Lotta alla Mafia, Renzi: “possiamo essere contenti che lo Stato ha vinto”

stato
vero, lo stato si è sostituita ad essa. Ah giusto, il Pd è il partito della legalità giusto? Beh d’altronde nessuno ribalta i banchetti del Pd
 
venerdì, 31, luglio, 2015
 
Nella lotta alla mafia “possiamo essere contenti che lo Stato ha vinto, la criminalità organizzata non è forte come prima e non ci sono più eventi come” la strage mafiosa che sconvolse Firenze nel 1993. A dirlo è Matteo Renzi durante il suo intervento in occasione della Conferenza internazionale dei ministri della Cultura, in corso a Expo.
“Era il 1993 e quello è stato uno degli ultimi episodi in cui la mafia ha colpito in Italia”, dice il premier.Renzi ricorda l’episodio da 18enne maturando quando “gli Uffizi, il cuore della nostra città, sono stati colpiti. Sono stati colpiti i luoghi simbolo della bellezza e della grandezza di Firenze”. Il premier sottolinea come i ricordi restino impressi nella mente quando a essere colpiti sono i simboli della cultura di un Paese: “Altrettanto forte è ancora il ricordo in chi 18enne, insieme con i suoi compagni di scuola, si mise semplicemente camminando per la strada, a esprimere il proprio dolore”. Renzi conclude dicendo che “di fatto quando colpiscono i luoghi della cultura è come se strappassero un pezzo di te, se portassero via un pezzo di ciò che sei”.
Adnkronos

Un uomo di Libia. Ominicchi d’Italia.

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2015/07/un-uomo-di-libia-ominicchi-ditalia.html

MONDOCANE

VENERDÌ 31 LUGLIO 2015

  
 
“E tu onore di pianti, Ettore, avrai, / ove fia santo e lagrimato il sangue / per la patria versato e finché il Sole / risplenderà su le sciagure umane”. (Ugo Foscolo, “I Sepolcri”)
 
Parliamo, col dolore e l’incommensurabile indignazione di Ugo Foscolo per il destino di Ettore, del suo fratello libico Saif Al Islam. La sua condanna a morte è l’ultima scelleratezza Sion-Nato-Fratelli Musulmani a Tripoli, dopo il linciaggio del padre a Sirte, l’assassinio di Milosevic in carcere e il martirio di Saddam a Baghdad. Oscenità fiancheggiata dai commenti mercenari della cosca politico-mediatica e, in particolare, di Ennio Remondino, giornalista che, fin dalle guerre Nato alla Jugoslavia, diffonde cerchiobottismi, finto-equilibrati, pseudo-controcorrente, che sostengono, col classicovenenum in cauda, la disinformazione imperialista. La condanna a morte di Saif-al Islam Gheddafi, secondogenito ed erede di Muammar, a seconda  che si guardi all’infamia o al grottesco, può  essere considerato un agghiacciante crimine contro l’umanità, o una carnascialesca esibizione di trogloditismo morale e giudiziario. Un terrorismo finto giuridico, in ogni caso, che ben si appaia al terrorismo fisico, ontologicamente praticato in Medioriente, Asia e Africa, al servizio di interessi imperialisti e reazionari (Usa, UE, satrapie del Golfo, Israele), dalla Fratellanza e dalle sue emanazioni operative, Isis, Al Qaida, Boko Haram e varie.
 
Fingendo orrore per la mostruosa procedura di una condanna a morte impartita da un tribunale illegittimo di un regime golpista, in assenza dell’imputato (detenuto dai nemici berberi di Zintan, alleati del legittimo governo di Tobruk) e fin di suoi difensori, alla disperata ricerca di consensi internazionali che ne avallino il potere, in virtù della condivisione e del rilancio delle propaganda occidentale anti-Gheddafi, politici e media della “comunità (criminale) internazionale” annacquano tale orrore rinverdendo la demonizzazioni di Gheddafi e della sua famiglia. A partire della accuse,  ripetute dai cialtroni di Tripoli a titolo di captatio benevolentiae in Occidente, che dichiarano Gheddafi e i suo figli responsabili della sanguinosa repressione degli oppositori nel 2011. Boccone ghiotto per chi deve liberarsi della colpa di aver ridotto una prospera e unita nazione in un serpentario di aspidi che frantumano e divorano il paese a beneficio di incantatori oltremare.
 
Quella repressione – io e altri eravamo là – non c’è mai stata. Nei giorni in cui Gheddafi avrebbe bombardato “la sua gente”, la No Fly Zone impediva a qualsiasi bombardiere libico di alzarsi in volo. Suoni, rombi e scoppi che udivamo erano le tonanti offerte dei loro prodotti da parte dei bancarellisti del mercato di zona. Le esplosioni vennero subito dopo, polverizzarono case, ospedali, scuole, istituzioni, TV e cittadini, ma arrivarono dagli unici aerei ammessi nei cieli, quelli con contrassegno Nato, francese, Usa, britannico, italiano. La “repressione” dell’amatissimo leader era la resistenza dell’esercito e delle milizie popolari libiche all’assalto del mercenariato jihadista foraggiato da Qatar eTurchia, assistito dagli stragisti Nato dal cielo e dalle sue teste di cuoio a terra. E rivestito  oscenamente dagli avvoltoi di sinistra e destra, protagonista assoluta Rossana Rossanda, dei panni di partigiani della libertà.
 
