MARONI: ”QUESTI CHE DISTRUGGONO I LIBRI DI SALVINI SONO I NUOVI FASCISTI”

gli strani antagonisti non danno fuoco ai simboli del Pd, non passa giorno che non ne indagano uno. Ma i piddini sono antifascisti, PER MAFIA CAPITALE che come business rende più della droga ma tu chiamala solidarietà. Danno fuoco simbolicamente a chi è contrario al business della tratta degli schiavi.
 
5 maggio –
”Che differenza c’e’? #fascisti #partigiani”.
Lo scrive su twitter Roberto Maroni, che posta un fotomontaggio in cui si vedono i libri bruciati dai nazisti accanto all’immagine di giovani di un centro sociale di Bologna che strappano il libro di Matteo Salvini. Sempre su twitter aggiunge: ”Questi ‘giovani’ dei centri sociali che distruggono i libri di chi non la pensa come loro sono i nuovi fascisti.Distruggono i libri di Matteo Salvini: loro sono veri fascisti, noi siamo i nuovi partigiani”. E su facebook scrive: ”Questi ‘giovani’ dei centri sociali che distruggono i libri di chi non la pensa come loro sono i nuovi fascisti. La sinistra li coccola e li giustifica, noi li combatteremo sempre, come facevano i partigiani con i nazifascisti”.
 
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LA FRANCIA AMMAZZA IL TTIP

martedì 3 maggio 2016
PARIGI – L’oscuro e per molti versi antidemocratico trattato ”TTIP” caldeggiato da Obama finirà presto nel dimenticatoio. Infatti, il segretario di Stato francese per il Commercio estero, Matthias Fekl, ritiene molto probabile che si arenerà il negoziato commerciale per la creazione del TTIP, la zona di libero scambio tra Usa e Ue che dovrebbe interessare 850 milioni di persone, ma innanzitutto le multinazionali a stelle e strisce. ”Tenendo conto della posizione degli Stati Uniti, mi pare l’opzione piu’ probabile”, ha detto all’emittente francese Europe1. Greenpeace ha pubblicato ieri documenti riservati del negoziato che, secondo la denuncia dell’Ong, dimostrano le conseguenze nefaste dell’accordo per la salute e l’ambiente. Fekl ha spiegato che lo stallo dipende dalla mancata disponibilità degli Usa a fare concessioni. ”Da un anno denuncio l’attitudine degli Stati Uniti”, ha detto. ”Vogliamo reciprocità. L’Europa propone molto e riceve molto poco in cambio. Non e’ accettabile”, ha detto, aggiungendo che lo stesso accordo non e’ ”accettabile”. Quindi, l’addio ormai è solo uan questione formale. Sostanzialmente, il TTIP è defunto.

Udite, Udite! : “VERITAV”

ecco il “confronto” che Foietta auspicava con Mercalli

L’ennesima propaganda SITAV !

Udite, Udite!: 

“VERITAV” 

Video :https://www.youtube.com/watch?v=7ub6bAcs0YM

veritav

(durata 17min e10 , mandato ai Comuni dal Commissario Straordinario! )

Un’azione di lobby popolare No TAV a Bruxelles

27 aprile 2016 – Un’azione di lobby popolare No TAV a Bruxelles : Fermare il progetto Torino-Lione è auspicabile, possibile e conveniente per tutti i cittadini europei

3 maggio 2016

Le opposizioni alla Torino-Lione hanno incontrato la Commissione Europea

L’obiettivo della riunione del 27 aprile 2016 (9.35-11.20)  che si è tenuta in una sala del Parlamento europeo a Bruxelles – era quello di interrogare la Commissione europea, attraverso il Direttore di DG MOVE.B Olivier Onidi, e trasmettere il convincimento che “fermare il progetto Torino-Lione è auspicabile, possibile e conveniente per i cittadini italiani e francesi, ma anche per tutti gli altri cittadini europei”. 

Le domande poste saranno prossimamente pubblicate in italiano e francese su questo sito.

http://www.presidioeuropa.net/blog/un%E2%80%99azione-di-lobby-popolare-tav-bruxelles-fermare-il-progetto-torino-lione-e-auspicabile-possibile-conveniente/

E’ stata certamente un’azione di lobby popolare trasparente (ben riuscita) e con un carattere assolutamente innovativo: erano presenti, accanto ai MEPs, rappresentanti dell’opposizione No TAV italo francese che hanno posto, insieme ai MEPs, molte e incalzanti domande ai funzionari della Commissione europea.

Solo Olivier Onidi e Herald Ruijters hanno risposto, mentre Günther Ettl – fedele assistente e ghost writer di Laurens Jan Brinkhorst – si è limitato ad ascoltare e prendere appunti ed è uscito dalla sala alla fine dei lavori senza salutare.

I funzionari della Commissione europea Olivier Onidi e Herald Ruijters – non essendo in grado di rispondere in modo esaustivo a tutte le domande – hanno dichiarato che invieranno le risposte della Commissione Europea per iscritto ai MEPs e agli oppositori alla Torino-Lione presenti.

