CAMEROUN : SUSPENSION TEMPORAIRE LEVEE … ET MENACES IMPLICITES

Comités AFRIQUE MEDIA/ 2015 10 03/

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JSAM - Cameroun Suspension Menace (2015 10 03) FR (1)

JSAM - Cameroun Suspension Menace (2015 10 03) FR (2)

Deux documents éclairants !

Une suspension provisoire d’un mois infligée pendant deux.

Et sa levée assortie de menaces implicites. Emanant de gens qui n’ont visiblement pas compris que la TV panafricaine n’a jamais cessé d’émettre une seule minute, qu’elle n’est pas un media camerounais.

On comprendra donc pourquoi les unité de Malabo et Ndjamena resteront bien entendu en place et AFRIQUE MEDIA TV continuera à émettre, en toute sécurité, sous la protection des peuples tchadien et équato-guinén.

 Voici les réflexions (à méditer) de mon ami Jules Njawe (paneliste et éditeur du Messager) :

« La liberté d’expression est reconnue à chaque personne pour qu’elle puisse librement exprimer ses pensées, sans censure préalable, mais non sans sanctions si cette expression porte préjudice à quelqu’un. La liberté de la presse, dans les pays démocratiques est une déclinaison de cette liberté d’expression et de pensée que possède chacun d’employer comme il l’entend ses facultés réflexives, à l’aide de sa raison critique, mais aussi de ses émotions ou ses potentialités créatrices. Puis, c’est le droit d’avoir, sur tous sujets, tutelle ou magistère, des idées, des avis, des opinions personnelles, des convictions. La liberté de pensée est constitutive de la liberté de conscience. Vive Afrique Media, vive le Panafricanisme, vive la révolution Panafricaine » …

LM / COMITES AFRIQUE MEDIA

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Di ritorno dalla “diversa” visita in Clarea della delegazione degli europarlamentari del M5S

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VALSUSA NOTIZIE

Voci dalla Val Susa

Inserito il 3 ottobre 2015

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di Gabriella Tittonel  sabato 3 ottobre 2015

Ai frequentatori del venerdì in Clarea oggi non è sfuggita la visita di una delegazione di visitatori che, muniti di caschi e tute, è entrato con il trenino nel tunnel geognostico in costruzione, poco più di tre chilometri e mezzo nel cuore della montagna. Ma ciò che li ha sorpresi non poco è stata la durata della visita, più di due ore dentro la galleria, fatto questo che ha lasciato spazio a tutta una serie di deduzioni. Ciò che non potevano immaginare è che il trenino, giunto in prossimità della talpa Gea, è uscito dalle rotaie, impedendo così un celere ritorno all’esterno.

Mentre questo stava accadendo, a Bussoleno, a Villa Ferro, si apriva l’incontro degli europarlamentari con gli amministratori, organizzato dal Presidio Europa, un incontro al quale anche gli eurodeputati del MS5 dovevano partecipare e qui sono giunti dopo più di un’ora e mezzo di ritardo, quando dal tunnel hanno finalmente potuto uscire.

“Non è stata una bella esperienza quella di rimanere con più di mille metri di montagna sopra la testa: avremmo anche potuto far ritorno a piedi ma ci è stato detto che non era possibile, questo per motivi di sicurezza….. è stata comunque una visita interessante, che ci ha permesso anche di poter parlare con gli operai, i più calabresi e siciliani, che lavorano in condizioni pietose, otto ore per turno ma anche dieci…. In una precedente visita ci era stato detto che quest’opera avrebbe permesso di creare tantissimi posti di lavoro, ma noi ne abbiamo contati una quindicina di lavoratori….. Molta acqua scorre lungo le pareti della galleria….. per telefonare occorre utilizzare l’apparecchio in cabina, facendo un numero in codice…. Ma se si dimentica il numero sono guai….. il Direttore Bufalini ci ha accompagnato: parlando del movimento no tav ha lasciato intuire che se non ci fosse un’opposizione così determinata il tunnel si sarebbe già fermato…. Comunque, dopo quanto visto e compreso, è certo che qualche filo da torcere su questa questione lo troveremo…” – così hanno sottolineato i visitatori.

Lo Stato c’è… ma gli Europarlamentari non passano

Una data storica che segna il confine tra affaristi e diritto, Clarea Italia, cinque Europarlamentari nel loro mandato fermati dalla polizia italiana. Gli affari Tav sono stati ben protetti

di Valsusa Report.

L’appuntamento era a Giaglione, uno dei due comuni confinanti con il -fortino, presenti cinque  di vari gruppi dell’Unione Europea. Strana la non presenza del sindaco locale data la enorme pubblicità dell’evento, strano data la volontà degli europarlamentari di capire il territorio, di domandare e soprattutto valutare l’opportunità della spesa per questa opera voluta dai governi italiani. Più volte il cantiere è stato sponsorizzato come volontà europea, quindi i parlamentari sono venuti a vedere di persona come stanno le cose.

