Assessore di Podemos si dimette per una battuta antisemita

non siamo proprio tutti Charlie Hebdo. Anche il Manifesto non si spreca tanto per difenderla. E poi dicono che non esista una certa lobby
 

Madrid. Prima tegola sulla nuova giunta
 
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La nuova sindaca di Madrid, Manuela Carmena
 
 
Edizione del 16.06.2015
 
Pubblicato 15.6.2015, 23:59  –  Aggiornato 16.6.2015, 9:17
 
Nem­meno il tempo di festeg­giare l’insediamento, e prima tegola sulla nuova giunta comu­nale di Madrid: l’assessore alla cul­tura fre­sco di nomina, Guil­lermo Zapata, si è già dimesso. Il motivo? Una serie di tweet di alcuni anni fa con pesan­tis­sime bat­tute su Shoah, ter­ro­ri­smo e fatti di cro­naca vari. Una volta «sco­perti» e divul­gati sui media spa­gnoli nel corso del fine set­ti­mana, il destino di Zapata è parso subito segnato: ieri mat­tina l’annuncio del passo indie­tro e le scuse pubbliche.
 
L’assessore man­cato è pro­ba­bil­mente rima­sto vit­tima della pro­pria inge­nuità più che di idee mostruose che sostiene di non pro­fes­sare affatto: «Non sono un anti­se­mita né uno che disprezza le vit­time degli atten­tati dell’Eta o di altri omi­cidi», ha ripe­tuto Zapata. E molto pro­ba­bil­mente è dav­vero così. Le infami «bar­zel­lette» che scrisse nel 2011 sul pro­prio account twit­ter (esem­pio: «Come fanno a stare sei milioni di ebrei in una Cin­que­cento? Nel posa­ce­nere») face­vano parte di una con­ver­sa­zione intorno ai limiti dell’umorismo e della libertà di espres­sione: Zapata, che di mestiere è autore tele­vi­sivo, sostiene di avere ripor­tato quelle «bat­tute» come esempi «sba­gliati e inac­cet­ta­bili» di humor nero. Pro­ba­bil­mente vero, ma la situa­zione è parsa da subito come una di quelle irri­me­dia­bili: impos­si­bile arroc­carsi in una difesa fatta di distinguo.
 
E così Zapata e la neo­sin­daca Manuela Car­mena hanno deciso di chiu­dere subito l’incidente. Nel pome­rig­gio di ieri Zapata si è pre­sen­tato davanti ai gior­na­li­sti e con un atteg­gia­mento remis­sivo e umile (apparso sin­cero) ha spie­gato le ragioni della rinun­cia all’incarico: «Indi­pen­den­te­mente dal con­te­sto nel quale erano inse­riti, ho scritto cose per le quali mi scuso con tutte le per­sone che si sono sen­tite offese, in par­ti­co­lare con la comu­nità ebraica. Mi dimetto da asses­sore – ha aggiunto – per­ché non voglio che que­sta vicenda dan­neggi il lavoro col­let­tivo che ci attende: il mio destino indi­vi­duale non conta». Parole ragio­ne­voli che hanno smor­zato le pole­mi­che che infu­ria­vano da sabato sera.
 
Sca­te­nati, ovvia­mente, i con­ser­va­tori del Par­tido popu­lar, alla dispe­rata ricerca di qua­lun­que cosa possa met­tere in dif­fi­coltà «i set­tari ed estre­mi­sti» giunti al governo delle prin­ci­pali città ibe­ri­che (oltre alla capi­tale, anche Bar­cel­lona, Valen­cia, Sara­gozza e altri capo­luo­ghi). Il Pp spe­rava che il neoas­ses­sore Zapata ingag­giasse una lotta a difesa del pro­prio inca­rico, inchio­dando in que­sto modo il dibat­tito poli­tico attorno alle bar­zel­lette anti­se­mite: sarebbe stato ucci­dere nella culla l’esperimento di cam­bia­mento che atten­dono con spe­ranza milioni di spa­gnoli. Ma così, per for­tuna, non è stato: Car­mena e i suoi hanno dato prova di saper gestire nel migliore dei modi una situa­zione dif­fi­cile e poten­zial­mente devastante.
 
In man­canza di armi di distra­zione di massa, il Pp deve fare i conti con la pro­pria crisi interna. Il pre­mier e segre­ta­rio Mariano Rajoy, ieri in visita all’Expo a Milano, ha annun­ciato cam­bia­menti: gio­vedì sve­lerà l’arcano e si saprà se riguar­de­ranno solo il par­tito o anche il governo. Nelle inten­zioni del lea­der, il resty­ling ser­virà ad affron­tare la fase finale della legi­sla­tura con lo slan­cio giu­sto per gio­carsi fino in fondo le poche chance di vit­to­ria alle poli­ti­che di novembre.
 
Ele­zioni che gli impren­di­tori cata­lani ostili all’indipendentismo vor­reb­bero anti­ci­pate a set­tem­bre, in modo da met­tere i bastoni fra le ruote al pre­si­dente del governo di Bar­cel­lona, Artur Mas, inten­zio­nato a con­vo­care il voto per il par­la­mento regio­nale – una spe­cie di impli­cito refe­ren­dum per la seces­sione – pro­prio a set­tem­bre: se ci fos­sero le poli­ti­che, sarebbe costretto a rin­viare. Rajoy, però, alla con­fin­du­stria cata­lana ha rispo­sto pic­che: «Le ele­zioni si faranno quando è pre­vi­sto», e cioè a fine novem­bre. Una deter­mi­na­zione che suona come un dispe­rato tirare a campare.
Assessore di Podemos si dimette per una battuta antisemitaultima modifica: 2015-06-20T17:05:36+02:00da davi-luciano
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