L’USURA OCCULTA DELLE GARANZIE DI STATO – Il Fondo di Garanzia, i Confidi e le commissioni d’oro.

Può un governo legalizzare frodi e usura, può trasferire dalle banche ai risparmiatori e crediti deteriorati verso le imprese in difficoltà, consentendo l’applicazione di tassi e commissioni da strozzini?

Le imprese in difficoltà, anche strutturali, dovute a inefficienza, sovrindebitamento o ad altra causa, non riescono a finanziarsi sul mercato in modo normale. Oggi, notoriamente, vi sono innumerevoli piccole e medie imprese in queste condizioni, non più vitali, avviate al fallimento o comunque alla chiusura. Dall’altra parte, le banche sono gravate da molti crediti deteriorati, incagliati, in sofferenza, verso queste imprese. Buona parte dei crediti deteriorati, che superano i 360 miliardi e sono in costante aumento, non sono ancora dichiarati nei bilanci delle banche, perché farlo avrebbe gravi conseguenze sul rating e sulla capacità operativa delle banche medesime.

La legge 662 del 1996, art. 2, comma 100, lettera a), ha istituito il fondo centrale di garanzia, a carico dello Stato, a beneficio delle piccole e medie imprese, per agevolarle nell’ottenimento di credito bancario mediante il rilascio di garanzie dello Stato in favore delle banche, in modo che queste accettino di prestare i soldi a tali imprese sebbene in difficoltà, sapendo che, se queste non pagheranno, pagherà lo Stato. La garanzia pubblica può essere diretta, cioè a beneficio della banca; oppure indiretta, a beneficio di un consorzio di garanzia privato, come i noti confidi e organismi di garanzia regionale; questi enti a loro volta garantiscono la barca erogatrice del prestito. Nel primo caso, ossia la garanzia diretta, lo Stato garantisce fino al 90% dell’operazione finanziaria, mentre nel secondo caso controgarantisce fino al 90% della garanzia. Ciascun organismo di garanzia può garantire finanziamenti fino a 25-30 volte i propri depositi liquidi in banca (ma chi controlla il valore effettivo di tali depositi e il rispetto della soglia di 30 volte?), quindi il Fondo di Garanzia statale è molto esposto e, in caso di insolvenza diffusa dei soggetti garantiti o controgarantiti, sarebbe necessario rifinanziarlo, eventualmente con una tassa straordinaria.

Orbene, state a sentire che cosa ha fatto il governo Renzi a favore dei banchieri e a spese dei conti pubblici.

Il Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ha emanato il decreto numero 176 del 2014, che, fra le altre cose, dispone un alleggerimento, cioè un allargamento dei criteri per la concessione di garanzie e contro garanzie in favore delle suddette imprese. Sostanzialmente, adesso lo Stato presta garanzia anche per quelle che prima erano giudicate troppo malandate per essere garantite – praticamente, si espone (cioè espone i contribuenti) anche verso le aziende già moribonde.

La garanzia viene prestata quasi gratuitamente: ossia lo Stato, è a dire noi, rischia, senza ricevere in cambio alcunché. Quando si tratta di micro finanziamenti fino a € 35.000, il fondo pubblico di garanzia non può eseguire alcuna valutazione di merito di credito, e deve lasciare che a farla siano le banche che esso garantirà, anche se dette banche sono palesemente in conflitto di interesse con il fondo pubblico, come apparirà evidente nel proseguimento. In più, non può chiedere alcun compenso per la garanzia che presta.

In concreto, avendo sotto gli occhi alcuni casi specifici, vedo che il taeg applicato a questi prestiti e circa il 9,30%, le commissioni trattenute dalla banca erogante sono circa l’1,25%, le commissioni prelevate dall’organismo di garanzia controgarantito dallo Stato sono del 13% circa; Sicché, considerato il moltiplicatore suddetto di 30, un consorzio fidi può incassare di commissioni fino al 390% della sua liquidità depositata! E’ un caso che questi organismi possano essere costituiti anche dalle banche stesse?

