Cronache di Resistenza e militarizzazione

post 29 aprile 2015 at 11:15

Ieri sera si è tenuta la consueta cena settimanale, a sorpresa, presso la tettoia No Tav in Val Clarea, a pochi metri dal cantiere della vergogna.
Dopo leccornie di ogni tipo, canti e brindisi una trentina di partecipanti ha messo in pratica una battitura determinata lungo le reti del cantiere, gettando in allarme i pochissimi militari messi a presidiare l’area. Le forze di polizia sono sopraggiunte sul luogo in ritardo, ma appena in tempo per un finale pirotecnico proveniente dai boschi limitrofi. I presidianti si sono poi diretti verso Susa, ma appena giunti nella cittadina sono tornati subito verso Gliaglione per intervenire su un posto di blocco rocambolesco dei carabinieri locali che nel frattempo hanno provato ad intercettare alcune macchine che rientravano lungo la strada che dal piccolo paese conduce alla zona rossa. Gli uomini in divisa, nel vedersi circondati da decine di No Tav indispettiti, hanno concluso velocemente le identificazioni per poi perdersi nei vicoli della borgata grazie ad alcune indicazioni stradali poco chiare e costretti a d eseguire molte manovre e una ridicola marcia indietro. Per ripicca altre macchine sono state fermate più a valle da altre volanti sopraggiunte in paese, generando un’ altra concentrazione di chiassosi No Tav, accorsi immediatamente anche i questa occasione, gettando quindi i CC in confusione per la seconda volta. Addirittura una macchina fermata in questa situazione si è vista puntare le pistole. Concluse anche queste identificazione ed essendo ormai arrivati a 9 mezzi di polizia contro complessivamente poche decine di manifestanti, i carabinieri hanno deciso di rientrare, col loro peso di insulti e di figuracce.. Poco dopo anche i No Tav sono ritornati a casa, contenti di aver passato un’allegra serata ribelle sempre dalla parte giusta.
NO TAV SEMPRE!

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Nella Milano da bere scorrazzano i Black Bloc

La Milano da bere invasa dai Black Block che scorrazzano per la città mentre a Bologna le forze dell’ordine menano giovani a volto scoperto e a mani alzate.

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di Davide Amerio.

Il giorno in cui in questo paese si riuscirà ad avere un Ministro dell’Interno che non sia di origine democristiana, o fascista (parentesi leghista a parte), forse riusciremo ad avere conto di ciò che realmente accade in certi momenti e durante certe manifestazioni. Nella Milano da bere un gruppo di Black Bloc agisce, praticamente indisturbata, per mettere a ferro e fuoco un angolo della città. Questo è il primo elemento che desta curiosità. Se un No Tav in Val di Susa piscia contro una rete di protezione del cantiere della Maddalena viene immediatamente circondato e identificato e in Procura viene aperto un fascicolo a suo nome.

In un filmato sul FQ viene mostrata l’avanzata finale della polizia su giubbotti, caschi, maschere antigas; la spiegazione la forniscono le parole del giornalista: i BB abbandonano le vesti di protezione e camuffamento, scappano dopo aver agito con furia devastante, e si nascondono nel corteo pacifico dei No Expo. Perlomeno con questa osservazione siamo venuti a sapere che esisteva anche un corteo pacifico che manifestava.

Sorge una domanda. Come fanno questi BB ad essere così attrezzati? Dove prendono i soldi per comprarsi tutta questa roba? Queste attrezzature, giubbotti spessi, caschi, maschere antigas, non sono proprio quelle cose che infili dentro un sacchetto di carta per la spesa e te ne vai in giro per la città mentre nessuno può capire se stai facendo acquisti o ti stai preparando alla guerriglia. Anche in questo caso il confronto con la situazione della Val Susa è disarmante. Le perquisizioni effettuate negli zaini degli studenti e dei manifestanti in prossimità di una manifestazione non si contano.

Quindi, ancora una volta, abbiamo “facinorosi” o presunti tali che spostano l’attenzione mediatica sulla violenza. Qui si devono notare due cose. In primo luogo le foto mostrano “violenti” che portano gli stessi anfibi indossati dai poliziotti – avranno lo stesso fornitore? – che sono l’equivalente delle foto scattate in val di Susa dove soggetti a volto coperto stavano appostati dietro le linee delle forze dell’ordine.
Secondo, la reazione ben diversa tenuta dalla polizia a Bologna dove manifestanti a volto scoperto, a mani nude, senza alcuna protezione, che contestavano la presenza di Renzi, sono stati caricati e manganellati, ancora una volta, da poliziotti in tenuta antisommossa.