Presenti: 

–    Commissione Europea, DG MOVE: Olivier Onidi (fino alle ore 10.15), Herald Ruijters, Günther Ettl (http://ec.europa.eu/transport/infrastructure/tentec/tentec-portal/site/en/abouttent.htm Günther Ettl, assistente di Laurens Jan Brinkhorst, Coordinatore del Corridoio TEN-T Mediterraneo)

–    MEPs: Marco Valli (M5S), Daniela Aiuto (M5S), Eleonora Evi (M5S), Tiziana Beghin (M5S), Curzio Maltese (GUE),

–    Opposizione No TAV: Cristina Patrito, Daniel Ibanez, Massimo Bongiovanni, Paolo Prieri

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Come si è arrivati a questa riunione

Il sig. Olivier Onidi, Direttore DG MOVE.B – Commissione Europea è intervenuto il 15 marzo 2016 in  una seduta della Commissione Trasporti – TRAN del Parlamento Europeo per esporre il punto di vista della Commissione europea sui progetti TEN-T. La sua esposizione è stata incompleta e, di fronte all’incalzante e ferma richiesta di risposte di numerosi MEPs, in forma di riparazione ha proposto un incontro bilaterale (qui il video della riunione in TRAN https://www.youtube.com/watch?v=OK428RHxvq8).

Queste sono le sintesi di due degli interventi della riunione TRAN del 15 marzo 2016 dai quali è scaturito l’incontro del 27 aprile 2106, una vera e propria azione di lobby popolare:

Marco Valli (14’30”) : “La Commissione nega le informazioni che consentono ai MEPs di valutare il progetto Torino-Lione, mentre il Parlamento ha richiesto la piena trasparenza del progetto Torino-Lione con valutazione indipendenti”.

Olivier Onidi (25’55”) auspica che i MEPs facciano una revisione critica delle priorità che abbiamo, nei piani di lavoro (che vi darò, N.d.R.) ci sono tutti gli elementi e tutti i fatti, “abbiate pazienza, siamo veramente a vostra disposizione per fare l’analisi del progetto Torino-Lione; potete criticare il progetto Torino-Lione ma non potete dire che manca trasparenza o che il progetto Torino-Lione non abbia buone Analisi Costi Benefici. Nessun progetto nella storia dell’UE è stato tanto revisionato e discusso anche in modo controverso, è una critica che non accetto. Capisco che abbiate una visione critica di questo progetto e ritenete che vi siano altri progetti e priorità, ma non potete criticare il metodo che ha permesso al legislatore – anche il Parlamento – di scegliere il progetto Torino-Lione come prioritario nelle lista dei progetti europei”.

– Marco Valli (31’53”) “Chiedo la consegna dei documenti che giustificano la realizzazione del progetto Torino-Lione e le dico che non mi piace il tono della Commissione quando le si chiedono i dati, constato che DG MOVE non risponde, non offre trasparenza di fronte alla richiesta del Parlamento, e sollecito la consegna urgente delle informazioni richieste.

Olivier Onidi (33’18”) afferma che il Presidente Cramer lo costringe a rispondere alle domande che cerca di schivare e conferma la disponibilità a fornire i piani di lavoro, la sua linea è che i MEPs devono avere le stesse informazioni sul progetto Torino-Lione che sono in possesso di DG MOVE e informa che il promotore (LTF/TELT, N.d.R.) chiede di non divulgare parte delle informazioni, ma questo vale solo per alcuni documenti. “Ma avete accesso a tutte le analisi. E saremo più che felici di incontrarvi bilateralmente e discuterne di persona”.

Olivier Onidi è nuovamente intervenuto due volte sul progetto Torino-Lione il 20 aprile in Commissione Controllo Bilanci – CONT in occasione dell’Audizione di Daniel Ibanez e Hubert du Mesnil affermando:

1. https://youtu.be/_8F-MOGr3aw (7’40”) “Abbiamo imparato tanto dalla Torino-Lione, è necessario fin da subito istituire un’autorità di gestione, per ogni progetto a rischio… (8’37”) Se la Torino-Lione oggi è ancora considerata un progetto dubbio, anche in termini di impatto, è perché fin dalle prime fasi del progetto Torino-Lione, quindici – vent’anni anni fa, si sono fatti passi falsi imbarcandosi in investimenti molto importanti senza verificare l’accettazione dell’opinione pubblica, bisogna conquistarsi la gente, il rispetto della gente, perché parliamo di denaro pubblico. E la società Lyon Turin Ferroviaire ha fatto un enorme sforzo nella sua fantastica campagna per arrivare a tutti coloro che saranno impattati da questo programma e si è arrivati ad un massiccio sostegno da parte delle comunità locali, non solo quelle attraversate dal progetto Torino-Lione, ma c’è un accomunarsi di tutte le collettività in altre regioni europee che si avvantaggeranno dal progetto Torino-Lione perché è un progetto che collega l’Italia a Lione ma anche alla nuova Europa”.

2. https://youtu.be/-xxIMBEGTPM (2’00”) Circa “la presentazione del dr. Ibanez mi accerterò che per ogni argomento che utilizza noi presenteremo una documentazione. Ho molto rispetto per il suo lavoro e per lui, ma il punto di partenza del suo lavoro è il passato, il nostro è lo sguardo al futuro. L’altro aspetto sollevato è la certificazione dei costi. Si può discettare su un progetto Torino-Lione coma la Torino-Lione, sui suoi meriti, se è una giusta priorità. Ma se il Parlamento e il Consiglio lo considera una priorità, questa è una realtà che non possiamo ignorare. Non si può continuare a criticare questo progetto Torino-Lione in termine di abuso di fondi, di valutazioni prolungate o di stime dei costi errate. La pubblicazione imminente della certificazione dei costi dovrebbe essere un’altra opportunità per spiegare che la valutazione dei costi è obiettiva e che i costi non si discostano dalle premesse sulle quali stiamo lavorando. Siamo più che mai disposti a fornire informazioni e a dialogare con chi ha interessi legittimi”.