E qui entra in ballo a gamba color arcobaleno, ma tesa, il Remondino, evaso dal museo dei cerchiobottisti pro domo eius (l’Occidente in armi), per rinverdire in Libia i fasti delle sue mistificazioni balcaniche, quando scuoteva i riccioli biondi sugli eccessi bombaroli della Nato in Serbia, attutendo tosto l’assunto con un bel “Milosevic despota” e origine di ogni disastro. E’ giornalista abilissimo nel sovvertire, sul più bello, i suoi ben bilanciati dirittoumanismi. Come dicevano i latini: in cauda venenum, il veleno sta nel finale. Ispirato da un corifeo del” Libero Esercito Siriano “ (e Nato), il noto Lorenzo Declich, tra oscure allusioni a innominate entità di intelligence e altre e senza uno straccio di analisi politica,,  Remondino scrive: “Il problema non è tanto la veridicità delle accuse sulle implicazioni dei fedelissimi del Colonello nelle violenze (che quindi, per il pesce in barile, possono anche essere vere)…  Ciò che oggi è diventata la Libia è in gran parte eredità della strategia del presidente libico col consenso degli Stati Uniti e di alcune potenze occidentali, quando nei 2000 fece della Libia il rifugio dei movimenti estremisti concentrandoli in Cirenaica”. Stupefacente. Un vero acrobata.
 
Tutto lo scontato e compatibile stracciarsi le vesti sul carattere illegittimo di processo e condanna, viene ampiamente compensato da questo colpaccio al barile che trasforma Gheddafi, vittima, insieme al suo popolo, di un mortale complotto imperialista, in demenziale e perfido mallevadore, lui, delle bande terroriste che del complotto sono stati gli ascari sul terreno. Sublime, no? Se la deontologia la immaginate come un’asta di parole che in cima accendono la luce, ecco che Remondino quell’asta l’ha rovesciato e spenta nel verminaio delle menzogne imperiali.
 
Ne risulta implicitamente screditato il governo laico di Tobruk per aver cancellato l’infame legge dei tripolini che consegnava al carcere e al boia chiunque avesse avuto un qualche ruolo nella Libia di Gheddafi e per aver accolto nelle sue file sia costoro, sia quelli che ancora si schierano dalla parte di quella Libia. Applausi qatarioti, turchi, Nato e dei rispettivi sguatteri mediatici e politici in Occidente. Con l’invito dei bravi anti-pena di morte, tipo le vivandiere imperiali Amnesty e Human Rights Watch, a perlomeno consegnare il delinquente al Tribunale Penale dell’Aja. Quello  accreditato da una “giustizia” appesa ai fili dei burattinai occidentali e che finora non ha mai inquisito alcuno che non avesse la pelle scura e non fosse inviso alla “comunità internazionale”.  Quella che, anche col suo gemello Tribunale sulla Jugoslavia, mandati liberi e riabilitati masskiller Nato croati o kosovari,  processa e a volte ammazza in carcere, eroi della resistenza antimperialista come Milosevic, Karadzic, Mladic.
 
Quanto a Saif al Islam, il suo ruolo nelle frequentazioni diplomatiche ed economiche con i governi in Occidente, legittimo e opportuno per ogni Stato del mondo, viene tratteggiato dalla stampa come quello di un narcisistico viveur, cortigiano alle corti dei potenti. Per svergognare l’indegnità di questo cloaca della disinformazione imperiale, basta lui, Saif, che, nella fase della lotta estrema contro gli assassini del suo paese, fino all’ultimo minuto era in prima linea accanto al padre. Come i suoi fratelli. Al costo di quanto sapevano benissimo sarebbe loro successo. Paese e padre che non hanno mai rinnegato, anche quando li hanno martirizzati, quando a lui, a Zintan, hanno tagliato le dita e a Tripoli la Fratellanza, madre di tutti i terrorismi, lo ha condannato a morte.  
  
Lo Stato infanticida
Un accenno a Nablus, dove jihadisti ebrei, detti coloni, hanno arso vivo un bimbo di 18 mesi. Una bazzecola per chi di genocidi e infanticidi, di distruzione di abitati, di tortura e rapina di terre, di disseminazione di terrorismo nella regione e nel mondo, è campione mondiale. Definivamo la più mostruosa entità statuale della storia “nazisionista”. Il termine non è più adeguato, è riduttivo. Hitler, Mussolini, Himmler, Graziani, non sarebbero stati capaci di tanto e, soprattutto, non per tanto tempo,70 anni. La comunità internazionale, quella vera, non quella complice di oggi, li avrebbe fermati. Mandatemi voi qualche suggerimento per una nuova, calzante definizione.
  
