, ubriacone ricorrente, si sia alterato contro se stesso e i suoi simili al punto da spararne un centinaio, con una pistola e un’arma solo semi-automatica. Poi spuntano testimoni che hanno visto e sentito altri sparatori, che sono stati bloccati all’interno del locale “Pulse” da un soggetto poi scomparso e che raccontano di poliziotti partecipi della sparatoria, del resto tecnicamente impossibile da realizzare da uno solo con ben 100 colpiti. Poi escono dei video che si dicono dei feriti di “Pulse” messi in salvo da soccorritori, ma qualcuno scopre che quei soccorritori trascinano i “feriti” non via dal “Pulse”, ma verso “Pulse” e che si tratta delle riprese di un’esercitazione di poche settimane prima in cui si prefigurava una strage del titpo “Pulse”. Un falso come quello delle immagini dei botti all’aeroporto di Bruxelles, rubate ad attentati avvenuti anni prima a Mosca e a Minsk.
Infine viene fuori che Omar Mir Seddique Mateen, omosessuale sbronzone e discotecaro, convertito dalla sera al mattino ai rigori ascetici dell’Islam tanto da immolarcisi (come del resto tutti i bravi attentatori puttanieri e bevitori, ladri e spacciatori, ma pronti al supremo sacrificio per la fede, dalle Torri Gemelle a Parigi a Bruxelles) lavorava da ben 10 anni, sotto gli occhi dell’FBI che lo controllava da vicino, per “G4S Secure Solution”, la più grossa società privata di sicurezza (spionaggio, provocazioni) del mondo. La G4S è legata per affari e dirigenti a Israele, controlla tutte le centrali nucleari americane, aeroporti in mezzo mondo, lavora in 100 paesi e ha 61mila dipendenti, moltissimi ex-Cia, FBI, Pentagono. Ognuno di questi è sottoposto, ovviamente,  al più severo e ricorrente screening su passato, presente, condizioni fisiche e psichiche. Presta i suoi servizi ai Dipartimenti di Stato Interni, Lavoro, Giustizia, Energia, nonchè a Esercito, Aeronautica e NASA. In Israele è incaricata della sicurezza delle carceri dove ripetute denunce ci hanno rivelato la tortura di minorenni. Fu il vescovo sudafricano, Premio Nobel per la Pace, Desmond Tutu, ad accusare la G4S di torturare bambini palestinesi. Ambientino ideale, la G4S, per un terrorista islamico fuori di testa, trattato a modino per 10 anni e portato a urlare Viva l’Isis mentre, in pochi minuti, con un’arma che non tira raffiche, riesce a sparare a 100 persone.
Nessuno lo ha notato. Nessuno nota la coincidenza tra la decisione di Obama di cancellare ogni ritiro dall’Afghanistan e anzi aumentare gli effettivi e l’impegno militare, dopo 15 anni di guerra persa,  e il dettaglio che Mateen è afghano e, dunque, l’Afghanistan è fucina di terrorismo e va disintegrato. L’unica cosa da notare, e non c’è dall’estrema destra all’estrema sinistra chi non lo noti, è che ha urlato viva l’Isis e che l’Isis ha prontamente riconosciuto in lui un suo combattente. Sarei capace anch’io. Come quando l’Isis, socia di Erdogan, rivendica gli attentati di Erdogan.