Insomma chi sono davvero questi black bloc e cosa vogliono? Domanda che ne genera altre. Per esempio Massimo Bonato su Omissisnew sottolinea l’ipocrisia perbenista che, fino al giorno prima, accusa le banche di ogni malefatta ma poi, il giorno successivo, se qualcuno rompe la vetrina di una banca, è pronto a “scatenarsi” verbalmente nella denuncia della violenza e dei “violenti”. Siamo di fronte a un bel dilemma: come si può fare la “rivoluzione”? Si fa con azioni del tutto pacifiche o anche aggressive? In Val di Susa dopo innumerevoli manifestazioni pacifiche si è passati al “sabotaggio”, che è azione ben diversa, bisogna dirlo, da azioni violente che non sembrano essere finalizzate a nulla.

Elemento comune, notano su Contropiano, è la sproporzione delle accuse che partono dalla magistratura in questi casi: ieri quelli di Terrorismo contro i No Tav, oggi quella di “devastazione” contro i BB, che rischia di rivelarsi fallace e non sostenibile secondo i termini del codice penale. Ma la “gravità” delle imputazioni risponde a due necessità: la prima di mostrare decisionismo e “polso duro” da parte di uno Stato che fa acqua da tutte le parti; la seconda intimidire coloro che contestano. La manifestazione del dissenso, è chiaro a chiunque la pratichi un po’ per le strade, deve avvenire in modo sopratutto silenzioso, non solo pacifico; non deve disturbare o farsi troppo notare.

E qui sorge un altro dubbio. Sempre su Omissisnews si riporta lo studio effettuato sui movimenti di contestazione che popolano la rete web.
Senza entrare nel merito delle singole lotte territoriali, si evince che esiste un mondo di contestatori che si è organizzato e comunica creando spazi di politica reale nella difesa del proprio territorio. Uno spazio che i “politici” di professione hanno abbandonato da tempo e hanno bollato come crisi Nimby (acronimo di Not in my backyard). L’azione contraddistingue questi movimenti che si spalleggiano e si interessano gli uni degli altri, per difendere ambiente, territorio, salute e diritti. E laddove propongono alternative nessuno li considera.
Non si può non notare come l’azione violenta getti facilmente discredito su questa attività politica ogni qual volta questa si traduca in manifestazioni pubbliche che escono dal web.

Ma non si possono nemmeno classificare tutte queste azioni violente come esclusivamente mirate a squalificare l’attività dei movimenti. Pochi sembrano prendere in considerazione la natura rabbiosa di queste azioni e i giovani che le commettono. Fuori dalla retorica di regime, a questi giovani che si sentono esclusi dal “sistema”, senza un futuro, senza una prospettiva che non sia la violazione dei diritti positivi, che cosa rimane? Nella magnifica Milano – da bere – cuore pulsante delle “faccende” italiane connesse alla mala politica e alla corruzione e oggi alla realizzazione di un evento a colpi di scandali e miliardi e cementificazione, quale credibilità si ha verso i giovani invitati a lavorare gratuitamente – perché fa curriculum ?
Quale credibilità ha un sistema bancario basato sulla finanza creativa che piega e obbliga governi a chiedere sacrifici al popolo per ripianare i propri sbagli? Quale considerazione si può avere di governi che impongono salassi e riducono lo stato sociale mentre non tocca gli ignobili privilegi della classe politica, di funzionari di stato, di corrotti e corruttori?
Non è raro ascoltare nei servizi filmati la voce di persone a sostegno di questi giovani dicendo “non se ne può più…”.

Non scendo nella banale analisi del tipo “tutta colpa del sistema”, perché non è così. La colpa è più “nostra”, di sudditi che si credono cittadini , perché tutto questo “carosello” di situazioni che si intrecciano offre la solita visibilità mediatica ai politici, a certi intellettuali, a una parte compiacente del sistema dei media, di scandalizzarsi, di fare passerelle, di esprimere opinioni senza analisi. Di spostare l’attenzione sui petardi lanciati per strada mentre in Parlamento un governo nominato getta bombe dentro la nostra Costituzione e le fa esplodere impunemente mentre canta il ritornello delle “riforme necessarie”.

Si agitano in continuazione i fantasmi del terrorismo, lo spettro del disordine sociale, l’incubo della violenza per le strade, così in pochi si accorgono, mentre applaudono la politica che ripulisce il loro “giardino” insozzato, che l’unico vero assente a questa pantomima è la semplice “verità” sulle cose. La nuda e cruda verità su un paese che perde ogni giorno un pezzo di libertà tra gli applausi che i perdenti riservano ai propri carnefici.

