La stazione Tav di Susa è uno spreco. Lo dicono i No Tav? No, il DIPE!

La stazione Tav di Susa è uno spreco. Lo dicono i No Tav? No, il DIPE!

                                 Uno dei punti più connotanti che caratterizzano l’incommensurabile

differenza tra il progetto attuale della Torino-Lione rispetto a quello

del 2005 è proprio la stazione internazionale di Susa

(Mario Virano, settembre 2012)

Da un documento del 19 febbraio 2015 del Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri:

L‘utilizzo della stazione internazionale di Susa come polo di scambio intramodale (ferro AV/ferro convenzionale), con riferimento in particolare al collegamento con le località sciistiche della Via Lattea, risulterebbe possibile ma, allo stato attuale dei servizi ferroviari, solamente mediante un ulteriore trasbordo nella stazione di Bussoleno, posto che la stazione internazionale di Susa si verrebbe a trovare su una linea senza sbocco (tratta Bussoleno-Susa). L’istituzione di servizi diretti Susa-Bardonecchia risolverebbe il problema del collegamento ma con una duplicazione di percorso (stazione di Susa-stazione di Bussoleno e reindirizzamento da Bussoleno sulla linea storica Torino-Modane verso Oulx/Bardonecchia) e un aggravio di 10 km circa di percorrenza. La scelta di realizzare e localizzare la stazione internazionale a Susa appariva più opportuna nel progetto preliminare nel quale la interconnessione con la linea storica era prevista a Chiusa San Michele (a una distanza di circa 23 km dalla nuova stazione di Susa), mentre con il progetto definitivo in esame la interconnessione è stata anticipata a Bussoleno, a soli 5 km dalla nuova stazione di Susa: sarebbe utile valutare se abbia ancora senso realizzare due nodi (uno solo pedonale e uno tradizionale a così breve distanza) o se non sia più opportuno utilizzare la stazione di Bussoleno anche come nodo di scambio passeggeri, con notevole risparmio di risorse.

Questa osservazione del Dipe ricalca, quasi alla lettera, un documento redatto dai tecnici della Comunità Montana Valle Susa.1 Il movimento no tav lo sostiene da tempo: nell’inutile progetto di nuova linea Torino-Lione la stazione internazionale è ancor più inutile. Una inutilità al quadrato. Ma forse non è del tutto vero.

La progettata stazione internazionale di Susa è servita a solleticare la voglia di grandeur di taluni amministratori (qui l’ex sindaco di Susa alla presentazione del progetto):

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 Soldi pubblici sono stati spesi per la progettazione della Stazione Internazionale, affidata all’archistar giapponese Kengo Kuma. E saremmo davvero curiosi di sapere quanto è costato finora il solo progetto dell’inutile stazione.

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E poi la progettata stazione è servita a far parlare del Tav: comunicati stampa con i nomi degli studi di architettura che avrebbero partecipato alla gara (febbraio 2012, La Stampa – Le archistar per la stazione di Susa); annuncio della vittoria di Kengo Kuma (agosto 2012 La Stampa – Progetto giapponese per la stazione di Susa); conferenze stampa per mostrare i modellini della stazione con annesso buffet e presenza trasversale di politici (settembre 2012 Il Sole 24 Ore – L’archistar Kuma presenta il progetto della nuova stazione di Susa: armonia con l’ambiente e nessun consumo di suolo).

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In tutta questa faccenda della stazione internazionale è chiara l’impronta dell’architetto Virano. Famose archistar e amministratori megalomani; un stazione da cinquanta milioni di euro per una cittadina di seimila abitanti. Virano ha persino utilizzato il progetto di Kuma per una sua lezione universitaria, ospite a Pavia del corso del professor Pier Benedetto Mezzapelle. Prima di quello della stazione internazionale Virano illustrava un suo progetto: il ponte grattacielo sullo stretto di Messina (non stiamo scherzando!).

Ponte grattacielo

Siamo piuttosto sicuri che così come il ponte grattacielo sullo stretto di Messina, anche la stazione internazionale di Susa rimarrà uno schizzo sulla carta, così come la nuova linea Torino-Lione. Ma ci sarebbe piaciuto comunque vedere la faccia di Virano mentre leggeva le osservazioni del Dipe…

P.S. Nel documento del Dipe ci sono punti di indubbio interesse come l’indeterminatezza dei costi che l’Italia dovrà affrontare…ci torneremo.