Braccio di ferro Bruxelles-Italia sul TAV: pubblicate tutti i documenti segreti – Parlamento europeo 5 Stelle Europa – MoVimento 5 Stelle Parlamento Europeo – Gruppo EFDD

http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamentoeuropeo/2016/05/braccio-di-ferro-bru.html

BRACCIO DI FERRO BRUXELLES-ITALIA SUL TAV: PUBBLICATE TUTTI I DOCUMENTI SEGRETI
Il Movimento 5 Stelle ha convinto l’intero Parlamento Europeo ad avere trasparenza sull’inutile e dispendioso TAV. Nel corso di questi mesi, tra il silenzio assordante dei media, sono emerse cose incredibili: la battaglia sulla Torino-Lione si è trasformata in un braccio di ferro tra la volontà di Bruxelles e quella dei Governi di Italia e Francia che continuano a secretare le carte più scottanti. Matteo Renzi (e con lui François Hollande) deve necessariamente smettere di fare favori ad amici di amici utilizzando soldi pubblici. Ipotecando il futuro di generazioni di cittadini che dovranno sorbirsi i cantieri del TAV per i prossimi 20 o 30 anni. A questi signori diciamo: se non avete nulla da nascondere, pubblicate tutti i dati e ascoltate il volere dei cittadini europei. Abbiamo il sospetto, però, che rivelando i tutti i dati (aziende, appalti, costi, subappalti e fallimenti in corso) sarebbe impossibile – anche per il Bomba – difendere quella che si potrebbe ormai definire una delle più putride mangiatoie di soldi pubblici d’Europa. Ora vi spieghiamo perché la battaglia sul TAV si è spostata in Europa.

I COSTI DEL TAV
La linea d’alta velocità Torino-Lione costerà 26,6 miliardi di Euro, sarà lunga 270 chilometri. Il buco nella montagna, da solo, comporta un esborso di 9 miliardi. Per avviare i cantieri del TAV (che non sono ancora in essere) si dovrebbero prima finire le opere ispettive, finanziate dall’UE. Parliamo di tunnel da 7,5 chilometri di lunghezza (per l’Italia, 9 per la Francia) costruiti solo per vedere come reagisce la montagna all’intrusione dell’uomo. Più banalmente sarebbe bello sapere: da dove vengono i soldi? Perché nessuno, ad oggi, sa rispondere a questa domanda. Nonostante si parli di soldi pubblici.

L’ORGANIZZAZIONE DEL TAV
Non c’è nemmeno una tabella di marcia dei lavori o uno schema pubblico su come vengono gestiti appalti e subappalti. È già comprovata la presenza di aziende in palese conflitto d’interesse, che si affiancano a infiltrazioni mafiose documentate, condite da valutazioni temporali discordanti. Infatti, da una recente inchiesta giornalistica francese, si è scoperto che il TAV farebbe risparmiare solo 50 minuti sulla tratta, non le 3 ore propagandate. Inoltre, le merci coinvolte nel trasporto sono in netto calo. Il che non giustificherebbe l’opera nemmeno da un punto di vista logistico.

IL PROBLEMA LEGISLATIVO
Non si sa nemmeno con quale legge verrà trattata la “materia TAV”. In Italia esiste una normativa che punisce le infiltrazioni mafiose in opere pubbliche. In Francia, invece, la parola mafia è assente dall’ordinamento giuridico. Un dato preoccupante considerate le dichiarazioni dell’autorità nazionale anti-corruzione Raffaele Cantone, che solo a fine 2014 affermava come non si potesse interdire un’azienda per infiltrazione mafiosa se la stessa è “registrata” in Francia.

LA COMMISSIONE FA ORECCHIE DA MERCANTE
Dal canto suo, la commissaria ai trasporti Violeta Bulc ha scelto di girare la frittata. Secondo l’esecutivo europeo non si potevano concedere informazioni aggiuntive sul TAV per “tutelare la sicurezza dei cantieri e gli interessi dei privati”. Paradossalmente, la segretezza sarebbe figlia dei disordini generati dal Movimento No Tav. Incredibile anche solo pensarlo. Fortunatamente, pochi giorni fa – in audizione col Movimento 5 Stelle e alcuni esponenti No Tav -, il funzionario Olivier Onidi ha ammesso che è il veto di Italia e Francia a impedire la divulgazione delle informazioni.

IL GIOCO ITALIANO
Peccato che per Olivier Onidi la situazione italiana fosse sotto controllo. L’osservatorio sul TAV – quell’organo che ha il compito di riportare la posizione dei territori in Europa – ha sempre ribadito un semplice concetto: non ci sono voci discordanti dei cittadini. L’ex presidente si chiama Mario Virano ed è stato rinviato a giudizio per omissione di atti d’ufficio. Ha sempre silenziato il Movimento No Tav, così come tutte le voci contrarie all’opera, mentre la sua carica veniva definita incompatibile dall’anti-trust con quella di direttore della TELT. Insomma, la solita storia all’Italiana insabbiata dal Governo.

