Robert Fisk, Gloria all’Esercito Arabo Siriano

di Philippe Grasset – 28/02/2016 
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Non c’è dubbio che il famoso giornalista inglese Robert Fisk sia da sempre impegnato contro gli imperialisti e guerrafondai che guidano il blocco USA/BAO. Ma se chiaramente impegnato da un punto di vista progressista, ad esempio, era riservato verso il regime di Assad quando “copriva” la crisi siriana (ma non in modo sistematico). Nel suo articolo su The Independent del 26 febbraio 2016, Fisk cambia indirettamente, ma con tono implicitamente radicale; indirettamente perché si tratta del comportamento operativo dell’Esercito arabo siriano, in un testo dedicato all’efficacia dei nuovi sistemi d’arma consegnati all’esercito; e “implicitamente radicale” perché la fine di questo articolo suona, in poche e precise parole, ad inno dell’efficienza, forza psicologica e anche l’eroismo dell’Esercito arabo siriano. Fisk fornisce vari dettagli sui nuovi sistemi d’arma forniti dai russi nell’esercito siriano, tra cui i carri armati T-90 che dispongono di dispositivi attivi e passivi di auto-difesa contro i missili anticarro dei terroristi, compresi i sistemi TOW (degli USA) forniti da sauditi o CIA. Questi missili sono altamente efficaci contro i T-64 e i T-72 delle generazioni precedenti (i siriani non hanno i T-64, Grasset li confonde con i T-62. NdT), ma contro il T-90 incontrano l’ostacolo di uno scudo passivo attivo e reattivo con cui i sistemi di contromisura fanno esplodere il missile prima dell’impatto. D’altra parte le nuove apparecchiature elettroniche per ricognizione, puntamento e controllo del tiro, per la visione notturna, ecc., hanno permesso all’Esercito arabo siriano di acquisire una grande abilità tattica dagli effetti strategici innegabili.
Gli ufficiali siriani hanno dimostrato come il nuovo sistema antimissile del T-90 dirotti a un metro dal carro i missili che gli vengono sparati direttamente contro. Questa è l’arma che potrebbe sconfiggere i massicci attacchi con missili di SIIL e Nusra? Forse. Ancora più importante per i siriani, tuttavia, sono i nuovi sensori per la visione notturna dei movimenti e l’elettronica per la sorveglianza e la ricognizione russi che hanno permesso all’Esercito governativo di sfondare le difese di Jabhat al-Nusra nel nord-ovest montuoso della Siria, spezzando le linee di rifornimento dei terroristi dalla Turchia ad Aleppo. Questo “nuovo inizio” dell’Esercito arabo siriano è in realtà descritto da Fisk sui nuovi mezzi, ma anche in modo più umano, sulle varie caratteristiche personali riguardanti resistenza strutturale e morale delle forze armate (in sei anni di combattimenti vi sono stati più disertori tra le forze di sicurezza siriane, 5000 su 28000 agenti di polizia e di varie altre forze di sicurezza, che tra i soldati dell’esercito). L’attenzione è rivolta in particolare, e in modo originale, al comportamento della maggior parte degli alti ufficiali, sia per la loro abilità che per le perdite, riflettendone la presenza sul fronte e sotto il fuoco. Anche il riferimento al famoso colonnello soprannominato “Tigre” che l’esercito siriano chiama “Rommel” (“Nella campagna orientale, il Colonnello Suhayl Hasan, il “Tigre”, che alcuni militari siriani vedono come il loro Rommel, operava a nord fino alla fine dell’assedio dello SIIL alla base aerea siriana“), scrive Fisk: “Nel frattempo, i siriani hanno continuato a perdere alti ufficiali in battaglia. Almeno sei generali sono stati uccisi in combattimento. Durante la guerra, l’esercito può permettersi di annunciare che i suoi comandanti guidano dal fronte. Il comandante delle Forze Speciali della Siria è stato ucciso ad Idlib, e il comandante dei Servizi segreti militari nell’oriente del Paese è stato ucciso a Dair al-Zur. Il Maggiore-Generale Muhsan Mahluf morì in battaglia presso Palmyra. Il Generale Salah, un caro amico e collega del Colonnello “Tigre” Hasan, fu ucciso da un l kamikaze di al-Qaida nella città industriale di Shayq Najar, presso Aleppo, un anno fa. Mi ha detto che gli attentatori suicidi uccisero 23 suoi uomini con una grande esplosione. In seguito l’ho incontrato e pensai che avesse adottato un allegro, quasi temerario, disprezzo della morte. Solo un mese prima finì su una bomba, una IED che esplodendo gli tranciò la gamba destra. Sono uomini duri, molti dei quali addestrati nel collegio militare siriano sul cui cancello d’ingresso si legge: “Benvenuti nella scuola di eroismo, dove si forgiano gli dei della guerra”. Roba agghiacciante“. 
 