 1 – Osservazioni del 17 giugno 2013 (pp. 49-50): La scelta di fondare l’intera progettazione della NLTL sulla decisione di prefigurare in sede di Osservatorio Tecnico “il nodo di Susa con stazione internazionale” appare discutibile, sotto differenti profili. Inserire la stazione internazione nella piana di Susa appare in contrasto con i principi qualificanti della nuova infrastruttura individuati nel “Protocollo di Prà Catinat” (giugno 2008) tra cui “lo sviluppo di adeguate interconnessioni funzionali con la linea storica di Alta Valle, in modo da sfruttare i vantaggi delle tratte di adduzione per l’accessibilità turistica, attraverso l’introduzione di nuovi “treni della montagna” in grado di attrarre nelle stazioni sciistiche della Valle di Susa, i turisti e gli sciatori delle grandi città italiane ed europee….” (rif. PD2_C3A_0012_55- 10-10_10-12_RelazioneGenerale_B_F)

Da un punto di vista tecnico funzionale, per rispondere a tale obiettivo sarebbe stato opportuno collocare la nuova stazione all’intersezione con la linea storica Torino-Modane, che serve appunto le stazioni sciistiche dell’Alta Valle, e non lungo la linea Susa-Bussoleno, che ad oggi rappresenta un ramo privo di interconnessioni.

Secondo il progetto in esame i passeggeri che volessero raggiungere l’Alta Valle dovrebbero scendere nella nuova stazione di Susa, tornare indietro fino a Bussoleno e poi raggiungere le stazioni sciistiche utilizzando la linea storica. Questo modello sembra poco rispondente agli obiettivi di cui sopra.

La localizzazione adeguata per soddisfare questo obiettivo sarebbe stata rappresentata da una stazione già esistente, quella di Bussoleno, distante solo pochi chilometri dalla nuova stazione in progetto; sarebbe stato sufficiente un ammodernamento, tanto più che la stazione di Bussoleno possiede anche un deposito per la manutenzione dei convogli ed un fascio di binari per le manovre dei treni, attualmente in disuso.

Anche da un punto di vista economico e finanziario, non appare congrua la scelta di lasciare in disuso un patrimonio esistente, funzionale alle esigenze della nuova linea, per costruire una nuova struttura con notevole dispendio di risorse in un momento di profonda sofferenza economica del Paese, che peraltro non soddisfa neppure appieno i principi qualificanti del progetto.

Alta velocità, Delrio, il miraggio delle analisi costi-benefici

http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2015/06/06/alta-velocita-del-rio-il-miraggio-delle-analisi-costi-benefici/

 scritto da Gian Luca Clementi il 06 Giugno 2015

L’alta velocità è decisamente di moda, e non da poco. Giappone e Francia mostrarono la via già negli anni Sessanta (il primo) e Ottanta (la seconda), collegando per prime i loro maggiori centri urbani con treni a velocità a quei tempi inusitate. Negli ultimi due decenni, è stata la volta di Spagna e Cina, che si sono sbizzarrite nella progettazione e realizzazione di vasti network. Pure la nostra povera Italia, a seguito di infinite tribolazioni, si è dotata del suo scheletro di alta velocità, da Torino a Salerno, e cantieri sono aperti per collegare alla rete anche Genova, Verona, e Venezia.

Lo scorso aprile, il neo-ministro delle infrastrutture Graziano Delrio ha destato scalpore in certi ambienti quando ha estromesso dal programma delle infrastrutture strategiche la paventata estensione della rete AV verso Sud. Si veda, ad esempio, la reazione del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti. Da economista, non posso che compiacermene. E, ovviamente, non perché non abbia a cuore le sorti di una buona parte del Mezzogiorno. Me ne compiaccio, perché allo stato attuale non v’è neanche lo straccio di un’analisi costi-benefici che valuti la ricaduta dell’estensione della rete sui cittadini.

Obiettivo dell’analisi costi-benefici è di calcolare il valore atteso netto di un’opera – la differenza tra valore atteso dei flussi di ricavi, finanziari e sociali, ed il suo costo complessivo – e di confrontarlo con il valore atteso netto che si ricaverebbe nello scenario controfattuale, cioè quello in cui l’opera non si realizza. Almeno dal punto di vista intellettuale, i benefici finanziari dell’alta velocità sono facilmente individuabili. Primo tra tutti, l’introito derivante dalla vendita dei biglietti. I benefici sociali sono conseguenze positive non pecuniarie che ricadono su uno o più gruppi di cittadini. Si pensi ad esempio al minore tempo di viaggio.

