CE SAMEDI SOIR 18 JUILLET 2015/ SUR AFRIQUE MEDIA TV : EMISSION ‘LE BOUQUET SPECIAL’

Vers 20H00 (Douala) et 21H (Bruxelles)…

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REDIFFUSION ce dimanche matin
Présentée par ABOUBAKAR SIDIKI
En direct sur streaming sur http://lb.streamakaci.com/afm/ Avec tous les panelistes et Luc MICHEL (depuis Bruxelles)

# THEMES DE L’EMISSION ‘LE BOUQUET SPECIAL’
DU SAMEDI 18 JUILLET 2015

I- PRESIDENTIELLES EN GUINEE CONAKRY :
ALPHA CONDE craint-il MOUSSA DADIS CAMARA ?

II- LES COMPTE DES OPERATIONS :
Comment s’en débarrasser ?

AMTV/ avec EODE Press Office et PANAFRICOM / ___________________________

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Il Professore si è incazzato… –

Con Alberto Bagnai ho un rapporto pessimo ma come non condividere questo suo sfogo, che porta in sè un auspicio che non sarebbe male si realizzasse…
 
incazzato
E ora che avete fatto questo bel capolavoro, porci imbecilli traditori “de sinistra”, e ora che avete distrutto con il vostro entusiasmo beota un paese, mi raccomando, FATE PRESTO! Distruggete il nostro, lanciando “er nuovo soggetto politico” in nome di un progetto perdente. Chiunque non si opponga all’euro è un utile idiota del capitale. Sono cinque anni che ve lo dico. Adornerò di sali azotati il luogo del vostro ultimo riposo, perché voi siete i nemici del mio paese, della mia gente, della mia famiglia, dei miei studenti, della mia persona. La legittima difesa è riconosciuta dall’ordinamento, e voi perderete, oh, se perderete! E non ci sarà nessuna pietà, perché avete distrutto tante vite e tanto benessere non per vostro tornaconto, ma per la vostra immensa ottusità, per la vostra incapacità di elaborare un pensiero autonomo, per aver mangiato il fiore di loto dell’appartenenza. Chi, se non un perfetto cretino, poteva cullarsi nell’idea che creare una supernazione servisse a sconfiggere i nazzzzionaliiiiiiiismmiiiiiiiii? Chi, se non un completo coglione, poteva credere che il progetto dei figli di papà che volevano riavvicinarci alla durezza del vivere – Padoa Schioppa – potesse essere “progressivo”? Chi, se non un farlocco a 720 gradi, poteva pensare che i banchieri centrali fossero così benevolenti da proteggere i poveri lavoratori dall’inflazzzzzzzzzione? Chi, se non un miserabile idiota, poteva pensare che creare un sistema di aggiustamento asimmetrico, nel quale lo sforzo deve necessariamente sostenerlo il debitore – perché il creditore ha tanto tempo, avendo guadagnato tanti dindi prestando a cazzo i suoi soldi al debitore – potesse condurre a un’Europa più solidale? Ma vi vedete cosa cazzo siete? Voi sareste di sinistra? E avete sostenuto per decenni un’Europa fondata sulla regola del k% di Milton Friedman? Da Ventotene boys a Chicago boys il passo è breve, e voi l’avete fatto subito. Chi per avere er posticino in Bankitalia, e chi per non doversi fermare un momento a fare 2+2. A che serve? Tanto “la linea der partito” è che fa 5, quindi sarà 5. Bene. Creperete uno dopo l’altro. E io vi vedrò crepare. E con me vi vedranno crepare quelli che hanno avuto l’umiltà di mettere in discussione le proprie credenze e di accettare i fatti. Esprimo fin da ora un cordoglio assolutamente di circostanza alle vostre famiglie. E se volete chiedere scusa, fatelo ora, fatelo oggi, fatelo in fretta, fatelo prima, e non dopo vedere le vittime che il vostro delirio ideologico, impersonato dal patetico Tsipras, farà certamente negli scontri che a questo punto in Grecia credo siano inevitabili…
 