 
Ai trasporti romani il fan degli squartatori della Valsusa
Del sindaco Marino, colpevole di farloccaggine, incompetenza, se non di distrazioni sulla faccenduola di  mafia capitale, non c’è da pensare molto di buono. Se non che la guerra che gli sta facendo la cosca politica più corrotta e proterva della storia della Repubblica sia mirata a sostituirlo con uno più disponibile ai fasti famelici delle orge predatorie del Giubileo (gran bravo papa, ecologista e dalla parte dei poveri!) e delle agognate Olimpiadi 2024. Fasti celebrati, come sempre, più di sempre da quando c’è l’energumeno burino incistatosi nel paese a nome e per conto della criminalità organizzata imperiale, che si manifesta, tra le macerie fisiche e morali della caput mundi, nel segno di un governo della malavita (altro che Giolitti) esaltatosi nella combine delinquenziale Verdini-camorristi cosentiniani-Azzollini-Renzi.
 
Ma lui, dalla giostra da dove gli schizzano via assessori, consiglieri, sodali e dove gli piombano sostituti orfiniani atti a recuperargli il gradimento del megadirettore galattico, ha anticipato la mossa e si è preso quattro garanti collaudati delle magnifiche sorti e progressive di una Roma per chierici e mafioappaltatori, in alto, e cittadini topi in basso. Il colpaccio elimina ogni dubbio che Marino, come tutti pensavano, non sapesse cosa si facesse. Uno del PD che deve intervenire su gente che gli sta segando le gambe della poltrona, impara presto a sapere quel che deve fare. Così, appesosi ai fili di quell’Orfini, presidente del partito di Mafiacapitale, che elegantemente diffamava di mafiosità i 5Stelle perché un suo avanzo di galera di Ostia aveva cliccato un “mi piace” sul FB pentastellato, il sindaco ha rinnovato la sua giunta. Si ricuperano saldi consunti di altri tempi, ma nella neolingua si chiama rottamazione. E rottamazione vera si chiama anche l’omaggio ai capitalmafiosi delle privatizzazioni dei carrozzoni municipalizzati, appositamente mandati in rovina da istituzionali prodighi nei confronti delle mangiatoie private. Modello Alitalia, FS, Fincantieri e via proseguendo la svendita d’antan dei vari Amato, Ciampi, Draghi, Prodi.
 
Eccoli qua, i 4 cavalieri dell’apocalisse romana. Marco Causi, con lo splendido curriculum di vicesindaco e delegato al bilancio della giunta che Veltroni consegnò al dissesto. All’istruzione quel Rossi Doria che con Monti e Letta ha proseguito la demolizione della scuola iniziata da Luigi Berlinguer e perfezionata da Gelmini. Luigina Di Liegro, nipote del discusso fondatore della Caritas, per un turismo che rallegri le aspettative della Chiesa per l’affarone Giubileo. E poi, colpo da maestro, il Torquemada anti-No Tav Stefano Esposito, senatore PD ferro di lancia della banda di rapinatori che assalta la Val di Susa col treno assassino da oltre 20 miliardi. Quello che, a colpi di maglio diffamatore, cerca di far entrare nella testa degli italiani tutto un popolo No Tav presentato come terroristi Isis.
 
Se tanto mi da tanto, se il modello sono le ruberie politico-imprenditoriali realizzate con lo squarcio di un territorio mediante l’opera più demenziale, inutile, predatoria, devastatrice, mai concepita dal coacervo di speculatori di Stato e di impresa, solo pro tempore esentata dagli scandali che hanno scoperto il verminaio sotto tutte le altre Grandi Opere, dal Mose all’Expo, quello che è il passato e il presente dei trasporti romani ci sembrerà un paradiso della mobilità tipo Tokio. Daje, Esposito, facce sbattere al gabbio come i ragazzi No Tav, semo tutti terroristi. Dalla mafiologgia “Sortino” di Trapani, Mattarella, con compasso e cazzuola Tav, ti benedice.
 
Fiumicino 2.0 (con dati del “Fatto Quotidiano”)
E il piromane del terrorismo militare anti-No Tav in Val di Susa, non volete che ci metta del suo anche a Fiumicino, empireo romano dei cementificatori, in cui il senatore ad alta velocità impazza da decenni? Il terreno, per il raddoppio con mangiatoia da 12 miliardi dell’aeroporto, per una spianata di cemento di un milione di metri quadri, infestata da terminal, centri commerciali, alberghi, parcheggi, su 1.300 ettari, è per la massima parte proprietà di Benetton. Un tycoon del cemento e trasporti, pari alle Coop e ai consorzi vari dello stupro della Valsusa e del Terzo Valico, che, divorate e degradate in suk  le stazioni ferroviarie che serviranno i suoi amici ad alta velocità, trasformate pessime autostrade in strumento di taglieggio di automobilisti e trasportatori è, guarda il caso, anche il concessionario dell’aeroporto. Con Fiumicino 2 spariranno, a dispetto di lotte disperate di cittadini e amministratori, le pinete e spiagge del litorale di Focene e l’eccellenza dei prodotti ortofrutticoli della fattoria modello di Stato Maccarese. Ma i Benetton ricaveranno profitti incalcolabili dalla trasformazione di terreni agricoli inedificabili in Bengodi commerciali.
 