Nonostante l’analisi costi-benefici rappresenti in tutto il mondo civilizzato lo strumento di valutazione preventiva di qualsiasi opera pubblica, in Italia non si fa praticamente mai. Condurre l’analisi è opportuno non perché un esito positivo della stessa debba essere conditio sine qua non per la realizzazione dell’opera, ma in quanto rende espliciti natura ed entità di costi e benefici, nonché i destinatari di questi ultimi. Come corollario, quantifica anche l’entità implicita del sussidio che tali destinari verrebbero ad ottenere, se il governo decidesse di procedere con l’opera nonostante il valore atteso netto sia inferiore al valore del controfattuale.

Di recente, il mio ex-compagno di classe Gerard Llobet, professore al Centro de Estudios Monetarios y Financieros di Madrid, ha prodotto con la collega Ofelia Betancor uno studio molto dettagliato delle tratte AV entrate in funzione in Spagna a tutto il 2013.

Tra i risultati, spicca che la sola Barcellona-Madrid fornisce un valore atteso sociale positivo, e tutte le tratte – dico tutte, inclusa quella appena citata – raggiungono un valore atteso finanziario negativo. Perché, ci si chiederà? Il fatto è che con le tecnologie correnti costruire una tratta ad alta velocità comporta costi elevatissimi, anche senza tenere conto delle maggiorazioni dovute alla corruzione che pare non risparmiare alcuna opera pubblica in Italia. Tali costi possono essere recuperati solamente grazie ad un traffico consistente, il che presuppone l’esistenza di un gran numero di potenziali viaggiatori con un’elevata disponibilità a pagare per il servizio. Non solo, visto che i treni AV impiegano diversi minuti per raggiungere le velocità che li rendono appetibili, i potenziali viaggiatori devono essere concentrati in un numero limitato di città.

Sulla tratta Reggio Calabria-Roma, i treni AV più veloci a disposizione attualmente, quali Italo e Freccia Rossa, non impiegherebbero meno di tre ore e mezzo, un tempo paragonabile a quanto si impiega oggi in aereo a coprire la distanza dal centro di Reggio al centro di Roma. Da una breve ricerca sul web condotta pochi giorni addietro, ho riscontrato che il prezzo più basso per un volo di sola andata da Reggio a Roma tra due settimane è di circa 40 Euro. In assenza di restrizioni all’offerta di voli (c’e’ ampia disponibilità di slot a Fiumicino in tutte le fascie orarie) e a meno che i viaggiatori non abbiano una maggiore disponibilità a pagare per viaggiare in treno, il traffico aereo attuale ci dà quindi un’idea della domanda potenziale attuale per un servizio AV tra le due città a prezzi non del tutto dissimili a quelli che Trenitalia ed NTV praticano sulle tratte in funzione.

Da un’altra breve ricerca sulla rete, sortisce che il totale dei posti disponibili sulla Roma-Reggio in quella giornata era di circa 750 – meno di quanti ne siano a disposizione su due soli treni AV. Per fare un confronto che è giocoforza improprio ma che dà un’idea delle grandezze in gioco, si consideri la tratta Siviglia-Madrid, lunga 470 chilometri – all’incirca la distanza tra Salerno e Reggio da costruire ex-novo. Secondo il governo spagnolo, nel 2006 (anno di maggior utilizzo) i viaggiatori sulla tratta sono stati circa 3400 in ciascuna direzione. Ne consegue che, tenuto conto anche della morfologia del territorio in Calabria, che plausibilmente comporterebbe costi di costruzione maggiori rispetto a quelli sostenuti in Andalusia, ben difficilmente il valore sociale atteso della Reggio-Roma sarebbe superiore a quello della Siviglia-Madrid, pari secondo Betancor e Llobet a -3.3 miliardi di euro. Per inciso, il valore atteso finanziario si attesta invece a -5 miliardi.

Ovviamente, questi miei calcoli altro intento non hanno, se non di sottolineare la necessità di basare il dibattito sull’estensione della rete AV su elementi fattuali invece di pulsioni populistiche.

V’è infine da aggiungere che un’analisi costi-benefici come quella cui abbiamo fatto riferimento sopra non tiene conto dello sviluppo economico che potrebbe scaturire dalla costruzione e dall’esercizio della linea. Si tratterebbe di stimare il maggior reddito netto dovuto all’infrastruttura e di confrontarlo allo scenario alternativo in cui i denari sono investiti in altro modo. Vorrei porre un’enfasi particolare sugli aggettivi netto e alternativo.

Considerare il reddito aggiunto netto significa che – ad esempio – i posti di lavoro migrati a Reggio da altre località non andrebbero nel computo, a meno che ad essi non corrispondano maggiori salari.