Alberto Bagnai – Goofynomics

Crisi greca e accordo capestro: chi vince e chi perde. Alla fine l’unico che aveva capito tutto era Schauble: un perfetto suicidio europeo

di Gianni Candotto – 14/07/2015
 
 
CHI PERDE
1) la Grecia innanzitutto. Tsipras (a meno di un difficile scatto d’orgoglio del parlamento greco) ha firmato un accordo capestro che porterà una crisi irreversibile allo Stato ellenico. Più tasse (tante), più tagli, cessione di sovranità politica e gigantesca svendita del patrimonio pubbico equivalgono una sola cosa: recessione forte. I fessi che dicono che con le “riforme” la Spagna e l’Irlanda sono andate in crescita (leggera) dimenticano o fingono di farlo che in Spagna e Irlanda i tagli sono stati accompagnati da forti tagli alle tasse finanziati con aumento del debito. In Grecia ai tagli nel settore pubblico le riforme prevedono grandi aumenti delle tasse. Quindi a meno di non ignorare completamente le basi dell’economia o non essere in perfetta malafede non si può non sapere che queste riforme significano solo recessione irreversibile.
2) L’Europa e in particolare Germania, Francia e Italia. Sì, tanti pensano che la Germania abbia “vinto”. Ma sono analisi superficiali. La Germania, grazie alla stupidità conigliesca di Francia e Italia si è accollata un gigantesco nuovo prestito (l’Italia dovrà dare circa 16 miliardi in tre anni, per capirse 4 volte la vecchia IMU sulla prima casa) che non servirà a nulla alla Grecia (anzi il piano farà danni e basta), ma affosserà molte possibilità di una ripresa europea. E ha dovuto piegarsi alle enormi pressioni fatte da Obama che paventava uno spostamento greco verso la Russia. E’ una sconfitta politica grave (la Merkel aveva promesso niente più soldi) e un danno economico per tutti i paesi europei. Schauble (pare brutto a dirsi, e la cosa mi costa assai) aveva la posizione più intelligente per tutti. Ma ha perso.
CHI VINCE
Vincono solo le grandi multinazionali e i grandi fondi speculativi, in particolare americani. Il piano di privatizzazioni enorme (52 miliardi) svenderà di fatto tutto ciò che possiede la Grecia. Per fare un paragone in termini di grandezza è come se l’Italia privatizzasse per 400 miliardi. 400 miliardi sono più di tutto il patrimonio pubblico: dovremmo aggiungerci anche parti di patrimonio artistico per arrivare a quella cifra mostruosa. E chi come avvoltoi in attesa che la carogna marcisca avrà i soldi per comprare a prezzi di saldi il patrimonio greco? Non è difficile: i grandi fondi di investimento e la multinazionali, che guarda caso sono quasi tutte di proprietà USA.
 
In pratica questa è l’anatomia di un suicidio perfetto. Greco ed Europeo.

Grecia: una resa annunciata (di A. Terrenzio)

Scritto da: webmaster (16/07/2015)
E’ finita peggio di come avevamo previsto: Tsipras e Siryza capitolano su tutta la linea, consegnando la Grecia all’eurocrazia di Bruxelles e condannando il loro popolo ad un futuro economico ancor peggiore di quello attuale.
 
Soddisfatto il presidente delle commissione europea, Jean-Claude Junker, il quale ha dichiarato al termine del vertice dell’Eurozona:” l’accordo e ‘stato laborioso e ha richiesto tempo, ma siamo soddisfatti: non ci sarà nessuna Grexit.
La Merkel ha annunciato il terzo intervento finanziario a favore della Grecia, sarà di 82-86 miliardi in tre anni, di cui 24 per il sistema bancario.
Atene vedrà quindi, il commissariamento della Troika con degli ispettori direttamente presenti sul territorio greco, per verificare che lo smantellamento della sovranità ellenica avvenga come concordato.
Riforme dell’Iva, delle pensioni e quella dell’Elstat (istituto nazionale di statistica) ed introduzione di tagli semi-automatici alla spesa in caso di deviazioni dall’obiettivo di surplus primario.
Previste anche riforme nel codice di procedura civile, per recepire la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sul fallimento degli istituti di credito.
Inoltre sarà prevista la creazione di un fondo in cui i greci dovranno trasferire attivi per 50 miliardi, a garanzia delle privatizzazioni promesse. Il Fondo avrà sede in Grecia e non in Lussemburgo, come inizialmente stabilito.
 