I bravi e buoni, i politicamente corretti, “manifesto” in testa, deplorano che negli Usa anche un bimbetto, uno psicopatico, uno sotto rigida sorveglianza dell’FBI, possa comprarsi un arma da guerra come da noi un disco di J-AX e poi concedersi un po’ di stragi in luoghi pubblici. Come succede ogni due per tre da qualche parte in quel felice paese-guida dell’Occidente. Se solo bandissero la vendita di armi! Quelle ai cittadini a rischio di mattana, mica gli stormi di F-35, le portaerei, gli ordigni nucleari, le bombe a grappolo, l’uranio impoverito, i droni, ai generali che se ne servono per eliminare dalla scena del Nuovo Ordine Mondiale popoli di troppo. E tutti a spellarsi le mani quando l’Obama delle 7 guerre e la Killary dei linciaggi da ridere bofonchiano qualche banalità sui necessari controlli. Sotto Obama, assieme alle 7 guerre e ai droni assassini, le vendite della più grande industria di armi leggere, la Smith and Wesson, sono cresciute del 200%.
Bloccare la vendita di armi ai lupi solitari? ? Ne servono di più per i branchi!
Inoltre, magari prima della luna, stavolta toccherebbe guardare al dito. Quello che sfrigola dalla voglie di tirare il grilletto.Da dove arriva quello sfrigolìo?  Omar lo ha visto tirare mille volte, quel grilletto, fin da quando il suo cervellino di bimbetto era così morbido da assorbire ogni cosa, negli affascinanti videogiochi sui cui ha passato e formato almeno un terzo della vita (pure questi esaltati dal “manifesto”) dove vince chi più ammazza, incenerisce, fa deflagrare, distrugge, devasta, semina orrore. E così nei film “d’azione” della testa di Idra Hollywood. Il povero Omar, e tutti gli altri come lui, 300 milioni di statunitensi, da bambini e poi da adolescenti e poi da adulti, sono stati per sempre corrotti nelle sinapsi da quegli stupri dell’innato amore per la vita, come anche dal modello supremo rappresntato da presidenti, addirittura neri, domani donne,  “commander in chief” che fanno guerre come fossero campionati di calcio e che compilano liste di indesiderabili da far fuori alla Al Capone, senza impicci di tribunali, processi, avvocati, leggi. Efficientemente, dal presidente che firma la lista, al drone boia.
Cosa ne viene, da tutto questo, oltre ai fugaci e vani pigolii sull’eccessiva disponiblità di armi da guerra? Ne viene un risultato preciso e voluto. Che si può sbertucciare Trump, il candidato “eccessivo”, quello che avrebbe voluto che nel “Pulse” ci fossero stati tanti John Wayne con colt per fulminare l’ìntruso, quello che urla al rogo latinos e islamici. Ma anche quello che vuole farla finita con la guerra a Putin, per cui tocca inventarsi quel tanto che metta al sicuro il vantaggio che ha su di luiHillary Killary. E’ lei la candidata che deve vincere, per la Cia, i sauditi, i neocon, il Pentagono, Boeing, Monsanto, Tim Cook, Wall Street, Bilderberg, il Governo mondiale. Il candidato falso scopo, il candidato arma di distrazione di massa, era un po’ sfuggito di mano, si era sottovalutato il tasso di imbecillità dell’elettore medio. Toccava dare una mano agli psicopatici seri. Quelli per Killary, che vuole limitare le armi in casa, dice, e scaricare ogni possibile bocca di fuoco su quelli là fuori.
“Gomorra”, la serie, i buoni esempi