Con i tassi e le commissioni suddette, un prestito quinquennale di € 500.000 nominali, come quello che ho sotto gli occhi mentre scrivo, si riduce a 443.250 dopo le commissioni della banca, e a 384.541,45 dopo le commissioni del consorzio di garanzia privato. Ma allora è chiaro che, allora, il tasso del 9,30 % annuo è un’illusione, perché non considera anche le commissioni del consorzio di garanzia privato e non è calcolato sulla somma effettivamente prestata; altrimenti, temo che la soglia dell’usura sarebbe facilmente superata. Ma in ogni caso, dal punto di vista monetario, non è usura far pagare alle imprese il 12% di interesse e commissioni (art. 644 CP) quando la BCE presta praticamente a tasso zero alle banche? e quando le imprese tedesche lo pagano il 2%?

È chiaro insomma qual è il risultato di tutto ciò:

Primo: lo Stato offre alle banche una garanzia diretta o indiretta con cui le banche possono chiudere le loro disposizioni attuali con clienti in difficoltà e trasferirle sullo Stato stesso, cioè sui contribuenti. Cioè le banche erogano il prestito garantito dallo Stato ai loro clienti-debitori, in modo che questi estinguano i debiti preesistenti verso la banca, che non sono garantiti dallo Stato. In tal modo, le perdite sui crediti deteriorati è trasferita dalle banche ai contribuenti: una generosa regalia del governo ai banchieri.

Secondo: lo Stato consente, sempre a carico dei contribuenti, a enti di garanzia privati, che in teoria non hanno fine di lucro, di incassare laute provvigioni dalle tasche di imprese in difficoltà che chiedono la loro garanzia. Ma allora perché lo Stato, attraverso le sue banche, non eroga direttamente le garanzie facendosele pagare ad una commissione ragionevole, diciamo il 5%, anziché addossare sui contribuenti tutto il rischio e lasciare agli organismi di garanzia privata e alle banche tutti i profitti? O perché non eroga direttamente i prestiti attraverso le proprie banche, invece di lasciare che siano le banche private a incassare gli interessi trasferendo il rischio allo Stato? Bisognerebbe controllare che uomini politici o partiti politici hanno interessenze nei predetti organismi di garanzia, oltre che nelle banche beneficiarie delle predette regalie. E se questi organismi paghino le tasse sugli utili che realizzano.

Terzo: i titolari delle imprese in difficoltà, spesso già spacciate, che si vedono offrire soldi a tassi usurari o comunque molto elevati, sapendo di non poter sostenere quei tassi, sono indotti a farsi prestare i soldi e a tenerseli, così almeno falliscono con qualcosa in tasca per il futuro. O anche li usano per chiudere le posizioni che hanno garantito personalmente, così salvano la casa ipotecata. Lo possono fare, perché non è previsto alcun vincolo/controllo di impiego delle somme ottenute a prestito con le suddette garanzie. Pensate a quell’imprenditore, già in difficoltà finanziarie, che ha ricevuto € 384.500 effettivi e deve pagarne 500.000 oltre agli interessi del 9,30% su 500.000. Non vi pare tutto assurdo? Che senso ha prestare soldi a tassi superiori a strozzo a un imprenditore che ha già l’acqua alla gola, se non aiutare le banche e lucrare interessi e commissioni ai danni dello Stato?

In questa fase iniziale, per effetto del suddetto decreto del 2014, stiamo avendo un’ondata di concessioni di crediti nel modo suddetto a imprese non sane, non vitali. Licenziamenti e chiusure di attività sono rinviati, e questo contribuisce a nascondere il malandare economico, a beneficio dell’immagine del governo. Ma nel giro di pochi anni gran parte di queste imprese chiuderà o fallirà, e le garanzie e controgaranzie dello Stato saranno escusse dalle banche. E allora si dovrà fare una manovra fiscale per chiudere il buco.