La strategia per raggiungere l’agognato obiettivo si è dipanata per varie tappe. Una catastrofe annosa di disservizi. Poi escalation. Prima, il 7 maggio, va a fuoco il Terminal 3: prova dell’arretratezza del vecchio hub e incentivo a farne uno nuovo lì accanto. Infine, l’incendio dimostrato doloso, checché le autorità blaterino di mucchi di spazzatura andati a fuoco spontaneamente, della pineta di Focene , riserva naturale adiacente agli spazi dove si dovrebbe realizzare sia la nuova pista di Fiumicino 2, sia un porto commerciale con annessi 800mila metri cubi di case, centri commerciali e uffici. L’Enac si era messa di traverso al progetto del raddoppio pretendendo che, per giustificarlo, ci sarebbero voluti 51 milioni di passeggeri entro il 2021.
 Ma gli attuali 38 milioni allontanano quell’obiettivo alle calende greche, per quanto si sia cercato di rimpinzarli sbattendo a Fiumicino tutto l’ambaradan delle compagnie low cost. Ora, grazie al papa, incombe però il Giubileo e, chissà, anche l’Olimpiade. Per il primo non si farà in tempo, ma intanto si possono concretizzare i piani e assegnare gli appalti. Per la seconda siamo in tempo. Non per nulla i padroni arabi dell’Alitalia minacciano di andarsene da Fiumicino (per dove, poi? Per il riscoperto Viterbo? Per il miserello Ciampino? Per Lamezia Terme?) Ricatto puro. Come gli incendi. Sei scoppiati simultaneamente a distanza l’uno dall’altro, altro che cumulo di rifiuti. Romanzo criminale. E già dalle ceneri dei roghi si va levando l’araba e benettoniana fenice, Fiumicino 2.0. Alla pista 2, che andava sprofondando nella palude dei terreni con cui Andreotti, espropriandoli, aveva fatto dei Torlonia l’aristocrazia nera più ricca d’Italia, non si doveva porre rimedio? 
 
Pubblicato da alle ore 16:05

ALERTE INFO/ L’INDE A RETIRE SA DEMANDE D’ACHAT DE 126 “RAFALE” FRANÇAIS

# LUCMICHEL. NET /  Luc MICHEL/ En Bref/

Avec India Times/ 2015 07 31/

LM.NET - EN BREF pas de rafales en inde (2015 07 31) FR

Le ministre indien de la Défense a annoncé, ce vendredi, que New Delhi avait retiré sa demande d’achat de 126 “Rafale” français.

Le ministre indien de la Défense avait dit, à la fin du mois de mai, que New Delhi avait besoin de 36 “Rafale”, alors qu’auparavant, l’Inde avait commandé 126 de ces avions de combat français. Les frais élevés de ces avions constituent un obstacle à la finalisation, par New Delhi, du contrat d’achat de 126 “Rafale”.

 En arrière-plan deux événements :

 * La mauvaise réputation de la France en matière de fournitures d’armements, qui s’est rapidement dégradée au niveau mondial, avec le Dossier du refus de livrer les navires de commandement « Mistral » à la Russie (qui les avait déjà payés) pour des motifs politiques liés à la crise ukrainienne et criméenne.

 LIRE sur PCN-SPO :

EFFET ‘MISTRAL’ POUR LA FRANCE : PAS DE CONTRAT DU SIECLE POUR LE ‘RAFALE’ EN INDE

http://www.lucmichel.net/2015/06/02/pcn-spo-effet-mistral-pour-la-france-pas-de-contrat-du-siecle-pour-le-rafale-en-inde/

 * L’entrée de l’Inde à l’OCS (avec le Pakistan et l’Iran), l’Organisation de Coopération de Shanghai, alliance géopolitique dominée par Moscou et Pékin , et opposée au Bloc de l’OTAN et des USA, dont la France de Sarkozy et Hollande est redevenue depuis 2008 un des vassaux principaux des Américains. L’OCS vise évidemment à la coordination et à la complémentarité des armements au sein des armées de ses membres.

 VOIR sur EODE-TV :

GEOPOLITIQUE/ COMMENT MOSCOU ET PEKIN BATISSENT L’ALTERNATIVE A LA DOMINATION MONDIALE AMERICAINE / LUC MICHEL SUR AFRIQUE MEDIA TV

http://www.eode.org/eode-tv-geopolitique-comment-moscou-et-pekin-batissent-lalternative-a-la-domination-mondiale-americaine-luc-michel-sur-afrique-media-tv/

 Luc MICHEL

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Libia: le manipolazioni della Clinton (e di Luttwak),