Inoltre, qualora il Governo ritenga meritorio realizzare l’opera nonostante l’analisi costi-benefici dia risultato negativo, per esempio perché intende favorire una certa parte della popolazione o perché stima che lo sviluppo economico sarebbe rilevante, dovrebbe considerare se vi siano metodi più efficienti per giungere agli stessi risultati – cioè fornire quei benefici o assicurare quello sviluppo ad un prezzo inferiore a quello dell’Alta Velocità.

Questo è il senso in cui lo scenario alternativo è rilevante. Nell’esempio considerato sopra, ciò comporterebbe chiedersi – tra l’altro – se un sussidio al trasporto aereo di valore complessivo inferiore al costo della tratta AV non comporterebbe lo stesso livello di benefici. O, ancora, se investire risorse simili nella lotta alla ‘Ndrangheta non risulterebbe in dividendi ancora maggiori.

Twitter @clementi_gl

Chiede di vedere il biglietto, aggredito col machete: controllore perde un braccio

capotreno razzista, non si chiede il biglietto agli stranieri. Ora se ci ritroveremo i militari pure sui treni sappiamo chi ringraziare, si certo non “strumentalizziamo” il caso, in fondo non è successo niente, è normale scambio culturaleMilano, 2 fermi nella notte 12 giugno 2015
  
Nuova immagine
I primi soccorsi al controllore aggredito (foto da Twitter)
 
Approfondimenti
 
Milano – Un’aggressione bestiale, a colpi di machete a opera di un gruppetto di giovani sudamericani che non volevano mostrare il biglietto sul treno del passante ferroviario alla fermata di Villapizzone, alla periferia di Milano, lungo il tragitto che porta i passeggeri a Expo.
 
Il capotreno che voleva controllare i biglietti rischia di perdere il braccio, tanta è stata la violenza con la quale gli sono stati inferti i colpi: secondo alcuni amici che per tutta la notte hanno seguito lo sviluppo della situazione sanitaria, però, dopo una lunga operazione potrebbe farcela. Anche un ferroviere fuori servizio, che era intervenuto per aiutarlo è stato colpito alla testa ed è stato trasportato all’ospedale Fatebenefratelli con un trauma cranico che non sarebbe grave.
 
Due persone interrogate nella notte
Due persone sono state portate negli uffici della questura di Milano nella notte e sono sotto interrogatorio. I sospettati sarebbero due sudamericani, uno dei quali sporco di sangue. Al momento la polizia sta ascoltando la loro versione. Sono stati bloccati subito dopo l’aggressione che, dalle prime ricostruzioni, sarebbe avvenuta a bordo del treno (e non in banchina come comunicato all’inizio) perché il gruppo di sudamericani si è rifiutato di mostrare il biglietto al capotreno.
 
La fuga
Il gruppo degli aggressori, composto da tre o cinque giovani è riuscito a fuggire prima dell’arrivo della polizia. All’aggressione avrebbe assistito una donna che è scappata subito dopo per lo spavento. Secondo quanto ricostruito finora dalla Polfer, il capotreno avrebbe chiesto i biglietti ai pochi passeggeri pronti a salire a bordo, compreso il gruppetto di sudamericani. Questi si sarebbero rifiutati di mostrare il titolo di viaggio e uno di loro ha estratto un machete da una borsa colpendo al braccio il controllore. Il ferroviere che in quel momento non stava lavorando, che ha 31 anni, è intervenuto in suo aiuto ma è stato colpito alla testa (non è ancora chiaro se con la lama o altro) riportando un trauma cranico.
 
I ritardi sul Passante
Gli investigatori stanno ora cercando possibili testimoni e intanto stanno analizzando le immagini delle telecamere di sorveglianza installate lungo il passante ferroviario e gli aggressori potrebbero avere le ore contate.
 
Il Passante ferroviario ha subito notevoli ritardi in quanto il traffico, anche verso Expo è proseguito su un solo binario.
 
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RADIO SPUTNIK : LUC MICHEL. FRANCAFRIQUE. 55 ANS DE NEOCOLONIALISME FRANÇAIS (GROS PLAN SUR L’AFRIQUE)

PCN-TV & RADIO SPUTNIK (Moscou) / Avec PCN-SPO/ 2015 05 23)

PCN-TV - SPUTNIK lm 55 ans francafrique (2015 05 23) FR

Interview de Luc MICHEL,

A l’occasion de la JOURNEE DE L’AFRIQUE, dans l’Emission hebdomadaire « Gros plan sur l’Afrique » :

 Podcast audio sur le Website de PCN-TV https://vimeo.com/130363315

 Luc MICHEL dissèque 55 ans de FRANCAFRIQUE et ses mécanismes officiels (la Cellule des Affaires africaines et malgaches de Foccart) et officieux (les réseaux Foccart, « La fabrique des Barbouzes » dit le nouveau livre de l’Historien Bat).