(D.A. 04.05.15)

Le ragioni dei No expo

By  on 5 maggio 2015
Si sono sprecate fiumi di parole e di immagini, in questi giorni, per raccontare il primo maggio milanese, i black bloc che assaltano auto e vetrine del centro, scrivono sui muri, lanciano sassi. E altrettante per elogiare l’iniziativa dei cittadini per bene che ieri, armati di spazzole e spugne, hanno ripulito la città.

Ed ecco che il gioco è fatto: le ragioni dei No Expo, che pacificamente hanno manifestato, sono state coperte da populismo e retorica così cari agli italiani.

Senza giustificare o minimizzare ciò che è accaduto a Milano, forse è giusto cercare di capire chi sono i No Expo e quali sono le loro ragioni.

Il Comitato No Expo raggruppa appartenenti a comitati, associazioni, centri sociali, attivisti del sindacalismo di base, militanti della sinistra radicale e nasce nel 2007 contro la candidatura di Milano a ospitare Expo 2015, convinti che la rassegna non sia un’opportunità, ma una sciagura per il territorio, i beni comuni, le casse pubbliche.

Nel loro sito, che vale davvero la pena di andare a leggere, vengono spiegate chiaramente e semplicemente le ragioni della loro opposizione all’ evento, qui sintetizzate.

No Expo perché convinti che gli Expo siano residuati di un’epoca finita che, si risolvono in un flop economico-partecipativo, lasciando macerie sui territori .

No Expo perché “Nutrire il Pianeta-Energia per la vita” è un tema fasullo dietro cui si cela il vuoto progettuale di una metropoli senza idee e senso di sé.

No Expo perché nel 2015 non si contesteranno le politiche dell’Agro-Industria, degli OGM,delle monoculture e delle sementi ibride che affamano 4/5 del Pianeta, non si parlerà di land-grabbing o di modelli alimentari imposti a chi per secoli ha vissuto mangiando e bevendo e che di colpo si ritrova senza cibo e acqua non per folli, ma per un modello di sviluppo da secoli basato sullo scippo di risorse e futuro. Un modello che le tante campagne ONU, comprese quelle che sponsorizzano Expo 2015, non hanno certo scalfito.

No Expo perché Expo non è solo il sito espositivo; dal 2007 a oggi ovunque sul territorio sono proliferate opere grandi e piccoli, speculazioni, cementificazioni, in nome e per conto di Expo.

No Expo perché Expo 2015 nasce viziato da un deficit di democrazia e da un grosso conflitto di interesse. La valorizzazione dell’area e il trasferimento di risorse dalle casse pubbliche a quelle private sono i veri obiettivi di Expo.

No Expo perché le bugie sul lavoro che verrà (70.000 posti dicevano) sono quotidianamente smentite dal modello occupazionale, che le attività, più legate all’operazione Expo, rappresentano in concreto: lavoro precario, lavoro nero, caporalato, zero diritti, poca sicurezza; è così nei cantieri, in Fiera, nei services, nei poli logistici.

No Expo perché lo pagheremo tutti noi in termini di tagli da altre voci di spesa pubblica.

No Expo perché è insostenibile per Milano,per l’Italia, dentro la crisi.

I No Expo criticano un modello di città, di sviluppo, di uso del territorio e dei beni comuni che ha reso Milano invivibile, priva di coesione sociale, precaria nel lavoro e nella vita, brutta paesaggisticamente, intollerante verso tuttociò e tutti coloro che non sono compatibili con logiche di profitto.

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Sono ragioni semplici, così simili a quelle dei No Tav, per esempio, mosse dal buon senso, dall’amore verso la propria città e la propria terra, dal desiderio forte di giustizia sociale.

Quanto è stato facile coprire tutto con un centinaio di loschi figuri incappucciati e armati come un esercito, che spaccando due vetrine e bruciando qualche auto ha distolto l’attenzione dai veri problemi creati da questo evento.

Se provassimo, ogni tanto ad andare oltre quello che il Tg ci propone e ci fermassimo a pensare che, se, senza dubbio è sbagliato andare a danneggiare negozi o vetrine, è altrettanto sbagliato imporre ad un territorio ed a una popolazione, opere come l’Expo o il Tav.

Proviamo, per crescere, per non essere solo contenitori da riempire con ciò che i tg vomitano, ad andare oltre il titolo, oltre l’intervista all’idiota di turno, oltre i delinquenti istruiti per nascondere le ragione del dissenso. Proviamo a capire i motivi reali di una protesta. Potremmo scoprire di non pensarla poi tanto diversamente da quelli che hanno avuto il coraggio, pacificamente, di scendere in piazza.

