Concita, l’ “amerikana”, e le sue sorelle

di Fabrizio Marchi – 06/03/2016
 
Fonte: L’interferenza
 
concita
Scrive Concita De Gregorio sulla Repubblica del 1 marzo:
La donna che lo ha portato in grembo e la sua famiglia sono parte della nostra vita”, ha detto Vendola. In America, Paese che continuamente e a buon diritto portiamo ad esempio di libertà e democrazia, esistono delle regole in base alle quali una coppia dello stesso sesso può non solo sposarsi ma avere un figlio. Se sono due uomini, naturalmente da una donna. La quale deve avere alcune caratteristiche che riassumo brutalmente, me ne scuso, così: deve essere benestante e volontaria. Non in condizioni di necessità, non costretta. Una libera scelta. Lo schiavismo, la tratta delle donne, la sopraffazione, lo sfruttamento non hanno casa in questa storia. Siete dunque favorevoli o contrari all’utero in affitto, come lo abbiamo chiamato con orrenda formula? Dipende. Se la donna è prigioniera, indigente, schiava, costretta dalle condizioni di vita o dal sopruso di altri a vendere il tempo della sua gravidanza e poi suo figlio: sicuramente contrari. Se è una sua libera scelta, regolata dalla legge del Paese in cui vive, seguita e controllata da cento e cento occhi che vigilano su di lei sulla sua decisione chi sono io, chi siamo noi per giudicare?
 
Siamo di fronte ad un clamoroso autogol, anche se commesso in assoluta buona fede, perché quanto ha scritto la De Gregorio è la conferma di come e quanto l’attuale “sinistra” sia ormai completamente schiacciata sui “valori” del sistema capitalista assoluto, che ha necessità di mercificare ogni spazio dell’agire umano, perfino la vita stessa.
Ciò che è avvilente è che lei è convinta di stare dicendo “una cosa di sinistra” nel momento in cui sostiene di essere contraria alla pratica dell’utero in affitto nel caso di donne in condizioni di miseria o di indigenza, ma di essere favorevole nel caso di donne benestanti, che lo fanno consapevolmente e liberamente, in base alle leggi del proprio paese. In altre parole, se una donna vende il proprio corpo per necessità, cioè per uscire da una condizione di miseria o quanto meno per cercare di mitigarla, è sbagliato, se invece lo vende per trarne un utile, è giusto. Perchè in questo si traducono nei fatti le sue parole, a meno di non pensare che ora le donne, in condizioni di normalità (economica e sociale), si mettano a “produrre” figli “a gratis” per coppie sterili o per coppie gay o lesbiche. 
 