Già ora diversi consorzi di garanzia non rispondono più alle lettere degli avvocati che li interpellano per imprenditori da loro garantiti e divenuti insolventi. E ricordate che il moltiplicatore di queste garanzie è 25-30, e che attualmente nessuno sembra che controlli il rispetto di questo tetto. Quindi, dopo una puntata iniziale di apparente miglioramento per imprese e banche, il cui assorbimento patrimoniale sarà ridotto per grazia delle ricevute garanzie (quindi le banche potranno, anzi già possono, prestare di più). avverrà che le imprese garantite incominceranno a saltare, e la bomba, se non disinnescata per tempo, potrebbe produrre danni di dimensioni notevoli.

Sarebbe pertanto ora che si accendessero le luci su questa realtà semi-nascosta, che si riformasse questo tipo di intervento pubblico, che venisse istituito un centro di monitoraggio dell’andamento delle imprese che hanno ricevuto le garanzie in questione e del rispetto dei tetti di garanzia, e che la Corte dei Conti, Bankitalia, le competenti commissioni parlamentari, Codacons, Adiconsum, Adusbef, Federcontribuenti e altre associazioni si dessero da fare per prevenire un disastro finanziario annunciato.

Venezuela: decretato aumento del 30% per salari e pensioni

 Informare per Resistere
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maggio 03 2015
 
Con l’aumento del 30% al salario minimo decretato venerdì 1 maggio dal Presidente della Repubblica, Nicolás Maduro, la variazione di tale indice si attesta al 52% rispetto al dato registrato all’inizio di quest’anno.
 
Bisogna ricordare che il salario minimo è stato incrementato del 15% nello scorso mese di novembre, aumento entrato in vigore a dicembre, che ha portato i salari a quota 4.889,11 bolívares. Successivamente, nel mese di febbraio, si è stabilito un ulteriore aumento del 20%.
 
Dopo l’annuncio del presidente, il salario minimo mensile ricevuto dai lavoratori sarà di 7.421,6 bolívares, il che significa un aumento del 52% in appena un semestre.
 
L’incremento, come annunciato da Maduro, sarà scaglionato in due tranches: il 20% a partire dal 1 di maggio, e il restante 10% nel mese di luglio. Vale a dire, un salario di 6.746,97 bolívares a maggio, mentre nel mese di luglio la cifra sarà di 7.421,6 bolívares. A questi aumenti devìessere aggiunta la quota riguardante i buoni alimentari, che oscilla tra i 2.300 e i 3.375 bolívares.
 
La difesa della classe lavoratrice da parte del governo bolivariano, guidato da Nicolás Maduro, si traduce in cifre concrete.

Expo, la Regione Lombardia alle scuole: “Portate gli alunni da McDonald’s, il gelato è gratis

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maggio 04 2015
 
 
Lettera ai direttori di istituto dell’assessore Aprea, che raccomanda agli insegnanti l’offerta del colosso sponsor della manifestazione. Protesta il M5S: “È inammissibile”
 
“Expo è ormai alle porte e Regione Lombardia si augura che i giovani possano fruire al meglio di questo eccezionale evento”: comincia così la lettera inviata ai direttori delle istituzioni formative regionali inviata dall’assessore al Lavoro e all’istruzione, Valentina Aprea. Ma per invogliare le scuole a visitare la fiera a maggio c’è anche la super offerta: andate a mangiare da McDonald’s, pagherete la metà.
 
Non solo, perché il pensiero va anche “ai più piccini che tipicamente mangiano l’Happy meal”, ai quali “sarà offerto gratuitamente il gelato (o equivalente)”. Insomma, nella grande esposizione dedicata al cibo, alla diversità e alla sostenibilità dell’alimentazione, gli studenti vengono invitati da un’istituzione pubblica a rifocillarsi così: con l’Happy meal.
 
