La Strategia di Renzi. Tra TTIP e MES alla Cina

non comprendo né condivido appieno le considerazioni su Renzi, ma è interessante la parte del TTIP e del Mes evidenziata in viola.
 
Di Chris Barlati , il 27 maggio 2016
 
cina ttip
Renzi non smette di stupire. Da chi lo paragona a Berlusconi, a chi lo accosta a Mussolini, nessuno ne ha mai carpito le reali strategie, e tanto meno ha saputo offrire spunti per un’oggettiva analisi delle sue intenzioni e del suo operato. E’ vero, il premier non brilla per simpatia e nemmeno cerca di porre rimedio a questo suo difettucolo. Tuttavia, qualcosa di più grave sembra preoccuparlo, ed ottobre 2016 appare come una tappa fatidica, non solo per il suo non delegato mandato, ma per il futuro di tutta l’Italia.
 
Dalla Cina con furore.
Italia e Cina, nell’attuale contesto di divenire multipolare, ricoprono entrambe un ruolo molto importante. La prima è caratterizzata da un’ambigua e mal sopportata strategia di ”inerzia” internazionale, mentre la seconda da anni è improntata all’assorbimento delle sovrastrutture economiche dei paesi minori; paesi che hanno assoggettato i loro mercati e la loro economia ai grandi cartelli energetici ed armamentari atlantici, ma che per via del decadimento del sistema ultra capitalistico occidentale ricercano nuove opportunità ed interessi.
 
Ma nello specifico, quali sono – e sono state – le strategie Italiane (di Renzi) in politica estera e nazionale?
 
Dal punto di vista economico…
E’ da circa 30 anni che l’Italia gode di ottimi rapporti con la Cina. Nello specifico, dal 1979 al 2003 2136 sono stati i progetti sviluppati da imprese italiane in Cina, per un valore di circa 4 miliardi di dollari, mentre dal 1981 al 2003 2098 sono stati i contratti per l’introduzione di tecnologie innovative.
 
Ma è di recente che il bel Paese ha consolidato la sua amicizia con il Dragone d’oriente. L’intimo rapporto fatto di cessioni e di svendite è iniziato con l’era Berlusconi, ma l’entità degli interscambi tra Italia e Cina è aumentata incredibilmente per quantità e ‘qualità’ con il governo Renzi. L’allora cambio di politica estera dell’ex premier Silvio Berlusconi – cambio motivato dalla necessità di ricercare nuovi alleati e nuovi consensi in un contesto geopolitico non particolarmente favorevole al prosieguo del suo mandato – ha offerto un ottimo spunto a Matteo Renzi che, da buon sindaco fiorentino, per compensare ai tentativi anti-cinesi dei suoi precedessori ultraliberisti, ha ben pensato di avvalorare l’amorevole e preesistente relazione fra i due Paesi.
 
Telecom, Fiat-Chrysler, Eni, Enel, Prysmian, Cdp Reti, Ansaldo Energia, ma anche Gruppo Ferretti, Fiorucci, Miss Sixty, Cerruti e Benelli sono in buona parte possedute dai cinesi, e ciò spaventa non poco i consumatori. Eppure, nonostante l’economia quasi totalmente ”cinesizzata”, l’Italia rientra nella schiera di quei Paesi che rifiutano di riconoscere, almeno apparentemente, all’amica Cina lo status di economia di mercato (MES), dichiarandosi, cosa ancora più strana, a favore del tanto famigerato TTIP.
 
Che controsenso!
 
Perché indirizzare l’economia del proprio Paese al soddisfacimento degli interessi del mercato asiatico per poi dichiararsi a favore di un trattato di liberalizzazione made in USA? Suona molto strano. Troppo, se poi ci aggiungiamo che l’Europa, quasi quasi, pensa addirittura di riconoscere il MES in extremis alla Cina (un po’ per via della scadenza della deroga originaria e un po’ anche per paura di ritrovarsi un TTIP non voluto dalle crescenti classi nazionaliste).
 