LA PRESSIONE DEL M5S
La Commissione Europea sta pagando fatture che valgono centinaia di milioni di Euro nella più totale opacità. Lo sta facendo alimentando un’opera che la Corte dei Conti francese ha già giudicato priva di una valutazione esente da conflitti d’interesse. Abbiamo consegnato tutte le domande all’esecutivo europeo, che è ora obbligato dal Parlamento a rispondere. Continueremo a tenervi informati, aspettando le risposte (scritte) che Violeta Bulc ci dovrà fornire. Speriamo che per una volta Renzi faccia davvero l’interesse dei cittadini e la smetta di coprire la cupola degli appalti sulle grandi opere, che fa arricchire i soliti noti (e spesso la mafia) a scapito della collettività.

La vergogna (segreta) dell’America

Si vede che è stata governata da gente che viene “dal popolo”, a differenza del “pericoloso magnate” Trump. ALMENO IN AMERICA HANNO I FOOD STAMPS, i 7 milioni di italiani in povertà (stima parecchio bassa se si considera un tasso di occupazione del 55%, per cui il resto non ha un lavoro ed ovviamente NO REDDITO) UN CALCIO NEL FONDOSCHIENA, grazie alle tante “lotte dure senza paure”.
poveraame
aprile 26 2016
 
Il 47% degli americani non saprebbe come affrontare una spesa imprevista di 400 dollari. E il reddito medio è calato del 38% in dieci anni.
di Marcello Foa.
 
Qualche tempo fa vi raccontavo sul mio blog l’altro volto dell’America, quello che i turisti non vedono, che le statistiche ufficiali nascondono e che i film di Hollywood non mostrano. Vi raccontavo come basta addentrarsi nell’interno degli Stati Uniti per assistere ad uno scenario desolante: case semidistrutte, strade piene di buche e baracche di legno: QUI.
L’economista Paul Craig Roberts, ex-assistente del presidente Reagan, da anni denuncia le condizioni di povertà in cui versano milioni di americani.
 
Informazioni che in un paese che “esporta” la democrazia in tutto il mondo dovrebbero essere di dominio pubblico, ma che nei fatti sono annacquate dalle istituzioni che ritoccano i dati sull’economia, e vengono dimenticate dai media, succubi del frame impostato daglispin doctor.
 
Uno studio internazionale ha confermato che i dati ufficiali non combaciano con la realtà: nella classifica sulla percentuale della popolazione che vive in povertà gli Usa sono al 35esimo posto su 153. Quella riguardante i bambini in povertà nei Paesi occidentali è ancora più disastrosa: gli Usa sono 34esimi su 35. E gli Stati Uniti sono il quarto Paese al mondo con la maggior disuguaglianza reddituale.
 
Dati che basterebbero per sfatare il mito dell’America come terra delle opportunità. Ma… non è finita qui.
 
Un lungo reportage uscito sul magazine The Atlantic – che potete leggere qui: http://goo.gl/8bojHK – riporta i dati di un sondaggio condotto dalla Fed “per monitorare lo stato economico e finanziario dei consumatori americani”. Buona parte dei risultati non sono rilevanti, ma la risposta degli intervistati ad un quesito specifico lascia senza parole: il 47% degli americani non saprebbe come affrontare una spesa imprevista di 400$.
 
400 dollari!
 
E ancora più sconcertante è il fatto che Neal Gabler, il giornalista che ha scritto il reportage, ammette di far parte di quel 47%.
 
Per di più una ricerca finanziata dalla Fondazione Russell Sage ha rilevato che il reddito medio, aggiustato per l’inflazione, è passato da 87mila dollari nel 2003 a 54mila nel 2013. In 10 anni c’è stato un calo del 38%.
 
Il vero volto dell’America è peggio di quanto immaginavamo. La classe media che ha costruito la grande e democratica America sta scomparendo in un Paese che assume sembianze neofeudali: i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre più autorefenziali, come una casta, e i poveri continuano ad aumentare. L’antitesi di quello che un tempo era il sogno americano.
Fonte: facebook.com/MarcelloFoa.
Tratto da: Megachip

Pollo Surgelato, arriverà dall’Ucraina, nei pressi di Černobyl’

eh rifiutare polli radioattivi è razzismo…
  
pollo1
aprile 26 2016
 
A quanto pare Kiev avrà la sua ricompensa per aver stuzzicato l’orso bruno russo due anni fa, gli alleati occidentali mantengono sempre le promesse, quando non ti fanno fuori!
L’Ucraina invaderà l’Europa con i suoi polli, congelati o meno, il motivo è il solito, minori costi di produzione, manodopera a prezzi molto bassi, scarsissimi controlli se non inesistenti. I polli arrivano in Europa passando per l’Olanda, dove magari saranno etichettati e gran parte venduti come polli olandesi, vallo a sapere cosa fanno.
Alcuni stabilimenti dove allevano polli si trovano a circa 100/150 km da Černobyl’, area devastata dal disastro della centrale nucleare, dove ancora oggi a distanza di 30 anni il prossimo 26 aprile, ci sono alte concentrazioni di radioattività, roba diventare fluorescenti come una lucciola!
 