Potremmo scoprire che la violenza la stiamo subendo, subdola, vestita bene e condita da una buona dose di ipocrisia e propaganda.

Proviamo, potrebbe essere non essere un bel risveglio, ma forse potremmo cominciare a indignarci davvero.

LUC MICHEL. LA SECURITE DU GOLFE DE GUINEE

Les experts internationaux de EODE sur les médias …

EODE-TV & SAHAR TV (Iran) / Avec EODE Press Office/ 2015 04 21/

Intervention de Luc MICHEL, Administrateur-général de EODE :

Pétrole et Gaz – Routes maritimes stratégiques – Zone stratégique prioritaire de l’AFRICOM – Piraterie – Terrorisme (des Shebabs à Boko Haram) – Révolutions de couleur et vague de changements de régimes made in USA : le Golfe de Guinée dans la tourmente, la Réaction de la Guinée Equatoriale, du Tchad et du Cameroun …

 Emission intégrale sur le Website d’EODE-TV

https://vimeo.com/126696352

EODE-TV - EXPERTS lm GOLFE DE GUINEE SAHARTV (2015 04 21) FR (1)

Diffusée en direct sur SAHAR TV Dans “Le Magazine de l’Afrique”

Le 21 avril 2015

Présentée par Ahmad Nokhostine.

 # L’ARTICLE DE SAHAR TV SUR SON WEBSITE :

LE GOLFE DE GUINÉE EST LA DEUXIÈME ZONELA PLUS DANGEREUSE AU MONDE.

EODE-TV - EXPERTS lm GOLFE DE GUINEE SAHARTV (2015 04 21) FR (2)

C’est pourquoi le troisième comité consultatif du projet Critical maritime routes programme (Crimgo), se tient depuis samedi à Yaoundé. Sous la houlette de l’Union européenne, ce projet planche sur le processus de sécurisation du Golfe de Guinée. Il a été constaté que cette zone demeure à hauts risques. Entre 2013 et 2014, malgré la réduction de 18% du nombre d’incidents, le Golfe de Guinée, sur le plan mondial, occupe la deuxième position dans le classement des zones les plus dangereuses dans le monde. Soit 104 incidents en 2014, avec 66 membres d’équipage pris en otage. «Le coût annuel associé à la piraterie dans le Golfe de Guinée se situerait entre 345 milliards de francs et 1,3 milliards de francs. A cela s’ajoute le manque à gagner induit par ces crimes tant sur les importations et les exportations que sur la venue des investisseurs», s’alarme Françoise Collet, ambassadeur/chef de délégation de délégation de

Le 22 juin 2013, 22 Etats membres de la Communauté économique des Etats de l’Afrique centrale (Ceeac), de la Communauté économique des Etats de l’Afrique de l’Ouest (Cedeao) et de la Commission du Golfe de Guinée (Cgg) ont initié le projet pour assurer la sécurité et la sûreté maritime de la région.

Le sommet de Yaoundé y relatif, a donné place à un code de conduite relatif à la prévention et à la répression des actes de piraterie, des vols à main armée à l’encontre des navires et des activités maritimes illicites en Afrique de l’Ouest et du Centre, et enfin d’un mémorandum d’entente entre les trois organisations en vue de sécuriser l’espace maritime de la Ceeac et la Cedeao. Il faut noter que le projet Crimgo a porté avec succès ses fruits au niveau de l’Océan indien depuis 2010. L’ambassadrice de l’Union européenne ajoute que, «ce projet est doté d’un budget 2, 9 milliards de francs pour appuyer la mise en œuvre du code de conduite et du mémorandum d’entente. Le but de cette rencontre est de discuter des avancées du projet et de ses orientations jusqu’à la fin de son existence en janvier 2017, afin de s’assurer de la parfaite adéquation avec vos stratégies nationales et régionales».

Ces travaux qui s’achèvent ce jour, ont pour principales orientations:

l’appui au Centre inter-régional de coordination ; le renforcement des structures régionales de formation, en particulier les universités maritimes régionales, et l’organisation de formations pratiques, et enfin la promotion de l’échange d’informations. Eu égard à cela, la Cedeao a adopté une stratégie de maritime intégrée le 25 mars 2014, de même que la Ceeac a inauguré un Centre régional pour la sécurité maritime en Afrique centrale, le 20 octobre 2014

Original sur :

http://francophone.sahartv.ir/le-golfe-de-guinée-731

http://francophone.sahartv.ir/video/L-deuxièm-zon-l-plu-dangereus-a-monde-8119

EODE-TV / EODE Press Office / 2015 04 30 /

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