 Hillary_Clinton
IL SIMPATICO LUTTWAK

Il prof. Edward Luttwak, politologo e analista americano più conosciuto a Roma che a Washington, da tempo presenzia tutti gli spazi mediatici del nostro Paese; da Vespa a Formigli, da Lilli Gruber alla Zanzara, Luttwak è intervistato da tutti su tutto e dispensa consigli agli italiani sull’intero scibile umano; alcuni geniali (come quando propose di dare in gestione il sito di Pompei alla Disney), altri un po’ meno, soprattutto quando parla di politica estera e si abbandona alla strenua e difesa a prescindere della Casa Bianca.
Qualche tempo fa, a Piazza Pulita, l’ha detta grossa; parlando della Libia ha spiegato che con la disastrosa guerra del 2011, gli Usa non c’entravano nulla: “L’intervento è stato fatto dai francesi e gli inglesi” ha esclamato; e ancora “Responsabili sono Cameron e Sarkozy, erano loro gli entusiasti”.
Un’enormità di questo tipo non si perdona neanche al simpatico Luttwak.

4 LIVELLI DI IRRESPONSABILITÀ
Recentemente il Washington Times ha ricostruito, attraverso documenti segreti ritrovati a Tripoli dopo la caduta di Gheddafi, l’operazione di manipolazione orchestrata da Hillary Clinton (allora Segretario di Stato americano), per legittimare l’intervento militare Usa in Libia.
I documenti sono una serie di telefonate registrate (e confermate dai diretti interessati), intercorse tra alti ufficiali del Pentagono, un membro democratico del Congresso americano e Saif Gheddafi, figlio del Colonnello, nei giorni cruciali della guerra.
Dai documenti appaiono con chiarezza 4 livelli d’irresponsabilità e approssimazione con cui Washington si è rapportata alla crisi libica:

1) il Pentagono agiva indipendentemente dal Dipartimento di Stato, per evitare una guerra che (incredibilmente) erano i militari a non volere e i politici ad imporre.

2) la Cia non aveva la minima idea di cosa stesse realmente accadendo sul terreno, all’interno della guerra civile.

3) il Dipartimento di Stato (cioè la Clinton) non aveva istituito alcun canale diretto di gestione crisi con il regime libico (che, al contrario, aveva il Pentagono), né aveva conoscenza di chi fossero realmente i “ribelli anti-Gheddafi” e di quanti jihadisti e islamisti vi erano al loro interno.

4) La Clinton manipolò le informazioni su un presunto genocidio in atto da parte del governo libico; genocidio smentito dal Pentagono e dalle organizzazioni umanitarie operanti in Libia.

Sarah Leah Whitson, direttore esecutivo del Medio Oriente per Human Rights Watch ha confermato al Washington Times che vi erano state atrocità ma “nulla che potesse far pensare ad un genocidio imminente”Amnesty International, in un report del settembre 2011, svelò che i crimini erano compiuti anche dai ribelli  (torture, esecuzioni sommarie di civili e rapimenti di lavoratori stranieri).

GENERALI “PACIFISTI” E POLITICI GUERRAFONDAI
Come scrivemmo già nel 2011, Hillary Clinton forzò le informazioni, inaugurando la teoria della guerra umanitaria preventiva: colpire Gheddafi non per i crimini commessi ma per quelli che avrebbe potuto commettere. Una vera follia. L’intelligence militare spiegava, al contrario, che Gheddafi aveva dato precisi ordini di non colpire i civili per evitare reazioni internazionali.
Dalle registrazioni si evidenzia come il Pentagono (nella figura dell’Ammiraglio Mullen allora Capo di Stato Maggiore congiunto) non si fidasse delle relazioni che il Dipartimento di Stato e la Cia impacchettavano ad Obama, “ma non c’era nulla che potesse fare per contrastarle”.
La signora Clinton fu inamovibile nel trascinare la Casa Bianca nell’avventura libica (e Obama nel farsi trascinare), ignorando gli avvertimenti del Pentagono secondo cui “gli interessi degli Stati Uniti non erano in gioco, mentre e la stabilità regionale poteva essere minacciata” nel caso di caduta del regime.

Charles Kubic, uno dei mediatori del Pentagono in Libia ha rivelato che dopo la prima settimana di missili americani sulle basi libiche, Gheddafi era disposto a cedere il suo governo per una transizione pacifica a due condizioni: l’eliminazione delle sanzioni contro di lui e l’insediamento di una forza militare in Libia che impedisse la consegna del paese ai jihadisti; “Tutti pensavano che fosse una cosa ragionevole. Ma non il Dipartimento di Stato“.

RICORDIAMOCI QUESTA STORIA
Con buona pace del prof. Luttwak, la Casa Bianca non può esimersi dalle responsabilità di quella guerra disastrosa.

Fra un anno la signora Clinton potrebbe essere uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti; ricordiamoci di tutto questo quando inizieremo a leggere i peana dei servizievoli giornalisti italiani sulla “prima donna presidente degli Stati Uniti”; la cui irresponsabilità e incapacità è una delle causa del dilagare dell’Isis nel Mediterraneo.
 Giampaolo Rossi

HUNDREDS OF PALMER IN USA: AMERICAN TOURISTS KILL MORE THAN 380 LIONS IN AFRICA EVERY YEAR!