Il explique comment « la France a volé la décolonisation à ses colonies » et pourquoi « les colonies du Pré carré français ont elles un retard de développement sur les anciennes colonies britanniques ou portugaises » …

 Diffusé sur RADIO SPUTNIK

Ce 23 mai 2015

interview et commentaires par Igor YAZON.

 PCN-TV / PCN-SPO /

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https://vimeo.com/pcntv

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ECHEC AU SULTAN : LUC MICHEL ANALYSE L’ECHEC D’ERDOGAN AUX LEGISLATIVES TURQUES SUR LA RADIO IRANIENNE ‘IRIB’

PCN-TV / 2015 06 08 / Avec IRIB – PCN-SPO/

 Interview podcast audio : https://vimeo.com/130355077

PCN-TV - IRIB lm sur echec au sultan erdogan (2015 06 08) FR

Luc MICHEL interviewé par la Radio francophone iranienne IRIB, le 8 juin 2015.

 POURQUOI APRES 13 ANS DE VICTOIRES TOTALES, L’ECHEC DE CES LEGISLATIVES ? EST-CE LA FIN DU REVE NEO-OTTOMAN DU « SULTAN » ERDOGAN ?

 Il parle de :

* Le Système islamiste AKP-Erdogan

* Le pouvoir autocratique du « Sultan » ébranlé

* Les nouvelles forces politique, renouveau des kémalistes et nouveau parti kurde (fin du monopole du PKK)

* Les raison de l’échec d’Erdogan (Soutien au terrorisme à l’extérieur, échecs économiques, mégalomanie et autocratie, rupture du bloc islamiste)

* La rupture avec les islamistes radicaux des réseaux sectaires Fallulah Gull

* La répression des kémalistes (politique, presse, armée)

 PCN-TV / IRIB /

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https://vimeo.com/pcntv

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AFRICANS OPEN YOUR EYES!

LM for PANAFRICOM/ 2015 06 11/

https://www.facebook.com/panafricom

http://www.scoop.it/t/panafricom

PANAF - LM africans open your eyes (2015 06 11) ENGL

Africans open your eyes!

Washington dictates its policy and orders to African states and heads of state. See the example of Rwanda where the “Voice of America” (*) gives the orders from Washington to the Rwandan people and President (though he was its ally). The peoples are despised and manipulated. American money, the one of the NED, NDI, USAID, Soros Networks, flows.

Are we back to the “good old days of the colonies” when the Colonial Office in London, ministries of colonies of Paris or Brussels, Kolonial Amt in Berlin, dictated their imperialist law in Africa?

 Africans wake up!

Recolonization of Africa is on. It is time to say no, not the wrong fight, reject cultural reveries, the worship of an utopian past and unnecessary ideas. What interests the Africans is their future!

 What Africa needs?

Africa needs first Unity and power, second even more Unity and power and third ever more Unity and power. All the rest are sterile games for impotent politicians.

Africa needs power: that of the Pan African continental transnational geopolitical state. What Gaddafi wanted and for which he died. Freedom is power. And power is the continental dimension …

 LM

 * Read (in French) :

 http://m.lavoixdelamerique.com/a/washington-oppose-a-un-troisieme-mandat-de-paul-kagame/2809270.html

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http://www.scoop.it/t/panafricom

BLOG LA VOIX DELA GUINEE EQUATORIALE / THE VOICE OF ECUATORIAL GUINEA : TOUTE L’INFO SUR LE NOUVEAU COEUR DU PANAFRICANISME !

Le nouveau BLOG …

Edité par les Réseaux PANAFRICOM.

Administrateurs : Luc MICHEL (Editeur),

Gilbert NKAMTO (PANAFRICOM Afrique),

Fabrice BEAUR (PANAFRICOM Eurasie).

http://www.scoop.it/t/la-voix-de-la-guinee-equatoriale

PANAF - BLOG La Voix de la GE (2015 06 11) FR

* Défense de la Guinée Equatoriale, le nouveau centre du Panafricanisme.

* Soutien au Président Obiang Gnema Mbassogo, le leader du nouveau Panafricanisme, et à son combat pour l’unité et l’indépendance de l’Afrique.