E mi permetto un inciso, che può sembrare, ma è per nulla, stravagante. Stesso metodo, stesso scopo, stesso risultato per una roba stupendamente ben fatta, dicono, ma assolutamente criminale, dico io, come la serie “Gomorra”. Chi la commissiona sa dove punta, regista e attori non so, ma non per questo vanno perdonati. Gli utili idioti e gli amici del giaguaro parlano di una “denuncia del male”. ‘Sto cazzo! Ciro l’Immortale,  i e le boss, i soldati, tutto l’apparato criminale, non funzionano come denuncia del male. Funzione come modello. Basta cambiare l’audience. Non voi, “gente perbene che pace cercate, la pace per fare quello che voi volete” e potete permettervi.. L’altro mondo, quello che della pace non sa che farsene perché non gli dà da mangiare, anzi glielo toglie, cerca la pistola, il Kalachnikov, che da mangiare gli danno, insieme a un sacco di altre cose. Soprattutto, a chi si sente meno di un grano di polvere, un ruolo, potere, dignità. E se è per poco, non importa. E’ messo in conto. La morte, roba come “Gomorra”, come i videogiochi e i film di Hollywood, la rendono tanto irreale quanto normale, ci si può convivere. Ciro è un eroe nei vicoli e la serie di Sollima è l’impresa più diseducativa mai fatta pasare per capolavoro anti-mafia. Chi l’ha pensata sa cosa vuole: destabilizzare una società, farle rivolgere la violenza contro se stessa. Andrebbe processato per istigazione a delinquere. Non per nulla le major, altra testa dell’Idra, ci sguazzano.
Una Regeni a Londra
A Londra l’operazione sacrificio umano di chi serve più da morto che da vivo ha superato, per cinismo dei celebranti e per complice dabbenaggine dei chierichetti mediatici, l’impresa Orlando. Anche qui il campo su cui hanno giocato la partita era quello elettorale, altrettanto strategicamente rilevante di quella mirata a collocare nella Casa Bianca il/la burattino/a dalle migliori prestazioni e dai tratti di inevitabile carogna adeguatamente occultati da trucco e parrucco e da uno con la polenta in testa e le uscite da scavezzacollo di borgata in terza elementare.. Così il premier che, per ricattare e spremere un po’ l’UE, aveva ventilato l’uscita dell’UK, s’è trovato con milioni di britannici che la cosa l’hanno presa sul serio, non solo per paura dell’invasione migratoria, ma per tirarsi fuori da un regime europeo inetto, corrotto, antidemocratico, per evitare la mannaia del TTIP, di essere coinvolti nell’eurosfascio galoppante e, probabilmente, nell’olocausto atomico che si verificherebbe con l’aggressione Nato alla Russia voluta dai cugini mentecatti di Washington. Giacchè a sempre più gente capita di capire che, finita l’UE, finisce anche la Nato e, con quella, il blocco anti-russo e con quello il rischio di guerra totale e finale. E la possibilità per tutti noi di scamparla. Mi auguro che i 5 Stelle se ne rendano conto.
Ponendosi alla sinistra del “manifesto” che, pronto alla consegna come su Regeni, faceva di Jo Cox un’altra eroina martire, perfino l’iperatlantico e russofobo Il Fatto esternava perplessità sul pacifismo ultrà della deputata laburista. Ovviamente le compensava con le scemenze del mediocre Padellaro, o degli ultrà mossadiani Colombo e Coen, sui “rigurgiti nazisti in Europa” (tutti quelli che non inneggiano ai valori europei come impersonati da Juncker e Co.), laddove è visibilissimo che i rigurgiti stanno da anni al potere a Bruxelles, Washington, Londra, Ankara e in molte capitali europee. E là dove intravvedono un rischio allo status quo tecnonazista non hanno scrupoli, che si tratti di 3000 impiegati nel World Trade Center, o di una fedele militante euroatlantica delle guerre. Chè tale era Jo Cox.
C’era il Brexit in crescente vantaggio prima di Cox? Ora c’è davanti il Remain. E naturalmente le borse apprezzano.