Incentivi e fondi internazionali
L’impennata avicola ucraina segue un trend in atto negli ultimi anni, che ha visto la produzione europea spostarsi verso est, con la Polonia divenuta il primo produttore in Europa (1,8 milioni di tonnellate di pollame nel 2014 secondo Eurostat). A favorirla sono stati i finanziamenti internazionali: Mhp è uno dei principali progetti supportati dagli investimenti in Ucraina dell’Ifc (Internationl finance corporation), il «braccio finanziario» della Banca Mondiale. Solo nel settore agricolo ucraino, l’Ifc ha finora investito oltre un miliardo di dollari, di cui 250 milioni destinati proprio al colosso dell’avicoltura. Altrettanto rilevante il supporto della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Ebrd), che dal 1996 ad oggi ha investito in Ucraina oltre 11 miliardi di euro e che solo nel 2015 ha approvato un finanziamento di 85 milioni di dollari ad Mhp. Secondo alcuni osservatori internazionali, tali investimenti hanno avuto un ruolo non secondario anche nel creare le condizioni della crisi politica del Paese, degenerata nel conflitto che dall’aprile 2014 ad oggi ha provocato oltre 9 mila morti. «I finanziamenti internazionali hanno avuto un ruolo importante – non sempre raccontato – nel conflitto ucraino», scrive l’Oakland Institute nel report zBanca Mondiale e Fmi nel conflitto ucraino», che si concentra proprio sui finanziamenti all’agroindusria.
 
Pochi controlli
Nel 2014, per rendere più competitive le aziende, il governo ucraino ha imposto una moratoria sui controlli, estesa di un altro anno nel giugno del 2015. Gli unici controlli a non essere messi al bando sono rimasti quelli fiscali, o quelli richiesti espressamente dal governo o dalle stesse aziende. Nel caso di Mhp, molti osservatori ucraini e internazionali contestano come tale moratoria inibisca qualsiasi controllo negli allevamenti, compresi ad esempio quelli ambientali, creando una questione di trasparenza della filiera.
Ci sono stati anche molti casi di mutazioni genetiche, animali con gravi malformazioni, con due teste, quattro gambe e altre inquietanti combinazioni, ma va bene, ormai è passato tanto tempo e Černobyl’ non se la ricorda più nessuno, i 30enni non sanno neppure cosa sia successo, e magari hanno figli ai quali daranno da mangiare il pollo bio-nico!
 
Riferimenti:

“Con Clinton presidente sarà guerra mondiale”

dedicato a chi “crede” che il “mostro Trump” trascinerà il mondo nell’oblio, per fortuna con il premio nobel per la pace Obama (una persona che viene dal “popolo”) non vi sono state guerre no??
 
hilary clinton
Apr 27, 2016
Diana Johnstone ha scritto una pungente biografia di Hillary Clinton, pubblicata in Italia da Zambon.
 
Di questo testo abbiamo già avuto modo di parlare. Questa notte, però, nel Super martedì del Nordest , la Clinton ha vinto in altri quattro Stati mentre settimana scorsa ha vinto a New York. Hillary, insomma, corre spedita verso le elezioni.
 
Prima di arrivare all’attualità, ci piacerebbe capire chi è realmente Hillary Clinton. Come si è formata? Quali sono i suoi riferimenti culturali?
 
Hillary è nata nel 1947, in una famiglia repubblicana del ceto medio conservatore, dominata da un padre esigente che sembra averle trasmesso le sue ambizioni irrealizzate. La sua filosofia di base è sempre stata quella del lato aggressivo e individualistico del sogno americano: se si tenta con la forza, si va avanti. Questa visione implica uno scarso rispetto per coloro che non ce la fanno. Hillary si sente a proprio agio con i miliardari e loro si sentono a proprio agio con lei. Metodista, mostra la sua religiosità usandola come mezzo di auto-aiuto. Il suo primo impegno politico è stato con un accanito sostenitore dell’estrema destra repubblicana: il senatore Goldwater.
 
Mentre era Segretario di Stato, la Clinton ha aperto uno dei più feroci periodi della politica estera americana, a cominciare dalla Libia. Qual è stato il suo ruolo nella destabilizzazione del Medio Oriente?
 
Il suo ruolo è stato enorme. Se c’è un’opzione militare, lei la sostiene. Ha votato per l’invasione dell’Iraq nel 2003 ed è orgogliosa di rivendicare la propria responsabilità nella disastrosa guerra libica in quanto ha eliminato un dittatore: se le cose in Libia sono andate male è perché gli Stati Uniti avrebbero dovuto fare di più e non di meno. Ha sempre chiesto un intervento aggressivo contro Assad in Siria e la sua ostilità nei confronti dell’Iran è senza limiti. Tutto questo l’ha resa cara ai sostenitori di Israele, come il miliardario Haim Saban. In breve , ha completamente adottato la posizione dei “neocon”: qualsiasi nemico di Israele è un nemico degli Stati Uniti, e il suo regime deve essere o rovesciato o suddiviso in pezzi . La sua politica in Medio Oriente è di allineamento totale con Israele, che non impedisce un forte attaccamento all’Arabia Saudita, reso possibile grazie alla sua assistente Huma Abedin.
 
Hillary Clinton si distingue per la sua politica fortemente anti-russa. Da dove viene questa impostazione ideologica?
 
