Assumono pizzaioli italiani per aprire 26 ristoranti in Cina

e se pure loro si lamentano delle tasse?? No loro non evadono  sia mai. I controlli fatti alle società che sfruttano l’immigrazione sono solo “pretestuosi” 

La storia degli imprenditori orientali di Prato che vogliono esportare il “made in Italy” nel loro Paese: “Qui se paghi le tasse il costo del lavoro è troppo alto, meglio investire a Hangzhou”
di Ilenia Reali
Le sorelle Jin Fugui (Lisa) e Jin...
Le sorelle Jin Fugui (Lisa) e Jin Liming (Aurora)
PRATO. Il padre è arrivato qui 25 anni fa. Faceva il lavapiatti in un ristorante perché era l’unica cosa all’epoca che si poteva fare se si arrivava dalla Cina e non si conosceva una parola di italiano. Adesso le figlie hanno un ingrosso di import export di bigiotteria ma è già cominciato il conto alla rovescia: tra qualche settimana sarà abbassata la saracinesca. “C’è troppa crisi. Non si vende e non si guadagna. Questo paese non va come dovrebbe andare” spiega Jin Liming, Aurora per gli amici pratesi, 37 anni, mezza cinese e mezza italiana perché “se dovessi tornare in Cina per me significherebbe ricominciare da capo: è un paese in cui non sono abituata a vivere. Abito a Prato da quando sono una ragazzina ed ho più amici pratesi che cinesi”.
Ed è proprio per questa sua difficoltà a sentirsi cinese al 100% che non sarà lei a trasferirsi nella città di Hangzhou ma sua sorella Fugui (Lisa) che, con il marito Yang Zhizhong (Maurizio), ha costituito una nuova società in Cina. Apriranno 26 nuovi ristoranti-pizzeria (quattro sono già aperti) e per questo stanno cercando italiani (pizzaioli, pasticceri o comunque persone che se la cavano in pizzeria e cucina) disposti a vivere ad Hangzhou in cambio di uno stipendio da 1.500 euro circa, oltre a vitto e alloggio. Una nuova rivoluzione nella famiglia Jin, un ritorno a casa. Ma è molto di più di una storia privata da raccontare e di una trentina di assunzioni.
 
Anche i clienti si cimentano nella...
Anche i clienti si cimentano nella preparazione della pizza
 
E’ il segno di qualcosa che sta cambiando nella comunità cinese di Prato che non è più quella di qualche anno fa. Le seconde generazioni infatti stanno sfruttando la loro doppia appartenenza per fare affari in Cina esportando là il gusto italiano o, più in generale, il Made in Italy. “E’ stato mio cognato Maurizio – racconta Aurora in un perfetto italiano – a decidere, oltre un anno fa, che c’era da cambiare settore. Gli affari qui cominciavano ad andare sempre peggio: non ci sono più i guadagni di quando la mia famiglia si trasferì a Prato. Un po’ per i controlli continui e spesso pretestuosi ma soprattutto perché in questo paese fare un investimento costa troppo: un dipendente costa a livelli inaccettabili e per riprendere i costi, pagando tutte le tasse, adesso dovresti avere ricavi altissimi, impossibili in qualsiasi settore. Ecco quindi che abbiamo avuto l’idea di aprire le pizzerie”.
 
Si tratta di locali di livello medio, accessibili anche a quei cinesi che non possono permettersi le cene nei ristoranti italiani a cinque stelle dove si servono prevalentemente primi, pizze e dolci. “Ci sono operai, impiegati che guadagnano 300-350 euro al mese e che possono andare a cena fuori, vogliono mangiare italiano ma non possono permettersi uno dei tanti locali extralusso che già ci sono. Noi – è sempre Aurora a parlare – offriamo locali simili alle pizzerie che ci sono qui dove, tra l’altro, una volta a settimana i genitori possono preparare la pizza insieme ai figli con l’aiuto del pizzaiolo. Sono locali che piacciono molto e basta poco perché siano remunerativi”.
 
Una delle pizzerie della catena...
Una delle pizzerie della catena aperta in Cina
 
“E’ però importante – prosegue – che il pizzaiolo non abbia gli occhi a mandorla e che le materie prime siano italiane. Io da qui mi occuperò delle forniture e di trovare il personale. Non è necessario ovviamente sia di Prato, basta sia italiano e se la cavi con la pizza. Per noi vanno bene anche giovani che vogliono approfittarne per imparare la lingua e fare un’esperienza all’estero mettendo via un po’ di soldi visto che lì sarà tutto pagato. Tra l’altro lì ci sono tanti europei e ci sono persone che parlano italiano in caso di necessità. Chi volesse candidarsi può chiamare al numero 388-3510052, rispondo io, oppure rispondere alle richieste che ho presentato al Centro per l’impiego di via Galcianese”.
Assumono pizzaioli italiani per aprire 26 ristoranti in Cinaultima modifica: 2015-06-20T18:13:07+02:00da davi-luciano
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