“Il Leonida di cartapesta”, capitola nella maniera peggiore, sottoscrivendo un accordo ben più sacrificante di quello rifiutato dal popolo greco, nel referendum di domenica scorsa, rivelatosi perciò inutile. Intanto Siryza è alla canna del gas, con il ministro delle finanze che ha da poco rassegnato le dimissioni dal governo, dopo quelle del ministro dell’economia Varoufakis, il primo ad abbandonare Alexis Tsipras. Pesanti anche le dichiarazioni del ministro dell’energia e leader dell’ala radicale di Siryza, Panagiotis Lafazaris, che ha definito l’accordo raggiunto a Bruxelles “umiliante”.
 
Di fronte a tale piano lacrime e sangue – con le solite ricette di austerity e cure da cavallo a base di privatizzazioni, svendita degli asset pubblici e precarizzazione del mercato del lavoro, le defezioni che in questo momento avvengono all’interno di Siryza, oramai in piena liquefazione, ed in più la prevedibile uscita dei Greci indipendenti di Anel dalla coalizione a capo del governo ellenico – il governo barcollerà fino a che non emergerà una nuova coalizione di larghe intese ricomprendente i socialisti del Pasok, i centristi di Potami ed il centrodestra di Nea Dimokratia. Probabile premier di tale coalizione il “montiano” Stavros Theodorakis, ben visto dalle élite tecno-finanziaria europea, incaricato di portare a compimento il salasso economico del popolo greco.
 
Come si era accennato all’inizio, gravi sono state le colpe del premier greco, che a partire dal suo insediamento, aveva portato avanti una campagna demagogica fondata, contraddittoriamente, sul Si all’Euro e sul no all’Austerity, ignorando l’inconciliabilità delle due posizioni. Circa 6 mesi si trattative estenuanti, fatte di proposte zoppicanti e incomplete, che arrivavano alla richiesta dello sconto del 30% dell’ammontare del debito ellenico, più 50 miliardi per rilanciare l’economia. Proposte, presentate ai vari Juker, Merkel, Sheauble, Dijsselbloem, Shultz, e subito rispediti al mittente. Per concludere, l’indizione di un referendum anti austerità con schiacciante vittoria dei no, giunti al 62%. Ma sorge il sospetto che Tsipras contasse di perdere per dimostrare ai suoi sostenitori di avere le mani legate.
 
L’élite finanziaria europea ha minacciato seriamente di chiudere i rubinetti della liquidità bancaria, costringendo le banche greche alla serrata dei bancomat. Misure estorsive che hanno avuto l’effetto di piegare definitivamente il leader greco che ha deciso di calarsi i pantaloni anziché spezzare definitivamente le catene del debito e portare la Grecia dentro scenari inediti ma meno drammatici.
 
Gravissima colpa di Tsipras è stata quella di non aver preparato un piano “B” che si sarebbe tradotto in un ritorno alla dracma ed alla conseguente sovranità monetaria.
 
Inoltre, come scritto da Marcello Foa sul Giornale.it e da Gianni Petrosillo su questo blog, determinante il ruolo degli Usa che hanno scaricato i costi dell’eventuale ristrutturazione del debito greco principalmente sulla Germania e sulle potenze minori dell’eurogruppo come l’Italia.
 