Certo, potrà esserci e sicuramente ci sarà qualche singolo e più o meno sporadico caso, dove, per amicizia, per amore, per un legame profondissimo, qualche donna potrà donare, nel senso letterale, più alto e nobile del termine, il proprio utero, ad una coppia di amici o di amiche, ma non mi si venga a dire che ciò costituirà la regolarità dei casi, perché sarebbe oggettivamente impossibile, a meno di non trovare centinaia di migliaia, se non milioni di donne disposte a prestarsi volontariamente alla gravidanza, a nove mesi di gestazione, al parto, e poi alla sottrazione del figlio, così, come se nulla fosse, come se si trattasse di vendere delle uova al mercato. E’ evidente che tutto ciò, specie in condizioni non di ricattabilità ma di “normalità” economica e sociale, avrà un prezzo più o meno elevato in base al contesto e alle condizioni che si determineranno sul mercato, cioè sostanzialmente in base all’ antichissima legge della domanda e dell’offerta. Ergo, si sta preparando il terreno a quello che sarà un nuovo grande business, una nuova grande speculazione, un nuovo grande mercato dove diversi soggetti ne ricaveranno utili e profitti e altri saranno sfruttati ed espropriati, anche se “consapevolmente” e “liberamente”. A meno di non pensare che non ci sia nessun genere di relazione emotiva e psicologica, oltre che fisica, fra una donna e la vita che porta in grembo. Ed è per questa ragione che il parallelismo con la donazione degli organi è assolutamente inadeguato e anche ipocrita, a mio parere. Per come la vedo io, come ho già scritto in questo articolo Affittata? No, surrogata…  tutto ciò è il preludio ad una nuova forma di prostituzione e, come sempre in questi casi, ci sarà chi si prostituirà per necessità e chi per scelta, in quest’ultimo caso anche ricavandone notevoli profitti. Ma ricavare un profitto, anche elevato, non cancella la condizione di alienazione. Come può essere altrimenti definito tutto ciò, se non un gigantesco processo di alienazione?
Non so se ne sia consapevole o meno ma le parole della De Gregorio sono la resa incondizionata alla logica capitalista. La “libertà” di comprare e di vendere, anche il proprio corpo, anche il corpo degli altri, viene da lei (e dalle sue “compagne”) considerata appunto come libertà, a tutto tondo. E’ l’adesione totale all’ideologia del mercato.
Con grande coerenza, fa riferimento all’America, “Paese che continuamente e a buon diritto – scrive – portiamo ad esempio di libertà e democrazia”. Niente male per una donna di sinistra, ex direttrice dell’Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci. Che dire: si vede che Furio Colombo ha ben seminato…chapeau!
La segue a ruota Angela Azzaro (un’altra maitre a penser del femminismo nostrano) che in un post su face book scrive:
Vi comprate la casa, vi comprate le macchine, vi comprate la villetta al mare, giocate in borsa, chiedete di essere pagati per tutto ma vi indignate se si paga per amore di un figlio: forse una delle poche volte che lo si fa per un buon fine. Mi fate ridere. Se questa non è ipocrisia non so come altro chiamarla!”.
Anche la Azzaro crede di dire una cosa di “sinistra”, trasgressiva e “progressista”, ma in realtà sta semplicemente dicendo:”Viviamo in un mondo dove tutto si compra e tutto si vende, e allora perché dovremmo scandalizzarci se qualcuno/a compra e vende anche i figli? Perché dovremmo porre dei limiti? Sarebbe da ipocriti…”. Infatti, da un certo punto di vista ha ragione.
Se non fosse che lei, donna di “sinistra”, dovrebbe essere contraria alla logica della mercificazione assoluta e non avallarla o considerarla come un dato di fatto dal quale non si può prescindere. E allora dice,
“dal momento che pagate per compravi un’automobile o la villetta al mare, a questo punto pagate pure per un figlio, anzi, almeno un figlio è una ragione valida per pagare…”.
 
Se fosse una provocazione, per quanto mi riguarda, potrebbe essere anche condivisibile. Il problema è che non lo è. Ergo, anche la Azzaro conferma la resa incondizionata al Mercato e al Capitale e alla logica, o meglio, all’ideologia dell’ “illimitato”, cioè dell’accumulazione illimitata di capitale.
Dulcis in fundo, arriva la Boldrini che ci ripensa e rettifica la sua posizione (in fondo è pur sempre Presidente della Camera dei Deputati in quota Sel, cioè per volere di Vendola) e scrive su facebook:
Ho delle riserve nel caso in cui la maternità surrogata coinvolga donne indigenti che portano avanti una gravidanza dietro il pagamento di una somma di denaro. In circostanze differenti, quando si tratta di una scelta libera e consapevole, non dettata dal bisogno, anche le valutazioni sono di natura diversa.”
 
Complimenti anche a lei!
Sia detto fra noi, la mia convinzione è che prima ci liberiamo di questa “sinistra” e prima saremo, forse, in grado di ricostruire una autentica Sinistra, con la S maiuscola e senza virgolette. Io ce la sto mettendo tutta…
P.S. In conclusione, meritano una riflessione a parte le parole di Vendola, riportate dalla stessa De Gregorio: “La donna che lo ha portato in grembo e la sua famiglia sono parte della nostra vita”.
 