KH for PANAFRICOM / Avec Mailonline/ 2015 07 30/

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

PANAF - RP hundreds of palmer in USA (2015 07 30) ENGL

Press Review. 

Lion Cecil is not the only one …

American tourists kill more than 380 lions in Africa EVERY YEAR.

International Union for the Conservation of Nature says 600 shot annually.

International Fund for Animal Welfare: Americans kill 64 per cent of those!

“There are an estimated 30,000 lions left in Africa, meaning around two per cent of the entire population of the big cats is being killed legally by hunters every year”.

 “MAILONLINE” (JULY 30, 2015) DESCRIBES THE HIDDEN REALITY BEHIND THE CASE OF WALTER PALMER :

 Excerpts. “American tourists kill more than 380 lions in Africa every year, according to two conservation charities. The International Union for the Conservation of Nature (IUCN) estimates tourists in search of a trophy kill 600 of the big beasts annually. When combined with a report by the International Fund for Animal Welfare, which found that between 1999 and 2008 Americans brought home lion trophies amounting to 64 per cent of kills made, that gives a figure of more than 380 killed every year by American nationals (…)

The report said: ‘Of these trophies, the number imported into the U.S. in 2008 was larger than any other year in the decade studied and more than twice the number in 1999. The global director of IUCN’s Biodiversity Conservation Group, Jane Smart, told The Washington Post that the 600 figure is actually several years old and the true number is likely to be higher (…)”

 PALMER’S GROUP OF HUNTER “SAFARI CLUB INTERNATIONAL”:

A LEGION OF MURDERER!

Following “Malonline” “The record book on the Safari Club International website, the group Palmer belongs to, which allows hunters to log their kills and see how they measure up to each other. The hunting group he belongs to, Safari Club International, hosts an online record book where hunters can log their kills of lions and other big game and see how they measure up with others. The website says:  ‘You can submit your score and method of kill for any species, and it will interactively show you where you would rank in the book if your entry was submitted today. The group has records of more than 2,000 lions killed and a November 2014 blog post highlights the top 10 African lions shot by members. The post says: ‘The African lion is one of the most challenging and dangerous hunts. Virtually anyone who imagines an African Safari envisions the big maned lion charging the implacable hunter shouldering his European double rifle.”

 KH / PANAFRICOM

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

Renzi chiama Erdogan: “Pieno sostegno alla Turchia”

C’era un tempo in cui le sinistre difendevano i curdi, come voleva il loro padrone USA, andava strumentalizzata ed usata la loro tragedia contro Saddam. Che fu pura strumentalizzazione per autorizzare una guerra umanitaria lo si capisce oggi, la Turchia può bombardare liberamente i curdi con il pieno sostegno dei kompagni. Si vedono qualche sede del Pd o banchetti del Pd ribaltati??
 
mercoledì, 29, luglio, 2015
 
renzi-erdogan
Italia e Turchia fianco a fianco nella lotta al terrorismo. Ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha espresso al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in una telefonata il “pieno sostegno sul piano bilaterale e nel quadro dell’Alleanza Atlantica alla Turchia per fronteggiare una minaccia che richiede una risposta unitaria e ferma da parte della comunità internazionale”.
Al centro del colloquio tra i due leader, la lotta contro il terrorismo, alla luce del grave attentato di Suruc che è costato la vita a decine di persone. Proprio in merito a questo evento il premier Renzi ha espresso a Erdogan il cordoglio del governo italiano.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha avuto oggi un colloquio telefonico con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, durante il quale entrambi “hanno espresso apprezzamento per i positivi sviluppi del negoziato promosso da Bernardino Leon”. Lo rende noto Palazzo Chigi. Renzi ed Erdogan, inoltre, hanno condiviso “l’auspicio che tutte le componenti della società libica accettino di sottoscrivere l’accordo per la creazione di un governo di unità nazionale, al fine di ridare stabilità al Paese e porre fine alle violenze e al rischio di terrorismo”.
 
 
Dell’Isis Non Si Butta Via Nulla: Infatti la Turchia Bombarda i Curdi
Di FunnyKing , il 26 luglio 2015
 
(una bomba all’Isis, e due ai Curdi…. non si sa mai)
L’Isis come noto è una organizzazione 100% made in Corano, e chi dice che è una creazione americana per fare la guerra ai “nemici dell’occidente (l’occidente è l’America, si intende)” senza dichiarala è un pericoloso gombloddisda.
Poi uno guarda i telegiornali sussidiati itaGliani e scopre che la Turchia “finalmente” combatte con i brutti e cattivi islamici coranici dell’Isis e li bombarda a morte…. cioè bombarda i Curdi che ohiboh (brutti bastardi) l’Isis lo stavano sconfiggendo sul campo.
La Turchia, paese Nato, prima ha spalancato le porte e i confini ai combattenti per la libertà che hanno ingrossato le file dell’Isis (da li per dire è passato un mio ex concittadino genovese, ora morto per la “causa”) e ora combatte lo Stato Islamico (100% made in Corano, mi raccomando) bombardando i Curdi in Siria.
Già…. in Siria dove di fatto c’è la non fly zone anche se non autorizzata dall’Onu.
Si sa, dell’Isis non si butta via niente.
 