Note, infatti, erano le preoccupazioni americane per un’eventuale uscita della Grecia dalla zona Euro, con il rischio conseguente di un abbraccio alla Russia che avrebbe comportato un’intollerabile allentamento delle maglie atlantiche. Mentre sullo sfondo rimangono accordi economici di primo piano come il TTIP ed energetici come il turkish stream che coinvolgono gli interessi strategici di Casa Bianca e Cremlino.
 
Ancora una volta, quindi, abbiamo riscontrato il ruolo nefasto di un’Europa perfettamente funzionale alla geopolitica statunitense, politicamente assoggettata e strategicamente assente nel momento cruciale della vicenda. A questo punto prevediamo un destino senza scampo per la Grecia: sottomissione alle oligarchie finanziarie internazionali ed ulteriori misure draconiane che porteranno fame e disperazione sociale. Disperazione che potrebbe favorire il partito nazionalista Alba Dorata con conseguenze imprevedibili. Il bagno di sangue sociale porterà tale formazione a tentare il tutto per tutto determinando reazioni altrettanto imponderabili da parte europea. Ci aspettiamo mesi caldi, con scenari in costante evoluzione. Di certo, possiamo constatare che dopo il fallimento delle sinistre sedicenti “Euro-alternative” l’unica speranza di riscatto restano i gruppi sovranisti e i movimenti nazionalisti ed identitari, i quali, però, non appaiono ancora all’altezza del compito storico all’orizzonte.

Tsipras: resa o tradimento?

di Daniele Scalea – 14/07/2015
 
Fonte: Huffingtonpost
 
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 Dopo il voto popolare con cui i cittadini greci, sollecitati dal loro Primo Ministro, hanno rivolto un sonoro “No” alle richieste dei creditori internazionali, lo stesso Alexis Tsipras ha proposto un piano che, in ampia misura, ricalca quelle richieste..
 
Una resa? O peggio un tradimento? Il piano greco ha moltissime analogie con quello dei creditori internazionali, salvo due importanti modifiche.
La prima è che, tra le varie richieste dei creditori, il punto su cui Tsipras ha mostrato maggiore rigidità è la diminuzione delle spese militari. Ciò può apparire curioso, considerando la parte politica cui Tsipras appartiene, ma si spiega sia con la necessità di mantenere l’appoggio dell’alleato di coalizione Anel (il cui capo, Panos Kammenos, è ministro della Difesa), sia con l’intervento franco-statunitense nelle trattative. Gli Usa, che hanno esercitato una decisa moral suasion sulla Germania per cercare di ammorbidirne la posizione, non possono accettare che un membro dell’alleanza da loro capeggiata, la NATO, riduca in maniera così sensibile il proprio apporto militare. Non bisogna inoltre dimenticare che la Grecia è, dopo la Gran Bretagna, il maggior importatore di armi in Europa: un mercato in cui gli Usa sono i capofila (30% delle esportazioni globali) e la Francia è ben situata (quinta col 5%). Tra 2008 e 2014 Usa e Francia sono stati rispettivamente il primo e il terzo fornitore di armi alla Grecia. Il piano greco è stato realizzato – ricordiamolo – col concorso di tecnici inviati da Parigi.
 
La seconda grande novità del piano Tsipras è la richiesta di un prestito a tassi agevolati di 50-60 miliardi di euro, in grado di garantire la solvibilità ellenica per il prossimo triennio. Si tratterebbe di un risultato importante, perché solleverebbe Atene dalla costante ricattabilità connessa a continue scadenze a stretto giro. Almeno per il prossimo triennio.
 
Ovviamente, si tratta sempre di un palliativo. Un prestito – è bene ribadire che i famosi “aiuti” sono prestiti, che vanno rimborsati, sebbene a condizioni agevolate, e non donazioni a fondo perduto – di 50-60 miliardi non risolve il problema di un debito complessivo di 330 miliardi, il 180% del Pil. Secondo le stime più ottimistiche (ossia qualora la Grecia riuscisse ad avere un avanzo primario del 3,5% e una crescita del 3,7% del Pil) nel 2030 il rapporto debito/Pil sarebbe ancora ben al di sopra del 100%. Se l’avanzo primario fosse del 2,5% e la crescita del 2%, il rapporto si posizionerebbe al 140%. Cioè abbondantemente al di sopra del dato italiano, che sappiamo essere lungi dal tranquillizzante.
 