. C’era stato per settimane un terrorismo mediatico senza pari sull’apocalisse che sarebbe seguita all’uscita dal caldo nido UE. La fame, le piaghe d’Egitto, l’inverno nucleare, lo sprofondo delle isole britanniche, lo scorbuto per tutti, la fine anche del resto del mondo. Non era bastato, Brexit cresceva. A mali estremi, rimedi estremi. Giovane, simpatica, fervente umanitaria, immigrazionista, da bellicista reinventata pacifista. Un angelo rispetto ai bruti razzisti e xenofobi, ovviamente nazisti, che vogliono la Gran Bretagna alla deriva nell’Atlantico. Uccisa  da un nazista, per quanto demente, all’urlo “Britain first!” Doveva funzionare.

Una pacifista con le bombe in borsetta
A nessuno, ovviamente non al “manifesto”, era venuto l’uzzolo deontologico di illustrare la verità. Almeno sulla giovane sacrificata. Su labourlist.org scriveva che bisogna affrontare con maggiore decisione gli orrori gemelli Isis e Assad, con quell’Assad responsabile del 75% dei morti civili, nonché dell’esodo di milioni di rifugiati che fuggono dai suoi gas asfissianti e dai suoi barili-bomba. Tanto che ritiene necessario l’intervento simultaneo di marina e aviazione Usa, UK e Francia contro i due mostri. Ripetutamente la nostra pacifista ha battuto sul tasto del “progetto globale”, quello Nato, con pressioni sulla Russia umanitarie, diplomatiche e militari. Propagandista di tutte le fandonie che giustificherebbeo la distruzione di Siria e Assad, si scandalizza dei bombardamenti del regime sui civili di Aleppo, chiede il rinvio di Assad a processo al tribunale dell’Aja, dice che i bombardamenti russi sugli ospedali esigono sanzioni contro Mosca, rimprovea il pur ottimo Obama e il premier britannico per non svolgere un ruolo più attivo in Siria… Manna per il “manifesto”. Sa di MI6, la deputata infelicemente  perita. Quanto Giulio Regeni, uomo di Negroponte e McColl, sa di Cia. Prima di portare il caffè a questa gente, io ci penserei.
Dopo jihadisti e nazisti, le brigate imperiali degli hooligans
Testoline minori dell’Idra imperversano a Bruxelles, dove un giorno sì e l’altro pure, si scoprono cellule che stavano per far saltare la città e i suoi stadi. E’ tutto una gara dei provincialotti belgi con  i metropolitani di Parigi per chi  è più immaginifico nel creare paura e diffondere manette. A Parigi le testoline assumono le sembianze birrose di hooligans inglesi e francesi spediti a provocare scontri con i tifosi russi, da addebitare universalmente a questi ultimi, tanto da indurre i banditi dell’UEFA a minacciare sospensioni. A chi? Ma ai provocati naturalmente (e cento video offrono inutilmente l’evidenza della persistente iniziativa anti-russi delle milizie finto-sportive franco-britanniche). Il che è un anello nella catena  iniziata tempo fa con la denuncia FIFA del doping russo, onnicomprensiva di tutto lo sport e attentamente disattenta sul retroterra dopato degli universi sportivi occidentali. Catena strategica che culmina, al momento, con l’esclusione dell’atletica russa dalle competizioni internazionali, compresi i giochi olimpici. Di tutta l’atletica, mica dei singoli trovati positivi, tra l’altro senza prove, ma solo su denuncia di quella coppietta di atleti transfughi russi che si è rifugiata negli Usa. E tra le braccia di chi li coccola perché dicano quanto conviene. Come inevitabilmente tutti i “dissidenti” che finiscono nella più grande democrazia del mondo.
Armageddon sulla via di Damasco?
Tutto questo sembra abbastanza futile e tirato per i capelli. E’ contorno, ma affianca una bistecca di notevoli proporzioni. Basta osservarlo contro lo sfondo dal quale si erge in tutta la sua orripilante bruttezza la testa dell’Idra, quella immortale. Ha spaventato perfino un fedlmaresciallo germanico, Steinmeier, ministro della difesa, che, pur standoci dentro fino al collo, ha chiesto di smetterla con il bellicismo e con lo sbattere di sciabole. Si riferiva ad Anaconda 16, un’esercitazione-monstre della Nato, con 31mila effettivi, 3000 veicoli, centinaia di jet, in corso sui confini europei della Russia e che vorrebbe sperimentare la “risposta” a un’invasione. Vi si affiancano la collocazione di missili nucleari nei paesi confinanti con la Russia, l’assedio della marina USA nel Mar Nero e nel Baltico, il riarmo del Giappone e del Vietnam in funzione anti-cinese e anti-russo, brigate Nato nei paesi baltici e balcanici, provocazioni ricorrenti del vassallo Azerbaijan contro l’Armenia.
E, a dare il necessario impulso al mercenariato delle presstitute mediatiche, il caporale di giornata Nato Stoltenberg, che blatera di una minaccia di Mosca dovuta alla “massiccia militarizzazione dei suoi confini”, e una cinquantina di alti dirigenti del Dipartimento di Stato, quella dai tempi di Hillary impestato di neocon clintoniani, che sollecitano il governo a un attacco aereo risolutivo contro Assad. Contemporaneamente si cerca di arginare la rotta dei propri mercenari jihadisti intimando ai russi di non bombardare i ribelli “moderati” (quelli che fanno da vivandiere ad Al Nusra) e facendo arrivare dalla Turchia nuovi massicci rifornimenti di jihadisti e armi. Al punto che trovare oggi un “ribelle” di autentica matrice siriana (e in Iraq, irachena) equivale a scoprire un quadrifoglio tra le dune del Sahara.
Svanisce, con il proposito di combattere il terrorismo annientando coloro che da 5 anni in prima persona combattono il terrorismo, la pretesa che gli Usa, l’Occidente, fossero sinceramente  impegnati contro l’Isis. Come avrebbero potuto, quando queste loro creature, questa testa “islamica” dell’Idra, ancora non ha assolto al suo compito di far fuori Assad e tutti gli altri fastidi in regione e chi la manovra non è ancora in grado di provvedere in prima persona (ma per Jo Cox dovrebbe). E, soprattutto, quando jihadisti tra Florida e Falluja e nazisti tra Londra e Kiev restano indispensabili per far svettare false bandiera sulle armate del Nuovo Ordine Mondiale?
Salutando Fallujah, la leonessa delll’Iraq, liberata. Alla faccia della menagramo del “manifesto” che se ne risente e conta balle.
Ha da veni’ Ercole.
Pubblicato da alle ore 19:49