Alla fine del punto 2 dell’allegato dove si parla dello sconto, è scritto: “Responsabilità di Expo “. La convenzione con la multinazionale sarebbe stata firmata dalla società di via Rovello e solo dopo ricordata dal Pirellone ai direttori delle scuole. E i soldi ce li mettono gli americani. Del resto McDonald’s – insieme con la Coca-Cola – è un main sponsor dell’evento che si propone di spiegare al mondo la sana e corretta alimentazione. E avrà un ristorante da 300 posti per 400 metri quadrati più 200 di terrazza.
 
Sulla lettera alle scuole della Aprea interviene il M5S con una mozione urgente. “È inammissibile che si offrano ai ragazzi sconti per hamburger, salse e patatine fritte”, dice la consigliera Silvana Carcano. Secondo Giosuè De Salvo di Expo dei popoli “è grave che, a fronte di una variegata e multietnica offerta che perfino Expo offre, un assessore all’Istruzione inviti i dirigenti scolastici a portare i ragazzini a nutrirsi da McDonald’s, cioè dalla multinazionale che più di ogni altra rappresenta l’annullamento della cultura del cibo, della diversità alimentare”. E poi Legambiente: “Ci chiediamo se sia legale che un rappresentate istituzionale faccia una così evidente pubblicità ad una azienda alimentare, peraltro proprio McDonald’s. Maroni intervenga”, commenta Luca Petitto.
 
L’assessore Aprea risponde così: “La nostra intenzione è favorire una maggiore affluenza dei ragazzi a Expo. Infatti abbiamo scontato anche i biglietti”. Ma McDonald’s non cozza con la migliore alimentazione? “È l’unica società che ha risposto alla richiesta e non è obbligatorio andarci. E comunque il gelato fa bene…”.
 

Bologna, Renzi alla festa Unità Collettivi provano a entrare Le dei tafferugli con la polizia

Le forze dell’ordine rispondono con breve carica dopo un gruppo di manifestanti ha tentato l’accesso. Il presidente del Consiglio incontra i precari che lo hanno fischiato

Tensione e tafferugli a Bologna tra collettivi e forze dell’ordine all’arrivo del premier Renzi, atteso per il discorso di chiusura alla Festa dell’Unità. Mentre il premier stava parlando, un centinaio di manifestanti dei collettivi bolognesi ha tentato l’accesso al parco Montagnola dove è sistemato il palco da cui il presidente del consiglio stava parlando, stavolta nelle vesti di segretario Pd. Prima di questo tentativo di raid gli agenti avevano però chiuso i cancelli dell’accesso agli stand della Festa, in via XX settembre. I manifestanti hanno cercato di entrare lo stesso, scuotendo diverse volte il cancello e cercando di rimuoverlo, presidiato dall’interno dalle forze dell’ordine. Sono partiti sputi verso i poliziotti. Lanciate anche uova finite sui caschi degli agenti. Che hanno reagito con una breve carica. Tra i dimostranti una ragazza è stata portata via in barella.

Qualche fischio contro Matteo Renzi, quando ad inizio del suo comizio ha iniziato a parlare della scuola. Pronta la replica del premier: «Abbiamo un compito, ed è cambiare l’Italia, non ci fermeranno tre fischi. Terremo botta». E ancora, una successiva replica a chi lo ha contestato per la riforma della scuola: «Non è con fischietto in bocca e urlando che restituiamo dignità alla scuola». Non basta, ancora più esplicito con le bordate: «Se la “Buona scuola” passa, 100 mila professori entreranno, se non passa continuerete a fischiare». «Possiamo discutere nel merito, nel ddl la Buona scuola ci sono molte cose che si possono cambiare. Non credo che la proposta del governo sia prendere o lasciare: si può parlare. Ma non lasceremo la scuola soltanto in mano a chi urla. La scuola non è solo di quelli organizzati, è delle famiglie».