* Appui à l’oeuvre de construction nationale et au processus d’émergence du pays, menés par son Président et son parti le PDGE, le Parti Démocratique de Guinée Equatoriale.

* Participation aux côtés de Malabo à la guerre médiatique menée par l’Occident et ses complices contre la Guinée Equatoriale. Vérité et Justice pour la Guinée Equatoriale !

* Toute l’actualité de la Guinée Equatoriale, la revue de presse …

 PANAFRICOM

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* Découvrez aussi la nouvelle PAGE OFFICIELLE …

Fondée par les Réseaux PANAFRICOM.

Rejoignez nous ! Aller LIKER la Page !!!

https://www.facebook.com/ecuatorial.guinea

 * LA VOIX DELA GUINEE EQUATORIALE est une initiative (et une structure) des Réseaux internationaux PANAFRICOM (Action panafricaniste et soutien international au Panafricanisme) …

Le Blog des Réseaux PANAFRICOM :

http://www.scoop.it/t/panafricom

a proposito di ddl delega recepimento direttive appalti e concessioni

Marco Scibona M5S intervento su ddl delega recepimento direttive appalti e concessioni 

https://www.youtube.com/watch?v=hTJrBbRmalc

appalti

Intervento Discussione Generale AS 1678 (delega appalti).

A seguire il mio intervento (estratto dal resoconto di seduta) fatto nella seduta n. 464 del 11/06/2015 in sede di discussione generale dell’Atto Senato 1678 ovvero “Delega al Governo per l’attuazione della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE e della direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE”

Buona lettura!

SCIBONA (M5S). Signor Presidente, colleghi, abbiamo appena concluso in 8a Commissione la trattazione del codice appalti e già siamo in Aula a trattarlo; una volta avrei detto: «Bene, finalmente efficienza parlamentare»; ora invece mi chiedo: «Per quale motivo si corre così veloci su un tema tanto delicato?». Sì, perché in questi due anni di attività, in cui noi, Movimento 5 Stelle, siamo per la prima volta in Aule parlamentari, abbiamo visto utilizzare regolamenti, procedure e prassi diverse, a seconda che una norma toccasse certi interessi o non ne toccasse affatto. Alcune cose sono state licenziate alla velocità della luce, altre ristagnano da anni in chissà quali cassetti, ormai indirizzate verso un binario morto, prossime all’insabbiamento totale.

Certamente la legge sugli appalti pubblici interessa molto il mondo imprenditoriale e delle grandi aziende. Infatti, con gli ingenti tagli orizzontali a sanità welfare e trasporti, gli appalti rappresentano ormai una delle poche voci di uscita per investimenti dello Stato e quindi fonte di reddito per molte realtà.

Ma non sono soltanto i grandi interessi mossi da questo tema a preoccuparci; ormai siamo anche stufi di continuare a dirlo, perché siamo all’ennesima legge delega: viene chiesto alle Commissioni di trattare una questione, ma senza andare troppo nei particolari (quelli spettano al legislatore, cioè al Governo). Ma non era compito delle Camere? Almeno a Costituzione vigente, ben inteso, non a quella schifezza che vorreste approvare.
Invece no. Non vorrai mica che il sindaco d’Italia non possa dettare legge in Parlamento? Non sia mai! Se una volta c’era l’unto dal Signore ora abbiamo l’unto e basta: è lui stesso a produrre tutto, unto compreso. E poi sotto a scendere, tutti i suoi fidi scudieri (qui e in Commissione ne abbiamo degni rappresentanti).

Polemiche a parte – che poi è la pura e semplice verità – torniamo a parlare del codice appalti. Come detto, gli appalti sono ormai l’unico capitolo dì spesa consistente dello Stato e, considerando tutte le vicende che segnaliamo da anni e che puntualmente riecheggiano agli onori delle cronache, sono un tema-problema da attenzionare con molta cura. Infatti, bisogna correre perché i tempi sono stretti, non vorrai mica che il Parlamento e le opposizioni riescano a fare il loro lavoro? Ah no, scusate avevo detto niente polemiche, ma ve le tirate quindi non ci riesco tanto.

Il codice appalti tratta un grandissimo spettro di gare, appalti e contratti. Pensiamo al fatto che si passa dal cerotto, alla matita e alla gomma per cancellare, fino all’autostrada a tre corsie, passando per un inutile foro sotto le Alpi, oppure alle mense o alle pulizie; ovvero una varietà di lavorazioni e impegni finanziari diversi e specifici che quasi sembrano non avere stessa la paternità, ma che soggiacciono – o dovrebbero soggiacere – tutti ad una procedura di evidenza pubblica.