Mi riesce francamente difficile capire come e in che modo. Forse solo nel suo immaginario e quello del suo compagno oppure Vendola vuole proprio dire che la mamma naturale del suo figlio adottivo continuerà a restare in contatto con tutti loro, ad avere una relazione con i due papà e con il (suo, loro? Di chi? Boh…) figlio? E se così sarà, che cosa gli si racconterà al bambino? Che lei è la vera mamma ma che una volta che lo ha partorito lo ha donato ai due papà per un atto d’amore? E a quel punto il figlio le chiederà (inevitabilmente):”Ma perché mi hai partorito e poi mi hai donato ai due papà? Tu non mi volevi bene?” E allora lei gli risponderà che fu un atto d’amore, che non c’erano di mezzo altre ragioni, tanto meno venali. E a quel punto il figlio potrebbe chiederle:”Ma allora tu vuoi più bene ai miei papà piuttosto che a me dal momento che mi hai donato a loro appena nato?”. E cosa risponderà la mamma? Forse che c’era un’amicizia talmente forte tra lei e i suoi due papà adottivi che lei si è decisa per questo dono, per questo atto d’amore, che arriva a superare l’amore per il proprio figlio appena partorito (ci risulta che tra i coniugi Vendola e la madre naturale ci fosse un’amicizia pregressa così potente? Boh…non è comunque dirimente…).
Altra ipotesi. La mamma naturale non sarà presentata al figlio come la mamma ma come una sorella (di uno dei papà) oppure un’amica di famiglia che di tanto in tanto li va a trovare e gli porta anche dei bei regali. Ergo, si manterrà il segreto sulla sua reale figura, cioè si continuerà a raccontare delle balle al piccolo. Ma che relazione potrà stabilirsi fra la madre naturale e il figlio, e fra tutti loro? E siamo certi che a quel punto la madre con il tempo non ci ripensi e non le venga il desiderio di riprendersi suo figlio anche a costo di contravvenire al contratto stipulato con i due papà adottivi? E a quel punto cosa succederà? Come la prenderanno i due papà? Scoppierà una guerra fra loro due e la mamma naturale? E il figlio, come reagirà, cosa penserà, quali potrebbero essere le conseguenze su di lui dal punto di vista psicologico? E laddove invece fili tutto liscio come l’olio (si fa per dire…), quali potrebbero essere le conseguenze psicologiche per la madre naturale che, a quel punto, potrebbe vedere il figlio crescere senza potergli dare il suo amore come madre e senza neanche potergli dire che lei in realtà è la sua vera madre?
Gli scenari, come vediamo, potrebbero essere tanti e diversi e ne potrebbero aprire a loro volta degli altri, in linea teorica infiniti. Nel momento in cui si mette in discussione o si ritiene storicamente superata la cosiddetta “famiglia tradizionale” (che personalmente non ho mai celebrato né condannato a priori così come non ho mai celebrato né condannato a priori la famiglia gay o lesbica, perché nevrosi e miasmi di ogni genere si annidano ovunque…) e ci si apre a un orizzonte in linea teorica infinito di possibilità, chi avrebbe diritto a contestare, a quel punto, una famiglia composta da un marito con tre mogli, le quali a loro volta hanno due o tre diversi mariti cadauna i quali a loro volta hanno due o tre mogli, tutti/e con figli a carico, naturali ma anche adottivi, tutti quanti insieme allegramente? Una bella matassa, come vediamo. L’esempio è volutamente iperbolico ma facciamo a capirci. Al momento io non mi pronuncio, in un senso o nell’altro, sospendo il giudizio, ma non in senso cartesiano, cioè con il fine recondito di dimostrare ciò che sarebbe una certezza. Io lo sospendo veramente e apro il dibattito. Purchè senza ipocrisie.
Concita, l’ “amerikana”, e le sue sorelleultima modifica: 2016-03-13T13:04:56+01:00da davi-luciano
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