I manifestanti dei collettivi che hanno tentato il raid dove è prevista la chiusura della festa dell’Unità da parte di Matteo Renzi, hanno lasciato l’ingresso di piazza XX settembre e con un corteo hanno raggiunto due altri ingressi al parco Montagnola, quelli su piazza VIII Agosto. Qui si trovano circa 80 militanti di Cobas scuola (gli stessi che avevano organizzato la protesta che fece annullare l’incontro con il ministro Giannini alla Festa). Le due manifestazioni però non si sono unite, ma stanno posizionate in prossimità di due accessi differenti al Parco.

Ad ascoltare Renzi c’è uno dei leader della minoranza, Gianni Cuperlo. Renzi lo saluta così: «Benvenuto a casa tua, Gianni Cuperlo. Dirlo è il minimo che si può fare». Poi c’è anche un annuncio che riguarda il futuro del quotidiano del Pd: «Da qui alla festa dell’Unità di Milano», la festa nazionale che si svolgerà alla fine dell’estate, troverete di nuovo in edicola l’Unità: anche il ritorno del nostro giornale sarà l’occasione di un luogo di dibattito».

«Del cambio di testo all’Inno di Mameli venerdì all’inaugurazione dell’Expo, non ne sapevo nulla. Ma l’idea mi piace» ha detto il premier riferendosi alla modifica fatta dai bambini del coro presente all’inaugurazione di Expo, che cantando l’Inno nazionale hanno modificato l’ultimo verso da «siam pronti alla morte» in «siam pronti alla vita». «Si è fatta una polemica anche sull’inno nazionale quando i bambini hanno detto “siam pronti alla vita”. Ho letto preoccupati editoriali sulla mente diabolica di Renzi, io non ne sapevo niente, è stato cambiato a mia insaputa, però l’idea mi è piaciuta, perché l’idea di fondo dell’Expo è proprio questa».

corriere.it

Il perbenismo è una brutta malattia

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Marco Cedolin
 
Voglio premettere, a scanso di ogni equivoco, come non ritenga il bruciare una sede dell’Unicredit, una decina di auto (probabilmente di cittadini) e una quantità imprecisata di cassonetti, risolutivo di qualche cosa, né tanto meno utile per contrastare la classe dirigente che sta facendo scempio di questo paese. Così come non lo è sicuramente spaccare le vetrine dei negozi, imbrattare i muri di scritte o insozzare il centro di una città. Si tratta senza dubbio di azioni in sé poco edificanti, fondalmentalmente prive di qualsiasi utilità…..
 
Non m’interessa in tutta onestà sapere se i cosidetti black bloc (nella cui esistenza non ho mai creduto) che hanno “devastato” il centro di Milano fossero ragazzi dei centri sociali o poliziotti sotto copertura. Nel mio passato (neppure tanto remoto) di contestatore sul campo ho avuto modo di vedere spesse volte capetti dei centri sociali considerati fra i più agguerriti, prendere ordini dalla questura o questurini considerati simbolo della legalità devastare nel buio della notte (senza neppure cambiarsi la divisa) le auto parcheggiate dei manifestanti. Questa purtroppo è l’Italia che ci troviamo a vivere, ed anche una delle principali ragioni per cui ho smesso di scendere in piazza o partecipare a manifestazioni, nelle quali chi scende in strada in buona fede viene semplicemente strumentalizzato, quando non finisce perfino per rischiare qualche anno di galera.
 
Quello che invece m’interessa e mi turba profondamente è il dover constatare una volta di più come Cossiga oltre ad avere ragione, conoscesse perfettamente gli italiani e gli italiani (anche coloro che amano considerarsi “rivoluzionari”) s’impegnino regolarmente per aderire anima e corpo alla teoria degli opposti estremismi ed a tutte le varianti in cui viene declinata la strategia della tensione.
 
Quanto accaduto il primo maggio mi pare la più chiara dimostrazione di come noi italiani (anche i più facinorosi su facebook) si finisca per non essere altro che marionette addomesticate, alle quali i media mainstream tirano le fila, suggerendo all’orecchio quando indignarsi e quando entusiasmarsi, senza mancare di suggerire la forma in cui devono essere manifestati questi sentimenti.
 