La richiesta del Governo, cioè semplificare, è giusta ma bisogna stare attenti ai famosi problemi di cecità felina.

Dalle innumerevoli audizioni, in verità spesso quasi individuali, vista la scarsa presenza di commissari che evidentemente preferivano dialoghi diretti, ci è stato rappresentato un quadro eterogeneo e denso di problematiche diversificate. Non è il caso ora di tediare i (pochi) presenti con una disamina del lavoro di Commissione, ma le questioni in gioco sono molteplici e di difficile soluzione.

Visti i continui, quasi quotidiani, interessamenti della magistratura sui contratti pubblici, qualcosa andava fatto, ma chi decide fino a che punto è lecito fare varianti, ribassi? Come scegliere la ditta che porterà avanti il lavoro? Chi segue la cronaca giudiziaria con più attenzione potrebbe dire: facile, si danno lavori agli onesti.

Ce ne fossero! No, ci mancherebbe altro, in Italia operano un sacco di onesti, ma il problema è che spesso sono le modalità di appalto a rendere impercorribile l’onestà. Ovvero, manca l’onesta di chi appalta. Spesso, a risalire la catena ci troviamo il politicante di turno che deve distribuire prebende, deve ungere la macchina elettorale oppure deve sistemare qualche amico. Ma queste sono cose che sappiamo già.

Se si accettano per legge prezzi troppo bassi o progetti troppo superficiali, è normale che poi ci si ritrovi con aziende che falliscono o con le varianti in corso d’opera che superano in costo la cifra totale delle lavorazioni battute in partenza. Parliamo, quindi, di offerta economicamente più vantaggiosa, che è poi la linea passata in delega. Benissimo, noi concordiamo, ma chi decide i parametri? Una Autorità, il Ministero? Vista l’attualità, meglio un organo terzo. Si è parlato molto di ANAC. Al di là dei componenti (bisogna affrontare gii organismi per quello che sono e non per chi li compone), ANAC è sicuramente un soggetto che potrebbe seguire e sciogliere molte delle problematiche di questo campo.

Ma attenti a dare troppi compiti ad uno stesso soggetto. Verrebbe, a pensare male, che si vuole intasare una authority in modo da bloccare il lavoro che ha fatto e che deve fare, facendogli fare tutto da sola fino ad arrivare all’intasamento e alla capitolazione del sistema.

Molto meglio riequilibrare, suddividere tra più soggetti e fare in modo che le sviste di uno possano essere notate da un altro. Ben venga un percorso semplificato e standardizzato il più possibile. Soft law e bandi tipo possono essere la soluzione ma, come dicevo prima, attenzione che l’onere di controllo non ricada tutto sugli stessi tavoli.

Molto si potrebbe ancora dire, effettivamente, partendo dall’inadeguatezza della legge obiettivo, passando per le concessioni autostradali, fino alle proroghe selvagge, come procedure di gara, alle autorizzazioni semplificate, alle garanzie per i lavoratori e alle classificazioni qualificative aziendali. Ma avremo modo di parlarne in sede di voto. Io voglio sottolineare che, comunque, al di là dei risultati ottenuti, il lavoro di Commissione è stato costruttivo e che molte proposte esterne alla maggioranza e ai relatori, non solo nostre, sono state accolte e fatte proprie dai relatori.

Rimane il fatto che stiamo parlando di una legge delega. Noi abbiamo imparato, esattamente come chi sta fuori dal Palazzo, a non fidarci di questo esecutivo. Quello che uscirà da quest’Aula verrà sicuramente stravolto e questo a noi non piace, ma non dovrebbe piacere neanche ai colleghi che si sono impegnati affinché un tema tanto importante come gli appalti fosse blindato dal malaffare e reso funzionale alle necessità della collettività. (Applausi dal Gruppo M5S).