 
La Turchia continua le operazioni militari con la tattica del doppio binario: un colpo all’Isis e uno ai curdi. I caccia hanno bombardato accampamenti e rifugi dei guerriglieri del Pkk nel nord dell’Iraq, in particolare sul monte Kandil. Non accadeva da molto tempo, ossia dalla tregua siglata nel 2013. Un segnale chiaro di come Ankara non dimentichi il nemico storico. Da parte i loro i separatisti hanno reagito affermando che “il cessate il fuoco non ha più senso” in quanto Ankara lo ha violato. E questo porterà a nuovi scontri. L’aviazione ha poi sferrato altre incursioni su posizioni dello dello Stato Islamico in Siria. Raid – come ha confermato il governo – che proseguiranno nelle prossime ore insieme ad operazioni di polizia contro islamisti, curdi e formazioni di estrema sinistra. L’ultimo bollettino segnala oltre 500 arresti in tutto il paese.
 
p.s. e #ststesereni quando servirà il cattivissimo e 100% coranico Isis ammezzerà qualche europeo, forse qualche italiano. Quel giorno chi avrà qualche dubbio sull’origine delle stragi sarà un nemico della patria.
p.p.s. Sono poveri cazzoni, quei ragazzi, specie se nati in Italia da famiglie italiane, e traviati da qualche finto santone barbuto che vanno a farsi ammazzare per questo imbroglio. Solo solo poveri cazzoni. Mi fanno pena.

Forteto: consiglio Regione Toscana dice no al commissariamento

i compagni dello schiavismo e pedofilia. Al di sopra della legge, o meglio con la PROTEZIONE della legge.
mercoledì, 29, luglio, 2015
 
bambagioni-pd
Il Consiglio regionale ha respinto a maggioranza una mozione a firma Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) sulla richiesta di commissariamento della cooperativa del Forteto. La mozione è stata sostenuta da tutti i gruppi di opposizione.
Il capogruppo di Fratelli d’Italia chiedeva con l’atto presentato al presidente della Giunta di attivarsi presso il Ministero dell’Economia affinché venisse riconsiderata l’ipotesi di commissariamento della cooperativa.
Donzelli ha riepilogato i dati emersi dalla prima commissione regionale sul Forteto. In primo luogo “non è vera – ha detto – la differenza tra fondazione e cooperativa”. Ha ricordato inoltre quanto accadeva al Forteto, dove “le persone venivano schiavizzate, i minori costretti a lavorare la notte, ai malati non veniva concessa la malattia e persone venivano punite fisicamente perché al lavoro non rendevano abbastanza”.
 
Infine, il mancato rispetto delle leggi per contributi allo Stato con “raggiro delle istituzioni statali per massimizzare gli utili”. L’elemento più grave, come evidenziato dal consigliere regionale, è che “ad oggi al Forteto lavorano fianco a fianco i denunciati e i denuncianti, persone condannate in primo grado sono sul posto di lavoro a comandare i testimoni”. “Il commissariamento – ha concluso – è l’unico atto che può salvare quella realtà economica e tutelare i lavoratori.”
 
Anche Stefano Mugnai, capogruppo Forza Italia e già presidente della prima commissione d’inchiesta sul Forteto, è intervenuto a sostegno della mozione. “Sulla vicenda della cooperativa – ha detto il consigliere regionale – si gioca una partita di interessi concreti. C’è l’interesse legittimo di voler salvare una realtà economica del territorio che esiste da anni, ma per ciò che è avvenuto quella cooperativa si tutela se la scinde dal destino della setta. Il commissariamento è il passaggio tecnico necessario per garantire il futuro a quella realtà”. “La vicenda del Forteto – ha concluso Mugnai – non si chiuderà finché la cooperativa resterà il braccio economico e politico sul territorio nelle disponibilità del profeta e dei suoi adepti”.
 
Seppur condividendo l’intervento di Mugnai, Paolo Bambagioni (Pd) ha invitato Donzelli a ritirare la mozione per “non condizionare i lavori della commissione che è stata istituita ieri su una posizione già presa come questa”. “Anch’io ritengo – ha detto il consigliere – che la via del commissariamento sia quella migliore per salvare l’azienda e i posti di lavoro, ma diamo alla nuova commissione la possibilità di lavorare”.
 
Manuel Vescovi, capogruppo Lega Nord ha invitato l’aula ad esprimersi all’unanimità sull’atto “per un commissariamento con figura terza che possa andare lì e vedere tutto quello che succede”. “Questa mozione arriva 30 anni dopo quello che doveva essere un atto di ufficio della Procura della Repubblica – ha detto Jacopo Alberti (Lega Nord) –”. Alberti ha espresso voto favorevole all’atto e ha definito “grave” il fatto che ci sia l’intenzione di far presiedere la nuova commissione sul Forteto da un esponente della maggioranza.
 