Ma cosa più importante, TTIP e MES se approvati a cosa porteranno?
 
Per dirla alla spicciola, il made in Italy, per quel poco di ”made” che ci è rimasto, verrà ”prodotto” in Italia e lavorato all’Italiana, con input cinesi che si trasformano, come per magia, in output di alta qualità italiana. Ma questo vale solo per quei beni che verranno venduti non in Cina, o per la Cina, ma nel mondo(conseguenze MES); mentre per la produzione interna, noi italiani avremo l’ ”opportunità” di poter mangiare pasta proveniente dal Canada, ma confezionata in Italia, con sugo certificato e riconosciuto come italiano, però materialmente proveniente da pomodori messicani italianizzati perché confezionati in Italia(le grandi ”opportunità” del TTIP). Anche se tecnicamente conosciamo più gli effetti del MES che del TTIP, in entrambi i casi avremo disoccupazione da un lato (MES) e svuotamento delle prerogative nazionali dall’altro (TTIP).
Il risultato finale sarà la distruzione dell’industria italiana dell’import ad opera del MES(o meglio un suo totale assorbimento) e la distruzione dei mercati interni ad opera del TTIP. Produzione per consumo interno mandata al diavolo dalle merci a basso costo americane, e imprenditoria estera e di qualità indirizzata ai fabbisogni cinesi, con input venduti dai cinesi, non per cinesi, ma come italiani, al mondo.
 
Cui podest?
Da un lato i produttori, i dirigenti, le classi imprenditoriale trarranno benefici dalla ”cinesizzazione” dello stivale e dal riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina; dall’altro ci saranno i consumatori che, per compensare l’ondata di licenziamenti derivante sia dall’approvazione del TTIP che dal riconoscimento del MES, dovranno ripiegare su beni di consumo più convenienti: i prodotti del TTIP.
In entrambi i casi, sia di TTIP che di MES alla Cina, sarà il cittadino a farne le spese, e l’Italia affosserà sempre di più la propria economia ed il proprio potenziale produttivo.
 
Dal punto di vista politico…
Politicamente, la strategia internazionale dell’Italia, da Berlusconi a Renzi, come in tutti i paesi a limitata sovranità nazionale, non ha variato di molto la sua condotta, mantenendo intatta la sua propria fedeltà nei confronti dell’alleanza atlantica.
Solo con Renzi, a seguito delle varie fasi di stand by e di ritrattazione delle strategie interne ed internazionali, dovute alla presidenza di Monti e Letta, hanno avuto modo di consolidarsi oltre ogni aspettativa i preesistenti rapporti con la Cina.
Merito di Renzi, dunque, è stato quello di non aver dipeso specificamente, come la Merkel, da una scuola prettamente yankee. La sua educazione arrivista, da prima repubblica, nel vuoto di potere che si è venuto a creare con la caduta di Berlusconi, e con la successione di governi non eletti democraticamente, ha turbato non poco la leggendaria apatia degli italiani, permettendo, nello sconquasso generale, di allacciare a livello internazionale nuovi ed impensabili legami ”geoeconomici”.
 
E oggi?
Le classi neocon, che spingono per la realizzazione di un unico blocco monopolare euroamericano, attraverso TTIP e simili, premono incessantemente ed Obama, espressione di questo potere, non lascia molte alternative a Renzi che, nonostante tutto, e bisogna riconoscerlo, con le sue stronzate è riuscito fino ad oggi a gestire, seppur malamente e con tante figuracce, suddette pressioni. Ma la risicata maggioranza dei consensi e la bella presenza della Boschi non gli bastano; e probabile diventa l’ipotesi di una caduta del suo governo. Una prova di quanto affermo la ritroviamo nell’aggressiva ostinazione del premier per i 5 stelle i quali, nonostante gli sforzi inibitori di Renzi, hanno attirato le attenzioni e le malizie delle élite europee; élite che si sono prontamente attivate nel corteggiare i probabili, più che possibili, successori di partito(1).
 