Grecia: «Il conto della disperazione? Diecimila suicidi in 5 anni, l’ultimo quello di mio figlio»

i suicidi dei greci ora il corriere li vede.  QUANDO ANCHE I SUICIDI DEGLI ITALIANI SARANNO OGGETTO DI INDIGNAZIONE E PROVVEDIMENTI IMMEDIATI OSSIA DARE SOLDI ALLA GENTE DISOCCUPATA E POVERA PERCHE’ NON SI SUICIDI??????
Ovviamente il corriere imputa la cosa alla corruzione ed ai partiti, le banche non c’entrano un cazzo come sempre, che tirapiedi

Theodoros Giannaros tiene gli occhi fissi sul computer e una sigaretta tra le dita. Guarda le immagini di alberi, di spiagge. È talmente assorto da non accorgersi che la cenere sta coprendo la tastiera. Compare l’immagine di un giovane. Bello, sorridente. «È mio figlio, si è tolto la vita pochi giorni fa. Aveva 26 anni. Quando l’ho saputo non sono riuscito a fare altro che questo video». Atene, Ospedale Elpis: un complesso di palazzine bianche nel centro della città. È un giorno festivo, ma il dottor Giannaros si fa trovare nel suo ufficetto di direttore. Siede lì dal 2010. È un biologo molecolare, specializzato in genetica. Ha studiato a Karlsruhe, in Germania, a San Francisco e a Vienna. Da anni è un punto di riferimento assoluto per tutta la Grecia. Quando interviene sui giornali o in tv nessuno si permette di contraddirlo. Fruga ancora nel pacchetto di nazionali, tira fuori l’ennesima sigaretta e un’altra sassata: «Mio figlio è solo l’ultimo di una lista interminabile. Da quando è iniziata la crisi in questo Paese si sono suicidate 10 mila persone. Sì ha capito bene: 10 mila. È come se una grande città fosse stata cancellata dalla carta geografica della Nazione».
 
Giannaros ha un passato nelle truppe speciali: mostra le foto delle sue ultime missioni, in mimetica, immerso in un fiume fino alle ginocchia. È come se avesse bisogno di una pausa, vuole raccontare ancora qualcosa della sua famiglia, degli altri due figli, 24 e 28 anni. «Anche il più piccolo è un soldato». Lo dice con un sottinteso chiaro: lui si è salvato. Ma quanti sono i giovani senza speranza? Le statistiche si afflosciano come svuotate di senso al cospetto della forza, della dignità di quest’uomo. «Appena arrivato qui incontravo pazienti che mi chiedevano: ma quanto devo pagare per operarmi qui? Quanto per una lastra? Nulla, rispondevo, questo è un ospedale pubblico. Poi mi sono fatto portare il registro delle prenotazioni e ho capito. La lista d’attesa risultava sempre infinita, ma con una buona “fakelaki” si poteva comodamente saltare la fila». “Fakelaki”, la bustarella. «In cortile ho fatto mettere dei cartelli con una busta sbarrata con una grande x rossa. Significa che qui non si accettano tangenti».
 
Le parole del più atipico dei manager conducono nell’antro della crisi. I ragionamenti sulla sostenibilità del debito lasciano il posto alla scarsità di siringhe, bisturi, persino guanti per la sala operatoria. «Abbiamo sviluppato un network di scambi tra le diverse cliniche. Andiamo avanti anche grazie a donazioni in arrivo dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Germania». Theodoros accende un’altra sigaretta. Aspira profondamente, poi scarica fumo e una lunga invettiva. Contro le vecchie classi politiche, le dieci famiglie che hanno monopolizzato l’economia del Paese, le «idiote» prescrizioni della «troika», il Fondo monetario, la Bce, la Commissione europea, Angela Merkel. Spera che Alexis Tsipras possa raggiungere qualche risultato, «ma deve avere dietro tutti i partiti, tutta la Grecia. Questo è l’unico modo che abbiamo per sopravvivere». Già, «sopravvivere».
 
«Penso continuamente a quei 10 mila morti che abbiamo seppellito nel silenzio. Penso a mio figlio. E penso che se in Germania un cane muore in malo modo, ecco che il caso finisce sui giornali, se ne dibatte in tv. Ma avete mai sentito parlare dei nostri giovani, dei nostri anziani che si sono suicidati? La guerra civile della Jugoslavia ha fatto 20 mila morti. Quella, però, era una guerra. Che cos’è, invece, questa nostra strage? È una domanda a cui non so rispondere, posso solo dire che in questo momento mi vergogno di essere un europeo». Forse è arrivato il momento di andare. Ma Theodoros ha ancora qualcosa da dire: «In questi anni sono stato corteggiato da tutti i partiti, avrei potuto fare il ministro cento volte. Invece ho sempre voluto restare un uomo libero e mi sono fatto un mare di nemici. Continuo a stare qui, a lavorare per 1.400 euro al mese, cinque volte meno di qualche anno fa. Non posso permettermi la macchina, viaggio in scooter e giro con una pistola. Prima che mio figlio se ne andasse così, mi sentivo anche un privilegiato». ( gsarcina@corriere.it )