Il Partito della “Borghesia” messo all’angolo dalla protesta delle periferie

non hanno neancora preso posto che subito si sprecano articoli contro, ritorsioni e minacce contro le due sindaco pentastellate. Democrazia, quella che va difesa dai populisti.
Un assaggio, 

All’Unità la Raggi brucia un sacco

Giu 20, 2016
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Virginia Raggi, nuovo sindaco a Roma
 
di Luciano Lago
Le elezioni non servono per detronizzare il ceto dirigente che dispone di tutte le leve di potere (quello mediatico e quello sistemico) e questo lo sosteniamo da molto tempo ma offrono comunque lo spaccato sociale dei nuovi equilibri.
Si conferma quello che appare scontato da sempre: il PD, partito al servizio del grande capitale, dimostra con le ultime elezioni dove pesca ancora il suo consenso e lo attesta clamorosamente nella Capitale dove gestiva da tempo immemorabile la rete delle sue mafie e delle sue clientele: la gente delle periferie e delle borgate ha voltato le spalle al PD ed ai suoi “gerarchetti”  (i Giacchetti della situazione) e sceglie il voto di protesta e di dissenso votando 5 Stelle, per la Virginia Raggi, la “fatina” dei 5 Stelle, un volto pulito che si contrappone ai vecchi oligarchi  del “partitone” di Renzi e soci. Al Pd rimane il consenso maggioritario ai Parioli (quartiere iper borghese di Roma) e nel centro storico, luogo residenziale del ceto politico, intellettuale e del potere mediatico.
 
Allo stesso modo a Torino, città operaia dove le ex masse proletarie non danno certo il loro voto ai leccaculo di Marchionne, della FIAT e delle grandi multinazionali che hanno delocalizzato gli stabilimenti per essere al passo con le scelte del grande capitale sovranazionale.
Fassino nella sua Torino è rimasto con il “cerino in mano” e deve meditare sulla linea di un partito che si vantava di rappresentare il proletariato ed oggi è ridotto a servire gli interessi della borghesia padronale. Per le masse operaie tradite e per i giovani senza lavoro, meglio manifestare  il proprio dissenso e la scelta per una via diversa dando il proprio voto alla Chiara Appendino, un volto nuovo e non compromesso con il regime.
 
Renzi ed il suo “partitone” perde consensi nonostante la sua ossessiva presenza televisiva, la sua autoesaltazione come “il nuovo” ed il “rottamatore”, nonostante l’appoggio di tutti i grandi potentati internazionali e le consorterie mediatiche e bancarie che dettano le regole nella penisola.
Discorso diverso per il Centro Destra ed in particolare per la Lega di Salvini che voleva incarnare una scelta alternativa, una sorta di lepenismo all’italiana ma, con le sue contraddizioni, non ha sapuito darsi una strategia chiara: contro l’euro ma non abbastanza, contro le sanzioni alla Russia ma senza andare a fondo al problema, contro l’immigrazione ma omettendo di parlare della regia dei grandi poteri che la dirigono. Abbracciato ai “moderati” ed ai “berluscones” la Lega di Salvini è riuscita a perdere anche a Milano ed a Varese, i suoi antichi feudi  e questo dimostra che si è annegata da sola nelle sue contraddizioni.
Quanto a Berlusconi, questi rimane una figura ormai patetica che annaspa per rimanere a galla ma le sue “visioni” di un popolo di “moderati” che aspetta ancora le sue giravolte ed suoi discorsi cozzano contro una realtà di una Italia impoverita dall’Euro, con 10 milioni di nuovi poveri, immiserita dalle politiche a favore delle banche e delle grandi consorterie finanziarie, un paese colonia privo di sovranità, ridotto ad essere invaso da popolazioni di tutti i continenti e svenduto al dominio anglo USA, fedele come gli ascari ad inviare i propri soldati intorno al mondo per sostenere le guerre americane (di cui nessuno parla).
Un popolo di incazzati che non trova altro sbocco che votare per il partito dell’ex comico che, nel putridume della politica, ha fatto strada come regista politico di grande talento. Tutto lascia sperare che ne “vedremo delle belle” nel prossimo futuro che sarà almeno meno un pò meno piatto del presente.