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Una partenza normale, i cinque europarlamentari accompagnati da cittadini del territorio; in totale una cinquantina di persone per lo più anziani con punte di 87 anni, i migliori, quelli che hanno visto questi 28 anni di opposizione a quello che viene identificato come un esoso sperpero di denaro e distruzione territoriale.  L’europarlamentare Eleonora Forenza ci dice “siamo qui oggi dopo aver incontrato ieri la popolazione del territorio valsusino, andremo al cantiere per farci spiegare i pregressi avvenimenti e comprendere bene gli accaduti“. Sono le 9e30 di sabato 3 ottobre 2015 gli europarlamentari con le delegazioni si avviano per la strada che conduce al cantiere-fortino del tunnel geognostico della Maddalena – vogliamo ancora ricordarlo – finalizzato a capire se le condizioni di inquinamento e impatto ambientale siano idonee per l’inizio dei lavori del tunnel di base per il treno veloce.

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L’arrivo al ponte-confine , lontano decine di metri dal cantiere-fortino, vede un ingente quantitativo di  a sbarrare il passo alla delegazione. La  interagisce con gli europarlamentari dichiarando che la venuta al loro cospetto sa di manifestazione, rapidi i vari esponenti delle varie forze presenti si convincono l’un l’altro “vedo delle bandiere; io uno striscione;  ah no, non c’è, comunque per me è una manifestazione” inutile per il gruppo di esponenti con mandato europarlamentare spiegare che si trattava di delegazione, tra l’altro composta da anziani e quindi non pericolosa; come inutile la disponibilità di assumersi la responsabilità oltre il confino-ponte. “Di qui possono passare un europarlamentare e dieci persone poi facciamo il cambio con altri dieci, tutti insieme non passate” la risposta del dirigente è perentoria dopo la classica telefonata ai superiori “non rispondo io, ho chiamato i miei superiori“. Di fatto un’imposizione senza motivi apparenti, ma viene accettata dagli europarlamentari e dalle delegazioni in una breve riunione. Ci viene in mente una possibilità, se gli europarlamentari con al seguito le delegazioni chiedessero di entrare, l’obbligo di aprire lo scrigno d’oro del cantiere-fortino vedrebbe all’interno decine di No “impossibile per un potere che non vorrebbe mai più vedere in quei luoghi le persone che qui abitano il territorio” ci ricordano i .

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Di fatto non è così “vogliamo raggiungere i terreni della Clarea da fuori il cantiere, ci siamo già entrati ieri con annesso deragliamento del trenino che ci conduceva al fronte di scavo”, bene si va avanti, ed inspiegabilmente la polizia arbitrariamente nel momento del primo passaggo si chiude e spintona tutti i presenti causando contusioni e cadute rovinose a chi impreparato si trova nel mezzo della spinta degli uomini in divisa. Il passaggio viene chiuso con mezzi della polizia e viene impedita la visita europarlamentare e delle delegazioni. “L’interesse lobbistico e mafioso è così ben protetto dagli uomini in divisa blu, mangiamo una volta e poi torneremo” ci dicono i No Tav più anziani.

V.R. 3.10.15

Europarlamentari in Val Susa: la visita al cantiere Tav si ferma sul ponte

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VALSUSA NOTIZIE

Voci dalla Val Susa

Inserito il 4 ottobre 2015

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di Gabriella Tittonel  domenica 4 ottobre 2015

Scene indegne di un paese civile. Quelle subite dai cinque parlamentari europei che sabato mattina sono partiti a piedi da Giaglione per recarsi in visita al cantiere del tav in Clarea, una visita che avrebbe dovuto farli giungere, al di fuori delle recinzioni, a prendere visione dell’area in cui si sta procedendo allo scavo del tunnel geognostico.

Il condizionale è d’obbligo, perché, giunti in prossimità del ponte che attraversa il Clarea, questo intorno alle undici, non è stato possibile avanzare a causa del cordone di polizia che chiudeva il passaggio, con tanto di idrante al seguito e blindati.

Sosta forzata dunque per i parlamentari ed il seguito, composto da una ventina di persone, tra cui un sindaco ed alcuni amministratori, che hanno cercato di comprendere le ragioni dell’ennesima chiusura della strada, decisa, come sottolineato dalle Forze dell’ordine, per soddisfare un’ordinanza di cui peraltro non vi era traccia. Inutile la presentazione dei documenti di riconoscimento da parte dei parlamentari, inutile la richiesta per tutti di poter passare: il cordone di polizia, con tanto di scudi ha cercato di allontanare i visitatori, con spintoni e calci, cose ben visibili dalle innumerevoli immagini e video scattati, facendo cadere a terra alcune persone e lasciando parecchi contusi.

Esterrefatti i parlamentari, che hanno sottolineato l’impegno a riportare al Parlamento europeo quanto accaduto: Eleonora Forenza ha anche sentito telefonicamente il funzionario Accardi, che ha parlato di alcuni contusi fra le Forze dell’ordine (!) ma che non ha saputo risolvere la situazione.