È la politica estera che nasce dal lato aggressivo del sogno americano. L’America è la migliore, la più forte ed è sicura di prevalere se usa la forza. La Clinton crede che se gli Usa agiscono sono destinati a vincere. Per quanto riguarda la Russia, Hillary ha completamente sottoscritto la visione dominante a Washington, ovvero che l’America “ha vinto la Guerra Fredda”. Ciò crea un’opinione arrogante: che gli Stati Uniti, dopo aver vinto la Prima Guerra Mondiale, la seconda e infine la Guerra Fredda, sono destinati a vincere. L’ideologia di Hillary serve perfettamente gli interessi del complesso militare-industriale e quelli finanziari che traggono profitto da esso. La sua ostilità nei confronti della Russia è in parte un residuo della Guerra Fredda, quando la forza militare degli Stati Uniti è stata costruita avendo Mosca come nemico. Ma penso che sia molto più un prodotto di ostilità innata nei confronti di ciò che non è americano o che non riconosce l’egemonia americana.  Nel 1990, il presidente russo Boris Eltsin era totalmente asservito al presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton. L’arrivo di un leader russo che guarda principalmente agli interessi della Russia è stato sentito a Washington come un tradimento della storia. Abbiamo vinto, oppure no? Hanno perso loro, vero? Allora chi è questa nullità che chiede un “mondo multipolare”?
 
 
Vladimir Putin è un chiaro ostacolo alla tacita politica (ma dimostrata sotto Eltsin) di acquisire il controllo economico di vaste risorse della Russia. E poi c’è una spiegazione strategica per l’ostilità nei confronti della Russia, enunciata da Zbigniew Brzezinski nel suo libro del 1997, La Grande Scacchiera: l’egemonia degli Stati Uniti dipende dall’evitare l’unità tra Europa occidentale e Russia. Se non  per portare a una guerra nucleare, l’attuale politica estera degli Stati Uniti è stata progettato per erigere una nuova “cortina di ferro” con lo scopo di isolare la Russia, in particolare dal suo partner commerciale naturale: la Germania. Motivazioni ideologiche, economiche, psicologiche e strategiche sono tutte unite per produrre una campagna di propaganda anti-russa che è tanto più spaventosa quanto più non ha basi reali. Dire che la Russia è una “minaccia” è fantasia pura. Ma la Nato che accerchia i confini russi è reale. E la Clinton si avvale sia della fantasia che della realtà.
 
Mentre mi trovavo a New York, alcuni americani che ho conosciuto mi hanno parlato della Clinton come di una “bugiarda”. Quali bugie ha detto agli americani?
 
Lei, ovviamente, è solamente una che dice quello che considera utile, a prescindere dalla verità. Penso che abbia sviluppato questa abitudine da piccola, cercando di compiacere il padre. Forse la sua bugia più nota è la quella che ha raccontato durante la sua prima campagna per la nomination del Partito Democratico nel 2008. Più volte, ha intrattenuto la platea raccontando di come sia dovuta “fuggire dal fuoco dei cecchini” quando è atterrata per una visita ufficiale in Bosnia alcuni mesi dopo la fine della guerra. In questo caso la bugia è stata smontata da alcuni testimoni e filmati che la mostrano pacifica, accolta da fiori e bambini. Messa all’angolo dai giornalisti si è scusata affermando che è naturale che chi pronuncia così tante parole possa commettere errori. Quella era una bugia gratuita, non una “gaffe”.
 
 
Spesso mente per omissione. O per evasività. È noto che i Clinton sono stati supportati da Goldman-Sachs nel corso della loro carriera, ricevendo milioni di dollari in varie forme. Tuttavia lei si difende, chiedendo retoricamente: “Dammi solo un esempio di come il sostegno di Wall Street abbia cambiato il voto su di me”. Questa risposta falsa distrae dal fatto che tutta la sua carriera è stata in sintonia con i desideri di Wall Street. Più frequentemente riguardo al suo passato politico. Per molto tempo, Clinton è stata contro il matrimonio gay. Ora invece è a favore. Qualsiasi insinuazione riguardo il suo “trasformismo” su questioni politiche è “completamente sbagliata”. Lei nega, nonostante sia stato provato, che abbia approvato l’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA). Spesso non risponde a domande particolarmente difficili ridendo o tossendo. Lo scandalo sull’uso illegale della sua mail privata mentre era segretario di Stato è stata l’occasione per svelare nuove bugie. Una piccola: lei ha affermato che gran parte delle mail erano comunicazioni private con suo marito Bill, mentre lui ha negato dicendo che non usa mai la posta elettronica. Una bugia enorme riguarda anche la versione ufficiale dell’11 settembre 2012, sull’omicidio dell’ambasciatore americano Chris Stevens a Bengasi. Hillary ha detto che l’omicidio è stato provocato da proteste musulmane spontanee contro un film a basso costo di Hollywood che insultava il Profeta. Tuttavia, in una mail recentemente pubblicata, scrive: “Sappiamo che l’attacco in Libia non aveva nulla a che fare con il film. È stato un attacco pianificato”. E così via. Ma sembra che i suoi sostenitori non usino Internet, dove tutto questo è chiaramente dimostrato.
 
Se Hillary Clinton dovesse vincere, quali scenari si aprirebbero per gli Stati Uniti?
 