Mario Giordano: no ai dietrologi, ma il killer è un utile idiota della Ue

19/06/2016
 
Lacrime&champagne nei palazzi d’ Europa, mai vista tanta euforia per un omicidio.
Appena il pazzo Thomas Mair, già in cura per la sua follia, ha aggredito l’ onorevole laburista Jo Cox i mercati finanziari hanno cominciato a inebriarsi. Quando è arrivata la notizia del suo decesso, poi, la baldoria ha raggiunto il clou. Listini impazziti, impennate azionarie, prezzi alle stelle, gaudio e giubilo di tutto gli operatori. L’ esultanza dei sostenitori dell’ Europa traspare da tutti i bond: da una parte vergano necrologi pieni di commozione. Dall’ altra esultano come dei mandrilli. Si metteranno in coda al funerale, ma con lo spirito si sentiranno al party di Capodanno.
 
Nessuna dietrologia, sia chiaro. Nessun complottismo. Solo l’ osservazione della realtà, fredda come la morte. Il cinismo delle Borse davanti alla bara della giovane mamma infatti è imbarazzante. E ci pone con forza una domanda: a chi giova tutto ciò? Gianni Riotta sulla Stampa risponde a modo suo. E scrive che «tanti parleranno di follia, ma c’ è metodo in questa pazzia, il metodo feroce del risentimento populista». E così esplicita il pensiero di molti, il sottinteso sottile che circola su giornali e nei dibattiti Tv: Mair che grida «Britain First», pensano costoro, in fondo non è altro che il prodotto della campagna Brexit, la punta assassina dello schieramento anti-europeo, una specie di inviato speciale di Farage, Le Pen e Salvini. Il braccio armato, insomma, dei nemici di Bruxelles.
 
Il ragionamento è piuttosto pericoloso. Noi, infatti, siamo convinti che ad armare la mano di Mair sia soltanto la follia e che dietro quella follia ci sia soltanto una mente bacata, altro che metodo. 
 
Ma se dovesse davvero esserci un metodo, caro Riotta, siamo sicuri che sarebbe quello del risentimento populista? O piuttosto quello di chi brinda a cadavere caldo? Se davvero dovessimo pensare che quell’ assassinio non è il gesto di un pazzo isolato, chi dovrebbe esserci dietro? Farage o la finanza che esulta? Le Pen o Piazza Affari che s’ impenna? I nemici di Bruxelles o forse proprio Bruxelles?
 
Nessuna dietrologia, meglio ripeterlo. Nessun complottismo. Noi restiamo convinti che quel pazzo sia solo un pazzo, un povero disperato che si guadagnava da vivere aggiustando i giardinetti dei vicini e che è stato bollato come neonazista per via di un abbonamento a una rivista sudafricana. Fra l’ altro pare che non abbia nemmeno gridato «Britain First» prima di aggredire la deputata, come invece sembrava in un primo momento. Ma tant’ è. Il punto è questo: se si vogliono attribuire responsabilità più ampie, se si vuole cercare qualche altro colpevole, beh, forse sarebbe meglio guardare fra coloro che esultano di fronte all’omicidio. Più che a quelli che, con tutta probabilità, ne verranno elettoralmente travolti. Si dice: colpa della diffusione d’ odio.
 
Sul Corriere della Sera Beppe Severgnini arriva addirittura a paragonare il veleno della campagna elettorale per la Brexit al veleno che ha armato la mano dei terroristi islamici di Charlie Hebdo o del Bataclan. «Colpisce bestemmiando una religione, colpisce in odio a una minoranza, colpisce in nome di un’ ossessione, colpisce contro un’ opinione. Anche un’ opinione pacifica come quella di Jo Cox: l’ Europa è casa nostra, restiamoci».
 