Definiamo la strategia di Renzi?
Una strategia dell’inerzia, un temporeggiamento. Ma Renzi non è Quinto Fabio Massimo. E il tempo gli stringe. L’ultimo sprint per ribadire la propria fedeltà alla lobby europee, Renzi lo compierà ad ottobre con il referendum della riforma costituzionale.
Ma rimane ancora un problema da risolvere: avallare adesso il TTIP è ancora troppo rischioso per l’instaurazione della dittatura di ottobre e prolungarne la data fino a quel mese potrebbe irritare Obama ed i neocon, e  dunque aumentare il rischio di ”sostituzione” con i 5 stelle. Che fare, allora?
 
Una parola a favore di Renzi.
La strategia di Renzi, almeno teoricamente, non è stata poi tanto male. Il buon fiorentino ha tentato di ritagliare un posto per l’Italia tra gli interessi occidentali e quelli orientali, legando l’imprenditoria e le fondamenta economiche italiane, dunque geopolitiche e primarie di destra, alla Cina, in modo da assicurarsi un eventuale appoggio delle classi multipolari (e ci è riuscito, almeno inizialmente); mentre a sinistra, nei riguardi delle classi americanocentriche per eccellenza, Matteo ha saputo regalare ampio respiro a queste ultime con le sue super riforme e con i suoi stupidi patriottismi sinistroidi completamente filostatunitensi (quel cavolo di iphone sempre presente). L’unica pecca di Renzi è stata quella di non aver potuto sfoderare gli attributi di Craxi(non avendoli…), e tanto meno fare sfoggio della lungimiranza e della malizia di Andreotti per sgattaiolare dagli inevitabili ‘conti’ che i diktator euroamericani gli avrebbero di li’ a poco servito.
 
Al posto di ritagliare quel fantomatico spazio tra gli interessi dei due blocchi, Renzi ha intrappolato l’Italia tra opposte aspirazioni. La sua incapacità di anticipare gli incalzanti scenari multipolari e di giocare d’anticipo ha condannato l’Italia. Sanzioni da una parte e vincoli geopolitici dall’altra hanno stritolato i piani di Renzi, che più volte ha dovuto, e sempre con le sue stronzate, tenere a freno prima le classi imprenditoriali multipolari che si era amicato con le privatizzazioni cinesi, e poi le pressioni statunitensi e delle classi unipolari euroatlantiche. Cosi’ facendo, e a carte scoperte, Renzi ha dovuto cedere nei riguardi di entrambi i blocchi, orientali e occidentali, inabissando nella totale sottomissione l’economia e la politica inter-nazionale italiana. A nulla sono serviti i suoi richiami ai valori di ”sinistra”; ”valori” che non fanno altro che polarizzare ulteriormente quei contraddittori fanatismi che hanno degradata culturalmente l’Italia.
 
Conclusioni
 
Attualmente Renzi per salvare faccia e poltrona ha sola un’alternativa: dimettersi, e prima della sostituzione con i 5 stelle. Solo in questo modo, e se davvero vorrà, Renzi potrà favorire un improvviso cambio di politiche economiche internazionali, nonché il passaggio ad un moderato multipolarismo. L’avanzata di Trump in Usa ed i contrasti tra neocon ed élite europee giocano in questo favore. E ciò potrebbe a sua volta favorire un ripensamento del ruolo italiano come portaerei del Mediterraneo e mediatrice tra civiltà occidentale ed orientale. E almeno questo Renzi dovrebbe capirlo. Speriamo solo che Matteo si ricordi del proprio fallimento poiché, in fin dei conti, non è tanto stupido da farsi infinocchiare così allo scoperto dagli yankee e dai 5 stelle; non così stupido come chi l’ha votato. Ma sta a lui comunque decidere se finire come i suoi predecessori o preparare coscientemente il terreno per i suoi successori.
La Strategia di Renzi. Tra TTIP e MES alla Cinaultima modifica: 2016-06-04T14:08:58+02:00da davi-luciano
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