Tav, «non fu terrorismo»: confermata in appello l’assoluzione di 4 anarchici

I quattro attivisti, coinvolti nell’assalto al cantiere della Torino-Lione a Chiomonte, si sono visti confermare la condanna a tre anni e mezzo per l’attacco

di Elisa Sola

Gli imputati esultano al termine della lettura della sentenza di primo grado a Torinoil ,17 Dicembre 2014 (Ansa/Di Marco)Gli imputati esultano al termine della lettura della sentenza di primo grado a Torinoil ,17 Dicembre 2014 (Ansa/Di Marco)
 

Dare l’assalto a un cantiere in attività, con operai che lavorano, lanciando molotov e ordigni non è un atto di terrorismo. Non lo è neppure se l’attacco è premeditato e pianificato da un gruppo di persone che lo hanno attuato di notte «con stile militare», dividendosi in gruppetti, «armati» di esplosivi di vario tipo. Lo ha stabilito la Corte d’Assise d’Appello di Torino, che ha assolto dai reati 280 e 270 sexies (attentato e condotte per finalità terroristiche ) Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, No Tav per i quali la pubblica accusa aveva chiesto nove anni e mezzo di prigione

L’attacco a Chiomonte

Il fatto era accaduto nella notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013. Un gruppo di anarchici incappucciati e vestiti di scuro alle tre aveva attaccato, nei boschi della Val Clarea, in Val di Susa, l’area recintata dove si sta costruendo il tunnel della Maddalena, propedeutico alla Tav. Erano stati lanciati pietre, bombe carta e una pioggia di “oggetti di fuoco” da punti diversi. Erano anche stati chiusi i cancelli di modo che nessuno all’interno, operai e poliziotti, potesse scappare. Non c’erano stati feriti – a parte qualche intossicato – e un compressore era stato bruciato. 

Applausi e abbracci dopo la sentenza

La Corte ha confermato la sentenza di primo grado, espressa un anno fa, a tre anni e mezzo per ogni imputato. Non per terrorismo ma per i reati minori di cui erano indagati: fabbricazione di armi da guerra, danneggiamento seguito da incendio e violenza a pubblico ufficiale. Applausi, slogan e abbracci tra i No Tav e i loro legali e familiari hanno segnato la fine di un processo carico di tensioni, che si erano create già dal momento in cui era stata scelta la sede in cui si è svolto il procedimento giudiziario: l’aula bunker del carcere delle Vallette di Torino, un fabbricato isolato da tutto, alla periferia della città, teatro di processi storici contro le Brigate rosse. E proprio agli anni di Piombo ha fatto riferimento più volte, durante la requisitoria finale, il procuratore generale Marcello Maddalena, che ha più di 70 anni e che quegli anni li ha vissuti. «Nel 1979», ha detto il magistrato ricordando «il caso del traliccio di Segrate dove trovò la morte Giangiacomo Feltrinelli, le Brigate Rosse lessero un comunicato, durante un processo, in cui spiegavano che “Osvaldo”, cosi’ si riferirono a Feltrinelli, non è una vittima, ma un rivoluzionario caduto combattendo in una operazione di sabotaggio». «Il sabotaggio è considerato terrorismo dalla legge», ha aggiunto il procuratore generale, sottolineando come l’azione eversiva dei quattro imputati No Tav, che hanno rivendicato un attacco di cui vanno «fieri», sarebbe in fondo simile alle azioni dei «terroristi» degli anni bui della nostra storia che miravano a sovvertire l’ordine costituito. La Corte ha respinto questa tesi. Saranno le motivazioni della sentenza a spiegare perché, ma è presumibile che il concetto chiave intorno al quale ruoti la sussistenza o meno, a livello giuridico, del terrorismo sia quello di «grave danno al Paese».

L’accusa e la teoria dello stillicidio

Secondo l’accusa – sostenuta negli anni dalla Digos, dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo e infine dal pg Maddalena – «le condotte degli indagati» sarebbero state attuate «allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i pubblici poteri o un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto». Il terrorismo quindi sarebbe stato ravvisabile se gli indagati, «che avevano una linea politica precisa e una strategia raffinata», avessero agito, con successo, per impedire nel tempo la realizzazione della Torino-Lione. È come se avessero pensato, aveva spiegato Maddalena: «Se i politici capiscono che, se proseguono i lavori, sarà uno stillicidio di attacchi uno dopo l’altro, forse i pubblici poteri prenderanno in considerazione l’idea che all’opera si possa rinunciare». Questa teoria è stata rigettata per la seconda volta da una Corte d’Assise e, negli ultimi due anni, altre due volte dal tribunale del Riesame che si era espresso sulla scarcerazione degli indagati.

La difesa: «Sabotaggio non è terrorismo»

I condannati hanno sinora affrontato, a partire dal 9 dicembre 2014, giorno in cui vennero arrestati dalla Digos di Torino, un anno di carcere duro – senza la possibilità di comunicare all’esterno e senza poter ricevere visite – e un secondo anno di arresti domiciliari, misura che attualmente continuano a scontare. «Continuo a pensare che un conto sono i sabotaggi altra cosa sono i terrorismi», ha detto uno degli avvocati della difesa, Claudio Novaro. «Il pg ci parla di Feltrinelli – ha aggiunto – Era il tentativo di bloccare l’erogazione della corrente a Milano ed è il sabotatore che muore, ma è sabotaggio ad un bene materiale che nulla ha a che vedere con l’incolumità fisica». «Allora – ha concluso – anche il danneggiamento di beni immobili rientrerebbe nell’alveo delle condotte terroristiche. Ma il sabotaggio in sé non ha nulla a che fare con il terrorismo».

21 dicembre 2015 (modifica il 21 dicembre 2015 | 18:16)
Tav, «non fu terrorismo»: confermata in appello l’assoluzione di 4 anarchiciultima modifica: 2015-12-22T13:26:22+01:00da davi-luciano
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