Il problema è che anche queste stime non esaltanti rischiano di essere troppo ottimistiche. La Grecia è in recessione dal 2009 e il suo debito pubblico è oggi, malgrado tutti i sacrifici (tra cui una pressione fiscale che sfiora il 45% del Pil), allo stesso livello di allora. (Per la cronaca, nel 2001 – quando la Grecia entrò nell’euro – il debito pubblico ammontava a 148 miliardi, meno del 100% del Pil di allora, meno della metà del debito attuale in valore assoluto). Se Tsipras ha ragione – ossia se le politiche di austerità aggravano la recessione – allora il suo piano non farà altro che complicare la situazione dell’economia greca. Tanto da vanificare anche una possibile ristrutturazione del debito (i Greci vorrebbero estendere la scadenza di bond dal valore di 145 miliardi, che maturerebbero simultaneamente nei primi anni ’20 provocando una nuova situazione di crisi acuta).
 
A sconfiggere Alexis Tsipras è stata la Banca Centrale Europea. La BCE garantisce alle istituzioni bancarie dell’eurozona liquidità di emergenza (ELA) ma in cambio di collaterali. Il cosiddetto haircut definisce il rapporto tra collaterale e prestito. In corrispondenza con lo stallo della trattativa coi creditori internazionali la BCE ha innalzato l’haircut , il che corrisponde a una riduzione dell’ELA alle banche greche. Siccome fin da febbraio la BCE ha di fatto precluso alle banche elleniche il ricorso a operazioni regolari per acquistare liquidità (bandendo l’uso di bond greci come collaterale), esse hanno dovuto chiudere e limitare i prelievi ai bancomat.
 
Il blocco dei crediti internazionali e dell’iniezione di liquidità da parte della banca centrale hanno generato una drammatica carenza di moneta nel sistema economico greco: e in un sistema monetario, l’assenza di moneta significa la paralisi del sistema.
Ciò lasciava a Tsipras solo due scelte. O cambiare il fornitore di moneta (stampando una moneta collaterale, valida solo all’interno della Grecia, o lasciando totalmente l’euro per tornare a una moneta nazionale) o riaccedere al credito estero. Il premier greco, in disaccordo con la minoranza del suo stesso partito, ha scelto la seconda opzione.
La prima opzione avrebbe, agli occhi dello stesso Tsipras (lo ha dichiarato apertamente), rappresentato un tradimento del mandato popolare, ottenuto ribadendo più volte l’impegno di tenere la Grecia nell’Ue e nell’eurozona. Per questo, Tsipras ha scelto la resa. Cercando però di ottenere, per lo meno, qualche riconoscimento minore.
Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

Il Fondo monetario addestra giornalisti greci a ripetere le verità della troika

ah toh ma guarda, nella democrazia occidentale i giornalisti sono addestrati dal clan degli usurai. E’ chiaro perché bisogna difendere questa democrazia dai “fascisti” (inteso come tale chiunque si opponga alla democrazia)?? Ora si capisce chi e perché li imbecca a dare la colpa ai tedeschi.
 
Aggiunto da Roberto Derta il 17 giugno 2015
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Atene, 17 giu – Giornalisti di regime, addestrati a raccontare una sola verità di carattere politico, meri pappagalli di messaggi costruiti dal potere: non accade nella cattivissima Russia di Putin ma nella Grecia commissariata dalla troika.
Qui, dal 2010 ad oggi, il Fondo monetario internazionale ha “formato” giornalisti favorevoli dell’alta finanza. A denunciarlo l’ex membro greco dell’Fmi Panagiotis Roumeliotis, secondo cui degli anonimi “seminari di formazione” sarebbero in realtà stati degli strumenti grazie ai quali i giornalisti sono stati addestrati a fare da megafono alla troika.
I nomi dei giornalisti greci che hanno preso parte ai meeting saranno svelati nelle prossime settimane alla Camera dei Deputati di Atene.
Il contenuto delle istruzioni date ai media è ovvio: virtù dell’austerità, i rischi di una uscita dall’Euro, la necessità di rispettare i diktat a qualsiasi costo.
Facevano parte del gioco anche economisti ed esperti puntualmente intervistati dalle tv per ribadire le necessità di morire per Bruxelles.
 