Considerando quanto mente sul suo passato, non vi è alcun motivo di credere a ciò che sostiene che farà in futuro. Ma quello che dice è abbastanza allarmante: minaccia di far crescere l’intervento americano contro Assad in Siria, che provocherebbe un conflitto con la Russia. Minaccia l’interruzione di rapporti normali con l’Iran, il supporto totale ad Israele contro i palestinesi e l’ostilità senza compromessi verso la Russia. Il futuro è sempre pieno di sorprese. Il presidente degli Stati Uniti ha potere limitato e deve soddisfare l’oligarchia dominante. Tuttavia, Hillary è supportata proprio da quella oligarchia e sarà circondata da quei neoconservatori e da quegli interventisti liberali che hanno trovato Obama troppo prudente e potrebbero quindi incoraggiarla alla guerra. Ciò che bisognerà temere di più sarà l’”attivismo” di Hillary, la sua disponibilità a usare la forza militare al posto della diplomazia, la sua visione dualistica del mondo, diviso tra “amici” (quelli che sostengono gli Stati Uniti) e “nemici “(chiunque, a seconda delle circostanze). Continuerà la crescita militare della Nato contro la Russia fino al punto che qualche incidente potrà scatenare la Terza Guerra Mondiale. Non sto predicendo questo. Sto solo cercando di avvertire l’Europa. Solo il vostro rifiuto della politica di guerra degli Stati Uniti può fare la differenza.
About Matteo Carnieletto
 

Obama contro tutti i muri, meno che i suoi

la coerenza “sinistra”… Dove mafia capitale non c’è si può respingere…
 
muri
aprile 29 2016
 
Si stanno svolgendo ad Hannover i lavori del G5 “informale”. Durante gli incontri con la Merkel, Renzi, Cameron e Hollande, il presidente degli Stati Uniti d’America, Barak Obama, ha rilanciato il suo invito a non erigere barriere per fermare il flusso di migranti in Europa.
 
“I muri non servono” per frenare l’immigrazione, ha detto Obama parlando di “management di controllo del confine” a proposito della decisione dell’Austria di ripristinare i controlli alla frontiera con l’Italia al Brennero.
 
Il presidente Obama si è guardato bene dal dire che, nel suo paese, di muri con lo stesso scopo ne esistono molti. A cominciare da quelli al confine con il Messico. Tra Stati Uniti d’America e Messico esiste da anni una “barriera di sicurezza” che negli USA è chiamato muro messicano o muro di Tijuana (ma in Messico viene chiamato Muro della vergogna, in ricordo di quello di Berlino). L’obiettivo è sempre lo stesso: impedire ai migranti di oltrepassare il confine.
 
La costruzione di queste barriere negli USA è iniziata  oltre un ventennio fa, nel lontano 1994, con il progetto “Gatekeeper”, in California, il progetto “Hold-the-Line”, in Texas, ed il progetto “Safeguard” in Arizona. Barriere fatte per gran parte di lamiera metallica sagomata e fino spinato, alte  dai due ai quattro metri. Un “muro” quasi insormontabile che si snoda per migliaia di chilometri lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego, dotato di sensori elettronici e di strumentazioni per la visione notturna connessi via radio alla polizia di frontiera statunitense, oltre ad un sistema di vigilanza permanente, effettuato con veicoli ed elicotteri armati. Altri tratti di queste barriere si trovano in Arizona, Nuovo Messico e Texas.
 
Una barriera sulla quale sono affisse molte, moltissime croci. Negli ultimi quindici anni, si stima che siano morte oltre 5mila persone lungo i 3.145 km di frontiera fra il Messico e gli Stati Uniti.Siamo stati noi, ancora negli anni Novanta, a cominciare a mettere le croci con i nomi dei migranti morti al confine con gli Usa, per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo dramma” ha detto padre Gioacchino Campese, missionario scalabriniano attualmente docente presso il Simi (Scalabrini International Migration Institute), a lungo missionario in Messico, a Tijuana, ai confini con la California.
 
Anche oltre oceano i migranti non provengono da un solo paese, il Messico: spesso i più disperati giungono da Honduras, Guatemala, El Salvador e altri paesi. E anche lì esiste un numero altissimo di persone che specula su questi traffici. Come i “coyote”, ovvero gli equivalenti degli “scafisti” che sfruttano economicamente i migranti promettendo di aiutarli a varcare la frontiera.
 
Da qui la decisione degli americani di dotare i propri confini con barriere fisiche. Una decisione  che è stata confermata più volte dal Congresso: come nel 2005, quando venne approvata una misura che prevedeva la costruzione di un muro di 1.123 km; e poi l’anno dopo durante la presidenza Bush (con la H.R. 6061).
 
Ma le analogie non finiscono qui. Molti di quelli che riescono a passare la frontiera finiscono per essere sfruttati come schiavi nel lavoro nero. Altri, secondo molti, finiscono in una sorta di centri di raccolta a metà strada tra i centri di prima accoglienza e veri e propri campi di concentramento. Nel 1978, sotto la presidenza Carter, venne creata la Fema (Federal Emergency Management Agency), un’agenzia governativa nata per la gestione di emergenze umanitarie. Scopo ufficiale della Fema era quello di ridurre “la perdita di vite e di proprietà e proteggere la nazione da tutti i rischi, compresi disastri naturali, atti di terrorismo e altri disastri causati dall’uomo, conducendo e sostenendo la nazione in caso di pericolo, comprendendo il sistema di preparazione, protezione, risposta, recupero e mitigazione  della gestione delle emergenze”.
 