Venerdì, avendo avuto la pessima idea di accendere (caso più unico che raro) la TV ho seguito (con una buona dose di sano masochismo) l’intera diretta di TGcom, dedicata quasi esclusivamente alla manifestazione contro l’Expo. Anche un bimbo si sarebbe immediatamente reso conto di come tutto l’apparato mediatico fosse stato costruito con il chiaro intento di portare l’opinione pubblica nella direzione voluta. Il giornalista sul campo (un decerebrato ansimante, embedded fra le camionette dei carabinieri) aveva iniziato a pronosticare incidenti e scontri prima ancora che si verificassero e quando le auto bruciavano sembrava ormai convinto di trovarsi in una zona di guerra, dove i petardi si erano trasformati in bombe e le auto in fiamme sembravano carri armati colpiti dal nemico. La cronaca esagitata è poi continuata sulla stessa falsariga per almeno un’ora, dopo che gli scontri erano finiti, sempre vaticinando che gli scontri sarebbero ripresi ancora più cruenti di lì a poco. Giunta poi la rassegnazione e constatato che di scontri non ce ne sarebbero stati più, l’ordine di scuderia è diventato quello di fare interviste a chi passava attraverso il teatro di guerra, con domandine a metà fra l’imbecille e l’indisponente, fino a trovare (con un po’ troppa fortuna) il malcapitato di turno, nella persona del ragazzino ventenne alquanto stordito, ormai diventato lo zimbello della rete.
 
L’opinione pubblica doveva indignarsi come non mai, perché contestare l’Expo significava rovinare una bella festa, vandalizzando la città, bruciando le macchine dei poveri cristi e danneggiando i negozi che già rischiano di fallire per la crisi, che notoriamente è una meteora come la grandine che il Padreterno ci manda giù quando è di cattivo umore.
 
Fin qui tutto in regola, i media mainstream hanno fatto il loro lavoro, mi sono detto, la casalinga di Voghera ed il nonnetto di Canicattì saranno incazzati come delle bisce, ma noi che giornalmente ci sbattiamo per leggere fra le pieghe di quanto ci viene propinato dal circo mediatico abbiamo capito che ancora una volta ci stanno menando per il naso.
 
Aprendo facebook, con un certo stupore, ho dovuto prendere atto del fatto che a non avere capito nulla ero stato io. Larga parte dei miei contatti erano molto più incazzati della casalinga di Voghera e schiumavano rabbia da tutti i pori. Persone che un paio di anni fa si entusiasmavano dinanzi alle banche ed alle auto bruciate ad Atene invocavano la mancata repressione della polizia. Contatti che quasi quotidianamente inneggiano alla distruzione del parlamento (con tutta la classe politica al suo interno) reclamavano la presenza attiva delle istituzioni. Amici che combattono (almeno a parole) per la sovranità monetaria, contro l’usurocrazia delle banche e la dittatura della BCE, sembravano avere dimenticato ogni problema che prescindesse dalle vetrine rotte e dalle auto bruciate. Altri che da anni si struggono, insieme a me, per un paese devastato che assassina i suoi figli costringendoli al suicidio, reclamavano le bastonate della polizia, indignandosi per l’intervista del ragazzetto decerebrato o per il black bloc in carrozzella che sarebbe tornato a Roma con il frecciarossa.
 
Tutto un mare d’indignazione e di perbenismo, pilotato sapientemente dai TG e dai giornali che hanno imparato (purtroppo molto bene) come oltre al mainstream sia facile imporre il proprio pensiero anche ai social e all’informazione alternativa, creando mostri ed eroi a piacimento ed indirizzando i discorsi dove più aggrada loro. Della porcata Expo, con la speculazione edilizia, le operazioni mafiose, lo sfruttamento dei lavoratori e via discorrendo non si parlerà più. Almeno fino a quando non lo vorranno loro e ci ordineranno di farlo.
 
Pubblicato da marco cedolin