Roberto Derta

Roma, scontri tra residenti, CasaPound e agenti alla rivolta anti-profughi: due arresti

com’era la favoletta?? La polizia difende i fascisti??? Per fortuna che DIFENDE MAFIA CAPITALE, OOPS pardon, difende l’accoglienza antirazzista, peccato che gli sfrattati italiani vengano alloggiati comodamente in strada. Ed i 4 MILIONI di italiani in povertà assoluta??? Chi se ne frega, antirazzismo NON VUOL DIRE ANTIDISCRIMINAZIONE
Dal video, si vede come la polizia sia attrezzata e come abbiano fatto a verificarsi 14 feriti è un mistero. Succede sempre anche contro i notav, disarmati che feriscono i poveri poliziotti. Ma in questo caso, siamo certi che la solidarietà andrà alle FFOO da parte dei cosiddetti antagonisti e non ai residenti feriti. Al link di repubblica vedasi filmato
  
A Casale San Nicola, a nord della Capitale, tafferugli durante l’arrivo di 19 migranti nel centro di accoglienza allestito in una ex scuola. Proteste e sassaiola contro la polizia e infine le cariche: feriti 14 agenti. I rifugiati riescono a raggiungere la struttura. Il prefetto: “Fatto indecente, spero che le forze dell’ordine denuncino”. Intanto a Treviso trasferiti gli immigrati in una ex caserma
di LORENZO D’ALBERGO e VALERIA FORGNONE
17 luglio 2015
Sedie lanciate, manganelli alzati, caschi in testa, urla, cassonetti incendiati e sassi e pietre scagliati contro la polizia. Tensioni e scontri sulla Cassia nella zona nord della Capitale, precisamente al Casale San Nicola, durante le operazioni di trasferimento di un gruppo di profughi nel centro di accoglienza allestito nell’ex scuola Socrate.
 
Gli scontri. A poche ore della rivolta di Treviso dove i migranti sono stati trasferiti in una caserma, è scoppiata la protesta anche nella zona nord della capitale. I residenti sono sul piede di guerra, da tempo, supportati da CasaPound. Dopo una trattativa con gli agenti e diverse ore di presidio, la tensione è salita quando è arrivato un camioncino con a bordo alcuni migranti. La situazione è degenerata in pochi secondi: i residenti hanno indietreggiato, gli attivisti di destra sono avanzati indossando i caschi, dai manifestanti sono partiti fischi e slogan “No al centro immigrati”, “andate via”, “è un abuso di potere”. Gli agenti hanno alzato gli scudi e trascinato via alcune persone, poi le cariche: un muro contro muro di CasaPound e degli agenti del reparto mobile tenuta antisommossa, i sassi lanciati contro le forze dell’ordine, le manganellate e cittadini in lacrime. Il bilancio: 14 feriti tra gli agenti, due arrestati, un denunciato, oltre a 15 identificati. Il pullman con a bordo i 19 profughi è rimasto bloccato dietro i blindati, poi scortato ha percorso la strada tra cori di insulti e lanci di bottiglie fino a raggiungere l’ex scuola dove sono entrati insieme a un mediatore culturale. “Non possono stare qui, questa strada è buia e isolata, la polizia non passa mai. In questo quadrante gli stranieri sono già troppi”, ha ripetuto un residente.
 