Scrive così, arrivando di fatto a teorizzare lo jiahdismo formato anti-Bruxelles, l’ Isis-Brexit, il califfato del no Ue. Chi si oppone all’ Europa, insomma, produce odio paragonabile a quello dei tagliagole di Al Bagdadi. Anche su questo punto specifico, per altro, ci permetteremmo una pacata osservazione. Ammesso e non concesso che l’ odio prodotto nella campagna elettorale per la Brexit sia paragonabile a quello che sta dietro la strage del Bataclan (suvvia, Beppe, non ti sarà scappata la penna?), chi è il responsabile di quest’ odio? Quelli che hanno chiesto un semplice referendum o chi ha lasciato intendere (il tedesco Schauble) che in caso di Brexit si sarebbe scatenata la guerra contro la Gran Bretagna? Quelli che chiedono semplicemente il parere dei cittadini o chi ha scritto (editoriale del il Sole 24 Ore) che in caso di Brexit la Germania «cercherebbe di dare all’ Inghilterra una lezione durissima, facendole pagare cara l’ uscita»? Quelli che si appellano allo strumento più democratico che ci sia o chi minaccia, in pratica, di tornare a bombardare Londra?
 
La risposta è così chiara che la capirebbe persino un paracarro europeo: solo chi diffonde odio, infatti, è capace di esultare cinicamente davanti a un omicidio. Proprio come hanno fatto le Borse in queste ore.
 
di Mario Giordano – Libero

Gli ultimi rastrellamenti

 22.6.2016, 2:24

Nicoletta Dosio e Haidi Giuliani

    Nicoletta Dosio e Haidi Giuliani

In questo periodo sto scrivendo una storia sull’ultima fase della Lotta di Liberazione: sugli ultimi rastrellamenti. Nel febbraio/marzo del 1945 mancavano poche settimane alla fine della guerra. Lo sapevano tutti, da qualunque parte stessero. Eppure, c’era ancora qualche rastrellamento contro le valli partigiane: gli ultimi colpi di coda. Ma provate a pensare di viverli, i colpi di coda, di esserne colpiti in prima persona. Che mentre succedono, e ne sei coinvolto, fai fatica a pensare che – tanto – di lì a poco sarà tutto finito. Ho ritrovato alcuni diari, spero ne verrà un lavoro utile.

Oggi, ho interrotto per un po’ le mie ricerche, sentendo la cronaca: si parva licet, mi è venuta in mente una frase di un mio diario di cinque anni fa, invece.  Un mio scritto del  26 giugno 2011, la vigilia dell’invasione della Libera Repubblica No TAV della Maddalena di Chiomonte:

Notizie a lungo attese, ma che mi riempono il cuore di amaro. L’ingiustizia, anche se l’aspetti, brucia sempre.

Cinque anni dopo, quasi. Forward al 2016. Pensavo di essere ormai assuefatto al peggio. Ad esempio credevo di essermi abituato a certe notizie. D’altra parte, vivendo in Italia ed in particolare in Piemonte, a Torino, vicino alla Val Susa, ho fatto in oltre due decenni di militanza No TAV una gran palestra d’ardimento. Ma oggi ho fatto fatica.

Eccoci: sembravano giorni buoni, questi, per gli oppositori al TAV Torino-Lione. Torino ha un sindaco NO TAV, ora; l’ex provincia di Torino, ora Città Metropolitana, idem. Torino uscirà dal sedicente “Osservatorio sul TAV”, si preannunciano grossi guai per i vari boiardi e valvassori che sul Sistema TAV hanno campato per due decenni.

Invece oggi ci arriva la notizia: operazione giudiziaria contro 21 oppositori del TAV: arresti, ed altri provvedimenti pesanti.

Fra i 21, c’è Nicoletta Dosio. Una compagna che lotta da decenni, prendendo sulle sue spalle la lotta contro l’autostrada, ai tempi, e molte altre lotte. In ultima analisi, non tanto la lotta notav, ma la difesa della libertà di parola e di opinione. Ben di più della lotta notav, direi.

Innanzi tutto. Libertà per i notav in carcere, ne approfittiamo per ribadirlo fortemente.