Così il pranzo per tutti si è tenuto sul ponte, certo con il rincrescimento di non aver potuto raggiungere il devastante cantiere, peraltro visto il giorno precedente dal basso, o meglio, dal di dentro del tunnel e molto bene, da parte dei parlamentari in visita, che in galleria ci sono rimasti per oltre due ore a causa del guasto del trenino.

A termine giornata una questione, irrisolta, rimane. Quella che giunge a mettere uomini contro in nome di un lavoro e della difesa di un’opera indifendibile. Per un sacco di ragioni. Uomini contro, persone che non si conoscono e che si respingono, si feriscono. Scene quotidiane di tante parti del mondo. Ma è davvero questo il mondo che vogliamo per noi e per i nostri figli?

PERCHE’ LA POLIZIA SCONSIGLIA DI DENUNCIARE I CASAMONICA? ITALIA OLTRE LA FOLLIA!

La storia dell’iraniano, Medhi Dehnavi, che ha denunciato i Casamonica

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Artigiano esegue lavori per i CASAMONICA che pretendono di non pagarlo, lui resste e allora lo massacrano di botte, lui li va a denunciare……..
La Polizia gli sconsiglia di stendere la denuncia, lui insiste il PM gli dice che sarà”dura”  questa è  ROMA capitale di uno stato arrivato oltre la follia! !

L’uomo, un iraniano artigiano del marmo, conosce i Casamonica per dei lavori che gli vengono commissionati. Loro non pagano, lui denuncia tutto. Anche le tremende aggressioni subite

La storia dell’iraniano, Medhi Dehnavi, che ha denunciato i Casamonica
„E’ un signore iraniano. Per lavoro, è un artigiano del marmo. E molto probabilmente avrebbe preferito restare tale, niente di più. Invece, Mehdi Dehnavi è diventato un ‘eroe’: l’unico ad avere avuto il coraggio di sfidare il clan dei Casamonica, i ‘padroni’ di Roma Sud.  Droga, usura ed estorsioni. Tutto fa parte del business della cosca di famiglia. E Mehdi l’ha provato sulla propria pelle.

I LAVORI –  Gli commissionano dei lavori di pregio nella villa di Guido Casamonica, come racconta lui stesso a Paolo Mondani di Report. Finiti i lavori, però, cominciano i primi problemi. Nessuno ha intenzione di pagare Medhi, che racconta: “Ti ordinano un lavoro, una porta, non lo so, un tavolo di marmo, qualsiasi cosa. E se non ti pagano cos’è? È pizzo”. I guai per l’iraniano, però, sono solo all’inizio. Dopo poco, infatti, ‘qualcuno’ si presenta nel suo ufficio e lo aggredisce: “Hanno preso due, tre pezzi di marmo. Il primo me l’hanno dato proprio qui, mi hanno spaccato la testa. Poi sono arrivati tutti gli zingari: cinquanta, sessanta con donne, bambini, diverse macchine”. Medhi viene intimorito e minacciato: “mi dicevano sei morto, sei finito, bruciamo tutto, uccidiamo i tuoi”.

LA DENUNCIA E IL PROCESSO – Ed è qui che Medhi trova il coraggio e la forza di non abbassare la testa

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. Denuncia tutto, non ha paura. Così, comincia un processo che, nel 2011 in primo grado, ha già condannato Guido Casamonica a cinque anni e sei mesi per l’accaduto. Casamonica, però, si difende. “Non è assolutamente vero, quella ‘marmata’ non c’è mai stata”. Anzi, “è stato lui, Medhi, a prendermi a sassate mentre ero con mia moglie e i miei figli”. Il processo, poi, non lo intimorisce più di tanto. “Io rispetto il lavoro che fanno i giudici – dice sereno Casamonica – ma ora c’è l’appello”. E la speranza è che i giudici dimentichino il suo cognome: “Sono stato condannato per il cognome che porto, ma io non faccio parte del clan dei Casamonica, nè tanto meno so se esiste una cosca”.  

LA NUOVA AGGRESSIONE – Medhi, però, è di avviso diverso e racconta, mostrando ancora i segni, di una seconda aggressione subita dopo la prima denuncia. “Guido Casamonica mi ha dato una ‘capocciata’ che mi ha rotto il naso – ricorda l’iraniano – poi hanno cominciato a picchiarmi con pezzi di legno e ferro. Erano in cinque sei persone a ‘menarmi’, ma io sono comunque riuscito a fuggire.
„IL MANCATO AIUTO – Ed è qui che succede la cosa che, forse, fa più male a Medhi. “Dopo essere fuggito, ovunque andassi a bussare nessuno mi apriva – racconta dispiaciuto – Ero ancora pieno di sangue, ma qui hanno tutti paura”. Lui, però, ancora una volta si fa coraggio. E denuncia tutto: “Mi hanno dato una prognosi di ventitre giorni e appena sono uscito sono andato dai carabinieri”. I Casamonica non la prendono bene: “Sono venuti di nuovo qui e mi hanno puntato la pistola, ‘se non ritiri la denuncia, sei un uomo morto”. Quella denuncia, però, è ancora lì. E Medhi continua la sua battaglia da ‘eroe normale’. “

fonte romatoday.it