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La protesta. “Da qui non ci muoviamo. Casale San Nicola deve rimanere agli italiani. Lo difendiamo fino all’ultimo”, aveva commentato il vicepresidente di CasaPound Italia, Andrea Antonini. Nessun passo idnietro invece del prefetto di Roma, Franco Gabrielli: “Abbiamo inviato 19 richiedenti asilo ma i residenti della zona hanno fatto un blocco stradale per evitarlo. Ovviamente queste persone entreranno nel centro rimuovendo il blocco. Io cerco sempre il confronto ma se dall’altra parte questo confronto è pretestuoso o delatorio allora mi trovo con le spalle al muro e posso solo andare avanti. A quel punto ognuno si prenderà le proprie responsabilità” ha chiarito il prefetto. Poi dopo gli scontri ha aggiunto: “Ciò a cui abbiamo assistito è una cosa indecente e indecorosa. Auspico che le forze dell’ordine denuncino, in modo tale che queste persone abbiano sulla propria fedina le cose di cui si sono macchiate”.
 
Roma: Casale San Nicola, il pullman dei migranti scortato dalla polizia
 
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Sul posto, all’incrocio con la via Braccianese e la Storta, al confine tra XIV e XV Municipio, questa mattina si sono presentati numerosi poliziotti e blindati, la municipale e i vigili del fuoco. Le operazioni sono iniziate sotto il controllo degli agenti, ma, hanno spiegato le stesse forze dell’ordine, “sono da subito risultate difficoltose per l’ingerenza di elementi estremisti che hanno tentato di dissuadere gli ospiti”. L’obiettivo dei residenti era non far passare nessuno. La polizia prima ha avviato una mediazione per cercare di ridurre il numero dei migranti in arrivo. Un dirigente della Questura di Roma ha proposto di fare entrare il pulmino con venti profughi invitando una delegazione dei residenti a recarsi lunedì in Questura per parlare della questione. E offerto agli abitanti un presidio fisso h24 nella zona. I residenti però hanno rifiutato.
 
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“Chiediamo l’intervento del ministro Alfano – ha detto Francesca Sanchietti, portavoce del comitato Casale San Nicola – Non è possibile che in un’area dove vivono 250 famiglie arrivino 100 migranti. Qui mancano le infrastrutture”. All’attacco anche Simone Di Stefano, vice presidente di CasaPound, lassociaizone di destra che da mesi è presente in zona con un presidio fisso per impedire che l’ex scuola Socrate venga utilizzata come centro d’accoglienza per rifugiati: “Non possono essere i territori a pagare le scelte scellerate del governo. A San Lorenzo si poteva allestire un centro ma non si è fatto più nulla perché è un quartiere di sinistra. Noi siamo contro l’immigrazione da sempre”. Una Mini, in uscita dal comprensorio, ha sfondato il blocco dei manifestanti urtando un’anziana a un ginocchio.
 
Il trasferimento. E’ stato il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, a dare l’ok al trasferimento dei migranti al Casale San Nicola. E dopo i disordini, gli immigrati sono riusciti a raggiungere la ex scuola che li ospiterà. Sono originari del Bangladesh, della Somalia e dell’Eritrea, tutti “schedati e conosciuti” alle forze dell’ordine. Secondo fonti della Questura di Roma, oggi non sono previsti ulteriori arrivi e il presidio andrà avanti “il tempo necessario, come a Tor Sapienza. In quest’area non ci sono problemi di prostituzione, né di rom o di degrado. A Tor Sapienza i cara erano 3, qui uno solo. Le situazioni non sono paragonabili. Queste persone – hanno concluso da San Vitale – devono pur essere accolte”.
 
Aperta un’indagine. Sarà aperta una indagine sugli scontri, tra la polizia e alcuni manifestanti, tra cui esponenti di Casapound. Sono state acquisite delle immagini video che permetteranno agli inquirenti di fare luce sulla dinamica dei tafferugli e sulle singole responsabilità. Tra le forze dell’ordine si contano diversi contusi. La polizia, in presidio, è pronta a fronteggiare eventuali blitz contro la struttura.