Il capogruppo, Leonardo Marras, ha espresso la posizione del Pd e ha annunciato il voto contrario per “l’intempestività, la non pertinenza della mozione e il pregiudizio politico”. “Quando parlo di pregiudizio mi riferisco all’evidente pregiudizio politico. Di fronte ai fatti e all’accertamento di verità la condanna deve essere senza mediazioni. Vorrei che venisse capito fino in fondo che c’è la disponibilità del Partito democratico a collaborare”.
 
Marras ha parlato del consigliere Bambagioni: “Ha speso parte della sua esperienza in questa vicenda ed è garanzia del lavoro del Consiglio alla ricerca della verità nei rapporti tra il Forteto e la pubblica amministrazione”. Marras ha ribadito “non è vero che la realtà economica e produttiva del Forteto e la comunità sono la stessa cosa e non devono esserlo. La cooperativa che si è già rinnovata, deve avere la forza di farlo fino in fondo da sola, quello che è inaccettabile è che le vittime siano ancora accanto nel lavoro a chi è stato condannato”.
Andrea Quartini è intervenuto per esprimere voto favorevole del Movimento 5 Stelle. “Un atto, il commissariamento – ha detto – che condividiamo al 100 per cento e che riteniamo dovuto per rendere giustizia a soggetti che sono stati annientati. Non possono prevalere interessi di partito”.
 
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Scafista arrestato e liberato adesso chiede asilo politico

Oltre il danno la beffa. Per i giudici, nonostante le testimonianze, le prove contro M.T. sono deboli. E lui ne approfitta subito per accasarsi in Italia
Simone Di MeoMer, 29/07/2015 – 08:16
Stavolta troppi indizi non hanno fatto una prova. E così, M. T., lo scafista (a questo punto presunto) che il 22 luglio scorso si è spiaggiato sulle coste messinesi col suo carico di disperati, è tornato in libertà.
 
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Il gip Giovanna De Marco lo ha interrogato nel carcere di Gazzi, dove lo aveva confinato il pm a conclusione di una indagine lampo condotta dall’Ufficio immigrazione della Questura di Messina e dalla locale Squadra mobile, ma ha dovuto ammettere che le accuse a suo carico erano deboli e inconsistenti. Anzi, confuse e contraddittorie per usare i termini che risuonano nel provvedimento del giudice siciliano. Perché non bastano le dichiarazioni di quanti lo hanno (lo avrebbero) riconosciuto alla guida del gommone che, una decina di giorni fa, ha puntato il muso verso l’Italia partendo dalle coste sabbiose della Libia. Serve altro, serve di più. E soprattutto servono indizi concordanti. A bordo della carretta del mare c’erano bambini, donne e uomini. Quasi seicento ne hanno contati i militari del pattugliatore della Guardia Costiera «Cp 941 Paciotti» che hanno raccolto l’Sos lanciato nel mezzo del Mediterraneo. Una richiesta d’aiuto partita da un cellulare satellitare, hanno raccontato numerosi testimoni oculari, usato proprio dal giovane M. T. durante la traversata che però non è stato trovato a bordo. Che fine ha fatto? Il gip ha annullato il decreto di fermo per sfruttamento dell’immigrazione clandestina perché, appunto, tante cose non quadrano nella mini-inchiesta della polizia. I naufraghi hanno riconosciuto l’aguzzino ma non in maniera convincente, secondo il magistrato. Le descrizioni in parte convergono e in parte no, e anche i rilievi fotografici non hanno portato a una identificazione certa. C’è chi ricorda un dettaglio, chi un altro. Chi smentisce, chi conferma. Gli sventurati, quasi tutti provenienti dall’Africa subsahariana, avevano riferito che il feroce Caronte li avrebbe addirittura minacciati poco prima di approdare al molo Marconi, a Messina, perché non lo denunciassero lasciandogli in questo modo il tempo di mimetizzarsi sulla banchina insieme agli altri passeggeri. Ai poliziotti che li hanno interrogati, i migranti hanno raccontato – stavolta con una precisione, però, che non lascia adito a dubbi – le modalità e l’organizzazione del viaggio. Hanno tutti pagato somme di denaro (in dollari) a cittadini libici, spesso aiutati da stranieri che operavano tanto da mediatori tanto da interpreti. Una circostanza, questa, che conferma quanto già ipotizzato dai servizi di intelligence anche italiani sul traffico di esseri umani lungo le coste del Mare Nostrum: a gestire questo enorme business sono gruppi organizzati africani e mediorientali. I migranti di Messina, in particolare, hanno parlato di uomini armati addetti al trasferimento dai rifugi di fortuna alle spiagge e poi alle imbarcazioni. Ora che il presunto scafista è stato liberato, si è già messo in fila per chiedere asilo come tutti gli altri. D’altronde, il gip ha stabilito che non c’è certezza che sia il nostromo del terrore, e con l’istanza non c’è incompatibilità. A meno che il 22enne non decida di fuggire, alla prima occasione, per evitare nuovi guai. D’altronde, se tornasse tra qualche tempo, magari con una nuova identità, chi se ne ricorderebbe?