Certo: la lotta notav va avanti da oltre un quarto di secolo, e non ha mai avuto “capi”, essendo un movimento nato Dal Basso, che decide in modo assembleare o spontaneo – a seconda delle circostanze – quali azioni di lotta intraprendere. Azioni che  stanno, crediamo, per volgere al termine, ed ottenere lo scopo, dato che l’assurda pagliacciata chiamata Torino-Lione si concluderà fra non molto, per completo esaurimento dello scopo, e dei soldi: a furia di urlarlo, di scriverlo, di semplicemente dirlo, verrà fuori il topolino partorito dalla montagna; per quanto sfrontati e ladri, mentitori e maneggioni, non potranno fare altro – al più – che andare avanti ancora un po’ a scavare il buco – inutile – di prova a Chiomonte, dopodelché ad un certo punto si alzerà un sottosegretario di un futuro Governo (non certo questo, ovvio) che dirà la famosa frase. “Bambole, non c’è una lira”.

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Che il TAV sia destinato a fallire miseramente, loro, gli scavabuchi, lo sanno benissimo: sparacchiano gli ultimi colpi come gli àscari sull’Amba Alagi nel 1941, tanto per fare un altro flash back, ma stanno già pronti a gettare il fucile, strapparsi la divisa e scappare a gambe levate.

Vediamo – cerchiamo di vedere, anche se l’amarezza  è, lo confesso, fortissima – questa fase, questi colpi di coda, per quello che sono: gli ultimi colpi sparacchiati prima dello sbandamento da una masnada sull’orlo della sconfitta.

Nicoletta Dosio, di Bussoleno, ha detto che rifiuterà l’obbligo di firma giornaliero e  gli altri provvedimenti che l’hanno colpita. Succeda quel che succeda. Qui sotto il video, tratto come le altre notizie dal nostro sito:www.notav.info

È forse troppo facile, per chi qui scrive, completamente libero, esprimere solidarietà e indignazione. Occorrerà fare di più: essere più vicini e solidali a tutti i compagni e le compagne in lotta.

Emilio condannato, i fatti dell’autostrada

Un ultrasessantenne condannato a 31 mesi, il PM Rinaudo ne chiedeva solo 13 mesi.

di Valsusa Report

Già questa mattina molti manifestanti appartenenti al movimento No Tav sono stati raggiunti da misure cautelari, tra questi 4 ultrasessantenni e 4 ultraquarantenni, misure restrittive che vanno dall’arresto e traduzione in carcere agli arresti domiciliari agli obblighi di firma, sono 23 in tutto. A questo si aggiunge la sentenza che vede due ragazze No Tav e il pescivendolo No Tav della Valsusa condannati a 2 anni e 7 mesi per fatti successi durante una manifestazione No Tav che vide l’invasione dell’autostrada A32 del Frejus.

Un’inspiegabile sentenza dal momento che il Pm Rinaudo, che incriminava i tre, aveva chiesto 13 mesi. Un ribaltone della corte di giudici femminili del  che raddoppia nel dispositivo conclusivo. Diventa inspiegabile la condanna, da alcuni commenti fatti a seguito si sa che a differenza di altri processi ai No Tav, per il valsusino non ci sono immagini e video che lo ritraggono nel gesto di compiere l’atto di cui è accusato. Si trovava probabilmente nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

“Sarà più chiaro quando usciranno le motivazioni trascorsi i tempi tecnici” rispondono i legali, rimane un periodo di continue sentenze e condanne con altre situazioni di repressione giudiziaria a contorno della storia del Movimento No Tav.  rimane sconcertato dalla decisione della corte “sembra strano che mi si applica una così grande detenzione a momenti più grande di quelli di Roma Capitale, io non ho rubato niente – e ci spiega – c’è una sproporzione anche con i mezzi, qui c’è addirittura un corpo interforze chiamato Gitav che si occupa in modo investigativo di noi, servizi segreti compresi, ma a me pare che non ho mai sentito nulla di tutto ciò nei confronti di chi ruba allo stato o ai mafiosi”.

In questa giornata, forse per coincidenza, in Valsusa si vivono ore di fermento, è durata poco la baldoria della vittoria al comune di Torino che vede una sindaca portare avanti le istanze del movimento nel famoso Osservatorio di Governo che non ha mai voluto per alcuni o valutato per altri “l’opzione zero”.

V.R. 21.6.16