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Il cambiamento è anche caratterizzato dagli ultimi mesi dall’impulso dei russi su cooperazione e coordinamento tra le varie forze interessate (Esercito arabo siriano, certamente, contingenti di Guardie Rivoluzionarie dell’Iran che contano 5000 uomini, unità di Hezbollah e distaccamenti di milizie afghane e pakistane per complessivi 5000 altri combattenti). L’offensiva che ha permesso la ripresa in soli otto giorni, il mese scorso, dei villaggi sciiti di Nubul e Zahra, sembra essere il primo esempio di operazione combinata di questo tipo che ha dato piena soddisfazione ai consiglieri russi, molto più discreti e di numero limitato, ma che padroneggiano l’arte di organizzare operazioni coordinate e combinate con forze non abituate a combattere insieme. Un altro fatto interessante per i russi, e questo spiega in sostanza la scelta di riequipaggiare l’esercito siriano con sistemi moderni, é che i sistemi affrontano le condizioni operative difficili di questo conflitto. Naturalmente, queste iniziative comportano la presenza di istruttori russi. Tutto ciò si svolge in modo efficace ma non invadente, un po’ come le nuove condizioni della “guerra ibrida” in cui i russi dimostrano, dalla presa “soft” di Crimea e Sebastopoli, di eccellere… “Si possono vedere carri armati T-90 russi nuovi di zecca dell’Esercito arabo siriano allineati con la nuova livrea desertica a circa 100 km dalla “capitale” dello SIIL Raqqa. Vi sono nuovi camion di fabbricazione russa accanto e molta artiglieria e, sicuramente le spie dello SIIL sono state inviate a vederlo, molti soldati siriani che camminano lungo il perimetro della base accanto ai soldati russi che indossano cappelli militari ad ampie falde, contro il sole, usati nella calure estivo dell’Afghanistan degli anni ’80. C’è anche un generale russo presso la base militare d’Isriyah, che opera affinché gli equipaggi dei carri armati siriani ricevano l’addestramento più efficace sui T-90. No, le truppe russe non combatteranno lo SIIL. Non è stata mai loro intenzione. (…) Ma i russi puntano verso il deserto ad est dell’asse Aleppo-Hama-Homs-Damasco per addestrare gli equipaggi dei carri armati siriani e mantenere una base di controllo aereo avanzata ad oriente per guidare di notte i bombardieri Sukhoj sui loro obiettivi. (…) I russi sono in una posizione unica nell’esercito siriano. Possono addestrare i siriani ad usare i nuovi carri armati e poi guardare come operano i T-90 senza dover subire eventuali perdite“.
Ciò che è interessante in questo articolo di Fisk è soprattutto che l’autore è un giornalista impegnato ma per nulla esperto di questioni militari. Ciò nonostante, o forse proprio grazie a ciò, riesce a inquadrare perfettamente l’atmosfera che caratterizza la coalizione strutturatasi intorno all’Esercito arabo siriano, che rivive grazie all’intervento russo. E’ certo che questo intervento, con il peso operativo e il contributo dei nuovi sistemi d’arma e delle dinamiche psicologiche coinvolte, ha creato un nuovo stato d’animo. Questo è ciò che Fisk mette fortemente in evidenza, anche se il suo articolo è chiaramente incentrato sul tema dei nuovi equipaggiamenti militari russi. Allora distinguiamo la percezione che questi nuovi sistemi non sono mero “scarto di lusso” (tecnologie avanzate) gettato nella fornace di una guerra estremamente complessa, multipla e sfuggente, ma piuttosto strumenti per integrare i combattenti più saldamente, operativamente e psicologicamente… (In completo contrasto è l’esempio importante dato dall’attivismo dei Saud anche in Siria, con la stessa “spazzatura di lusso” che Stati Uniti e Arabia Saudita diffondono alimentando un processo d’inversione completa di capacità militari scarsissime in ancora più misere, come se i rinforzi siano fattore d’inversione. Questo s’è visto nel disastro dalle varie dimensioni, ma silenzioso dal punto di vista della comunicazione, che l’esercito saudita subisce nello Yemen nonostante i distruttivi attacchi aerei, spesso contro civili, ma senza eccitare né mobilitare in alcun modo la coscienza dei grandi filantropi del blocco BAO). La Siria della fase II dimostra sempre più in generale, nelle sfumature delle diverse percezioni, la forte struttura psicologica dell’esercito russo, oltre ai vantaggi tecnici, tecnologici, strategici, ecc. che s’illustra. Certamente l’esperienza ucraina, in cui la comunicazione si affidava a “concetti” tipicamente postmoderni dell’ibridismo del confronto o conflitto furtivo, ma sviluppatisi in modo completamente distorto dalla comunicazione, ha contato molto per l’esercito russo. Di fronte a tali condizioni brutali e in dissoluzione, come s’è visto nella crisi ucraina in cui le “battaglie” (o finte “battaglie”) hanno avuto luogo a margine di situazioni e territori, dove la psicologia cedeva o si rafforzava. Nell’esercito russo questo rafforzamento ci appare ovvio, e questa dinamica s’è infusa direttamente nell’Esercito arabo siriano e negli attori ad esso associati. Per l’Esercito russo c’è continuità tra Ucraina e Siria-II, con un meraviglioso modo di rafforzarsi. Siriani ed alleati acquisiscono, con un transfert psicologico oltre che col trasferimento di nuove armi, una simile capacità di resistenza.
 
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Colonnello Suhayl Hasan
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 
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Robert Fisk, Gloria all’Esercito Arabo Sirianoultima modifica: 2016-03-06T21:18:43+01:00da davi-luciano
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