Ma quella che avrebbe dovuto essere una sorta di Protezione civile sotto la supervisione del Dipartimento per la sicurezza nazionale, cambiò radicalmente dopo l’attentato alle torri gemelle del 2001. Fu allora che il procuratore generale John Ashcroft annunciò “il desiderio di avere dei campi per i cittadini statunitensi che egli reputava essere ‘nemici combattenti’,” e che questi campi gli avrebbero permesso “di ordinare la detenzione a tempo indeterminato di cittadini statunitensi e spogliarli sommariamente dei loro diritti costituzionali e l’accesso ai tribunali, dichiarandoli nemici combattenti” (come scrisse il Los Angeles Times). In breve, furono in molti a pensare che le centinaia di campi Fema sparsi in tutti gli USA (sarebbero circa 800) in grado di ospitare fino a 2 milioni di persone, potevano diventare qualcos’altro. Nel 2006, il Congresso approvò il Military Commissions Act, la legge che si applica anche ai cittadini non statunitensi, che permette di imprigionare individui considerati ‘combattenti nemici’ a tempo indefinito e senza capo d’accusa ufficiale.
 
Oggi negli USA ci sono centinaia di campi Fema di diversi tipi: alcuni sono attrezzati con vere e proprie tendopoli (come quelli nel New Jersey) altri con roulotte o baracche (come il centro di detenzione degli immigrati di Villawood). Luoghi apparentemente “ospitali”, ma tutti uniti da un unico denominatore comune: quello di essere circondati da alte recinzioni e protetti con filo spinato. Un aspetto insolito per dei centri di prima accoglienza da utilizzare per far fronte a disastri ambientali.
 
A chiarire senza possibilità di dubbio quale sia uno degli scopi di questi campi fu lo stesso presidente Obama. In un discorso del 2009, riportato dal NYT  parlò di “detenzione preventiva” (“a preventive detention system that would establish a legal basis for the United States to incarcerate terrorism suspects who are deemed a threat to national security but cannot be tried,…..”).
 
“In altri paesi, come in Israele o in India, la legge prevede la detenzione a tempo indeterminate per i sospetti colpevoli di atti terroristici” ha detto Monica Hakimi, professore di diritto all’Università del Michigan. “Ma pochi prevedono una detenzione a tempo indeterminato, e molti paesi europei hanno ristretto la detenzione preventiva a giorni o settimane. La decisione di Obama, ha detto Hakimi, sembra essere “un approccio aggressivo che non è comune trovare nei paesi occidentali più sviluppati”.  “Se non possono essere condannati, è giusto rilasciarli” ha dichiarato Jameel Jaffer , avvocato alla American Civil Liberties Union, “Questo è ciò che significa avere un sistema di giustizia”.
 
Tornano in mente le parole di monsignor Elizondo, in occasione della visita del pontefice in America. In quell’occasione il prelato parlò di persone “che sono morte o vengono deportate quotidianamente”. Fu allora che una sua frase finì su tutti i giornali: “La frontiera tra Stati Uniti e Messico è la nostra Lampedusa”.
 
Forse, prima di lanciare affermazioni mediatiche come “i muri non servono” e pretendere di spiegare agli altri paesi come risolvere i problemi legati agli sbarchi dei migranti sulle coste italiane o quelli dei migranti che cercano di entrare in Europa dalla Turchia o dalla Grecia, sarebbe meglio che “qualcuno” facesse un esame di coscienza e ripensasse a come, negli ultimi decenni, gli USA non sono stati capaci di risolvere questo problema a casa propria.
 

(AGIELLE)- Philadeplphia – “Donald Trump rappresenta un’idea di America alternativa

(AGIELLE)- Philadeplphia –
“Donald Trump rappresenta un’idea di America alternativa a quella incarnata oggi da Obama e da Hillary Clinton, non solo in materia di lotta all’immigrazione irregolare e all’ordine pubblico. Trump si è detto amico della Russia di Putin e anche in questo abbiamo una visione comune: la Russia è un alleato fondamentale nella lotta contro il terrorismo dell’Isis e ha una strategia geopolitica che assolutamente va condivisa dalle nazioni europee e anche dagli Usa”. Matteo Salvini è molto soddisfatto per l’incontro avuto l’altra sera a Philadelphia con Donald Trump e il giorno dopo, mentre sta per rientrare in Italia, racconta le impressioni positive avute nello scambiare idee con il grande favorito alla nomination repubblicana per la Casa Bianca. Per Salvini i rapporti tra Russia e mondo occidentale dovrebbero tornare al periodo del vertice Nato di Pratica di Mare del 2002. “Ho incontrato il presidente Vladimir Putin un anno fa e spero di poterlo rivedere quanto prima- sottolinea il leader della Lega Nord – e adesso ho appena incontrato il possibile futuro presidente Usa, seguendo una linea coerente, perchè tra la Russia di Putin e le idee di Trump per l’America ci sono diversi punti di contatto. Dividere la Russia dall’Occidente avvantaggia soltanto i terroristi islamisti e i poteri forti del globalismo che non hanno a cuore l’identità e le tradizioni dei popoli, ma solo il proprio tornaconto economico. Quelli che oggi criticano i paesi europei che vogliono difendersi dall’invasione di immigrati clandestini – conclude Salvini, sono gli stessi che vogliono continuare a costruire “muri” geopolitici tra Est e Ovest. Per questo la Lega è naturalmente alleata con chi vuole difendere innanzitutto i propri cittadini, come fanno gli austriaci della Fpoe fresca vincitrice delle presidenziali a Vienna, i francesi del Front National della Le Pen, gli ungheresi governati da Viktor Orban, la Russia di Putin e, speriamo di poterlo dire nel prossimo novembre, anche gli Stati Uniti di Donald Trump”.
 
(agiellenews.it)